Distanti ma vicini La continuità della relazione educativa al tempo del COVID-19 Sara Bottani - in SUPSI Tesi

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Distanti ma vicini
           La continuità della relazione educativa al tempo del COVID-19

Studente/essa

Sara Bottani

Corso di laurea                          Opzione

Bachelor in Lavoro sociale               Educazione sociale
Progetto

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

Manno, Febbraio 2021
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                                           Un sincero grazie …

A Miguel e a Nico, la mia gioia e il mio orgoglio, grazie per esserci e per farmi sorridere ogni giorno.
Grazie per la pazienza e per essere stati la mia forza lungo tutto questo percorso di studio su cui ci
siamo incamminati insieme, ma specialmente grazie per il vostro amore e per avermi resa la persona
che sono.

A Lisa, a Noemi e ad Alan, i miei compagni di viaggio di tutta una vita, grazie per essermi sempre
accanto e grazie per avermi supportata e sopportata in ogni momento, ma specialmente grazie per
aver creduto in me e per avermi sempre incoraggiata.

A Mauro e a Sylvia, grazie per avermi incoraggiata e sostenuta nel raggiungere questo obiettivo,
grazie per la forza e la vitalità che avete saputo trasmettermi con il vostro esempio.

A tutta la mia famiglia, grazie per aver fatto sempre “il tifo” per me.

A Liss, grazie per essere stata una compagna di studi su cui poter sempre contare, ma specialmente
grazie per essere ancora oggi un’amica fidata e fedele, e una compagna di avventure con cui poter
ridere insieme nella gioia e nella sventura.

A Daria, grazie per la tua sincera amicizia, per i consigli, per le risate e per la tua immancabile
disponibilità.

A Jacob, grazie per avermi sopportata durante tutta la stesura di questo lavoro, grazie per il tuo
sorriso e per le risate insieme, che non mancano mai e che hanno riempito di gioia questo periodo.

A Lyn, grazie per essere stata “la mia scintilla” nel buio, per essermi stata vicina senza avertelo
chiesto, per avermi fatto scoprire cosa voglia dire “forza d’animo”. Grazie per aver contribuito, forse
senza neanche saperlo, a questo percorso formativo e a fare di me la persona che sono.
Grazie per avermi insegnato cosa voglia dire “esserci”, sei il mio modello di operatrice sociale.

A Raffaella P., grazie per l’ascolto e per gli incoraggiamenti, grazie per avermi supportata, spronata e
accompagnata lungo questo percorso di studio avendo fiducia in me.

Ai docenti Angelo N. e Lorenzo P., grazie per la dedizione e la passione con cui vi dedicate ai vostri
studenti, grazie per essere stati dei punti di riferimento e delle guide nel mio percorso di studi. Grazie.

A Mauro Durini, grazie per la disponibilità, la professionalità, il sapere e l’esperienza che hai condiviso
con me. Grazie per avermi fatto da docente e da insegnante nella mia pratica professionale.

A Lara, e a tutti i membri dell’équipe e della Comunità del Servizio di socioterapia, grazie per ogni
cosa che ho potuto imparare con tutti voi e per aver contribuito alla realizzazione di questo lavoro.

A Silvana, una tutor e una docente eccezionale, grazie per l’immancabile disponibilità che mi hai
sempre dimostrato in questi anni, e grazie per tutti i consigli e per il supporto durante la stesura di
questa tesi. Grazie pure per avermi incoraggiata e rassicurata con premura davanti a timori e dubbi,
accompagnandomi fino al traguardo.

      All’improvviso niente è più come prima, ma tutto, nella scoperta delle risorse creative e
 rigenerative, che appartengono a ogni uomo, nell’ascolto partecipante che possiamo offrire alle
 sofferenze di chi è ferito nel corpo e nell’anima, di chi ha smarrito il «mondo» divenuto straniero,
può sempre e ancora divenire diverso, può permettere nuovamente lo stupore e la meraviglia della
                 vita, della propria vita, che risorge e continua (Martignoni, 2014).

        L’autrice è l’unica responsabile di quanto contenuto nel lavoro.

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                                                      Abstract

L’emergenza sanitaria causata dall’espandersi del virus COVID-19 e il progressivo
inasprimento delle misure di contenimento hanno avuto forti ripercussioni non solo sulla
dimensione individuale delle persone, ma anche sul funzionamento di molte strutture e
servizi sociali. L’esplodere della pandemia ha imposto agli operatori sociali la sfida di
ricercare nuove soluzioni per far fronte alla complessità della situazione, sulla base di
un’improvvisa trasformazione dei contesti d’intervento e della relativa emergenza di nuovi
bisogni specifici correlati all’utenza coinvolta nei vari ambiti. Il presente lavoro di tesi,
mettendo in evidenza la flessibilità che connota la figura dell’educatore sociale e i contesti di
intervento nei quali egli opera, ha indagato l’esperienza di presa a carico in stato di
emergenza epidemiologica attuata da un servizio sociopsichiatrico territoriale.
Con il delinearsi della pandemia da COVID-19, il Servizio di socioterapia dell’Organizzazione
Sociopsichiatrica Cantonale di Mendrisio si è confrontato con l’esigenza di trovare delle
strategie alternative per dare continuità alla presa a carico e poter continuare a tutelare e a
promuovere la salute dell’utenza. Le misure di restrizione introdotte per contenere il virus
hanno infatti condotto a una chiusura temporanea di questo servizio, minando il percorso
terapeutico dell’utenza ed esponendola a un importante rischio di isolamento e a possibili
ripercussioni sulla salute.
L’intento di questa ricerca è stato quello di rispondere alla domanda “La presa a carico
attuata dal Servizio di socioterapia in stato di emergenza sanitaria è stata in grado di
mantenersi orientata alla promozione della salute, dell’empowerment e della partecipazione
sociale dell’utenza?”.
Per rispondere alla domanda di ricerca sono stati presentati i concetti di salute, empowerment
e partecipazione sociale, tre dei macro-riferimenti del lavoro sociale che si rifanno ai Diritti
fondamentali dell’Uomo, e i concetti di base della Psicoterapia istituzionale teorizzata da Jean
Oury, che fanno da sfondo all’approccio del Servizio di socioterapia. Inoltre è stato presentato
il modello della progettazione dialogica-partecipata, paradigma che consente di applicare i
medesimi concetti trattati in questa tesi alla costruzione di progetti educativi.
Da un punto di vista metodologico, le modalità della presa a carico sono state indagate e
ricostruite ricorrendo a una raccolta dati svolta internamente al Servizio nel periodo tra
Gennaio e Giugno 2020. L’intervento indagato è stato suddiviso in due fasi, la prima in
condizioni ordinarie, mentre la seconda descrive la situazione che si è delineata nel contesto a
causa delle misure di contenimento del virus e la presa a carico a distanza ideata per far
fronte all’impossibilità di incontro all’interno degli spazi del Servizio.
Ripercorrendo le fasi operative precedentemente indicate, il focus di questa ricerca empirica
è stato quello di mettere in relazione l’intervento a distanza elaborato dal Servizio di
socioterapia con le tre macro-finalità del lavoro sociale precedentemente esposte e con i
concetti della Psicologia dell’emergenza, disciplina di studio che indaga i processi di
ricostruzione comunitaria post-emergenza.

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                                                           Indice

1. Introduzione ........................................................................................................ 1
2. Contestualizzazione ........................................................................................... 2
   2.1     Tre finalità del lavoro sociale: salute, empowerment e partecipazione sociale .......... 2
   2.2     La progettazione dialogico-partecipata ....................................................................... 4
   2.3     Il Servizio di socioterapia dell’Organizzazione Sociopsichiatrica Cantonale .............. 5

3. Metodologia ........................................................................................................... 7
4. Dissertazione ...................................................................................................... 9
   4.1 Fase 1: il Club ’74 in regime d’intervento ordinario .................................................... 9
   4.2 Il Club ’74 e l’arrivo del Covid-19 .............................................................................. 15
   4.3 Fase 2: il Servizio di socioterapia e l’intervento a distanza ....................................... 18
   4.3.1 Sette iniziative di animazione socioculturale a distanza ........................................... 23

5. Conclusioni .......................................................................................................... 26
6. Bibliografia .......................................................................................................... 32
8. Allegati ................................................................................................................. 34

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1. Introduzione

L’emergenza sanitaria causata dall’espandersi del virus COVID-19 e il progressivo
inasprimento delle misure di contenimento hanno avuto forti ripercussioni non solo sulla
dimensione individuale delle persone, ma anche sul funzionamento di molte strutture e
servizi sociali. L’esplodere della pandemia ha imposto agli operatori sociali la sfida di
ricercare nuove soluzioni per far fronte alla complessità della situazione, sulla base di
un’improvvisa trasformazione dei contesti d’intervento e della relativa emergenza di nuovi
bisogni specifici correlati all’utenza coinvolta nei vari ambiti. In molti casi, al fine di
mantenere viva la relazione con l’utenza e per sostenerla al meglio nel periodo di crisi, si è
reso necessario il ricorso a modalità di lavoro del tutto innovative. Il passaggio da un
intervento in regime ordinario a uno in stato di emergenza può implicare la ridefinizione degli
obiettivi primari e la ricostruzione di modalità operative. Questo processo richiede l’apertura
di uno spazio di riflessione approfondito da parte degli operatori sociali, tenuti a interrogarsi
su come poter dare vita a nuove prassi educative mantenendosi orientati alle finalità
professionali e dell’ambito d’intervento.
Il presente lavoro di tesi si prefigge di ripercorrere le fasi del processo di riorganizzazione
attuato dal Servizio di socioterapia dell’Organizzazione Sociopsichiatrica Cantonale (OSC) di
Mendrisio, le cui condizioni d’intervento sono state sottoposte a un drastico cambiamento
durante l’emergenza da COVID-19. L’allerta sanitaria e le conseguenti direttive emanate dal
Cantone volte al contenimento del virus hanno infatti determinato importanti restrizioni e
cambiamenti al suo funzionamento operativo. Il Servizio si è visto costretto ad adattarsi
progressivamente alle limitazioni imposte dalle nuove norme d’igiene e di distanziamento
sociale, modificando dapprima le sue usuali modalità d’intervento in sede, giungendo poi alla
sospensione di molte delle sue attività e occasioni d’incontro, vedendosi, infine, del tutto
impossibilitato ad accogliere l’utenza all’interno dei suoi spazi. Tali circostanze hanno
condotto il Servizio a riorganizzare le sue modalità d’intervento per poter continuare a
garantire la presa a carico dell’utenza nell’impossibilità della presenza e del contatto diretto.
Questo processo di adattamento del Servizio alle condizioni d’intervento in emergenza
sanitaria, del tutto eccezionali e mai sperimentate prima, ha comportato la necessità di
trovare nell’immediato delle soluzioni innovative per mantenere vivo il contatto con l’utenza
confinata al domicilio, con l’obiettivo primario di contrastare i rischi legati all’isolamento e alle
sue possibili ripercussioni sulla salute mentale di persone spesso già esposte a un maggiore
rischio di vulnerabilità.
L’ultimo periodo di stage della mia formazione in Lavoro sociale, svolto nell’ambito del
disagio psichico in questo Servizio, ha coinciso con l’emergere e con lo svilupparsi dello
stato d’emergenza epidemiologica da COVID-19 in Ticino. Il mio coinvolgimento nel
processo di reinvenzione della presa a carico ha suscitato la motivazione per la scelta del
tema di tesi in quanto, seppur per un breve periodo, mi ha resa partecipe di un’esperienza
unica insieme alla sua comunità.

L’intento di questo lavoro di tesi è quello di ricostruire il processo di adattamento del Servizio
di socioterapia alle condizioni di intervento in emergenza sanitaria, al fine di mettere in
relazione l’intervento attuato con alcune delle macro-finalità del lavoro sociale.

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2. Contestualizzazione

La stretta relazione tra le caratteristiche dell’operatore sociale professionale e i processi di
cambiamento dei contesti socioculturali, politico-economici e ambientali nei quali egli opera,
la rendono una figura “costitutivamente incerta, alle volte quasi sfuggente, costantemente in
via di definizione, restia a qualsiasi tentativo di stabilizzazione all’interno di una rassegna
esaustiva di compiti e funzioni” (Tramma, 2008, p. 11). Il suo profilo risulta difficilmente
definibile, tanto da potersi definire una figura professionale “liquida”. La flessibilità che
connota l’operatore sociale è strettamente legata alla molteplicità e alla complessità dei
contesti d’intervento, continuamente sottoposti a processi trasformativi e dai quali emerge la
necessità di ricercare di volta in volta soluzioni puntuali per rispondere ai bisogni dell’utenza
a cui si rivolge. In egual modo, anche l’intervento professionale in campo sociale è
caratterizzato dalla medesima flessibilità e possibilità di differenziazione, poiché deve potersi
attuare tenendo conto delle peculiarità della realtà del contesto e costituirsi come risposta
specifica a bisogni altrettanto specifici. Il lavoro in ambito sociale comporta dunque:

   lo sforzo di interrogarsi rispetto ai nuovi scenari che attendono l’educatore professionale, in
   termini di emergenze educative, contesti d’intervento, diversi soggetti destinatari di azioni
   educative specifiche, margini di sperimentazione di nuove prassi educative, spazi di riflessione
   sulle pratiche e sui presupposti teorici a esse sottese (Oggionni, 2014, p. 24).

Le macro-finalità del lavoro sociale, che fungono da fondamenti sottesi a ogni intervento, si
costituiscono come un orientamento di base nella pratica professionale dell’operatore sociale
(SUPSI-DEASS, 2015). Tanto più in situazioni di emergenza, in cui i cambiamenti del
contesto rendono instabile il mantenimento di un principio di continuità delle pratiche, le
macro-finalità fungono da prezioso riferimento verso cui protendere nel processo di ricerca di
nuove strategie di sostegno all’utenza.
I concetti di riferimento esposti di seguito costituiscono alcune delle macro-finalità del lavoro
sociale e fungeranno successivamente da indicatori alla valutazione dell’intervento su cui si
basa la presente ricerca.

2.1 Tre finalità del lavoro sociale: salute, empowerment e partecipazione sociale
La Costituzione del 1948 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute
come “stato di completo benessere fisico, sociale e mentale” (Campanini, 2015, p. 547). Questa
definizione racchiude la salute in un concetto astratto e statico, tuttavia, essa viene sancita come
diritto umano fondamentale.
Una più recente definizione, riportata nella Carta di Ottawa del 1986, non intende la salute come
une fine, bensì come risorsa per la vita quotidiana, rifacendosi a un concetto positivo che valorizza
le risorse individuali e sociali. La salute viene infatti definita come la misura in cui individui o gruppi
possono realizzare le proprie ambizioni e soddisfare i propri bisogni sul piano individuale, sociale ed
economico, evolvendosi con l’ambiente o adattandosi a questo. Viene evidenziato, inoltre, come
alcune condizioni e risorse preliminari quali la pace, il nutrimento, l’abitazione e il reddito possono
intervenire a favore o a danno della salute. Ne deriva il riconoscimento del complesso legame tra la
salute individuale e fattori esterni che costituiscono stimoli costantemente mutevoli (ad esempio le
condizioni sociopolitiche, economiche e ambientali). L’insieme dei fattori individuali e del contesto
che influenzano la salute vengono definiti determinanti di salute (World Health Organization , 1986).

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Questa concezione della salute ne introduce una sua visione olistica, ovvero basata su uno
sguardo multidisciplinare al benessere. Adottando questa definizione, una macro-finalità
dell’intervento in ambito sociale è dunque quella di promuovere la salute, rendendo queste
condizioni favorevoli e verificando che il contesto consenta l’adeguato accesso alle risorse
da parte dei singoli individui e della comunità.
Nel quadro della promozione della salute si fa riferimento alla promozione dell’empowerment,
concetto sviluppatosi nell’ambito della psicologia di comunità (Campanini, 2015, p. 241). Esso
si riferisce al processo attraverso cui le persone acquisiscono un maggiore controllo sulle
azioni e sulle decisioni che hanno a che fare con la propria salute. L’OMS lo definisce:

   il processo sociale, culturale, psicologico o politico attraverso il quale gli individui e i gruppi
   sociali sono in grado di esprimere i propri bisogni e le proprie preoccupazioni, individuare
   strategie per essere coinvolti nel processo decisionale e intraprendere azioni di carattere
   politico, sociale e culturale che consentano loro di soddisfare tali bisogni (DoRS, 2012).

Nell’ambito di interventi di comunità a supporto della salute, l’OMS fa riferimento al concetto
di empowerment di comunità, per definire un’azione collettiva atta all’influenzamento e
all’acquisizione di un maggior controllo sui determinanti della salute e sulla qualità di vita
della comunità stessa. Il concetto di empowerment ha influenzato anche il lavoro sociale
contemporaneo, declinandosi come approccio relazionale che, attraverso il lavoro di rete, si
volge al sostegno e allo sviluppo delle capacità del singolo e delle comunità in un’ottica di
apprendimento reciproco. Questo processo collaborativo, definito empowerment relazionale,
mira alla valorizzazione delle potenzialità, delle capacità e delle risorse individuali o collettive
necessarie all’individuazione di risposte funzionali ai bisogni rilevati, per l’accrescimento
dell’autodeterminazione nell’organizzazione di vita (Folgheraiter, 2004). Poter influenzare il
corso degli eventi contribuendo a direzionare il cambiamento implica una componente
partecipativa degli attori sociali coinvolti. La partecipazione è da considerarsi una condizione
essenziale, uno strumento per far fronte efficacemente ai problemi sociali e per trovare
risposte più funzionali e durature ai bisogni.
La promozione della partecipazione sociale, un’altra delle macro-finalità del lavoro sociale,
è dunque da intendersi come il coinvolgimento responsabile di individui, gruppi e collettività
nei processi decisionali che li riguardano, valorizzandone e sviluppando le risorse e le
competenze presenti (Campanini, 2015, pp. 421-423). La possibilità di coinvolgimento e di
collaborazione nelle azioni che mirano alla tutela, alla promozione e al mantenimento del
benessere collettivo crea fiducia fra gli individui e pone le basi per la condivisione di
responsabilità verso la comunità e la società.
Affinché vi possa essere una concreta partecipazione occorrono, oltre a caratteristiche
soggettive fra cui la motivazione al coinvolgimento, alcuni prerequisiti legati alle
caratteristiche del contesto. Essi concernono la presenza di leggi, norme e regolamenti che
legittimino la partecipazione degli individui alle decisioni, così come la presenza di strutture
organizzative che la rendano possibile. Ciò implica una cultura della comunità locale
predisposta a sostenere la partecipazione sociale quale modalità abituale per la risoluzione
dei problemi di vita quotidiana.
Fra i prerequisiti del contesto, si fa riferimento anche alla presenza di tecnologie e di
strumenti che permettano la partecipazione alla vita della comunità nelle varie fasi, dalla sua
progettazione alla valutazione.

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2.2 La progettazione dialogico-partecipata
L’intervento dell’operatore sociale si colloca in una dimensione di progettualità e mira ad
attivare e a sostenere processi trasformativi orientati alle macro-finalità professionali. Una
prospettiva progettuale deve poter cogliere sia elementi di potenzialità e di sviluppo, sia i limiti
degli individui e dei contesti d’intervento.
Nell’ottica di promozione della partecipazione e dell’empowerment, il sostegno al cambiamento
deve poter coinvolgere le persone nell’elaborazione dei propri progetti educativi e nella ricerca
di soluzioni per far fronte alle problematiche che si pongono. La costruzione di un dialogo con le
persone coinvolte nell’intervento per l’individuazione di soluzioni funzionali a sostenerne i
percorsi di vita, è un elemento fondamentale per costruire progetti che le coinvolgano
attivamente e che ne consentano la partecipazione.
La progettazione dialogico-partecipata è uno strumento d’intervento che promuove il
coinvolgimento attivo di tutti gli attori implicati in un progetto educativo all’interno di ogni fase
del suo processo di costruzione, conferendo loro un ruolo attivo e riconosciuto, attivando e
valorizzando le risorse, le potenzialità e le competenze presenti. Attraverso lo scambio e la
negoziazione fra i soggetti coinvolti, questo modello di progettazione prevede la costruzione
collettiva (co-costruzione) di una definizione della situazione o della problematica da affrontare,
così come il coinvolgimento attivo di tutte le parti nella definizione degli obiettivi da raggiungere,
nell’individuazione di strategie per perseguirli, nella presa di decisioni e nella valutazione del
progetto stesso (SUPSI-DEASS, 2015).

Nello specifico, secondo le cinque tappe della progettazione previste da questo modello
ampiamente trattato nel modulo SUPSI “Teorie e metodologie dell’intervento sociale”, la
costruzione di un progetto dialogico-partecipato si avvia con l’ideazione, cioè quando una o più
persone cominciano a ipotizzare di dare vita a un progetto.
La seconda fase consiste nell’attivazione, ovvero in un processo di negoziazione inter-
soggettiva di ricerca e di costruzione collettiva di significati condivisi per l’identificazione del
problema o della situazione sulla quale si intende intervenire col progetto. Questa stessa fase
del processo prevede il coinvolgimento di tutti gli attori implicati anche nell’individuazione degli
obiettivi e delle strategie d’intervento, così come nella valutazione delle risorse disponibili e
nella suddivisione dei compiti e dei ruoli.
Sulla base di quanto negoziato, segue la tappa della progettazione, nella quale vengono
identificate e programmate le fasi dell’intervento per implementare il progetto.
Una volta strutturate, si procede con la fase della realizzazione, ossia con l’attuazione degli
interventi pianificati, i quali possono venire valutati in itinere ed eventualmente modificati.
Seguendo una logica circolare, l’ultima tappa del processo della progettazione dialogica-
partecipata è quella della verifica, vale a dire la valutazione del raggiungimento degli obiettivi
stabiliti, la quale può condurre alla conclusione del progetto oppure alla sua riformulazione
(SUPSI-DEASS, 2015, p. 9).

Quest’approccio non prevede perciò l’idea di fallimento, in quanto pone particolare attenzione al
processo di costruzione condivisa dei progetti con i soggetti destinatari, piuttosto che
all’individuazione di obiettivi definitivi.

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2.3 Il Servizio di socioterapia dell’Organizzazione Sociopsichiatrica Cantonale
Il contesto di riferimento su cui si basa la tesi è il Servizio di socioterapia dell’Organizzazione
Sociopsichiatrica Cantonale (OSC) di Mendrisio. Al fine di comprendere meglio il focus della
tesi, è utile fornire alcune informazioni di carattere generale sul quadro istituzionale entro cui
si colloca questo Servizio.
L’OSC è un organo pubblico che si inserisce nel quadro dell’organizzazione statale del
Canton Ticino. Essa si colloca all’interno del settore d’attività del Dipartimento della Sanità e
della Socialità (DSS), che svolge una funzione di offerta di prestazioni di base alla
popolazione, coordinando e sussidiando gli enti e le attività a scopo sociale e sanitario.
Mediante la consulenza diretta e il sostegno offerto, il DSS si prefigge di garantire ai cittadini
servizi di cura e di sostegno sociale. Rifacendosi alla concezione dell’uomo e della salute
conforme ai valori dell’OMS e del quadro legislativo e costituzionale svizzero, promuove
l’integrazione sociale, l’equità, la libertà e la giustizia sociale. Il DSS si suddivide in tre
divisioni, tra cui la Divisione della salute pubblica. Questa Divisione è responsabile della
promozione e della tutela della salute pubblica, garantendo alla popolazione la fornitura di
prestazioni sanitarie tramite enti e servizi (DEASS, 2020). L’OSC rappresenta l’ente statale
che riunisce tutte le strutture ospedaliere, semi-stazionarie e ambulatoriali pubbliche atte alla
presa a carico di persone con disagio di tipo psichiatrico, ripartendosi sul territorio in tre
settori, il Mendrisiotto, il Luganese e il Sopraceneri.
Situata nel parco di Casvegno di Mendrisio, l’Organizzazione comprende la Clinica
Psichiatrica Cantonale (CPC), che si occupa della cura e della riabilitazione di pazienti
psichiatrici acuti, e il Centro Abitativo, Ricreativo e di Lavoro (CARL), centro demedicalizzato
che accoglie un’utenza che presenta patologie di tipo cronico. Fra le strutture dislocate sul
territorio, sono presenti i Servizi Medici Psicologici (SMP), i Servizi Psicosociali (SPS) e i
Centri Diurni (CD) per adulti di Chiasso, Lugano, Bellinzona e Locarno, che si configurano
come strutture intermedie tra il ricovero in clinica e il trattamento ambulatoriale (OSC, 2020).
Sul piano normativo, l’Istituzione si rifà alla Legge sull’Assistenza Sociopsichiatrica cantonale
(LASP) che, dalla sua entrata in vigore nel 1983, si prefigge lo scopo di creare le premesse
per garantire ai cittadini il diritto a un’assistenza psichiatrica e sociopsichiatrica adeguata, nel
rispetto delle libertà individuali e nell’ottica di favorire la prevenzione dai fattori che
determinano i fenomeni patogeni sul piano individuale e sociale (Repubblica e Cantone
Ticino, 2020).

Il Servizio di socioterapia, seppur a carattere demedicalizzato, si colloca nell’Organigramma
dell’OSC1 sotto il Servizio delle cure e socioterapeutico della CPC. Esso si occupa di
coordinare e di gestire progetti, attività di animazione e interventi socioterapeutici per gli
utenti della CPC, del CARL e dei CD sul territorio. Attraverso la socioterapia, ovvero la
promozione dell’interazione e della relazione dell’utente con altre persone e gruppi, il
Servizio svolge interventi basati sui concetti dell’animazione socioculturale. Quest’ultima, è
definita come “la funzione, continuamente rimessa in discussione, di un’équipe di animatori
impegnati in un ambiente da essi ben conosciuto e in cui sono accettati. Insieme alla
comunità di cui fanno parte, essi si sforzano a stimolare la creatività e la libera espressione
dei singoli membri” (Limbos, 2007, p. 13).

1
    Allegato 1 - Organigramma dell’Organizzazione Sociopsichiatrica Cantonale (OSC)
2
    Allegato 2 – Organigramma del Servizio di socioterapia e del Club ’74

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Lo strumento privilegiato d’intervento del Servizio di socioterapia è il club terapeutico.
Questo strumento di lavoro, la cui origine pone le sue radici nelle teorizzazioni di Jean Oury
sulla Psicoterapia istituzionale, si basa sulla gestione collettiva dell’ambiente e della vita
quotidiana della struttura in cui ha sede, fungendo da istanza di mediazione tra il paziente e
l’Istituzione. Il club permette di conferire ai suoi membri un ruolo formalmente riconosciuto e
di venire coinvolti nelle decisioni che li concernono, stimolandone la responsabilizzazione e
costituendo così anche uno strumento privilegiato di lotta al pregiudizio di irresponsabilità
della persona con disagio psichico. Secondo la definizione di Callea e Oury in “Psicosi e
pratica istituzionale” il club è “un organismo associativo dotato di autonomia decisionale che
organizza e gestisce una serie di attività all’interno dell’istituzione. Vi fanno parte tutti i
soggetti della clinica, pazienti ed operatori e tutti possono essere eletti alle cariche che ne
garantiscono il funzionamento” (Callea & Oury, 2000, p. 39).
Il Servizio di socioterapia, contesto in cui è stata svolta la pratica professionale e da cui
nasce questo lavoro di tesi, ha sede nello stabile Valletta all’interno del parco di Casvegno,
sede anche del Club ’74, in quanto partner e strumento d’intervento del Servizio. Oltre a
svolgere una funzione terapeutica, il club si costituisce come un’associazione riconosciuta
sul piano giuridico ai sensi del Codice Civile Svizzero (CSS), a carattere socioterapeutico,
culturale, ricreativo e senza scopo di lucro, che funge da piattaforma relazionale e da luogo
di parola, ed entro cui prendono vita numerosi progetti socioculturali.
Formalmente, lo scopo dell’associazione menzionato negli statuti del Club ’74 (Art. 2) è:

   il coinvolgimento e la partecipazione, degli utenti della Clinica psichiatrica cantonale (CPC), del
   Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (CARL), delle Strutture e dei Servizi OSC, nella
   pianificazione, nell'organizzazione e nella valutazione di quelle attività sociali, culturali e ricreative,
   che assumono finalità terapeutiche, riabilitative e di reinserimento sociale (Club '74, 2020).

Mettendo a confronto e in condivisione le persone attraverso la realizzazione di attività e di
progetti di varia natura, viene perseguito il raggiungimento di finalità come la partecipazione
sociale, il ripristino della parola e la solidarietà, che hanno origine dai diritti sanciti dalla
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Fra i suoi scopi, vi è anche quello di emancipare il prima possibile i pazienti dai reparti,
inserendoli in contesti il meno possibile medicalizzati, per contrastare il rischio che le
persone con disagio psichico restino prigioniere della loro malattia. Attraverso l’instaurarsi di
relazioni significative, al Club ’74 viene favorito il recupero delle capacità e degli aspetti
motivazionali, nell’ottica di valorizzare le risorse presenti. La partecipazione attiva alle attività
e ai progetti, alcuni dei quali verranno esposti successivamente nella ricerca, permette di
mettere in campo capacità, risorse e competenze.
Il Club ’74, dunque, è un contesto che consente ai suoi membri di avere un ruolo
valorizzante e socialmente riconosciuto.

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3. Metodologia
L’approccio metodologico di questa tesi si sviluppa attraverso un’analisi del processo di
riorganizzazione dell’intervento da parte del Servizio di socioterapia, messo in atto per
riuscire a mantenere attiva la presa a carico dell’utenza nonostante le modifiche del contesto
imposte dalla crisi sanitaria. Il periodo preso in considerazione è quello dei cinque mesi di
pratica professionale svolta nel Servizio, iniziata a gennaio 2020, in coincidenza con
l’emergere e con lo svilupparsi della pandemia in Ticino.

L’analisi del processo di adattamento è stata suddiviso in due fasi: l’intervento in regime
ordinario al Club ‘74 e l’intervento del Servizio di socioterapia svolto a distanza.
La prima fase è stata ricostruita selezionando ed esplicitando alcune delle attività
caratteristiche del contesto, riportate in modo esaustivo nell’Organigramma del Servizio di
socioterapia e del Club ’742. Il criterio di selezione si è basato sull’individuazione di quelle
attività e aspetti dell’intervento che in qualche modo sono stati mantenuti attivi anche nella
fase della presa a carico a distanza. Va specificato che, pur facendovi riferimento per
spiegare l’orientamento dell’intervento ordinario nel contesto (cap. 4.1), questa tesi non
comprende un approfondimento esaustivo dei concetti della Psicoterapia istituzionale.
L’intento di questo lavoro è quello di focalizzarsi sulle modalità d’intervento ideate in stato
d’emergenza.

Il modello della progettazione dialogica-partecipata a cui è stato fatto cenno (cap. 2.2) funge
da riferimento di base, in quanto approccio adottato implicitamente dal Servizio di
socioterapia in regime ordinario e quale strumento operativo adoperato nel lavoro a distanza
per dare vita collettivamente a nuove iniziative e progetti.

Trattandosi di un intervento senza precedenti e costruito in itinere per far fronte alle difficoltà
insorte sul piano operativo, la tesi si basa prevalentemente sull’analisi del documento
“Raccolta dati legata all’emergenza Covid-19 all’interno del Servizio di socioterapia”3, che
tiene conto del periodo tra il 28.01.2020 ed 26.05.2020.
Questa raccolta costituisce uno dei due progetti di stage svolti con la mia compagna e
collega Lara Piffaretti, al fine di poter certificare il periodo di pratica professionale nonostante
l’interruzione del lavoro in presenza, avvenuta nel corso del mese di marzo 2020. Il
documento, redatto allo scopo di tenere una memoria storica degli eventi in correlazione al
modificarsi dell’intervento, è frutto di una raccolta di corrispondenza tra la Direzione delle
cure dell’OSC, il Coordinatore del Servizio di socioterapia e la sua équipe. Per ogni nuova
comunicazione inerente lo sviluppo della crisi sanitaria e delle relative direttive di
contenimento, è stato stilato un resoconto concernente l’impatto sul funzionamento operativo
del Servizio e in merito alle conseguenze sull’utenza; esso, inoltre, descrive le attività e i
progetti nati successivamente lungo il periodo di intervento a distanza.

Allo scopo di far emergere gli aspetti più significativi legati alla graduale riorganizzazione
dell’intervento operativo, il focus è stato posto sugli elementi principali che hanno avuto un
impatto diretto sul funzionamento interno del Servizio di socioterapia e del Club ’74.

2
    Allegato 2 – Organigramma del Servizio di socioterapia e del Club ’74
3
    Allegato 3 – “Raccolta dati legata all’emergenza Covid-19 all’interno del Servizio di socioterapia”

La continuità della presa a carico al tempo del COVID-19
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In particolare, quelli concernenti:

-   le principali direttive cantonali che hanno determinato la modifica dell’intervento rispetto al
    suo regime ordinario, fino alla data di chiusura degli spazi del Club ’74;
-   le informazioni legate all’ideazione e all’implementazione della presa a carico a distanza;
-   le attività e i progetti nati nell’interazione attraverso i mezzi digitali.

Non vengono invece considerate tutte quelle informazioni che entrano nello specifico delle
comunicazioni istituzionali e delle direttive inerenti il funzionamento dell’OSC e della CPC, né
quelle concernenti i Centri Diurni del Servizio di socioterapia.

Ripercorrendo le fasi operative precedentemente indicate, il focus di questa ricerca empirica
è quello di mettere in relazione l’intervento a distanza elaborato dal Servizio di socioterapia
con le tre macro-finalità del lavoro sociale precedentemente esposte. In questo senso, la
domanda a cui questo lavoro di tesi si prefigge di rispondere è la seguente:

“La presa a carico attuata dal Servizio di socioterapia in stato di emergenza sanitaria è
stata in grado di mantenersi orientata alla promozione della salute, dell’empowerment e
della partecipazione sociale dell’utenza?”

La continuità della presa a carico al tempo del COVID-19
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4. Dissertazione
4.1 Fase 1: il Club ’74 in regime d’intervento ordinario
La fase d’intervento in regime ordinario presa in considerazione comprende il periodo tra il
20 gennaio 2020, data d’inizio della pratica professionale, e il 26 febbraio 2020, quando a
seguito della comunicazione da parte della Confederazione del primo caso accertato di
contagio da Covid-19 in Ticino, il Servizio di socioterapia si è trovato confrontato con
l’esigenza di far fronte operativamente al lavoro in stato (allora) di epidemia.
Al fine di avere, nella fase successiva, un termine di paragone rispetto all’intervento che
viene svolto in condizioni usuali, in questo capitolo si intende fornire una panoramica sul
funzionamento del Club ’74 e sul tipo di intervento in correlazione ad alcuni concetti di base
della Psicoterapia istituzionale sulla quale si fonda lo strumento del club terapeutico.
A titolo d’esempio, si farà in seguito riferimento ad alcune delle molte attività che vengono
regolarmente svolte nel contesto. Verrà infine descritto il principale progetto socioculturale a
cui stava lavorando il club, poco prima dell’emergere dell’epidemia.

Gli spazi del Club ’74 sono aperti quotidianamente all’utenza, che può prendere parte
liberamente alle riunioni, ai gruppi e agli ateliers destinati allo svolgimento delle attività e dei
progetti di animazione socioculturale. Le persone sono libere di arrivare al club, di passare
da un gruppo e da uno spazio all’altro, come di andarsene quando vogliono. Uno dei concetti
di base della Psicoterapia istituzionale è infatti quello della libera circolazione (Callea & Oury,
2000, p. 37).
Fatta eccezione per coloro che hanno un contratto di laboratorio OSC e che vi svolgono
regolarmente un’attività lavorativa, come per esempio la gestione del Bar del club, l’utenza
che frequenta il contesto può variare di giorno in giorno. Le persone che provengono dalla
CPC per svolgere attività terapeutiche, avendo in media una permanenza in clinica di circa
un mese, rappresentano i partecipanti con una frequenza più sporadica. Coloro che
frequentano regolarmente le riunioni e che partecipano con più assiduità alle attività sono
invece persone che hanno avuto un trascorso di ricovero in clinica, e che vivono in foyers
esterni al Casvegno o nei propri domicili privati sul territorio.
Tuttavia, l’utenza ha un aspetto comune inerente il quadro della salute mentale, essa si
compone infatti da persone adulte con problematiche psichiatriche di diversa natura e
intensità. Ciò che accomuna le psicosi e le psicopatie, è che si contraddistinguono da uno
sparpagliamento del pensiero e delle azioni che conduce ad una dimensione di “chiusura”
della persona. Secondo il testo di Jean Oury in “Continuità e discontinuità in psichiatria”, la
presa a carico dell’utente in questo ambito d’intervento si caratterizza dal:

   vederlo regolarmente, per forza in maniera discontinua, ma forse è il solo modo di assicurare la
   perennità della sua esistenza. (…) È questa cadenza regolare che permette al soggetto di
   continuare a vivere. (…) E la nostra presenza si giustifica tecnicamente dentro un tentativo
   permanente di salvaguardia di un aperto (Callea & Oury, 2000).

In questo senso, il ruolo dell’operatore al Club ’74 è innanzitutto quello di ricoprire una
funzione di presenza di riferimento per l’utenza, all’interno di un ambiente che ha una
valenza terapeutica in quanto luogo che permette il libero accesso a una dimensione di
apertura.

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Il modello della Concezione delle cure presso l’OSC, che tiene conto dei principi dell’OMS e
della LASP, indica la salute come la capacità della persona di mantenere un equilibrio
muovendosi su quattro assi (biologico, psicologico, sociale e spirituale), interagendo e
adattandosi contemporaneamente al suo ambiente di vita (OSC, 2008). Alla luce di questa
definizione, il Club ’74 assume un’ulteriore valenza terapeutica in quanto non richiede alla
persona di adattarsi al suo contesto, ma è un ambiente capace di adattarsi alla singolarità
dell’utente e alle sue esigenze, agevolandone il rapporto con il luogo di cura e di vita. Questa
sua caratteristica rappresenta un altro concetto di base, detto effetto patoplastico, che
definisce appunto la possibilità di modificare la sintomatologia legata al quadro di salute
mentale attraverso un lavoro sull’ambiente (Callea & Oury, 2000, p. 41).
L’intervento al club, pur attuandosi in una dimensione di gruppo, si basa sulla costruzione di
progetti terapeutici individuali che siano in grado di adattarsi all’utente e al suo percorso,
nell’ottica di rispettarne la soggettività e di accoglierlo nella sua singolarità (Callea & Oury,
2000, p. 40). Il progetto terapeutico viene dunque co-costruito con la persona, di modo da
consentirle di partecipare attivamente al suo processo di cura. Favorire l’instaurarsi di
un’alleanza terapeutica, ovvero di una reciproca fiducia e di una collaborazione tra operatore
e utente, è considerata infatti una risorsa volta alla promozione della salute, poiché consente
di agevolare il processo di riabilitazione e terapeutico (OSC, 2008).
La collaborazione tra le persone alle attività è un altro elemento di base su cui si fonda
l’intervento. Al Club ’74 questo aspetto è favorito dal suo costituirsi come associazione
riconosciuta giuridicamente, che conferisce lo statuto di membro di diritto a “gli utenti ed ex
utenti delle Unità terapeutiche-riabilitative, di quelle abitativo-ricreativo e delle altre Strutture
e Servizi dell'OSC e gli operatori OSC” (Club '74, 2020). Ciò rende possibile la collaborazione
tra l’utenza e i professionisti in una dimensione di orizzontalità, finalizzata alla valorizzazione
del ruolo e delle competenze dell’utente, e alla sua responsabilizzazione.
Il concetto di responsabilità, infatti, mira a porre la persona al centro del suo percorso di vita,
che al club si traduce anche nel coinvolgimento attivo dell’utenza, secondo le specifiche
competenze, all’interno delle varie attività e in tutti gli aspetti della vita della comunità (Callea
& Oury, 2000). La presenza delle diverse attività rende il Club ‘74 un contesto vitale e in
grado di muovere dinamiche in cui le persone possono sperimentarsi nella relazione con gli
altri. La Psicoterapia istituzionale, infatti, si definisce:

   un movimento che si può mantenere solo se gli attori, gli artigiani sono lì giorno per giorno per
   essere in presa diretta su ciò che succede; e poi, bisogna che succeda qualche cosa. Ecco,
   forse è questo uno dei parametri della psicoterapia istituzionale: fare in modo che succeda
   qualcosa (Callea & Oury, 2000, p. 11).

In questo senso, le dinamiche relazionali che s’instaurano mediante la collaborazione alle
attività permettono di attuare interventi finalizzati anche al miglioramento della qualità dei
rapporti interpersonali, aspetto che l’OMS indica come uno dei determinanti della salute
mentale, consentendo altresì di lavorare al perseguimento delle finalità di riabilitazione e di
reinserimento sociale che caratterizzano il club.
Rispetto all’organizzazione delle diverse attività, si fa capo all’utilizzo di una griglia che viene
aggiornata settimanalmente. Il sistema della Griglia è uno strumento tecnico, anch’esso fondato
sui principi della Psicoterapia istituzionale, che permette di strutturare e di gestire collettivamente
l’organizzazione del lavoro individuale in relazione ai compiti (Callea & Oury, 2000, p. 167).

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Ciò avviene attraverso un organigramma evolutivo in cui ciascuno trova un suo posto in
funzione a dei compiti abituali, occasionali e a dei turni, che definiscono quelle mansioni
collettive che non si intende attribuire a qualcuno in particolare ma che vengono assegnate
per rotazione. L’obiettivo della griglia è di articolare l’organizzazione secondo la dimensione
soggettiva di ciascuno, personalizzandone la partecipazione. Questo strumento impedisce
anche che le attività diventino stereotipate e che la persona si senta sola e demoralizzata a
svolgere sempre la stessa mansione. Difatti, la griglia è orientata anche al concetto di
polivalenza, cioè alla creazione di una multi-appartenenza dei membri che dia la possibilità
di passare da un gruppo e da un ambiente all’altro, secondo il principio di libera circolazione
(Callea & Oury, 2000, p. 37). La sua gestione collettiva, che viene negoziata durante le
riunioni, consente inoltre di attivare il confronto tra le persone. È infatti un altro strumento
d’intervento utilizzato al club che permette di arricchire i rapporti interpersonali e di
promuovere la responsabilizzazione.
Questo programma settimanale, che indica anche i giorni e gli orari in cui si tengono le riunioni,
gli incontri dei gruppi (ad es. parola, sport, teatro), e il genere di attività che verrà svolto negli
ateliers, viene poi affisso nei vari spazi. Ciò permette anche a chi frequenta sporadicamente il
club, come ad esempio le persone che arrivano dai reparti della CPC, di prendere conoscenza
delle diverse possibilità di attività in atto e di inserirsi e di parteciparvi liberamente.
Un altro strumento d’intervento, fondamentale al Club ’74, è quello della riunione. La suddivisione
dei compiti, l’organizzazione delle varie attività e dei progetti, nonché la presa di tutte le
decisioni inerenti la comunità del club, vengono discusse e organizzate nella riunione di
Segretariato. Quest’assemblea a partecipazione libera, moderata a turno da un operatore, si
svolge ogni mattina nello spazio del segretariato. Si tratta di un luogo di espressione e di
confronto tra le persone in cui tutti i partecipanti hanno la possibilità di prendere parola, di
esprimere i propri bisogni e le preoccupazioni, nonché di affrontare eventuali conflitti.
Durante questi incontri, in un clima di sostegno reciproco, si presta particolare attenzione
anche all’assenza dei membri, che potrebbe essere un possibile segnale di un malessere
che la persona sta attraversando. In quest’eventualità, gli operatori possono attivarsi per
mettere in atto un intervento individuale di sostegno.
La riunione è inoltre uno spazio in cui condividere il proprio punto di vista su temi d’interesse
generale, e uno strumento che consente il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle
persone ai processi decisionali. Lo statuto di membro conferisce infatti il diritto di prendere
parte alle decisioni che garantiscono il funzionamento del club a tutti coloro che vi
partecipano, indistintamente dal ruolo di operatore o di utente.
Il coinvolgimento nei processi decisionali, che permette di intraprendere azioni collettive sulla
gestione del Club ‘74, mira all’accrescimento dell’autodeterminazione nell’organizzazione di
vita delle persone e della sua stessa comunità. Si tratta di un ulteriore strumento d’intervento
del club che permette di influenzare e di acquisire di un maggior controllo sui determinanti
della salute e sulla qualità di vita, orientato a tutti gli effetti alla promozione dell’empowerment.
Questo spazio, inoltre, permette di accogliere idee e iniziative personali rispetto ad attività da
realizzare.
Il ruolo dell’operatore nelle riunioni, fra le varie funzioni che assume, è così quello di fungere
da figura attenta a raccogliere e a valorizzare gli stimoli dell’utenza, ma anche quello di
fungere egli stesso da promotore di nuove idee. Le proposte formulate vengono poi valutate
e negoziate nel gruppo, che insieme si attiva per progettarne l’attuazione.

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In questo senso, la progettazione al Club ’74, pur non essendo un riferimento d’intervento
esplicitamente dichiarato, ricalca a tutti gli effetti il modello dialogico-partecipato. L’intervento è
dunque finalizzato anche a sostenere il processo di co-costruzione dei progetti, orientandone lo
sviluppo verso gli obiettivi del contesto e, al contempo, ai diversi bisogni educativi dei singoli
partecipanti.
Un altro concetto di base è infine quello di eterogeneità, che orienta l’intervento alla
considerazione delle diverse possibilità di investimento e delle competenze di ognuno, al fine di
poterle valorizzare (Callea & Oury, 2000, p. 38). L’assunto è che più c’è eterogeneità, maggiore
è la possibilità di inventiva, di emergenza di creatività, di differenziazione dei registri di
funzionamento, dei compiti e degli ambienti. In un’ottica di apprendimento reciproco, ciò
permette di sostenere e di sviluppare la diversità delle potenzialità e delle competenze dei
membri del club, riconoscendone così l’apporto esclusivo.
Al fine di fornire una rappresentazione più concreta sul funzionamento del Club ’74, di
seguito, a titolo d’esempio, verranno brevemente descritti alcuni dei suoi spazi, dei gruppi e
delle attività presenti, che ordinariamente costituiscono elementi caratteristici del contesto
d’intervento. In questa fase, esso è stato attuato da un’équipe composta da sette
professionisti con formazione in educazione e animazione sociale.

Ogni mattina, la giornata si apre con la riunione di Coordinamento riservata all’équipe, che si
riunisce nello spazio del segretariato per discutere varie tematiche inerenti l’utenza e
l’organizzazione del lavoro.
A seguire, si tiene regolarmente la riunione di Segretariato precedentemente descritta che,
con l’arrivo dei pazienti della CPC e degli altri membri, vede lo spazio del segretariato via via
animarsi di persone che dopo la riunione si riversano nei vari spazi del club per svolgere le
attività e per partecipare agli incontri di gruppo in programma durante la giornata.
Nei diversi ateliers creativi che si attivano dopo la riunione di Segretariato le persone
possono prendere parte liberamente ad attività espressivo-manuali di vario tipo, come per
esempio la cura dell’orto, la falegnameria, il disegno, la pittura, il cucito, la ceramica e molte
altre attività creative.
Il Bar del club, gestito da alcuni utenti, è uno spazio particolarmente frequentato e animato
durante ogni giornata. Questo punto di ristoro, aperto liberamente ai cittadini e a tutti i
professionisti e gli utenti dell’OSC, rappresenta un importante luogo di incontro e di scambio
fra le persone, che incarna la funzione di piattaforma relazionale che svolge il Club ’74.
Nel Bar si tiene settimanalmente un pranzo sociale e una cena per i partecipanti del gruppo
musica, preparati da utenti e operatori nella cucina del club. Il gruppo musica è un altro mezzo
del club che, oltre a permettere di lavorare sulla libera espressione delle persone attraverso la
musica, promuove la partecipazione e l’integrazione sociale. Nella prima fase d’intervento,
questo gruppo ha visto riunite anche più di cinquanta persone per fare musica insieme e
partecipare alla cena, tra le quali utenti e operatori del club, pazienti ed infermieri della CPC,
persone provenienti dal Centro federale d’asilo di Chiasso, “amici del club” 4 e musicisti.
Un altro spazio del club è la Redazione, in cui si svolgono le attività redazionali destinate
all’allestimento del giornale Insieme, un periodico pubblicato trimestralmente che contiene
contributi realizzati dai membri del Club ’74 e dall’utenza dei vari Centri diurni dell’OSC.

4
    Espressione spesso utilizzata nel contesto in riferimento alle persone che frequentano liberamente il Club ’74
    senza avere con esso un rapporto legato al ruolo di utente o di professionista.

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Il gruppo responsabile della Redazione, composto da utenti e da un operatore
responsabile dell’attività, si riunisce in una riunione settimanale a cui possono partecipare
liberamente anche le persone provenienti dalla CPC e dal CARL, per leggere e discutere la
scelta dei contenuti destinati alla pubblicazione.
Quest’incontro è un momento destinato all’espressione verbale, caratterizzato dall’ascolto e
dal confronto delle idee fra i partecipanti. Il giornale rappresenta inoltre un altro importante
strumento del club che, attraverso la diffusione dei suoi articoli, permette di dar voce alle
persone e di produrre cultura sul territorio. Nello spazio della Redazione vengono svolte
anche diverse altre attività di segretariato, come ad esempio la gestione della contabilità
finanziaria del club, della corrispondenza e l’allestimento del programma settimanale.
A cadenza settimanale si tengono anche i gruppi di sport, di fitness e di ginnastica dolce,
che permettono di promuovere l’espressione corporea e il benessere fisico delle persone. Vi
è poi il gruppo di teatro, che si riunisce una volta a settimana nel teatro dell’OSC per
svolgere attività espressivo-corporee e allestire spettacoli la cui messa in scena è aperta a
tutti i cittadini. Il teatro è uno strumento favorevole a sollecitare l’espressione delle emozioni
e l’elaborazione dei vissuti, ma costituisce anche un altro esempio di attività socioculturale
del Club ‘74 che permette di lavorare sul versante dell’integrazione e della partecipazione
sociale. I progetti teatrali, che prevedono anche collaborazioni con altri attori sociali del
territorio, sono infatti un mezzo per produrre cultura tutti insieme e per lottare contro il
pregiudizio e l’emarginazione delle persone con problematiche psichiatriche.
Un progetto socioculturale nato attraverso l’attività teatrale del club, ad esempio, è stata la
messa in scena nel 2019 di “Sonni e risvegli”, uno spettacolo allestito in collaborazione con
la SUPSI, il Conservatorio della Svizzera italiana, il Servizio per le dipendenze di Ingrado e
un regista professionista. Questo spettacolo aperto al pubblico ha permesso di portare sul
palcoscenico delle testimonianze di esperienze dirette legate al disagio psichico sia dal
punto di vista degli utenti, sia da quello degli operatori sociali.

Contestualizzando ora l’intervento alla fase presa in considerazione da questo capitolo
(regime ordinario), nei mesi di gennaio e di febbraio 2020, il fulcro delle attività del Club ‘74
si è incentrato in particolar modo sulla realizzazione del progetto del Carnevale, a cui utenti e
operatori stavano lavorando già da diversi mesi.
Si tratta di un progetto socioculturale che annualmente, in occasione di alcuni carnevali sul
territorio, coinvolge i partecipanti dei clubs dei Centri Diurni e tutta l’équipe di socioterapia
nella categoria dei gruppi che sfilano al corteo.
L’orientamento dell’intervento educativo alla promozione della partecipazione sociale,
dell’empowerment e della salute è ben rappresentata anche da questo progetto, sviluppato
attraverso un approccio alla progettazione di tipo dialogico-partecipato. Esso si è costituito
come un’azione di carattere socioculturale, frutto di un processo collaborativo che ha
coinvolto tutti i partecipanti sia nel processo d’ideazione, sia in quello decisionale per la
definizione dell’organizzazione, negoziata via via nelle riunioni di segretariato, così come
pure nella sua realizzazione.
Nell’ambito di questo progetto, l’intervento si è improntato principalmente alla facilitazione e
al coordinamento dell’impegno del gruppo per la definizione degli obiettivi e dei relativi
mezzi. La realizzazione dei preparativi per il Carnevale ha infatti permesso di attivare la
creatività negli ateliers del Club ’74 e di raccordarne il lavoro.

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