CILGI 3 Bochum Quaderno degli abstract - an der Ruhr-Universität ...

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CILGI 3 Bochum
   Quaderno
 degli abstract

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Relazioni in plenaria
Massimo Vedovelli (Università per Stranieri di Siena)
I nuovi scenari globali per l’italiano nel mondo: modelli teorici e metodologici per una ricerca sulla crisi

L’intervento presenta i primi risultati di una indagine sulla condizione dell’italiano nel mondo che Tullio De
Mauro volle iniziare poco prima della sua scomparsa. L’indagine è promossa dall’Istituto di Studi Politici San Pio
V di Roma e si avvale di un comitato scientifico composto, oltre che dallo scrivente, da Monica Barni, Francesco
De Renzo, Silvana Ferreri, Andrea Villarini. Un gruppo di ricercatori, con sede a Siena e a Roma, conduce le
ricerche.
L’esigenza che ha dato luogo all’indagine è innanzitutto di tipo metodologico, ma hanno ricadute dirette
sull’oggetto dell’indagine: le ricerche svolte a partire dalla fine degli anni Settanta sulla scia di quella
pionieristica di I. Baldelli e U. Vignuzzi (Ministero Affari Esteri, 1982; Baldelli, 1987) hanno avuto
sostanzialmente un’impronta quantitativa, e sono state tese a delineare le cifre relative ai numeri degli
apprendenti l’italiano in contesti formali e alle loro motivazioni. Solo Italiano 2000 (De Mauro, Vedovelli, Barni,
Miraglia, 2002) inserisce la ricerca del dato quantitativo entro un modello teorico la cui solidità è il principale
oggetto dell’analisi.
L’approccio quantitativo di tali indagini non poteva sorreggersi sulla potenza che gli attuali strumenti digitali
conferiscono alle ricerche sulla materia: se prima la raccolta dei dati era un’operazione estremamente laboriosa
e tale da impegnare la maggior parte delle risorse, oggi la rete digitale consente con poche operazioni di
raccogliere e sistematizzare una mole di dati incomparabilmente più grande rispetto a quelli delle indagini
passate. Questa constatazione ha spinto De Mauro e il comitato scientifico della ricerca in corso a cambiare
innanzitutto la prospettiva metodologica e a sceglierne una di tipo ‘qualitativo’. Con tale scelta si intende
superare la mitologia epistemologia del dato puramente quantitativo e rispondere a nuove questioni che
investono l’italiano nei tempi attuali, i tempi del mondo globale.
Ciò che anche i dati istituzionali non sembrano spiegare, infatti, è la situazione di generale arretramento che, dal
punto di vista quantitativo, sembra caratterizzare la presenza dell’italiano nel mondo come lingua oggetto di
apprendimento: le indagini della Modern Language Association (Looney, Lusin, 2018); i dati sui corsi ex L.
153/1971; le diverse ricognizioni presentate in occasione del convegno del novembre 2017 per il Centenario
della Scuola di Lingua e Cultura Italiana per Stranieri di Siena: ebbene, sono sistematiche ormai le testimonianze,
basate su dati quantitativi, di un arretramento delle posizioni dell’italiano nel mercato globale delle lingue. Si
tratta di un arretramento che anche le più recenti ricognizioni promosse dalle nostre Istituzioni non hanno
saputo (potuto) prevedere (Ministero Affari Esteri, 2016), e che si presenta inaspettato anche alla luce della
capacità di resistenza dell’italiano negli anni più ‘caldi’ della crisi economica globale, che ha avuto effetti non
indifferenti anche sulle lingue. Le domande che derivano da tale situazione sono varie: i modelli teorici e
metodologici finora utilizzati sono ancora adeguati per la dialettica contemporanea fra i sistemi lingua-cultura-
economia-società? L’arretramento delle posizioni dell’italiano si correla a altri tratti non strettamente linguistici
e educativi? La politica linguistica per l’italiano L2 può ancora fondarsi su una legge risalente agli anni Settanta?
Si tratta di un fenomeno strutturale o passeggero?
L’intervento presenta i presupposti del modello teorico di riferimento dell’indagine dell’Istituto San Pio V, i suoi
modelli metodologici, i primi risultati delle analisi, che cercano di dare risposta alle menzionate domande.
Saranno toccate in particolare le questioni degli assetti linguistici delle comunità di origine italiana nel mondo,
sia in rapporto alle loro attuali condizioni di coesione, sia in rapporto alla dialettica con i flussi di
neoemigrazione. Di quest’ultima saranno delineati gli elementi di novità rispetto alle dinamiche linguistiche delle
passate ondate emigratorie italiane.

Bibliografia

Baldelli I. (a cura di), 1987, La lingua italiana nel mondo. Indagine sulle motivazioni allo studio dell’italiano,
Roma, Istituto della Enciclopedia italiana Treccani.
De Mauro T., Vedovelli M., Barni M., Miraglia L., 2002, Italiano 2000. I pubblici e le motivazioni dell’italiano
diffuso fra stranieri, Roma, Bulzoni.
Looney D., Lusin N., 2018, Enrollments in Languages Other Than English in United States Institutions of Higher
Education, Summer 2016 and Fall 2016: Preliminary Report, Modern Language Association of America Ministero
Affari Esteri, 1981, Indagine sulle motivazioni all’apprendimento della lingua italiana nel mondo, in
collaborazione con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
Ministero Affari Esteri, 2016, Italiano lingua viva, Stati Generali della Lingua Italiana nel mondo, Firenze 17-18
ottobre 2016, on linewww.esteri.it/mae/resource/doc/2016/10/libro_bianco_stati_generali_2016.pdf.

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Katja Cantone-Altintas (Universität Duisburg-Essen)
Bilinguismo italiano-tedesco: dalla famiglia alla scuola

Sia teorie sull’acquisizione sia studi sullo sviluppo simultaneo e successivo di due o più lingue hanno mostrato
che non ci sono difficoltà linguistiche che impediscano ai bambini di crescere bi- e/o multilingui. Essi sono capaci
di sviluppare le lingue separatamente, anche se è possibile notare influssi temporanei (cross-linguistic influence)
o code-switching, ovvero l’uso delle due lingue durante un discorso o addirittura all’interno di una frase (cfr. i.a.
Cantone, 2007; Meisel, 1989; Müller, 1998; Müller, Kupisch, Schmitz & Cantone 32011; Rothweiler, 2007, Tracy
2015).
Nonostante ciò notiamo che l’acquisizione bilingue non sempre risulta nel perfetto dominio delle due lingue ad
un livello di madrelingua e talvolta si riscontrano casi in cui le due lingue non vengono praticate
quotidianamente. Bisogna dunque valutare soprattutto gli aspetti extralinguistici che condizionano l’ambiente
dei bambini e degli adolescenti per capire quali fattori hanno conseguenze che possono influire negativamente
sull’apprendimento e sull’uso di una delle lingue (in genere quella di minoranza) di persone bilingui.
Fra questi vi sono ad esempio le strategie e la politica linguistica applicate in famiglia (cfr. Romaine, 1995; King,
Fogle & Logan-Terry, 2008). Quali sono le lingue padroneggiate e usate all’interno di una famiglia? Quali
strategie usano i genitori quando parlano con i figli? Va esaminata inoltre la situazione socio-politica e
istituzionale di una lingua: da quando la lingua viene parlata in una certa zona geografica? Di che reputazione
gode la lingua? È insegnata diffusamente nelle scuole? Infine – ma non meno importante – è essenziale eseguire
un’analisi dei fattori decisivi per la preservazione nei contesti migratori (cfr. Cantone & Olfert, 2015; Olfert,
2018).
Nella presente relazione si discuteranno dati attuali relativi a persone cresciute in contatto con l’italiano ed il
tedesco in Germania in un contesto migratorio sotto gli aspetti ivi menzionati (cfr. i.a. Müller & Schmitz 2009; Di
Venanzio & Cantone 2016).
Tratteremo l’acquisizione individuale infantile bi- e trilingue nella combinazione italiano-tedesco (ed
eventualmente lingua x), concentrandoci sulla quantità di input alla quale i bimbi sono esposti e su dati
linguistici intorno all’infanzia (cfr. Müller et al. 32011, Cantone 2018a). Quanta esposizione è sufficiente per
raggiungere un livello da madrelingua? Come si sviluppa il lessico in un contesto multilingue? A nostro avviso
purtroppo non vi sono finora studi longitudinali sull’acquisizione bilingue condotti in Italia per poter comparare
la situazione linguistica fra i due paesi (si veda tuttavia Patuto et al. 2014).
Discuteremo inoltre dati di adolescenti, valutando la loro competenza linguistica dell’italiano e il loro
atteggiamento nei confronti dell’italiano (cfr. Cantone & Olfert 2015, Olfert 2018, Cantone 2018b). Con quali
criteri possiamo valutare l’italiano parlato all’estero? Che importanza ha il grado di appartenenza socio-
culturale? Come si può descrivere l'uso quantitativo dell’italiano in Germania da parte dei giovani?
Parleremo infine di genitori bilingui appartenenti alla seconda generazione di heritage language speakers (cfr. Di
Venanzio, Schmitz & Scherger 2016, Müller & Schmitz 2014) e delle loro scelte riguardo alla trasmissione
dell’italiano (cfr. Müller & Schmitz 2014, Cantone 2018 a,b)
Le domande di ricerca saranno le seguenti:
     (a) Sotto quali aspetti di politica linguistica familiare è possibile raggiungere un dominio perfetto in
          entrambe le lingue?
     (b) Quali decisioni prendono i genitori già cresciuti bilingui rispetto alla lingua da tramandare?
     (c) Come possiamo valutare le manifestazioni linguistiche in un contesto migratorio?
     (d) Qual è la corretta definizione di bilingue da praticare in contesti di dominio più ricettivo che produttivo?
     (e) Quale       ruolo     riveste    l’insegnamento       dell’italiano     (come    lingua    di    minoranza/
          Herkunftssprachenunterricht, come lingua straniera)?

Bibliografia

Cantone, Katja F. 2007. Code-switching in Bilingual Children. Dordrecht: Springer.
Cantone, Katja F. 2018a. Input and Language Strategies in early Bilingual and Trilingual Acquisition. Manoscritto,
UDE.
Cantone, Katja F. 2018b. Italienischstämmige SchülerInnen im Fremdsprachenunterricht Italienisch:
Spracherwerb und Spracherhalt im mehrsprachigkeitsdidaktischen Kontext, in García, M., Prinz, M. & D. Reimann
(ed.): Mehrsprachigkeit im Fremdsprachenunterricht. Neue Studien und Konzepte zur Vernetzung von
Schulsprachen      und     Herkunftssprachen      (Schwerpunkt:      romanische     Sprachen).     Romanistische
Fremdsprachenforschung und Unterrichtsentwicklung (RFU), Tübingen: Narr Verlag.
Cantone, Katja F. & Olfert, Helena 2015. Spracherhalt im Kontext herkunftsbedingter Mehrsprachigkeit
Italienisch-Deutsch – methodologische Überlegungen. In: Fernández Ammann, E.M., Kropp, A. & Müller-Lancé, J.
(ed.): Herkunftsbedingte Mehrsprachigkeit im Unterricht der romanischen Sprachen. Akten zur gleichnamigen
Sektion auf dem XXXIII. Romanistentag. Berlin: Frank & Timme, 25–42.
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King, Kendall A., Lyn Fogle, and Aubrey Logan-Terry. 2008. Family Language Policy. Language and Linguistics
Compass 2 (5): 907–922.
Di Venanzio, Laura & Katja F. Cantone. 2016. Spracherwerb und Spracherhalt im Ruhrgebiet und Umgebung.
Eine Bestandsaufnahme der hiesigen Forschung zur Mehrsprachigkeit. In: K.F. Cantone & A. Moraitis (ed.),
Vielfältig und doch individuell. Mehrsprachigkeit im Ruhrgebiet, UNIKATE 49. Berichte aus Forschung und Lehre,
Universität Duisburg-Essen, 24-31.
Di Venanzio, Laura, Schmitz, Katrin & Scherger, Anna-Lena. 2016. Objects of Transitive Verbs in Italian as a
Heritage Language in Contact with German. Linguistic Approaches to Bilingualism 6:3, 227–261.
Meisel, Jürgen M. 1989. Early Differentiation of Languages in Bilingual Children. In: K. Hyltenstam & L. Obler
(ed.), Bilingualism Across the Lifespan: Aspects of Acquisition, Maturity, and Loss. Cambridge: Cambridge
University Press, 13-40
Müller, Natascha 1998. Transfer in Bilingual First Language Acquisition. Bilingualism: Language and Cognition 1
(3): 151–171.
Müller, Natascha, Katja F. Cantone, Tanja Kupisch & Katrin Schmitz. 2002. Zum Spracheneinfluss im bilingualen
Erstsprachenerwerb: Italienisch-Deutsch. Linguistische Berichte 190, 157-206.
Müller, Natascha, Tanja Kupisch, Katrin Schmitz & Katja Cantone. 32011. Einführung in die
Mehrsprachigkeitsforschung. Tübingen: Narr.
Müller, Natascha & Katrin Schmitz. 2014. Mehrsprachigkeit von Geburt an: Vorteile, Schwierigkeiten und Wege
dahin. In: H. Sünker & C. Röhner (ed.), Frühe Kindheit, Leverkusen: Budrich, 199-213.
Müller, Natascha & Katrin Schmitz. 2009. Deutsch im Kontakt mit Italienisch: das bilinguale Individuum. In: M.
Elmentaler (ed.): Deutsch und seine Nachbarn. Frankfurt am Main: Lang, 149-167.
Olfert, Helena 2018. Spracherhalt und Sprachverlust bei Jugendlichen. Eine Analyse begünstigender und
hemmender Faktoren für Spracherhalt im Kontext von Migration. Dissertation, UDE.
Patuto, Marisa, Malin Hager, Laia Arnaus Gil, Nadine Eichler, Veronika Jansen, Anika Schmeißer & Natascha
Müller. 2014. Child-external and -internal factors in bilingual code-switching: Spanish, Italian, French and
German. In A. Koll-Stobbe & S. Knospe (ed.), Language Contact Around the Globe. Proceedings of the LCTG3
Conference. Frankfurt am Main: Lang, 191-209.
Romaine, Suzanne 1995. Bilingualism. Oxford: Blackwell.
Rothweiler, Monika 2007. Bilingualer Spracherwerb und Zweitspracherwerb. In: Steinbach, M. et al. (ed.),
Schnittstellen der germanistischen Linguistik. Stuttgart: Metzler: 103-135.
Tracy, Rosemarie. 2015. Spracherwerb im Einwanderungskontext. In Migration und soziale Arbeit, Beltz Juventa,
Weinheim, 299-305.

Elisabetta Bonvino (Università degli Studi Roma Tre)
Siamo davvero pronti per una didattica plurilingue?

Partendo dalla constatazione che gran parte dei contesti sociali sono multilingui e/o plurilingui, le riflessioni in
ambito di linguistica educativa e di didattica del plurilinguismo (Dalle Dieci Tesi G.I.S.C.E.L al Quadro Comune
europeo di rifermento) hanno da anni messo in evidenza l’importanza della valorizzazione del repertorio
linguistico di ciascun individuo, fatto di competenze diversificate di varietà linguistiche diverse. Un’altra idea
fondamentale per l’educazione linguistica, che si è fatta strada negli ultimi decenni, è che le lingue non devono
essere considerate come compartimenti stagni da apprendere isolatamente, senza tener conto del repertorio
linguistico di chi le apprende.
In questo quadro si collocano gli approcci plurali che sono definiti dal CARAP (2007, 3) come quegli approcci
didattici che mettono in atto attività di insegnamento/apprendimento che coinvolgono più varietà linguistiche e
culturali. Essi hanno pertanto il merito di operare sia in direzione del plurilinguismo dell’individuo sia in chiave
di ecologia linguistica in favore della preservazione del multilinguismo.
Il presente contributo intende rispondere all’interrogativo Siamo davvero pronti per una didattica
plurilingue? Per fare questo, propone un bilancio relativo a due aspetti, entrambi essenziali per la diffusione del
plurilinguismo: azione didattica e valutazione.
Dal punto di vista metodologico e didattico, si procederà ad un excursus dei principali filoni in cui si articolano
gli approcci plurali, volto ad evidenziarne i punti in comune e le principali differenze, ma anche la diffusione di
buone pratiche e il loro radicamento nelle istituzioni.
Dal punto di vista della valutazione delle competenze, si partirà dall’analisi dei descrittori della competenza
plurilingue contenuti in alcuni dei principali documenti del settore (CARAP, REFIC, MAGICC, nuovo quadro), si
approfondirà poi un esempio di valutazione della competenza plurilingue, presentando i primi risultati di un
progetto finanziato dalla comunità europea (EVALIC www. http://evalic.eu/) sulla valutazione
dell'intercomprensione. La presentazione del progetto ancora in corso, ci darà l’occasione di affrontare gli aspetti
della valutazione plurilingue che comportano una radicale innovazione dal punto di vista della valutazione delle

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competenze, scardinando alcuni assunti della valutazione linguistica basati sul “monolitismo linguistico”, e
mostrando al contempo la complessità e l'interesse della valutazione plurilingue.

Francesco Bruni (Università Ca’ Foscari Venezia)
L’italiano fuori d’Italia: ambienti e vicende

It is well known that at the beginnings of the XVI century Italian was a literary language, thanks to grammars,
dictionaries, literary works, the role of the printing. The Romantic ‘discovery’ of the cultural life of the
countryside and the XIX century Sprachwissenschaft fostered anthropological and linguistic research on Italian
dialetti. In the second half of the XX century, new linguistics trends focus on language registers, hidden Italian
being one variety of particular interest.
Graziadio I. Ascoli (1829-1806), founder of linguistic research in Italy, was aware that in his time Italian was a
variety spoken in the Mediterranean sea. Later, the international dimension of Italian was forgottten. More
recently it became again apparent. Some case studies will be presented: the role of Italian as a spoken and also a
written language in the Mediterranean; Italian as intermediate language between Turkish and Russian.

             Relazioni della sezione A – “Contatto tra italiano e altre lingue”

Luca Iezzi (Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara)
Repertorio plurilingue, domini d’uso e contatto linguistico all’interno della comunità pakistana in Abruzzo

Con la seguente ricerca si vogliono esaminare il repertorio linguistico, i domini d’uso ed il contatto linguistico
all’interno della comunità pakistana presente in Abruzzo (Italia). L’argomento verrà trattato attraverso l’analisi
delle competenze e delle attitudini dei parlanti nei confronti delle lingue a loro disposizione: le lingue ufficiali del
Pakistan (urdu e inglese), il Paklish (Pakistani English), la loro lingua materna (per quel che riguarda il gruppo
preso in esame, lingua appartenente alle lingue pahari), l’italiano standard, l’italiano regionale / dialettale.
Questa molteplicità di lingue ha notevole importanza nella scelta dei domini d’uso delle stesse e nel modo in cui i
parlanti si esprimono. Verranno analizzate conversazioni autentiche sia tra parlanti appartenenti esclusivamente
alla comunità pakistana, sia tra essi e parlanti italiano L1, in diversi contesti. Si studieranno, inoltre, fenomeni
di switching e mixing presenti negli enunciati registrati.
Per lo studio verranno utilizzate due metodologie: la ricerca etnografica, come quella messa in atto
da diversi studiosi italiani e britannici per studi su altre comunità (BLACKLEDGE & CREESE 2010, GUERINI
2006, WEI 2006), e l’analisi sociolinguistica attraverso questionario (CECCAGNO 2003, GUERINI 2006, PERTA
2008).

Bibliografia
BLACKLEDGE A., CREESE A. (2010), Multilingualism. A Critical Perspective, Continuum International Publishing
  Group, London.
CECCAGNO A. (2003), Lingue e dialetti dei cinesi della diaspora, Giunti,
Firenze-Milano.
GUERINI       F.     (2006), Language     Alternation Strategies in      Multilingual    Settings:    A     Case
  Study: Ghanaian Immigrants in Northern Italy, Peter Lang, Bern.
PERTA C. (2008), Repertorio e scxelte linguistiche nelle comunità francoprovenzali della Puglia, Aracne, Roma.
WEI L. (ed.) (2006), The Bilingualism Reader, Routledge, London.

Sara Ingrosso (Ludwig Maximilian Universität München)
Biografie linguistiche di giovani italiani in Germania: Forme postmoderne di migrazione in prospettiva
linguistica

Dopo i numerosi arrivi di lavoratori stranieri tra gli anni Cinquanta e Settanta, la popolazione italiana in
Germania ha vissuto una lunga fase di stabilizzazione e stagnazione delle presenze fino alla prima decade del
XXI secolo, in cui esse sono aumentate in maniera consistente, soprattutto nelle aree urbane (cf. Pichler 2015:
48). I nuovi arrivi dall’Italia sono estremamente eterogenei tra loro per quanto riguarda la regione di
provenienza, il livello di istruzione e lo status socio-economico. Una parte di loro è impiegata in settori di élite
e in società transnazionali, in cui non viene utilizzato soltanto il tedesco, lingua locale, ma anche l’inglese come
lingua veicolare. Tali cambiamenti da un punto di vista sociologico comportano in prospettiva sociolinguistica
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la necessità di svolgere nuove indagini per comprendere meglio sia le complesse dinamiche delle migrazioni e
delle mobilità contemporanee sia le caratteristiche del repertorio linguistico plurilingue di queste persone.
Al centro del presente studio si colloca l’analisi di biografie linguistiche, condotte in forma di intervista
narrativa con venti laureati italiani in età compresa tra i 25 e i 35 anni, i quali hanno lasciato l’Italia da meno
di cinque anni e risiedono al momento del rilevamento dei dati a Monaco di Baviera. Questo approccio
metodologico consente il raggiungimento di una prospettiva privilegiata per accedere al mondo dei migranti
(cf. Goncharova 2016) e per ricostruire le modalità in cui essi rappresentano e ricostruiscono il loro
repertorio linguistico. Se si considera inoltre l’intervista narrativa come una reale interazione comunicativa
(cf. König 2014: 82), è possibile dimostrare che essa non permetta soltanto un’analisi dei contenuti, ma anche
dei mezzi linguistici utilizzati nel corso della narrazione. Il focus dell’indagine è dato dallo studio dei pronomi
personali deittici, utilizzati dai parlanti per collocare se stessi e il proprio sistema di referenze tramite
strategie di posizionamento (cf. Bamberg 2005: 445). Nell’ambito della presentazione verranno pertanto
mostrati esempi dal corpus e verrà chiarito in che modo, sulla base di tali elementi, i nuovi italiani a Monaco si
identifichino come locutori plurilingue, a contatto con diversi sistemi linguistici e con parlanti aventi L1
diverse.

Bibliografia

Bamberg, Michael (2005): “Positioning.” In: The Routledge encyclopedia of narrative theory, David
  Herrman/Manfred Jahn, Marie-Laure Ryan (ed.). New York: Routledge, 445–446.
Goncharova, Galina Nikolaevna (2016): “Getting inside the migrants’ world(s): Biographical interview as a
  tool for (re)searching transcultural memory.” Crossing Journal of Migration & Culture 7: 43–61.
König, Katharina (2014): Spracheinstellungen und Identitätskonstruktion. Eine gesprächsanalytische
  Untersuchung sprachbiographischer Interviews mit Deutsch-Vietnamesen. Berlin: De Gruyter.
Pichler, Edith (2015): “Bedingungsfaktoren der neuen Arbeitsmigration aus Italien nach Deutschland. ” In:
  Neue Arbeitsmigration aus Spanien und Italien nach Deutschland, Christian Pfeffer-Hoffmann (a cura di).
  Berlin: Mensch & Buch Verlag, 47–73.

Ramona Jakobs (Ruhr-Universität Bochum)
Semi-speaker e il loro ruolo nel contatto linguistico tra italiano e occitano

In andauernden Sprachkontaktsituationen, wie bspw. im Falle des italienisch-okzitanischen Kontakts im
Piemont, bildet sich häufig ein Dominanzverhältnis innerhalb der gesellschaftlichen Mehrsprachigkeit aus, so
dass die dominierte Sprache (Okzitanisch) an Redegelegenheiten und damit an Kommunikationsfunktionen nach
und nach einbüßt. Dieser Rückgang führt letztlich zu einem Abbruch der generationellen Sprachweitergabe.
Obwohl Okzitanisch nur noch selten als Muttersprache an die Kinder tradiert wird, kommen sie dennoch im
familiären Umfeld in Kontakt mit dem Okzitanischen und erlangen durchaus einige Kompetenzen, so dass sie mit
Sasse (1985) als ‚Semisprecher’ bezeichnet werden können. Der Terminus stammt ursprünglich von Dorian
(1980, 87): „These ‘semi-speakers’ […] persist in speaking a language which has low prestige and limited
currency despite the fact that they speak it imperfectly and in some cases haltingly”. Kremnitz hat bereits Ende
des 20. Jh.s festgestellt, dass „praktisch keine muttersprachlichen Sprecher des Okzitanischen mehr geboren
[werden]“ (ebd. 1988, 179) und somit ein Erhalt des Okzitanischen nur mit Hilfe der Semisprecher erreicht
werden kann. Im Vortrag soll der Frage nachgegangen werden, inwiefern Semisprecher als Ausdruck von
Vitalität oder Revitalisierungstendenzen aufgefasst werden können, oder ob ihr Auftauchen den Sprachverfall
und/oder Sprachverlust einläutet.
Ausgehend von einer geographischen Einordnung des okzitanischen Sprachraums mit Schwerpunkt auf die
sogenannten Valadas occitanas (Pla-Lang 2008, 33ff.), sollen die historischen Umstände, die zum Rückgang des
Okzitanischen geführt haben erläutert werden (Kremnitz 1981 u. 2015), um die gegenwärtigen
soziolinguistischen Bedingungen, unter denen das Okzitanische steht (Riedel 2013), zu fassen. Schließlich soll
der Frage nachgegangen werden, welche Bedeutung der Sprachgebrauch des Okzitanischen durch die
Semisprecher in all ihrer Vielfalt für dessen Erhalt bzw. Vitalität haben kann.

Bibliografia

Dorian, Nancy C. (1980): „Language Shift in Community and Individual: The Phenomenon of the Laggard Semi-
Speaker”, in: International Journal of the Sociology of Language 25, 85-94.
Kremnitz, Georg (1981): Das Okzitanische. Sprachgeschichte und Soziologie, Tübingen: Max Niemeyer Verlag (=
Romanistische Arbeitshefte 23).

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Kremnitz, Georg (1988): „Politische Einflüsse auf Sprachentwicklungen: Zur aktuellen Situation des
Okzitanischen in Frankreich und Katalonien“, in: Boretzky, Norbert/Enninger, Werner/Stolz, Thomas
(Hrsg.): Beiträge zum 4. Essener Kolloquium über „Sprachkontakt, Sprachwandel, Sprachwechsel, Sprachtod“
vom 9.10.-10.10.1987 an der Universität Essen, Studienverlag Brockmeyer: Bochum, 175-191.
Kremnitz, Georg (2015): Frankreichs Sprachen, Berlin/New York u.a.: de Gruyter (Romanistische Arbeitshefte
60).
Pla-Lang, Luisa (2008): Occitano in Piemonte: riscoperta di un’identità culturale e linguistica?, Frankfurt a.M.:
Peter Lang (= Sprache – Identität – Kultur 3).
Riedel, Karl (2013): Die Vitalität des Okzitanischen an der französisch-okzitanischen Sprachgrenze am Beispiel
von Nyons, Wilhelmsfeld: Gottfried Egert (= pro lingua 47).
Sasse, Hans-Jürgen (1985): „Sprachkontakt und Sprachwandel: die Grazisierung der albanischen Mundarten
Griechenlands“, in: Papiere zur Linguistik Heft 1/85, Nr. 32, 37-95.

Jocelyne Kenne Kenne (Universität Bayreuth)
Camfranglitalien: Examining the New Variety of Language Spoken by Cameroonian Migrants in Italy

The notion of migration and language contact can be interrogated through many perspectives. One important as
pect is the study of languages derived from the contact between the immigrant language (s) and the language (s)
spoken in the new setting. My presentation will aim at analyzing such
a language: Camfranglitalien. Camfranglitalien is born from the contact between the Italian language and an imm
igrant language called Camfranglais, which is a variety of language used by young people in Cameroon.
This sociolect developed as a result of the interaction between French,English, Cameroonian Pidgin
English and Cameroonian local languages, all languages spoken in Cameroon.
In Italy though, the Italian language is further added to the already mentioned languages. Siebetcheu has in        a
2011 study maintained that Camfranglais acquires a new label and form
in the Cameroonian community in Italy; it becomes Camfranglitalien.
My presentation will be based ona recent study that has been conducted to analyze the sociolinguistic profile of C
ameroonians in                                                                                                  Siena
(Italy). The research involved 59 Cameroonians from different linguistic background, both students and workers
, married and single.                 The data collection has been done through questionnaires,                audio-
recorded interviews and observations.
My research seeks to probe into the Camfranglitalien spoken in
Siena: its structure, its use and its functions in the new environment. Additionally, to what extent is the Camfrang
litalien spoken in Italy different from the Camfranglais spoken in Cameroon? What factors spur these differences
? Finally, I
will argue that the use of the Camfranglitalien by the Cameroonian migrants in the new environment clearly sho
ws a strong rootedness to their identity.

Bibliografia
Siebetcheu R.,          2011,          “Global linguistic heritage: the Camfranglais of immigrant youth in Italy”
In Proceedings of New Francophonies and Colonial Languages in a Global World, April 7-9.

Judith Kittler (Ruhr-Universität Bochum)
L’italiano parlato e percepito degli italiani di seconda e terza generazione migratoria nel bacino della Ruhr

Gianguido Manzelli (Università degli Studi di Pavia)
Aspetti dell’influsso lessicale italiano sul turco di Turchia

In un mio recente lavoro (Manzelli 2017) ho toccato alcuni aspetti problematici che riguardano l’influsso italiano
sul    lessico     del   turco    di    Turchia     come     le    deformazioni       fonetiche     del    tipo   turco
dialettale afkat (Anatolia occidentale, Küthaya), akobat o ablakat dall’italiano avvocato e problemi semantici com
e quello rappresentato dal turco karyola ‘letto (con testiera e pediera)’ dall’italiano (antico) carriola o veneziano
cariola nel significato ora obsoleto di                                              ‘lettuccio, brandina (con rotelle)’.
Ho affrontato anche la questione della necessità di ricostruire forme italiane o italo-
romanze come nel caso del turco tornavida ‘cacciavite’, termine per il quale
ho trovato il supporto di torna vite attestato in         Francesco Grisolini nel 1759               a          Venezia.
In molti casi occorre tener conto di possibili interferenze con il greco moderno a                                causa

                                                                                                                       7
del plurilinguismo di Istambul e                                          Smirne                                     e
le relazioni sociali fra italofoni e grecofoni nell’Impero Ottomano. Nonostante i contributi più o meno recenti, per
es.,       di        Francesco         Bruni,        Marina Castagneto,         Rosita D’Amora,       Laura Minervini,
Luciano Rocchi (si veda Rocchi 2013) e Lorenzo Tomasin, gli studi sul lessico turco risentono delle lacune nel ca
mpo della ricerca etimologica. A parte il magnifico Lingua Franca sul lessico nautico (lato sensu) di Kahane &
Tietze         (1958), ristampato in Turchia nel 1988, il miglior dizionario etimologico turco,          a mio parere,
è Eren (1999), però limitato nel numero di lemmi, mentre l’ambizioso progetto in 7 volumi di Andreas Tietze
è fermo al              secondo              volume             (lettere F-J), uscito postumo (Tietze           2009).
In questo contributo intendo esaminare la concorrenza fra italiano (veneziano, genovese)                e francese per
termini che hanno una comune origine,
del tipo turco bórsa ‘Borsa (d’affari)’ dall’italiano borsa e turco burs ‘borsa di                              studio’
dal francese bourse o turco kapriçyo ‘capriccio (musicale)’dall’italiano capriccio e turco kapris ‘capriccio’ dal
francese caprice o turco fóndo ‘fondo (finanziario)’ dall’italiano fondo e turco fon ‘sfondo’ dal francese fond. Altro
argomento che presenta aspetti interessanti è costituito da quei vocaboli turchi che derivano da parole composte
o sintagmi lessicalizzati dell’italiano e che a loro volta vengono sfruttati in turco per formare sintagmi nominali
complessi, per es. turco pandispanya da pan di Spagna, cfr. turco pandispanya gazetesi ‘un sacco di panzane’
(letteralmente: ‘giornale di pan di Spagna’ in cui gazete ‘giornale’ viene dall’italiano gazzetta). Infine, fra i molti
campi semantici in cui l’italiano ha giocato un ruolo rilevante, prenderò in considerazione i giochi di società
(carte, dama, tombola), un ambito che ha visto un coinvolgimento della comunità ebraica di Istanbul che
utilizzava e ancora utilizza il giudeo-spagnolo, ma che nel XIX secolo in parte ha frequentato scuole italiane
dell’Impero Ottomano, cfr. turco çinko ‘cinquina’ dall’italiano cinque in commistione con il giudeo-
spagnolo sinko ‘cinque’.

Bibliografia
Eren, Hasan. 1999. Türk Dilinin Etimolojik Sözlüğü. Ankara: Bizim Büro Basım Evi.
Kahane, Henry, Renée Kahane & Andreas Tietze. 1958. The Lingua Franca in the Levant. Turkish Nautical Terms
of Italian and Greek Origin. Urbana: University of Illinois Press.
Manzelli, Gianguido. 2017. The Lexical Influence of Italian on Turkish. In: Molinelli, Piera (ed.), Language and
Identity in Multilingual Mediterranean Settings. Challenges for Historical Linguistics, Berlin-Boston, De Gruyter
Mouton, pp. 171-184.
Rocchi,               Luciano.              2013. Gli italianismi nei testi turchi in trascrizione. Un’indagine storico-
lessicografica. Zeitschrift für Romanische Philologie 129 (4). 888–931.
Tietze, Andreas. 2009. Tarihi ve Etimolojik Türkiye Türkçesi Luğatı. Sprachgeschichtliches und etymologisches
Wörterbuch des Türkei-türkischen. II, F-J. Wien: Österreichische Akademie der Wissenschaften.

Maria Serena Masciullo (Università del Salento)
Il plurilinguismo de La Tigre della Malesia. Studio dei prestiti nel primo capolavoro salgariano e della loro
riscrittura nelle successive edizioni in appendice

“Avevano doppi timoni per meglio dirigerli, un casotto sul ponte chiamato attap, l'attrezzatura tutta di bambù ,
di rotang e di fibre di gamuti, e grossi cannoni a prua e spingarde dal lungo tiro, per poter gareggiare colle navi
meglio armate.” (Salgari, La Tigre della Malesia, n. 3)
Il plurilinguismo salgariano, preciso e accurato per flora e fauna, enciclopedico, determinato dalla volontà di
divulgare conoscenza e curiosità , si esplica nell’uso continuo di prestiti e caratterizza la prosa dell’autore,
un unicum all’interno del panorama narrativo italiano.
Salgari, attraverso il suo sperimentalismo espressionistico, ha concorso alla vitalità di termini attraenti ma poco
conosciuti ed è riuscito a fissare forme circolanti in testi specializzati.
Nel romanzo La Tigre della Malesia, pubblicato per la prima volta tra il 1883 e il 1884 sulle pagine de «La Nuova
Arena»,        ho       contato        almeno         trenta       prestiti:  per        la      maggior       parte
“esotismi” (rotang, kriss, prahos, buà mà mplam), non mancano anglicismi non adattati (pudding, beefsteak),
calchi morfologici (giacche rosse, sospiratore affannoso) e addirittura esclamazioni straniere (Saccaroa, My God).
Dopo aver ricostruito l’etimo remoto di questi forestierismi, la nostra attenzione si soffermerà
sull’approssimazione di Salgari nel recepire e rimettere in circolo queste parole, trascritte ora in un modo ora in
un altro (anche a distanza di poche righe), vuoi per l’assenza di un criterio filologico dell’autore vuoi per errore
dei tipografi.
Nella seconda parte, invece, sarà interessante effettuare la ricognizione di questi prestiti all’interno delle
successive edizioni che anticipano la pubblicazione in volume. L’analisi della riscrittura di questi
forestierismi permetterà di mettere in risalto i cambiamenti apportati dall’autore. Tale operazione consentirà di
esplorare a fondo la sua personale e particolare cifra espressionistica.

                                                                                                                      8
Bibliografia
Giorgio Raimondo Cardona, Indian loanwords in Italian, in India and Italy, Roma, Is.Me.O., 1974.

Sara Matrisciano (Universität Wien)
Chist’ parl’ megl’ ‘e me – vecchi e nuovi parlanti del napoletano. Un’analisi linguistico-percettiva
sull’integrazione e l’ideologia linguistica a Napoli

Nella linguistica italiana è noto che a Napoli, seppur con modalità e gradi di competenza diversi nella variegata
panoramica socio- linguistica della città , il dialetto napoletano goda di un’ininterrotta vitalità (cfr.
Bianchi/Maturi 2006, De Blasi 2013). Difatti la città partenopea viene ripetutamente descritta come “metropoli
dialettale” (De Blasi 2002, 2012). Nonostante tale etichetta sia discutibile da un punto di vista teorico-
concettuale (cfr. Matrisciano 2017), è indubbio che i parlanti stessi ritengano e costruiscano discorsivamente la
loro città come prettamente dialettale, ossia come luogo in cui tutti parlano – e devono parlare – dialetto (cfr.
Matrisciano in stampa). Il dialetto è dunque percepito dai napoletani come uno strumento indispensabile per
un’interazione verbale senza conflitti nel quotidiano urbano (cfr. Matrisciano 2017). Questa percezione – o
meglio convinzione collettiva – costringe i parlanti che non hanno il dialetto (ma l’italiano o altre lingue) come L1
ad acquisirlo nell’ottica della spendibilità di una risorsa essenziale, in una città le cui interazioni sociali sono, in
realtà , contrassegnate da un diffuso bilinguismo (napoletano e italiano). L’uso del dialetto genera identità
(collettiva e individuale) e funge da simbolo di appartenenza alla comunità (cfr. Matrisciano 2017). Questo
valore simbolico-ideologico (cfr. Berruto 2006: 120- 121) è particolarmente rilevante per i gruppi di immigrati
presenti in città , come mostrano anche studi sull’integrazione socioculturale degli immigrati in altri centri
urbani, come Salerno, in cui il dialetto è una parte integrante del repertorio dei parlanti (cfr. Maturi/Vitolo 2017,
Maturi 2016).
Nella mia presentazione mostrerò i risultati dell’analisi qualitativa di quindici interviste semi-strutturate fatte a
napoletani residenti nel centro di Napoli, i quali, condividendo lo spazio dei cosiddetti quartieri popolari e/o lo
spazio lavorativo con vari gruppi di immigrati, interagiscono quotidianamente con questi ultimi. L’attenzione
sarà posta sulle riflessioni metalinguistiche degli intervistati circa l’uso e le competenze del dialetto da parte
dei concittadini ivoriani, cinesi e polacchi. Colpisce che, mentre per i parlanti di origine napoletana la
competenza dell’italiano risulta essere obbligatoria per poter usare il dialetto senza rischiare lo stigma sociale
(cfr. Matrisciano 2017), nel processo di integrazione degli immigrati sembra svolgere un ruolo marginale.
Negli etnotesti generati durante le interviste, gli immigrati considerati come integrati vengono
emblematicamente rappresentati come dialetto- foni, mentre gli enunciati fittizi (nelle imitazioni degli
intervistati) di coloro che sono considerati non integrati e/o in conflitto con la società urbana ovvero con
l’habitus urbano sono contraddistinti da un italiano deficitario. Tali rappresentazioni sono legate ad un’ideologia
linguistica relativa al napoletano e al ruolo ad esso attribuito in città dai parlanti; questa ideologia linguistica (e
le funzioni del napoletano che ne risultano) sarà esposta nella presentazione mettendola in relazione con i vecchi
ed i nuovi parlanti di napoletano ed i concetti di autenticità, identità e autorità (cfr. Smith-Christmas et al.
2018).
A partire dalla prospettiva del parlante di origine napoletana si intende descrivere il ruolo svolto dall’italiano e
dal napoletano nei processi di integrazione-accettazione in un contesto di pluri- linguismo, con l’obiettivo più
specifico di comprendere quali possano essere le competenze linguistiche che permettano a soggetti immigrati
di essere considerati membri della società urbana.

Bibliografia
Berruto, Gaetano (2006): “Quale dialetto per l'Italia del Duemila? Aspetti dell'italianizzazione
e risorgenze dialettali in Piemonte (e altrove)“, in: Lingua e dialetto nell’Italia del duemila, a cura di
Alberto Sobrero e Annarita Miglietta. Galatina: Congedo, 101-127.
Bianchi, Patricia/Maturi, Pietro (2006): “Dialetto e lingua negli usi linguistici dei parlanti di Napoli e
della Campania“, in: Lo spazio del dialetto in città, a cura di Nicola De Blasi e Carla Marcato. Napoli: Liguori, 1-22.
De Blasi, Nicola (2013): “Persistenze e variazione a Napoli (con una indagine sul campo)“, in: Italienisch (35), 75-
92.
De Blasi, Nicola (2002): “Per una storia contemporanea del dialetto a Napoli“, in: Lingua & Stile (XXXVII), 123-
157.
De Blasi, Nicola (2012): Storia linguistica di Napoli. Roma: Carocci.
Matrisciano,                     Sara                       (2017): Glanz und Elend Neapels und des Neapolitanischen:
Die diskursive Konstruktion eines Mythos, tesi di dottorato ancora inedita (Università di Heidelberg).

                                                                                                                        9
Matrisciano, Sara (in stampa): “Talk about talk: from an urban space to a dialect place. How a collective body of
knowledge influences communicative dynamics in Naples“, in: Place Making in the Declarative City, a cura di
Beatrix Busse e Ingo Warnke. Berlin: De Gruyter.
Maturi, Pietro / Vitolo, Giuseppe (2017): “Migranti a Salerno tra italiano e dialetto”, in: L’italiano dei nuovi
italiani, a cura di Massimo Vedovelli. Roma: Aracne, 423-442.
Maturi, Pietro (2016): “L’immersione in una realtà linguistica complessa: gli immigrati tra i dialetti e l’italiano”,
in: Professione italiano. L'italiano per i nuovi italiani: una lingua per la cittadinanza, a cura di Anna De Meo.
Napoli: Università degli studi di Napoli l’Orientale, 123-138.
Smith-Christmas, Cassie/Hornsby, Michael/ Moriarty, Má iré ad (2018):
New Speakers of Minority Languages: Linguistic Ideologies and Practices.
Basingstoke: Palgrave Macmillan.

Isabella Matticchio (Sveučilište Jurja Dobrile u Puli)
Istria. Repertorio linguistico e profilo di parlanti bilingui

L’Istria è una regione di confine linguisticamente ricca ed eterogena. Secondo lo Statuto della Regione l’italiano è
lingua ufficiale accanto al croato. Negli usi informali, però, gli appartenenti alla Comunità Nazione Italiana (CNI)
dell’Istria ricorrono al dialetto istroveneto, che per loro rappresenta quasi una “carta d’identità” (Scotti Jurić e
Matticchio 2015). In questo modo all’italiano “standard” viene affidato un ruolo secondario. Il quadro
linguistico istroquarnerino è quello della doppia diglossia o poliglossia imperfetta (Milani 1990) data dalla
compresenza e dall’uso delle lingue italiana e croata standard nonché dal dialetto istroveneto. Tra le altre lingue,
annoveriamo il dialetto istroromanzo o istrioto, il dialetto istro-rumeno e il dialetto ciacavo. Dopo una
panoramica sulla storia dell’Istria in quanto regione plurilingue di confine, verrà trattata la situazione
linguistica istroquarnerina. Verranno prese in considerazione le istituzioni della Comunità Nazionale Italiana sul
territorio con particolare riguardo ai maggiori promotori della lingua italiana in Istria ovvero le scuole con lingua
d’insegnamento italiana e i mezzi di comunicazione di massa che operano sul territorio (nell’Istria croata e
slovena) come Tv Koper-Capodistria ed altre emittenti radiofoniche istriane. Si riporteranno alcuni dati sullo
studio              della            lingua italiana            nelle            scuole           croate              in
cui la lingua italiana è materia facoltativa nel 68,6% dei casi e obbligatoria soltanto nel 27,5% dei casi (Scotti Juri
ć e Ambrosi Randić 2010). Successivamente verranno spiegati gli usi e le funzioni delle varie lingue e
dialetti parlati (italiano standard, dialetto istroveneto, dialetto istrioto o istroromanzo, dialetto istro-rumeno,
croato standard e dialetto ciacavo). Data la complessità del repertorio linguistico, nella terza ed ultima parte
dell’intervento verranno esposti i risultati di un questionario volto ad offrire un profilo degli appartenenti alla
Comunità Nazionale Italiana suddiviso in 2 parti: i) biografica sociolinguistica degli informanti e ii) usi
dell’italiano e del dialetto istroveneto. Le domande interessano tutti gli appartenenti alla CNI (dai 18 ai 71 e più
anni) e ci permetteranno di comprendere gli ambiti d’uso delle due lingue. Le domande della prima parte (i)
riguardano i dati anagrafici, la formazione (se è avvenuta in lingua italiana o croata), la nazionalità e la
cittadinanza e la percezione della persona come “bilingue” o monolingue. La seconda parte (ii) è, invece, volta ad
indagare gli usi dell’italiano e del dialetto istroveneto nella comunicazione quotidiana (orale e scritta). Si
vogliono verificare, inoltre, quanto gli appartenenti alla CNI in Istria seguano i programmi televisivi in lingua
italiana, sia quelli delle emittenti nazionali italiane sia quelli delle emittenti istriane (ad esempio Tv Koper-
Capodistria).

Bibliografia

Milani,                                       N.                                   (1990). La Comunità italiana in Istria e
a Fiume fra diglossia e bilinguismo, Trieste Rovigno: Centro di ricerche storiche Rovigno.
Scotti Jurić , R., Ambrosi Randić , N., (2010). L'italiano L2: studi sulla motivazione, Edit-Pietas Iulia: Rijeka.
Scotti Jurić ,        R.,      Matticchio,             I.       (2015).         Norma linguistica e miscuglio linguistico:
I Racconti di guerra di Nelida Milani, in Martín Clavijo, M., González de Sande, M., Cerrato, D.; Moreno Lago, E.
M. (a cura di), Atti del convegno Locas: escritoras y personajes femeninos cuestionando las normasSevilla: Arcibe
l Editores, 2015. pp. 1030-1043.

Silvia Natale (Universität Bern), Stefania Marzo (Katholieke Universiteit Leuven)
Emigrare nella Svizzera tedesca- ieri e oggi

La Svizzera tedesca, protagonista della massiccia immigrazione italiana degli anni sessanta e sessanta, attira, in
seguito alla recente crisi economica europea, nuovi immigrati provenienti dall’Italia. Ieri come oggi, la Svizzera

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tedesca rappresenta una sfida linguistica per chi vi si trasferisce. Il contesto plurilingue, caratterizzato
innanzitutto dalla compresenza del tedesco standard e dei dialetti locali, richiede ai nuovi arrivati
l’apprendimento di due codici linguistici per interagire senza limiti con i membri della comunità e le istituzioni
autoctone. Le difficoltà linguistiche incontrate in questo contesto plurilingue negli anni sessanta e nei due
decenni successivi, sono ben documentate e toccano diversi aspetti linguistici che si estendono dalla descrizione
del repertorio (cfr. Berruto 1991), ai fenomeni conseguenti al contatto linguistico come la commutazione di
codice, i prestiti o il transfer (cfr. Schmid 1993) fino alle dinamiche linguistiche che si creano nelle generazioni
successive alla prima (cfr. Moretti & Antonini 1999).
Oggi sono in arrivo nuovi immigrati che differiscono dai loro predecessori rispetto alla loro preparazione
socioculturale. È notevole nei nuovi arrivi la presenza di un numero elevato (circa il 30%) di persone che, per la
prima volta nella storia dell’emigrazione italiana in Svizzera, presenta un alto grado d’istruzione. Denominati
dalla stampa “cervelli in fuga”, si inseriscono nel mondo accademico, nella ricerca scientifica o nel management.
Che siano “cervelli” o persone con una formazione minore, i nuovi immigrati italiani trovano, secondo la nostra
ipotesi, nella Svizzera tedesca un ambiente più propenso ad accoglierli rispetto ai migranti dei
decenni precendenti. Competenze pregresse dell’inglese o di altre lingue straniere, la diffusione di uno stile di
vita       “all’italiana”,       l’apprezzamento         del      made         in Italy e      la       visibilità dell’
italiano nel linguistic landscape, porrebbero quindi le basi per un inserimento sociale e linguistico più agevolato.
Per provare la nostra ipotesi, nel nostro intervento metteremo a confronto le esperienze vissute da esponenti
della “vecchia migrazione” con le esperienze di chi è arrivato recentemente. Sulla base di analisi qualitative di
interviste raccolte nel 2018, porremo particolare attenzione all’architettura delle reti sociali dei due gruppi di
migranti in questione e agli usi linguistici all’interno di esse (cfr. Natale & Krakenberger 2017,
Bianco, Krakenberger & Natale 2017). Il paragone tra le esperienze dei migranti degli anni sessanta e dei nuovi
migranti aiuterà a determinare in quanto le condizioni agevolanti sopra citate siano significative per
l’integrazione linguistica.

Bibliografia

Berruto Gaetano, 1991, Note sul repertorio linguistico degli emigrati italiani in Svizzera tedesca, in “Linguistica“,
 31: 61-79.
Bianco, Francesco / Krakenberger, Etna & Natale, Silvia, 2017, Reti linguistiche e reti sociali di ricercatori e
 manager italiani nella Svizzera tedesca e in Francia, in „Testi e linguaggi“ (11), S. 111-126.
Moretti Bruno / Antonini Francesca, 2000, Famiglie bilingui : modelli e dinamiche di mantenimento e perdita di
 lingua in famiglia, Osservatorio linguistico della Svizzera italiana, Bellinzona.
Natale, Silvia / Krakenberger Etna, 2017, Reti sociali e abitudini linguistiche dei ‘cervelli in fuga’ italiani in
 Svizzera, in Bruno Moretti, Elena Maria Pandolfi, Sabine Christopher & Matteo Casoni (a cura di), Linguisti in
 contatto. Ricerche di linguistica italiana in Svizzera e sulla Svizzera. Atti del Convegno di Bellinzona 19–21
 novembre 2015, Bellinzona: Osservatorio linguistico della Svizzera italiana, S. 199–210.
Schmid,                                                                                                     Stephan,
 1993, Lingua madre e commutazione di codice in immigrati italiani di seconda generazione nella Svizzera tedes
 ca., in «Multilingua» 12 (1993): 265-289.

Nevin Özkan (Ankara Üniversitesi)
L’italiano nel turco

Come si sa, i rapporti diplomatici e commerciali tra l’Italia e la Turchia attraverso i secoli sono stati sempre
stretti e hanno lasciato delle tracce nella lingua parlata e scritta. Ancora oggi si incontrano parole di origine
italiana nel turco, in particolare nel campo bancario e in quello marittimo. E’ chiaro che i turchi sono stati
influenzati dagli italiani in molti aspetti, anche perché sono stati gli europei più presenti nelle terre anatoliche e a
Istanbul da secoli. Alcune parole sono state prese direttamente dall’italiano mentre altre hanno subito
cambiamenti, perdendo il loro significato originale e, talvolta, anche la pronuncia originale. Un motivo
dell’inserimento e accettazione di parole italiane in turco può essere, come notano tanti studiosi tra cui Bonelli,
la lacuna in certi campi, dalla marina all’industria di termini. Non si può negare il ruolo dei viaggiatori nel
‘trasporto’ di alcune parole importanti della quotidianità italiana in turco. Il romano Pietro Della Valle, come si
legge in “Viaggiatori del Seicento” di Guglielminetti, introduce il caffé/cahve e lo sorbetto/lo scerbet all’Europa.
Dopo la fondazione della Turchia moderna e le rivoluzioni di Atatürk c’è stato un momento in cui si è tentato di
purificare la lingua turca dalle parole straniere. Non si può dire che tale tentativo abbia avuto successo perche
ancor’oggi si usano molte parole italiane in turco. Questo contributo ha lo scopo di fare una presentazione su
parole italiane in turco antico e moderno e il loro modo d’impiego facendo riferimento agli studi fatti in merito in
Italia e in Turchia.

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Bibliografia

Luigi Bonelli, “Elementi italiani nel turco ed elementi turchi nell’italiano”, in Oriente, vol.I, Roma 1894.
Marziano Guglielminetti, “Viaggiatori del Seicento”, Unione tipografico-editrice torinese, Torino, 1967.

Carmela Perta (Università G. D’Annunzio Chieti-Pescara)
Fenomeni di contatto in contesti minoritari

Nella presente comunicazione ci si propone di analizzare i contatti tra comunità albanofone ed italofone in
territorio italiano; in particolare esaminerò alcune dinamiche del contatto linguistico e della sostituzione di
codice sulla base dell’esempio dato dall’albanese parlato in due comunità molisane del Sud dell’Italia,
Portocanone e Ururi. Queste situazioni minoritarie sono particolarmente interessanti in quanto terreno di
intersezione tra minoranze storiche, gli Arbëreshë, insediati in tali territori dal XIV secolo, e nuove minoranze, gli
Albanesi, arrivati in Italia in seguito alle ondate migratorie dal XX secolo. Da dati raccolti sulla vitalità
sociolinguistica dell’arbëresh (Perta 2004) e dell’albanese (Perta 2012) emerge che nelle comunità oggetto di
esame ci troviamo di fronte ad un duplice shift: dall’arbëresh all’italiano nel caso delle minoranze storiche, e
dall’albanese all’italiano nel caso delle nuove minoranze; entrambi processi di sostituzione linguistica connessi
con questioni di identità.
Attraverso l’analisi del parlato spontaneo di bilingui, sia Arbëresh che Albanesi, appartenenti ad un campione
casuale composto da 18 informanti, si verificherà se i dati confermano il quadro macro-sociolinguistico
caratterizzato da obsolescenza. A tal fine, analizzerò alcuni prodotti del contatto interlinguistico, posti in
implicazione tra loro (Berruto 2009) e correlati al grado di bilinguismo dei parlanti (Dal Negro 2005, Perta
2016). In particolare, mi focalizzerò su una categoria lessicale, il verbo che nelle gerarchie di “prestabilità” si
configura come statisticamente meno esposto all’interferenza rispetto sia agli elementi nominali sia ai connettivi
(sin da Haugen 1950, cfr. Matras 2007), individuando quali delle strategie per l’integrazione dei verbi, così come
elaborate da Wohlgemuth (2009), possano essere correlate al livello di bilinguismo dei parlanti.

Bibliografia

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 Iannaccaro / V. Matera (a cura di), La lingua come cultura, Torino, UTET, 3-34.
Dal Negro S. 2005, Il codeswitching in contesti minoritari soggetti a regressione linguistica. Rivista di Linguistica
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Haugen E. 1950, The analysis of linguistic borrowing. Language 26, 210-231.
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Wohlgemuth J. 2009, A typology of verbal borrowings, Berlin-New York, de Gruyter.

Mirko Sacchini (Тюменский государственный университет – Università statale di Tyumen)
Russismi e sovietismi nella lingua italiana

Le parole russe (russismi) entrate nell’italiano sono ricondotte da Vincenzo Orioles (1984, 2003, 2006, 2011 e
2015) a tre fasi storiche.
Nella                              prima, dalla fine del                             1400                                 al
1917, troviamo i russismi entrati solo come “esotismi”, prestiti di necessità, riferenti dei realia del mondo etnocu
lturale russo: cariche politiche e religiose (zar, boiaro, strelizzo; pope), nazionalità (circasso, ceceno, tagico), città
e informazioni geografiche (Mosca, siberia, taiga)
e, soprattutto, figure e oggetti dell’ambiente cosacco (cosacco, casacca, atamano, nagaica).                             Le
prime fonti letterarie che introducono nell’italiano i russismi sono pressoché tutte legate all’ambiente della
Repubblica         di      Venezia       e       alle sue ambascerie nella Moscovia.          I russismi della       prima
fase entrarono nell’italiano con le                                      proprie radici slave autoctone, subendo quasi
                                                                                                                         12
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