Bollettino di Storia delle Scienze Matematiche - IRIS Uni Torino

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Bollettino di Storia
 delle Scienze Matematiche

 Firenze, 15 maggio 2020

Gent.ma Prof.ssa
Erika Luciano
Dipartimento di Matematica “G. Peano”
Via Carlo Alberto 10
10124 Torino

Cara prof. Luciano,

 ho il piacere di comunicarle che il lavoro Erika Luciano - Elena Scalambro - Lea
Terracini “Le Lezioni di Teoria dei numeri di G. Fubini (1916-17)” è stato recensito favorevolmente
e sarà pubblicato in un prossimo fascicolo del Bollettino.

Con i miei migliori saluti,

 Enrico Giusti

 Redazione: Viale Morgagni 67/a, 50134 Firenze
 Tel. +39-055-7879594, fax +39-055-7333504
 e-mail archimede@math.unifi.it
Le Lezioni di Teoria dei numeri di G. Fubini (1916-17)
 ERIKA LUCIANO - ELENA SCALAMBRO - LEA TERRACINI

 Dipartimento di Matematica ‘G. Peano’, Università di Torino

1. By Professor G. Fubini: Cantor's numbers …
 Il Bulletin of the American Mathematical Society, alla voce University of Turin,
riportava per l’anno accademico 1916-17 quattro corsi di carattere avanzato:
 By Professor T. Boggio: Potential; selected topics of analytical mechanics, three hours.—
 By Professor G. Fubini: Cantor's numbers; entire and algebraic entire numbers; theory of
 numbers and forms with algebraic applications; applications of analysis to the theory of
 numbers, three hours.—By Professor C. Segre: Higher views concerning elementary
 geometry, three hours.—By Professor C. Somigliana: Electromagnetism with special
 regard to propagation phenomena, three hours.”1
Tre di questi corsi, quelli di Boggio, Segre e Somigliana, erano pienamente coerenti con
la tradizione d’insegnamento piemontese, quello di Fubini no. Esso stupisce sia per il
nome del docente, che era un analista, un matematico applicato ma non certo un teorico
dei numeri, sia per l’argomento, mai incluso fino a quel momento nell’offerta formativa
dell’Ateneo.
 Da questa esperienza didattica sarebbe scaturito un testo di Lezioni litografate2 che
prima di quelle sulla teoria dei numeri algebrici di L. Bianchi (1923) avrebbe costituito
uno dei pochissimi volumi – forse l’unico – interamente finalizzato a mettere gli studenti
italiani in grado di appropriarsi delle principali tecniche elaborate dalla Scuola tedesca, e
in particolare da R. Dedekind, L. Kronecker e D. Hilbert.
 Un’analisi storico-critica del corso di Teoria dei numeri di Fubini, che ebbe fra l’altro
una certa diffusione al di fuori del milieu locale,3 appare dunque meritevole di interesse
sotto un duplice profilo: didattico-istituzionale, in quanto riflette una delle prime
esperienze di insegnamento di questa disciplina a livello universitario registratesi in Italia,
e biografico, perché documenta un aspetto della traiettoria professionale di Fubini ancora
del tutto ignoto.4

2. Una cenerentola dell’insegnamento universitario: l’Algebra in Italia (1860-1920)
 La teoria dei numeri è un settore poco rappresentato a livello nazionale in tutto il
periodo post-unitario, tanto da non avere neppure uno status disciplinare ben definito,
rientrando – a seconda dei tempi e dei luoghi – nell’Algebra astratta o nell’Analisi
(algebrica o superiore).
 Questo ramo di studi esercita il suo “fascino irresistibile”5 su E. Betti a Pisa e su A.
Genocchi a Torino che, avidi lettori delle Disquisitiones Arithmeticae di Gauss, ne
acquisiscono autonomamente la padronanza di alcuni capitoli: equazioni algebriche,
1
 Notes, 1916, p. 50.
2
 Queste Lezioni di Teoria dei numeri sono state recentemente pubblicate con apparato critico e note storico-
matematiche in Luciano, Scalambro, Terracini 2020.
3
 Alberto Mario Bedarida recensisce ad es. in termini assai positivi le litografie del corso di Fubini per il
Bollettino di Matematica (Bedarida 1922). Copie di queste dispense sono state ritrovate nelle Biblioteche
di Firenze, Perugia e Cagliari.
4
 Le Lezioni di Teoria dei numeri non compaiono nell’elenco delle sue pubblicazioni. Nessuno dei colleghi
che commemorò Fubini menziona un suo interesse per questa disciplina.
5
 Peano 1889-90, p. 196.

 1
teoria di Galois, teoria delle congruenze, ecc.6 I loro, però, sono casi sostanzialmente
isolati. Né Betti né Genocchi, l’unico vero specialista italiano di teoria dei numeri negli
anni 1860-70, formano una Scuola, motivo per cui, pur in presenza di una precisa
attenzione verso le tendenze più avanzate, i giovani intenzionati a perfezionarsi in questo
ambito si vedono costretti a completare il proprio apprendistato scientifico all’estero: E.
Cesàro in Belgio (1870-1880), L. Bianchi a Monaco e Göttingen (1879-1881).7
 L’apprezzamento nei confronti di questi studi inizia a crescere a seguito della
pubblicazione delle traduzioni italiane di alcuni testi fondamentali: la terza edizione delle
Vorlesungen über Zahlentheorie di J.P.L Dirichlet, con il celebre supplemento di R.
Dedekind, a cura di Aureliano Faifofer (1881), quella del volume di E. Netto sulla teoria
dei gruppi di sostituzioni e sulla teoria di Galois, ad opera di Giuseppe Battaglini (1885),
e la versione del saggio di P.L. Chebyshev sulle congruenze, edito con appunti e note da
Iginia Massarini nel 1895.8
 Il merito di “sopperire ad una precisa carenza nel campo della cultura matematica
italiana”9 spetta però soprattutto a Bianchi che promuove largamente la teoria dei numeri
attraverso le sue lezioni a Pisa, nelle quali introduce fra l’altro per la prima volta la teoria
degli ideali secondo l’impostazione tedesca.10 Il magistero di Bianchi lascia un’impronta
durevole. Fra i suoi allievi alla Normale che si occuperanno di questi temi – in modo più
o meno consistente e continuativo – si possono citare A. Viterbi, O. Nicoletti, G. Fubini,
A.M. Bedarida, più tardi G. Sansone, L. Fantappiè e T. Chella.
 La posizione occupata dalla teoria dei numeri a livello istituzionale resta comunque
modesta fra il 1885 e il 1921 tant’è che l’Università di Padova è l’unica a contemplarne
regolarmente un corso, affidato a Paolo Gazzaniga.11 Per contro, fra i cultori della
disciplina si contano parecchi insegnanti di scuola secondaria (G. Sforza, A. Bottari, U.
Concina, V. Cavallaro P.A. Fontebasso, G. Candido, G. Frattini, oltre ai già citati
Faifofer, Massarini e Gazzaniga) che affidano i loro contributi sul teorema di Wilson,
sulle congruenze, sull’equazione di Pell a giornali di taglio didattico (Il Bollettino di
Matematica, Il Periodico di Matematiche, ecc.).12 Un professore di liceo, Umberto
Scarpis, è autore del primo manuale italiano di teoria dei numeri (1897).
 Un polo di sviluppo degli studi algebrici è rappresentato anche dalla Sicilia.13 I
Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo, nella cui redazione siede E. Landau,
ospitano pregevoli lavori di M. Cipolla sulle equazioni algebriche le cui radici sono tutte
radici dell'unità (1914), di P. Nalli sulla serie di Dirichlet (1915-1917), di A. Maroni sulla
teoria dei gruppi (1915) e di V. Amato sulla risoluzione apiristica delle congruenze
binomie (1917).
 Attraverso gli sforzi individuali di questo ristretto manipolo di teorici dei numeri, nel
primo Novecento e fino agli anni Venti la comunità matematica italiana riesce, sia pure
con fatica, a mantenere vivi legami con gli indirizzi più moderni (non solo quello tedesco,
ma anche quelli americano e francese). Ne sono la riprova alcuni ottimi trattati: i tre

6
 Cfr. Mammone 1989; Viola 1991.
7
 Cfr. Butzer, Carbone, Jongmans, Palladino 1999-2000; Rowe 2018, p. 75, 154, 174-175.
8
 Cfr. Toti Rigatelli 1992; Brigaglia 2017.
9
 Brigaglia e Scimone 1998, p. 520.
10
 Pepe 2011, p. 73-75.
11
 Cfr. Emaldi 1994.
12
 Per avere un’idea della molteplicità di questi contributi basti scorrere le note a piè di pagina del capitolo
Teoria dei Numeri – Analisi indeterminata, curato da Michele Cipolla per l’Enciclopedia delle
Matematiche Elementari di L. Berzolari, G. Vivanti e D. Gigli (Milano, Hoepli, I, 1, 1929, p. 271-342).
13
 Cfr. Martini 2004; Brigaglia 2020.

 2
volumi di Teoria dei Gruppi di Ordine Finito e sue Applicazioni (1919-1923) di M.
Cipolla, i Corpi Numerici ed Algebre di G. Scorza (1921) e soprattutto le già citate Lezioni
sulla teoria dei numeri algebrici di Bianchi edite nel 1923 ma che si riferiscono al corso
da lui tenuto per la prima volta a Pisa nell’anno accademico 1920-21.
 Nonostante ciò, fra il 1925 e il 1938, l’algebra astratta accumulerà in Italia un grave
ritardo.14 In contro-tendenza al panorama internazionale, gli insegnamenti di carattere
avanzato, come quelli di Bianchi, Scorza e Cipolla, saranno spenti, fatte salve poche
eccezioni: G. Ricci, che continuerà a insegnare teoria dei numeri a Pisa, G. Belardinelli a
Milano, B. Levi e E. Bortolotti a Bologna, ancora successivamente F. Conforto a Roma.

3. ‘Mi sono messo a studiare teoria dei numeri’: Fubini tra Pisa e Torino
 La vita professionale di Fubini – come è noto – si dipana su più luoghi: Pisa, Catania,
Genova, Torino, Princeton e New York, di differente significatività in rapporto alla teoria
dei numeri.15
 A Pisa egli compie gli studi universitari fra il 1896 e il 1899, a stretto contatto con
Bianchi, ma nel periodo in cui quest’ultimo ha interrotto le sue ricerche sul gruppo
modulare nei corpi quadratici immaginari, sulle forme di Dirichlet e di Hermite e sulle
forme quadratiche quaternarie a coefficienti interi razionali, che avevano costituito uno
dei pivots della sua attività scientifica fra il 1890 e il 1894 e che avrebbero rappresentato
“la parte più ragguardevole delle contribuzioni italiane all’aritmetica pura del secolo
XIX”.16 Bianchi, che è essenzialmente un teorico dei numeri e un geometra proiettivo-
differenziale, ricopre tuttavia un ruolo fondamentale nella formazione algebrica di Fubini.
I corsi sulla teoria dei gruppi di sostituzioni e sulle equazioni algebriche secondo Galois
(1897-1899) lo affascinano e gli trasmettono il gusto per alcune linee di sviluppo: forme
quadratiche ed Hermitiane, poligoni o poliedri fondamentali, le “relazioni
interessantissime”17 che intercorrono tra il numero di vertici dei poliedri fondamentali di
molti gruppi discontinui e il numero delle classi di ideali del corpo aritmetico
corrispondente. Alla Scuola di Bianchi, in qualità di assistente volontario alla cattedra di
Algebra e Geometria analitica, Fubini acquisisce inoltre salde competenze in algebra
astratta e teoria dei gruppi, ambiti su cui verteranno i suoi primi lavori e in particolare il
trattato Introduzione alla teoria dei gruppi discontinui e delle funzioni automorfe (Pisa,
Spoerri, 1908) che lo farà conoscere largamente in Italia e all’estero.
 Il periodo del primo Novecento, nella nostra prospettiva, appare meno importante.
Quando Fubini è a Catania (1903-1906), la città non è infatti quell’ambiente scientifico
vivace per l’Algebra che diverrà negli anni Venti e Trenta, grazie a Scorza, Cipolla, Nalli
e G. Aprile.18 A Genova Fubini resterà una manciata di mesi, troppo pochi per stabilire
contatti con i colleghi e per lasciare una traccia durevole del proprio magistero.
 Torino, dove Fubini giunge nel 1908, come ordinario di Analisi infinitesimale al
Politecnico e come incaricato di Analisi Superiore all’Università (1910-1938), non offre

14
 Cfr. Van der Waerden 1970; Bottazzini, Gray 2013.
15
 Cfr. Terracini 1944; Picone 1946; Segre 1954; Terracini 1968, p. 53-66; Nastasi 1993; Fava 1999. Le
ultime due tappe (Princeton e New York) non sono ovviamente rilevanti nell’ambito di questo lavoro. Su
di esse rimandiamo a Luciano 2018b, p. 152-153.
16
 Scorza 1930, p. 19-20. Cfr. anche Bedarida 1929, p. 81-83. Al 1891 risaliva in particolare il celebre
volume di Bianchi Sui gruppi di sostituzioni lineari e sulle forme quadratiche di Dirichlet e di Hermite
(Pisa, Spoerri).
17
 Fubini 1928, p. 96. Cfr. anche Fubini 1929a, p. 66 e Fubini 1929b, p. XXXV.
18
 Tazzioli 1999, p. 6.

 3
a sua volta un’atmosfera stimolante per gli studi di algebra astratta e aritmetica teorica.
La teoria dei numeri, in quegli anni, non conta praticamente cultori; l’eredità della Scuola
di Genocchi, se mai fosse esistita, è ormai estinta.
 Il corpo docente annovera quattro matematici puri: Enrico d’Ovidio, Giuseppe Peano,
Corrado Segre e Gino Fano. d’Ovidio, sulla cattedra di Algebra complementare e
geometria analitica dal lontano 1872, aveva acquisito una certa notorietà pubblicando
alcuni eleganti lavori sulle forme algebriche, e in particolare su quelle binarie e sui loro
invarianti.19 Dagli anni ‘80, però, il cumulo degli incarichi istituzionali (come rettore,
preside della facoltà di Scienze MFN, membro del Consiglio Superiore della Pubblica
Istruzione, direttore del Politecnico, ecc.) lo aveva del tutto distolto dalla ricerca, sicché
è impossibile ritenerlo un interlocutore di Fubini in materia d’algebra.
 Giuseppe Peano, allievo di Genocchi, nutriva un interesse tutt’altro che episodico per
la teoria dei numeri, ma solo nei suoi aspetti storici. Tale interesse si era alimentato negli
anni grazie allo studio dei classici, funzionale alla compilazione delle note storiche ai
capitoli Arithmétique e Théorie des Nombres del Formulario,20 e a seguito della lunga
frequentazione con Giovanni Vacca. Questi, già suo assistente sulla cattedra di Analisi
fra il 1897-1903, e a sua volta raffinato bibliofilo e interprete degli scritti di Fermat,
Wilson, Leibniz, Goldbach, ecc. era in contatto con storici dell’aritmetica superiore di
fama internazionale quali O. Stolz e G. Wertheim.
 Gli unici ad avere competenze specifiche e aggiornate in teoria dei numeri erano, in
buona sostanza, Segre e Fano. Il primo, che era stato alla Scuola di Göttingen nel 1891,
e che nei tedeschi riconosceva i suoi ‘Maestri a distanza’,21 si era però principalmente
concentrato su alcuni capitoli – fra cui la teoria dei gruppi e le forme – più strettamente
connessi con la sua specialità, la geometria superiore. Matematico di grande cultura,
Segre aveva studiato in modo approfondito non solo la produzione tedesca in campo
algebrico (R. Dedekind, A. Brill, M. Nöther, H. Weber, S. Lie, G. Scheffers, …), ma
anche gli americani: L.E. Dickson, G.A. Miller, H.F. Blichtfeld, M. Bôcher.22 Ciò non gli
impediva, tuttavia, di classificare nel suo Schedario bibliografico personale, alla voce
Teoria dei numeri, due soli titoli: i manuali elementari di Scarpis (1897) e di Gazzaniga
(1903).23
 Ancora diverso è il caso di Gino Fano che, recatosi anch’egli a Göttingen nel 1893-
94, in un solo semestre aveva avuto modo di frequentare un corso sulle funzioni
automorfe di F. Klein, uno di Zahlentheorie di E.C.J. Schering e uno di H. Weber sulla
teoria dei numeri algebrici.24 Al ritorno in Italia, oltre a portare con sé una raccolta di
Specialvorlesungen di Klein, Hilbert, Weber e altri ancora, che avrebbe donato alla
Biblioteca Speciale di Matematica, Fano era stato incaricato da Peano di curare il capitolo
Nombres algebriques del Formulaire de Mathématiques. Aveva così trascorso alcuni
mesi traducendo in simboli ideografici tutta la prima parte del corso di Weber, inerente
ai concetti di numero algebrico, corpo dei numeri e al problema della scomposizione in

19
 Fano 1932-33, p. 446-447.
20
 Tutte le fonti storiche citate da Peano nelle varie edizioni del Formulario sono elencate in Roero 2010.
Per quelle di teoria dei numeri (Diofanto, P. Fermat, L. Euler, J.L. Lagrange, A.M. Legendre, C.F. Gauss,
B. Riemann …) si vedano le p. 111-113, 119-120, 125, 128.
21
 Luciano, Roero 2012, p. 18-27, 45-55.
22
 Cfr. Luciano e Roero 2016, p. 102, 221-229; Brigaglia 2016, p. 277-285.
23
 Lo Schedario Segre è custodito a Torino, nella Biblioteca Speciale di Matematica ‘G. Peano’. L’elenco
delle voci di cui è composto è fornito da Conte, Giacardi 2016, p. 72-74.
24
 Fano 1894, p. 177, 183.

 4
fattori ideali secondo Dedekind.25 Pur essendosi mantenuto al corrente degli studi di
algebra astratta e di teoria dei numeri, grazie a un’ampia rete di relazioni internazionali
che comprendeva M. Nöther e A. Hurwitz, nel 1916 anche Fano non si occupava però più
di questi argomenti da molto tempo.
 Alla luce di questo quadro, che Fubini decida di tenere a Torino, nell’anno accademico
1916-17, un corso monografico di teoria dei numeri appare un fatto realmente singolare.
A stupire non sono tanto la mancanza di un’attività di ricerca sua personale in questo
settore o l’eventuale fragilità della sua preparazione, quanto la decisione di proporre un
insegnamento avanzato su un settore disciplinare del tutto assente dal contesto
universitario torinese e per certi versi marginale anche agli occhi dei colleghi. Certo, a
determinare la sua scelta possono aver contribuito motivazioni estrinseche, quali la
scomparsa di R. Dedekind, avvenuta nel febbraio del 1916, alla quale la stampa
matematica nazionale aveva dato un certo risalto,26 oppure le notizie che si rincorrevano
sulle dimostrazioni dell’ultimo teorema di Fermat,27 o ancora i contatti con E. Landau,
che Fubini aveva conosciuto al congresso internazionale dei matematici di Roma
nell’aprile del 1908.
 L’analisi delle sue Lezioni di Teoria dei numeri induce tuttavia ad avanzare tre ordini
di ragioni, a monte della decisione: la ‘svolta geometrica’ di Fubini, il suo eclettismo e la
particolare concezione che egli aveva dell’insegnamento universitario.
 Nel 1916 Fubini è in procinto di ri-orientare, per così dire, i suoi studi, virando dalle
ricerche di ‘spirito analitico’ a quelle di geometria proiettivo-differenziale, sulle quali
verterà in massima parte la sua produzione fino al 1937. Un corso di Analisi Superiore
tutto rivolto alla teoria dei numeri – e in aperta controtendenza rispetto agli altri sei
precedentemente tenuti a Torino28 – potrebbe riflettere questa svolta nella sua biografia
professionale. L’ipotesi troverebbe conferma in un laconico passaggio di una lettera di
Fubini all’amico T. Levi-Civita, che recita: “Mi sono messo a studiare teoria dei numeri,
con le applicazioni alla geometria dell’ente algebrico e sto diventando un geometra
puro”.29
 Ammiratore “delle cose belle e del nuovo, dotato di una prodigiosa versatilità”, Fubini
è “il matematico più eclettico che abbia mai avuto l’Italia”30. Il giudizio di M. Picone
restituisce con fedeltà una cifra essenziale dell’opera scientifica e didattica di Fubini: la
capacità di spaziare largamente, nei suoi lavori così come nei corsi, fra temi diversissimi
fra loro, sull’onda dell’entusiasmo per un nuovo indirizzo di studi, per una linea di ricerca
magari solo agli albori, ma che lasciava intravedere le sue potenzialità, per una teoria
appena abbozzata, della quale si intuivano l’eleganza o la potenza. È questo eclettismo di
Fubini che lo porta a proporre, in 28 anni di insegnamento dell’Analisi Superiore a

25
 Fano 1895 e Peano (a cura di) 1895, p. 101-114. Si tratta, di fatto, della traduzione in simboli logico-
matematici di alcune parti delle Vorlesungen über Zahlentheorie di Dirichet-Dedekind (4a ed., 1894).
26
 Cfr. per esempio Memoria per la morte di Dedekind, Bollettino di Bibliografia e Storia delle Scienze
Matematiche, 1916, p. 143.
27
 Cfr. inter alia il contributo di G. Vivanti sulle dimostrazioni dell’Ultimo teorema di Fermat date da W.
Lückhoff, A. Kempe e Löwenberg (Bollettino di Bibliografia e Storia delle Scienze Matematiche, 1912, p.
83-85 e 1915, p. 107-108).
28
 Questi, ad esempio, i soggetti nei due anni precedenti. 1914-15: Serie di Fourier; Calcolo delle variazioni;
Principio di minimo (trattato come applicazione delle serie di Fourier al calcolo delle variazioni); 1915-16:
Risultati classici e moderni per i fondamenti delle teorie delle funzioni di variabile reale o complessa.
Confronti tra due teorie.
29
 G. Fubini a T. Levi-Civita, 15.11.1916, in Nastasi e Tazzioli 2003, p. 115.
30
 Picone 1946, p. 57.

 5
Torino, 23 temi differenti, appartenenti a 4 aree disciplinari, fra cui appunto la teoria dei
numeri, cui dedica interamente due corsi (1916-17 e 1931-32)31 e una parte di quello del
1937-38,32 l’ultimo da lui tenuto in Italia prima di essere rimosso dal servizio a causa
delle leggi razziali.
 Fubini è un didatta eccellente. Per lui, “parlatore vivace e arguto, sovente paradossale”,
far lezione è “gioia e piacere”.33 Capace di captare e di conservare l’attenzione
dell’uditorio, egli prova autentica soddisfazione nel trasmettere il sapere, e i suoi allievi,
a Torino come a New York, lo considerano un idolo. Il suo è un magistero che, come
quello di Bianchi, punta non tanto al rigore e alla precisione della trattazione quanto alla
volontà di aprire nuovi orizzonti. In questa prospettiva, insegnare teoria dei numeri, pur
non essendone uno specialista, appare agli occhi di Fubini, coerente oltre che ‘utile’.
Questa disciplina, infatti, caratterizzata da proprietà in apparenza semplici ma spesso
assai difficili da dimostrare, gli sembra particolarmente adatta a illustrare come la
matematica sia un “grande paesaggio, in cui il ricercatore innalza edifici, costruisce e
varia le strade che conducono l’uno all’altro: è un paesaggio strano, in cui si va talvolta
nei posti più impensati”.34 In questi percorsi minime discordanze possono portare a
scoperte grandiose, le ipotesi da cui si era partiti possono essere modificate, persino
stravolte. In teoria dei numeri, i vecchi edifici non cadono mai, ma vanno in disuso,
perché sorgono nuove costruzioni, richieste dal variare dei problemi da risolvere, dal
mutare e dal perfezionarsi dei metodi di ricerca, sicché talvolta “nei vecchi edifici
abbandonati, ma non crollati, si trova un oggetto che inspira nuove idee, che indica nuove
strade, che dà al vecchio palazzo vita nuova e feconda”.35 In aula Fubini non mostrerà
perciò le “cosette graziose”36 della teoria dei numeri ma quel “fittissimo reticolato di vie
che collegano l’uno all’altro teorema, e che aprono nuovi punti di partenza per ulteriori
ricerche”.37 Sacrificherà talora il rigore, se necessario, pur di educare gli allievi a nuovi
linguaggi, algoritmi e modi di pensiero, che portano a “trovare impensati collegamenti
tra fenomeni disparatissimi” e che sono “l’incitamento sia a nuove scoperte, sia a nuove
teorie”.38 Così procede d’altronde quotidianamente la ricerca matematica, per prove ed
errori, e compiendo “atti di audace intuizione”, senza i quali gran parte del sapere
resterebbe ignoto. Per questo, secondo Fubini, è da deplorare chi nell’insegnamento
superiore dà troppo peso ai dettagli, alla struttura formale e logico-deduttiva, tacendo i
“procedimenti euristici, che hanno creato la scienza”.39

31
 Stando al sommario pubblicato su L’Enseignement Mathématique (30, 1931, p. 151) il corso sviluppava
il seguente programma: “teoria dei numeri e numeri algebrici. Relazione colla teoria di Galois delle
equazioni algebriche”.
32
 Questa parte verteva sulle reti modulari e sui loro legami con l’analisi diofantea. Cfr. Archivio Storico
dell’Università di Torino, fascicolo personale di Guido Fubini.
33
 Segre 1954 p. 286.
34
 Fubini 1935, p. 11.
35
 Fubini 1935, p. 11-12.
36
 Segre 1954, p. 282.
37
 Fubini 1929b, p. XXXVII.
38
 Fubini 1930, p. 104. Al rigore, argomenta Fubini (1930, p. 98, 100, 101), spetta un compito successivo:
“chiarire i limiti di validità della scoperta, porre in luce i legami che intercedono tra essa e gli altri fatti già
noti, bandire le eventuali oscurità, togliere ogni interpretazione troppo larga che possa indurre in errore, e
condurre a risultati paradossali”.
39
 Fubini 1936, p. 30-31; Fubini 1930, p. 106.

 6
4. Educare alla ricerca: il corso di Analisi Superiore del 1916-17
 Quando Fubini entra per la prima volta nella sala VIII del Palazzo del Rettorato, in via
Po 17, lunedì 6 Novembre 1916, l’Italia sta attraversando un momento drammatico. Dopo
l’entrata in guerra accanto alla Triplice Intesa le condizioni economiche e sociali della
popolazione sono sensibilmente peggiorate e molte famiglie sono state costrette a far
interrompere gli studi ai propri figli. A ciò si aggiunga che il reclutamento militare, sia
obbligatorio che volontario, incentivato dalla propaganda, ha svuotato le aule
universitarie. Davanti a sé Fubini trova così una ventina di studenti, in prevalenza donne
– i pochi ragazzi, o sono troppo giovani o sono stati riformati – che seguono in
contemporanea il corso di Meccanica Superiore tenuto da Somigliana e quello di
Geometria Superiore di Segre.40
 A rischio di essere accusati di “vivere nel limbo dei Santi Padri, ignorando la guerra,
privi di qualunque antipatia, o simpatia per alcuno, salvo il dovuto rispetto ai tedeschi”,41
sia Segre che Fubini hanno optato quell’anno per temi di chiara derivazione germanica:
le matematiche elementari da un punto di vista superiore e la teoria dei numeri. La cosa
è pienamente legittima. Come tutti i docenti degli insegnamenti di livello avanzato offerti
negli atenei italiani, Fubini ha infatti piena autonomia nel decidere gli argomenti da
affrontare di anno in anno e l’approccio metodologico e didattico con cui svilupparli.
 Le aspettative dei colleghi torinesi nei confronti dell’Analisi Superiore sono tuttavia
alte e ben precise, a maggior ragione dopo un episodio spiacevole verificatosi sei anni
prima, ma di cui ancora si avvertivano gli strascichi. Stante la notevole parte in esso
riservata alla logica e ai fondamenti, nel marzo del 1910 il corso di Analisi Superiore era
infatti stato tolto a Peano, che lo aveva tenuto per incarico nel biennio precedente. I toni
d’opposizione di Segre, d’Ovidio e Somigliana, in quel frangente, erano stati assai duri:
 Ora i due corsi di Analisi Superiore svolti dal prof. Peano in questi anni peccano, secondo
 il mio modo di vedere […]. Essi hanno un carattere frammentario, saltuario, svolgono cioè
 nelle varie lezioni (tranne eccezioni non rilevanti) argomenti staccati, che sembran scelti a
 caso, senza che mai, o quasi mai, sia approfondita qualcuna di quelle teorie che
 comunemente si designano col nome di Analisi Superiore. Si tratta invece qui ciascun
 argomento solo per quel tanto che la Logica Matematica, o il Formulario, quali furono
 svolti fino ad oggi, possono dare. Il Formulario è il principale testo per gli studenti di
 Analisi Superiore della nostra Facoltà. Ora ciò non corrisponde a ciò che, secondo me, deve
 essere un tale corso. Non così i giovani di valore possono essere indirizzati a fare ricerche
 elevate nell’Analisi Superiore. Così non impareranno altro, se non l’indirizzo critico in cui
 il prof. Peano è maestro; non l’indirizzo costruttivo, che è essenziale in questa materia.42
 Il Prof. d’Ovidio osserva che la preparazione dei giovani all’insegnamento nelle scuole
 medie è particolare ufficio delle Conferenze di Magistero, mentre nei corsi di Matematica
 Supre occorre spingere i giovani allo studio di teorie nuove e alla ricerca originale,

40
 Maria Bertacchi; Ernesto Boverio; Adelaide Carozzi; Ugo Cassina; Severina Castellaro; Ester De
Benedetti; Maria Gandiglio; Luisa Bettina Ghigi; Giovanni Battista Gonella; Pia Locchi; Salvatore Lupiga;
Maria Mancinelli; Maria Teresa Morra; Angiolina Piva; Eugenio Poisetti; Enrico Purgotti; Elgisa Troncana;
Annetta Segre; Elgisa Troncana; Elisa Viglezio. Cfr. Archivio Storico dell’Università di Torino: Carriere
scolastiche, voll. 33, 34, 35, 37; Registro degli esami speciali di Analisi Superiore 1916-20. Alcuni di
questi, Cassina, De Benedetti, Segre, Viglezio acquisteranno una certa notorietà nella comunità italiana
degli insegnanti di matematica.
41
 Archivio Volterra, Accademia dei Lincei, C. Somigliana a V. Volterra, 15.5.1916. Su questo aspetto cfr.
anche Luciano e Roero 2012, p. 64-65.
42
 Archivio Storico dell’Università di Torino, VII, 83, Verbale del 17 Marzo 1910, in Luciano 2006, p. 65-
66.

 7
munendoli del maggior numero di idee e di strumenti, dai quali possano trarre
 giovamento.43
 Il Prof. Somigliana è d’avviso che nei corsi di Matematica superiore si debbano
 avvicendare le teorie più importanti, trattandone ogni anno qualcuna ma in modo organico
 e, per quanto possibile, completo. 44
La vicenda non poteva dirsi del tutto conclusa poiché ancora nel marzo del 1915, quando
si era discusso per l’ultima volta in facoltà degli affidamenti, Peano era tornato sulla
questione, ribadendo i pregi della propria impostazione e chiedendo che l’incarico
dell’Analisi Superiore gli venisse restituito o fosse attribuito al suo allievo Boggio,
anziché a Fubini:
 In quasi tutte le università l’insegnamento dell’Analisi Superiore è affidato per incarico al
 prof.re di Calcolo Infinitesimale, al quale è dato così mezzo di guidare egli stesso, nel 2°
 biennio, i giovani suoi allievi nello studio e nelle ricerche dei campi più elevati dell’Analisi.
 Trova perciò poco confacente all’interesse degli studi che, dopo aver dato a lui tale incarico
 nei due anni 1908-09 e 1909-10, glielo sia stato tolto, disconoscendo i suoi meriti, e
 affidandolo invece a persona [Fubini] che in passato ha dato prova di non essere al corrente
 dei di lui lavori, che segue altro indirizzo, e dà luogo così a un completo distacco fra i due
 insegnamenti di Calcolo Infinitesimale e Analisi Superiore. […] Non può lasciar passare
 sotto silenzio il torto che gli si è fatto. Fa presente ancora che esiste nella facoltà anche un
 altro professore, il Prof. Boggio, il quale non ha alcun incarico: questi conosce i suoi
 metodi, e, se a lui fosse affidato l’incarico dell’Analisi Superiore, potrebbe continuare
 l’insegnamento dell’Analisi secondo il medesimo suo indirizzo.45
Alla luce di questi pregressi, ben si comprende che Fubini costruisca assai attentamente
le sue Lezioni di Teoria dei numeri vagliandone con cura l’impianto strutturale,
contenutistico e metodologico. Di fronte a sé lo attende un impegnativo compito di
mediazione epistemico-cognitiva, reso ulteriormente complesso da due ‘condizioni al
contorno’: la necessità di dover selezionare la letteratura di base, tenendo conto della
scarsa famigliarità con il tedesco della maggior parte degli studenti, e il divieto di
importazione di merci provenienti dagli Imperi centrali (ivi compresi i libri e le riviste)
contro il quale si era invano scagliato Segre, in qualità di direttore della Biblioteca
Speciale di Matematica.46 Il fatto che le Lezioni del 1916-17 non comprendano una
bibliografia e limitino al massimo i rimandi, citando solo testi presenti nella Biblioteca
universitaria torinese, riflette questo stato di cose.
 Gli sforzi di Fubini saranno comunque coronati dal successo: su 23 iscritti al terzo e
quart’anno del corso di studi in Matematica nel biennio 1916-18 sette gli chiederanno la
tesi di laurea o una sottotesi.

4.2. Temi e contenuti delle Lezioni di Teoria dei numeri
 Conscio della lacunosa preparazione algebrica degli allievi, Fubini dedica le prime
lezioni del suo corso ad argomenti di carattere elementare, ma funzionali alla
comprensione dei successivi sviluppi teorici: divisibilità, numeri associati, algoritmo
euclideo per la ricerca del massimo comun divisore tra due numeri interi, risolubilità in

43
 Archivio Storico dell’Università di Torino, VII, 83, Verbale del 17 Marzo 1910, p. 158.
44
 Ibidem.
45
 Archivio Storico dell’Università di Torino, VII, 83, Verbale dell’11 Marzo 1915, in Luciano 2006, p. 68-
69.
46
 C. Segre al rettore dell’Università di Torino, 25.2.1916, in Giacardi e Roero 1999, p. 444.

 8
numeri interi dell’equazione diofantea + = 1 con , primi tra loro e unicità
della decomposizione degli interi in fattori primi, a meno di fattori associati. I primi
concetti ‘avanzati’ ad essere introdotti sono quelli di campo oloide (struttura algebrica
chiusa rispetto alle operazioni di somma, differenza e prodotto, la cui definizione
corrisponde abbastanza bene a quella attuale di anello algebrico), di modulo (“un insieme
 di enti tali che la somma o la differenza di due enti in , distinti o no, è ancora un
ente in ”) e di ideale, ovvero un modulo , contenuto in un campo oloide , tale
che il prodotto di un ente di e un ente di sia ancora un ente di .47 Questi strumenti
sono sufficienti per dare la dimostrazione del teorema di infinità dei numeri primi,
 !
ottenuta utilizzando la divergenza della serie di Dirichlet ∑" "! per = 1 e lo studio
della funzione ( ) di Gauss, che rappresenta il numero degli interi positivi ≤ 
primi con . 48
 Un secondo gruppo di lezioni, ancora di carattere propedeutico, verte sull’aritmetica
degli interi ( ), equivalente a quella dei campi pseudo-oloidi (ovvero anelli a
caratteristica positiva, in linguaggio odierno), di cui sono forniti gli elementi classici:
piccolo teorema di Fermat, congruenze lineari e loro sistemi, teorema cinese dei resti,
teorema di Wilson, radici primitive e indici, fino ad arrivare alla risoluzione delle
congruenze binomie " ≡ ( ) e all’enunciato del teorema di reciprocità
quadratica, che sarà ampiamente discusso nel seguito del corso.49
 Nessuno dei temi affrontati in queste lezioni di apertura è, ovviamente, originale né lo
è la loro esposizione, tant’è che Fubini non sente l’esigenza di fornire alcun riferimento
bibliografico. Rivolgendosi a studenti che di algebra astratta avevano sentito parlare solo
d’Ovidio, Fubini si sente forse ‘costretto’ a seguire i manuali elementari di teoria dei
numeri italiani: lo Scarpis, il Gazzaniga, il Chebyshev-Massarini e le lezioni di Bianchi
del 1911-12, dalle quali riprende per esempio testualmente la dimostrazione del teorema
di infinità dei numeri primi, considerandola emblematica di un tipo approccio che coniuga
algebra, aritmetica e analisi e che, a differenza dei precedenti e più antichi procedimenti
argomentativi, si presta a molteplici generalizzazioni.50
 Mostrando di tener conto delle esigenze di un pubblico di allievi per lo più indirizzati
all’insegnamento secondario e che, in contemporanea alle lezioni di Teoria dei numeri,
seguiva quelle di Magistero tenute da Segre, Fubini non omette di far rilevare qualche
risvolto didattico degli argomenti sviluppati, e per esempio sottolinea il parallelismo tra
l’aritmetica delle congruenze e la prova del 9 e dell’11 in una moltiplicazione e l’analogia
tra la nozione di indice e il logaritmo, già rilevata da Gauss nelle Disquisitiones
Arithmeticae. Questi spunti costituiranno l’oggetto per due dissertazioni finali di
Magistero, quelle di Annetta Segre (Una lezione per la quarta classe ginnasiale sulla
divisibilità dei numeri interi, 26 febbraio 1919) e di Luisa Ghigi (Una lezione per la terza
classe della Scuola Normale sul metodo della riduzione all’unità nella regola del 3, 15
luglio 1919).

47
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 53, 56-57.
48
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 58-62.
49
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 63-79.
50
 Indicative del talento didattico di Fubini sono anche le Applicazioni ed esercizi poste in calce a queste
prime lezioni (Fubini 1917, ed. 2020, p. 79-82). Si tratta quesiti non-standard, tutti di carattere teorico,
talora impegnativi e difficili: dimostrare il piccolo teorema di Fermat, per particolari valori di , , provare
un caso particolare del teorema di reciprocità o trovare i numeri primi con di cui è un residuo,
riconducendo il problema alla ricerca dei primi divisori di " − " con , primi tra loro.

 9
4.3. Capitoli scelti di Teoria dei numeri
 Tutta la parte centrale del corso di Fubini (ben 15 lezioni sulle 24 totali) è dedicata allo
sviluppo di quattro capitoli di teoria dei numeri, scelti fra quelli che possono
maggiormente prestarsi a tratteggiarne il vasto paesaggio: geometria dei numeri, teoria
delle forme, numeri algebrici e aritmetica analitica. L’architettura di questa sezione
comporta un particolare sforzo creativo il quale:
 consiste ici à mettre en ordre, à clarifier, à simplifier. Ce travail peut aboutir par fois à
 l’invention de nouveaux concepts, de nouvelles méthodes, de nouvelles théories, mais
 surtout il contribue puissamment à organiser le savoir mathématique en imposant des
 choix: quelles sont jugés essentiels, ceux qui sont accessoires, ceux qu’il suffit de renvoyer
 en exercices d’application? Ces choix impliquent en effet non seulement une opinion sur
 la valeur didactique de tel ou tel mode d’exposition mais aussi une vision de la nature et de
 la structure du savoir mathématique.51
In estrema sintesi, l’ordito di questo nucleo centrale del corso di Fubini è così
sintetizzabile. Nelle prime tre lezioni, dedicate alla geometria dei numeri, si propone di
cercare degli elementi di reti di punti (reticoli o lattices nel linguaggio corrente) che
hanno, in un certo senso, ‘norma piccola’, ossia di trovare gli elementi del reticolo per i
quali una certa forma quadratica assume valore minimo. Il problema si riduce a studiare
i punti a coordinate intere contenuti all’interno di particolari figure, e ciò è strettamente
collegato allo studio della riduzione delle forme quadratiche a coefficienti interi,
affrontato nelle successive lezioni.52
 Sei ore sono destinate a dimostrare alcuni importanti teoremi sulla struttura degli interi
in un campo di numeri, in particolare la finitezza del gruppo delle classi di ideali di un
campo di numeri e il teorema di Dirichlet sulla struttura del gruppo delle unità.53
 Segue un ‘capitolo’ sull’equivalenza di struttura, o per meglio dire di categoria, tra le
coniche e le forme quadratiche: le prime risultano essere equivalenti quando le loro
equazioni si possono ridurre ad una forma canonica prestabilita, le seconde se esiste una
trasformazione modulare che porta l’una nell’altra.54
 Tre lezioni sviluppano la teoria degli interi algebrici, dimostrandone la struttura di
anello e di modulo sull’anello degli interi, e presentando analogie e differenze con
l’aritmetica classica. Utilizzando i teoremi di Minkowsi del capitolo precedente, viene
dimostrato il ‘gran teorema di Dirichlet’, che fornisce la struttura del gruppo degli
elementi invertibili degli anelli di interi, detto gruppo delle unità: questo gruppo è sempre
finitamente generato, cioè ha una “parte libera” infinita, isomorfa a tante copie di ℤ, e
una parte di torsione finita.55 Nel linguaggio di Fubini: gli elementi invertibili si possono
sempre scrivere in modo unico come prodotto un numero finito di elementi di ordine
infinito moltiplicati per una radice dell’unità.

51
 Belhoste 1998, p. 299-300.
52
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 83-102.
53
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 103-111.
54
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 113-133. Il risultato più importante, in questo campo, è rappresentato dal
teorema di Hasse-Minkowski, che lega la rappresentabilità di un numero razionale tramite una forma
quadratica a coefficienti razionali alla possibilità di rappresentare tale numero localmente, ovvero in
ciascuno dei completamenti del corpo ℚ. Questo risultato risale al 1921, motivo per cui Fubini non poteva
esserne a conoscenza, tuttavia egli riserva a queste tematiche un’attenzione significativa, emblematica del
suo ‘fiuto’ nel cogliere le linee di ricerca più promettenti a livello internazionale.
55
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 137-155.

 10
Altre quattro lezioni, forse le più complesse dal punto di vista della trama culturale ad
esse soggiacenti, trattano la teoria della divisibilità negli interi algebrici e i collegamenti
tra la teoria degli ideali e quella delle forme. Partendo dall’osservazione che in generale
non vale in questo contesto la proprietà di fattorizzazione unica degli elementi, viene
introdotta la teoria degli ideali e dimostrato come la fattorizzazione unica valga invece
per questi nuovi oggetti. È quindi dimostrato il teorema di finitezza del numero delle
classi di ideali.56 Il calcolo dei volumi di determinate zone dello spazio serve a Fubini per
concludere che ogni classe di ideali contiene un ideale che ha norma minore di una certa
quantità, la quale dipende dalla radice quadrata del discriminante. Per fare ciò, egli
utilizzerà i teoremi di Minkowski, immergendo l’anello degli interi in ℝ" come
sottogruppo discreto, per opportuno. L’immagine dell’anello attraverso questo
omomorfismo iniettivo è un reticolo; allo stesso modo gli ideali diventano reti all’interno
di questo reticolo.
 Sugli aspetti dell’analisi strettamente connessi alla teoria dei numeri è infine incentrato
l’ottavo gruppo di lezioni (4 ore).57 Fubini introduce la funzione zeta di un campo di
numeri (funzione zeta di Dedekind) e ne mostra la decomposizione come prodotto
euleriano, dove ogni fattore euleriano dipende da un ideale primo del campo. Mettendo
in relazione, mediante metodi di geometria dei numeri, il volume di particolari regioni di
ℝ" con il numero di punti interi interni a tale regione, si perviene alla determinazione del
residuo della funzione zeta, in termini del regolatore e del numero delle classi di ideali
del campo. La teoria generale degli ideali negli anelli di interi è quindi completamente
sviluppata. Come conseguenza notevole, Fubini enuncia e dimostra il “grande teorema
della progressione aritmetica”, che asserisce che ogni progressione aritmetica contiene
infiniti numeri primi.
 Se la concatenazione degli argomenti e le finalità ‘tecniche’ di Fubini (cioè i risultati
che intende dimostrare) sono generalmente chiari, raramente lo sono le sue scelte
culturali. È ad esempio palese che si ispiri alla Geometrie der Zahlen di H. Minkowski
per trattare le reti di parallelogrammi, i campi fondamentali, il teorema sui punti reticolari
negli insiemi convessi, ecc.58 Al contrario, nonostante il rimando esplicito alle
Diophantische Approssimationen di Minkowski e alle lezioni litografate di Klein del
1896, non è chiaro cosa lo induca a dare tale rilievo ai principi della geometria dei numeri
in dimensione 2 e alle sue applicazioni al problema fondamentale dell’analisi
indeterminata di primo grado, alle frazioni continue e alla riduzione delle forme definite
di Gauss, salvo non scomodare l’ipotesi prima formulata, secondo la quale Fubini si
sarebbe ‘messo a studiare teoria dei numeri’ nel periodo in cui stava diventando ‘un
geometra puro’.
 Analogamente, non è chiaro perché, pur essendo ben consapevole del fatto che i
linguaggi degli ideali e delle forme sono equivalenti in virtù di una corrispondenza
introdotta da Hilbert,59 Fubini non si risolva a sposare un singolo approccio e sviluppi
prima la prospettiva di Dedekind (introducendo gli ideali come i massimi comuni divisori
56
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 159-188.
57
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 189-200.
58
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 83-101.
59
 Essa fa corrispondere a una forma il suo ‘contenuto’, ovvero l’ideale generato dai suoi coefficienti.
Fissate una base dell’anello degli interi e una base dell’ideale – che sono tutte reti nella terminologia di
Fubini – ad ogni ideale si può associare una forma. Ideali che sono equivalenti, nel senso che danno origine
alla stessa classe nel gruppo delle classi, danno origine a forme equivalenti, cioè ottenibili l’una dall’altra
applicando una trasformata lineare speciale. Sulla teoria degli ideali e delle forme cfr. Edwards 1980;
Goldstein, Schappacher e Schwermer 2007.

 11
“mancanti” degli elementi nell’anello degli interi di un campo oloide) e successivamente
‘il punto di vista’ di Kronecker.60
 Senza banalizzare eccessivamente il discorso storiografico, si può affermare che il
nodo più difficile da sciogliere riguardi le fonti utilizzate da Fubini per costruire questa
parte del suo corso. È infatti chiaro che le poche citazioni presenti nel testo61 non
restituiscano neppure minimamente l’ampiezza delle sue letture.
 I trattati italiani non potevano essergli bastati: oltre che pochissimi erano troppo
elementari, ad eccezione della traduzione italiana delle Vorlesungen über Zahlentheorie
di Dirichlet-Dedekind e delle litografie di Bianchi, alle quali Fubini si rifà per le lezioni
sul gruppo modulare, sui periodi di Gauss e sull’introduzione all’aritmetica analitica.62
 Imprescindibile, allora, il ricorso ai testi tedeschi, dei quali la Biblioteca Speciale di
Matematica di Torino certo non difettava, possedendo i volumi di Minkowski, Kronecker,
Hilbert, Weber, J. Sommer, P. Bachmann, oltre a una collezione di litografie dei corsi di
teoria dei numeri tenuti in varie Università, costruita negli anni da Segre e Fano grazie ai
loro contatti epistolari con Klein.63 Proprio dalle lezioni di teoria dei numeri di
quest’ultimo, ad esempio, Fubini desume testualmente tutta la parte del suo corso inerente
l’interpretazione geometrica delle frazioni continue.64
 Inesistenti o quasi risultano invece i legami con la tradizione anglo-americana, ad
eccezione che in una parte del V capitolo, dove esponendo la teoria delle somme di Gauss,
a cui è riportata la risoluzione del problema fondamentale dell’analisi indeterminata di
secondo grado, Fubini introduce la rappresentazione geometrica di tali somme nel piano
non euclideo seguendo H. Smith.65
 Oltre che sul patrimonio librario, Fubini poteva poi far affidamento sulla miscellanea,
vero fiore all’occhiello della Biblioteca Speciale di Matematica di Torino, andata
purtroppo quasi completamente distrutta nei bombardamenti della seconda guerra

60
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 137-142, 159-168; 144-147, 168-175.
61
 Otto in tutto, di cui quattro rimandi espliciti: alle Vorlesungen di Dirichlet-Dedekind nella traduzione di
Faifofer (Fubini 1917, ed. 2020, p. 136, 141, 152, 231), alle lezioni di Bianchi del 1911-12 (p. 136), al
trattato di Sommer (p. 208) e alle Diophantische approssimationen di Minkowski (p. 152) e quattro
allusioni generiche ai “metodi di Kummer, Dedekind, Kronecker, Hilbert”, alle lezioni del Minkowski, alla
“teoria di Kronecker-Hilbert” e ai “risultati di Kummer” (p. 142, 168).
62
 Cfr. Fubini 1917, ed. 2020, p. 110-136 e Bianchi 1911-12, p. 2-47, 125-191, 229-278, 318-330. Molti
corsi litografati di Bianchi (fra cui quelli del 1897, 1899, 1903, 1911-12) erano stati acquistati dalla
Biblioteca Speciale di Matematica subito dopo la loro stampa.
63
 A mero titolo d’esempio: la Biblioteca Speciale di Matematica possedeva la Geometrie der Zahlen di
Minkowski (1896) dal 1898, la Diophantische Approximationen dello stesso autore dall’anno della
pubblicazione (1907), il saggio di Kronecker Über bilineare Formen mit vier Variabeln (1883) dal 1891,
il Beiträge di Landau dal 1908 e lo Zahlbericht di Hilbert, nell’edizione francese di Lévy (Théorie des
corps de nombres algébriques 1910), dal 1912. Una copia delle Vorlesungen über Zahlentheorie di J.
Sommer era stata donata da Fubini alla Biblioteca nel 1907, subito dopo la stampa. Cfr. Archivio della
Biblioteca Speciale di Matematica: Consorzio Universitario Piemontese. Prospetto delle variazioni in
aumento o diminuzione degli oggetti esistenti nella Scuola di Magistero, dal 1903 al 1919; Fondo
Universitario, dal 1907 al 1910 e Archivio Storico dell’Università di Torino, Recap. SC Biblioteca
matematica.
64
 Cfr. Fubini 1917, ed. 2020, p. 103-107 e Klein 1896, p. 2-9, 26-39. Essa prelude alla generalizzazione
dei teoremi di Minkowski e alla riduzione delle forme quadratiche binarie definite. Anche la nozione di
gruppo è introdotta, nelle Lezioni di Teoria dei numeri di Fubini ‘alla Klein’. Il gruppo non è infatti
presentato agli studenti come struttura algebrica astratta, ma operativamente, come gruppo di
trasformazioni del piano, attraverso quella che attualmente prende il nome di azione di un gruppo su un
insieme. Cfr. Wussing 1969.
65
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 136. Sia detto a margine: il fatto che Fubini avesse una mediocre conoscenza
dell’inglese potrebbe aver influito sull’orizzonte delle sue letture.

 12
mondiale.66 Gli oltre sessantamila estratti da cui era composta, molti dei quali donati da
Segre, Peano, Fano, Fubini, Somigliana e altri ancora, erano messi a disposizione dei
docenti e degli studenti del secondo biennio, nella Sala di lettura, realizzata a imitazione
della leggendaria Lesezimmer di Göttingen. Sul versante della teoria dei numeri vi si
potevano trovare opuscoli di tutto il mondo: dall’America (L.E. Dickson, G.A. Miller,
H.F. Blichfeldt, R.D. Carmichael e H.S. Vandiver) alla Russia (V.P. Velimin, A.P.
Zilinskij, V.I. Romanovsky e J.V. Uspensky), dalla Francia (H. Laurent e Châtelet),
all’impero britannico (G.H. Hardy, L.G. Mordell, A. Cunningham e S. Ramanujan) e al
Giappone (M. Fujiwara e T. Suzuki).
 Un secondo aspetto ugualmente complesso da valutare riguarda la coerenza fra il corpo
centrale del corso di Fubini e la visione, sua e dei colleghi, dell’insegnamento superiore,
in rapporto alla scelta dei temi, al grado di approfondimento con cui svilupparli e al rigore
della trattazione.
 A questo proposito, si può dire che, coerentemente con gli obiettivi che si era sempre
prefissato, in questo gruppo di lezioni Fubini tende a “dare molte idee a chi inizia gli studi
in Teoria dei numeri”, senza scendere nei dettagli minuti e anzi accettando di sorvolare
su qualche aspetto, in nome di un fine più alto, che è quello di presentare uno schizzo a
grandi tratti del ‘vastissimo territorio’ della teoria dei numeri, lasciando agli allievi il
compito di colorarlo.67 I concetti e risultati da lui qui introdotti sono al centro del dibattito
matematico internazionale dell’epoca, o lo sono stati in anni molto recenti, e ai suoi occhi
meritano dunque a pieno titolo diritto di cittadinanza in un corso avanzato, al pari della
teoria delle funzioni ellittiche o delle equazioni differenziali, che forse qualche collega
avrebbe ritenuto più pertinenti a un insegnamento di Analisi Superiore. La loro selezione
è condotta interamente in vista della parte finale del corso, nella quale questo apparato
concettuale sarà utilizzato in dimostrazioni delicate e difficili quali quella del ‘gran
teorema di Dirichlet’ sulla struttura del gruppo delle unità (al quale è dedicata un’intera
lezione).68
 I vari ‘capitoli’ di teoria dei numeri sono sviluppati, come avevano auspicato i colleghi
Segre, d’Ovidio e Somigliana, in modo ‘organico e completo per quanto possibile’. Le
limitazioni e le semplificazioni, che pure esistono, dipendono dall’orario previsto per
l’insegnamento dell’Analisi Superiore (72 ore), dall’inadeguatezza dei prerequisiti di
parecchi studenti in materia d’algebra, ma anche dal fatto che Fubini stesso si era
appropriato di molti di questi strumenti teorici da autodidatta e in un contesto culturale a
noi solo parzialmente noto (fra l’altro la sua biblioteca personale risulta perduta allo stato
attuale delle ricerche). Una combinazione di questi tre fattori potrebbe averlo indotto ad
accennare ma a non affrontare nelle sue Lezioni di Teoria dei numeri un argomento oggi
divenuto canonico: l’esistenza, per ogni campo di numeri K, del suo corpo di classe di
Hilbert: un’estensione finita di K in cui tutti gli ideali diventano principali e sono quindi
identificabili con un numero, il generatore, e che rappresenta in un certo senso il contesto
in cui gli ideali diventano oggetti concreti.69
 Sul fronte del rigore, oggettivamente alcune parti del corpus centrale delle Lezioni di
Teoria dei Numeri sono un po’ ‘gettate via’. Un esempio valga, anche in questo caso, su
tutti. Le dimostrazioni del teorema delle unità e di quello di finitezza del gruppo delle
classi si basano sulla possibilità di immergere oggetti algebrici (ideali, gruppi di unità,

66
 Luciano 2018b.
67
 Fubini 1929a, p. 46.
68
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 198-200.
69
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 237.

 13
…) in un opportuno spazio euclideo in modo tale da ‘vederli’ come reticoli in tale spazio:
nel caso degli ideali, l’immersione è semplicemente il prodotto delle diverse immersioni
del campo nei numeri reali o nei numeri complessi; nel caso delle unità si utilizza invece
l’immersione logaritmica, che permette il passaggio dalla struttura moltiplicativa a quella
additiva. Il volume di questi reticoli è esprimibile in termini del discriminante del campo
e della norma dell’ideale in questione. A questo proposito l’esposizione di Fubini è
tutt’altro che trasparente, pur risultando suggestiva nella misura in cui le sue
considerazioni anticipano quelle di Chevalley e di Tate sugli adèles.70
 Un ultimo cenno merita un aspetto metodologico del magistero di Fubini, che ben
emerge da questo gruppo di lezioni: la sua predilezione per la concretezza
dell’esposizione. Essa si evince in più punti: quando, per dimostrare il principale teorema
di Minkowski, lavora su segmenti del piano e prova l’esistenza di punti del reticolo
all’interno di parallelogrammi e esagoni di area 4 centrati nell’origine, prima di studiare
la posizione dei punti del reticolo sul perimetro di queste regioni, oppure quando educa i
suoi studenti a ‘vedere’ gli ideali come numeri, come enti concreti piuttosto che astratti,
ossia come massimi comuni divisori ‘ideali’.

4.4. Alle soglie della ricerca in Teoria dei numeri
 L’ultima parte delle Lezioni di Teoria dei Numeri di Fubini (i capitoli IX e X delle
dispense) si può propriamente considerare quella di avviamento alla ricerca, in quanto
fornisce agli studenti spunti di approfondimento in relazione ad una rosa di temi sofisticati
e al centro del dibattito matematico contemporaneo. La sezione pseudo-monografica dei
corsi di carattere avanzato, di solito incentrata sui rami di studio prediletti dal docente,
era quella di maggiore importanza. Qui i docenti avevano modo di valorizzare al meglio
il proprio sapere, presentando i loro lavori su un determinato soggetto e portando gli
allievi più brillanti alle soglie dell’attività scientifica originale.
 Nel corso del 1916-17 Fubini propone ai suoi studenti tre temi di studio: i principi
dell’aritmetica analitica (funzione zeta di Riemann e sua generalizzazione, funzione di
Dedekind) 71, l’aritmetica dei corpi quadratici e le sue applicazioni (ivi compreso l’ultimo
teorema di Fermat), i campi intermedi delle estensioni ciclotomiche, ovvero le funzioni
polinomiali invarianti per particolari permutazioni delle radici dell’unità.72 Su questi
verterà la maggior parte delle tesi di laurea di Analisi Superiore discusse a Torino fra il
1917 e il 1919, due delle quali avranno per oggetto il teorema di reciprocità (Maria
Mancinelli, Maria Teresa Morra) e altrettante i corpi algebrici quadratici (Maria
Gandiglio ed Elgisa Troncana).
 Gli strumenti introdotti in precedenza danno ora modo a Fubini di tracciare quei ponti
e collegamenti fra ‘fenomeni disparatissimi’ nei quali risiede, a suo avviso, l’essenza di
ogni buona ‘Scuola di ricerca’. Così ad esempio dopo aver illustrato la decomposizione
degli ideali primi e le tre possibilità che si presentano per l’ideale generato da un numero
primo nell’anello, nelle lezioni conclusive del suo corso Fubini dà ora una determinazione
esplicita dei generatori di un campo quadratico, individua la relazione di coniugio,
definisce l’ideale coniugato e introduce il concetto di ideale ambiguo, attraverso il quale
arriva a provare che, se il discriminante di un campo è un numero primo, allora il numero

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 Fubini 1917, ed. 2020, p. 153-155, 177-182.
71
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 189-200, 231-232.
72
 Fubini 1917, ed. 2020, p. 201-232.

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