Criptovalute green: fanno bene
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Criptovalute green: fanno davvero così bene all’ambiente? Le criptovalute sono un utile strumento per guidare il mondo verso la sostenibilità? Sussidi ambientali: un rapporto difficile e controverso La necessità di nuovi paradigmi CfER, la moneta elettronica green Il credito per la rigenerazione ambientale Quanto ambiente c’è nelle criptovalute? L’ambiente come traino delle sostenibilità Sussidi ambientali: un rapporto difficile e controverso La transizione energetica segna una grande rivoluzione nella produzione della maggior parte dei beni e dei servizi necessari al vivere quotidiano: tutte le attività energivore dovranno gradualmente essere alimentate da energia proveniente da FER al posto delle fonti fossili. Già da tempo, attraverso il sistema delle quote ETS, alle imprese che inquinano di più è stata messa a disposizione la possibilità di “compensare” le proprie emissioni di CO2 con l’acquisto di titoli che dovrebbero finanziare investimenti green. Il MiTE ha avviato uno studio che ha come obiettivo la revisione del sistema dei SAD (sussidi ambientalmente dannosi) al fine di convertirli in SAF (sussidi ambientalmente favorevoli): “la finalità ultima di questo processo consiste nel riorientare le risorse già attribuite ad uno specifico settore verso soluzioni green, ambientalmente sostenibili e
virtuose, senza incidere sui soggetti e sulle categorie attualmente percettori delle agevolazioni (con una logica che si può, pertanto, definire a «saldo zero»)”. Tuttavia, il recente report OCSE, dal titolo quanto mai evocativo, “To green or not to green?” mostra come moltissimi danari, pubblici e non, hanno finito per finanziare, direttamente o indirettamente, attività e progetti che di sostenibile avevano ben poco, evidenziando come, nei fatti, gli stanziamenti green siano stati “equamente bilanciati da misure «non verdi»”… La necessità di nuovi paradigmi Per passare dalle parole ai fatti, quindi per attuare concretamente la transizione ecologica, è fondamentale il cambiamento (anche) dei modelli imprenditoriali, unito ad una maggiore consapevolezza del fatto che anche noi, semplici cittadini e consumatori, possiamo investire green e fare la nostra parte. Insomma, è il momento non solo di rivedere il sistema di allocazione di tali investimenti, che spesso alimentano vere e proprie campagne di greenwashing, ma anche di valutare i nuovi strumenti che si affacciano per finanziare il settore green, come i primi progetti di monete elettroniche in chiave green. CfER, la moneta elettronica green Uno di questi è di una start-up italiana (la Free Seas srl Società Benefit), nata nel giugno del 2019 fra le province di Trento e Brescia ad opera di un gruppo di imprenditori e professionisti. La nuova moneta – la CfER, Coin for Enviromental Regeneration – dovrebbe servire a finanziare progetti di rigenerazione ambientale, volti a recuperare aree ed ecosistemi contaminati
o comunque danneggiati: sarà la prima piattaforma italiana di questo tipo. Come funzionerà? Dovrebbe essere definito un sistema digitale di emissione crediti (token) per il finanziamento di progetti di rigenerazione ambientale, basato su: quantificazione di impatto; analisi costi-benefici e tokenizzazione. “Un token è un insieme di informazioni digitali all’interno di una blockchain che conferiscono un diritto a un determinato soggetto, la tokenizzazione è la conversione dei diritti di un bene in un token digitale registrato su una blockchain”. L’ambiente in cui si sviluppa questo modello è quello della blockchain, ossia una tecnologia di registro su rete capace di collegare blocchi di dati (blocks) in concatenazione (chain) per mezzo di crittografia avanzata. Ogni nuova trascrizione di informazione sul registro, per essere approvata, deve ricevere la totalità del consenso della rete: ogni trascrizione approvata diventa quindi parte costituente di un blocco, che viene registrato per validazione della rete stessa, risultando quindi immutabile. Al di là degli aspetti finanziari e tecnico–digitali (pur rilevanti) di questa tipologia di strumento, si rileva la grande novità costituita dalla possibilità che l’investitore possa conoscere l’impatto reale del suo investimento, del suo “gesto”, in termini di sostenibilità ambientale. Il credito per la rigenerazione ambientale Il rilascio di token darà valore ai progetti in modo proporzionale alla rigenerazione attuata su territori, aria, acqua e foreste: l’obiettivo, a lungo termine, è la creazione di un mercato italiano del credito per la rigenerazione ambientale, in cui i token – che attestano la rigenerazione avvenuta – vengano accettati come credito fiscale per imprese e privati virtuosi.
Attraverso la propria piattaforma, Free Seas SB ha emesso un certo quantitativo di token destinato a non cambiare: i token CfER potranno essere acquistati sia con valuta corrente che con criptovaluta. Quanto ambiente c’è nelle criptovalute? Le criptovalute si stanno diffondendo a macchia d’olio: a partire dalla prima e più famosa (il BitCoin), oltre alle “sorelle minori” Ethereum, Cardano, Binance Coin e Tether, se ne contano più di seimila. Al momento c’è ancora molto scetticismo, legato non solo al fatto che si tratta di una materia (molto tecnica) per pochi adepti, ma anche alla loro estrema volatilità. Ma c’è di più. Le criptovalute – per il procedimento di mining che sta alla base del loro funzionamento – sono energivore. Si calcola che per ogni transazione in BitCoin ci sia un consumo medio di 300Kg di CO2, quasi 750mila volte il consumo generato da una transazione con la carta di credito. Nelle criptovalute, allo stadio attuale, c’è dunque ben poco di virtuoso, almeno nelle dinamiche del suo utilizzo. Ma c’è molto fermento nel settore, e i margini di miglioramento sono notevoli. L’ambiente come traino delle sostenibilità In ogni caso l’ambiente è il volano per la crescita delle sostenibilità: ambientale, sociale ed economica in primis, ma non solo. I grandi fondi di investimento hanno già avviato un percorso che li porterà a disimpegnarsi progressivamente dalle attività che generano maggiore inquinamento, favorendo invece i
business orientati alla sostenibilità. Vanno nella medesima direzione anche le previsioni degli istituti mondiali di rating che hanno cominciato ad assegnare un punteggio più basso e un profilo di rischio più alto per i grandi gruppi del settore oil and gas, declassandoli. Al fianco del mondo azionario, anche il comparto obbligazionario sta facendo la parte del leone attraverso l’emissione di green bond legati a progetti ecosostenibili con emissioni nel 2019 pari a 250 miliardi di dollari, quasi il 50% in più rispetto al 2018. Senza dimenticare quello che succede nella Silicon Valley…
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