Circolazione stradale: principio di determinatezza e legittimità costituzionale - Filodiritto

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752
                                               Direttore responsabile: Antonio Zama

     Circolazione stradale: principio di determinatezza e
                   legittimità costituzionale
Una disamina del paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3, StGB (CP) della RFT sulla circolazione
                                        stradale
                                                    18 Aprile 2022
                                                    Armin Kapeller

Abstract: Elementi essenziali della “Rechtssicherheit” (certezza del diritto), sono “Rechtsklarheit”
(chiarezza delle norme) e “Bestimmtheit” (determinatezza delle stesse). Questi elementi sono di
particolare importanza per quanto concerne disposizioni limitative di diritti fondamentali. Pari importanza
rivestono ai fini del controllo demandato all’autorità giudiziaria.
Indice: I. Introduzione          II. La censura di illegittimità costituzionale del difensore
III. Osservazioni del ministro della Giustizia e del “Generalbundesanwalt” IV. L’ordinanza della Corte
costituzionale federale V. Obblighi del legislatore e obblighi del giudice VI. Non vi è indeterminatezza
della norma impugnata VII. Osservato il principio di proporzionalità VIII. Gli interessi della collettività
e l’“allgemeine Handlungsfreiheit”

I. Introduzione
“È punito con pena detentiva fino a 2 anni oppure con la pena della multa, chi circola sulla strada a velocità
non adeguata, contravvenendo alle norme del Codice della Strada e procede, senza rispettare i diritti altrui,
al fine di raggiungere la velocità massima possibile (“höchstmögliche Geschwindigkeit”)”. Questo lo
prevede il paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3, StGB (CP).
Nel novembre 2019, dinanzi a un “Amtsrichter” del Baden-Würtemberg avrebbe dovuto celebrarsi il
dibattimento nei confronti del conducente di un’autovettura, al volante senza patente di giuda e sotto
l’effetto di sostanze stupefacenti, che, non ottemperando all’intimazione di fermarsi, impartito dalla Polizei
e, al fine di sfuggire al controllo, aveva proseguito la corsa alla velocità di circa 80-100 km/h, attraversando
anche centri abitati. Non aveva rispettato, nell’occasione, questo conducente, 3 semafori proiettanti luce
rossa e si era poi scontrato con altro veicolo.

II. La censura di illegittimità costituzionale del difensore
Il difensore, prima che potesse essere iniziato il dibattimento, aveva eccepito, ai sensi dell’art. 100, Abs. 1,
S. 1, del “Grundgesetz (GG)” – Costituzione federale – l’illegittimità del paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3,
StGB, chiedendo la sospensione del procedimento e la rimessione dinanzi alla Corte costituzionale federale.
Deduceva la difesa, che la norma prevista dal paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3, StGB, difettava della
“notwendigen Bestimmtheit” (necessaria determinatezza prevista dall’art. 103, Abs. 2, GG). Il giudice,
prima di procedere a dibattimento, deve “assicurarsi”, che la norma da applicare non violi il
“Bestimmtheitsgebot/Bestimmtheitsgrundsatz” (principio di determinatezza della norma).
La formulazione del paragrafo 315 d, Abs.1, Nr. 3, StGB, non è tale da rendere chiaro a chiunque, qual è il
livello di velocità eccedente la punibilità di una mera “Ordnungswidrigkeit” e qual è il comportamento
costituente il reato previsto dalla norma contestata all’odierno ricorrente.
 L’espressione “um eine höchstmögliche Geschwindigkeit zu erreichen” (n. 3 del comma 1) è troppo
“unbestimmt“ (generica/vaga) e contrasta, pertanto, con il principio di determinatezza della norma,
determinatezza, che non è possibile ottenere neppure in via di interpretazione. Altrimenti sarebbe violato
non soltanto l’art. 103, Abs. 2, della Costituzione federale, del “Grundgesetz (GG)” e pure il
“Verhältnismäßigkeitsgrundsatz”(principio di proporzionalità).
Oltre alla “Verletzung des Normenklarheitsgebotes” (violazione dell’obbligo di chiarezza delle norme),
sarebbe ravvisabile, sempre secondo la difesa, pure la violazione del principio della divisione dei poteri
(“Gewaltenteilung”). Il legislatore non può “delegare” al giudice di determinare il “Tatbestand”
(fattispecie), come è avvenuto con la norma impugnata dinanzi alla Corte, norma, che è stata (dal
legislatore) “besonders weit und unbestimmt gefasst”.

III. Osservazioni del                           ministro            della         Giustizia           e      del
“Generalbundesanwalt”
Il ministro della Giustizia, nella propria “Stellungnahme” (presa di posizione), ha affermato, che il
legislatore, anche nel settore del diritto penale, ha un ampio “Gestaltungsspielraum” (potere discrezionale)
e non è tenuto ad adottare sempre espressioni semplici.
Il “Generalbundesanwalt”, nelle proprie osservazioni, ha affermato che la censura di incostituzionalità de
qua è inammissibile e, comunque, infondata.

IV. L’ordinanza della Corte costituzionale federale
La Corte costituzionale federale, ritenuta l’ammissibilità della “Vorlage”, ha deciso, che la norma
censurata, non contrasta con il “Bestimmtheitsgebot”, né viola il principio della “Gewaltenteilung” (art. 20,
comma 3, Costituzione federale), né è ravvisabile una lesione dell’“allgemeinen Handlungsfreiheit” (art. 2,
comma 1, GG).
È ben vero, che l’art. 103, comma 2, “GG”, contiene “einen strengen Gesetzesvorbehalt” (una rigorosa
riserva di legge), per effetto della quale, è inibito, al potere giudiziario e a quello esecutivo, di determinare i
presupposti normativi per una condanna (vedasi BVerfGE 126, 170 (194) e 143, 38 (53)).
Tutti devono poter prevedere, ha osservato la Corte, quale comportamento sarà punito; in questo senso
l’art. 103, comma 2, “GG”, ha anche una funzione di tutela della libertà(BVerfGE 126, 170 (194 f)).

V. Obblighi del legislatore e obblighi del giudice
D’altra parte, ha osservato la Corte costituzionale federale, l’art. 103, comma 2, “GG”, obbliga il
legislatore a determinare soltanto i “presupposti” essenziali delle fattispecie di reato. Basta che le norme
contengano portata e applicabilità delle stesse, suscettibili di interpretazione e di precisazione.
Il legislatore, in sede di emanazione delle norme, non può essere tenuto a un’eccessiva “Kasuistik” (a una
descrizione (troppo) analitica delle singole fattispecie incriminatrici).
L’astratezza delle norme implica, che esse possano dare adito anche a dubbi. È in facoltà del legislatore,
fare riferimento anche a precetti extrapenali. La determinatezza di una norma dipende anche – almeno in
parte – dalla gravità della sanzione prevista (vedasi BVerfGE 75, 329 (342)); inoltre, è necessario, tenere
conto dei destinatari della norma (BVerfGE 126, 170 (196)). Importante è che i “Normadressaten”
(destinatari della norma) siano in grado di “percepire/comprendere” il rischio di una condanna a seguito di
un loro comportamento previsto dalla norma. Cosiddette “Randunschärfen” (indeterminatezze meramente
marginali) sono inevitabili (BVerfGE 75, 323 (342)) e l’utilizzazione “konkretisierungsbedürftiger
Begriffe” (concetti che devono essere concretizzati) è lecita, se il destinatario della norma è in grado “das
Bestrafungsrisiko zu erkennen” (di comprendere il rischio della punizione).
Per quanto concerne la dedotta violazione del “Gewaltenteilungsprinzip” (art. 20, comma 2, S. 2, “GG”), il
BVerfGE ha osservato, che questo principio è violato, se il giudice si azzarda a un intervento “correttivo”
sulla norma e non si limita a interpretarla, essendo di competenza del legislatore, individuare i beni
giuridici da esso ritenuti meritevoli/degni di tutela e stabilire i limiti di tutela degli stessi, facendo ricorso al
diritto penale. Se un comportamento non può essere sussunto sotto una norma, il giudice deve emanare
sentenza di assoluzione (vedasi BVerfGE 64, 389 (393)). Eventuali lacune normative devono essere
“coperte” dal legislatore stesso. Al giudice è preclusa ogni “Tatbestandserweiterung” (estensione della
fattispecie criminosa, a interpretare una norma in modo da ravvisare altri elementi della stessa). Altrimenti
verrebbe vanificato il principio di prevedibilità di cui all’art. 7 CEDU.
Il giudice è obbligato a rispettare la volontà del “Gesetzgeber”, la quale deve essere assicurata mediante
un’interpretazione restrittiva, se si tratta di una formulazione, che è “weit gefasst” (BVerfGE 87, 399
(411)).
Ad avviso della Corte costituzionale federale, l’espressione “um eine höchstmögliche Geschwindigkeit zu
erreichen” (velocità massima possibile) di cui al paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3, StGB, è suscettibile di
interpretazione, senza violare i limiti sopra esposti.

VI. Non vi è indeterminatezza della norma impugnata
L’indeterminatezza della norma non può essere desunta dall’uso dell’espressione “eine” (una), in quanto, ai
fini dell’accertamento delle “Tatbestandsvoraussetzungen”, è necessario riferirsi al momento, in cui il fatto
è stato commesso.
Ha dedotto la difesa, che il legislatore avrebbe individuato i parametri, secondo i quali deve essere valutata
l’“höchstmögliche Geschwindigkeit”. A tal fine è necessario far riferimento alla potenza del motore, alla
situazione del traffico, alla capacità del conducente, alle condizioni di visibilità e di tempo; inoltre, è lecito,
tenere conto di quanto era stato esposto nella relazione accompagnatoria del disegno di legge e dei lavori
parlamentari.
Non è stato indispensabile, ha osservato la Corte costituzionale federale, che il legislatore avesse indicato,
che la volontà fosse tale da superare la capacità di guida del conducente del veicolo. Inoltre, non è stato
necessario, che il legislatore avesse precisato i motivi, che inducono il conducente, “eine höchstmögliche
Geschwindigkeit zu erreichen”, per cui, nella previsione rientra anche la velocità massima per sottrarsi a un
controllo da parte delle forze dell’ordine, specie se si tratta di persona, che, come già accennato, è priva di
patente e si è posta alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti).
Con il paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr., 3, StGB, il legislatore ha perseguito obiettivi ragionevoli (sicurezza del
traffico, tutela della vita, dell’incolumitàpersonale, della proprietà) e tali da prevenire pericoli assimilabili a
quelli di cui ai numeri 1 e 2 dell’Abs. 1. Infatti, la pena prevista per la fattispecie contemplata dal n. 3
del citato comma 1, è identica a quella contemplata dai numeri 1 e 2.
Per quanto concerne l’elemento soggettivo del dolo, nella previsione normativa di cui al n. 3, non basta il
dolo eventuale, sufficiente, invece, per i “Tatbestände” previsti dai numeri 1 e 2.
Va osservato poi, che, ai fini dell’integrazione della fattispecie prevista dal n. 3, è necessario, che
il conducente, per raggiungere l’“höchstmögliche Geschwindigkeit”, deve aver percorso “eine nicht ganz
unerhebliche Wegstrecke” (una distanza non proprio breve).
Non è fondata la tesi, secondo la quale, la fattispecie di cui al n. 3, sarebbe “assorbita” dalla cosiddetta
Rücksichtslosigkeit (“sich rücksichtslos fortbewegt” – procede senza rispettare i diritti altrui).
Il legislatore ha “concretizzato” sufficientemente il “Tatbestand” di cui al n. 3 e ha rispettato (BVerfGE
126, 170 (194)) il principio della divisone dei poteri, (“Gewaltentrennungsgrundsatz”) e
il “Bestimmtheitsgebot”, che discende dal principio della divisione dei poteri; si veda BVerfGE 126, 170
(194).
Non merita accoglimento la censura del ricorrente, seconda la quale, il citato n. 3 del comma 1 del
paragrafo 315 d StGB, comporterebbe un “intervento” sproporzionato a carico dell’“allgemeinen
Handlungsfreiheit” (libertà di comportarsi in genere) prevista dall’art. 2, Abs. 1, “GG” (Costituzione
federale).

VII. Principio di proporzionalità
Il principio di proporzionalità implica, che il legislatore, emanando un precetto penale – specie se questo
prevede (sia pure in alternativa alla multa), la pena detentiva, come nel caso del n. 3 – deve tenere conto
del principio sancito dall’art. 2, Abs. 2, S. 2, StGB (“La libertà personale è inviolabile”), per cui una
norma, anche se soltanto potenzialmente limitativa della libertà personale, deve trovare la propria
giustificazione nella tutela di altri beni giuridici della collettività (“der Allgemeinheit”); vedasi BVerfGE
90, 145 (172)). In materia di norme penali, l’“Übermaßverbot” ha particolare importanza. Tuttavia il
legislatore, nel decidere, se un determinato bene giuridico, la cui tutela viene da esso ritenuta necessaria,
debba essere presidiata da una norma penale, dispone, in linea di massima, di una certa discrezionalità
(“steht grundsätzlich frei”).
Il principio di proporzionalità postula, che la norma penale emanata dal legislatore, debba essere necessaria
per il conseguimento dello scopo, che il “Gesetzesgeber” si propone. Non è, però, necessario, che questo
scopo venga effettivamente raggiunto in ogni caso. Basta la “Möglichkeit der Zweckerreichung” (la
possibilità).
Il ricorso al precetto penale è lecito e necessario, se il legislatore non ha a disposizione altro
“mezzo/strumento” di pari efficacia, ma che limiti, in modo meno restrittivo, i diritti fondamentali della
persona.
In sede di valutazione della necessità e dell’idoneità del “mezzo” da impiegare per l’ottenimento dei fini
avuti di mira (prevenzione di danni a persone o alla collettività), al legislatore, come già accennato, è
riconosciuta una certa discrezionalità, “sottratta” al vaglio della Corte costituzionale federale, anche se
questa Corte deve tenere conto dei beni giuridici che possono essere lesi, della gravità dell’“intervento” e
dell’urgenza dello stesso.
La Corte deve comunque procedere a una valutazione complessiva dell’“intervento”, della “Dringlichkeit”
(urgenza) dello stesso e della “Zumutbarkeit”; ciò comporta, che la “Belastung” (l’aggravio) non deve
essere eccessiva (BVerfGE 120, 224 (241)).

VIII.  Gli    interessi                    della         collettività           e      l’“allgemeine
Handlungsfreiheit”
Ovviamente deve tenersi conto anche degli interessi della collettività, che devono essere più “gewichtig”
(avere più “peso” ), più la libertà viene compressa.
Il paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3, StGB, non può essere ritenuto costituzionalmente illegittimo; ha un
meritevole “Gemeinwohlzweck” (scopo di tutela di beni della collettività) essendo preposto a garantire la
sicurezza del traffico, della vita, dell’incolumità delle persone e della proprietà. Questa norma si appalesa
quale strumento atto a garantire i predetti beni giuridici, prevedendo sanzione penale a carico di chi
contravviene alla stessa; vi è uno “strafbewehrtes Verbot”, atto a sanzionare e a prevenire
“gefahrenträchtige Handlungsweisen” (comportamenti forieri di pericolo) nel traffico veicolare. Nessuno
poi può negare, che l’“intervento” del legislatore, sia stato necessario per raggiungere gli obiettivi sopra
esposti.
Il “Gesetzgeber” non aveva e non ha a disposizione, ai fini della tutela dei beni giuridici suddetti, uno
strumento che sarebbe stato meno “eingriffsintensiv” (incisivo sui diritti delle persone), con identico
“Wirkungsgrad” (grado di efficacia), quale sarebbe potuto essere una disposizione inserita
nell’“Ordnungsrecht” (vale a dire, una sanzione di carattere amministrativo). L’effetto deterrente di una
norma del genere, sarebbe (stato) troppo scarso.
Le limitazioni, che il paragrafo 315 d, Abs. 1, Nr. 3, StGB comporta per l’“allgemeinen
Handlungsfreiheit”, sono adeguate allo scopo; ciò, anche alla luce del fatto, che le esigenze di tutela della
collettività, non possono non ritenersi prevalenti sulla “Handlungsfreiheit” da riconoscere alle singole
persone.
I beni giuridici della vita e quello della sicurezza del traffico veicolare, come – entrambi – tutelati dal
disposto del paragrafo 315 d, Abs.1, Nr.3, StGB, legittimano anche la punibilità di un pericolo astratto
(vedasi BVerfGE 153, 182 (284)). Di fronte a queste esigenze, all’interesse del singolo, di muoversi nel
traffico “mit höchstmöglicher Geschwindigkeit”, non puòessere riconosciuta di certo, prevalenza.

TAG: legittimità costituzionale, circolazione stradale, RFT
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