Condizione giovanile e nuovi rischi sociali - Politiche regionali tra frammentazione e integrazione

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Condizione giovanile e nuovi rischi sociali - Politiche regionali tra frammentazione e integrazione
Condizione giovanile e nuovi rischi sociali

Politiche regionali tra frammentazione e integrazione

                          di

                    Giulia Cordella
Working Paper Series /FVeP

                        Autore: Giulia Cordella
           Pubblicazione mensile - Numero 1 (ottobre 2011)
    Comitato di Redazione: Riccardo Guidi (direttore), Giulio Sensi
               (redazione), Mariella Popolla (segreteria)
Fondazione Volontariato e Partecipazione, Via Catalani 158, 55100, Lucca
                  info@volontariatoepartecipazione.eu
Abstract

 La combinazione dei cambiamenti demografici, istituzionali (si pensi alla riforma del
 lavoro e a quella delle pensioni) e di mercato avvenute in Italia negli ultimi due decenni
 si accompagnano a un allargamento dello spazio sociale della vulnerabilità le cui
 conseguenze si riversano con particolare forza sulle generazioni più giovani. Tali
 elementi, uniti a un welfare nazionale tradizionalmente poco orientato verso i giovani,
 hanno influenzato la struttura dei vincoli e delle opportunità che regolano il passaggio
 alla vita adulta e reso più complesso il pieno raggiungimento dell’indipendenza dalla
 famiglia di origine.
 Il paper discute i primi risultati di una ricerca comparativa tra alcune regioni italiane 1
 volta ad indagare se e come le politiche pubbliche si stiano attrezzando per far fronte a
 tali problematiche. Il contributo analizzerà in particolare il ruolo delle Regioni nella
 produzione di politiche e interventi di supporto all’autonomia dei/delle giovani, a partire
 da quelli più vulnerabili.
  L’analisi si divide in tre parti: nella prima parte verrà presentato il quadro teorico di
 riferimento e si analizzeranno alcuni indicatori che descrivono con efficacia le
 vulnerabilità della condizione giovanile. Nella seconda parte si osserverà come alcune
 regioni italiane - in particolare Puglia e Toscana - si stiano confrontando con tali
 problematiche, abbandonando un approccio settoriale a favore di una programmazione
 integrata degli interventi per le giovani generazioni. Nella terza parte, infine, si
 discuteranno le innovazioni e le ambiguità di tali misure, tratteggiando alcune ipotesi
 che saranno indagate nelle fasi successive della ricerca.

1
  La ricerca, promossa dalla Regione Toscana, è curata dall’Istituto degli Innocenti e dalla Fondazione
Volontariato e Partecipazione nell'ambito delle attività del Centro Regionale di Documentazione
dell'Infanzia e dell'Adolescenza, istituito con la L.R. 31/2000. La ricerca è tuttora in fieri e l’analisi qui
presentata sarà volta, di conseguenza, a mettere in luce prevalentemente le domande e alcuni nodi cruciali
emersi fino a questo momento.
                                                      1
1. Vulnerabilità sociale e condizione giovanile: quali rischi sociali per
 i/le giovani?

 L’ormai ampio dibattito europeo sul tema delle vulnerabilità sociale ha contribuito a
 mettere in luce una molteplicità di variabili nell'analisi degli aspetti e dei meccanismi di
 fragilizzazione sociale. Quello di vulnerabilità resta tuttavia un concetto piuttosto
 fuggevole tanto nella sua definizione che nelle capacità di individuare risposte di fronte
 alla sua emersione. Di certo, alla radice del concetto, c'è la volontà di oltrepassare la
 dicotomia esclusione-inclusione per ricostruire i percorsi "grigi" (Beck, 1992) e le
 forme di marginalizazione più recenti, frutto dell'intreccio tra diversi fattori e
 spazialmente situate (Ranci, 2002). Si tratta di processi strutturalmente complessi, che
 nascono dall’incrocio tra la vecchia struttura delle disuguaglianze sociali e quelli che
 sono chiamati “nuovi rischi”, derivanti da un complesso posizionamento degli attori tra
 mercato del lavoro, famiglia di origine e i sistemi di welfare (Taylor-Gooby, 2004). In
 questa sede ci chiederemo quali sono gli effetti specifici che tali processi, uniti alla
 diminuzione del peso demografico della popolazione giovanile rispetto a quella anziana
 (il cosiddetto “degiovanimento”2), producono su un particolare gruppo di soggetti:
 quello dei “giovani” e, in particolare, dei “giovani adulti”.3 Si tratta di una categoria dai
 confini labili, descritta nell’immaginario collettivo come un gruppo intermedio, in bilico
 tra adolescenza e età adulta,4 tra esclusione e inclusione, tra autonomia e famiglia, tra
 strategie di exit e - scarse - possibilità di voice. Un’analisi sociale che restituisca la
 pluralizzazione delle caratteristiche e delle problematiche di tale gruppo sociale è
 ancora in divenire.5 Un primo punto di osservazione concerne dunque la concezione di
 gioventù che fa da sfondo alle diverse politiche che insistono su questa fascia di
 popolazione: da un lato si riscontra la tendenza a superare una visione della gioventù
 unicamente come uno stadio “di transizione” tra fasi ben scandite del processo di
 socializzazione dell’individuo, quanto piuttosto come una condizione e una tappa della
2
  Cfr. Balduzzi e Rosina, 2008.
3
  In questa sede prenderemo in considerazione in tale categoria individui tra i 18 e i 35 anni.
4
  Intesa convenzionalmente come raggiungimento di alcuni traguardi della vita: l'indipendenza economica
e abitativa dalla famiglia di origine, l'essere in grado di effettuare scelte libere circa la creazione di un
proprio nucleo familiare e la procreazione.
5
  Allo stato attuale le categorie più specifiche rimandano al concetto di “generazione”. Si individuano in
particolare due segmenti di popolazione: la cosiddetta “Generazione x”, i nati tra la fine degli anni
Sessanta e i primi anni Ottanta, e i Millennials, ovvero coloro che raggiungono la maggiore età più o meno
in corrispondenza del nuovo millennio (Howe, Strass, 2000). Per un approfondimento sulle caratteristiche
di queste categorie si veda, tra gli altri, Balduzzi e Rosina, 2010.
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vita a sé stante (Bendit, 2006).6 Dall’altro, la tradizionale concezione di giovinezza
 unicamente come categoria “in between”, continua in molti casi a fare da sfondo alla
 costruzione delle politiche pubbliche - tanto nazionali che locali - che si indirizzano a
 tale fascia di età (Ibidem). Tale visione fa da sfondo a una concezione lineare del
 processo di transizione verso l’adultità7 che si accompagna a fatica ai cambiamenti
 intervenuti nella condizione giovanile all’interno delle società post-industriali. Come
 noto, infatti, il processo di transizione alla vita adulta non soltanto si è allungato
 arrivando ad occupare una parte consistente della vita di un individuo, ma è diventato
 più complesso e diversificato: a seconda del contesto sociale infatti, ogni gruppo
 sperimenta ostacoli e opportunità diverse che daranno forma al proprio futuro (Bynner
 and Parsons, 2002) al punto da rendere individuabili specifiche strutture di transizione
 verso l’adultità8 (Casal, 1996; Walther, 2002 e 2006).
 In ragione di alcuni fenomeni quali l’allungamento del periodo di istruzione e
 formazione, la pluralizzazione degli stili di vita, la flessibilizzazione del mercato del
 lavoro, l’incremento dell’occupazione femminile, (ecc…), le tappe che segnano i
 passaggi cruciali verso l’età adulta sono di fatto sempre meno lineari e standardizzate.
 Se in parte ciò è attribuibile a una serie di mutamenti culturali che hanno reso meno
 irrigimentate le fasi di questo passaggio, ciò che in questo contesto prendiamo in
 considerazione sono gli ostacoli strutturali che hanno reso il raggiungimento di una
 condizione di autonomia sempre più tortuoso, nonché caratterizzato da un alto grado di
 reversibilità (ad esempio, a una fase di indipendenza economica e abitativa può seguire
 una fase di disoccupazione o sotto-occupazione con conseguente ritorno in carico alla
 famiglia di origine). A seguito di tali mutamenti la condizione di adulti non è più la
 tappa finale di un cammino prefissato che va dall’educazione al lavoro, alla formazione
 di una propria famiglia, ma un processo definito attraverso continue negoziazioni
 (Bendit, 2006). La negoziabilità di tale percorso, tuttavia, non è indolore perché si
 accompagna ad un’instabilità che non intacca solamente la sfera lavorativa ma in
 generale precarizza e rende labile tutte le sfere della vita privata (Boltanski, 2006).

6
  La Regione Toscana, ad esempio, con la nuova rimodulazione delle politiche pubbliche per le giovani
generazioni, è tra le prime a definire le politiche giovanili come politiche “per l’autonomia”.
7
  Le tappe che segnano i passaggi cruciali della vita non si sviluppano più necessariamente in modo lineare
(formazione - lavoro - formazione di una famiglia autonoma) ma seguono piuttosto percorsi frammentati,
individualizzati e reversibili.
8
   Walther ipotizza la coesistenza di tre strutture di transizione: 1) transizione lineare dall’adolescenza
all’età adulta; 2) transizione come una fase di vita composta da prolungati e diversificati stadi intermedi 3)
una transizione reversibile e frammentata, fatta di passi “avanti” cui seguono passi “indietro” (Walther
2002 e 2006)
                                                      3
A questo quadro si aggiungono le caratteristiche proprie del sistema di welfare italiano,
 che ha storicamente trascurato di investire in politiche che permettessero ai/alle giovani
 di sperimentare la propria autonomia, relegando le politiche giovanili in larga parte alla
 sfera culturale o ludico-ricreativa.
 Come si caratterizzano quindi i rischi che i giovani si trovano ad affrontare in questo
 contesto? Una prima osservazione attiene alla frequenza e alla durata di tali rischi: se
 nelle economie fordiste i rischi sociali erano caratterizzati da una frequenza limitata e da
 una circoscrizione nel tempo (Rosanvallon, 1997), ora tali rischi non sono più
 identificabili come "incidenti di percorso" (Ibidem), quanto piuttosto come ostacoli
 sistematici nel sistema di accesso a opportunità e risorse di scegliere la propria vita in
 autonomia.
 In questo quadro, come immaginabile, il rischio di esclusione non passa solo dalle
 difficoltà di ingresso o dall’espulsione dal mercato del lavoro ma anche dall’esclusione
 in altri ambiti della vita pubblica, quali la rappresentanza nella politica e nelle sedi di
 potere, nonché da un deterioramento della propria condizione psicologica.9
 Certamente la possibilità di attraversare tali momenti di deprivazione - che potremmo
 definire psico-sociale - non comporta automaticamente il rimanervi intrappolati: tale
 rischio resta infatti più strettamente correlato alle condizioni di partenza e interessa solo
 una minoranza della popolazione giovanile. Il dato rilevante, tuttavia, è l’ampliamento
 dello spettro di persone che possono trovarsi ad affrontare tali situazioni nella propria
 vita e l’incremento del peso della variabile familiare, che si traduce inevitabilmente in
 un accentuarsi delle disuguaglianze in ambito sociale.
 Tali cambiamenti nella struttura di transizione alla vita adulta sono stati in gran parte
 negati dalle politiche, che continuano a fondare unicamente sul lavoro le opportunità di
 integrazione dei giovani (Walther, 2006) nonché l’accesso a entitlements, indennità e
 servizi (Borghi, van Berkel, 2005). Se l’allungamento dell’età giovanile è stata assunta
 anche all’interno delle politiche pubbliche che tendono a promuovere azioni che
 interessano i “giovani” fino a 34 - e talvolta fino a 40 anni-, non altrettanto si può dire
 per le restanti difficoltà sopra richiamate.

9
  Potremmo riprendere numerosi esempi, in letteratura di analisi sugli effetti dell’incremento della
vulnerabilità sociale sull’individuo: tra gli altri, Sennet parla di corrosione del carattere, Dejours e
Ehrenberg parlano di sofferenza; Castel parla di disaffiliazione, Boltanski e Chiappello parlano di
sfruttamento.
                                                   4
1.1   Funamboli senza rete: la condizione giovanile tra lavoro, famiglia e welfare

 Se, come abbiamo visto, i nuovi rischi sociali derivano dal posizionamento degli attori
 tra lavoro, famiglia e sistemi di welfare, pare opportuno prendere in considerazione
 alcuni indicatori che, all’interno di queste macro-aree, siano in grado di rendere visibile
 in quali ambiti si concentrino le principali sacche di vulnerabilità per poi passare ad
 analizzare, nella seconda parte del documento, quanto le politiche regionali si facciano
 carico di tali criticità e cerchino di darvi risposta attraverso politiche mirate.
 Il punto di partenza dell’analisi sulla condizione giovanile non può che riguardare il
 peso demografico delle giovani generazioni. Come evidenziato da Balduzzi e Rosina
 (2008), solo a inizio anni Novanta i giovani tra i 15 e i 24 anni erano quasi il doppio
 rispetto agli anziani tra i 65 e i 74 anni, mentre, secondo le previsioni Istat, le quote
 sono destinate ad invertirsi.10 Ovviamente tale scarsità demografica non si riflette
 soltanto nella progressiva diminuzione della popolazione nazionale in ragione del
 decremento della natalità11 ma fotografa altresì lo scarso peso politico ed elettorale
 dei/delle giovani.12

         Lavoro
 La dimensione lavorativa resta certamente quella più critica da osservare, non soltanto
 in relazione ai tassi di occupazione/disoccupazione ma rispetto ai cambiamenti nella
 natura e nella qualità del lavoro stesso.
 In primo luogo è importante sottolineare che ci troviamo di fronte a una delle categorie
 più colpite dalla crisi economica: nel 2010 il tasso di occupazione tra i 18 e i 29 anni si
 attestava al 34,5%, il 13,3% in meno rispetto al 2008, anno di inizio della crisi.13
 L’ingresso nel mondo del lavoro si fa sempre più complesso per disoccupati e
 inoccupati: le percentuali di entrata, dopo essere scese verticalmente tra il 2008 e il
 2009 (-18%), hanno accusato un nuovo indebolimento (-6%), soprattutto nel
 Mezzogiorno14. Neppure il livello di istruzione elevata ha protetto i giovani dalla crisi: i
10
   La percentuale di under 25 sul totale della popolazione non arriva neppure al 24% (si passa dal10% per
la popolazione fino a 15 anni fino al 31% se consideriamo la popolazione fino a 30 anni) a fronte di una
popolazione oltre i 65 anni pari al 21,7% del totale. Per un’analisi più puntuale di questo dato rimandiamo
a Balduzzi e Rosina, 2010.
11
   Il tasso di natalità, pari al 9,3 per mille, si presenta come il dato più basso dell’ultimo decennio, in
diminuzione dell’1,2% rispetto al 2009, a fronte di un decremento del tasso di mortalità.
12
   Cfr. ancora Rosina e Balduzzi, 2008.
13
   Fonte: Rapporto Istat 2010. Se osserviamo i singoli anni vediamo che la flessione maggiore (8%) è
avvenuta nel 2009 e ad essa è seguita una ulteriore flessione, seppur più contenuta, del 5,3%.
14
   I dati fanno rilevare un incremento delle disparità regionali: nel 2010 era occupato circa un giovane su
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tassi di occupazione sono diminuiti con intensità simile tra i giovani con basso titolo di
studio (-2,8%) e quelli con la laurea (-2,1%).
Aumenta anche la disoccupazione: nei giovani tra 15 e 24 anni il tasso si attesta attorno
al 27,8% (un dato che sappiamo essere aumentato, nel 2011, fino al 28,9%), mentre
scende all’11,9% nella fascia tra 25-34 anni, rispetto a una media nazionale dell’8,4%.
Inoltre, negli ultimi anni acquista un rinnovato spessore la quota dai NEET ("not in
education, employment or training"),15 che nel 2010 avevano superato i 2,1 milioni, (si
tratta del 22,1% dei giovani nella fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni, un dato in
aumento rispetto all’anno precedente)16. Tra i giovani al di fuori dei circuiti di
formazione e lavoro il 65,5% è inattivo mentre il 34,5% è costituito da disoccupati. È
stato provato come tale stato afferisca a una serie di condizioni “di partenza” 17 (Bynner
and Parsons, 2002) che rendono tale indicatore particolarmente esplicativo dei rischi
sociali che interessano una parte della popolazione giovanile e in grado di fornire una
fotografia più rappresentativa dei soli tassi di disoccupazione e occupazione.
Il dato nuovo è che la condizione di NEET permane nel tempo: oltre la metà resta tale
per almeno due anni.18 Una quota sempre più alta di giovani scivola, in particolare nel
Mezzogiorno, verso l'inattività prolungata, vissuta il più delle volte nella famiglia di
origine, e verso bassi livelli di integrazione sociale, soprattutto per coloro che
appartengono alle classi sociali meno agiate.19
La perdita e la mancanza del lavoro riguarda dunque un bacino di giovani più ampio
rispetto al più recente passato, con tempi di permanenza dilatati e fenomeni di
scoraggiamento ed espulsione dal mercato.
Sapendo che il tasso di occupazione, per le caratteristiche intrinseche al sistema di
rilevazione, raccoglie solo la punta più visibile del fenomeno, e che precarietà e
disoccupazione sono fenomeni strettamente intrecciati l’uno all’altro, riteniamo

due nel Nord e meno di tre su dieci nel Sud.
15
   Ci serviamo di utilizzare tale categoria perché riteniamo che sia dotata di alto valore esplicativo, per
quanto oggetto di critiche per la sua incapacità di definire, se non “in negativo” i giovani a cui si applica
(Yates and Payne, 2006).
16
   Nel 2009 il dato si attestava al 20,5%.
17
   Bynner and Parsons (2002) hanno individuato, tra gli elementi che determinano la condizione di Neet il
background socioeconomico della famiglia, l’istruzione, l’interesse della famiglia nei processi formativi,
l’area di residenza e l’attitudine allo studio, il genere. Inoltre, ricerche condotte dall’allora Dipartimento
dell’educazione della Gran Bretagna, hanno individuato alcuni fattori connessi alla condizione di Neet, tra
cui il basso livello di istruzione, l’abbandono scolastico, il basso profilo occupazionale dei genitori, avere
figli in età prematura, l’uscita dalla famiglia di origine, la presenza di problemi di salute o disabilità
(Robson, 2008).
18
   Fonte: Rapporto Istat 2010.
19
   Tra questi il 40% abbandona prematuramente la scuola, alimentando un'area di emarginazione i cui costi
non tarderanno a diventare evidenti
                                                      6
importante considerare, inoltre, di quale tipo di lavoro si parla. I dati mostrano un
 incremento della precarietà: la quota di lavoratori con contratti a tempo determinato o
 collaborazioni ha raggiunto, nel 2010 il 30,8% del totale dei giovani occupati tra i 15 e i
 29 anni,20 mantenendosi oltre il milione di unità, un dato in crescita del 9,2% rispetto
 all’anno precedente.21 Il fenomeno, inoltre, favorisce l'espulsione dal mondo del lavoro22
 e influisce negativamente sui salari che si attestano, per la popolazione tra 15 e 34 anni,
 attorno ai 1.074 euro mensili,23 il 24% in meno della retribuzione di un dipendente
 standard a tempo pieno.24
 Un accenno va alla condizione dei migranti, che sono stati colpiti con particolare forza
 dall’aumento della disoccupazione: nel 2010 la disoccupazione censita sale al 13% 25 per
 gli immigrati e colpisce in maggior misura coloro che erano già precedentemente
 occupati (+9,6%) rispetto agli inattivi (+3,9%). Anche per quanto attiene ai salari,
 persistono forti discrepanze rispetto ai coetanei italiani e la differenza retributiva
 aumenta con il titolo di studio (un laureato straniero guadagna mediamente il 30% in
 meno di un suo coetaneo italiano).

         Famiglia
 Un secondo ambito di osservazione della condizione giovanile deve riguardare
 l’autonomia dalla famiglia di origine, la propensione alla costruzione di un nucleo
 autonomo e alla procreazione. Come noto, i giovani italiani presentano un grave ritardo
 rispetto ai coetanei europei con riferimento a questi tre ambiti.
 Sono 7 milioni i giovani celibi e nubili, con età compresa tra i 18 e i 34 anni, che nel
 2009 vivono ancora all’interno della famiglia, pari al 58,6% dei giovani di questa fascia
 di età.26 Tra i giovani che vivono ancora in famiglia, il 93% sono ancora in formazione,
 il 70,5% sono in cerca di lavoro e il 47% sono occupati, anche in modo stabile.
 La crisi occupazionale ha aggravato questo dato: un confronto temporale, anche se
 limitato agli ultimi 5 anni, indica che, dopo un periodo di sostanziale stabilità, in un solo

20
   Fonte: Rapporto Istat 2010. Il dato scende al 30% se consideriamo i giovani fino a 34 anni (Fonte:
elaborazione Datagiovani su dati Istat 2010).
21
   Fonte: elaborazione Datagiovani su dati Istat 2010.
22
   È interessante notare come, nel 2010 su 100 giovani che hanno perso il lavoro, la metà sono transitati
nella disoccupazione, 34 nella cosiddetta zona grigia e 16 nell’inattività. Fonte: Rapporto Istat 2010.
23
   Fonte: Elaborazione Datagiovani su dati Istat 2010. La percentuale scende al 59,2% se si considerano
soltanto i 25-29enni e al 28,9% se si considerano soltanto i 30-34enni.
24
   Fonte: Rapporto Istat 2010.
25
   Sappiamo tuttavia che buona parte della manodopera è occupata nel sommerso ove aumentano sacche di
disoccupazione totalmente prive di diritti e tutele.
26
   Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie, dati 2009.
                                                    7
anno (dal 2008 al 2009) è aumentato il numero dei giovani celibi o nubili che vivono in
 famiglia e sono in cerca di occupazione.27
 La famiglia di origine, dunque, conferma la sua funzione di dispensatore di protezione
 sociale (Ferrera, 1996) sia attraverso trasferimenti monetari ai figli, che attraverso la
 fornitura di servizi, in particolar modo abitativi. Il fatto che essa costituisca il pressoché
 esclusivo strumento di promozione e ammortizzazione sociale dei giovani, inibisce la
 mobilità sociale e “rende il sistema italiano non solo più iniquo, ma anche meno
 dinamico ed efficiente”(Rosina, 2011, 3).

          Sistemi di welfare
 In una situazione di crisi economica, il modello di welfare italiano, caratterizzato da
 un’elevata spesa per trasferimenti pensionistici e da una quota residuale a favore del
 lavoro, delle famiglie e delle misure di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale,
 manifesta in modo sempre più evidente la sua incapacità di fornire risposte adeguate ai
 bisogni delle giovani generazioni.
 Nel 2008 l’Italia si collocava all’ultimo posto tra i paesi Ue per le risorse destinate al
 sostegno del reddito, alle misure di contrasto alla povertà o alle prestazioni a favore di
 persone a rischio di esclusione sociale. Il nostro Paese infatti, alloca solo lo 0,2 per
 cento per questa funzione, mentre in Europa essa assorbe l’1,4 per cento dell’intera
 spesa per prestazioni di protezione sociale.28 Più in generale, si può affermare che la
 spesa per protezione sociale sul Pil, togliendo la parte destinata alle pensioni, è un terzo
 in meno rispetto alla media europea (Balduzzi, Rosina, 2008).
 Anche le risorse per la funzione di spesa destinata alle politiche di sostentamento nei
 casi di disoccupazione o per le politiche attive finalizzate alla formazione per il
 reinserimento nel mercato del lavoro in Italia, sono inferiori alla media europea: per
 questa voce, il nostro Paese stanzia meno del 2% dell’intera spesa per la protezione
 sociale, mentre in Europa a questa funzione è destinato il 5,2%.29
 Per quanto riguarda le forme di protezione sociale per i giovani, in generale, a livello
 nazionale non esistono politiche specifiche di supporto all’occupazione e all’inclusione
 sociale.30 Anche la Banca d’Italia riconosce che, sebbene l’estensione degli
 ammortizzatori sociali abbia significativamente contribuito a limitare gli effetti della
27
   Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie, dati 2009.
28
   Fonte: Rapporto Istat 2010; dati Eurostat, Esspros database, 2008.
29
   Fonte: Rapporto Istat 2010; dati Eurostat, Esspros database, 2008.
30
       Younex,         Integrated    report      on       institutional   analysis,   dicembre   2009,
http://www.younex.unige.ch/index.html
                                                       8
crisi sull’occupazione e sui redditi, l’assenza di un sistema universale di protezione
 sociale ha penalizzato molti giovani, che sono più esposti alla perdita del lavoro e che
 hanno meno requisiti per accedere agli strumenti di welfare disponibili.31
 Ai bassi livelli di supporto al reddito si aggiunga la disparità di trattamento nel supporto
 alla maternità e paternità (intesa come durata dei permessi di maternità e supporti in
 denaro),32 che, ancora una volta, penalizza le lavoratrici con contratti atipici e precari.
 Anche le politiche di conciliazione penalizzano la situazione di precarietà e di coloro
 che sono privi di una rete di supporto informale. È quest’ultima, infatti, il principale
 supporto dei giovani genitori, mentre la disponibilità di servizi pubblici appare ancora
 insufficiente (il 40% dei bambini che vanno al nido frequentano una struttura privata).
 Nonostante il cospicuo stanziamento in ambito pensionistico rispetto alle restanti voci
 della spesa sociale, l’Italia si presenta altresì con un sistema previdenziale iniquo, con
 un forte divario di requisiti e trattamento pensionistico tra le vecchie e le giovani
 generazioni: coloro che sono nati dopo il 1970 portano sulle spalle, infatti, l’onere più
 gravoso delle politiche di riequilibrio strutturale della finanza pubblica attuate negli
 ultimi vent’anni (Rosolia, Torrini, 2007)
 È inoltre fondamentale ricordare che sulle giovani generazioni pesa una quota di debito
 pubblico consistente, ereditato dalle generazioni precedenti. Negli ultimi anni, il debito
 è rimasto sistematicamente sopra quota 104% del PIL: uno dei rapporti più gravosi del
 mondo occidentale (la media Eu-15 è pari al 65%).
 L’investimento sulle giovani generazioni pare bloccato inoltre da alcuni dati politici
 quali l’età media più elevata della classe dirigente.

     1.2 Svantaggi “al femminile”

 Come noto, all’interno del contesto sopra delineato, vi sono categorie che presentano
 alcuni svantaggi strutturali ben precisi, tra cui pare interessante sottolineare, seppur
 brevemente, quello di genere:
 - La disoccupazione rimane più elevata per le ragazze rispetto ai ragazzi.33
 - Si riscontra un peggioramento della qualità del lavoro femminile qualificata a fronte
31
   Banca d’Italia, relazione di Fabrizio Saccomanni al 41° convegno dei giovani di Confindustria.
32
       Younex,         Integrated     report     on     institutional     analysis,   dicembre    2009,
http://www.younex.unige.ch/index.html
33
   La disoccupazione sale al 29,4% nella fascia 15-24 (+3,4% rispetto ai coetanei maschi) e al 14% nella
fascia 25-34 (+3,6 rispetto ai coetanei maschi). Fonte: Rapporto Istat 2010.
                                                   9
di quella non qualificata.
 - La nascita del primo figlio appare ritardata (l’età media è 30 anni per le donne nate nel
 1970) e aumenta anche la quota di coloro che non hanno figli: secondo le stime più
 recenti, alla fine del percorso riproduttivo, a non aver avuto figli sarà circa il 20 per
 cento delle donne nate nel 1970.
 - Si registrano alti tassi di abbandono del lavoro a seguito della nascita del primo figlio:
 la percentuale di donne nate dopo il 1973 che lasciano il lavoro a seguito di una
 maternità è del 14% e, complessivamente, il 25,7% degli abbandoni avviene per motivi
 familiari.34
 - Il part-time femminile in Italia raggiunge un tasso elevato, più che doppio rispetto alla
 media europea .35
 Gli indicatori brevemente richiamati tracciano un quadro a tinte fosche e una direzione
 di marcia opposta a quella indicata nella Strategia di Lisbona - che vorrebbe, a seguito
 del decremento della popolazione giovanile, un investimento sulla “qualità” di tale
 capitale umano - con effetti che, salvo una rapida inversione di marcia, si
 manifesteranno in maniera dirompente nel prossimo futuro.

34
   Fonte: Istat, Indagine multiscopo “Famiglie e soggetti sociali”, 2009. In generale, tra le madri costrette a
lasciare il lavoro in occasione o a seguito di una gravidanza, solo il 40,7% ha poi ripreso l’attività, e le
opportunità di riprendere a lavorare non sono le stesse in tutto il Paese: su 100 madri licenziate o indotte a
dimettersi, riprendono a lavorare 51 nel Nord e soltanto 23 nel Mezzogiorno.
35
   Nel 2009 la quota delle donne italiane che dichiaravano di svolgere un part-time involontario risultata
più che doppia di quella dell’Ue (42,7 contro 22,3 per cento). In Italia, invece, l’elevata presenza del part-
time involontario avvalora l’ipotesi che l’utilizzo della flessibilità oraria risponda più alle esigenze delle
imprese che a quelle di conciliazione de tempi di vita.
                                                      10
2. Politiche regionali per le giovani generazioni. Quale integrazione
possibile?

Dopo una breve rassegna delle principali problematicità che interessano la condizione
giovanile contemporanea ci chiediamo, in questa seconda parte, se e come le politiche
riescano ad individuare risposte efficaci concentrandoci, in particolare, sul ruolo
dell’attore regionale. La scelta del livello di osservazione regionale si presenta
particolarmente interessante per almeno due motivi: in primo luogo permette di mettere
in evidenza la profonda diversità di accesso a diritti e opportunità connesse alla
diversificazione dei sistemi territoriali di welfare. Alcune riforme, infatti, unite alle
competenze già in possesso dei singoli Enti a partire dalla riforma del Titolo V, hanno
accentuato la centralità dell’attore regionale nella produzione delle politiche pubbliche e
contribuito alla creazione di sistemi di intervento regionali molto diversi tra loro, da cui
derivano grandi scarti nella fornitura di beni collettivi e nel corrispondente repertorio di
diritti soggettivi dei cittadini (Bifulco, de Leonardis, 2006).
In secondo luogo è a livello regionale, più ancora che a quello nazionale, che stanno
maturando, negli ultimi anni, forme di innovazione sociale e politica nel modo di
concepire le politiche per la transizione alla vita adulta o, più in generale, per
l’autonomia dei/delle giovani.
L’inadeguatezza dei sistemi di welfare nazionale, unita all’obsolescenza dei sistemi di
protezione sociale non costituiscono un punto di partenza con cui le politiche regionali
devono confrontarsi ma altresì una sfida: quella di elaborare, nei limiti delle proprie
competenze, sistemi di protezione e promozione più adeguati alle esigenze sociali
emergenti.
La ricerca, tuttora in fieri e di cui presentiamo i risultati della fase esplorativa, è volta ad
indagare quali strategie sono state messe in campo da alcuni attori regionali, in
particolare Puglia e Toscana, per far fronte alle problematiche richiamate in apertura.
Uno dei motivi che spinge ad osservare questi due territori è il recente processo di
“rottura” e rimodulazione delle politiche giovanili come politiche progressivamente più
integrate e trasversali. In queste regioni, inoltre, il tentativo di incidere sui vincoli
strutturali che inibiscono il pieno utilizzo della risorsa giovanile, è parte di una strategia
di contrasto alla crisi economica, in controtendenza con le scelte di altri ambiti regionali
ove, a fronte di una progressiva contrazione delle risorse, è corrisposto un parziale o
totale smantellamento delle - già scarse - misure esistenti.
                                            11
Partendo dall'ipotesi che le politiche per i giovani non possano essere separate dalle
 politiche per il mondo adulto, la ricerca ha preso in considerazione non soltanto le
 politiche giovanili propriamente dette ma altresì le politiche della formazione e del
 lavoro e le politiche abitative delle regioni selezionate. 36 Lo studio si è concentrato fino
 ad ora su un’osservazione puntuale delle politiche attivate (o in avvio), 37 nelle due
 regioni selezionate, con un fuoco sulle architetture istituzionali e una particolare
 attenzione al ruolo degli attori all’interno dei differenti modelli di governance.

      2.1   Politiche integrate per la transizione alla vita adulta

 È progressivamente più evidente come non sia possibile affrontare un tema
 strutturalmente complesso, quale quello dei rischi sociali connessi alla transizione alla
 vita adulta, con politiche settoriali separate dai tradizionali settori di intervento alla vita
 pubblica né, tantomeno, facendo ricorso a una sommatoria, peraltro spesso incompleta,
 di interventi frammentati. Tematiche quali il precariato e la scarsa occupazione, ad
 esempio, non sono soltanto un tema di sussidi o incentivi, ma di cambiamento nei
 modelli di regolazione del mercato del lavoro, educazione e formazione, politiche di
 supporto alla maternità, e altre misure cruciali per promuovere processi per l’inclusione.
 38

 Alla base di un investimento verso una maggiore integrazione tra politiche vi è inoltre il
 riconoscimento che la loro frammentazione, tanto per il mondo giovanile che per quello
 adulto, porta a una “dis-integrarazione”39 anche degli individui cui le diverse misure e
 interventi dovrebbero rivolgersi. Le rigidità del nostro sistema di welfare si traducono

36
   Non potendo concentrare l’attenzione su tutti gli ambiti della politica pubblica, abbiamo scelto quelli
che ci sembravano più interessanti, stanti le criticità riportate nella prima parte.
37
   Non è possibile, in questa fase, produrre un’analisi che vada molto oltre il disegno istituzionale delle
politiche per i/le giovani nelle due regioni in quanto tutte le azioni sono inserite in design istituzionali
recenti e tutt’altro che immobili. Le stesse misure sono ora in fase di avvio. Nelle pagine che seguono si
commenterà, di conseguenza, il disegno istituzionale delle nuove politiche per i giovani, arrivando a
tracciare delle linee di tendenza per il prosieguo della ricerca. Lo studio di fattibilità di cui presentiamo i
risultati e le prospettive di ricerca successive è stato svolto attraverso (1) interviste a testimoni qualificati
(principalmente dirigenti delle regioni interessate) e (2) una fitta analisi documentale, puntando a tracciare
gli assi portanti dell’azione regionale e a definire gli orientamenti che guidano l’azione pubblica nei
confronti dei giovani. La ricerca ha altresì preso in considerazione piani e programmi già conclusi, per
permettere di tracciare delle linee di tendenza e individuare gli elementi di rottura nonchè le forme di
apprendimento istituzionale in gioco. Nella fase successiva la ricerca prenderà in considerazione casi
studo di politiche integrate a livello locale.
38
        Younex,        Integrated      report     on       institutional     analysis,      dicembre      2009,
http://www.younex.unige.ch/index.html.
39
   Ringrazio Matteo Villa per il confronto su questo concetto.
                                                       12
spesso in insiemi di micro interventi sconnessi tra loro, che finiscono per creare
 disparità di trattamento tra individui con problematiche simili piuttosto che
 caratterizzarsi come vere e proprie politiche, ovvero interventi a carattere
 tendenzialmente universalistico, pensate per accompagnare l’individuo nelle sue diverse
 fasi di vita. L’impulso all’integrazione tra politiche diverse è sostenuta con forza
 dall’Unione Europea, che da tempo ha riconosciuto il bisogno di concepire le politiche
 giovanili come politiche trasversali e fortemente interconnesse, tanto a livello nazionale
 che regionale e locale.40 Il discorso pubblico sulle politiche giovanili, a livello
 nazionale41 e - in alcuni casi - regionale, ha recentemente assunto e riportato in primo
 piano il tema dell’integrazione. Si tratta tuttavia di un concetto “denso” e sfaccettato,
 declinato fino ad oggi in maniera piuttosto episodica, in ambiti e con forme molto
 diverse l’una dall’altra, e, in quanto tale, non privo di ambiguità e criticità.
 Che si tratti di politiche per l'agio o per il disagio, di empowering o di protezione
 sociale, l’integrazione dovrebbe caratterizzarsi come una “strategia per perseguire
 obiettivi comuni a diverse politiche” (Bifulco; de Leonardis, 2006, 31), facendo
 convergere materie di solito trattate indipendentemente l’una dall’altra, attori e logiche
 che procedono per conto proprio. Tali convergenze indurrebbero a ridefinire le materie
 stesse e le relative competenze, a creare forme di cooperazione e coesione tra attori
 diversi, tanto sul terreno operativo delle pratiche e degli interventi, che su quello
 gestionale delle scelte tecnico-amministrative, che sul terreno istituzionale, delle
 responsabilità politico-amministrative (Ibidem).
 Per “fare sistema” tra interventi e soggetti diversi, tuttavia, non bastano efficaci
 strumenti di coordinamento orizzontali, ma è altresì necessario coinvolgere altri livelli
 di governo,42e qui la prospettiva dell’integrazione si coniuga con l’imperativo della
 sussidiarietà.43 Per quanto attiene il livello locale, esso si presenta come una leva
 indispensabile, in quanto non individua solo lo spazio dove sono circoscritte le
 politiche, la loro azione e i loro effetti, ma anche la collettività di riferimento, il luogo in
 cui si combinano insieme i problemi e le risorse per affrontarli (Ibidem). I problemi
 emergono quando a livello locale - o regionale - “restano ‘impigliati’ diritti che solo la

40
   COM(2009)200: “An EU Strategy for Youth – Investing and Empowering. A renewed open method of
coordination to address youth challenges and opportunities”.
41
   Si veda “Italia 2020”, il Piano per l’occupabilità varato dal Governo nel 2010, che cita più volte, a
partire dal suo sottotitolo, il tema dell’integrazione (in questo caso, tra apprendimento e lavoro).
42
   Si pensi al Metodo Aperto di Coordinamento, promosso anche dall’Unione Europea (si veda, su questo,
Dehousse, 2004).
43
   Per quanto riguarda il livello locale, la ricerca prevede l’approfondimento di alcuni casi studio per
analizzare l’impatto delle politiche regionali.
                                                  13
capacità regolativa dello Stato può garantire” (Saraceno, 2005 p. 60).
 Nell’intento di osservare quali forme e modelli di integrazione possono prendere forma
 nei territori in esame - Puglia e Toscana – e se siano in grado di rispondere in maniera
 efficace alle questioni poste sopra, ci concentreremo, in particolare, nell’analisi di alcuni
 elementi:
 (1) gli approcci culturali di riferimento, i vocabolari che definiscono i problemi nonché i
 metodi attraverso i quali vengono individuati e tematizzati i bisogni dei giovani nelle
 politiche dei due territori.
     (2) In secondo luogo ci concentreremo sulle diverse forme di governance regionali e le
 posizioni che in esse assumono i differenti attori, in particolare i beneficiari, tanto
 diretti che indiretti, delle azioni. Un’attenzione particolare verrà dedicata al ruolo della
 popolazione giovanile e alle eventuali forme di innovazione nel modo di coinvolgere
 i/le giovani nella definizione delle politiche che li riguardano. Come sottolineato
 dall’European framework for youth policy promosso dal Consiglio d’Europa nel 2005,
 “youth policy is not merely the sum of actions taken by the different sectors towards
 young people, but rather a conscious and structured cross-sectoral policy of the youth
 field to co-operate with other sectors and co-ordinate services for youth involving young
 people themselves in the process”.44
 È possibile ad oggi parlare di politiche definite con i giovani nelle regioni in esame o si
 continua a parlare di politiche per i giovani? Come i giovani - in condizione di
 vulnerabilità, senza voce, e con uno scarso peso demografico - sono messi in condizione
 di esprimere i loro bisogni e quale potere hanno di farlo?
 (3) In terzo luogo riteniamo che, per analizzare tali politiche, sia fondamentale centrare
 l’attenzione sugli strumenti su cui fanno leva i processi di integrazione (Lascoumes, Le
 Galès, 2004) e i dispositivi organizzativi che regolano l’azione politica con i giovani.
 L’integrazione tra settori e saperi all’interno di sistemi di governance, infatti, non può
 essere imposta dall’alto e per via autoritaria ma dovrebbe dotarsi di strumenti di
 coordinamento e negoziazione45 che incentivano l’attivazione di più destinatari attorno
 alla produzione di politiche che insistono su materie diverse, pur vertendo su un
 obiettivo condiviso. La posta in gioco nella scelta e nell’uso degli strumenti non sta solo
 nel merito delle questioni trattate quanto nella produzione di cambiamenti a livello delle
44
   Siurala, Lasse (2005), European framework for youth policy, ed. Consiglio d’Europa, p.12, disponibile
su: youth-partnership-eu.coe.int.
45
   Il termine negoziazione richiama l’idea che politiche basate sulla progressiva costruzione di intese siano
preferibili e più efficaci di quelle fondate esclusivamente sul principio di autorità (Lascoumes e Le Galès,
2004; Bobbio 2000).
                                                     14
organizzazioni, nella promozione di processi di institution building (Donolo, 2002) e
apprendimento istituzionale. Non si tratta, ovviamente, semplicemente di strutturare il
più possibile la partecipazione degli attori attraverso tavoli e forme organizzative
complesse. Sappiamo che uno dei principali rischi è quello di creare “aggregazioni” di
tipo strumentale (March, Olsen, 1997), luoghi di concertazione e negoziazione scissa
dall’azione, incapaci di confrontarsi in maniera efficace con le tematiche cruciali per la
condizione giovanile contemporanea.
In sintesi, integrare politiche diverse non significa soltanto “metterle insieme tra loro”
ma è un processo complesso, che va dalla promozione della partecipazione e
dell’inclusione nelle decisioni di politica pubblica dei cosiddetti destinatari fino alla
revisione delle politiche di sviluppo di un territorio nel suo complesso.

                                            15
FIG.1: Le misure di politica giovanile di Puglia e Toscana. Nostra elaborazione

    TOSCANA                                                       PUGLIA
    GIOVANI Sì: 2011-2014                                         BOLLENTI SPIRITI: 2005-2011*
                                                                  FINANZIAMENTO: 22.564.000,00 euro
    FINANZIAMENTO: 2 ml di euro c.ca per il nuovo OBIETTIVI: "Mettere a sistema i vari progetti le linee di intervento
    Accordo di Programma Quadro con il Ministero della sulle politiche giovanili e fare delle giovani generazioni il vero
    Gioventù.                                                     motore della rinascita sociale, economica e culturale della regione
    OBIETTIVI: in fase di definizione.                            Puglia".
P   AZIONI:                                                       AZIONI:
    Il nuovo APQ dovrebbe prevedere:                              1) MOMArt - Motore Meridano delle Arti (il Teatro Kismet OperA
O
         - la costruzione di un’azione di sistema che si insieme a Libera gestiscono un bene recuperato alla mafia).
L            ponga a supporto di tutto il progetto Giovani Sì;
I        - una parte che si pone in continuità con il 2) Libera il Bene (promuove il recupero, la riconversione ed il riuso
T            precedente percorso di politiche giovanili, dei beni confiscati in Puglia alla criminalità organizzata, per scopi
I            Filigrane, che puntava a sviluppare progettualità sociali, economici e di tutela ambientale).
C            innovative sui territori, creare reti tra gli attori
             delle politiche giovanili e stimolare la 4) Principi attivi (finanzia gruppi informali di giovani che intendono
H            partecipazione alla costruzione dei progetti realizzare idee per la tutela e la valorizzazione del territorio, idee per
E            territoriali in un’ottica di sviluppo di comunità. lo sviluppo dell’economia della conoscenza e dell’innovazione, idee
                                                                  per l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva).
G
I                                                                 5) Laboratori urbani (edifici in disuso saranno ristrutturati, dotati di
                                                                  attrezzature, arredi e strumenti per diventare nuovi spazi pubblici per
O                                                                 i giovani. La gestione dei Laboratori Urbani è stata affidata con
V                                                                 bando pubblico ad organizzazioni giovanili).
A
N                                                                 * Le azioni qui segnalate sono quelle in corso e sono parte di un
I                                                                 insieme più complesso di azioni. È attualmente in fase di discussione
                                                                  la programmazione di Bollenti Spiriti 2012-2015, orientata a
L                                                                 mantenere alcuni delle azioni, quali “Principi attivi” anche attraverso
I                                                                 la nuova stipula dell’Accordo di Programma Quadro, con un fuoco
                                                                  più specifico sulle categorie di giovani socialmente più fragili.

P   GIOVANI Sì: 2011-2014                                         MISURE REGIONALI A SOSTEGNO DELLA CASA 2010 - 2011
O   FINANZIAMENTO: 45 ml di euro totali                           FINANZIAMENTO: 27 ml di euro
L                                                                 AZIONI:
    AZIONI:
I   1) Acquisto casa: Sostegno all'acquisto della prima casa,     1) Contributi ad imprese e cooperative edilizie per la costruzione e/o
T   che potrà contare su un fondo complessivo di 30 milioni       recupero di alloggi di edilizia convenzionata – agevolata.
I   di euro. L'idea è quella di stipulare un accordo con i
C   costruttori, in modo che dopo un periodo di locazione
H   massimo di 4 anni a canoni migliori di quelli di mercato
    il beneficiario possa avere la possibilità di trasformare
E   l’affitto in acquisto a prezzo agevolato. In questo caso è
    previsto un contributo al costruttore che aderisce al
A   progetto, pari a un massimo di 30mila euro in caso di
B   acquisto al termine dei quattro anni di locazione e un
I   contributo al giovane acquirente nell’ordine di 10.000
    euro.
T
A   2) Locazione: Il contributo sarà di 200 euro mensili su
T   tre anni per le coppie con figli, e di 150 euro mensili per
I   le coppie senza figli, single e giovani in convivenza
V   (studenti e lavoratori fuori sede).
E

                                                                  1
                                                                  16
TOSCANA                                                        PUGLIA
                         GIOVANI Sì: 2011-13                                            PIANO STRAORDINARIO PER IL LAVORO 2011

                         FINANZIAMENTO: 250,7 milioni di euro                           FINANZIAMENTO: 340 milioni di euro di cui 122,6 milioni di euro
                         OBIETTIVI: favorire i percorsi di transizione scuola-          dedicati espressamente ai giovani (per formazione, lavoro e impresa)
                         lavoro e di autonomia dei giovani toscani.                     OBIETTIVI: "Confermare tutti quei meccanismi che hanno già
                         AZIONI                                                         favorito l’alternanza e l’integrazione dei sistemi di istruzione,
                         1) stages retribuiti (attivazione di stages lavorativi co-     formazione e lavoro e la mobilità transnazionale di studenti,
                         finanziati da soggetti convenzionati al programma              disoccupati e lavoratori; sostenere la partecipazione al mercato del
                         regionale)                                                     lavoro e l’inserimento occupazionale tramite l’offerta di misure attive
                         2) Dote per assunzione giovani laureati (possibilità di        e preventive mirate in favore dei giovani; promuovere la
                         richiedere il contributo regionale in caso di successiva       partecipazione dei giovani nei settori creativi e innovativi; attuare
                         assunzione con contratto)                                      azioni di sistema per l’avvio di attività di lavoro autonomo, anche in
                         3) lavoratori atipici (Fondo di garanzia per lavoratori        forma di impresa..."
                         atipici per consentire loro l’accesso al credito)              AZIONI per Giovani:
                         4) servizio civile: bandi annuali relativi a diversi settori   1) “Ritorno al futuro” – 2011: erogazione di borse di studio ai giovani
                         quali sanità, pari opportunità, commercio equo e solidale      laureati per un periodo di alta formazione in Italia o all’estero con
                         ecc...)                                                        incentivi per il rientro in Puglia. L’azione è destinata ai giovani e alle
                         5) microcredito: finanziamento, tramite banche o               imprese, con le quali si intende formare un Catalogo di Enti registrati
                         intermediari finanziari, giovani imprenditori per crediti      (con esclusiva funzione di orientamento) e alle quali sarà erogata un
                         non superiori a € 15.000 a fronte di un investimento           sussido all’occupazione (dote) in caso di assunzione dei giovani al
                         massimo di € 20.000.                                           termine del percorso formativo.
                         6) prestito d'onore: attraverso un fondo di natura rotativa,   2) Diritti a scuola: finanziamento progetti extracurricolari nelle scuole
FORMAZIONE-OCCUPAZIONE

                         Fidi Toscana rilascerà garanzie gratuite a totale copertura    primarie e secondarie di primo grado per ridurre gli attuali livelli di
                         del rischio bancario per giovani in possesso di laurea, che    dispersione/abbandono scolastico agevolando l’integrazione
                         presentino un programma di studio fino ad una durata           scolastica degli alunni in difficoltà.
                         triennale ed un piano di copertura finanziaria delle spese.    3) Incentivi alle imprese che offrono formazione integrata e tirocini
                         7) imprenditoria giovanile: finanziamenti per PMI di           per i giovani inoccupati e disoccupati tra i 18 e i 25 anni. Incentivi
                         nuova costituzione con nuove metodologie per l’accesso         all’assunzione che arrivano a coprire il 50% del costo annuo per
                         ai finanziamenti. In programma una nuova legge che             contratti di durata non inferiore a 3 anni.
                         sosterrà con attenzione particolare l’imprenditoria            4) Alta formazione per l’apprendistato: rafforzamento delle
                         femminile.                                                     competenze di giovani laureati con contratto di apprendistato
                         8) giovani professionisti:fondo speciale per la                attraverso la realizzazione di master finalizzati alle specifiche
                         concessione di garanzie a favore di giovani professionisti     esigenze espresse da reti di imprese, distretti e filiere produttive.
                         o tirocinanti toscani giovani che vogliono avviare uno         5) Apprendistato professionalizzante: prosecuzione dell’attuazione
                         studio professionale.                                          della legge regionale sull’apprendistato professionalizzante.
                         9) giovani imprenditori agricoli: sostegno alla                6) Verso un sistema integrato di alta formazione interregionale:
                         costituzione di nuove imprese agricole condotte da             realizzazione di iniziative finalizzate a promuovere, sostenere e
                         giovani al di sotto dei 40 anni mediante una tantum di         rafforzare la cooperazione interregionale e interistituzionale al fine di
                         40mila euro per l’avvio, contributi per gli investimenti in    eliminare gli ostacoli alla mobilità geografica e professionale.
                         attività produttive, agriturismo, energie rinnovabili e        7) Reddito di continuità per i lavoratori atipici: Riconoscimento di un
                         attività sociali...).                                          sostegno al reddito di € 600,00 per sei mesi, connesso alla
                                                                                        partecipazione di un percorso formativo concordato con i CPI,
                         Azioni specifiche dal POR-FSE 2007-2013                        nell’ambito dell’azione di sistema Welfare to Work.
                         FINANZIAMENTO: 2 ml di euro                                    8) Microcredito: promuove l’accesso al microcredito di soggetti in
                         AZIONI:                                                        possesso di una buona idea di investimento ma normalmente
                         1) assegnazione di voucher di mobilità transnazionale a        considerati “non bancabili”, in quanto privi delle garanzie necessarie.
                         supporto di attività di lavoro all’estero.
                         2) voucher per master e dottorati di ricerca per lo sviluppo   AZIONI per giovani donne: Sviluppo dell’imprenditoria femminile;
                         di percorsi di ricerca, specializzazione, accrescimento        tirocini, corsi di formazione e incentivi all’assunzione per giovani
                         delle competenze professionali di giovani laureati e           italiane e immigrate; azioni di formazione con incentivi o obblighi
                         ricercatori.                                                   all’assunzione, azioni di conciliazione per donne disoccupate e
                                                                                        occupate, voucher per l’acquisto di servizi di cura e sostegno al
                         AZIONI per giovani donne                                       reddito e alla previdenza per donne lavoratrici.
                         Dote lavoro per assunzione a tempo indeterminato di
                         donne disoccupate da cumulare alla dote per l’assunzione
                         di giovani; carta formativa con buono da spendere per
                         azioni formative individualizzate; voucher per l’acquisto
                         di servizi di cura per minori, anziani e disabili.

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2.2 Puglia: Bollenti Spiriti e il Piano Straordinario per il Lavoro

 I fattori che spingono a considerare questa regione riguardano lo sviluppo piuttosto
 consolidato delle proprie politiche giovanili (prevalentemente attraverso il programma
 “Bollenti Spiriti”),46e la centralità conferita ai processi partecipativi all’interno delle
 stesse. A ciò si aggiunge l’attuale potenziamento delle misure di supporto all’autonomia
 giovanile in diversi ambiti di policy, e in particolare quelle inerenti la formazione, il
 lavoro e lo sviluppo economico (attraverso il “Piano Straordinario per il Lavoro”).47
 Il programma “Bollenti Spiriti” ha inizio nel 2005 e si inserisce in un vuoto di
 progettazione regionale delle politiche per i giovani. Verrà successivamente ampliato e
 potenziato grazie agli Accordi di Programma Quadro promossi, nel 2008, dal Ministero
 della Gioventù e siglati insieme alle Regioni e al Ministero dello Sviluppo economico.

          “Bollenti Spiriti è un' iniziativa di governo che deriva da una visione molto forte: considerare i
         giovani come risorsa, non problema, saltando a piè pari il tema del disagio” (Intervista
         funzionario Regione Puglia responsabile del programma).

 Parola chiave di questo processo è “partecipazione”, concetto che trova la sua
 espressione maggiore nell’azione più importante del programma: quella di “Principi
 attivi”, ovvero il finanziamento a progetti non semplicemente indirizzati ai giovani ma
 promossi e realizzati dai giovani stessi e indirizzati all’intera comunità:

         “I giovani smettono di essere un target delle politiche ma gli attori di un bene che interessa tutti.
         Abbiamo abbandonato lo slogan “politiche dei giovani per i giovani” per promuovere le idee dei
         giovani come risorsa per tutti” (Intervista funzionario della Regione Puglia, responsabile del
         programma).

 “Principi Attivi” finanzia in questi anni numerosi progetti in ambiti diversi: dalla ricerca
 scientifica, al turismo, all’innovazione tecnologica, all’inclusione sociale. Ogni progetto
 ha un esito diverso e non di rado è incentrato sulla creazione di opportunità di lavoro per
 coloro che vi prendono parte:

         “Ad esempio, in un piccolo borgo dei ragazzi hanno riaperto il castello e preso in mano la sua
         gestione. Le amministrazioni locali si sono accorte del valore del progetto per la comunità e
         l’hanno supportato, innescando un processo virtuoso. In altri casi non c’è stata la stessa
         sensibilità: per esempio un gruppo di ragazzi hanno effettuato una ricerca di viticultura e hanno
         addirittura sviluppato un brevetto. In altri posti probabilmente si sarebbe cercato di valorizzare al

46
   Si tratta del principale programma per le politiche giovanili della Regione Puglia. Per visualizzare le
misure e le azioni, anche concluse, si veda http://bollentispiriti.regione.puglia.it/.
47
   Si tratta del principale programma di politiche per il lavoro e lo sviluppo economico. Per visualizzare
le misure e le azioni, anche concluse, si veda http://www.regione.puglia.it/index.php?
page=calendario&opz=display&id=1044.
                                                     18
massimo questo lavoro. In questo caso il progetto si è esaurito dopo la sua conclusione, ma i
       ragazzi sono stati assunti all’interno dell’azienda vinicola dove hanno svolto parte dello studio.
       Per noi si tratta comunque di un esito positivo..” (Intervista funzionario della Regione Puglia
       responsabile del Programma).

Il programma, pur collocandosi all’interno di un assessorato ben preciso - Politiche
Giovanili, Cittadinanza Sociale e Attuazione del Programma - trova la sua genesi in una
ferma volontà politica del Presidente e, anche in ragione di questo posizionamento
politico, mantiene una posizione centrale all’interno dell’attività regionale.
La governance del progetto prevede una cabina di regia interna alla Regione Puglia con
uno staff dedicato a gestire le diverse azioni del programma. Punto di forza dello stesso
è l’aspetto comunicativo. Attraverso il ricorso ai nuovi media, lo staff riesce ad istaurare
un contatto diretto con i giovani pugliesi, che si interfacciano con la Regione in un
dialogo quasi “alla pari”, riuscendo ad intervenire anche sulla formulazione stessa dei
bandi a loro dedicati. Successivamente, l’informazione e lo scambio sui progetti, si sono
potute sviluppare anche ricorrendo ad incontri diretti sui territori, tanto di informazione
che di valutazione. La relazione instaurata con i giovani ha permesso di realizzare un
numero molto elevato di momenti di informazione e confronto organizzati dai giovani
stessi nelle realtà locali, che, oltre a costituire un’azione di promozione senza costi
aggiuntivi per l’ente, ha sicuramente il merito di aver portato ad un avvicinamento tra i
giovani e l’istituzione regionale, avviando un processo di “rigenerazione della
democrazia locale”(Bifulco, de Leonardis, 2006).
Il programma sembra presentare dunque alcuni interessanti standard di processo, quali,
ad esempio, la centralità dell’informazione e della comunicazione verso i giovani e la
capacità di improntare un canale comunicativo “a doppia entrata”, fatto di parola e di
ascolto. L’integrazione, per quanto attiene le politiche giovanili, si sviluppa
principalmente verso il basso, tra l’ente regionale e i singoli giovani, attorno ai quali
ruota un lavorio di reframing dell’azione politica stessa.
Il limite di questo approccio è probabilmente quello di affidare nelle mani del giovane il
compito di analizzare, “sintetizzare” e appropriarsi delle diverse opportunità (in perfetta
sintonia con il principio di attivazione), favorendo in tal senso gli attori socialmente più
“centrali” e lasciando in disparte al contrario, chi è più “periferico” (Milbrath,1965). Un
tema noto anche ai responsabili del programma che stanno valutando l’inserimento,
nella nuova programmazione di Bollenti Spiriti, di misure positive dedicate alle
categorie sociali più deboli.

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