Corso Base di Fotografia - 5a Lezione FOTOGRAFIATOTALE

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Corso Base di Fotografia - 5a Lezione FOTOGRAFIATOTALE
Corso Base
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             Fotografia
                   5a Lezione

FOTOGRAFIATOTALE
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Tutte le apparecchiature di calcolo elettronico implementano
regole logiche basate su segnali elettrici

La più elementare logica del computer si basa su presenza o
assenza di segnale elettrico (codificato come bit, valore = 1 c’è
corrente, valore = 0 non c’è corrente)
Generalmente si considera unità di misura il byte (1 byte = 8
bit)
Tutto ciò che viene manipolato da un personal computer sono
combinazioni di valori 1 e 0 all’interno dei byte.
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Come avviene la codifica di una immagine?
Supponiamo di tracciare mentalmente una griglia che scompone l’immagine in tanti
quadratini, ciascuno di un solo colore e luminosità. A parità di dimensione dell’immagine
(es. 10x15 cm), tanto più fitta è la griglia, maggiore è il numero di punti all’interno e
maggiore è il dettaglio con cui viene resa l’immagine, ovvero più sono grandi i quadratini
più è grezza l’immagine descritta, più sono piccoli meglio è definita, al punto di non
distinguere il passaggio da un quadratino all’altro.
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Bisogna tener conto inoltre che le diverse periferiche di visualizzazione
(schermo, stampante o altro) hanno una propria unità minima di riferimento,
tanto più è piccola e meglio viene resa l’immagine.

Dal momento che un numero quanto più alto di punti fa la differenza, è su
questo che fanno leva le aziende produttrici di fotocamere, ma la corsa
all’aggiunta di punti ha un costo che non sempre ne giustifica l'acquisto in
quanto a seconda dell’uso che noi dobbiamo fare dell’immagine, oltre un tot di
punti non andremo ad usare! (vedremo nel seguito…). Generalmente si da come
unità di misura di risoluzione dell’immagine il numero di punti, più
propriamente definiti pixel (punti luminosi a video) contenuti in un pollice
quadrato (dpi, dots per inch; 1 pollice = 2,54 cm).
La risoluzione adottata sui monitor dei computer è fissata a 72 (96) dpi, sulle
stampanti scegliamo noi con quale risoluzione produrre le stampe, in genere il
risultato migliore si ottiene tra 200 e 300dpi con carte di tipo fotografico (le
testine poi distribuiscono l’inchiostro su carta a 720-2800 dpi), noi terremo di
riferimento il valore 300 (fare attenzione che valori superiori producono un
risultato peggiore di stampa in quanto si usa più inchiostro che, oltre allo
spreco di per se, non viene assorbito dalla carta in modo adeguato); premesso
ciò, se adottiamo le risoluzioni indicate, una immagine di 283x425 (120275)
pixel viene visualizzata sul monitor in 10x15 cm , mentre viene stampata in
2,4x3,6 cm e necessita di uno spazio di memorizzazione di circa 353KB ovvero
353x1024 (361472) byte.

Perché 353 kilobyte?
Per la codifica più elementare di un punto (solo bianco o nero) abbiamo bisogno di 1 bit,
per codificare 2 tonalità intermedie abbiamo bisogno di un secondo bit, se vogliamo ancor
più sfumature dobbiamo usare un numero maggiore di bit. Fin qui abbiamo parlato di
sfumature (toni) di grigio, ma se vogliamo codificare anche il colore? Esistono due

codifiche di colore, una basata sui colori rosso, verde e blu ( RGB), adottata da monitor,
fotocamere digitali ed altre periferiche di acquisizione, una basata su ciano , magenta,

giallo e nero (CMYK,         o quadricromia)         adottata dalle stampanti a getto
d’inchiostro; noi faremo riferimento alla prima e per ogni colore terremo conto delle
sfumature così come per il grigio, quindi per ogni immagine a colori abbiamo bisogno del
triplo di informazioni di una immagine monocromatica (di fatto una immagine a colori
viene realizzata dall’accoppiamento di tre immagini monocromatiche)… tornando al
nostro esempio... In genere le immagini vengono codificate con un minimo di 8 bit per
ogni colore, dunque per ogni pixel serve un byte per colore, ovvero la nostra immagine è
codificata su 120275x3=360825 byte.
RGB      CMYK      Scala di grigio

Rosso   Ciano

Verde    Magenta

Blu     Giallo

        Nero
Riepilogando servono
 1 bit per rappresentare 2 colori (bianco e nero)
 8 bit per rappresentare 256 colori o sfumature di grigio
16 bit per rappresentare 65536 colori
24 bit per rappresentare 16 milioni di colori (molto più di quanto possa distinguere
l’occhio umano)
la versione CS2 di Photoshop (vers. 9) consente di elaborare immagini a 32 bit…

La quantità di dettaglio di una immagine è determinata dal numero di pixel che la
compongono.
Quanti megapixel?

In ambito fotografico non solo la risoluzione del sensore digitale ma anche
tutte le altre caratteristiche che riguardano il comparto ottico vanno
inevitabilmente a determinare la qualità finale di ogni scatto, non ha tanto
senso chiedersi quale fattore abbia influenza superiore ma piuttosto provare
sul campo ogni singola fotocamera, in condizioni limite e valutare
oggettivamente la qualità delle immagini ottenute, starà poi al singolo
fotografo decidere.
Se è vero che la densità dell'emulsione sui fotogrammi 24x36 mm delle
pellicole analogiche richiederebbe una risoluzione di circa 25 megapixel da
parte dei sensori delle digitali, è anche vero che al momento quasi tutte le
reflex sul mercato adottano CCD o CMOS in formato APS-C, con superficie
inferiore a quella del formato 35 mm.
Il bilanciamento del bianco
Bilanciare il bianco significa far tornare il bianco di una scena neutro, senza dominanti di
colore. Occorre quindi misurare il bianco di una scena, determinarne l'inquinamento, e
apportare le opportune correzioni per farlo tornare neutro. Il comportamento delle diverse
fotocamere digitali per queste operazioni è molto simile, indipendentemente dal fatto che
siano reflex o compatte evolute. Tramite il software delle fotocamere è possibile effettuare
una misurazione del punto di bianco. Per fare questa operazione, occorre predisporre un
foglio o un pannello bianco nella scena da fotografare, con le luci che si intende utilizzare,
meglio se il foglio riempie tutto lo schermo o la maggior parte di esso, e quindi fare un finto
scatto. Il software della fotocamera, a questo punto, ha sufficienti informazioni per
determinare quale siano le correzioni da effettuare per ottenere un bianco neutro. Queste
informazioni, con questa operazione, vengono salvate in un set di impostazioni. Basta dire
alla fotocamera di utilizzare il set appena creato e le immagini risulteranno bilanciate nella
resa cromatica. Queste operazioni, riportate in estrema sintesi, pur assomigliandosi
cambiano da fotocamera a fotocamera, è bene quindi consultare il manuale in corredo per
determinare la corretta procedura per la propria fotocamera.
Un set di ripresa improvvisato con luci domestiche, Il foglio bianco posizionato per
effettuare il bilanciamento del bianco ed il risultato dopo il bilanciamento del bianco
I diversi formati di memorizzazione

il più diffuso è il jpg, un formato di memorizzazione che adotta la compressione
dell’immagine riducendone lo spazio necessario su disco codificando le informazioni
cromatiche “simili” dei pixel secondo lo stesso valore; normalmente conviene tenere al
minimo il valore di compressione se non si vuol perdere i dettagli dell’immagine.
Il gif è un formato molto utilizzato per il web in quanto permette di gestire le
trasparenze

Il tiff è indubbiamente il più adatto, in quanto non introduce compressione ed interviene
poco sulla codifica dei pixel

Con l’avvento delle fotocamere digitali sono stati introdotti dei formati proprietari di
memorizzazione delle immagini così come raccolte dai sensori senza alcun intervento di
“aggiustamento dell’immagine”, di cui il più noto è il formato raw.

E’ da notare che le fotocamere digitali, qualunque formato di memorizzazione si adotti,
insieme all’immagine memorizzano insieme tutte le informazioni di scatto (marca e
modello della fotocamera, tempo, diaframma, ottica utilizzata, etc); l’insieme di queste
informazioni è nominato exif.
Per avere il massimo della qualità da una immagine i fotografi professionisti scattano
immagini in raw, le elaborano in Photoshop mantenendo il formato proprietario di
questo (psd) e solo ad immagine pronta (cioè quando non necessita più di alcun
intervento) eseguono una memorizzazione in formato jpg ad alta qualità per
l’archiviazione.

Le fotocamere che permettono di salvare in formato RAW, sul bilanciamento del
bianco hanno una marcia in più, perché permettono, in linea di massima, di
effettuarlo correttamente anche in fase di elaborazione al computer. Questo dipende
dalla struttura del formato RAW stesso, che memorizza tutte le informazioni che
arrivano sul sensore, senza effettuare le correzioni che invece subiscono altri formati
per bilanciare le immagini.

Qui gli utilizzatori di fotocamere digitali si dividono, c'è chi pensa sia inutile
effettuare il bilanciamento del bianco in fase di ripresa quando è possibile effettuarlo
comodamente dopo, mentre altri preferiscono avere salvate già sulla scheda di
memoria delle immagini con un bilanciamento del bianco corretto.
Probabilmente chi proviene dalla fotografia analogica, specie se
in ambito professionale, preferisce anche solo per abitudine
bilanciare il bianco in fase di ripresa. Il bilanciamento del
bianco in fase di ripresa, inoltre, evita di ricorrere ad
elaborazioni che richiedono una discreta padronanza dei
software di fotoritocco.
Se la fotocamera prevede funzioni di bilanciamento del bianco
ma non di salvataggio in formato RAW, il bilanciamento del
bianco allora è comunque consigliabile in fase di ripresa,
altrimenti le minori informazioni dell'immagine in formati
diversi potrebbero complicare la vita.
Quando si utilizzano gli strumenti di bilanciamento del bianco è
facile incappare in un altro errore, ovvero dimenticarsi di
resettare le impostazioni quando si cambia scena, col rischio di
trovarsi con tutte le immagini con errori cromatici più o meno
pesanti.
Meglio farci caso...
La camera oscura digitale

La camera oscura è stata per lungo tempo un luogo speciale dove i fotografi
sviluppavano i loro negativi e trasformavano le loro immagini in belle stampe.
Per quanto però si potesse intervenire in fase di stampa non sempre si poteva
rimediare a tutti gli errori di ripresa e comunque la camera oscura imponeva
di lavorare al buio totale o alla sola luce della lampada di sicurezza,
maneggiare chimici, portare a termine ogni procedimento iniziato.
Con la diffusione delle stampe a colori, facilmente ottenibili ai minilab, anche
se con una più ridotta possibilità di intervento che non all’ingranditore, la
camera oscura ha iniziato il suo declino al punto che molte persone ignorano
oggi quali fossero le sue potenzialità.
Tuttavia è oggi possibile realizzare con il computer qualsiasi
intervento che il fotografo era prima solito fare in camera oscura,
in modo più preciso, senza vincoli di tempo, alla luce del giorno
senza doversi preoccupare dell’utilizzo di sostanze chimiche.
Le possibilità di controllo sull’immagine vanno dalla correzione del
colore alla regolazione del contrasto, sull’intera immagine o su
determinate aree selezionate, scurire, schiarire, ritagliare, variare
le dimensioni, ma anche eseguire montaggi, riprodurre particolari,
trasformare completamente l’immagine di partenza sulla base
della propria fantasia e creatività.
L’eticità di preservare l’immagine iniziale o meno sta al buon
cuore del fotografo…
I software di fotoritocco
Nel corso degli anni si è andata imponendo sempre più la cultura multimediale,
di cui l'immagine è parte fondamentale, di conseguenza i software grafici e di
gestione delle immagini si sono sempre più evoluti ed affinati; sul mercato se ne
trovano tantissimi, con una potenza di intervento a vari livelli e relativo prezzo
assai vario.
Le funzioni minime di un tale programma sono la correzione di luminosità,
contrasto, saturazione, bilanciamento del colore, ridimensione e ritaglio,
rotazione, interazione con i driver delle periferiche di acquisizione e di stampa,
gestione ordinata dell’archivio.
Per quanto riguarda i prezzi si trovano alcuni programmi totalmente gratuiti
(anche le versioni più datate di quelli commercializzati), altri possono costare tra
10 e 50 euro, un programma semiprofessionale può costare qualche centinaio di
euro, un programma professionale anche qualche migliaio di euro.
Generalmente un programma di gestione delle immagini, fornito insieme ad uno
scanner, fotocamera o stampante, può essere più che sufficiente per l’uso che se
ne deve fare e fornire una automazione sui possibili interventi e modelli
d’impaginazione (cartoline, calendari e quanto altro).
Ma se dobbiamo procurarci un programma, qual è quello più adatto? Non è
facile dare una risposta, deve essere individuato personalmente, magari
usufruendo delle versioni di prova fornite sui siti internet dei produttori.
Esistono dei programmi, chiamati plug-in, che si occupano di applicare un unico
effetto; sono noti come applicativi da integrare in Photoshop ma generalmente
funzionano con altri programmi di elaborazione dell’immagine ed anche da soli
(tra le funzioni più note trasformare una foto con effetti pittorici, trasformarla in
bianco nero, simulare la resa di talune pellicole o sviluppi di queste, interpolare la
foto per aumentarne le dimensioni, ridurre i disturbi presenti, etc).
Il flusso di lavoro nella camera oscura digitale
La prima operazione da applicare ad una foto è quella di darle le dimensioni
volute, eliminando eventualmente le aree inutili: nel ridimensionare l’immagine
fare attenzione che la funzione di ricampionamento sia disattivata, in questo
modo si agisce sulle dimensioni dell’immagine e non sul contenuto, ovvero il
numero dei pixel rimane lo stesso.

Se la risoluzione è alta per il nostro uso della foto allora meglio usa la funzione
ricampiona, che in questo caso elimina i pixel in eccesso, se la risoluzione è
invece bassa possiamo aumentarla ricampionando l’immagine con appositi
programmi (che vedremo in seguito) quando questa sarà pronta; prestare
attenzione che un ricampionamento dell’immagine introduce sempre un
qualche decadimento dell’immagine.

Lavorare col numero di pixel strettamente necessario richiede l’uso di meno
memoria e tempo di elaborazione.
La seconda operazione da applicare è quella di aggiustare i livelli
cromatici, regolando la luminosità, il contrasto, eventuali dominanti
(bilanciamento) di colore tonalità e saturazione, queste regolazioni
possono essere fatte sull’intera gamma cromatica (RGB) o in modo più
preciso intervenendo su un colore per volta (rosso, verde e blu).

Interventi più precisi possono richiedere l’uso delle selezioni per
restringere l’area su cui applicare le operazioni di aggiustamento. Come
ultimo passo è possibile, se necessario, intervenire sulla nitidezza
dell’immagine (maschera di contrasto di Photoshop, plug-in come Focus
Magic e simili). L'utilizzo delle nostre immaginiStampa (su vari supporti)
Slide show
trasmissione per posta elettronica e gallerie web
Fine
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