TONINELLI VUOLE L'AUTOSTRADA DEL BRENNERO PUBBLICA, MA LO È GIÀ - Matteoderrico
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
TONINELLI VUOLE L’AUTOSTRADA DEL BRENNERO PUBBLICA, MA LO È GIÀ Il ministro Toninelli invia gli ispettori per verificare la causa dei disagi sull’Autostrada del Brennero causati dal maltempo. E annuncia che la gestione tornerà presto totalmente pubblica. “Vogliamo vederci chiaro sui disagi che si sono verificati negli ultimi giorni sulla A22 autostrada del Brennero – ha detto il ministro delle Infrastrutture e Trasporti – è infatti già in corso un’ispezione per verificare che il concessionario sia intervenuto adeguatamente per garantire la sicurezza degli utenti, come prevede la convenzione. Per la gestione dell’A22 – aggiunge Toninelli – la concessione è scaduta da anni e siamo a un passo da rinnovarla con una gestione totalmente pubblica e più conveniente per i territori e per chi viaggia”. Parlamentari fanno notare come la società Autrostrada del Brennero Spa sia in mano pubbliche per oltre l’80% (l’84,75% per l’esattezza, come si legge sul sito). Michaela Biancofiore, coordinatrice forzista del Trentino Alto Adige attacca: “O il ministro non sa o finge di non sapere o siamo innanzi all’ennesima gaffe. La società è già pubblica, partecipata all’oltre 81% da enti pubblici e la differenza con quella che lui chiama rivoluzione pare consti nel concedere semplicemente la concessione a una nuova società A22 al 100% pubblica ma gestita dagli stessi enti pubblici di oggi, che
lui dice non sono stati efficienti e ai quali ha inviato un’ispezione”. “È evidente che Toninelli parli di cose che non conosce, probabilmente imbeccato della Casaleggio e associati -. Tuona Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico -.Non solo l’Autostrada del Brennero è già pubblica, ma Delrio, da ministro vero delle infrastrutture, già nel 2016 aveva siglato un protocollo d’intesa per definire i termini per il passaggio della concessione della tratta autostradale affidate ad Autobrennero Spa a società interamente pubbliche”. Tra i maggiori soci di Autobrennero compaiono la Regione Trentino Alto Adige (32,2893%), le province di Trento e Bolzano, con una quota intorno al 7%, quelle di Verona (5%), di Mantova (3%), di Modena (4%) e di Reggio Emilia (2%), il Comune di Verona (5%), Trento e Bolzano (4% ciascuno) e Mantova (2%). “Quello che chiediamo noi è quello che chiede lui”, replica a Toninelli il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. “Vada avanti – aggiunge Fugatti – e lo faccia nell’interesse dei territori che hanno costituito la società”. Fonte: Agi DI MAIO IN VISITA AL SUO LICEO, VIETATO CONTESTARLO
“Lunedì verrà Luigi Di Maio nel mio Liceo, a Pomigliano D’Arco, lo stesso frequentato da lui pochi anni fa”. Inizia così il lungo post di Maurizia, rappresentante di istituto al liceo classico ‘Vittorio Imbriani’ che ha voluto denunciare su Facebook le ‘condizioni’ dettate dal preside campano ai suoi studenti nel giorno della visita del ministro: niente contestazioni né interventi da parte dei ragazzi, pena l’abbassamento dei voti, racconta. Troppo per la giovane studentessa legata all’UdS, che ha deciso di mettere nero su bianco la sua protesta in una lettera social indirizzata al leader pentastellato. “Faccio politica da quando ho messo piede alla scuola superiore – racconta Maurizia -, e avrei avuto piacere a confrontarmi con un ragazzo 14 anni più grande di me che è nientedimeno vice presidente del consiglio dei ministri nonché ministro del lavoro e dello sviluppo economico. Sia chiaro: non avevo intenzione di insultare il ministro tantomeno mancare di rispetto a nessuno. Non perché si tratti di lui, certo, ma perché rispetto il mio interlocutore indipendentemente da chi esso sia. La scuola pubblica – spiega ancora Maurizia – dovrebbe essere apartitica e non apolitica, invece mi sembra il contrario. Si favorisce un partito all’interno di una scuola PUBBLICA (invitare il capo di un movimento politico sotto elezioni europee, insieme al sottosegretario all’istruzione dello stesso partito, per me si definisce favorire) ma non sono consentite contestazioni e nemmeno semplici interventi da parte degli studenti. In sostanza – riassume la studentessa – ci hanno detto: io invito nella TUA scuola chi dico io, tu ascolti e stai zitto senza fiatare. Ci hanno impedito di esprimerci, altrimenti ne pagheremo le conseguenze, ci abbassano i voti, dicono. E le
libertà degli studenti? Dov’è il diritto di opinione?”, si chiede. Poi la giovane si rivolge direttamente al ministro: “Sono la rappresentante di istituto così come lo era lei tanti anni fa, ministro, e mi sento in parte responsabile di questa iniziativa promossa dalla scuola. Io vivo la sua stessa scuola, ogni giorno da quattro anni. Non so com’era una quindicina di anni fa, quando la frequentava lei, ora è in condizioni ottimali. Della medaglia però bisogna vedere entrambe le facce. Infatti la nostra sede succursale, che sicuramente non le mostreranno lunedì, non è proprio una scuola in realtà. È un immobile privato per cui la città metropolitana paga 200.000 euro l’anno e nonostante ciò è in condizioni fatiscenti: spesso ci sono infiltrazioni d’acqua, i riscaldamenti sono rotti due giorni su tre, le norme anti incendio non sono tutte rispettate, ma di chi è la colpa se il governo taglia miliardi alla scuola lasciando tutti noi in condizioni sempre più precarie?”, chiede. E continua: “Non è un caso unico. La nostra sede succursale infatti, nonostante sia pietosa, è forse una delle migliori strutture scolastiche nella città di Pomigliano, dove le scuole sono locate in edifici obsoleti. Perciò la invito, una mattina, a procrastinare i suoi impegni e venire con me a farsi un giro nella sua città. La porto a vedere – l’invito di Maurizia al ministro – in che condizioni sono le nostre scuole, gli studenti costretti a fare lezione con le coperte, anche quelli che la scuola, nonostante sia pubblica e idealmente gratuita, non se la possono permettere. Poi le mostrerò gli studenti dei Licei durante le attività alternanza scuola-lavoro; lei che verrà a firmare la proposta di alternanza al MISE forse non sa che molti di noi qui a Pomigliano la facciamo alla Fiat, il grande marchio che licenzia i nostri padri per permettere a noi di essere sfruttati”, sottolinea. Una situazione che, spiega Maurizia, è comune nella regione e in Italia. La ragazza addita poi come “strumenti di repressione” telecamere e polizia nelle scuole perché “gli studenti che spacciano o commettono reati, andrebbero aiutati. Non
rappresentano il vero problema della scuola pubblica: che è invece la vostra indifferenza nei confronti della cultura”. Maurizia tira quindi le somme della Cittadella scolastica di Pomigliano, progetto presentato ben 14 anni fa e del quale “ancora non si vede nemmeno un’aula”. “In questi anni – sottolinea – sono stati investiti i milioni e solo poche settimane fa si è dato il via ai lavori, ma dopo tutte le battaglie abbiamo quasi perso le speranze”. Poi la protesta per i tagli al settore, che servono “non solo perché l’edilizia è precaria o per le strutture messe veramente male, ma perché la scuola sta diventando un privilegio di pochi, è sempre più elitaria e limitata a chi se la può permettere. La stessa scuola – continua la rappresentante d’Istituto – è l’unico mezzo che ci rimane per costruirci un futuro. L’istruzione sarà tutto ciò che ci resterà quando saremo obbligati a lasciare i nostri genitori a morire in questa Italia, ormai paese per vecchi, e dovremmo fuggire altrove a cercare un lavoro”. Poi la conclusione: “Comunque, caro ministro, vicepremier, ex- alunno, concittadino Di Maio, ci vediamo lunedì a scuola, mi perdonerà se non le parlerò e non le dirò tutto questo di persona ma me l’hanno impedito, dall’alto quelli della sua scuola”. Gli altri rappresentanti degli studenti nel consiglio di Istituto in una lettera scritta poche ore fa prendono le distanze dalla loro collega: “In qualità di rappresentanti di istituto e nel vero senso della parola di rappresentanti di tutti gli studenti, di qualunque schieramento – scrivono Pasquale D’Ascia, Chiara Capasso e Paolo Romano – ci sentiamo in dovere di chiarire la nostra posizione. Ragazzi il Ministro, a dispetto della complessa situazione, si è dimostrato attento alle nostre richieste e ci vuole incontrare per ascoltare la nostra voce. Vogliamo sprecare questa occasione in becere contestazioni aggressive? Noi siamo meglio di così. Di Maio, come riferito dalla sua portavoce sia a noi sia al preside, ACCETTERÁ OGNI TIPO DI DOMANDA. Il preside ci aveva invitato a redigere un documento dove in maniera democratica tutti noi studenti potevamo esporre le nostre
perplessità . Ribadendo che in maniera corretta e rispettosa verso l’ospite era possibile fare qualsiasi tipo di domanda. Dinanzi Luigi Di Maio portiamo avanti le idee e la maturità, incontrandolo anche prima dell’evento che si terrà a scuola”. Fonte: AdnKronos L’ULTIMA CANTONATA DEL MINISTRO TONINELLI SUL COSTO DEI MEZZI PUBBLICI DI TORINO E MILANO Danilo Toninelli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha postato su Facebook e poi cancellato, in seguito al commento di centinaia di utenti che gli facevano notare l’errore dell’informazione, un’immagine in cui si confrontavano i costi dei mezzi pubblici di Torino e di Milano. La prima governata dal Movimento 5 Stelle con la sindaca Chiara Appendino e la seconda città, governata dal PD con sindaco Giuseppe Sala. Il commento al post diceva: “Questo è quello che accade quando amministra un 5Stelle. I “super esperti” ci alzano i prezzi di mezzi pubblici e pedaggi e noi
invece li abbassiamo. Non me ne voglia il sindaco Sala, ma dopo anni di continui aumenti, la musica è cambiata.” Peccato che la pubblicizzata diminuzione del costo dei mezzi pubblici a Torino non sia affatto vera, anzi, a luglio 2018, il comune di Torino aveva deciso per un aumento del prezzo del biglietto singola corsa da €1,50 a €1,70. Forse, la diminuzione a cui si riferiva Il ministro Toninelli riguarda la decisione della sindaca Appendino di non applicare più il sovrapprezzo e di equiparare il costo del biglietto singola corsa con quello acquistato a bordo dei tram che da €2,50 è passato a €1,70. Il sindaco Sala ha risposto: “Non mi pare sia vero che siamo più cari. Con garbo però dico che il servizio di Milano rispetto a quello di Torino è incomparabile. A Milano c’è un prezzo per il servizio, ma c’è una qualità e un rapporto qualità-prezzo eccellente”. Fonte: Quotidiano Piemontese
GREGORIO DE FALCO: TONINELLI SULLA SEA WATCH 3 DICE UNA SCIOCCHEZZA Gregorio De Falco è stato fino al 31 dicembre senatore del Movimento 5 Stelle. È stato espulso dal Movimento proprio nell’ultimo giorno dell’anno. Il comandante De Falco, nei minuti immediatamente successivi al naufragio, giunse nella sala operativa della Capitaneria, assumendo il coordinamento dei soccorsi all’unità da crociera in difficoltà. Noto per aver coordinato, come comandante della Capitaneria di Porto, nei minuti immediatamente successivi al naufragio della Costa Concordia e per la telefonata in cui intimava a Schettino “Salga a bordo, ca**o”, su Facebook ha smentito le affermazioni del ministro Toninelli sulla SeaWatch3: “Quanto affermato oggi dal Ministro Toninelli, in merito al presunto fermo amministrativo della Sea Watch, non corrisponde alla verità, poiché non è stato effettuato alcun fermo. Inoltre, quanto dichiara lo stesso Ministro circa la non utilizzabilità delle navi da diporto per effettuare soccorsi, è una sciocchezza, a mente dell’articolo 98 della Convenzione di Montego Bay, dell’ Articolo 33 Cap.5 della Convenzione
Solas e del Cap. 2.1.10 della Convenzione di Amburgo, denominata SAR. Tutte queste norme, infatti, obbligano gli Stati ad esigere dai Comandanti delle proprie navi, di tutte le navi, indipendentemente dallo scopo per cui esse si impiegano, di effettuare soccorsi in mare, quando possibile. (E’ bene ricordare, in più, che la categoria del diporto italiana non è sovrapponibile a quella olandese del “pleasure yacht”.)” Ecco cosa aveva affermato Toninelli: “La nostra Guardia Costiera ha effettuato il fermo amministrativo della SeaWatch3 per violazioni delle norme in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell’ambiente marino. Stiamo parlando di una imbarcazione registrata come “pleasure yacht”, che non è in regola per compiere azioni di recupero dei migranti in mare. E mi pare ovvio, visto che è sostanzialmente uno yacht. In Italia questo non è permesso.
Se tu, milionario, compri uno yacht, vai in navigazione per piacere, non per sostituirti alla Guardia Costiera libica o di altri Paesi. Voglio ringraziare le Capitanerie di Porto per il loro grande lavoro sul fronte della legalità. Ma soprattutto mi chiedo: il governo olandese non ha nulla da dire rispetto a una imbarcazione di una Ong tedesca che chiede e ottiene la bandiera dei Paesi Bassi per scorrazzare nel Mediterraneo agendo fuori dalle regole?” MANLIO DI STEFANO (M5S): “L’ITALIA NON RICONOSCE GUAIDÒ”, LUI REPLICA: “GLI
CONSIGLIO DI INFORMARSI” Manlio Di Stefano, il sottosegretario agli Esteri pentastellato, aveva spiegato come l’Italia non intenda riconoscere Juan Guaidò, dopo la decisione del Parlamento europeo di riconoscerlo come legittimo presidente del Venezuela, votazione da cui i cinque stelle e la Lega si sono astenuti: “L’Italia non riconosce Guaidò perché siamo totalmente contrari al fatto che un Paese o un insieme di Paesi terzi possano determinare le politiche interne di un altro Paese. Si chiama principio di non ingerenza ed è riconosciuto dalle Nazioni Unite”. “Oggi il più grande interesse che abbiamo – ha aggiunto Di Stefano – è quello di evitare una nuova guerra in Venezuela. Stesso errore che è stato fatto in Libia oggi riconosciuto da tutti. Dobbiamo evitare che succeda lo stesso in Venezuela”. Anche Luigi Di Maio ribadisce che “non riconosciamo né Maduro né Guaidò”. “Visto che siamo già stati scottati dalle ingerenze in altri Stati – spiega il vice premier – non vogliamo arrivare al punto di riconoscere soggetti che non sono stati votati. Per questo non riconosciamo neppure Maduro e per questo l’Italia continua a perseguire la via diplomatica e di mediazione con tutti gli Stati per arrivare ad un processo che porti a nuove elezioni ma senza ultimatum e senza riconoscere soggetti che non sono stati eletti”. Peccato che lo stesso ‘principio di non ingerenza’ non sia
stato adottato da Di Maio quando ha teso la mano ai gilet gialli francesi. Intervistato dal Tg2 Juan Guaidò, presidente ad interim del Venezuela, ha risposto così ai dubbi sollevati dal sottosegretario 5 Stelle agli Esteri: “In Venezuela oggi non c’è il rischio di una seconda Libia, consiglio al sottosegretario Di Stefano di informarsi. Non c’è questo rischio perché oggi il 90% dei venezuelani vuole il cambiamento. Lo stesso, ha aggiunto Guaidò, vale per i membri italiani dell’Europarlamento che “non hanno sostenuto la risoluzione del Parlamento europeo” che ha chiesto all’Ue di riconoscere il presidente ad interim: “Questo denota un po’ di scarsa conoscenza di quello che succede in Venezuela. È un fatto importante, spero che gli altri governi la seguano”. Anche l’Italia? “Anche l’Italia può fare molto per il mio Paese. In Venezuela i giorni si contano in vite: in persone assassinate dal regime, uccise dalla fame o lungo il viaggio a piedi fino in Ecuador”. Fonte: Agi
Puoi anche leggere