CARICO SEDATIVO E ANTICOLINERGICO NEL PAZIENTE GERIATRICO
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RASSEGNA CARICO SEDATIVO E ANTICOLINERGICO NEL PAZIENTE GERIATRICO Sedative load and anticholinergic burden in older patients Valentina Gazzola, Federica Galimberti SEFAP - Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva, Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi di Milano Keywords Abstract Sedative load Aging of population is leading to an increase in chronic-degenerative diseases and, consequently, Anticholinergic burden to a concomitant use of several drugs in the elderly, including those not directly prescribed by Adverse outcomes practitioners and not strictly necessary. Sedative and anticholinergic drugs are among the most Elderly prescribed drugs in geriatric patients, as they are useful for treating a number of disorders that arise with age. However, assessing the risk-benefit ratio of these medicines is difficult, since they are associated with many side effects, which may worsen an already complex clinical status, typical of frail and polytreated older subjects. Specific tools have been devised to evaluate and quantify the effects of sedative load and anticholinergic burden and to predict the occurrence of important negative outcomes in geriatric patients. High scores of these scales have been associated with poorer physical functions and such clinical outcomes as cognitive impairment, falls, hospitalization and in-hospital mortality; yet, evidence from trials reported conflicting results. Therefore, further efforts are required by pharmacology researchers and physicians to guide the rational prescribing of sedative and anticholinergic drugs and to reduce related harmful side effects in older patients. Introduzione Il miglioramento delle condizioni di vita e i progressi delle scienze mediche e farma- L’invecchiamento della ceutiche hanno contribuito ad un incremento della longevità globale. La proporzione di popolazione sta comportando individui anziani sulla popolazione totale è in costante aumento e si stima che entro il un progressivo aumento della 2050 il 22% dell’intera popolazione avrà più di 60 anni di età [1]. L’invecchiamento prevalenza delle malattie comporta l’insorgenza di diverse condizioni morbose, spesso cronico-degenerative, cronico-degenerative ed che richiedono più trattamenti farmacologici per essere curate. un importante incremento Quando insorge un nuovo disturbo, la prescrizione di un farmaco risulta spesso la solu- delle comorbilità. Tale zione più rapida ed efficace per cercare di trattarne al meglio la sintomatologia. È meno trend demografico ed epidemiologico ha come diffusa la consapevolezza che l’aggiunta di un nuovo farmaco possa avere un connotato diretta conseguenza negativo e talvolta diventare pericolosa, se non addirittura fatale, per un anziano fragile l’impiego contemporaneo [2]. Viene spesso trascurato il fatto che le evidenze disponibili sul profilo rischio-benefi- di più farmaci prescritti cio di ciascun farmaco prescritto derivino da studi condotti in popolazioni ideali, più dal medico, nonché l’utilizzo giovani e non in condizioni di multimorbilità [3]. La situazione, come accennato, diventa di più farmaci non prescritti, più critica se il paziente in questione è in età geriatrica: a causa dell’indebolimento fisico non tutti strettamente e delle funzioni fisiologiche, il carico di più farmaci, anche di diverse classi terapeutiche, necessari ad una cura può aumentare in modo significativo il rischio di farmaci potenzialmente inappropriati appropriata. (Potentially Inappropriate Medication, PIM) e di gravi reazioni avverse. Uso di farmaci ad attività sedativa e anticolinergica negli anziani Le persone anziane possono avere diversi motivi di preoccupazione. Tali motivi possono riguardare la percezione dei cambiamenti fisici che provocano insicurezza o la sensazio- ne di isolamento sociale, oppure il timore dell’insorgenza di malattie gravi o invalidanti; Corrispondenza: Federica Galimberti, SEFAP - Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva, Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi di Milano, Via Balzaretti 9, 20133, Milano, Italia. E-mail: federica.galimberti@unimi.it Giornale Italiano di Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione 2021; 13 (3): 14-24
Carico sedativo e anticolinergico nel paziente geriatrico 15 a lungo andare, questi sintomi possono essere causa di tensione o stati d’ansia [4]. I farmaci aventi proprietà Pertanto, nella maggior parte degli individui anziani, diventa necessario indurre uno sedative e anticolinergiche stato di sedazione per alleviare gli stati di iperemotività, somministrando farmaci ansio- sono tra i più comunemente prescritti ai pazienti litici e, qualora gli episodi di ansia influiscano negativamente sulla qualità del sonno geriatrici, perché utili al (già di per sé in diminuzione con l’avanzare dell’età), ricorrere a farmaci ipnotico-seda- trattamento di condizioni tivi [5]. La sedazione si riferisce alla diminuzione dell’elaborazione psicomotoria e alle morbose, che generalmente sensazioni soggettive di dormiveglia e sonnolenza ed è mediata da molteplici meccani- insorgono con l’avanzare smi farmacologici nel sistema nervoso centrale, che coinvolgono la regolazione di diver- dell’età. Tuttavia, è difficile si sistemi recettoriali. I farmaci ansiolitici maggiormente utilizzati in terapia sono le valutare il rapporto tra i benzodiazepine, agonisti del recettore GABA-A dell’acido γ-amminobutirrico; la loro rischi e i benefici di questi azione si esplica mediante l’aumento della frequenza di apertura del canale del Cl- e farmaci, in quanto sono conseguente ritardo dell’insorgenza del nuovo potenziale d’azione, andando ad incre- associati a numerosi effetti mentare la neurotrasmissione GABAergica. Le benzodiazepine rientrano nella classe dei indesiderati, che possono sedativi primari, cioè prescritti intenzionalmente per la sedazione. Tuttavia, anche mol- peggiorare il quadro clinico ti farmaci attivi sul sistema nervoso centrale, che spesso si ritrovano nelle politerapie dei di pazienti anziani fragili e pazienti geriatrici, possono indurre effetti sedativi, non ricercati, ma secondari al mec- politrattati. canismo d’azione principale. Tra questi, alcuni farmaci antistaminici, antagonisti del recettore H1 dell’istamina, che trovano impiego nel trattamento delle allergie, possono causare sedazione come effetto indesiderato principale, in quanto antagonizzano gli effetti prodotti dall’istamina sul ciclo sonno-veglia; gli analgesici oppioidi che, seppur prescritti per il trattamento del dolore severo, possono causare sedazione proprio per la loro affinità al recettore μ-oppioide; gli antipsicotici, le cui proprietà sedative sono attri- buite, maggiormente, all’azione antagonista verso il recettero α1-adrenegico e, parzial- mente, all’antagonismo per il recettore H1-istaminico; alcuni antidepressivi se utilizzati a lungo termine (per esempio gli antidepressivi triciclici, nei quali la sedazione si asso- cia principalmente alla loro attività antagonista sui recettori H1 dell’istamina, sebbene un antagonismo sui recettori α1-noradrenergici e colinergici muscarinici siano fattori contribuenti) [6]. Nei pazienti politrattati può capitare che due o più farmaci apparte- nenti a queste diverse classi farmacologiche vengano assunti in contemporanea, provo- cando così una sommatoria di effetti sedativi, che, nel soggetto anziano fragile, possono scatenare gravi stati confusionali, peggioramenti cognitivi, talvolta irreversibili, ed in- stabilità motorie [1]. In alcuni regimi terapeutici complessi, soprattutto in ospedale, può insorgere una combinazione di effetti sedativi, anche a causa del passaggio di cura tra più operatori sanitari che prescrivono diverse terapie, spesso disabilitanti per la per- sona [7]. Un’altra classe ampiamente utilizzata dai pazienti in età geriatrica è quella dei farmaci ad attività anticolinergica. Si tratta di più di 600 molecole, segnalate come aventi attivi- tà anticolinergica [8] e indicate per una varietà di condizioni morbose che insorgono con l’avanzare dell’età: sono compresi broncodilatatori come l’ipratropio bromuro, che trova impiego nel trattamento della broncopneumopatia cronica ostruttiva, molecole che con- trastano i sintomi extrapiramidali caratteristici del morbo di Parkinson, come la benztro- pina, e altre utili per il trattamento dell’incontinenza urinaria, tra cui l’ossibutinina. Inoltre, possono essere prescritti medicinali che possiedono effetti anticolinergici inde- siderati, ad esempio alcuni antistaminici di prima generazione, antidepressivi triciclici e antipsicotici, che vengono utilizzati per trattare patologie croniche e che possono contri- buire a determinare un carico anticolinergico eccessivo [1]. I farmaci anticolinergici mediano i loro effetti principalmente attraverso l’antagonismo dei recettori muscarinici. Pertanto, il termine più appropriato per questa classe di farma- ci dovrebbe essere “antagonisti dei recettori muscarinici”, ma la letteratura presenta principalmente il termine “farmaci anticolinergici” [9] o “farmaci con attività anticoli- nergica”. Nel dettaglio, esistono cinque sottotipi di recettori muscarinici metabotropici (M1-M5). I sottotipi M1, M3 e M5 attivano la via della fosfolipasi C, che stimola la mo- bilizzazione del Ca2+ intracellulare, e una conseguente risposta stimolatoria. Viceversa, i sottotipi M2 e M4 modulano negativamente l’attività dell’adenilato ciclasi, riducendo la produzione di adenosina monofosfato ciclico (cAMP) e dando origine a una risposta ini- bitoria [10]. La maggior parte dei farmaci anticolinergici non sono selettivi per il legame ai recettori e l’efficacia di alcuni di questi farmaci deriva da un equilibrio di azioni antagoniste su due
16 V. Gazzola, F. Galimberti o più sottotipi del recettore [11]. D’altra parte, il blocco dei siti dei recettori nicotinici attribuito a questi farmaci è trascurabile [12]. Gli effetti avversi anticolinergici possono essere classificati in effetti avversi periferici e centrali [13]. Gli effetti periferici sono determinati dal blocco dei recettori muscarinici, che mediano la contrazione muscolare e le secrezioni ghiandolari (Figura 1) [14]. Quelli centrali, invece, sono determinati dalla distribuzione dei farmaci nel cervello (a sua volta determinata dalla capacità di attraversamento della barriera emato-encefalica) e le loro affinità di legame competitivo ai recettori muscarinici cerebrali (Figura 2) [15]. Figura 1 Effetti avversi anticolinergici a livello periferico. Modificata da Lavrador, 2021 [10]. Figura 2 Effetti avversi anticolinergici a livello centrale. Modificata da Lavrador, 2021 [10]. I pazienti anziani sono particolarmente vulnerabili agli effetti avversi neuropsichiatrici prodotti dalla maggior parte dei farmaci ad azione anticolinergica, a causa di cambia- menti psicologici tipici del processo di invecchiamento. Tali cambiamenti hanno un im- patto sui meccanismi farmacocinetici e farmacodinamici che, in associazione con altri fattori legati all’età stessa (ad esempio, polifarmacia, interazioni farmacologiche, carat- teristiche individuali, ecc.), favoriscono gli effetti avversi anticolinergici [9]. Una maggiore permeabilità della barriera emato-encefalica è un cambiamento fisiologi- co legato all’età. I meccanismi coinvolti in questa maggiore permeabilità includono il restringimento epiteliale, l’apertura di giunzioni strette e la dilatazione dei vasi sangui- gni, che consentono alle particelle più grandi e alle molecole polarizzate di attraversare
Carico sedativo e anticolinergico nel paziente geriatrico 17 la barriera del sistema nervoso centrale (SNC) [15, 16]. Inoltre, possono aumentare la permeabilità della barriera anche l’insorgenza di determinate condizioni cliniche, che sono altamente prevalenti negli anziani, come le malattie neurodegenerative e il diabete [15, 17], o l’uso di alcuni farmaci come lansoprazolo, omeprazolo, loperamide, simva- statina, clonidina o metildopa [11]. Anche la funzione della glicoproteina P cerebrale diminuisce con l’invecchiamento. Di conseguenza, le persone anziane che utilizzano farmaci ad attività anticolinergica che sono substrati di questa proteina di efflusso (es. trospio cloruro e darifenacina) sono a maggior rischio di avere tossicità anticolinergica centrale [11, 12, 14]. L’invecchiamento è anche accompagnato da una maggiore sensi- bilità farmacodinamica al blocco del recettore muscarinico del SNC risultante da una riduzione delle riserve colinergiche nel cervello che invecchia e da un cambiamento strutturale nei siti di legame muscarinici che ha un impatto sull’affinità di legame dell’a- cetilcolina [9, 15]. È stata anche descritta una riduzione dell’attività della colina acetil- transferasi presinaptica, che riduce i livelli di acetilcolina nel SNC, così come una mino- re densità di recettori muscarinici [15]. Infine, i pazienti affetti da malattia di Alzheimer sono più vulnerabili agli effetti anticolinergici centrali, a causa di una alterazione della neurotrasmissione colinergica, un decremento del numero di neuroni colinergici, una disfunzione del recettore dell’acetilcolina e una disregolazione del segnale, nonché una barriera emato-encefalica compromessa che favorisce la penetrazione dei farmaci nel SNC [9, 11, 12, 18]. Pertanto, occorre considerare attentamente la situazione clinica del paziente anziano, soprattutto se fragile, prima di procedere alla prescrizione di ulte- riori farmaci ad attività sedativa o anticolinergica, e valutare attentamente il potenziale effetto cumulativo dannoso di queste molecole. Inoltre, è necessario un processo di rico- gnizione terapeutica nelle transizioni di cura ospedale-territorio e viceversa per evitare prescrizioni inappropriate e un eccessivo carico farmacologico. Metodi di misurazione del carico sedativo Sebbene quantificare l’effetto cumulativo che deriva dall’assunzione di più farmaci con proprietà sedative risulti complesso in quanto la sedazione può insorgere come conse- guenza di diversi meccanismi farmacologici, esistono alcuni modelli di riferimento utili per la misurazione del carico sedativo [19]. Il Sedative Load Model (SLM), un modello pubblicato nel 2003 e basato sui farmaci di- sponibili in Finlandia dal 1998 al 2001, ha fornito una classificazione delle molecole ad attività sedativa in quattro gruppi, considerando la classe farmacologica di appartenenza [20]. A ciascun gruppo corrisponde un punteggio numerico (Tabella 1). Il carico sedativo totale è calcolato sommando i punteggi dei diversi farmaci assunti; valori ≥3 determina- no un carico sedativo elevato. Tabella 1 Classificazione dei farmaci e relativo punteggio secondo il SLM [20]. Classificazione dei farmaci Punteggio 1. Farmaci sedativi primari: antipsicotici tradizionali, ansiolitici, ipnotico-sedativi e antidepressivi triciclici 2 2. Farmaci che inducono sedazione come principale effetto collaterale: antiemetici, antispasmodici, FANS, antiepilettici, 1 anticolinergici ad uso respiratorio e oftalmico, anti-Parkinson, analgesici oppioidi 3. Farmaci che possono indurre sedazione come potenziale effetto indesiderato: inibitori di pompa protonica, diuretici, 0 β-bloccanti, ACE-inibitori, statine e fibrati, antineoplastici, antistaminici, ormoni e altri 4. Farmaci che non presentano effetti sedativi 0 È disponibile un ulteriore modello che approfondisce la relazione tra farmaci attivi sul SNC e i diversi effetti avversi osservati: si tratta del Central Nervous System Drug Model [19]. In questo strumento sono inclusi farmaci agonisti del recettore degli oppioidi, ago- nisti del recettore delle benzodiazepine, antidepressivi e antipsicotici. Viene stimato at- traverso la somma delle dosi giornaliere standard (Standard Daily Dose, SDD) dei singoli farmaci con azione sul SNC. La SDD di ciascun farmaco, a sua volta, viene ottenuta divi- dendo la dose giornaliera (D) per la minima dose efficace (Minimum Effective Dose, MED) raccomandata per giorno per i pazienti anziani. Il dosaggio giornaliero standardiz- zato è stato definito operativamente in base alla distribuzione dei dati e alla rilevanza clinica in tre categorie: dose bassa (
18 V. Gazzola, F. Galimberti (>3,0 SDD). A differenza di altri metodi, questa misurazione tiene conto del dosaggio minimo efficace in terapia che varia a seconda delle caratteristiche individuali del sog- getto. Bisogna infatti considerare che le dosi di medicinali prescritti nell’anziano posso- no variare anche di molto rispetto a quelle prescritte ai giovani-adulti [19]. Metodi di misurazione del carico anticolinergico Il carico anticolinergico è definito come l’effetto cumulativo dell’uso di uno o più farma- ci con attività anticolinergica [14]. Tutt’oggi non esiste un accordo su come misurare tale effetto [21]. I metodi più importanti per quantificare l’attività anticolinergica includono: • misurazione dell’affinità dei farmaci per i recettori muscarinici, come valutata da studi in vitro attraverso la costante di dissociazione dell’equilibrio [9]; • determinazione dell’attività anticolinergica sierica (Serum Anticholinergic Activity, SAA), misurata mediante dosaggio dei radiorecettori [22]; • imaging cerebrale dei recettori muscarinici utilizzando un antagonista del recettore muscarinico ad alta affinità durante la tomografia a emissione di fotone singolo [9]; • strumenti con punteggi pretabulati. Attualmente lo strumento standard utilizzato per la quantificazione dell’attività anticoliner- gica è la determinazione di SAA, rilevata mediante esami svolti sul siero del paziente. Nel dettaglio, Tune e colleghi, all’inizio degli anni ‘80, hanno sviluppato un assay basato su ra- diorecettori per quantificare il carico anticolinergico complessivo di un individuo originato dall’effetto cumulativo dei farmaci utilizzati, dei loro metaboliti e di altri fattori endogeni sconosciuti [22]. Il saggio biologico consiste nel valutare il legame competitivo di un com- posto a forte azione antimuscarinica e il siero di un paziente trattato con farmaci anticoliner- gici [12]. Il radioligando 3H-QNB (quinuclidinil benzilato, reso radioattivo dal tritio) è stato selezionato per la sua elevata e specifica affinità per tutti i sottotipi di recettori muscarinici (M1-M5). I farmaci anticolinergici inibiscono competitivamente il legame del 3H-QNB ai recettori muscarinici ottenuti da un omogenato di proencefalo di ratto. La rimozione del 3H- QNB legato viene utilizzato per quantificare la SAA. L’atropina viene invece utilizzata per sviluppare le curve standard. I risultati di SAA sono espressi in picomoli di equivalenti di atropina per millilitro (pmol/mL) e variano dal limite più basso rilevabile di 0,25 pmol/mL a 25,0 pmol/mL [12, 14]. In uno studio, Chew e colleghi hanno riportato come fino al 90% di anziani non ospedalizzati abbia livelli di SAA rilevabili [23]. SAA è comunemente accettata come biomarcatore per il deterioramento cognitivo e funzionale nelle persone anziane [24]; tuttavia, la sua validità come biomarcatore è controversa. In effetti, SAA riflette l’attività dei composti anticolinergici circolanti periferici, ma non nel SNC poiché i livelli periferici po- trebbero non essere correlati con i livelli ottenuti nel cervello [14, 15, 24]. I limiti del metodo SAA e i tentativi di migliorare la stratificazione del rischio anticoliner- gico hanno stimolato lo sviluppo di un approccio diverso per valutare il carico anticoliner- gico, attraverso l’utilizzo di scale e indici. Questi strumenti mirano a fornire ai medici una guida pratica per identificare i farmaci con attività anticolinergica, quantificarne il carico e anticipare gli effetti avversi anticolinergici [14, 25]. In generale, le scale per il carico anticolinergico classificano i farmaci in 3/5 livelli di classificazione, che vanno da nessuna attività anticolinergica (punteggio assegnato = 0) ad attività anticolinergica elevata (punteggi assegnati = 3, 4 o 5). Il carico anticolinergico totale per ogni individuo viene calcolato sommando i punteggi assegnati a ciascun farmaco assunto [24, 25]. Di seguito si riportano due esempi. – La Anticholinergic Drug Scale (ADS) [26] è stata sviluppata nel 2006 e comprende un totale di 117 farmaci classificati in quattro livelli: 0 = nessun effetto anticolinergico, 1 = effetto anticolinergico potenziale, evidenziato dagli studi di legame farmaco- recettore, 2 = eventi avversi notati solo a dosaggi elevati, 3 = marcato effetto anticolinergico. – L’Anticholinergic Cognitive Burden scale (ACB) [27] è stata sviluppata nel 2008 sulla base di un consensus tra esperti, in seguito a una revisione completa della let- teratura sui farmaci anticolinergici e il rischio di delirio, declino cognitivo e demenza.
Carico sedativo e anticolinergico nel paziente geriatrico 19 La scala finale è stata aggiornata nel 2012 e comprende un totale di 99 farmaci. A ciascun farmaco assunto dal paziente viene attribuito un punteggio variabile tra: 0 = nessun effetto anticolinergico, 1 = possibili effetti anticolinergici ma nessuna evidenza di effetti cognitivi, rilevati dalla SAA, 2/3 = effetti anticolinergici accertati e impatto cognitivo clinicamente rilevante. In entrambi i casi, il carico anticolinergico complessivo per un individuo deriva dalla somma dei punteggi dei singoli farmaci assunti. Particolare attenzione si dovrebbe porre alle terapie che forniscono un punteggio globale superiore a 3, per i potenziali rischi sulle funzioni cognitive del paziente. Il Drug Burden Index Come illustrato in precedenza, sono diversi i metodi di misurazione utilizzati per valutare l’esposizione ad un carico sedativo o anticolinergico. Tuttavia, è importante considerare anche la possibile assunzione contemporanea di due molecole aventi proprietà sedative e anticolinergiche che diventa molto probabile nei pazienti geriatrici esposti a politerapia [1]. A tal proposito, il Drug Burden Index (DBI) è un importante strumento di valutazione del rischio farmacologico che permette di misurare gli effetti cumulativi di farmaci seda- tivi e anticolinergici sulla salute dei soggetti anziani, in particolare sulle loro funzionalità fisiche e cognitive [28]. Nella pratica clinica, il DBI è stato proposto come guida nelle decisioni prescrittive dei medici, suggerendone l’implementazione nei software di pre- scrizione, per informare i medici prescrittori circa i probabili rischi di un’esposizione eccessiva e potenzialmente dannosa del paziente anziano a farmaci sedativi e/o antico- linergici [1]. I ricercatori hanno ipotizzato che l’effetto cumulativo di sedativi e anticoli- nergici sia lineare e che pertanto possa essere utilizzato un semplice modello additivo per calcolare il carico di questi farmaci. Il calcolo del DBI viene effettuato matematica- mente come sommatoria (Σ) della dose giornaliera di farmaco sedativo o anticolinergico assunto (D) in rapporto alla somma tra la stessa quantità assunta (D) e la dose giornalie- ra raccomandata (δ, ottenuta in base alla dose giornaliera definita [Defined Daily Dose, DDD] dell’OMS, che rappresenta la dose media giornaliera di mantenimento per un far- maco utilizzato per la sua principale indicazione negli adulti) [29]: Correlazione tra indici ed esiti clinici Molti indicatori del carico sedativo e anticolinergico, e in particolare il DBI, sono stati In alcuni studi, punteggi utilizzati per individuare eventuali associazioni tra le assunzioni di farmaci sedativi e/o elevati nelle scale di anticolinergici e alcuni eventi avversi, tra cui condizioni di deterioramento funzionale e/o misurazione del carico cognitivo, ed episodi di cadute e fragilità, che possono influire negativamente sulla vita sedativo e/o colinergico dei pazienti anziani. sono stati associati a una Lo studio Geriatric Multidisciplinary Strategy (GeMS), condotto a Kuopio, una città della peggiore funzione fisica Finlandia dell’est, si è proposto di valutare la correlazione tra il DBI e alcuni esiti funzio- nelle persone anziane e nali in 700 pazienti di età ≥75 anni, residenti presso il proprio domicilio [30]. L’esposi- hanno dimostrato di poter zione ai farmaci con proprietà anticolinergiche/sedative è stata identificata nel 37% dei predire esiti avversi quali partecipanti: il 24% aveva un DBI compreso tra 0 e 1 e il 13% aveva un DBI ≥1. Com- durata della degenza prolungata, mortalità plessivamente, lo stato funzionale è stato valutato utilizzando due strumenti: intraospedaliera, esiti • la scala IADL (Instrumental Activities of Daily Living), relativa alle capacità di svolge- secondari nei pazienti re attività pratiche nella quotidianità, è costruita su 8 parametri ai quali viene dato anziani ospedalizzati fragili, un punteggio di 0 o 1, per un massimo di 8 punti totali; con malattie acute. Tuttavia, • l’indice di Barthel, composto da 10 item che prevedono le comuni attività di vita le evidenze rimangono quotidiana, ad ognuno dei quali è attribuito un punteggio (massimo 100); la somma controverse. indica il grado di autonomia del paziente nello svolgimento di tali attività. In entrambi i test, punteggi elevati corrispondono a migliori prestazioni fisiche. Come illustrato in Figura 3, dalle misurazioni effettuate, i punteggi IADL e Barthel erano signi- ficativamente più bassi tra i partecipanti con DBI ≥1 rispetto ai partecipanti non esposti ai farmaci anticolinergici/sedativi e ai partecipanti con DBI compreso tra 0 e 1. Particolare attenzione meritano anche gli effetti a carico delle funzionalità cognitive dell’anziano provocati da un eccessivo carico sedativo e/o anticolinergico.
20 V. Gazzola, F. Galimberti Figura 3 Rappresentazione grafica della correlazione tra DBI e punteggi IADL e Barthel. Modificata da Gnjidic, 2012 [30]. Lo studio longitudinale australiano CHAMP (Concord Health in Ageing Men Project), condotto in una popolazione di uomini con una età media di 77 anni e residenti nella città di Sydney, ha valutato l’associazione tra il carico da farmaci sedativi e anticoliner- gici e il deterioramento cognitivo a lungo termine, raccogliendo dati dalle visite mediche territoriali [31]. Sono stati utilizzati il DBI, per la misurazione del carico sedativo e anti- colinergico, e il MMSE (Mini-Mental State Examination), come test di misurazione delle funzionalità cognitive di ciascun soggetto, che prevede un punteggio totale variabile da 0 a 30. Complessivamente, circa il 30% dei soggetti è risultato consumatore di farmaci sedativi e/o anticolinergici al baseline, dopo 2 e dopo 5 anni di follow-up; i farmaci DBI più diffusi al basale erano tiotropio, prazosina e amitriptilina. Inoltre, è emerso che ad elevati valori di DBI erano associati più bassi punteggi MMSE. Nonostante ciò, non è stata registrata un’accelerazione del declino cognitivo nel tempo con l’esposizione a farmaci anticolinergici/sedativi. Tuttavia, rimane discutibile la significatività clinica dell’impatto dei farmaci sedativi e anticolinergici sui profili MMSE-tempo. Uno studio caso-controllo, condotto utilizzando una banca dati della medicina generale del Regno Unito, ha invece permesso di stimare l’associazione tra livello e durata di esposizione ad alcune classi di farmaci anticolinergici e l’incidenza di demenza a lungo termine [32]. Sono stati selezionati pazienti con nuove diagnosi di demenza (“casi”, n=40.770), di età compresa tra i 65 e i 99 anni (età media 83 anni), in prevalenza don- ne (63%). Le loro prescrizioni di farmaci anticolinergici dei 4-20 anni precedenti sono state comparate con quelle di pazienti non affetti da demenza (“controlli”, n=283.933), utilizzando la scala ACB (Anticholinergic Cognitive Burden) come strumento di misura. Durante il periodo di studio, il 35% dei casi e il 30% dei controlli avevano ricevuto alme- no un farmaco anticolinergico con punteggio ACB di 3 (effetto anticolinergico elevato). La Tabella 3 mostra la probabilità di occorrenza di episodi di demenza fino a 20 anni, in relazione agli anticolinergici assunti, suddivisi per classi farmacologiche. È stata osser- vata un’associazione significativa tra occorrenza di demenza e le prescrizioni di farmaci aventi punteggio ACB di 3 appartenenti alle seguenti classi: antidepressivi (Odds Ratio [OR] 1,11; IC 95% 1,08-1,14), antiParkinson (OR 1,29; 1,11-1,50) e farmaci agenti sull’apparato urinario (OR 1,18; 1,13-1,23). Le prescrizioni di farmaci con un punteggio ACB di 2 erano relativamente rare; la maggior parte delle associazioni sono risultate non significative (probabilmente per le scarse numerosità). I farmaci con un punteggio ACB uguale a 1 hanno mostrato associazioni positive con un aumentato rischio di demenza per quanto riguarda la classe degli antidepressivi (OR 1,25; 1,20-1,30) e degli antipsi- cotici (OR 1,04; 1,01-1,07). Alla luce di questi risultati, i clinici dovrebbero prestare molta attenzione all’uso di farmaci anticolinergici nei pazienti anziani e dovrebbero con- siderare il rischio di effetti cognitivi a lungo termine, oltre agli effetti a breve termine, associati a specifiche classi di farmaci.
Carico sedativo e anticolinergico nel paziente geriatrico 21 Tabella 3 Rischio di demenza alla fine dell’esposizione in relazione ai farmaci anticolinergici assunti, suddivisi per punteggio ACB e classe farmacologica [32]. Classe farmacologica N° di casi (%) N° di controlli (%) OR (IC 95%) Punteggio ACB = 1 Analgesici 58,6 55,7 1,02 (0,99-1,04) Antidepressivi 14,6 10,1 1,25 (1,20-1,30) Antipsicotici 19,7 17,6 1,04 (1,01-1,07) App. cardiovascolare 68,5 67,6 0,98 (0,95-1,01) App. gastrointestinale 26,6 25,3 0,96 (0,93-0,99) App. respiratorio 23,0 22,1 0,99 (0,97-1,02) Altri 28,3 27,2 0,95 (0,92-0,98) Punteggio ACB = 2 Analgesici 0,9 0,8 1,03 (0,92-1,16) Antipsicotici 0,1 0,0 1,35 (0,82-2,23) Antiparkinson 0,1 0,0 1,32 (0,96-1,82) App. respiratorio 0,0 0,0 0,83 (0,51-1,36) Altri 2,4 1,9 1,09 (1,01-1,17) Punteggio ACB = 3 Antidepressivi 21,6 17,9 1,11 (1,08-1,14) Antipsicotici 2,5 1,8 1,07 (1,00-1,16) App. gastrointestinale 4,5 4,2 0,94 (0,89-0,99) AntiParkinson 0,7 0,3 1,29 (1,11-1,50) App. respiratorio 9,8 8,9 1,03 (1,00-1,07) App. urinario 8,0 5,9 1,18 (1,13-1,23) Altri 0,7 0,6 0,99 (0,87-1,13) Gli effetti cognitivi in relazione al carico anticolinergico nella popolazione anziana fragile sono stati anche oggetto di un trial randomizzato controllato, condotto in 22 case di cura norvegesi [33]. Sono stati reclutati i residenti a lungo termine aventi un punteggio ADS (Anticholinergic Drug Scale) elevato (≥3) ed è stato messo in atto un intervento (medica- tion review da parte del farmacista per ridurre il carico anticolinergico), al fine di indaga- re se un ridotto ADS score fosse associato ad un miglioramento delle funzioni cognitive. Complessivamente, 87 partecipanti sono stati randomizzati: avevano un’età media di 85 anni e usavano in media 9 farmaci, con un punteggio ADS mediano di 4. Dopo l’interven- to il punteggio ADS è stato significativamente ridotto di 2 unità (p
22 V. Gazzola, F. Galimberti Figura 4 Odds Ratio per le associazioni di prestazioni fisiche e mentali con il carico di farmaci anticolinergici (a) e di farmaci sedativi (b). Modificata da Cao, 2008 [34]. p3 erano asso- ciati a un rischio di cadute aumentato del 41% rispetto alle persone non esposte a far- maci sedativi e anticolinergici, cioè con DBI pari a 0 (p3, una maggior percentuale (16,8%) ha riportato di avere avuto 2 o più episodi di cadute nei 30 giorni precedenti, rispetto ai soggetti con punteggi DBI inferiori (DBI=0: 9,8%; 0 ≤DBI ≤1: 12,0%; 1
Carico sedativo e anticolinergico nel paziente geriatrico 23 Un altro studio condotto nella popolazione neozelandese di età superiore ai 65 anni (età media 74,7 anni), si è posto l’obiettivo di esaminare l’impatto del punteggio DBI sulle ospedalizzazioni dovute a cadute, sulla frequenza di visite mediche e sulla mor- talità per tutte le cause [36]. I dati dei partecipanti sono stati estratti dalle banche dati delle farmacie, includendo le persone che hanno ricevuto almeno una prescrizione farmacologica. Su 537.387 pazienti, il 45,1% erano uomini e il numero medio di me- dicinali assunti era di 5,6 per ogni individuo. Globalmente, il 43,2% dei partecipanti aveva un carico farmacologico sedativo e/o anticolinergico elevato. Gli individui in po- literapia avevano una maggiore probabilità di esposizione a DBI (OR 4,92; 4,86-4,98) rispetto ai soggetti senza politerapia. Inoltre, un punteggio DBI >0 era correlato a un aumento delle ospedalizzazioni dovute a cadute (OR 2,38; 2,26-2,51), della frequen- za di visite mediche (OR 1,08; 1,08-1,09) e della mortalità (OR 2,03; 1,97-2,09) (Figura 5). Lo studio KORA-FF4 condotto ad Augusta, in Germania, ha riportato dati che evidenziano un’associazione tra carico sedativo e anticolinergico e problemi di vertigini, capogiri e pro- blemi di equilibrio (VDB, Vertigo, Dizziness e Balance problems) come effetti primari, e cadute come effetti secondari [37]. Sono stati inclusi 883 partecipanti, di 65 o più anni di età (età media 73,8 anni), in prevalenza uomini (52,6%), che sono stati sottoposti a inter- viste telefoniche o di persona per indagare il loro stato di salute, l’esposizione ai farmaci coinvolti nel calcolo del DBI e gli eventi avversi correlati. Un punteggio DBI >0 era presen- te nel 18,9% dei partecipanti; la sua prevalenza era maggiore negli uomini e aumentava con l’età (65-69 anni: 13,0%, 70-74 anni: 16,5%, 75-79 anni: 23,0%, ≥80 anni: 26,3%). Il 29,1% dei soggetti considerati aveva riportato episodi di VDB nei 12 mesi pre- cedenti l’intervista; tra questi, il carico anticolinergico/sedativo (DBI >0) è risultato più alto rispetto ai soggetti senza VDB (27,6% contro 15,3%; p
24 V. Gazzola, F. Galimberti [7] Linjakumpu TA, Hartikainen SA, Klaukka TJ, Koponen HJ, Hakko HH, Viilo KM, Haapea M, Kivelä SL, Isoaho RE. Sedative drug use in the home-dwelling elderly. Ann Pharmacother 2004; 38(12): 2017-2022. [8] Tune LE, Egeli S. Acetylcholine and delirium. Dement Geriatr Cogn Disord 1999; 10(5): 342-344. [9] de Leon J. Paying attention to pharmacokinetic and pharmacodynamic mechanisms to progress in the area of anticholinergic use in geriatric pa- tients. Curr Drug Metab 2011; 12(7): 635-646. [10] Lavrador M, Castel-Branco MM, Cabral AC, Veríssimo MT, Figueiredo IV, Fernandez-Llimos F. Association between anticholinergic burden and anticholinergic adverse outcomes in the elderly: Pharmacological basis of their predictive value for adverse outcomes. Pharmacol Res 2021; 163: 105306. [11] López-Álvarez J, Sevilla-Llewellyn-Jones J, Agüera-Ortiz L. Anticholinergic Drugs in Geriatric Psychopharmacology. Front Neurosci 2019; 13: 1309. 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