Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali
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Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali VERBALE del 23 febbraio 2017 Il giorno 23 febbraio 2017, alle ore 12.30, si è riunita, nella sede della Commissione di garanzia, in Roma, in Piazza del Gesù, 46, la Commissione giudicatrice della III edizione del Premio Gino Giugni per la miglior tesi di laurea sui temi di diritto sindacale e relazioni industriali. Sono presenti: la Prof.ssa Lauralba Bellardi, il Prof. Alessandro Bellavista, il Capo di Gabinetto, Giovanni Pino, la Dott.ssa Silvia Lucrezio Monticelli, Componenti, la Dott.ssa Daniela Galeone, Segretario. E’ assente giustificato il Segretario Generale, Stefano Glinianski. La Commissione, dopo aver discusso sulle tre tesi selezionate ai fini dell’assegnazione del Premio, sulle quali ribadisce unanime apprezzamento per il livello di qualità, serietà e rigore nella trattazione, sentito il componente assente, Dott. Stefano Glinianski, ritiene, per la particolare pertinenza del tema trattato, il grado di approfondimento e la chiarezza espositiva, di assegnare il Premio alla tesi della dott.ssa Luana Balducci, dell’Università di Urbino, dal titolo: L’astensione collettiva dei lavoratori autonomi nei servizi pubblici essenziali. La vincitrice del Premio sarà informata tramite comunicazione ufficiale della Presidente o da un componente la Commissione giudicatrice. La Commissione termina i propri lavori alle ore 13:10. Si pubblicano di seguito, in ordine alfabetico, i giudizi formulati dalla Commissione sugli elaborati partecipanti al Premio. LUANA BALDUCCI, L’astensione collettiva dei lavoratori autonomi nei servizi pubblici essenziali La tesi di Luana Balducci si avvia con una ricostruzione (naturalmente sintetica) dell'evoluzione storica del diritto di sciopero, nella quale sono riproposti i profili più rilevanti, da quelli emersi nel dibattito in Assemblea Costituente fino a quelli – connessi al fenomeno della terziarizzazione del conflitto collettivo - della c.d. istituzionalizzazione di questo nei servizi pubblici essenziali. E in questa parte del lavoro l’autrice si sofferma sui profili definitori del servizio pubblico essenziale, facendo opportunamente ricorso al concetto di fruizione del servizio (di recente richiamato, peraltro, dalla normativa in materia di fruizione del patrimonio artistico come servizio pubblico da garantire in caso di sciopero). 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali Sono poi affrontate, in linea generale, le tematiche più rilevanti emerse nell’esperienza attuativa della legge 146/1990 e ss. mm.: dalle procedure di raffreddamento all’apparato sanzionatorio, ai poteri della Commissione. E in questi argomenti la candidata si muove con sicurezza, dimostrando anche la buona conoscenza e capacità di utilizzazione della migliore dottrina di riferimento. Meno considerata, in questa parte del lavoro, è la “giurisprudenza” dell’Autorità di garanzia, che pure sarebbe stata utile per trattare con maggiore precisione alcuni istituti (ad es., le sanzioni disciplinari individuali. Nei capitoli III e IV viene sviluppato l’oggetto principale dell’indagine. In essi, infatti, l’autrice si sofferma ampiamente sull’individuazione della figura del lavoratore autonomo, del professionista e del piccolo imprenditore e sugli strumenti di autoregolazione delle relative astensioni collettive dal servizio. A tal proposito viene affrontato in modo efficace il tema della libertà sindacale e della valenza sindacale in senso stretto delle organizzazioni di tali categorie di lavoro e professionali, con riferimento alla loro attitudine al conflitto, partendo dalla differenza tra mera astensione collettiva e sciopero. L’autrice pone in evidenza la nozione ampia di conflitto collettivo accolta nella legge 146, ben argomentando come, in realtà, con riferimento ai lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, si sia in presenza di un diritto di astensione sui generis, pur sempre riconosciuto dall'ordinamento giuridico, proprio nella prospettiva di realizzare l’obiettivo principale della legge, che rimane il contemperamento tra diritti costituzionali. L’astensione dal servizio di tali lavoratori viene configurata, così, come espressione del potere di coalizione del gruppo professionale tutelato dall’art. 39 della Costituzione. In definitiva, e nonostante qualche imprecisione (quale quella relativa alla composizione della Commissione di garanzia che, dal dicembre 2011, è stata ridotta da nove a cinque componenti) la tesi di Balducci si segnala, oltre che per la pertinenza del tema trattato, per il rigore del metodo, la completezza e l’approfondimento della ricerca e la chiarezza dell’esposizione, oltre che per alcuni innovativi spunti di discussione, come quello – particolarmente delicato in una fase storica di progressiva frammentazione, e di indebolimento, dei sindacati – relativo alla irrisolta questione della valutazione della rappresentatività sindacale ai fini dell’esercizio del diritto di sciopero nei s.p.e. e, in particolare, della legittimazione a stipulare gli accordi collettivi che definiscono le prestazioni indispensabili. DARIO CALDERARA, La contrattazione collettiva in deroga La tesi di Calderara propone, nella sua prima parte, una eccellente ricostruzione storico-giuridica (con un rigoroso riferimento alle fonti e alla dottrina) dell’evoluzione del sistema di contrattazione collettiva nel nostro Paese: dagli anni ’60, alla stagione della concertazione, alla crisi della contrattazione unitaria, al T.U sulla rappresentanza del 2014, che viene giustamente indicato non come un punto di conclusione del processo di 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali regolazione delle relazioni industriali, ma di partenza, per le necessarie ulteriori intese attuative (che, in verità, tardano ad arrivare, n.d.r.). Naturalmente, il principale oggetto di riflessione del candidato rimane il ben noto art.8 del D.L.138/2011 che, introducendo forme di efficacia generale dei contratti collettivi aziendali, apporta delle modifiche sostanziali nel diritto del lavoro, determinando, come afferma l’autore, una vera rivoluzione nella materia. L’indagine si sviluppa, soprattutto, dall’Accordo del 28 giugno 2011 che, secondo l’autore, più che una ritrovata unità sindacale, segna una sorta di “armistizio” tra le confederazioni sindacali, rivolto ad una possibile ricerca del bene comune, attraverso intese in deroga al ccnl. Un armistizio, influenzato, indubbiamente, dalla “scossa tellurica” dell’allora recente accordo FIAT di Pomigliano. È molto puntuale e accurata, in tale sede, l’analisi delle regole in materia di verifica della rappresentatività e la loro efficacia soggettiva, in contesto che vede la riscoperta delle RSA, in luogo delle RSU.; nonché il loro successivo recepimento nel Accordo del maggio 2013 e la loro trasposizione nel T.U. del 2014. In questo contesto di unità, avviato con l’Accordo del 2011, l’intervento legislativo operato con l’art. 8 del D.L.138/2011 segna un’alterazione dell’equilibrio ritrovato. La norma viene, giustamente, indicata come l’intervento legislativo “più pesante”, in tema di efficacia dei contratti collettivi, dal 1959 (cioè dalla “legge Vigorelli”), proprio per le sue vaste possibilità di deroga al ccnl in fondamentali istituti del rapporto di lavoro (non ultimo l’orario di lavoro che, peraltro, era già stato oggetto di intervento ad opera del D.L.66/2003). Vengono, così, esaminati alcuni principali accordi in deroga (Golden lady, Banca popolare di Bari). La trattazione prosegue con una disamina delle nuove espressioni di normativa in deroga (qui, probabilmente, spingendosi anche oltre il preposto tema della tesi), in particolare i dd.lgss.nn. 22 e 23 del 2015 (ammortizzatori sociali e contratto a tutele crescenti); ed infine, il Jobs act, il quale, a giudizio dell’autore, va anche oltre, nel momento in cui in esso possono rientrare tutte le materie già oggetto del suddetto art.8 (e anche più se si pensa alla reintegrazione o al demansionamento). A questo punto, l’autore propone una rivalutazione dell’art. 8 in termini di un suo possibile utilizzo come strumento di correzione in melius della normativa, una “derogabilità buona”, a vantaggio dei lavoratori: “grimaldello per scardinare, con accordi aziendali derogatori, proprio il piano del Governo delle riforme del lavoro”. La tesi, in questo senso, pone una prospettiva interessante, ma che però, forse, dovrebbe anche tenere maggiormente conto della circostanza che, nei fatti, la valenza dell’art.8 è stata ampiamente ridimensionata proprio dall’autonomia collettiva, con la postilla del 21 settembre 2011 (alla quale l’autore accenna). Con tale postilla le parti sociali, in pratica, si accordarono a non utilizzare quanto previsto dall’art.8 del D.L.138/2011 e fu 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali questa, probabilmente, una delle condizioni per la ripresa del dialogo unitario, che ha poi condotto al successivo accordo del 2013. Il lavoro di Calderara si presenta come una trattazione esaustiva del tema oggetto dell’indagine, che il candidato dimostra di conoscere in modo approfondito, ben sapendo, confrontarsi con la principale dottrina di riferimento. La trattazione si rivela valida dal punto di vista teorico-ricostruttivo e lascia comprendere che essa sia frutto di una riflessione maturata e non superficiale. Le argomentazioni sono, inoltre, esposte con una buona chiarezza espositiva. Pertanto, la tesi è, nel complesso, meritevole di apprezzamento. GIULIA MARCHI, Il salario minimo legale: Italia e Regno Unito a confronto La tesi di Giulia Marchi affronta il tema del salario minimo legale mettendo a confronto il dibattito nel nostro Paese sui possibili metodi di determinazione di tale salario e l’esperienza legislativa del Regno Unito. La prima parte del lavoro è un’efficace ricostruzione storico-ideologica del dibattito sul salario minimo in Italia, con un particolare approfondimento di quello svoltosi in Assemblea costituente dal quale scaturì l’art. 36: norma che, tuttavia, non indica direttamente il metodo di determinazione (del salario minimo o) della giusta retribuzione. Sull’interpretazione di questa norma (in termini programmatici o precettivi) si rivela interessante l’esame della giurisprudenza post-costituzionale e del suo rapporto con l’autonomia collettiva, che ha condotto all’estensione indiretta dell’efficacia soggettiva del contratto collettivo (almeno nella sua parte retributiva). E su questi profili la candidata si muove con rigore, utilizzando la dottrina più significativa. Nella parte relativa al ruolo dell’autonomia collettiva l’autrice esamina – sia pure con differente intensità - le diverse esperienze e problematiche emerse nel corso del tempo in materia di determinazione della retribuzione: dalle gabbie salariali all’esperienza della concertazione sociale ed alle prospettive aperte dal Protocollo del 1992 con l’abolizione della scala mobile; dai contratti di riallineamento a quelli di prossimità introdotti con il d.l. n. 138/2011, per giungere a riflettere sull’attualità dell’art. 36 di fronte alla recessione economica (con immancabili riferimenti al Jobs act) ed a sfiorare anche il tema della verifica della maggior rappresentatività ai fini del governo di un possibile dumping salariale. Nella parte conclusiva l’autrice si sofferma sull’esperienza del Minimum wage nel Regno Unito, indotta dalla maggiore debolezza del sindacato (pur con differenze tra (governi di diverso orientamento), e sostiene la possibilità di una proficua coesistenza di legge e contrattazione collettiva nella determinazione del salario minimo. In questa direzione ritiene opportuno un intervento della U.E. finalizzato ad individuare, se non proprio un salario minimo, almeno alcune norme comuni in materia. Al di là dell’analisi sull’esistenza delle concrete condizioni (in termini di competenze legislative, di interessi collettivi, ecc,) di realizzazione di un intervento di questa natura, manca nella tesi una riflessione organica sugli effetti che un intervento legislativo in materia di salario minimo 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali potrebbe avere sulle competenze e sui livelli – e, dunque, sull’incisività e sull’estensione - della contrattazione collettiva. In definitiva, la tesi di Marchi ricostruisce accuratamente e approfondisce scientificamente, anche con apprezzabile chiarezza espositiva, il tema che ne è oggetto. MICHELE MURGO, Il diritto al lavoro nella globalizzazione: il caso degli accordi transnazionali a livello di imprese La tesi di Murgo si propone di verificare quali nuovi istituti di livello sovranazionale siano in grado di arginare gli effetti distorsivi della globalizzazione dell’economia - e della conseguente progressiva transnazionalizzazione dei datori di lavoro - sul mercato del lavoro e, in particolare, la crescente disparità dei poteri nel rapporto di lavoro. Vengono così esaminate, innanzitutto, le Istituzioni internazionali (in particolare l’ILO) e i loro atti di produzione, nonché altri possibili strumenti finalizzati a disciplinare e tutelare il lavoro subordinato. Tra questi, quelli di natura pubblica, i free trade agreements, accordi internazionali di libero scambio conclusi tra due o più Stati per l’abbattimento delle reciproche barriere tariffarie e doganali; e quelli di natura privata, come la corporate social responsibility, per la quale una società si impegna a rispettare i diritti fondamentali del lavoratore. L’autore analizza adeguatamente potenzialità e limiti di tali strumenti e giunge alla conclusione che il mezzo più efficace, ai fini della tutela del lavoro, possa essere individuato negli accordi quadro transnazionali (transnational company agreements). Nella tesi si esaminano accuratamente (talora anche con qualche eccesso) i principali accordi stipulati in rilevanti imprese europee, la loro genesi e la loro natura giuridica, nonché le clausole più significative e ricorrenti e la loro idoneità a perseguire gli scopi di tutela preordinati. Senza tralasciare l’inquadramento storico sul movimento sindacale internazionale e i soggetti sindacali nella negoziazione, il lavoro si concentra, poi, sugli aspetti relativi al potere di rappresentanza delle parti stipulanti e, ampiamente, sul tema della possibile validità e dell’efficacia giuridica soggettiva degli accordi quadro, tenendo conto delle discipline legislative e dei sistemi di contrattazione collettiva europee e nazionali. Nella convinzione che gli AQI rappresentino un utile e (virtualmente) efficace mezzo di cui il movimento sindacale internazionale può disporre per migliorare le condizioni di vita e di lavoro e fermo restando la loro potenzialità a produrre anche risultati concreti, in qualità di strumenti di soft law, la cui cogenza risiede più nell'etica che nel diritto, l’autore conclude invocando un auspicabile intervento delle istituzioni sovranazionali per meglio definire la natura giuridica degli stessi. Il lavoro di Murgo, frutto di una ricerca che incrocia vari rami del diritto (del lavoro, commerciale, comunitario e internazionale) con le relazioni industriali, si segnala, dunque, per la scelta del tema - strategico per la futura sopravvivenza, in particolare, del sistema di 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali relazioni industriali - e per l’ampio sforzo ricostruttivo (a volte anche dispersivo). La tesi è, comunque, ricca di spunti, esposta con chiarezza e dotata di un buon apparato bibliografico. ELENA ROSSELLA RASPANTI, Il nuovo assetto della contrattazione collettiva nel settore privato: la progressiva rilevanza del contratto collettivo aziendale nelle relazioni industriali italiane La tesi di Raspanti si pone, innanzitutto e giustamente, l’esigenza di definire la nozione di contrattazione collettiva, ancor prima di quella del contratto collettivo. A tal fine, con un evidente riferimento alla teoria dell’ordinamento intersindacale di Gino Giugni, viene posto in evidenza come l’attività di contrattazione collettiva, in quanto creatrice di regole, possa essere studiata non solamente come fenomeno giuridico, ma anche come fenomeno sociale, economico e comportamentale (di psicologia sociale). Immancabile (e abbastanza diligente) la ricostruzione dell’evoluzione storica della contrattazione collettiva nel nostro Paese: dall’esperienza di diritto pubblico dell’ordinamento corporativo, ai primordi della Costituzione e l’unica esperienza legislativa di efficacia erga omnes del contratto collettivo (la legge Vigorelli del 1959), agli esordi della contrattazione articolata, nei primi anni ’60 e nella sua forma non vincolata nella seconda metà di quegli anni, fino alla sua più compiuta definizione nei vari protocolli: dal Protocollo Scotti del 1983, al Protocollo Ciampi del 1993. La ricostruzione è trattata parallelamente alle varie vicende evolutive in materia di rappresentanza sindacale in azienda. Il lavoro prosegue con la riforma degli assetti contrattuali, nel 2001, nata, si può dire, sulle ceneri della concertazione sociale, e rappresentata nel Libro bianco sul lavoro, poi recepito nel d.lgs. 276/2003, che propone un nuovo metodo di confronto “preventivo” con le parti sociali (il c.d. dialogo sociale) che, comunque, non impegna le scelte di governo. Il decreto 276 introduce una serie di nuove regole che incidono profondamente sulla contrattazione collettiva, come precedentemente disegnata nel Protocollo del ‘93, oltre che sul rapporto stesso tra legge e contratto. Oggetto di indagine è, altresì, la nuova stagione dei protocolli, iniziata nel 2009, e conclusa con l’accordo del 31 maggio 2013 e il T.U. sulla rappresentanza del gennaio 2014. Naturalmente, una riflessione è dedicata all’intervento del Governo con il ben noto art. 8 del D.L. 138 del 2011, che, introducendo una contrattazione collettiva “di prossimità”, finisce per introdurre, per quest’ultima, efficacia erga omnes e poteri derogatori che, tendenzialmente, la renderanno simile alla legge. Ridimensionati, da parte della stessa autonomia collettiva, gli effetti dell’art.8 del D.L. 138, gli accordi più recenti riconducono il contratto collettivo nazionale di lavoro a regolatore del sistema di relazioni industriali a livello nazionale, territoriale e aziendale, ferma restando la possibilità di demandare alla contrattazione aziendale e/o territoriale la trattazione di materie delegate, in tutto o in parte, 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali dal contratto collettivo nazionale o dalla legge. La candidata si sofferma, infine, sull’assetto della contrattazione come recepito nel Jobs act. La parte conclusiva della tesi è dedicata al caso FIAT di Pomigliano e Mirafiori, individuato dall’autrice, per sua specificità e le sue ricadute sull’intero sistema di contrattazione collettiva, come punto di svolta per il contratto aziendale. Si ricostruisce, in chiave critica, tale particolare modello di contrattazione aziendale propiziato nell’industria torinese, soffermandosi sulle questioni inerenti i modelli di rappresentanza sindacale in azienda che dalla conclusione di quegli accordi ne sono derivati, e sui quali è, poi, intervenuta la Corte Costituzionale con la ben nota sentenza n.231/2013. Per l’autrice, il caso Fiat rivela tutte le criticità di un sistema di relazioni industriali più indirizzato verso la dimensione aziendale, a detrimento del tradizionale ruolo di garanzia del contratto collettivo nazionale. Un sistema, dunque, basato sull’anomia che consente, in concreto, al contratto aziendale di realizzare più facilmente programmi manageriali imposti in via unilaterale, oltre che incidere sul sistema di rappresentanza sindacale in azienda. Coerentemente con questa aziendalizzazione delle relazioni industriali, secondo l’autrice, può ritenersi il Jobs Act che avrebbe favorito una esplosione di contratti collettivi, nazionali e aziendali, in deroga. Anche se lo sviluppo del tema trattato non può ritenersi, oramai, del tutto originale, il lavoro di Raspanti è apprezzabile per la sua pertinenza e la ricostruzione del tema. Piuttosto essenziale è il richiamo alla dottrina e giurisprudenza sul tema e la trattazione, si può dire, svolta con buona chiarezza espositiva. SILVIA SCOCCA, La contrattazione collettiva aziendale in Italia e in Francia La tesi di Scocca si propone, innanzitutto, una breve analisi dell’istituto della contrattazione collettiva nell’ambito del diritto europeo, partendo proprio dai Trattati sul Funzionamento dell’Unione Europea: da Roma 1957, a Lisbona 2007, che riconoscono la funzione negoziale delle parti sociali per la conclusione di accordi collettivi, fino ad una più completa previsione negli artt.12 e 28 della Carta di Nizza del 2000. La disamina della normativa europea, con particolare riferimento agli aspetti relativi al c.d. dialogo sociale, termine all’interno del quale si fa, generalmente, rientrare la contrattazione collettiva, non trascura i riferimenti giurisprudenziali dell’Alta Corte di Giustizia (in particolare le sentenze Viking e Laval) che hanno contribuito al bilanciamento tra diritti di azione e contrattazione collettiva. Una configurazione che, tuttavia, secondo l’autrice, pur realizzando riconoscimenti importanti sotto il profilo del diritto sociale, lascia intendere come, anche nella visione della Corte di Giustizia, i diritti sociali collettivi non ricevano adeguata tutela di fronte alle libertà delle imprese e ad una competizione concorrenziale sostenuta da forme di dumping sociale. Il lavoro si sofferma sul sistema di contrattazione collettiva nel nostro Ordinamento Costituzionale: dai primi anni’50, ai Protocolli dell’’83 e del ’93, alla c.d. stagione degli 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali accordi separati, fino all’accordo del 2009 e la ritrovata unità sindacale, nel 2011, fino agli accordi sulla rappresentatività sindacale del biennio 2014- 2015; nonché ad alcune proposte, in materia, provenienti da gruppi di studiosi (Freccia rossa e Diritti, lavori, mercati). Immancabile un ampio riferimento alle vicende degli accordi FIAT di Pomigliano e Mirafiori, i quali, a giudizio della candidata rappresentano l’aspetto più evidente dello spostamento della contrattazione collettiva verso l’azienda, determinando anche un allontanamento dalle tradizionali organizzazioni di rappresentanza datoriale, al fine di sottrarsi a vincoli troppo stringenti e poco attenti alle specificità delle singole imprese. Insomma, alle sfide della globalizzazione dei mercati, i singoli ordinamenti rispondono con forme di flexicurity e decentramento contrattuale. Un richiamo d’obbligo all’art.8 del D.L. 138/2011 che, con la sua vasta portata derogatrice, dei cc.dd. contratti di prossimità rischia di introdurre forme di flexibility senza security. Tale intervento viene esaminato sotto il profilo dei dubbi costituzionalità che esso suscita e nella cornice della normativa comunitaria, pur riconoscendo l’autrice, una certa positività, non alla sua formulazione, ma, quantomeno alle intenzione che lo animavano. Da questo punto di vista l’esperienza viene collegata con il più recente Jobs act il quale, in fondo, pur rivalutando il ruolo della legge e del contratto collettivo nazionale, per la garanzia di standard di tutela, non rinuncia al modello di derogabilità in peius sul modello dell’art. 8 sopracitato. Nella parte conclusiva del lavoro vi è la comparazione con un altro sistema di relazioni industriali, pur evoluto, ma ben diverso da quello italiano: quello francese. In quest’ultimo, con l’espressione diritto sindacale, si intende l’insieme delle varie leggi succedutesi nelle repubbliche francesi e non anche la contrattazione collettiva, né la rappresentanza dei lavoratori nell’impresa o i conflitti collettivi. Dunque, mentre il sistema italiano si consolida, come noto, attorno alla mancata attuazione del commi 2 e ss. dell’art. 39 della Costituzione, per cui le parti sociali gestiscono la materia in qualità di associazioni non riconosciute; in Francia, invece, trova attuazione un alto tasso di formalizzazione legislativa, alla quale corrisponde una percentuale di sindacalizzazione tra le più basse dei Paesi della “vecchia Europa” e mentre il contratto collettivo ha efficacia erga omnes (attesa la rappresentatività sindacale accertata per legge). La disamina comparata è condotta tenendo conto dei recenti interventi dell’amministrazione Hollande: dall’Accord National Interprofessionnel de1 gennaio 2013 (considerato la flexsécurité alla francese e non firmato dalla CGT), da cui projet de loi relatif à la sécurisation de l’emploi,e la successiva Loi Rebsamen dell’agosto 2015 e i Rapporti Combrexelle del 2015 e Badinter del 2016. Da questi recenti interventi è evidente, secondo la candidata, l’obiettivo di una revisione totale dell’intero droit du travail, finalizzata principalmente ad una sua semplificazione. La conclusione dell’autrice è che mentre in Francia si tende ad un’attenuazione del ruolo dello Stato nella definizione delle regole del sistema di relazioni industriali, in Italia, invece, con un’inversione di tendenza, si 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali fa strada la prospettiva di un intervento eteronomo, vale a dire, fuori dall’ordinamento intersindacale. Il lavoro di Scocca si segnala, indubbiamente, per la pertinente scelta di un tema, ormai “classico”, delle relazioni industriali, qui affrontato, nella sua chiave comparata, in modo approfondito. Pur non approdando a soluzioni particolarmente originali, può definirsi originale il metodo di trattazione nel raffronto dei due ordinamenti. È, altresì, apprezzabile l’uso della dottrina di riferimento e la chiarezza espositiva. ELODIA ZITO, L’opposizione al conflitto: il procedimento di repressione della condotta antisindacale La tesi di Zito ha, indubbiamente, il merito di riproporre all’attenzione un tema che, ultimamente, si può dire, è stato un po’ trascurato negli studi di diritto sindacale: la repressione della condotta antisindacale come garanzia del corretto svolgimento del conflitto. Dopo un inquadramento storico che va dall’ordinamento corporativo a quello Costituzionale, soffermandosi sull’affermazione del nostro modello sindacale pluralista, edificato sulla mancata attuazione dei commi 2 e ss. dell’art. 39 della Costituzione, il lavoro si concentra sullo Statuto del lavoratori (legge n.300/1970) che, in recepimento della norma costituzionale, introduce, concretamente, la libertà e la democrazia sindacale nei luoghi di lavoro. L’art. 28, in particolare, è concepito proprio a presidio della libertà sindacale in azienda e si pone come uno speciale strumento di tutela giudiziaria rivolto a tutelare situazioni giuridiche che, per quanto garantite dalla Costituzione, sarebbero rimaste enunciazioni generali, qualora sfornite di strumenti di protezione concreta. Essendo l’art. 28 dello Statuto una norma che presuppone la naturale contrapposizione tra lavoratori e datori di lavoro, essa si propone di equilibrare, sotto il profilo processuale, le prerogative dell’azione collettiva. Da questo punto di vista, la tesi si propone una riflessione relativamente a cosa possa oggi intendersi per legittima opposizione nel (o al) conflitto da parte del datore. È apprezzabile l’intento dell’autrice di attualizzarne il contenuto sostanziale della norma e il suo significato, alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza. La candidata offre una lettura della norma anche alla luce delle vicende FIAT (inizialmente la vicenda dei licenziamenti nello stabilimento di Melfi) e gli accordi di Pomigliano e Mirafiori, esaminando il contenuto dell’art. 28, in relazione al diritto a costituire rappresentanze sindacali e dell’esclusione dalle trattative per la stipula o il rinnovo del contratto collettivo (è questa, probabilmente, la parte più originale del lavoro). Si tratta di vicende che hanno posto in essere nuovi scenari di misurazione dei rapporti di forza tra azienda e sindacato e che, come afferma l’autrice nelle conclusioni, hanno comportato una tendenza di quest’ultimo a rivolgersi al giudice per rivendicare, innanzitutto, il diritto “ad essere” nell’impresa, ancor prima di poter esercitare la propria attività sindacale. 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali Naturalmente la trattazione si sofferma sulla sentenza della Corte Costituzionale n.231 del 2013 e sui criteri da questa adottati, in termini di rappresentatività e partecipazione alle trattative, ai fini della possibilità di costituire RSA. Segue una ricostruzione diligente dei tradizionali profili processuali collegati alla fattispecie in questione: dalla legittimazione ad agire, alle esigenze di celerità, al provvedimento del giudice, all’opposizione; nonché, a conclusione del lavoro, una disamina delle tematiche attuative della norma nel pubblico impiego, alla luce del processo di privatizzazione. La tesi di Zito, indubbiamente, risponde al requisito della pertinenza, per la scelta di un tema classico, di confine tra relazioni industriali e diritto processuale. Pur senza approdare a soluzioni di particolare originalità, la trattazione si sviluppa con un buon grado di completezza e di richiamo (pur essenziale) della dottrina di riferimento, oltre che con una buona chiarezza espositiva. F.to Il Presidente F.to Il Segretario 00186 ROMA PIAZZA DEL GESU’, 46 TEL. 06/94539600 FAX 06/94539680
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