COVID-19 CONSEGUENZE PENALI - RIFLESSI IN MATERIA PENALE DELLE RECENTI NORMATIVE EMANATE PER CONTRASTARE L'EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
2020 COVID-19 CONSEGUENZE PENALI RIFLESSI IN MATERIA PENALE DELLE RECENTI NORMATIVE EMANATE PER CONTRASTARE L’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI CAPITOLO 1 - LE FONTI NORMATIVE NELL’EMERGENZA COVID-19 p. 4 1. La normativa dell’emergenza p. 4 2. Le problematiche del Decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020 e l’emanazione del Decreto-legge n. 19 del 25 marzo 2020 p. 6 3. La “bagarre” sulla chiusura degli studi professionali nella (sola) Regione Lombardia p. 10 4. La gestione della “fase 2”: l’indispensabile coordinamento Stato-Regioni-Enti Locali p. 10 CAPITOLO 2 – LE MISURE DI CONTENIMENTO p. 14 1. Le misure di contenimento del contagio previste per le persone fisiche a livello nazionale e nella Regione Lombardia p. 14 2. Le misure del Governo e di alcune Regioni per la “fase 2” p. 18 3. Le sanzioni per coloro che non rispettano i divieti di circolazione previsti per le persone fisiche p. 20 CAPITOLO 3 – LA SUCCESSIONE DI LEGGI NEL TEMPO p. 22 Premessa p. 22 1. Prima normativa: Decreto-legge nr. 6/2020 p. 22 2. Seconda normativa: Decreto-legge nr. 19/2020 p. 23 3. Profili di diritto intertemporale: p. 24 3.1 Disciplina applicabile a coloro che hanno violato le misure di contenimento sotto la vigenza del D.L. nr. 6/2020 p. 24 3.2 Disciplina applicabile a coloro che hanno violato la specifica misura della quarantena obbligatoria sotto la vigenza del D.L. nr. 6/2020 p. 25 CAPITOLO 4 - ULTERIORI REATI IN CASO DI VIOLAZIONE DELLE MISURE DI CONTENIMENTO p. 27 1. L’ipotesi di reato di epidemia p. 27 2. La configurabilità dell’ipotesi di reato di lesioni o omicidio p. 29 CAPITOLO 4 BIS - ULTERIORI IPOTESI DI REATO IN CASO DI Novità VENDITA DELLE MASCHERINE “CHIRURGICHE” A PREZZO MAGGIORATO E/O IN VIOLAZIONE DEL “PREZZO IMPOSTO” p. 30 Premessa p. 30 1 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI 1. Il delitto di manovre speculative su merci di cui all’art. 501 bis c.p. p. 30 2. Violazioni dell’obbligo del prezzo imposto dal Decreto 26 aprile 2020: inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità ex art. 650 c.p. p. 32 3. Il ritiro dal mercato e la rinuncia alla vendita delle mascherine: ancora un’ipotesi di applicazione dell’art. 501 bis c.p. p. 33 CAPITOLO 5 - SPUNTI DI RIFLESSIONE CIRCA L’IPOTIZZABILITÀ DI REATI DI FALSO p. 35 Premessa p. 35 1. I reati di falso ipotizzati p. 35 2. Limiti e problematicità p. 36 3. Riscontri applicativi p. 38 CAPITOLO 6 - RESPONSABILITÀ PENALE DEL DATORE DI LAVORO p. 39 1. Le misure attuate nei confronti delle imprese p. 39 I. Quadro generale p. 39 II. La situazione attuale p. 40 III. Il ruolo del Prefetto nell’esercizio delle attività sospese p. 41 IV. Le precauzioni da adottare in caso di prosecuzione della propria attività: le linee guida anti-contagio dettate dal Protocollo 14 marzo 2020 p. 42 V. Le sanzioni in caso di mancata sospensione dell’attività p. 44 2. Le conseguenze penali per il datore di lavoro p. 44 I. Le contravvenzioni ex D. Lgs. 81/2008 p. 44 II. Il delitto di lesioni colpose gravi o gravissime e il delitto di omicidio colposo p. 46 CAPITOLO 7 – LA RESPONSABILITÀ DELL’IMPRESA EX D.LGS 231/2001 p. 48 1. La responsabilità amministrativa dell’impresa per il reato commesso nell’interesse o a vantaggio della stessa (casi: lesioni personali colpose gravi o gravissime, omicidio colposo, frode in commercio) p. 48 2. Il ruolo dell’Organismo di Vigilanza p. 50 2 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI CAPITOLO 8 – LE MISURE ATTUALMENTE VIGENTI PER CONTRASTARE L’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 E CONTENERNE GLI EFFETTI IN MATERIA DI GIUSTIZIA CIVILE, PENALE, TRIBUTARIA E MILITARE p. 52 Novità 1. Disciplina generale: udienze e termini p. 52 2. Le eccezioni p. 52 3. Misure organizzative per gli uffici giudiziari p. 53 4. Le “novità” dell’art. 83 introdotte in sede di conversione del D.L. “CuraItalia” p. 57 CAPITOLO 9 – ALCUNE CONSIDERAZIONI IN MERITO ALLA TUTELA DEGLI OPERATORI SANITARI E LA NECESSITÀ DI UN RIPENSAMENTO DELLA LORO RESPONSABILITÀ PENALE p. 62 Premessa p. 62 1. L’attuale disciplina dell’art. 590 sexies c.p. p. 62 2. L’inadeguatezza dell’attuale normativa p. 63 3. Una norma ad hoc per limitare la responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie nell’emergenza Covid-19.? p. 64 4. Gli emendamenti proposti e attualmente al vaglio del Senato p. 64 5. Alcune considerazioni giurisprudenziali applicabili alla situazione attuale p. 66 3 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI CAPITOLO 1 LE FONTI NORMATIVE NELL’EMERGENZA COVID-19 1. La normativa dell’emergenza Il 31 gennaio 2020, con il comunicato n. 27, Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, per la durata di 6 mesi e fino al 31 luglio 2020 (per il testo completo: http://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-27/13937). In meno di un mese è stato emanato il primo Decreto-legge, n. 6/2020 del 23 febbraio 2020 – convertito con modificazioni dalla Legge n. 13 del 5 marzo 2020 (di seguito il testo completo https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/23/20G00020/sg) che ha istituito la prima c.d. “zona rossa” e ha dato avvio all’applicazione di una serie di misure restrittive urgenti (elencate nell’art. 1 e di cui si dirà diffusamente infra), finalizzate al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Da qui in avanti, l’attività legislativa latu sensu è stata particolarmente ricca di provvedimenti che si sono mossi seguendo direttrici specifiche: - sono stati emanati ulteriori decreti-legge volti a fronteggiare l’emergenza dal punto di vista dell’impatto – organizzativo, economico e di gestione del Sistema Sanitario Nazionale – della situazione contingente sul Paese: o D.L. n. 9 del 2 marzo 2020 - di seguito il link con il testo completo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/02/20G00026/sg - contenente “misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID- 19” finalizzato ad assicurare un primo, necessario, supporto economico ai cittadini e alle imprese che affrontano problemi di liquidità finanziaria a causa dell’emergenza sanitaria o D.L. 8 marzo 2020 n. 11 contenente “misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria” – abrogato dal successivo D.L. CuraItalia.; o D.L. n. 14 del 9 marzo 2020 – di seguito il link per il testo completo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/09/20G00030/sg - recante disposizioni urgenti in materia di potenziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN): il D.L. ha previsto misure finalizzate a rafforzate la rete di assistenza territoriale e le funzioni del Ministero della salute, attraverso l’incremento delle risorse umane e strumentali; 4 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI o D. L. n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. “Decreto CuraItalia”) – di seguito il link per il testo completo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/17/20G00034/sg con il quale sono state adottate: ▪ ulteriori misure di potenziamento al SSN (Titolo I) ▪ misure a sostegno e tutela del lavoro (Titolo II) ▪ misure a sostegno della liquidità tramite il sistema bancario (Titolo III) ▪ misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese (Titolo IV) ▪ ulteriori disposizioni (Titolo V), tra cui, all’art. 83, nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare (di cui si dirà infra, cfr. cap. 8) o D.L. n. 25 del 25 marzo 2020 (in attesa di Legge di conversione) – di seguito il link per il testo completo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/25/20G00035/sg – che introduce ulteriori misure urgenti per il contrasto dell’epidemia e prevede che, al fine di contenere e contrastare i rischi sanitari e il diffondersi del contagio, possano essere adottate, su specifiche parti del territorio nazionale o sulla totalità di esso, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al termine dello stato di emergenza, fissato al 31 luglio 2020 dalla delibera assunta dal Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, una o più tra le misure previste dal decreto stesso. L’applicazione delle misure potrà essere modulata in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del virus, con conseguente adozione di una o più tra le misure previste dal decreto stesso, secondo criteri di adeguatezza specifica e principi di proporzionalità al rischio effettivamente presente. Il decreto disciplina e riordina anche le procedure per l’adozione di tali misure (cfr. infra); - provvedimenti attuativi delle misure restrittive previste a partire dal D.L. 6/2020 nella forma dei D.P.C.M., nonché di ordinanze contingibili e urgenti emessi da Enti Locali, in particolare Regioni e Comuni, creando talvolta non pochi problemi di coordinamento (cfr. infra) o per l’elenco completo dei provvedimenti a livello nazionale http://www.governo.it/it/approfondimento/coronavirus-i-comunicati-stampa/14253 e http://www.governo.it/it/approfondimento/coronavirus-la-normativa/14252; 5 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI o per l’elenco completo dei provvedimenti a livello regionale http://www.regioni.it/newsletter/n-3809/del-30-03-2020/coronavirus-ultimi- provvedimenti-e-analisi-della-situazione-21011/; - circolari chiarificatrici e ordinanze dei singoli ministeri (Salute, Sviluppo Economico, Economia e Finanze, Interni, nonché del dipartimento della Protezione Civile (per l’elenco completo si veda: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioNormativaNuovoCoronavirus.jsp ?lingua=italiano&iPageNo=1). 2. Le problematiche del D.L. 6 del 23 febbraio 2020 e l’emanazione del D.L. 19 del 25 marzo 2020 Proprio al fine di individuare la/le fonte/i normativa/e, da cui discendono – anche – sanzioni di carattere penale, occorre sin da subito chiarire che, dal momento dell’emissione del primo D.L. 6/2020, la successione di provvedimenti del governo e ordinanze regionali, tutti finalizzati al contenimento del contagio da Covid-19 hanno rischiato di creare una situazione di generale incertezza nelle fonti (con talvolta conseguente, ulteriore, incertezza nella gestione complessiva della attuale emergenza sanitaria). In particolare, l’impianto normativo di gestione della crisi sanitaria, fino al 25 marzo scorso, ha trovato le proprie basi nel D.L. n. 6 del 23 febbraio 2020 che, dopo aver previsto all’art. 1, co. 2, una serie di misure adottabili per fronteggiare l’epidemia ha, di fatto, lasciato piena autonomia alle Autorità competenti in ordine all’adozione di ulteriori misure di gestione dell’emergenza, prevedendo, all’art. 2 che “le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all'articolo 1, comma 1”. In altri termini, con tale previsione di cui all’art. 2, è stato sin da subito escluso il carattere tassativo delle misure adottabili (con ciò che ne consegue in termini di individuazione del precetto da cui discende anche l’applicazione della sanzione penale). Nei successivi articoli il legislatore ha – o quantomeno tenta – di disciplinare l’applicazione delle predette misure, prevedendo all’art. 3 co. 1 che le misure indicate negli articolo precedenti siano adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale e, al comma 2 del medesimo art. 3, prevede che “nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, nei 6 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI casi di estrema necessità ed urgenza, le misure [di contenimento] … possono essere adottate ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dell'articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dell'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)”, ovvero anche con ordinanze regionali e sindacali. Il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al decreto in oggetto integra, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, l’ipotesi di reato di cui all’art. 650 c.p. (così l’art. 3, co. 4). Il quadro normativo così descritto ha dato avvio all’emanazione di una pluralità di ordinanze da parte di Presidenti di Regione nonché da parte dei Sindaci, pur in vigenza di D.P.C.M. (e dunque astrattamente in violazione del citato art. 3 del D.L. 6/2020). Invero, l’art. 3, co. 2 D.L. n. 6/2020 sembra quasi porre in capo alle autorità competenti (dunque anche a Presidenti di Regione e Sindaci) un obbligo di adottare misure di contenimento del rischio sanitario, la cui violazione (per inerzia) rischia di fondarne responsabilità penali in forza dell’art. 40 cpv. c.p.: dunque non soltanto Presidenti di Regione e Sindaci possono emanare ordinanze, ma addirittura a certe condizioni devono, a rischio di conseguenze penali, naturalmente ove altre autorità ai livelli superiori non abbiano già adottato misure adeguate valide anche nel contesto locale. Nel corso del mese di marzo si è, pertanto, assistito alla contestuale emanazione di D.P.C.M. (o di ordinanze del Ministro della Salute) e di svariate ordinanze sindacali e regionali, con la tendenza di queste ultime a porsi spesso in funzione più restrittiva o anticipatoria dei provvedimenti statali (ad es. limitando ulteriormente orari di apertura degli esercizi commerciali o la libertà “di passeggiata”, con o senza cane, disponendo – per citare un argomento che ci riguarda “da vicino” la chiusura degli studi professionali – cfr. ordinanza Regione Lombardia del 21 marzo 2020 – per il testo completo: https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/7cffa84f-f4b2-4558-9092- 99c6571f5a3d/Ordinanza+514.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=ROOTWORKSPACE-7cffa84f- f4b2-4558-9092-99c6571f5a3d-n3.4yvL). La violazione di tali provvedimenti e, dunque, il mancato rispetto delle misure di contenimento, anche quelle c.d. ulteriori ai sensi dell’art. 2 D.L. 6/2020, avrebbe integrato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3, co. 4 del medesimo D.L., quantomeno l’ipotesi di reato di cui all’art. 650 c.p. (sulla successiva depenalizzazione della violazione si veda infra cap. II e III), così giungendo alla situazione paradossale per cui una certa condotta avrebbe potuto costituire reato se commessa in una certa Regione e non in un’altra o, addirittura, se commessa in un certo Comune e non in un altro, anche all’interno dello stesso territorio regionale. Stando il quadro così descritto, quindi, l’impianto normativo delineato dal D.L. 6/2020 ha posto problemi in tema di riserva di legge, proprio rispetto a quelle “misure ulteriori” previste all’art. 2 in totale assenza 7 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI di una predeterminazione da parte della legge stessa del contenuto, degli obblighi e dei divieti che, tramite queste ordinanze, comunque idonee ad integrare il precetto penale, possono essere imposti1. Il 25 marzo 2020 è stato emanato il nuovo Decreto-legge n. 19 (ad oggi ancora non è stata emanata la Legge di conversione) attraverso il quale il Governo si è preoccupato di realizzare un’opera di riordino del caos normativo e sanzionatorio determinatosi nella situazione emergenziale in atto, anche per effetto della concorrente attività normativa dello Stato, delle regioni e dei comuni. In particolare, il nuovo D.L.: - estende le misure all’intero territorio nazionale, fino a tale momento applicate esclusivamente a mezzo D.P.C.M.; - attribuisce carattere tassativo alle misure limitative, abrogando l’art. 2 del D.L. 6/2020 e prevedendo – cfr. infra - la possibilità di applicare misure di contenimento solo tra quelle espressamente previste dal decreto stesso; - prevede che, al fine di contrastare i rischi sanitari e il diffondersi del contagio, possano essere adottate, su specifiche parti del territorio nazionale, o sulla totalità di esso, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al termine dello stato di emergenza (fissato al 31 luglio 2020 dalla delibera assunta dal Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020) una o più tra le misure previste dal decreto stesso: - ristabilisce il carattere primario e centrale della competenza statale nell’adozione delle misure contenitive, confermando, come già nella previsione dell’art. 3 del D.L. n. 6/2020 (contestualmente abrogato) che le misure sono adottate di regola con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i (o su proposta dei) presidenti delle regioni interessate, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome (nel caso di misure che riguardino l’intero territorio nazionale), confermando altresì la previsione che attribuisce al Ministro della Salute il potere di adottare le misure limitative con ordinanza, ai sensi dell’art. 32 l. n. 833 del 1978 (legge istitutiva del servizio sanitario nazionale) solo “nelle more” dell’adozione dei D.P.C.M. e “nei casi di estrema necessità e urgenza”; - attribuisce, all’art. 3, la competenza eccezionale delle regioni per introdurre in via d’urgenza misure limitative, sempre e comunque solo tra quelle tipizzate dall’art. 1 del decreto -legge, e solo “nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, con efficacia limitata fino a tale momento”, prevedendo che le misure possano essere adottate dalle regioni in 1Cfr. Carlo Ruga Riva “La violazione delle ordinanze regionali e sindacali in materia di coronavirus: profili penali”, in Sistema Penale, 3/2020, p. 231 e ss. 8 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso e precisando che la potestà è attribuita alle regioni “esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale”; - prevede il divieto per i sindaci di adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali o che siano relative ad attività non di loro competenza ovvero relative ad attività produtti ve o di rilevanza strategica per l’economia nazionale; - fa salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi d D.L. 6/2020 e, all’art. 2 co. 3, precisa che “continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del decreto” e che, le altre misure, ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni. Così delineato il nuovo quadro normativo, pur prevedendo in capo alle regioni la facoltà di introdurre misure di contenimento, pone una serie di vincoli proprio finalizzati ad evitare il ripresentarsi del caos di ordinanze stratificatesi a vari livelli causato dal D.L. 6/2020. In particolare, la facoltà delle regioni di introdurre misure ulteriormente restrittive: - rimane saldamente ancorata all’elenco contenuto nell’art. 1 co. 2 D.L. 19/2020 al fine di evitare interventi generalizzati e generalizzanti tali da rischiare financo una compromissione delle attività essenziali; - è espressamente ristretta all’ambito dell’attività di propria competenza (vale a dire di quelle attività che non rientrano nelle competenze esclusive dello Stato) e comunque senza incisione alcuna delle attività produttive (siano esse appartenenti a qualunque dei settori produttivi) nonché senza incisione delle attività di rilevanza strateg ica dell’economia nazionale; - è attribuita nelle more dell’adozione del decreto del Presidente del Consigli o dei ministri e, comunque, con efficacia limitata sino a tale momento; - è consentita in relazione a specifiche situazioni sopravvenuto di aggravamento nel proprio territorio (o in una parte di esso): si pensi all’ipotesi di aumento del rischio di “casi di ritorno” che potrebbe, stante la situazione epidemiologica attuale, costituire una concreta 9 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI ipotesi di inversione dell’ultimo trend, timidamente positivo con riferimento alla riduzione del numero dei contagi da Covid-19. Per riprendere la citata ordinanza della Regione Lombardia del 21 marzo, essa ha delineato un quadro particolarmente restrittivo in termini di limitazione di libertà di movimento nonché – per ciò che a noi maggiormente interessa – di svolgimento delle attività professionali. Trattandosi di provvedimento preesistente ed emanato in forza del D.L. 6/2020, essa ri cade nell’ambito di applicazione dell’art. 2 co. 3 ed è rimasta valida fino al 4 aprile 2020 (cfr. infra su nuova ordinanza Regione Lombardia). A ciò si aggiunga che, in data 1 aprile 2020, è stato emanato ulteriore D.P.C.M. che ha prorogato le misure esistenti fino alla data del 13 aprile 2020 (misure ulteriormente prorogate al 3 maggio 2020 dal D.P.C.M. del 10 aprile 2020). Tale decreto entra in vigore proprio a partire dal 4 aprile 2020, data in cui le ordinanze regionali cesseranno di validità, tornando di fatto ad essere il punto di riferimento normativo (in materia di misure contenitive) dell’emergenza: la “quiete” dopo la “tempesta” di ordinanze locali. 3. La “bagarre” sulla chiusura degli studi professionali nella (sola) Regione Lombardia Il 21 marzo 2020, con ordinanza n. 514 intitolata "Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19", il Presidente della Regione Lombardia ha disposto, tra l'altro, che "sono chiuse le attività degli studi professionali salvo quelle relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza" (lett. a, comma 12), con "effetto dal 22/03/2020 fino al 15/04/2020" (lett. b). Il successivo 22 marzo 2020 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ove, all'art. 1, lettera a), si prevede che "le attività professionali non sono sospese e restano ferme le previsioni di cui all'articolo 1, punto 7, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020", oggetto di successiva specificazione con Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 25 marzo 2020 che esclude la sospensione delle attività di cui all’allato 1 del decreto medesimo, tra cui sono inserite le attività legali e contabili (codice ateco n. 69) Sul delicato rapporto tra le fonti in questione e, in particolare, proprio in relazione alla chiusura degli studi professionali disposta in forza del D.L. 6/2020 con ordinanza di Regione Lombardia del 21 marzo scorso, ma immediatamente smentita dal D.P.C.M. del 22 marzo 2020, gli esperti si sono assestati su posizioni (solo apparentemente) discordanti: 10 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI - da un lato, è stata sostenuta la prevalenza del D.P.C.M.: una volta adottata la fonte governativa, per definizione, la fonte regionale in contrasto si deve ritirare perché cedevole rispetto a quella adottata a livello centrale2. Ciò per due ordini di ragioni: o criterio gerarchico impone che la normativa governativa in caso di contrasto prevale con quanto previsto e stabilito da un’ordinanza del presidente della Regione. In caso contrario vi sarebbe una frammentazione a livello regionale che non garantirebbe una protezione uniforme dei diritti e delle libertà che entrano in gioco nell’adozione delle misure di contenimento o il D.L. 6/2020 all’art. 3 co. 2 precisa che le misure degli attori competenti a livello governativo, regionale e locale, possono intervenire, in caso di necessità e urgenza, solo “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri”; - dall’altro lato si è diffusa un’interpretazione che ricorda il “principio di sussidiarietà” stabilito tal Titolo V della Costituzione in materia di Sanità e Professioni, per cui le Regioni possono intervenire a completare sul proprio territorio le disposizioni dello Stato. Fra le materie di legislazione concorrente, e perciò di spettanza delle Regioni perché non attribuita espressamente alla competenza esclusiva dello Stato, l'art. 117 Cost. indica sia la tutela della salute, sia le professioni e pertanto parrebbe pertanto indiscutibile che, nel caso specifico, si sia in presenza d'argomento che la Regione Lombardia abbia ritenuto di propria competenza. Ciò nonostante, l'ordinanza regionale in esame appare comunque inidonea ad inibire lo svolgimento dell'attività degli studi legali anche sotto un altro, ulteriore aspetto, consistente nell'esenzione dall'obbligo di chiusura per le attività relative ai "servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza" e, con riferimento agli studi legali che si occupano di attività giudiziale, se è pur vero che a norma dell'art. 83, comma 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, "dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali", è altrettanto vero che il compimento di quei medesimi atti resta pur sempre sottoposto a termine di scadenza, anche se differito. Come detto, nel caos normativo creatosi all’indomani del D.L. 6/2020, il D.L. 19/2020 ha posto ordine arginando il potere delle regioni con specifiche previsioni di limiti all’adozione di misure contenitive. Ed invero, a scadenza della validità dell’ordinanza regionale del 21 marzo 2020, è intervenuta una nuova ordinanza della Regione Lombardia (ord. n. 521 del 4 aprile 2020, per il testo completo si veda https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/6a3b830a-6a95-46dc-948b- 2Cfr. Prof. Oreste Pollicino, https://www.federnotizie.it/chiusura-delle-attivita-degli-studi-professionali-il-dpcm- prevale-sulle-ordinanze-regionali-lopinione-del-costituzionalista/ 11 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI f8aba98e6146/Ordinanza+regionale+n.521+del+4+aprile+2020.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID= ROOTWORKSPACE-6a3b830a-6a95-46dc-948b-f8aba98e6146-n56iBMi) che, con riferimento, tra l’altro, agli studi professionali precisa: “si continuano ad applicare le misure adottate con il Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 22 marzo 2020, come modificato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 marzo 2020, come stabilito dal D.P.C.M. del 1° aprile 2020, ad eccezione di quanto segue: a.1) le attività professionali, scientifiche e tecniche di cui ai codici 69 (Attività legali e contabili), 70 (Attività di direzione aziendali e di consulenza gestionale), 71 (Attività degli studi di architettura e d'ingegneria; collaudi ed analisi tecniche), 72 (Ricerca scientifica e sviluppo) e 74 (Altre attività professionali, scientifiche e tecniche) devono essere svolte in modalità di lavoro agile, fatti salvi gli specifici adempimenti relativi ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza. Qualora l’esercizio dei predetti servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza comporti il contatto diretto con i clienti presso gli studi delle attività, essi devono avvenire esclusivamente previo appuntamento.” Tale disposizione ha trovato conferma anche nell’ultima ordinanza di Regione Lombardia emessa in data 11 aprile 2020, in vigore dal 14 aprile al 3 maggio 2020 (ord. n. 528 del 11 aprile 2020, per il testo completo https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/e22eba18-e846-4445-a6ff- cad927a8569/Ordinanza+528.pdf?MOD=AJPERES) Si tratta, ad avviso di chi scrive, di un adeguamento della precedente e più severa disposizione che prevedeva, come detto, la chiusura delle attività degli studi professionali (salvo quelle relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza) al disposto dell’art. 1 co. 2, lett. z ) del D.L. 19/2020 che consente sì anche a mezzo ordinanza regionale (sempre nel rispetto dei parametri di cui all’art. 3 del medesimo decreto-legge) “la limitazione o sospensione di altre attività d'impresa o professionali, anche ove comportanti l'esercizio di pubbliche funzioni, nonché di lavoro autonomo, con possibilità di esclusione dei servizi di pubblica necessità” ma sempre e comunque “previa assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio” e, soltanto “laddove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio come principale misura di contenimento, con adozione di adeguati strumenti di protezione individuale”: in altri termini, quindi, è possibile ritenere che la nuova ordinanza regionale non disponga una chiusura tout court degli studi professionali, se non come extrema ratio e laddove le misure meno restrittive indicate risultino inapplicabili. 4. La gestione della “fase 2”: l’indispensabile coordinamento Stato – Regioni – Enti Locali. In data 26 aprile 2020 è stato emanato nuovo D.P.C.M. (per il testo completo si veda https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/27/20A02352/sg) che disciplina la gestione della c.d. “fase 2”: si tratta della delicata fase di ripresa di alcune specifiche attività (cfr. infra). 12 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI Le misure del nuovo D.P.C.M. saranno in vigore a partire dal 4 maggio 2020 e applicabili sull’intero territorio nazionale. Di primaria importanza è, dunque, ancora una volta il coordinamento tra provvedimenti emessi dal Governo, ordinanze Regionali e ordinanze dei sindaci. Nel D.P.C.M. in questione rimane la previsione del ruolo centrale della Regione che, in particolare: o dispone la programmazione del trasporto pubblico locale (art. 1 lett. ff); o monitora con cadenza giornaliera l’andamento della situazione epidemiologica e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del Servizio Sanitario Regionale (art. 2 co. 11) e propone al Ministro della Salute le misure restrittive urgenti da adottare. Torna centrale il ruolo del Sindaco per la gestione delle situazioni più problematiche a livello locale. In particolare, è espressamente previsto che il Sindaco, con ordinanza, possa disporre la temporanea chiusura di parchi, ville e giardini pubblici (art. 1 lett. e). 13 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI CAPITOLO 2 LE MISURE DI CONTENIMENTO 1. Le misure di contenimento del contagio previste per le persone fisiche a livello nazionale e nella Regione Lombardia A partire dal Decreto-legge del 23 febbraio u.s. sono stati emanati dal Governo e dalla Regioni diversi decreti/ordinanze volti al contenimento del contagio, che hanno portato anche al sacrificio di diritti costituzionalmente garantiti, quali la libertà di circolazione dei cittadini. Le misure previste inizialmente per alcune specifiche zone (individuate come zone rosse) si sono via via estese dapprima al territorio di alcune regioni e di alcune province e poi all’interno dell’intero territorio nazionale, venendo peraltro via via inasprite nel loro contenuto. Il primo decisivo intervento (dopo quello che aveva riguardato solo alcuni comuni dell’area del Lodigiano, la prima c.d. zona rossa) è stato adottato con il Dpcm 8 marzo 2020 che ha imposto in Lombardia e in altre 14 Province misure di contenimento del contagio drastiche, che il giorno successivo sono state estese all’intero territorio nazionale. In particolare, tale decreto prevedeva il divieto di ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori della Lombardia e delle 14 province interessate nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. Tale decreto consentiva espressamente il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Tale decreto prevedeva altresì il divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena ovvero risultati positivi al virus e raccomandava ai soggetti con sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5° C) di rimanere presso il proprio domicilio, contattando il proprio medico curante. Il decreto prevedeva infine il divieto di ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Tali disposizioni sono state ulteriormente inasprite da ordinanze del Ministero della Salute del 20 marzo 2020 e del 22 marzo 2020, che hanno previsto il divieto d’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree di gioco e ai giardini pubblici, vietando altresì di svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto e consentendo solo di svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, 14 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI purché comunque nel rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro. Le ordinanze hanno previsto altresì il divieto nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, di ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza. Le misure già pesantemente restrittive della libertà di circolazione sono state ulteriormente inasprite dal Dpcm del 22 marzo 2020 che ha financo previsto il divieto di rientrare nella propria residenza, domicilio, abitazione per coloro che si trovano in altro Comune. Tale misura è stata adottata a seguito dell’interruzione di ulteriori attività produttive e del timore che coloro che avrebbero smesso di lavorare nelle regioni del Nord, potessero rientrare nelle regioni del Sud, poiché aventi formalmente residenza nelle stesse, così diffondendo ulteriormente il contagio (così come era accaduto sia prima dell’emanazione del Dpcm dell’8 marzo 2020, a causa della fuga di notizie che aveva preceduto la sua formale adozione, sia dopo la sua emanazione, essendo prevista la possibilità di rientrare nei luoghi di residenza). La disposizione tuttavia prevede letteralmente il divieto di rientrare anche nella propria abitazione e nel proprio domicilio (e non solo nel luogo di residenza) e, pertanto, ha imposto anche a tutti coloro che, ad esempio, si trovavano, alla data di emanazione del decreto, nelle seconde case il divieto di rientrare nell’abitazione principale. Inoltre il Dpcm del 22 marzo 2020 ha differenziato i divieti di spostamento tra un Comune e un altro dai divieti di spostamento all’interno del medesimo Comune. In particolare, mentre all’interno di uno stesso Comune è consentito spostarsi solo per comprovate ragioni di necessità, di lavoro e di salute, tra un Comune e un altro è consentito spostarsi per compravate esigenze lavorative e di salute e per ragioni di assoluta urgenza. Il concetto di assoluta urgenza è chiaramente più restrittivo rispetto alle comprovate ragioni di necessità e richiede l’impossibilità di avvalersi di soluzioni alternative. Le misure assai restrittive previste da tale decreto, inizialmente in vigore sino al 3 aprile, sono state prorogate dapprima sino al 13 aprile 2020 dal Dpcm del 1 aprile 2020 e ulteriormente sino al 3 maggio 2020 con DPCM 10 aprile 2020. Tuttavia l'art. 1 di tale DPCM non prevede più il divieto di rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, ma prevede espressamente il divieto di ogni spostamento da abitazione diversa da quella principale, ivi comprese le seconde case di vacanza 15 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI A causa dell’indeterminatezza dei concetti di “situazione di necessità” e di “assoluta urgenza”, il Governo ha fornito chiarimenti/interpretazioni alle nuove disposizioni sul divieto di spostamento sia attraverso i mezzi di informazione che attraverso il sito del Governo http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa. È stato ad esempio chiarito che rientra nelle ragioni di necessità andare a fare la spesa, acquistare farmaci, giornali e anche recarsi da genitori, parenti, amici o persone non in grado di provvedere autonomamente a se stessi. Quanto invece alle ragioni di assoluta urgenza, è stato precisato che chi si trovava fuori dalla propria abitazione, avrebbe potuto farvi rientro per ragioni di assoluta urgenza solo se non aveva un’abitazione nel Comune dove si trovava a titolo temporaneo (ad esempio per lavoro) il 22 marzo. E’ stato altresì precisato che l’accesso alla seconda casa può essere consentito solo se dovuto alla necessità di porre rimedio a situazioni sopravvenute e imprevedibili (quali crolli, rottura di impianti idraulici e simili, effrazioni, ecc.) e comunque secondo tempistiche e modalità strettamente funzionali a sopperire a tali situazioni. E’ stato inoltre chiarito che l’attività motoria all’aperto è consentita solo se è svolta individualmente e in prossimità della propria abitazione (entro 200 metri), rispettando la distanza di almeno un metro da ogni altra persona e con il divieto di assembramenti. Per quanto riguarda, invece, i genitori separati di figli minorenni, prima dell’emanazione del Dpcm del 22 marzo 2020, era intervenuta una pronuncia giurisprudenziale del Tribunale di Milano (provvedimento del Tribunale di Milano Decreto 11 marzo 2020 N.R.G. 30544/2019) che consentiva ai genitori separati di andare a prendere i figli anche in un altro Comune, così motivando: a) l'art. 1 domma 1, lett. a), Dpcm 8 marzo 2020, n. 11 non preclude l'attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori e consente gli spostamenti finalizzati a rientri presso la residenza o il domicilio, cosicché nessuna "chiusura" di ambiti regionali può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti; b) le FAQ della Presidenza del CDM pubblicate lo scorso 10 marzo (Decreto #IoRestoaCasa, domande frequenti sulle misure adottate dal Governo) hanno precisato che gli spostamenti «per raggiungere i figli minori presso l'altro genitore o presso l'affidatario sono sempre consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione e divorzio». 16 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI A seguito dell’emanazione del nuovo Dpcm del 22 marzo 2020 che vieta il rientro al domicilio, si è inizialmente ritenuto che tra un Comune e un altro non fosse più ammesso raggiungere i figli minori che si trovassero presso l’altro genitore. Tuttavia, a seguito di richieste di chiarimenti, la Prefettura e la Questura hanno chiarito che nei “comprovati motivi di assoluta urgenza” rientri il diritto di visita dei genitori separati, che legittima anche lo spostamento da un Comune all’altro qualora questo non rappresenti un pretesto e non violi l’obbligo di “rimanere a casa per contenere i contagi”; quindi da esercitare, così come stabilito nei provvedimenti del Tribunale e non con l’intento elusivo dei provvedimenti resi dall’autorità a tutela della salute. Anche sul sito del Governo, è stato precisato che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, siano consentiti anche da un Comune all’altro, secondo le modalità previste dal Giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori. Si ricorda, inoltre, che è recentemente intervenuta una Circolare del Ministero dell’Interno in data 31 marzo 2020 (fortemente criticata dai Governatori delle Regioni e implicitamente smentita dal Dpcm del 1 aprile 2020), che ha precisato in ordine al divieto di assembramento e di spostamenti di persone fisiche che tale divieto va valutato nei casi concreti e che è consentito: • Ad un solo genitore di camminare in prossimità della propria abitazione con il figlio minore, mantenendo le distanze di sicurezza dagli altri e senza compiere attività ludiche o ricreative e senza accedere ai parchi, alle ville e alle aree di gioco; • La presenza in spazi all’aperto di persone ospitate nella medesima struttura di accoglienza con mascherine e guanti e mantenendo le distanze di sicurezza dagli altri. Si ricorda, inoltre, che la Regione Lombardia ha emanato un’ordinanza in data 21 marzo, successivamente integrata dalle ordinanze del 22 e 23 marzo, in vigore fino al 5 aprile 2020, che prevedeva, in alcuni casi, misure più restrittive di quelle nazionali volte a contenere il contagio nella Regione più colpita dal virus: • Il divieto di assembramenti di più di 2 persone nei luoghi pubblici, garantendo la distanza di almeno un metro; • il divieto di praticare sport e attività motorie svolte all’aperto, anche singolarmente, se non nei pressi delle proprie abitazioni; • l’obbligo - se si esce con il cane - di rimanere entro i 200 metri da casa; 17 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI • la chiusura di parchi, ville, aree gioco e giardini pubblici. In data 4 aprile 2020 è stata emanata un’altra ordinanza che è in vigore sino al 13 aprile 2020 e che oltre a mantenere i precedenti divieti (divieto di assembramento, divieto di allontanarsi dalla propria abitazione oltre 200 metri nel caso di attività motoria o di uscita con il cane), prevede ulteriori restrizioni all’interno della Regione Lombardia ed, in particolare, l’obbligo, ogni qual volta si esca dalla propria abitazione, di indossare mascherine o altri indumenti a protezione del naso e della bocca oltre ad una puntuale disinfezione delle mani. Tutte le misure restrittive volte a contenere il contagio stabilite dalle ordinanze regionali del 22 e del 23 marzo e del 4 aprile 2020 sono state ulteriormente prorogate sino al 3 maggio 2020 dall'ordinanza regionale dell'11 aprile 2020. A seguito dell’emanazione del Dpcm del 1 aprile 2020 (che ha previsto altresì la sospensione delle sedute di allenamento degli atleti all’interno di impianti sportivi di ogni tipo), il Governo ha ulteriormente precisato che tutte le attività consentite devono essere svolte mantenendo un metro di distanza e, pertanto, non è consentito andare in moto in due e in macchina ci deve essere il distanziamento di almeno un metro. Inoltre, è stato ribadito l’obbligo di isolamento per 14 giorni per chi rientra dall’estero. 2. Le misure del Governo e di alcune Regioni per la «Fase 2» In data 26 aprile 2020 è stato emanato il nuovo Dpcm per la c.d. “Fase 2”, che riguarda il periodo dal 4 maggio sino al 17 maggio. Contrariamente alle aspettative, tale decreto non ha particolarmente allentato le misure di contenimento nei confronti delle persone fisiche, poiché è ancora prevista la necessità di spostarsi con l’utilizzo di autocertificazioni e le motivazioni che consento gli spostamenti hanno subito solo un leggero ampliamento. Più in particolare, l’art. 1 lett. a) aggiunge una nuova possibilità per gli spostamenti motivati da ragioni di necessità, consentendo espressamente di andare a trovare dei propri congiunti, purché venga rispettato il distanziamento interpersonale e il divieto di assembramento. Tuttavia, al di fuori della Regione, viene espressamente previsto che gli spostamenti siano consentiti solo per ragioni di lavoro, di salute o di assoluta urgenza. 18 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI In sintesi, diversamente dalla Fase 1, è ora possibile spostarsi all’interno di una stessa Regione (e non più di uno stesso Comune) per comprovate ragioni di necessità, di lavoro e di salute e per incontrare congiunti, mentre tra una Regione e un’altra rimane ancora consentito spostarsi solo per compravate esigenze lavorative e di salute e per ragioni di assoluta urgenza. E’ inoltre espressamente prevista la possibilità di rientrare all’interno del proprio Comune di residenza, domicilio, abitazione. Permane, invece, il divieto di recarsi presso le seconde case. Infine, l’art. 1 lett. e) del Dpcm prevede ora la possibilità di accesso a parchi, ville e giardini pubblici, fermo rimanendo il rispetto del divieto di assembramento e di distanziamento interpersonale, con facoltà di chiusura da parte del Sindaco di quelle aree che non consentano il rispetto delle misure di distanziamento sociale. Rimangono invece chiuse le aree gioco per i bambini. L’art. 1 lett. f) del Dpcm prevede inoltre la possibilità di svolgere attività sportiva o motoria individualmente o con accompagnatore per i minori e le persone non autosufficienti non più solo in prossimità della propria abitazione ma ovunque all’interno del Comune di residenza, sempre comunque mantenendo il distanziamento di almeno due metri per l’attività sportiva e di un metro per ogni altra attività. Non è invece consentita attività ludica o ricreativa. Successivamente all’emanazione del Decreto, sono stati forniti dei chiarimenti dal Governo in ordine al termine indeterminato e non strettamente giuridico di “congiunti”, che vanno intesi come “affetti stabili o parenti”. Più nello specifico, il Ministro dello Sviluppo Economico ha chiarito che nel termine “congiunti” vadano ricompresi i parenti sino all’ottavo grado, gli affini ed anche i fidanzati e dunque un numero estremamente ampio di soggetti e non soltanto i parenti stretti. L’art. 10 del D.P.C.M. prevede espressamente la possibilità per le Regioni di adottare misure più restrittive per alcune specifiche aree del territorio regionale. Alcune Regioni hanno tuttavia ritenuto di ampliare le misure anziché restringerle: tale contrasto, ad avviso di chi scrive, sarebbe solo apparente in quanto le mitigazioni previste risponderebbero comunque sempre a “ragioni di necessità” che consentono lo spostamento intra-Regione. A titolo esemplificativo, la Regione Veneto, in contrasto con tale disposizione, ha adottato in data 27 aprile 2020 un’ordinanza regionale che, in considerazione del miglioramento della situazione a livello sanitario, prevede misure meno restrittive e, in particolare, consente agli abitanti della regione di spostarsi all’interno della stessa per recarsi nelle seconde case o presso le proprie imbarcazioni, al fine di prestare 19 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI attività manutentiva o riparativa. Il Governatore ha poi precisato che lo spostamento verso le seconde case sia consentito solo individualmente per svolgere attività di manutenzione. Anche la Regione Puglia, in data 28 aprile 2020, ha adottato un’ordinanza che amplia le attività consentite, quali ad esempio a partire dal 29 aprile gli spostamenti per la pesca amatoriale e per la manutenzione e la riparazione di imbarcazioni da diporto e a partire dal 4 maggio gli spostamenti per la manutenzione delle seconde case. Da ultimo, anche la Regione Lombardia, in data 3 maggio 2020 ha adottato un’ordinanza che, tra l’altro, consente lo spostamento verso e dalla seconda casa per la manutenzione necessaria per la tutela delle condizioni di sicurezza e conservazione del bene, fatta salva la possibilità di lavori per mezzo di operatori professionali. 3. Le sanzioni per coloro che non rispettano i divieti di circolazione previsti per le persone fisiche Il 25 marzo è stato emanato il Decreto-legge n. 19 per riordinare la normativa emergenziale e per prevedere una modifica delle sanzioni e renderle maggiormente afflittive, posto che la sanzione penale di cui all’art. 650 c.p. contestata a coloro che non rispettavano i divieti (inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità) di natura contravvenzionale e per di più oblazionabile (e pertanto che poteva essere estinta con il pagamento di un’ammenda di € 103,00), si era dimostrata del tutto priva di efficacia deterrente e rischiava unicamente di intasare l’attività giudiziaria, già fortemente compromessa dall’emergenza sanitaria in corso. Il Decreto-legge ha previsto espressamente le sanzioni amministrative e penali per coloro che non rispettano i divieti. In particolare, il decreto prevede l’applicazione della sanzione amministrativa (di competenza non dell’A.G. ma del Prefetto) del pagamento di una somma da € 400 a € 3.000, che può essere aumentata sino a un terzo, se il fatto è commesso con l’utilizzo di un veicolo (auto o moto), con aumento fino al doppio se le sanzioni si ripetono (con la possibilità di pagare la multa in misura ridotta entro cinque giorni, così come per le altre sanzioni previste dal Codice della Strada). Per le infrazioni commesse sino alla data di entrata in vigore del Decreto, a seguito della intervenuta depenalizzazione, è stata prevista la sanzione amministrativa pecuniaria in misura della metà del minimo, pari a € 200,00. 20 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
COVID – 19: CONSEGUENZE PENALI Ai sensi dell’art. 102, d.lgs. 507/1999, nei procedimenti penali avviati in relazione a reati oggi depenalizzati l’A.G. penale dispone la trasmissione degli atti alla competente Autorità amministrativa. Ben più gravi, e di natura penale, sono invece le sanzioni nel caso di violazione delle misure da parte dei soggetti che sono sottoposti alla misura della quarantena perché positivi al virus. In particolare il decreto dispone espressamente che, nel caso di violazione del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus, salvo che il fatto costituisca violazione dell’art. 452 c.p. o più grave reato, è prevista l’applicazione dell’art. 260 R.D. 1265/1934 (Testo Unico Leggi Sanitarie). Tale norma punisce chiunque, anche solo a titolo di colpa, non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo. Il Decreto-legge ha inoltre inasprito - quanto alle condotte poste in essere successivamente al 25 marzo – la cornice edittale dell’art. 260 T.U.L.S. che prima era punito con l’arresto sino a tre mesi e l’ammenda da lire 40.000 a 800.000 ed ora con l'arresto da 3 mesi a 18 mesi e l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000. La contravvenzione di cui all’art. 260 T.u.l.s. non consente l’estinzione del reato mediante oblazione ex art.162 bis c.p., essendo punita con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda. La formulazione del Decreto-legge, dunque, prevede espressamente che coloro che abbiano violato il divieto di uscire pur essendo in quarantena perché positivi al virus saranno puniti con la fattispecie di cui all’art. 260 T.u.l.s.. Tuttavia la portata della norma di cui all’art. 260 T.u.l.s. è più ampia (la norma punisce chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire la diffusione della malattia) e la fattispecie penale non è stata modificata, pertanto, la norma potrà essere applicata, ad esempio, anche a coloro che siano in quarantena per altre ragioni (ad esempio perché rientrati nelle regioni del Sud dopo l’emanazione del Dpcm 8 marzo 2020). Tale norma ha avuto in passato scarsissima applicazione. La giurisprudenza ha chiarito che tale norma, quando sanziona l'inottemperanza agli ordini dati per impedire l'invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell'uomo, si riferisce non soltanto a situazioni di malattia in atto, ma altresì a situazioni di malattia già cessata e/o di malattia di cui si teme l'insorgenza, atteso che "impedire l'insorgenza" è espressione equipollente a quella "prevenire l'insorgenza" (Cass. pen., Sez. 6, n. 8755 del 30/06/1978, D.P., CED Cass. 139556, relativa all’applicazione in tema di inosservanza di misure cautelari anticoleriche dettate con decreto ministeriale dopo la cessazione dell'infezione colerica). 21 STUDIO LEGALE ARATA E ASSOCIATI
Puoi anche leggere