Condizione giovanile e nuovi rischi sociali - Politiche regionali tra frammentazione e integrazione
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Condizione giovanile e nuovi rischi sociali Politiche regionali tra frammentazione e integrazione di Giulia Cordella
Working Paper Series /FVeP Autore: Giulia Cordella Pubblicazione mensile - Numero 1 (ottobre 2011) Comitato di Redazione: Riccardo Guidi (direttore), Giulio Sensi (redazione), Mariella Popolla (segreteria) Fondazione Volontariato e Partecipazione, Via Catalani 158, 55100, Lucca info@volontariatoepartecipazione.eu
Abstract La combinazione dei cambiamenti demografici, istituzionali (si pensi alla riforma del lavoro e a quella delle pensioni) e di mercato avvenute in Italia negli ultimi due decenni si accompagnano a un allargamento dello spazio sociale della vulnerabilità le cui conseguenze si riversano con particolare forza sulle generazioni più giovani. Tali elementi, uniti a un welfare nazionale tradizionalmente poco orientato verso i giovani, hanno influenzato la struttura dei vincoli e delle opportunità che regolano il passaggio alla vita adulta e reso più complesso il pieno raggiungimento dell’indipendenza dalla famiglia di origine. Il paper discute i primi risultati di una ricerca comparativa tra alcune regioni italiane 1 volta ad indagare se e come le politiche pubbliche si stiano attrezzando per far fronte a tali problematiche. Il contributo analizzerà in particolare il ruolo delle Regioni nella produzione di politiche e interventi di supporto all’autonomia dei/delle giovani, a partire da quelli più vulnerabili. L’analisi si divide in tre parti: nella prima parte verrà presentato il quadro teorico di riferimento e si analizzeranno alcuni indicatori che descrivono con efficacia le vulnerabilità della condizione giovanile. Nella seconda parte si osserverà come alcune regioni italiane - in particolare Puglia e Toscana - si stiano confrontando con tali problematiche, abbandonando un approccio settoriale a favore di una programmazione integrata degli interventi per le giovani generazioni. Nella terza parte, infine, si discuteranno le innovazioni e le ambiguità di tali misure, tratteggiando alcune ipotesi che saranno indagate nelle fasi successive della ricerca. 1 La ricerca, promossa dalla Regione Toscana, è curata dall’Istituto degli Innocenti e dalla Fondazione Volontariato e Partecipazione nell'ambito delle attività del Centro Regionale di Documentazione dell'Infanzia e dell'Adolescenza, istituito con la L.R. 31/2000. La ricerca è tuttora in fieri e l’analisi qui presentata sarà volta, di conseguenza, a mettere in luce prevalentemente le domande e alcuni nodi cruciali emersi fino a questo momento. 1
1. Vulnerabilità sociale e condizione giovanile: quali rischi sociali per i/le giovani? L’ormai ampio dibattito europeo sul tema delle vulnerabilità sociale ha contribuito a mettere in luce una molteplicità di variabili nell'analisi degli aspetti e dei meccanismi di fragilizzazione sociale. Quello di vulnerabilità resta tuttavia un concetto piuttosto fuggevole tanto nella sua definizione che nelle capacità di individuare risposte di fronte alla sua emersione. Di certo, alla radice del concetto, c'è la volontà di oltrepassare la dicotomia esclusione-inclusione per ricostruire i percorsi "grigi" (Beck, 1992) e le forme di marginalizazione più recenti, frutto dell'intreccio tra diversi fattori e spazialmente situate (Ranci, 2002). Si tratta di processi strutturalmente complessi, che nascono dall’incrocio tra la vecchia struttura delle disuguaglianze sociali e quelli che sono chiamati “nuovi rischi”, derivanti da un complesso posizionamento degli attori tra mercato del lavoro, famiglia di origine e i sistemi di welfare (Taylor-Gooby, 2004). In questa sede ci chiederemo quali sono gli effetti specifici che tali processi, uniti alla diminuzione del peso demografico della popolazione giovanile rispetto a quella anziana (il cosiddetto “degiovanimento”2), producono su un particolare gruppo di soggetti: quello dei “giovani” e, in particolare, dei “giovani adulti”.3 Si tratta di una categoria dai confini labili, descritta nell’immaginario collettivo come un gruppo intermedio, in bilico tra adolescenza e età adulta,4 tra esclusione e inclusione, tra autonomia e famiglia, tra strategie di exit e - scarse - possibilità di voice. Un’analisi sociale che restituisca la pluralizzazione delle caratteristiche e delle problematiche di tale gruppo sociale è ancora in divenire.5 Un primo punto di osservazione concerne dunque la concezione di gioventù che fa da sfondo alle diverse politiche che insistono su questa fascia di popolazione: da un lato si riscontra la tendenza a superare una visione della gioventù unicamente come uno stadio “di transizione” tra fasi ben scandite del processo di socializzazione dell’individuo, quanto piuttosto come una condizione e una tappa della 2 Cfr. Balduzzi e Rosina, 2008. 3 In questa sede prenderemo in considerazione in tale categoria individui tra i 18 e i 35 anni. 4 Intesa convenzionalmente come raggiungimento di alcuni traguardi della vita: l'indipendenza economica e abitativa dalla famiglia di origine, l'essere in grado di effettuare scelte libere circa la creazione di un proprio nucleo familiare e la procreazione. 5 Allo stato attuale le categorie più specifiche rimandano al concetto di “generazione”. Si individuano in particolare due segmenti di popolazione: la cosiddetta “Generazione x”, i nati tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, e i Millennials, ovvero coloro che raggiungono la maggiore età più o meno in corrispondenza del nuovo millennio (Howe, Strass, 2000). Per un approfondimento sulle caratteristiche di queste categorie si veda, tra gli altri, Balduzzi e Rosina, 2010. 2
vita a sé stante (Bendit, 2006).6 Dall’altro, la tradizionale concezione di giovinezza unicamente come categoria “in between”, continua in molti casi a fare da sfondo alla costruzione delle politiche pubbliche - tanto nazionali che locali - che si indirizzano a tale fascia di età (Ibidem). Tale visione fa da sfondo a una concezione lineare del processo di transizione verso l’adultità7 che si accompagna a fatica ai cambiamenti intervenuti nella condizione giovanile all’interno delle società post-industriali. Come noto, infatti, il processo di transizione alla vita adulta non soltanto si è allungato arrivando ad occupare una parte consistente della vita di un individuo, ma è diventato più complesso e diversificato: a seconda del contesto sociale infatti, ogni gruppo sperimenta ostacoli e opportunità diverse che daranno forma al proprio futuro (Bynner and Parsons, 2002) al punto da rendere individuabili specifiche strutture di transizione verso l’adultità8 (Casal, 1996; Walther, 2002 e 2006). In ragione di alcuni fenomeni quali l’allungamento del periodo di istruzione e formazione, la pluralizzazione degli stili di vita, la flessibilizzazione del mercato del lavoro, l’incremento dell’occupazione femminile, (ecc…), le tappe che segnano i passaggi cruciali verso l’età adulta sono di fatto sempre meno lineari e standardizzate. Se in parte ciò è attribuibile a una serie di mutamenti culturali che hanno reso meno irrigimentate le fasi di questo passaggio, ciò che in questo contesto prendiamo in considerazione sono gli ostacoli strutturali che hanno reso il raggiungimento di una condizione di autonomia sempre più tortuoso, nonché caratterizzato da un alto grado di reversibilità (ad esempio, a una fase di indipendenza economica e abitativa può seguire una fase di disoccupazione o sotto-occupazione con conseguente ritorno in carico alla famiglia di origine). A seguito di tali mutamenti la condizione di adulti non è più la tappa finale di un cammino prefissato che va dall’educazione al lavoro, alla formazione di una propria famiglia, ma un processo definito attraverso continue negoziazioni (Bendit, 2006). La negoziabilità di tale percorso, tuttavia, non è indolore perché si accompagna ad un’instabilità che non intacca solamente la sfera lavorativa ma in generale precarizza e rende labile tutte le sfere della vita privata (Boltanski, 2006). 6 La Regione Toscana, ad esempio, con la nuova rimodulazione delle politiche pubbliche per le giovani generazioni, è tra le prime a definire le politiche giovanili come politiche “per l’autonomia”. 7 Le tappe che segnano i passaggi cruciali della vita non si sviluppano più necessariamente in modo lineare (formazione - lavoro - formazione di una famiglia autonoma) ma seguono piuttosto percorsi frammentati, individualizzati e reversibili. 8 Walther ipotizza la coesistenza di tre strutture di transizione: 1) transizione lineare dall’adolescenza all’età adulta; 2) transizione come una fase di vita composta da prolungati e diversificati stadi intermedi 3) una transizione reversibile e frammentata, fatta di passi “avanti” cui seguono passi “indietro” (Walther 2002 e 2006) 3
A questo quadro si aggiungono le caratteristiche proprie del sistema di welfare italiano, che ha storicamente trascurato di investire in politiche che permettessero ai/alle giovani di sperimentare la propria autonomia, relegando le politiche giovanili in larga parte alla sfera culturale o ludico-ricreativa. Come si caratterizzano quindi i rischi che i giovani si trovano ad affrontare in questo contesto? Una prima osservazione attiene alla frequenza e alla durata di tali rischi: se nelle economie fordiste i rischi sociali erano caratterizzati da una frequenza limitata e da una circoscrizione nel tempo (Rosanvallon, 1997), ora tali rischi non sono più identificabili come "incidenti di percorso" (Ibidem), quanto piuttosto come ostacoli sistematici nel sistema di accesso a opportunità e risorse di scegliere la propria vita in autonomia. In questo quadro, come immaginabile, il rischio di esclusione non passa solo dalle difficoltà di ingresso o dall’espulsione dal mercato del lavoro ma anche dall’esclusione in altri ambiti della vita pubblica, quali la rappresentanza nella politica e nelle sedi di potere, nonché da un deterioramento della propria condizione psicologica.9 Certamente la possibilità di attraversare tali momenti di deprivazione - che potremmo definire psico-sociale - non comporta automaticamente il rimanervi intrappolati: tale rischio resta infatti più strettamente correlato alle condizioni di partenza e interessa solo una minoranza della popolazione giovanile. Il dato rilevante, tuttavia, è l’ampliamento dello spettro di persone che possono trovarsi ad affrontare tali situazioni nella propria vita e l’incremento del peso della variabile familiare, che si traduce inevitabilmente in un accentuarsi delle disuguaglianze in ambito sociale. Tali cambiamenti nella struttura di transizione alla vita adulta sono stati in gran parte negati dalle politiche, che continuano a fondare unicamente sul lavoro le opportunità di integrazione dei giovani (Walther, 2006) nonché l’accesso a entitlements, indennità e servizi (Borghi, van Berkel, 2005). Se l’allungamento dell’età giovanile è stata assunta anche all’interno delle politiche pubbliche che tendono a promuovere azioni che interessano i “giovani” fino a 34 - e talvolta fino a 40 anni-, non altrettanto si può dire per le restanti difficoltà sopra richiamate. 9 Potremmo riprendere numerosi esempi, in letteratura di analisi sugli effetti dell’incremento della vulnerabilità sociale sull’individuo: tra gli altri, Sennet parla di corrosione del carattere, Dejours e Ehrenberg parlano di sofferenza; Castel parla di disaffiliazione, Boltanski e Chiappello parlano di sfruttamento. 4
1.1 Funamboli senza rete: la condizione giovanile tra lavoro, famiglia e welfare Se, come abbiamo visto, i nuovi rischi sociali derivano dal posizionamento degli attori tra lavoro, famiglia e sistemi di welfare, pare opportuno prendere in considerazione alcuni indicatori che, all’interno di queste macro-aree, siano in grado di rendere visibile in quali ambiti si concentrino le principali sacche di vulnerabilità per poi passare ad analizzare, nella seconda parte del documento, quanto le politiche regionali si facciano carico di tali criticità e cerchino di darvi risposta attraverso politiche mirate. Il punto di partenza dell’analisi sulla condizione giovanile non può che riguardare il peso demografico delle giovani generazioni. Come evidenziato da Balduzzi e Rosina (2008), solo a inizio anni Novanta i giovani tra i 15 e i 24 anni erano quasi il doppio rispetto agli anziani tra i 65 e i 74 anni, mentre, secondo le previsioni Istat, le quote sono destinate ad invertirsi.10 Ovviamente tale scarsità demografica non si riflette soltanto nella progressiva diminuzione della popolazione nazionale in ragione del decremento della natalità11 ma fotografa altresì lo scarso peso politico ed elettorale dei/delle giovani.12 Lavoro La dimensione lavorativa resta certamente quella più critica da osservare, non soltanto in relazione ai tassi di occupazione/disoccupazione ma rispetto ai cambiamenti nella natura e nella qualità del lavoro stesso. In primo luogo è importante sottolineare che ci troviamo di fronte a una delle categorie più colpite dalla crisi economica: nel 2010 il tasso di occupazione tra i 18 e i 29 anni si attestava al 34,5%, il 13,3% in meno rispetto al 2008, anno di inizio della crisi.13 L’ingresso nel mondo del lavoro si fa sempre più complesso per disoccupati e inoccupati: le percentuali di entrata, dopo essere scese verticalmente tra il 2008 e il 2009 (-18%), hanno accusato un nuovo indebolimento (-6%), soprattutto nel Mezzogiorno14. Neppure il livello di istruzione elevata ha protetto i giovani dalla crisi: i 10 La percentuale di under 25 sul totale della popolazione non arriva neppure al 24% (si passa dal10% per la popolazione fino a 15 anni fino al 31% se consideriamo la popolazione fino a 30 anni) a fronte di una popolazione oltre i 65 anni pari al 21,7% del totale. Per un’analisi più puntuale di questo dato rimandiamo a Balduzzi e Rosina, 2010. 11 Il tasso di natalità, pari al 9,3 per mille, si presenta come il dato più basso dell’ultimo decennio, in diminuzione dell’1,2% rispetto al 2009, a fronte di un decremento del tasso di mortalità. 12 Cfr. ancora Rosina e Balduzzi, 2008. 13 Fonte: Rapporto Istat 2010. Se osserviamo i singoli anni vediamo che la flessione maggiore (8%) è avvenuta nel 2009 e ad essa è seguita una ulteriore flessione, seppur più contenuta, del 5,3%. 14 I dati fanno rilevare un incremento delle disparità regionali: nel 2010 era occupato circa un giovane su 5
tassi di occupazione sono diminuiti con intensità simile tra i giovani con basso titolo di studio (-2,8%) e quelli con la laurea (-2,1%). Aumenta anche la disoccupazione: nei giovani tra 15 e 24 anni il tasso si attesta attorno al 27,8% (un dato che sappiamo essere aumentato, nel 2011, fino al 28,9%), mentre scende all’11,9% nella fascia tra 25-34 anni, rispetto a una media nazionale dell’8,4%. Inoltre, negli ultimi anni acquista un rinnovato spessore la quota dai NEET ("not in education, employment or training"),15 che nel 2010 avevano superato i 2,1 milioni, (si tratta del 22,1% dei giovani nella fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni, un dato in aumento rispetto all’anno precedente)16. Tra i giovani al di fuori dei circuiti di formazione e lavoro il 65,5% è inattivo mentre il 34,5% è costituito da disoccupati. È stato provato come tale stato afferisca a una serie di condizioni “di partenza” 17 (Bynner and Parsons, 2002) che rendono tale indicatore particolarmente esplicativo dei rischi sociali che interessano una parte della popolazione giovanile e in grado di fornire una fotografia più rappresentativa dei soli tassi di disoccupazione e occupazione. Il dato nuovo è che la condizione di NEET permane nel tempo: oltre la metà resta tale per almeno due anni.18 Una quota sempre più alta di giovani scivola, in particolare nel Mezzogiorno, verso l'inattività prolungata, vissuta il più delle volte nella famiglia di origine, e verso bassi livelli di integrazione sociale, soprattutto per coloro che appartengono alle classi sociali meno agiate.19 La perdita e la mancanza del lavoro riguarda dunque un bacino di giovani più ampio rispetto al più recente passato, con tempi di permanenza dilatati e fenomeni di scoraggiamento ed espulsione dal mercato. Sapendo che il tasso di occupazione, per le caratteristiche intrinseche al sistema di rilevazione, raccoglie solo la punta più visibile del fenomeno, e che precarietà e disoccupazione sono fenomeni strettamente intrecciati l’uno all’altro, riteniamo due nel Nord e meno di tre su dieci nel Sud. 15 Ci serviamo di utilizzare tale categoria perché riteniamo che sia dotata di alto valore esplicativo, per quanto oggetto di critiche per la sua incapacità di definire, se non “in negativo” i giovani a cui si applica (Yates and Payne, 2006). 16 Nel 2009 il dato si attestava al 20,5%. 17 Bynner and Parsons (2002) hanno individuato, tra gli elementi che determinano la condizione di Neet il background socioeconomico della famiglia, l’istruzione, l’interesse della famiglia nei processi formativi, l’area di residenza e l’attitudine allo studio, il genere. Inoltre, ricerche condotte dall’allora Dipartimento dell’educazione della Gran Bretagna, hanno individuato alcuni fattori connessi alla condizione di Neet, tra cui il basso livello di istruzione, l’abbandono scolastico, il basso profilo occupazionale dei genitori, avere figli in età prematura, l’uscita dalla famiglia di origine, la presenza di problemi di salute o disabilità (Robson, 2008). 18 Fonte: Rapporto Istat 2010. 19 Tra questi il 40% abbandona prematuramente la scuola, alimentando un'area di emarginazione i cui costi non tarderanno a diventare evidenti 6
importante considerare, inoltre, di quale tipo di lavoro si parla. I dati mostrano un incremento della precarietà: la quota di lavoratori con contratti a tempo determinato o collaborazioni ha raggiunto, nel 2010 il 30,8% del totale dei giovani occupati tra i 15 e i 29 anni,20 mantenendosi oltre il milione di unità, un dato in crescita del 9,2% rispetto all’anno precedente.21 Il fenomeno, inoltre, favorisce l'espulsione dal mondo del lavoro22 e influisce negativamente sui salari che si attestano, per la popolazione tra 15 e 34 anni, attorno ai 1.074 euro mensili,23 il 24% in meno della retribuzione di un dipendente standard a tempo pieno.24 Un accenno va alla condizione dei migranti, che sono stati colpiti con particolare forza dall’aumento della disoccupazione: nel 2010 la disoccupazione censita sale al 13% 25 per gli immigrati e colpisce in maggior misura coloro che erano già precedentemente occupati (+9,6%) rispetto agli inattivi (+3,9%). Anche per quanto attiene ai salari, persistono forti discrepanze rispetto ai coetanei italiani e la differenza retributiva aumenta con il titolo di studio (un laureato straniero guadagna mediamente il 30% in meno di un suo coetaneo italiano). Famiglia Un secondo ambito di osservazione della condizione giovanile deve riguardare l’autonomia dalla famiglia di origine, la propensione alla costruzione di un nucleo autonomo e alla procreazione. Come noto, i giovani italiani presentano un grave ritardo rispetto ai coetanei europei con riferimento a questi tre ambiti. Sono 7 milioni i giovani celibi e nubili, con età compresa tra i 18 e i 34 anni, che nel 2009 vivono ancora all’interno della famiglia, pari al 58,6% dei giovani di questa fascia di età.26 Tra i giovani che vivono ancora in famiglia, il 93% sono ancora in formazione, il 70,5% sono in cerca di lavoro e il 47% sono occupati, anche in modo stabile. La crisi occupazionale ha aggravato questo dato: un confronto temporale, anche se limitato agli ultimi 5 anni, indica che, dopo un periodo di sostanziale stabilità, in un solo 20 Fonte: Rapporto Istat 2010. Il dato scende al 30% se consideriamo i giovani fino a 34 anni (Fonte: elaborazione Datagiovani su dati Istat 2010). 21 Fonte: elaborazione Datagiovani su dati Istat 2010. 22 È interessante notare come, nel 2010 su 100 giovani che hanno perso il lavoro, la metà sono transitati nella disoccupazione, 34 nella cosiddetta zona grigia e 16 nell’inattività. Fonte: Rapporto Istat 2010. 23 Fonte: Elaborazione Datagiovani su dati Istat 2010. La percentuale scende al 59,2% se si considerano soltanto i 25-29enni e al 28,9% se si considerano soltanto i 30-34enni. 24 Fonte: Rapporto Istat 2010. 25 Sappiamo tuttavia che buona parte della manodopera è occupata nel sommerso ove aumentano sacche di disoccupazione totalmente prive di diritti e tutele. 26 Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie, dati 2009. 7
anno (dal 2008 al 2009) è aumentato il numero dei giovani celibi o nubili che vivono in famiglia e sono in cerca di occupazione.27 La famiglia di origine, dunque, conferma la sua funzione di dispensatore di protezione sociale (Ferrera, 1996) sia attraverso trasferimenti monetari ai figli, che attraverso la fornitura di servizi, in particolar modo abitativi. Il fatto che essa costituisca il pressoché esclusivo strumento di promozione e ammortizzazione sociale dei giovani, inibisce la mobilità sociale e “rende il sistema italiano non solo più iniquo, ma anche meno dinamico ed efficiente”(Rosina, 2011, 3). Sistemi di welfare In una situazione di crisi economica, il modello di welfare italiano, caratterizzato da un’elevata spesa per trasferimenti pensionistici e da una quota residuale a favore del lavoro, delle famiglie e delle misure di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, manifesta in modo sempre più evidente la sua incapacità di fornire risposte adeguate ai bisogni delle giovani generazioni. Nel 2008 l’Italia si collocava all’ultimo posto tra i paesi Ue per le risorse destinate al sostegno del reddito, alle misure di contrasto alla povertà o alle prestazioni a favore di persone a rischio di esclusione sociale. Il nostro Paese infatti, alloca solo lo 0,2 per cento per questa funzione, mentre in Europa essa assorbe l’1,4 per cento dell’intera spesa per prestazioni di protezione sociale.28 Più in generale, si può affermare che la spesa per protezione sociale sul Pil, togliendo la parte destinata alle pensioni, è un terzo in meno rispetto alla media europea (Balduzzi, Rosina, 2008). Anche le risorse per la funzione di spesa destinata alle politiche di sostentamento nei casi di disoccupazione o per le politiche attive finalizzate alla formazione per il reinserimento nel mercato del lavoro in Italia, sono inferiori alla media europea: per questa voce, il nostro Paese stanzia meno del 2% dell’intera spesa per la protezione sociale, mentre in Europa a questa funzione è destinato il 5,2%.29 Per quanto riguarda le forme di protezione sociale per i giovani, in generale, a livello nazionale non esistono politiche specifiche di supporto all’occupazione e all’inclusione sociale.30 Anche la Banca d’Italia riconosce che, sebbene l’estensione degli ammortizzatori sociali abbia significativamente contribuito a limitare gli effetti della 27 Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie, dati 2009. 28 Fonte: Rapporto Istat 2010; dati Eurostat, Esspros database, 2008. 29 Fonte: Rapporto Istat 2010; dati Eurostat, Esspros database, 2008. 30 Younex, Integrated report on institutional analysis, dicembre 2009, http://www.younex.unige.ch/index.html 8
crisi sull’occupazione e sui redditi, l’assenza di un sistema universale di protezione sociale ha penalizzato molti giovani, che sono più esposti alla perdita del lavoro e che hanno meno requisiti per accedere agli strumenti di welfare disponibili.31 Ai bassi livelli di supporto al reddito si aggiunga la disparità di trattamento nel supporto alla maternità e paternità (intesa come durata dei permessi di maternità e supporti in denaro),32 che, ancora una volta, penalizza le lavoratrici con contratti atipici e precari. Anche le politiche di conciliazione penalizzano la situazione di precarietà e di coloro che sono privi di una rete di supporto informale. È quest’ultima, infatti, il principale supporto dei giovani genitori, mentre la disponibilità di servizi pubblici appare ancora insufficiente (il 40% dei bambini che vanno al nido frequentano una struttura privata). Nonostante il cospicuo stanziamento in ambito pensionistico rispetto alle restanti voci della spesa sociale, l’Italia si presenta altresì con un sistema previdenziale iniquo, con un forte divario di requisiti e trattamento pensionistico tra le vecchie e le giovani generazioni: coloro che sono nati dopo il 1970 portano sulle spalle, infatti, l’onere più gravoso delle politiche di riequilibrio strutturale della finanza pubblica attuate negli ultimi vent’anni (Rosolia, Torrini, 2007) È inoltre fondamentale ricordare che sulle giovani generazioni pesa una quota di debito pubblico consistente, ereditato dalle generazioni precedenti. Negli ultimi anni, il debito è rimasto sistematicamente sopra quota 104% del PIL: uno dei rapporti più gravosi del mondo occidentale (la media Eu-15 è pari al 65%). L’investimento sulle giovani generazioni pare bloccato inoltre da alcuni dati politici quali l’età media più elevata della classe dirigente. 1.2 Svantaggi “al femminile” Come noto, all’interno del contesto sopra delineato, vi sono categorie che presentano alcuni svantaggi strutturali ben precisi, tra cui pare interessante sottolineare, seppur brevemente, quello di genere: - La disoccupazione rimane più elevata per le ragazze rispetto ai ragazzi.33 - Si riscontra un peggioramento della qualità del lavoro femminile qualificata a fronte 31 Banca d’Italia, relazione di Fabrizio Saccomanni al 41° convegno dei giovani di Confindustria. 32 Younex, Integrated report on institutional analysis, dicembre 2009, http://www.younex.unige.ch/index.html 33 La disoccupazione sale al 29,4% nella fascia 15-24 (+3,4% rispetto ai coetanei maschi) e al 14% nella fascia 25-34 (+3,6 rispetto ai coetanei maschi). Fonte: Rapporto Istat 2010. 9
di quella non qualificata. - La nascita del primo figlio appare ritardata (l’età media è 30 anni per le donne nate nel 1970) e aumenta anche la quota di coloro che non hanno figli: secondo le stime più recenti, alla fine del percorso riproduttivo, a non aver avuto figli sarà circa il 20 per cento delle donne nate nel 1970. - Si registrano alti tassi di abbandono del lavoro a seguito della nascita del primo figlio: la percentuale di donne nate dopo il 1973 che lasciano il lavoro a seguito di una maternità è del 14% e, complessivamente, il 25,7% degli abbandoni avviene per motivi familiari.34 - Il part-time femminile in Italia raggiunge un tasso elevato, più che doppio rispetto alla media europea .35 Gli indicatori brevemente richiamati tracciano un quadro a tinte fosche e una direzione di marcia opposta a quella indicata nella Strategia di Lisbona - che vorrebbe, a seguito del decremento della popolazione giovanile, un investimento sulla “qualità” di tale capitale umano - con effetti che, salvo una rapida inversione di marcia, si manifesteranno in maniera dirompente nel prossimo futuro. 34 Fonte: Istat, Indagine multiscopo “Famiglie e soggetti sociali”, 2009. In generale, tra le madri costrette a lasciare il lavoro in occasione o a seguito di una gravidanza, solo il 40,7% ha poi ripreso l’attività, e le opportunità di riprendere a lavorare non sono le stesse in tutto il Paese: su 100 madri licenziate o indotte a dimettersi, riprendono a lavorare 51 nel Nord e soltanto 23 nel Mezzogiorno. 35 Nel 2009 la quota delle donne italiane che dichiaravano di svolgere un part-time involontario risultata più che doppia di quella dell’Ue (42,7 contro 22,3 per cento). In Italia, invece, l’elevata presenza del part- time involontario avvalora l’ipotesi che l’utilizzo della flessibilità oraria risponda più alle esigenze delle imprese che a quelle di conciliazione de tempi di vita. 10
2. Politiche regionali per le giovani generazioni. Quale integrazione possibile? Dopo una breve rassegna delle principali problematicità che interessano la condizione giovanile contemporanea ci chiediamo, in questa seconda parte, se e come le politiche riescano ad individuare risposte efficaci concentrandoci, in particolare, sul ruolo dell’attore regionale. La scelta del livello di osservazione regionale si presenta particolarmente interessante per almeno due motivi: in primo luogo permette di mettere in evidenza la profonda diversità di accesso a diritti e opportunità connesse alla diversificazione dei sistemi territoriali di welfare. Alcune riforme, infatti, unite alle competenze già in possesso dei singoli Enti a partire dalla riforma del Titolo V, hanno accentuato la centralità dell’attore regionale nella produzione delle politiche pubbliche e contribuito alla creazione di sistemi di intervento regionali molto diversi tra loro, da cui derivano grandi scarti nella fornitura di beni collettivi e nel corrispondente repertorio di diritti soggettivi dei cittadini (Bifulco, de Leonardis, 2006). In secondo luogo è a livello regionale, più ancora che a quello nazionale, che stanno maturando, negli ultimi anni, forme di innovazione sociale e politica nel modo di concepire le politiche per la transizione alla vita adulta o, più in generale, per l’autonomia dei/delle giovani. L’inadeguatezza dei sistemi di welfare nazionale, unita all’obsolescenza dei sistemi di protezione sociale non costituiscono un punto di partenza con cui le politiche regionali devono confrontarsi ma altresì una sfida: quella di elaborare, nei limiti delle proprie competenze, sistemi di protezione e promozione più adeguati alle esigenze sociali emergenti. La ricerca, tuttora in fieri e di cui presentiamo i risultati della fase esplorativa, è volta ad indagare quali strategie sono state messe in campo da alcuni attori regionali, in particolare Puglia e Toscana, per far fronte alle problematiche richiamate in apertura. Uno dei motivi che spinge ad osservare questi due territori è il recente processo di “rottura” e rimodulazione delle politiche giovanili come politiche progressivamente più integrate e trasversali. In queste regioni, inoltre, il tentativo di incidere sui vincoli strutturali che inibiscono il pieno utilizzo della risorsa giovanile, è parte di una strategia di contrasto alla crisi economica, in controtendenza con le scelte di altri ambiti regionali ove, a fronte di una progressiva contrazione delle risorse, è corrisposto un parziale o totale smantellamento delle - già scarse - misure esistenti. 11
Partendo dall'ipotesi che le politiche per i giovani non possano essere separate dalle politiche per il mondo adulto, la ricerca ha preso in considerazione non soltanto le politiche giovanili propriamente dette ma altresì le politiche della formazione e del lavoro e le politiche abitative delle regioni selezionate. 36 Lo studio si è concentrato fino ad ora su un’osservazione puntuale delle politiche attivate (o in avvio), 37 nelle due regioni selezionate, con un fuoco sulle architetture istituzionali e una particolare attenzione al ruolo degli attori all’interno dei differenti modelli di governance. 2.1 Politiche integrate per la transizione alla vita adulta È progressivamente più evidente come non sia possibile affrontare un tema strutturalmente complesso, quale quello dei rischi sociali connessi alla transizione alla vita adulta, con politiche settoriali separate dai tradizionali settori di intervento alla vita pubblica né, tantomeno, facendo ricorso a una sommatoria, peraltro spesso incompleta, di interventi frammentati. Tematiche quali il precariato e la scarsa occupazione, ad esempio, non sono soltanto un tema di sussidi o incentivi, ma di cambiamento nei modelli di regolazione del mercato del lavoro, educazione e formazione, politiche di supporto alla maternità, e altre misure cruciali per promuovere processi per l’inclusione. 38 Alla base di un investimento verso una maggiore integrazione tra politiche vi è inoltre il riconoscimento che la loro frammentazione, tanto per il mondo giovanile che per quello adulto, porta a una “dis-integrarazione”39 anche degli individui cui le diverse misure e interventi dovrebbero rivolgersi. Le rigidità del nostro sistema di welfare si traducono 36 Non potendo concentrare l’attenzione su tutti gli ambiti della politica pubblica, abbiamo scelto quelli che ci sembravano più interessanti, stanti le criticità riportate nella prima parte. 37 Non è possibile, in questa fase, produrre un’analisi che vada molto oltre il disegno istituzionale delle politiche per i/le giovani nelle due regioni in quanto tutte le azioni sono inserite in design istituzionali recenti e tutt’altro che immobili. Le stesse misure sono ora in fase di avvio. Nelle pagine che seguono si commenterà, di conseguenza, il disegno istituzionale delle nuove politiche per i giovani, arrivando a tracciare delle linee di tendenza per il prosieguo della ricerca. Lo studio di fattibilità di cui presentiamo i risultati e le prospettive di ricerca successive è stato svolto attraverso (1) interviste a testimoni qualificati (principalmente dirigenti delle regioni interessate) e (2) una fitta analisi documentale, puntando a tracciare gli assi portanti dell’azione regionale e a definire gli orientamenti che guidano l’azione pubblica nei confronti dei giovani. La ricerca ha altresì preso in considerazione piani e programmi già conclusi, per permettere di tracciare delle linee di tendenza e individuare gli elementi di rottura nonchè le forme di apprendimento istituzionale in gioco. Nella fase successiva la ricerca prenderà in considerazione casi studo di politiche integrate a livello locale. 38 Younex, Integrated report on institutional analysis, dicembre 2009, http://www.younex.unige.ch/index.html. 39 Ringrazio Matteo Villa per il confronto su questo concetto. 12
spesso in insiemi di micro interventi sconnessi tra loro, che finiscono per creare disparità di trattamento tra individui con problematiche simili piuttosto che caratterizzarsi come vere e proprie politiche, ovvero interventi a carattere tendenzialmente universalistico, pensate per accompagnare l’individuo nelle sue diverse fasi di vita. L’impulso all’integrazione tra politiche diverse è sostenuta con forza dall’Unione Europea, che da tempo ha riconosciuto il bisogno di concepire le politiche giovanili come politiche trasversali e fortemente interconnesse, tanto a livello nazionale che regionale e locale.40 Il discorso pubblico sulle politiche giovanili, a livello nazionale41 e - in alcuni casi - regionale, ha recentemente assunto e riportato in primo piano il tema dell’integrazione. Si tratta tuttavia di un concetto “denso” e sfaccettato, declinato fino ad oggi in maniera piuttosto episodica, in ambiti e con forme molto diverse l’una dall’altra, e, in quanto tale, non privo di ambiguità e criticità. Che si tratti di politiche per l'agio o per il disagio, di empowering o di protezione sociale, l’integrazione dovrebbe caratterizzarsi come una “strategia per perseguire obiettivi comuni a diverse politiche” (Bifulco; de Leonardis, 2006, 31), facendo convergere materie di solito trattate indipendentemente l’una dall’altra, attori e logiche che procedono per conto proprio. Tali convergenze indurrebbero a ridefinire le materie stesse e le relative competenze, a creare forme di cooperazione e coesione tra attori diversi, tanto sul terreno operativo delle pratiche e degli interventi, che su quello gestionale delle scelte tecnico-amministrative, che sul terreno istituzionale, delle responsabilità politico-amministrative (Ibidem). Per “fare sistema” tra interventi e soggetti diversi, tuttavia, non bastano efficaci strumenti di coordinamento orizzontali, ma è altresì necessario coinvolgere altri livelli di governo,42e qui la prospettiva dell’integrazione si coniuga con l’imperativo della sussidiarietà.43 Per quanto attiene il livello locale, esso si presenta come una leva indispensabile, in quanto non individua solo lo spazio dove sono circoscritte le politiche, la loro azione e i loro effetti, ma anche la collettività di riferimento, il luogo in cui si combinano insieme i problemi e le risorse per affrontarli (Ibidem). I problemi emergono quando a livello locale - o regionale - “restano ‘impigliati’ diritti che solo la 40 COM(2009)200: “An EU Strategy for Youth – Investing and Empowering. A renewed open method of coordination to address youth challenges and opportunities”. 41 Si veda “Italia 2020”, il Piano per l’occupabilità varato dal Governo nel 2010, che cita più volte, a partire dal suo sottotitolo, il tema dell’integrazione (in questo caso, tra apprendimento e lavoro). 42 Si pensi al Metodo Aperto di Coordinamento, promosso anche dall’Unione Europea (si veda, su questo, Dehousse, 2004). 43 Per quanto riguarda il livello locale, la ricerca prevede l’approfondimento di alcuni casi studio per analizzare l’impatto delle politiche regionali. 13
capacità regolativa dello Stato può garantire” (Saraceno, 2005 p. 60). Nell’intento di osservare quali forme e modelli di integrazione possono prendere forma nei territori in esame - Puglia e Toscana – e se siano in grado di rispondere in maniera efficace alle questioni poste sopra, ci concentreremo, in particolare, nell’analisi di alcuni elementi: (1) gli approcci culturali di riferimento, i vocabolari che definiscono i problemi nonché i metodi attraverso i quali vengono individuati e tematizzati i bisogni dei giovani nelle politiche dei due territori. (2) In secondo luogo ci concentreremo sulle diverse forme di governance regionali e le posizioni che in esse assumono i differenti attori, in particolare i beneficiari, tanto diretti che indiretti, delle azioni. Un’attenzione particolare verrà dedicata al ruolo della popolazione giovanile e alle eventuali forme di innovazione nel modo di coinvolgere i/le giovani nella definizione delle politiche che li riguardano. Come sottolineato dall’European framework for youth policy promosso dal Consiglio d’Europa nel 2005, “youth policy is not merely the sum of actions taken by the different sectors towards young people, but rather a conscious and structured cross-sectoral policy of the youth field to co-operate with other sectors and co-ordinate services for youth involving young people themselves in the process”.44 È possibile ad oggi parlare di politiche definite con i giovani nelle regioni in esame o si continua a parlare di politiche per i giovani? Come i giovani - in condizione di vulnerabilità, senza voce, e con uno scarso peso demografico - sono messi in condizione di esprimere i loro bisogni e quale potere hanno di farlo? (3) In terzo luogo riteniamo che, per analizzare tali politiche, sia fondamentale centrare l’attenzione sugli strumenti su cui fanno leva i processi di integrazione (Lascoumes, Le Galès, 2004) e i dispositivi organizzativi che regolano l’azione politica con i giovani. L’integrazione tra settori e saperi all’interno di sistemi di governance, infatti, non può essere imposta dall’alto e per via autoritaria ma dovrebbe dotarsi di strumenti di coordinamento e negoziazione45 che incentivano l’attivazione di più destinatari attorno alla produzione di politiche che insistono su materie diverse, pur vertendo su un obiettivo condiviso. La posta in gioco nella scelta e nell’uso degli strumenti non sta solo nel merito delle questioni trattate quanto nella produzione di cambiamenti a livello delle 44 Siurala, Lasse (2005), European framework for youth policy, ed. Consiglio d’Europa, p.12, disponibile su: youth-partnership-eu.coe.int. 45 Il termine negoziazione richiama l’idea che politiche basate sulla progressiva costruzione di intese siano preferibili e più efficaci di quelle fondate esclusivamente sul principio di autorità (Lascoumes e Le Galès, 2004; Bobbio 2000). 14
organizzazioni, nella promozione di processi di institution building (Donolo, 2002) e apprendimento istituzionale. Non si tratta, ovviamente, semplicemente di strutturare il più possibile la partecipazione degli attori attraverso tavoli e forme organizzative complesse. Sappiamo che uno dei principali rischi è quello di creare “aggregazioni” di tipo strumentale (March, Olsen, 1997), luoghi di concertazione e negoziazione scissa dall’azione, incapaci di confrontarsi in maniera efficace con le tematiche cruciali per la condizione giovanile contemporanea. In sintesi, integrare politiche diverse non significa soltanto “metterle insieme tra loro” ma è un processo complesso, che va dalla promozione della partecipazione e dell’inclusione nelle decisioni di politica pubblica dei cosiddetti destinatari fino alla revisione delle politiche di sviluppo di un territorio nel suo complesso. 15
FIG.1: Le misure di politica giovanile di Puglia e Toscana. Nostra elaborazione TOSCANA PUGLIA GIOVANI Sì: 2011-2014 BOLLENTI SPIRITI: 2005-2011* FINANZIAMENTO: 22.564.000,00 euro FINANZIAMENTO: 2 ml di euro c.ca per il nuovo OBIETTIVI: "Mettere a sistema i vari progetti le linee di intervento Accordo di Programma Quadro con il Ministero della sulle politiche giovanili e fare delle giovani generazioni il vero Gioventù. motore della rinascita sociale, economica e culturale della regione OBIETTIVI: in fase di definizione. Puglia". P AZIONI: AZIONI: Il nuovo APQ dovrebbe prevedere: 1) MOMArt - Motore Meridano delle Arti (il Teatro Kismet OperA O - la costruzione di un’azione di sistema che si insieme a Libera gestiscono un bene recuperato alla mafia). L ponga a supporto di tutto il progetto Giovani Sì; I - una parte che si pone in continuità con il 2) Libera il Bene (promuove il recupero, la riconversione ed il riuso T precedente percorso di politiche giovanili, dei beni confiscati in Puglia alla criminalità organizzata, per scopi I Filigrane, che puntava a sviluppare progettualità sociali, economici e di tutela ambientale). C innovative sui territori, creare reti tra gli attori delle politiche giovanili e stimolare la 4) Principi attivi (finanzia gruppi informali di giovani che intendono H partecipazione alla costruzione dei progetti realizzare idee per la tutela e la valorizzazione del territorio, idee per E territoriali in un’ottica di sviluppo di comunità. lo sviluppo dell’economia della conoscenza e dell’innovazione, idee per l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva). G I 5) Laboratori urbani (edifici in disuso saranno ristrutturati, dotati di attrezzature, arredi e strumenti per diventare nuovi spazi pubblici per O i giovani. La gestione dei Laboratori Urbani è stata affidata con V bando pubblico ad organizzazioni giovanili). A N * Le azioni qui segnalate sono quelle in corso e sono parte di un I insieme più complesso di azioni. È attualmente in fase di discussione la programmazione di Bollenti Spiriti 2012-2015, orientata a L mantenere alcuni delle azioni, quali “Principi attivi” anche attraverso I la nuova stipula dell’Accordo di Programma Quadro, con un fuoco più specifico sulle categorie di giovani socialmente più fragili. P GIOVANI Sì: 2011-2014 MISURE REGIONALI A SOSTEGNO DELLA CASA 2010 - 2011 O FINANZIAMENTO: 45 ml di euro totali FINANZIAMENTO: 27 ml di euro L AZIONI: AZIONI: I 1) Acquisto casa: Sostegno all'acquisto della prima casa, 1) Contributi ad imprese e cooperative edilizie per la costruzione e/o T che potrà contare su un fondo complessivo di 30 milioni recupero di alloggi di edilizia convenzionata – agevolata. I di euro. L'idea è quella di stipulare un accordo con i C costruttori, in modo che dopo un periodo di locazione H massimo di 4 anni a canoni migliori di quelli di mercato il beneficiario possa avere la possibilità di trasformare E l’affitto in acquisto a prezzo agevolato. In questo caso è previsto un contributo al costruttore che aderisce al A progetto, pari a un massimo di 30mila euro in caso di B acquisto al termine dei quattro anni di locazione e un I contributo al giovane acquirente nell’ordine di 10.000 euro. T A 2) Locazione: Il contributo sarà di 200 euro mensili su T tre anni per le coppie con figli, e di 150 euro mensili per I le coppie senza figli, single e giovani in convivenza V (studenti e lavoratori fuori sede). E 1 16
TOSCANA PUGLIA GIOVANI Sì: 2011-13 PIANO STRAORDINARIO PER IL LAVORO 2011 FINANZIAMENTO: 250,7 milioni di euro FINANZIAMENTO: 340 milioni di euro di cui 122,6 milioni di euro OBIETTIVI: favorire i percorsi di transizione scuola- dedicati espressamente ai giovani (per formazione, lavoro e impresa) lavoro e di autonomia dei giovani toscani. OBIETTIVI: "Confermare tutti quei meccanismi che hanno già AZIONI favorito l’alternanza e l’integrazione dei sistemi di istruzione, 1) stages retribuiti (attivazione di stages lavorativi co- formazione e lavoro e la mobilità transnazionale di studenti, finanziati da soggetti convenzionati al programma disoccupati e lavoratori; sostenere la partecipazione al mercato del regionale) lavoro e l’inserimento occupazionale tramite l’offerta di misure attive 2) Dote per assunzione giovani laureati (possibilità di e preventive mirate in favore dei giovani; promuovere la richiedere il contributo regionale in caso di successiva partecipazione dei giovani nei settori creativi e innovativi; attuare assunzione con contratto) azioni di sistema per l’avvio di attività di lavoro autonomo, anche in 3) lavoratori atipici (Fondo di garanzia per lavoratori forma di impresa..." atipici per consentire loro l’accesso al credito) AZIONI per Giovani: 4) servizio civile: bandi annuali relativi a diversi settori 1) “Ritorno al futuro” – 2011: erogazione di borse di studio ai giovani quali sanità, pari opportunità, commercio equo e solidale laureati per un periodo di alta formazione in Italia o all’estero con ecc...) incentivi per il rientro in Puglia. L’azione è destinata ai giovani e alle 5) microcredito: finanziamento, tramite banche o imprese, con le quali si intende formare un Catalogo di Enti registrati intermediari finanziari, giovani imprenditori per crediti (con esclusiva funzione di orientamento) e alle quali sarà erogata un non superiori a € 15.000 a fronte di un investimento sussido all’occupazione (dote) in caso di assunzione dei giovani al massimo di € 20.000. termine del percorso formativo. 6) prestito d'onore: attraverso un fondo di natura rotativa, 2) Diritti a scuola: finanziamento progetti extracurricolari nelle scuole FORMAZIONE-OCCUPAZIONE Fidi Toscana rilascerà garanzie gratuite a totale copertura primarie e secondarie di primo grado per ridurre gli attuali livelli di del rischio bancario per giovani in possesso di laurea, che dispersione/abbandono scolastico agevolando l’integrazione presentino un programma di studio fino ad una durata scolastica degli alunni in difficoltà. triennale ed un piano di copertura finanziaria delle spese. 3) Incentivi alle imprese che offrono formazione integrata e tirocini 7) imprenditoria giovanile: finanziamenti per PMI di per i giovani inoccupati e disoccupati tra i 18 e i 25 anni. Incentivi nuova costituzione con nuove metodologie per l’accesso all’assunzione che arrivano a coprire il 50% del costo annuo per ai finanziamenti. In programma una nuova legge che contratti di durata non inferiore a 3 anni. sosterrà con attenzione particolare l’imprenditoria 4) Alta formazione per l’apprendistato: rafforzamento delle femminile. competenze di giovani laureati con contratto di apprendistato 8) giovani professionisti:fondo speciale per la attraverso la realizzazione di master finalizzati alle specifiche concessione di garanzie a favore di giovani professionisti esigenze espresse da reti di imprese, distretti e filiere produttive. o tirocinanti toscani giovani che vogliono avviare uno 5) Apprendistato professionalizzante: prosecuzione dell’attuazione studio professionale. della legge regionale sull’apprendistato professionalizzante. 9) giovani imprenditori agricoli: sostegno alla 6) Verso un sistema integrato di alta formazione interregionale: costituzione di nuove imprese agricole condotte da realizzazione di iniziative finalizzate a promuovere, sostenere e giovani al di sotto dei 40 anni mediante una tantum di rafforzare la cooperazione interregionale e interistituzionale al fine di 40mila euro per l’avvio, contributi per gli investimenti in eliminare gli ostacoli alla mobilità geografica e professionale. attività produttive, agriturismo, energie rinnovabili e 7) Reddito di continuità per i lavoratori atipici: Riconoscimento di un attività sociali...). sostegno al reddito di € 600,00 per sei mesi, connesso alla partecipazione di un percorso formativo concordato con i CPI, Azioni specifiche dal POR-FSE 2007-2013 nell’ambito dell’azione di sistema Welfare to Work. FINANZIAMENTO: 2 ml di euro 8) Microcredito: promuove l’accesso al microcredito di soggetti in AZIONI: possesso di una buona idea di investimento ma normalmente 1) assegnazione di voucher di mobilità transnazionale a considerati “non bancabili”, in quanto privi delle garanzie necessarie. supporto di attività di lavoro all’estero. 2) voucher per master e dottorati di ricerca per lo sviluppo AZIONI per giovani donne: Sviluppo dell’imprenditoria femminile; di percorsi di ricerca, specializzazione, accrescimento tirocini, corsi di formazione e incentivi all’assunzione per giovani delle competenze professionali di giovani laureati e italiane e immigrate; azioni di formazione con incentivi o obblighi ricercatori. all’assunzione, azioni di conciliazione per donne disoccupate e occupate, voucher per l’acquisto di servizi di cura e sostegno al AZIONI per giovani donne reddito e alla previdenza per donne lavoratrici. Dote lavoro per assunzione a tempo indeterminato di donne disoccupate da cumulare alla dote per l’assunzione di giovani; carta formativa con buono da spendere per azioni formative individualizzate; voucher per l’acquisto di servizi di cura per minori, anziani e disabili. 1 17
2.2 Puglia: Bollenti Spiriti e il Piano Straordinario per il Lavoro I fattori che spingono a considerare questa regione riguardano lo sviluppo piuttosto consolidato delle proprie politiche giovanili (prevalentemente attraverso il programma “Bollenti Spiriti”),46e la centralità conferita ai processi partecipativi all’interno delle stesse. A ciò si aggiunge l’attuale potenziamento delle misure di supporto all’autonomia giovanile in diversi ambiti di policy, e in particolare quelle inerenti la formazione, il lavoro e lo sviluppo economico (attraverso il “Piano Straordinario per il Lavoro”).47 Il programma “Bollenti Spiriti” ha inizio nel 2005 e si inserisce in un vuoto di progettazione regionale delle politiche per i giovani. Verrà successivamente ampliato e potenziato grazie agli Accordi di Programma Quadro promossi, nel 2008, dal Ministero della Gioventù e siglati insieme alle Regioni e al Ministero dello Sviluppo economico. “Bollenti Spiriti è un' iniziativa di governo che deriva da una visione molto forte: considerare i giovani come risorsa, non problema, saltando a piè pari il tema del disagio” (Intervista funzionario Regione Puglia responsabile del programma). Parola chiave di questo processo è “partecipazione”, concetto che trova la sua espressione maggiore nell’azione più importante del programma: quella di “Principi attivi”, ovvero il finanziamento a progetti non semplicemente indirizzati ai giovani ma promossi e realizzati dai giovani stessi e indirizzati all’intera comunità: “I giovani smettono di essere un target delle politiche ma gli attori di un bene che interessa tutti. Abbiamo abbandonato lo slogan “politiche dei giovani per i giovani” per promuovere le idee dei giovani come risorsa per tutti” (Intervista funzionario della Regione Puglia, responsabile del programma). “Principi Attivi” finanzia in questi anni numerosi progetti in ambiti diversi: dalla ricerca scientifica, al turismo, all’innovazione tecnologica, all’inclusione sociale. Ogni progetto ha un esito diverso e non di rado è incentrato sulla creazione di opportunità di lavoro per coloro che vi prendono parte: “Ad esempio, in un piccolo borgo dei ragazzi hanno riaperto il castello e preso in mano la sua gestione. Le amministrazioni locali si sono accorte del valore del progetto per la comunità e l’hanno supportato, innescando un processo virtuoso. In altri casi non c’è stata la stessa sensibilità: per esempio un gruppo di ragazzi hanno effettuato una ricerca di viticultura e hanno addirittura sviluppato un brevetto. In altri posti probabilmente si sarebbe cercato di valorizzare al 46 Si tratta del principale programma per le politiche giovanili della Regione Puglia. Per visualizzare le misure e le azioni, anche concluse, si veda http://bollentispiriti.regione.puglia.it/. 47 Si tratta del principale programma di politiche per il lavoro e lo sviluppo economico. Per visualizzare le misure e le azioni, anche concluse, si veda http://www.regione.puglia.it/index.php? page=calendario&opz=display&id=1044. 18
massimo questo lavoro. In questo caso il progetto si è esaurito dopo la sua conclusione, ma i ragazzi sono stati assunti all’interno dell’azienda vinicola dove hanno svolto parte dello studio. Per noi si tratta comunque di un esito positivo..” (Intervista funzionario della Regione Puglia responsabile del Programma). Il programma, pur collocandosi all’interno di un assessorato ben preciso - Politiche Giovanili, Cittadinanza Sociale e Attuazione del Programma - trova la sua genesi in una ferma volontà politica del Presidente e, anche in ragione di questo posizionamento politico, mantiene una posizione centrale all’interno dell’attività regionale. La governance del progetto prevede una cabina di regia interna alla Regione Puglia con uno staff dedicato a gestire le diverse azioni del programma. Punto di forza dello stesso è l’aspetto comunicativo. Attraverso il ricorso ai nuovi media, lo staff riesce ad istaurare un contatto diretto con i giovani pugliesi, che si interfacciano con la Regione in un dialogo quasi “alla pari”, riuscendo ad intervenire anche sulla formulazione stessa dei bandi a loro dedicati. Successivamente, l’informazione e lo scambio sui progetti, si sono potute sviluppare anche ricorrendo ad incontri diretti sui territori, tanto di informazione che di valutazione. La relazione instaurata con i giovani ha permesso di realizzare un numero molto elevato di momenti di informazione e confronto organizzati dai giovani stessi nelle realtà locali, che, oltre a costituire un’azione di promozione senza costi aggiuntivi per l’ente, ha sicuramente il merito di aver portato ad un avvicinamento tra i giovani e l’istituzione regionale, avviando un processo di “rigenerazione della democrazia locale”(Bifulco, de Leonardis, 2006). Il programma sembra presentare dunque alcuni interessanti standard di processo, quali, ad esempio, la centralità dell’informazione e della comunicazione verso i giovani e la capacità di improntare un canale comunicativo “a doppia entrata”, fatto di parola e di ascolto. L’integrazione, per quanto attiene le politiche giovanili, si sviluppa principalmente verso il basso, tra l’ente regionale e i singoli giovani, attorno ai quali ruota un lavorio di reframing dell’azione politica stessa. Il limite di questo approccio è probabilmente quello di affidare nelle mani del giovane il compito di analizzare, “sintetizzare” e appropriarsi delle diverse opportunità (in perfetta sintonia con il principio di attivazione), favorendo in tal senso gli attori socialmente più “centrali” e lasciando in disparte al contrario, chi è più “periferico” (Milbrath,1965). Un tema noto anche ai responsabili del programma che stanno valutando l’inserimento, nella nuova programmazione di Bollenti Spiriti, di misure positive dedicate alle categorie sociali più deboli. 19
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