COVID-19, l'impatto della pandemia sull'esplorazione spaziale

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COVID-19, l'impatto della pandemia sull'esplorazione spaziale
 

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          COVID-19, l’impatto della pandemia
              sull’esplorazione spaziale
Anche le missioni spaziali stanno facendo i conti con il coronavirus e la pandemia, in
alcuni casi, potrebbe avere effetti sulla pianificazione nel lungo periodo e richiedere una
revisione dei protocolli generali, di “protezione planetaria” e quarantena.
Elisabetta Bonora
Così come si è propagato sulla Terra, causando vittime, sconvolgendo le nostre vite a
livello professionale ed emozionale, con importanti ripercussioni sull’economia
globale, il COVID-19 ha colpito a macchia di leopardo anche l’industria aerospaziale
e il mondo scientifico in generale. I paesi interessati hanno dovuto fronteggiare
l’epidemia mettendo in pista tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute
pubblica e dei propri dipendenti, con conseguenti difficoltà operative. Non sono
mancate, però, le eccezioni.
Cina

Può sembrare curioso ma in Cina, dove tutto ha avuto inizio, l’ambizioso programma
di esplorazione spaziale è proseguito, in questi mesi, apparentemente senza rilevanti
contrattempi. Forse, nel fronteggiare l’emergenza epidemiologica ha giocato un ruolo
importante il Capodanno Cinese, che quest’anno si è celebrato il 25 gennaio. S tratta
di una festività le cui celebrazioni durano settimane, durante le quali le attività sono
ridotte al minimo e molte aziende chiudono per una decina di giorni o più. Tale
circostanza ha probabilmente favorito una riorganizzazione delle procedure di
sicurezza e della produzione nelle zone più colpite, limitando tutto sommato
l’impatto dell’epidemia nel settore industriale cinese.
Pur avendo collezionato qualche piccolo insuccesso che non ha nulla a che vedere
con il coronavirus, come il fallimento del vettore veterano dello spazio Long March
3B e del nuovo Long March 7A, il governo di Pechino si sta velocemente affermando
come leader mondiale nell’esplorazione spaziale. Al momento la Cina ha una
missione in corso sul lato opposto della Luna, Chang’e 4, che utilizza come ripetitore
per le comunicazioni il satellite Queqiao, l’unico al mondo a operare dal punto di
Lagrange L2 del sistema Terra – Luna. La Cina ha inoltre lanciato il nuovo razzo,
Long March 5B, che fornirà maggiori capacità di carico e di manovra e, nell’ambito
della stessa missione, ha testato la nuova capsula per voli con equipaggio, che
porterà gli astronauti cinesi in orbita, sulla Luna e nello spazio profondo. L’Agenzia
Spaziale Cinese (CNSA) sta, inoltre, pianificando una missione su Marte e la
costruzione di una stazione spaziale orbitante attorno alla Terra. Ed entro
quest’anno, lancerà un’altra missione sulla Luna, Chang’e 5, che riporterà dei
campioni di roccia lunare nei laboratori terrestri.
Stati Uniti

Analogamente, negli Stati Uniti, dove l’emergenza COVID-19 è arrivata più tardi
rispetto ad altri paesi, la NASA ha confermato le missioni imminenti, pur
riconoscendo le difficoltà del momento. Tra queste la capsula Crew Dragon della
SpaceX, che renderà nuovamente autonomi gli Stati Uniti nei voli con equipaggio dai
tempi dello Space Shuttle, è prevista per il lancio il prossimo 27 maggio; il rover
Perseverance partirà per Marte tra il 17 luglio ed il 5 agosto e proseguono i lavori sul
James Webb Space Telescope, che sarà lanciato il prossimo anno. Solo alcune attività
hanno subito un fermo temporaneo dovuto alle ulteriori restrizioni adottate per
contrastare l’epidemia ma senza conseguenze sulla pianificazione.
Chiaramente, molte cose sono cambiate. A livello organizzativo, la NASA ha dovuto
reinventare le procedure: allungando i periodi di quarantena degli equipaggi della
Stazione Spaziale Internazionale, per esempio; o ridisegnando il controllo missione
presso il Kennedy Space Center (KSC) per garantire una distanza di 1,8 metri tra ogni
postazione di lavoro. I prossimi lanci spaziali, che normalmente avrebbero attirato
una gran folla sulla costa della Florida, avverranno a porte chiuse mentre il pubblico è
invitato a seguire la diretta da casa.

L’Agenzia Spaziale Americana è anche scesa in prima linea per fronteggiare
l’emergenza COVID-19 e, in soli 37 giorni, gli ingegneri del Jet Propulsion
Laboratory (JPL) hanno realizzato il prototipo di un ventilatore
polmonare convertendo le risorse generalmente utilizzate per lo spazio, nella
produzione di dispositivi medici. Il prototipo si chiama VITAL (“Ventilator
Intervention Technology Accessible Locally”) e, non appena otterrà tutte le
certificazioni, sarà rilasciato con una licenza gratuita per consentirne la libera
produzione alle aziende private del settore.
In Europa
Alcune attività internazionali e alcuni paesi sono stati maggiormente colpiti
dall’emergenza COVID-19 e i loro programmi hanno subito un brusco arresto.
L’agenzia spaziale europea ESA e la russa RosCosmos hanno preso la difficile
decisione di rinviare di due anni la missione congiunta del rover ExoMars 2020. Il
provvedimento è una conseguenza indiretta dell’epidemia di coronavirus. Le due
agenzie, infatti, hanno ritenuto necessari ulteriori test sul paracadute del modulo di
discesa, sull’elettronica e sul software la cui organizzazione sarebbe stata gravemente
compromessa dalle restrizioni dettate dalla pandemia.
Il team ha fatto di tutto per non mancare la finestra di lancio collocata tra il 26 luglio
e l’11 agosto 2020, cercando di superare le diverse difficoltà incontrate durante la
fase di progettazione, assemblaggio e collaudo. Come altre sonde che saranno
lanciate questa estate, la partenza di ExoMars avrebbe dovuto sfruttare il momento
astronomico migliore per i viaggi verso Marte, ossia quando il Pianeta Rosso e la
Terra sono più vicini. Questa circostanza si verifica ogni 26 mesi, pertanto il rinvio
ha inesorabilmente posticipato la missione di ben due anni.

“Abbiamo preso una decisione difficile ma ponderata nel rinviare il lancio al 2022.
Guidata principalmente dalla necessità di massimizzare la solidità di tutti i sistemi
ExoMars e dalle circostanze di forza maggiore legate all’esacerbazione della
situazione epidemiologica in Europa che ha impossibilitato i nostri esperti nel
raggiungere le industrie partner”, ha dichiarato nella press release Dmitry Rogozin,
direttore del RosCosmos.
In ogni caso, il posticipo della missione ExoMars, in base alle informazioni attuali,
non influirà sui programmi futuri delle agenzie: l’Ufficio Stampa RosCosmos ci ha
confermato via mail che “l’industria spaziale russa continua a lavorare secondo il
piano adottato mantenendo tutte le misure precauzionali anti-COVID-19” e che, ad
esempio già “due lanci sono stati eseguiti dal cosmodromo di Baikonur”.
In risposta all’evolversi della pandemia, l’ESA ha ridotto drasticamente il personale
nel suo centro di controllo a Darmstadt, Germania. La raccolta dei dati scientifici su
quattro missioni (Cluster, ExoMars Trace Gas Orbiter, Mars Express e Solar Orbiter)
è stata interrotta per alcune settimane, mentre tutto il personale si è concentrato sulle
attività inderogabili, come la manovra di gravity assist attorno alla Terra eseguita
dalla sonda BepiColombo il 10 aprile scorso, senza la quale la missione avrebbe
mancato Mercurio a dicembre 2025.
Anche tutti i lanci di Arianespace dallo spazioporto nella Guyana francese sono stati
sospesi per circa un mese e le attività stanno ripartendo questa settimana.
Stessa sorte è toccata all’ESO, organizzazione formata da paesi membri per la
maggioranza europei che gestisce i grandi telescopi in Sud America. Le misure
cautelative messe in atto a causa del dilagare della pandemia hanno portato allo
shutdown degli osservatori di Paranal, La Silla, Chajnantor e dell’interferometro sub-
millimetrico ALMA gestito dall’ESO in collaborazione con altri partner
internazionali.

In Italia, il ciclo 03 sulla ricerca di onde gravitazionali è stato interrotto prima del
previsto con la chiusura dell’interferometro VIRGO, situato in Toscana, nel comune
di Cascina. La decisione ha seguito a ruota i provvedimenti presi in America dopo il
fermo di LIGO. Ed il futuro è ancora incerto.
Come negli Stati Uniti, anche in Europa le agenzie spaziali sono diventate parte attiva
nella lotta contro la pandemia: l’ESA ha messo a disposizione 10 milioni di euro per
la sperimentazioni di tecnologie spaziali mirate a migliorare l’assistenza
sanitaria e l’apprendimento a distanza. Il bando “Space in response to COVID-19
outbreak” è stato presentato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana ASI,
del Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione (MID) e del
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Le proposte sono state raccolte
tra dal 31 marzo al 20 aprile scorso.
Nel resto del mondo

Mentre gli Emirati Arabi stanno procedendo con la missione Hope, una sonda che
verrà inviata su Marte la prossima estate con vettore giapponese dallo spazioporto di
Tanegashima, l’Indian Space Research Organization (ISRO) ha risposto alla
pandemia COVID-19 mettendo in pausa i lanci e spostando le risorse sulla
produzione di ventilatori polmonari e disinfettanti. Tuttavia l’emergenza, ancora
attuale, potrebbe avere ripercussione sul lungo periodo.
L’ISRO aveva messo in calendario circa due dozzine di lanci, incluso il volo inaugurale
di Gagagyaan 1 e Aditya-L1 entro quest’anno. Il primo è un veicolo spaziale per i voli
con equipaggio che avrebbe dovuto compiere 3 test: due senza pilota, mentre l’ultimo
avrebbe portato due astronauti in orbita a 400 km sopra la Terra, per 7 giorni, nel 2022.
La seconda è la prima sonda indiana dedicata allo studio del Sole e sarebbe dovuta
partire questa estate. Inoltre, la missione lunare Chandrayaan-3, che era prevista per
quest’anno, è stata posticipata alla prima metà del 2021.

Al momento tutta la ricerca, lo sviluppo e la produzione sono fermi a causa delle
restrizioni pandemiche, incluse oltre 100 industrie, grandi e piccole del settore privato
incaricate di produrre componenti per le missioni dell’ISRO. Ma il problema non sono
solo i ritardi: a quanto sembra, per far fronte all’impatto economico generato dal
coronavirus, potrebbe essere messa in atto una ricalibrazione dei fondi per spostare il
budget disponibile verso i settori prioritari.

L’ultimo colpo all’esplorazione spaziale indiana è arrivato dalla Russia, dove è stato
interrotto l’addestramento da astronauta dei quattro piloti dell’aeronautica indiana
presso lo Yuri Gagarin Training Center, a seguito della morte di Yevgeny Mikrin,
capo del programma di voli spaziali umani al RosCosmos. Mikrin è risultato positivo
al coronavirus il mese scorso ma asintomatico, secondo l’agenzia di stampa TASS.
Nessuna correlazione tra il COVID-19 ed il decesso è stata resa pubblica, tuttavia
l’accaduto ha destato qualche preoccupazione anche oltreoceano perché, prima della
diagnosi, il 9 aprile, aveva presenziato al lancio della Soyuz che trasportava un
astronauta americano e due cosmonauti russi alla Stazione Spaziale Internazionale.

Come gli astronauti

Lo spazio è un luogo complicato che ha già una certa familiarità con i concetti
di quarantena e protezione. Fin dalle prime missioni, gli stati si sono posti il problema
della contaminazione, da e verso la Terra, valutato con un’attenzione crescente negli
ultimi anni.

In base ai protocolli, le cosiddette tecnologie di protezione planetaria vengono
correntemente applicate: queste servono per pulire e sterilizzare i veicoli spaziali e per
la manipolazione dei campioni di suolo, roccia e atmosfera restituiti durante le
missioni. Le combinazioni di trattamenti chimici, sterilizzazione a caldo, sistemi
meccanici, sommati al tempo che una navicella trascorre nello spazio esposta alle
radiazioni, garantiscono un grado di sicurezza accettabile. Tuttavia, ultimamente gli
attori in gioco nel settore aerospaziale, pubblici e privati, sono aumentati e nessuno può
avere la certezza che tutti stiano prendendo le giuste precauzioni.
Dopo l’esperienza COVID-19 appare chiaro che ogni approccio dovrà essere ancora
più proattivo, accurato e oculato e dovrà entrare a far parte di un’educazione pubblica
generale. Sonde ed essere umani, però, non possono essere gestiti allo stesso modo. E
qui entra in gioco la distanza sociale che tanto ci appare insostenibile in questo
momento ma è routine per gli astronauti. Vivere isolati o in gruppi ristretti, in ambienti
piccoli e per lunghi periodi per loro fa parte dell’addestramento, per molti di noi,
invece, è stata un’esperienza devastante. Proprio come fanno i cosmonauti in orbita,
abbiamo cercato di colmare la distanza con famiglia ed amici attraverso i plus che la
tecnologia ci offre (chat, social, telefono…). Abbiamo dovuto imparare a fare ordine
nelle nostre vite, a seguire dei programmi giornalieri e fissare dei piccoli obiettivi
quotidiani, tenendo sempre ben presente lo scopo principale di questo sacrificio, ossia
limitare e bloccare la diffusione del virus per tornare il prima possibile a quella che
finora era considerata “normalità” sulla Terra.

Sebbene i parallelismi con la nostra situazione attuale siano difficili perché l’arresto
sociale globale che abbiamo vissuto e stiamo, in parte, ancora vivendo non è stata una
scelta, possiamo trasformare le dure regole dettate dalla pandemia COVID-19 in
un’esperienza di apprendimento e ricordare questi momenti come preziose lezioni.

	
  
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