Chernobyl e il turismo nei luoghi del disastro: quali rischi?
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Chernobyl e il turismo nei luoghi del disastro: quali rischi? Il 2021 ha segnato l’anniversario numero 35 per il disastro di Chernobyl. Tra ricordi e bonifiche c’è davvero questa idea di un turismo da attuare in questi luoghi. Oltre le opinioni ricordiamo gli effetti di questo grande incidente nucleare. Chernobyl, i ricordi personali e la memoria collettiva Le tappe post disastro Il deserto (umano) e le conseguenze sulle colture Il turismo nei luoghi del disastro: un azzardo o una possibilità? Gli studi in laboratorio… …e quelli sugli animali Chernobyl, i ricordi personali e la memoria collettiva È successo anche per fatti avvenuti in seguito (ad esempio l’11 settembre del 2001, quando c’è stato l’attentato alle Torri Gemelle). Mi ricordo perfettamente cosa stavo facendo il 26 aprile del 1986, quando in Italia è arrivata la notizia dell’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, provocando il più grave incidente nucleare della storia. Mi ricordo nei dettagli le reazioni, i discorsi, le opinioni, il referendum, tutto. Anche il lento scemare, nei discorsi pubblici, di un tema che, passata la fase iniziale, è stato in qualche modo relegato ai margini della discussione pubblica. Per diventare argomento di nicchie di antagonismi (ideologici, parascientifici, con diverse venture di catastrofismo) e
lasciar spazio ad altre emergenze. Adesso che è da poco passato il 35esimo anniversario della strage, insieme alla messa in onda di una serie TV che ricorda gli accadimenti di quei giorni si torna a parlare con insistenza di un progetto che potrebbe ricordare quelli legati al “turismo industriale” (basti pensare alle miniere di carbone Zeche Zollverein a Essen, alle officine Fagus, etc..), ma con implicazioni peculiari…. Turismo industriale, cos’è? “Il turismo industriale è un settore del turismo relativamente recente, che promuove siti ed eventi relativi alla cultura industriale. È strettamente legato all’idea di cultura industriale come concetto socio-culturale dinamico, che si evolve in sintonia con un ambiente economico in trasformazione e collegato tra passato, presente e futuro. I turisti possono esplorare la storia della produzione industriale nei musei e nei vecchi siti industriali e godere di grandi opere d’arte e spettacoli dedicati al tema del passato industriale. Visitando le fabbriche e le aree industriali è possibile conoscere meglio l’attuale realtà economica delle regioni visitate ed i loro processi di produzione altamente innovativi. Vedendo da vicino i mutamenti nel tessuto produttivo e nella produzione industriale, i turisti possono comprendere come le regioni di vecchia industrializzazione stanno cambiando…sia dal punto di vista dello sviluppo regionale che di quello urbano. In altri termini: le persone possono capire su quali attività gli abitanti delle regioni che stanno visitando hanno basato la loro vita passata fino ad oggi” (industrial-tourism.eu).
Le tappe post disastro Più di 100.000 persone furono evacuate dall’area, dalla stessa Chernobyl e dalla vicina Pryp’jat’ e 2.600 chilometri quadrati vennero più avanti isolati. E poi? Quali sono le tappe salienti del post disastro nucleare di Chernobyl? Sul sito di Power Technology sono stati riassunti gli steps principali, da quel “lontano” 1986 ad oggi. Per evidenziare – casomai ce ne fosse ancora bisogno – che, nonostante gli enormi sforzi compiuti in 34 anni per mettere in sicurezza l’area, la bonifica prosegue ancora oggi. Giorno dell’incidente: quel giorno iniziò il lavoro dei cosiddetti “liquidatori”, le persone che lavorarono all’emergenza in particolare nel primo biennio seguente la catastrofe. Pompieri, soldati, minatori, custodi, 26 aprile 1986 operatori di ogni genere sostituirono robot e macchinari a controllo remoto, che non erano efficaci per una gran quantità di attività necessarie per affrontare la crisi. Con la conseguenza di esporsi a livelli elevatissimi di radiazioni. Iniziò di preciso la costruzione del sarcofago sopra il reattore; in 206 giorni terminarono i lavori. Nonostante l’uso di robot, il sarcofago non venne 20 maggio 1986 mai del tutto sigillato. Un’impresa epica per l’epoca: tuttavia, dieci anni più tardi il sarcofago era già da sostituire.
Nel 1992 il governo ucraino organizzò una competizione internazionale per progettare la nuova copertura: vinse la 1992 proposta britannica, consistente in un enorme arco scorrevole di cemento britannico. Inizio dei lavori del “New Safe Confinement” – terminati solo anni dopo 2010 – la struttura mobile più grande mai costruita dall’uomo. L’Ucraina ha annunciato la costruzione di un nuovo impianto solare proprio 8 ottobre 2018 vicino a Chernobyl, consistente in circa 3.800 pannelli per un totale di un megawatt di produzione. Nell’area di esclusione si verificano 2020 molti incendi, di natura dolosa, che producono nubi tossiche. Il deserto (umano) e le conseguenze sulle colture Agli abitanti era stato detto che avrebbero dovuto abbandonare le proprie case soltanto per poche settimane: sappiamo com’è andata a finire. E sappiamo quali sono i risultati delle analisi effettuate su alcune colture nei pressi dell’ex centrale. Sono stati gli esperti dei Greenpeace Research Laboratories, in un articolo pubblicato dalla rivista Environment International (“30 years of exposure to Chernobyl originating radionuclides: two case studies on food and wood contamination in the Ukraine”), a evidenziare come, nel grano, nella segale, nell’avena e nell’orzo presenti nelle vicinanze del luogo del disastro nucleare, siano presenti isotopi radioattivi come
stronzio 90 e cesio 137. E a sottolineare l’importanza di informare le persone sui metodi agricoli e di bonifica più sicuri (le ceneri del legno combusto, che contengono livelli molto alti di stronzio 90, vengono utilizzate come fertilizzanti…). E di rendere consapevole l’opinione pubblica sulla perdurante pericolosità del “sistema” socio-economico della zona. Mancanza di programmi di monitoraggio ambientale “La continua contaminazione di cibo e prodotti in legno in queste regioni a ovest e sud-ovest di ChNPP (Chernobyl nuclear power plant, ndr) solleva seri problemi per quanto riguarda l’esposizione pervasiva a lungo termine della popolazione locale ai radionuclidi nocivi, compresi i bambini nati decenni dopo l’incidente. Esistono misure pratiche che potrebbero aiutare a ridurre la presenza di radionuclidi nei prodotti alimentari, come l’approvvigionamento di fieno e altro foraggio dall’esterno delle aree contaminate e il trattamento dei bovini con ferrocyn per ridurre il trasferimento al latte. A nostra conoscenza, tuttavia, tali misure non sono state effettivamente mantenute negli ultimi anni. Inoltre, il funzionamento continuato della centrale termica di recente costruzione utilizzando legno di provenienza locale rappresenta un ulteriore percorso per la più ampia ridistribuzione delle radiazioni nocive”. Inoltre, si sottolinea nello studio, “l’attuale mancanza di programmi completi di monitoraggio ambientale e alimentare di routine costituisce una grave omissione che continua a porre limiti severi alla valutazione del rischio radiologico e alla progettazione e implementazione di misure che potrebbero altrimenti aiutare a limitare l’esposizione a 137Cs e 90Sr nelle comunità locali”. Approfondimenti
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degli anni, proprio in seguito al successo della serie televisiva, sono aumentati. Per effettuare visite organizzate con breve durata – e su aree delimitate – proprio per i pericoli legati alla contaminazione. Un azzardo? Una possibilità? Un gruppo di scienziati sta cercando di capire gli effetti del disastro nucleare, attraverso esperimenti in laboratorio, dove l’intenzione è quella di ricreare – in scala – il disastro, per valutarne gli effetti. E alcuni studi sugli animali… Gli studi in laboratorio… I risultati cui sono giunti gli scienziati dell’Università di Sheffield – in collaborazione con alcuni ricercatori ucraini – sono stati pubblicati sul sito di Nature. Grazie al nuovo studio è possibile ricostruire quello che sta succedendo in una situazione a radioattività controllata molto inferiore a quella presente nella centrale, in un ambiente quindi più sicuro, evitando di fare sopralluoghi. “Comprendere le proprietà fisiche e chimiche dei materiali derivanti dai disastri nucleari è fondamentale per supportare le operazioni di disattivazione e ridurre il rischio per il personale e l’ambiente che circonda i reattori colpiti. Sono disponibili per lo studio relativamente pochi campioni di materiali di fusione e la loro analisi è resa difficile a causa del rischio di radiazioni associato al loro trattamento. In questo studio, sono stati preparati lotti su piccola scala di simulanti a bassa radioattività (cioè contenenti solo uranio impoverito) […] l’utilizzo di materiali simulanti ha consentito un’ulteriore analisi delle caratteristiche termiche dell’LFCM (Lava- Like Fuel Containing Material) e della cinetica di corrosione, fornendo risultati in buon accordo con la limitata letteratura disponibile sui campioni reali. Dovrebbe pertanto essere possibile utilizzare questi nuovi materiali simulanti per sostenere le operazioni di disattivazione dei reattori nucleari dopo l’incidente”.
…e quelli sugli animali La vita animale prospera attorno a Chernobyl. Lupi, alci, cervi, cinghiali e altri grossi mammiferi hanno ripopolato la “zona di esclusione” attorno a Chernobyl, 4200 chilometri quadrati tra Ucraina e Bielorussia interdetti all’accesso umano, dopo l’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare nel 1986. È quanto affermato da uno studio, pubblicato qualche anno fa su Current Biology, “il più vasto censimento a lungo termine su animali di questo tipo nella zona: i dati raccolti mostrerebbero che la quantità di vita selvaggia nell’area è molto più alta di quanto non fosse prima dell’incidente”. A dimostrazione che «in assenza dell’uomo, la natura fiorisce, persino dopo il peggior incidente nucleare al mondo» dice Jim Smith, tra gli autori della ricerca. Un “risultato” che sembra dirla lunga sui danni (non) provocati dall’incidente nucleare. Ma soprattutto sui danni causati dalla presenza umana…
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