B Foto-ossidazione e termo-ossidazione
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B ) Foto-ossidazione e termo-ossidazione La foto-ossidazione e la termo-ossidazione sono processi degradativi provocati dall’azione combinata di luce ed ossigeno (foto-ossidazione) e di calore ed ossigeno (termo-ossidazione). Al fine di una migliore comprensione dei due fenomeni conviene ana- lizzare, preliminarmente, i meccanismi indotti dall’azione della sola luce (degradazione fotochimica) e del solo calore (degradazione termica), in assenza di ossigeno. B1 ) Degradazione fotochimica Lo spettro elettromagnetico è costituito da radiazioni le cui lunghezze d’onda () vanno da quelle delle onde radio ( > 106 nm) a quelle dei raggi cosmici ( 10-4 nm) (figure 28 e 29) [20, 21]. Come traspare dalla figura 29 lo spettro visibile comprende radiazioni con lunghezze d’onda tra 400 nm e 750 nm. La luce, nell’ambito di que- sto intervallo, assume una colorazione diversa; in particolare all’aumen- tare di «si passa dal colore violetto (420 nm) fino ad arrivare al rosso (650 nm) pas- sando attraverso tutte le tonalità intermedie di transizione (indaco, azzurro, verde, giallo ed arancione)» (figura 30) [22]. Secondo la teoria corpuscolare della luce, sviluppata da Einstein ed Altri, un fascio di luce si comporta come un flusso di particelle, fotoni, ognuna delle quali ha un’energia E il cui valore è collegato alla frequenza e alla lunghezza d’onda mediante la seguente relazione fondamentale: E = h = h c / (8) dove h è la costante di Planck e c è la velocità della luce. Quando un fascio di fotoni investe un corpo materiale le molecole (o atomi) costituenti, in determinate condizioni, interagiscono con le radia- zioni incidenti e, assorbendo quanti energetici (E = h ), passano, da uno stato fondamentale caratterizzato da una configurazione elettronica a bassa energia, a stati eccitati a più elevata energia. Come illustrato sche- maticamente nella figura 31, queste transizioni avvengono solo se l’ener- gia della radiazione incidente è uguale alla differenza tra l’energia dello stato eccitato e quella dello stato fondamentale. Le molecole che si trovano in uno stato eccitato sono instabili e, per- 103
Fig. 28: Le varie componenti e grandezze che caratterizzano le onde elettromagnetiche [20]. Fig. 29: Spettro elettromagnetico (la lunghezza d’onda è espressa in nm (nm = 1 milionesimo di millimetro). Nella regione inferiore della figura, la parte visibile dello spettro è disaggregato nelle varie onde componenti. L’energia associata alle radiazioni elettromagnetiche è tanto più elevata quanto minore è la lunghezza d’onda [21]. tanto, tendono a disattivarsi attraverso processi di diseccitazione i più importanti dei quali sono schematicamente indicati nella figura 32 [20]. I processi di disattivazione che riportano le molecole eccitate (A*) nello stato fondamentale (A) attraverso la reazione A* A, che non prevede fenomeni di trasformazione chimica, sono definiti fotofisici. Questi proces- si possono avvenire per dissipazione di calore oppure attraverso l’emissio- ne di quanti di luce h (fenomeno della luminescenza, che, a sua volta, a 104
Fig. 30: Lo spettro visibile con colori associati alle varie onde elettromagnetiche che lo com- pongono [22]. Fig. 31: Processo di assorbimento delle radiazioni luminose (schematico) [20]. 105
Fig. 32: I principali processi di disattivazione di uno stato elettricamente eccitato [20]. Fig. 33: Processi bimolecolari di spegnimento di uno stato eccitato [20]. seconda della velocità, dà luogo alla fluorescenza o alla fosforescenza). Un terzo processo di diseccitazione, denominato fotochimico, si carat- terizza per il fatto che il surplus di energia relativo allo stato eccitato viene utilizzato nella reazione unimolecolare attraverso cui la molecola eccitata A* viene trasformata in una molecola diversa (B) che si viene a trovare nel suo stato fondamentale (A* B). I fenomeni di fotoisomerizzazione cis trans degli alcheni sono clas- sici esempi di transizione fotochimica unimolecolare. La molecola eccitata A* può disattivarsi anche attraverso processi bimolecolari, detti di spegnimento, trasferendo elettroni o energia ad un’altra specie molecolare (vedasi figura 33) [20]. Come si deduce dal confronto dei diagrammi riportati nella figura 34, 106
a) b) Fig. 34: Distribuzione dell’intensità delle radiazioni solari in funzione della lunghezza d’onda: a) spettro solare fuori dell’atmosfera terrestre; b) spettro solare in estate alle ore 12 nella città di Washington D. C. (USA) [23]. le radiazioni solari aventi lunghezza d’onda inferiori a ~ 290 nm sono assorbite totalmente dallo strato di ozono presente nell’atmosfera. Pertanto, tenendo conto del fatto che le radiazioni ultraviolette hanno lunghezza d’onda che varia tra i 100 e i 380 nm, è possibile concludere che solo una frazione di queste ultime ha la capacità di investire la crosta terrestre [23]. Dai diagrammi della figura 35 si ricava, inoltre, che la distribuzione 107
a) b) Fig. 35: Dipendenza dell’intensità delle radiazioni UV (< 313 nm): a) dall’ora del giorno; b) dal mese dell’anno [23]. 108
Tabella 2 Energie medie di legami chimici covalenti a 298K (in kJ/mole). Legami Energie Legami Energie Legami Energie Legami Energie C-S 273 Si-Si 226 P-N 200 C=C 612 C-Br 280 Si-H 319 P-C 264 C=N 617 C-N 307 Si-O 432 P-H 322 C=O 732 C-Si 328 N-H 391 P-O 360 C-Cl 340 O-H 464 C-C 349 C-O 361 C-H 416 C-F 485 dell’intensità relativa alle radiazioni ultraviolette (< 313 nm) dipende da una serie di fattori: altitudine; latitudine, ora del giorno, stagione dell’an- no e condizioni locali del tempo [23, 24]. L’energia dei fotoni delle radiazioni UV è sufficientemente elevata per provocare la rottura di molti dei legami covalenti presenti lungo le macromolecole di polimeri sintetici e naturali le cui energie medie (a 298 K; espresse in KJ mole-1) sono riportate nella tabella 2 [21]. Per degradazione fotochimica deve intendersi l’insieme di processi che, a seguito di interazione con radiazioni luminose, comportano la modifica- zione chimica (reazione fotochimica) di una sostanza colpita da fotoni. È stato ampiamente dimostrato che le reazioni fotochimiche possono avvenire solo se le molecole costituenti hanno la capacità di assorbire, mediante un processo fotofisico, le radiazioni luminose [25]. Affinché in un polimero si verifichino reazioni fotochimiche è necessa- ria la presenza, lungo la catena macromolecolare, di speciali gruppi, detti cromofori, i quali hanno la capacità di assorbire quanti di luce passando in uno stato elettronicamente eccitato. Successivamente l’energia assor- bita a livello elettronico viene dissipata attraverso uno dei processi discussi e già illustrati nelle figure 32 e 33. La struttura chimica di alcuni dei più comuni gruppi cromofori presen- 109
Tabella 3 Alcuni dei più comuni gruppi cromofori presenti in molecole organiche ti in molecole e macromolecole organiche, sintetiche e naturali, è ripor- tata nella tabella 3. In alcune circostanze la presenza contemporanea di gruppi cromofori diversi esalta l’attitudine di una molecola ad assorbire, mediante proces- si fotofisici, radiazioni elettromagnetiche. Questo caso si verifica in strutture molecolari del tipo qui di seguito 110
delineate: (a) (b) dove in molecole con insaturazioni coniugate [(doppi legami C=C (con legami e ) si alternano a legami semplici C—C (legami vengono inseriti dei gruppi aldeidici e/o chetonici. Nei sistemi cromofori di cui sopra gli elettroni possono essere facil- mente eccitati dalle radiazioni visibili. Gli elettroni di un legame (C—H, C—C, C—O) richiedono, invece, una maggiore energia di atti- vazione e quindi radiazioni a più bassa lunghezza d’onda e cioè quelle che fanno parte delle regioni dell’ultravioletto (vedasi figura 29). La presenza di gruppi e/o sistemi cromofori lungo le macromolecole di una fibra tessile rende quest’ultima «light sensitive because these groups absorb radiation in both the visibile region and ultraviolet regions close to the visibile» [26]. Il processo di fotodegradazione delle fibre tessili prevede l’assorbi- mento di fotoni da parte degli elettroni che partecipano ai legami chimi- ci i quali passano in una configurazione eccitata. A seguito di questa transizione e attraverso reazioni fotochimiche pri- marie, la molecola eccitata viene dissociata in radicali. «Il comportamento dei polimeri alla fotodegradazione è di solito il risultato delle reazioni dei radicali creatisi dal processo fotochimico primario che possono portare a scissioni della catena, reticolazioni, formazione di gruppi insaturi ed eliminazione di gruppi sostituenti con formazione di composti volatili» [27]. Durante la sintesi e la lavorazione può capitare che nella massa del polimero restino incorporati composti estranei o additivi (ad esempio: residui catalitici, tracce di idroperossido, monomeri contenenti gruppi carbonilici, coloranti, mordenti, pigmenti, additivi utili alla lavorazione, 111
Tabella 4 Il processo di fotodegradazione scomposto nelle sue varie fasi 112
ecc.). Alcune di queste sostanze hanno la capacità di assorbire radiazioni UV e di trasferire l’eccesso di energia alle molecole di polimero con for- mazione di radicali i quali ultimi possono dare luogo ad una serie di pro- cessi che portano alla fotodegradazione delle macromolecole. Le fasi relative ad un processo di degradazione fotochimica, così come descritte da J. C. McNeill, sono illustrate nella tabella 4 [25]. Il tipo di reazione a cui può dare luogo il macroradicale (R*) (fase 4, in tabella 4) dipende, in generale, da una serie di fattori, i più importanti dei quali sono: - la temperatura di transizione vetrosa della fase amorfa della fibra; - la struttura chimica dell’unità ripetitiva delle macromolecole costituenti; - la presenza o l’assenza di atomi di idrogeno terziari che si ripe- tono lungo la catena macromolecolare. Al di sotto della temperatura di transizione vetrosa il processo di «depropagation to monomer (fase 4-d in tabella 4; n.d.A.), which is an important degradation reaction in some polymers at elevated temperatures, cannot occur following chain scission induced photolytically, because when the polymer is in the glassy state the propagation – depropagation equili- brium cannot be driven to the right by the removal of monomer (vedasi rea- zione sotto riportata; n. d. A)» [25]. La struttura molecolare dell’unità ripetitiva gioca un ruolo fondamen- tale sui meccanismi di fotodegradazione . Ad esempio è stato osservato che in polimeri con unità ripetitive senza atomi di idrogeno terziari, la fotolisi provoca un abbassamento del peso molecolare a seguito di reazioni di scissione delle macromolecole. Nel caso di unità ripetitiva del tipo -CH2-CHX- allora l’effetto princi- pale indotto dall’azione dei raggi ultravioletti è quello di provocare delle reticolazioni. È bene precisare che in entrambi i casi è essenziale, affinché si verifi- 113
chino le reazioni fotochimiche sopra delineate, la presenza di gruppi cro- mofori [25]. Le proprietà ultime di un polimero sottoposto ad attacco fotochimico dipenderanno dal meccanismo molecolare secondo cui è evoluta la degradazione. Se è prevalso il meccanismo di scissione delle macromo- lecole si osserverà un decadimento delle caratteristiche fisico-meccani- che a cui si accompagnerà un’aumentata solubilità, dovuta quest’ultima al fatto che il peso molecolare medio è drasticamente ridotto. Al contra- rio, nel caso che dovessero predominare reazioni di reticolazioni il mate- riale presenterà una accentuata resistenza alla solubilizzazione e una minor flessibilità. 114
B2 ) Degradazione termica Le fibre tessili ad alte temperature subiscono un processo di deteriora- mento dovuto all’assorbimento di calore. La stabilità termica di un polimero (sia esso naturale che sintetico) dipende da una serie di fattori i più importanti dei quali sono: - costituzione e configurazione molecolare dell’unità ripetitiva; - legami secondari (per esempio ad idrogeno) di tipo intra e inter- molecolare; - grado di cristallinità; - temperatura di fusione e di transizione vetrosa; - presenza o meno di impurezze; - massa molecolare; - morfologia (sferulitica-isotropa, fibrosa-anisotropa); - tipo di interconnessione tra fasi cristalline e fasi amorfe e strut- tura delle zone di transizione; - rigidità delle macromolecole e loro modo di impacchettarsi nella fase cristallina [10-16]. La stabilità termica o resistenza termica (ST) di un polimero viene comunemente così definita: «la temperatura massima alla quale un polimero può essere riscaldato senza che esso subisca modificazioni chimiche irreversibili» [27]. Normalmente la ST viene identificata con la temperatura alla quale un polimero subisce una perdita, per effetto del calore, del 15% in peso (in azoto e con una velocità di riscaldamento pari a 10 °C/min). La ST di alcuni polimeri è riportata, a titolo esemplificativo, nella figura 36 [25]. Nel caso delle fibre tessili naturali è stato possibile stabilire la seguen- te scala di resistenza alla termo - degradazione: LINO > COTONE > LANA > SETA dalla quale si deduce che le fibre proteiche (seta e lana) sono più sensi- bili alla termo-decomposizione di quelle cellulosiche (lino e cotone) [28]. Le macromolecole delle fibre tessili naturali si caratterizzano per la pre- senza lungo le loro catene di legami chimici covalenti (C-C, C-H, C-N, C-O, ecc.) i quali hanno una energia di dissociazione che, come riporta- to nella tabella 2, varia da 273 a 732 KJmole –1. Tali legami tra i 150 °C e i 500 °C, a seconda degli atomi coinvolti, per 115
Fig. 36: Stabilità termica relativa ad alcuni polimeri di più largo impiego. Essa viene misurata dalla temperatura alla quale, in atmosfera di azoto e con una velocità di riscaldamento pari a 10 °C / min, si verifica il 15% di perdita di peso [25]. effetto del calore assorbito subiscono un processo di scissione denomi- nato termolisi (in analogia alla fotolisi) che determina una serie di rea- zioni che portano alla emissione di prodotti volatili a basso peso moleco- lare e alla demolizione del polimero con perdita delle sue caratteristiche fisico-meccaniche. In assenza di ossigeno la degradazione termica può avvenire secondo due meccanismi diversi: a) reazioni che coinvolgono la catena polimerica (depolimerizzazione); b) reazioni che coinvolgono i sostituenti laterali. - Depolimerizzazione «This name (la depolimerizzazione indotta da degradazione termica; n.d.A.) can be applied to processes in which the chain breaks at same points, leading to reactions in which the products all have essentially the same composition as the repeat structure but may consist of relatively small molecules such as monomer, dimer, trimer or chain fragments which are similar to the original polymer or copolymer structure, but of much shorter chain length» [25]. Lo schema della depolimerizzazione è illustrato nella tabella 5. A titolo esemplificativo nella figura 37 sono riportate le reazioni di depolimerizzazione del polimetilmetacrilato (PMMA). 116
Tabella 5 Schema base della depolimerizzazione indotta da un processo di degra- dazione termica [25] Nel caso di questo polimero si osserva che, una volta avvenuta la rot- tura iniziale dei legami, la reazione di depropagazione procede lungo la catena, dando luogo alla formazione di circa 200 unità monomeriche per unità di scissione iniziale. Il monomero rappresenta l’unico prodotto finale della degradazione ter- mica del PMMA che si ottiene con una resa praticamente uguale al 100% [25]. - Reazioni che coinvolgono i sostituenti laterali Questo tipo di degradazione si caratterizza per il fatto che «il polimero conserva la struttura a catena, la cui composizione chimica è però diversa da quella originale, a causa di reazioni di : • eliminazione; • ciclizzazione» [27]. Reazioni di eliminazione causate dal calore, sono state documentate nel caso del polivinil cloruro (PVC) e del polivinil acetato (PVAC) che, a temperature relativamente elevate (200 °C per il PVC), eliminano rispet- tivamente una molecola di HCl e di CH3-COOH per unità ripetitiva secondo gli schemi della figura 38. L’eliminazione di acido cloridrico e di acido acetico porta alla forma- zione di un doppio legame [(prodotto b) in figura 38] che provoca la destabilizzazione dell’unità ripetitiva adiacente. Il procedere della rea- zione lungo la catena determina come prodotto finale una macromoleco- la coniugata dove doppi legami C = C si alternano a legami semplici C–C [(prodotto c) in figura 38] [25]. 117
Fig. 37: Le reazioni relative alla degradazione termica (in assenza di ossigeno) del Polimetilmetacrilato (PMMA) secondo il meccanismo di depolimerizzazione [25]. Queste strutture, caratterizzate da una sequenza di doppi legami coniu- gati, sono responsabili dell’effetto di scolorimento che si osserva nel PVC quando subisce questo tipo di degradazione termica [25, 27]. In polimeri, quali l’acido poliacrilico e il poliacrilonitrile, lungo la cui catena sono presenti rispettivamente gruppi carbonilici (-COOH) e nitri- lici (-CN), il processo degradativo porta a prodotti con strutture cicliche (vedasi figura 39) [25, 27]. 118
Fig. 38: Esempi di degradazione termica con eliminazione dei sostituenti laterali: caso del poli- vinil cloruro e del polivinil acetato [25]. Fig. 39: Processi di degradazione termica di polimeri attraverso reazioni dei sostituenti laterali che portano a strutture cicliche: a) il caso dell’acido poliacrilico; b) il caso del poliacrilonitrile [25 e 27]. 119
B3 ) Termo – ossidazione e Foto – ossidazione I polimeri organici e tra questi le macromolecole fibrose (cellulosa, cheratina e fibroina), costituenti principali delle fibre naturali di interes- se tessile (lino, cotone, lana, seta, ecc.), reagiscono con l’ossigeno atmo- sferico anche se la velocità di ossidazione si caratterizza per una cinetica relativamente lenta. Al contrario l’ossigeno reagisce velocemente con i radicali, presenti nella massa polimerica, prodotti dal calore e dalla luce. A seconda che la fonte primaria dei radicali sia la luce oppure il calore il processo di ossidazione viene definito rispettivamente di foto-ossida- zione e di termo-ossidazione. Questi processi, che dipendono fortemente dalle caratteristiche chimi- co-strutturali del polimero e dalle condizioni ambientali, possono pro- durre fenomeni di scissione dei legami covalenti della catena polimerica, di reticolazione, di emissione di sostanze volatili e di formazione di grup- pi funzionali contenenti ossigeno. «L’ossidazione avviene attraverso un meccanismo radicalico a catena che è sostanzialmente indipendente dal tipo di energia utilizzata per creare i radi- cali nella reazione di inizio» [22]. Le varie fasi del processo di termo-ossidazione o di foto-ossidazione sono schematicamente delineate nella figura 40. Il meccanismo della fase di iniziazione è praticamente uguale a quello già descritto per la foto-degradazione e termo degradazione in assenza di ossigeno. La reazione di propagazione vede il coinvolgimento di macroradicali polimero * e perossili (polimero – OO*) [(vedasi rispettivamente schema b1) e b2) in figura 40)] [25, 27]. La reazione che comporta l’estrazione di idrogeno (b2 in figura 40), essendo più lenta di quella in cui il radicale polimero reagisce con l’ossi- geno (b1 in figura 40), a parità di ogni altra condizione, di fatto determi- na la velocità globale della fase di propagazione del processo di termo- ossidazione o di foto-ossidazione. Va sottolineato che in strutture fibrose caratterizzate dall’alternanza lungo l’asse di fibra di regioni cristalline (alta densità e bassa permeabilità all’ossigeno) e amorfe (bassa densità e alta permeabilità all’ossigeno) si verifica che il processo di ossidazione avviene preferenzialmente nelle zone disordinate della fibra laddove la concentrazione dell’ossigeno è 120
Fig. 40: Schema globale delle varie fasi, e relative reazioni, dei processi di termo-ossidazione e di foto-ossidazione [25]. maggiore. Pertanto le regioni di un materiale polimerico a più alta cristal- linità, in generale, mostrano una maggiore resistenza all’ossidazione. Le reazioni che caratterizzano la fase di terminazione del processo sono descritte nella figura 41 [26]. «In condizioni normali di concentrazione di ossigeno, la concentrazione dei radicali P* (Polimero * in figura 41, n.d.A.) è molto bassa e la reazione di terminazione avviene per combinazione di radicali POO* (Radicali Perossili, Polimero – O – O * in fig. 41, n.d.A.) con formazione di un peros- sido che evolve poi in modo diverso a seconda che i radicali perossile siano o no terziari … … In difetto di ossigeno anche i radicali P* possono parte- cipare alla reazione di terminazione [reazione b) in figura 41 n.d.A.]» [27]. 121
Fig. 41: Le reazioni che caratterizzano la fase di terminazione di un processo di foto-ossidazio- ne o di termo-ossidazione [26]. La reazione di terminazione c), descritta in figura 41, porta alla retico- lazione delle catene polimeriche «Poiché i centri radicalici al carbonio (P*) e all’ossigeno (POO*) che pro- pagano il processo sono in genere distribuiti lungo la catena polimerica ……. » [27]. Durante il processo di propagazione (vedasi reazioni b) in figura 40) si formano dei gruppi idroperossidici (Polimero – OO – H) distribuiti lungo la catena polimerica. In questi gruppi i legami perossidici hanno una bassa energia (~ 40 K cal / mole) pertanto assorbendo energia termica o fotoni- ca (da radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda anche superio- ri ai 300 nm) si dissociano facilmente, anche a temperatura ambiente. Da ciò segue che in condizioni ambientali favorevoli ai processi di foto e termo – ossidazione i gruppi idroperossidici attraverso una scissione omo- litica danno luogo alla formazione di radicali Polimero – O * e *OH (vedasi reazione riportata in figura 42 – a). Questi ultimi hanno la capa- cità di estrarre atomi di idrogeno dalle catene polimeriche secondo gli schemi di reazione b) e c) della figura 42 [27]. I radicali alcossilici (Polimero – O *) inducono, anche, reazioni che 122
portano alla rottura del legame in al centro radicalico sull’ossigeno con formazione di un carbonile aldeidico o chetonico. «Il risultato complessivo della scissione dei gruppi idroperossido è quindi quello di iniziare nuove catene cinetiche alimentando il processo di propaga- zione con nuovi radicali…… Con il progredire del processo di ossidazione, la complessità dei prodotti che si formano aumenta notevolmente con l’ossida- zione dei gruppi alcolici e carbonilici che porta ad acidi, esteri. ecc.» [27]. Nel caso delle fibre poliammidiche i processi di termo-ossidazione, in fase solida vengono accelerate dalla presenza di acqua assorbita dalle regioni amorfe. Questo fenomeno è da mettere in relazione con il fatto che l’acqua, agendo da plastificante, abbassa la Tg; conseguentemente la mobilità dei segmenti macromolecolari aumenta e quindi il materiale diviene più facilmente accessibile alle molecole di ossigeno. «Gli effetti chimici principali dell’ossidazione sono l’aumento dei gruppi carbossilici e la contemporanea diminuzione di quelli amminici; anche la massa molecolare diminuisce. La degradazione termoossidativa procede mediante reazione a catena di radicali liberi che coinvolgono l’atomo di C in al gruppo -CONH- con formazione di idroperossido e rigenerazione di un alchil radicale, che a sua volta reagisce ancora con ossigeno per dare un radi- cale perossidico e così via» [29]. Fig. 42: Reazioni di propagazione, relative al processo secondario di foto-ossidazione e termo-ossi- dazione, indotte dalla scissione dei gruppi idroperossido formatisi durante la fase iniziale [25, 27]. 123
Fig. 43: Le varie fasi che portano alla termo-ossidazione delle poliammidi. Il radicale R*, forma- tosi per azione della luce, calore, impurezze, ecc., reagisce sul -CH2- prossimo al gruppo -NH- [29]. Le varie fasi che, partendo dal radicale R * formatosi per effetto del- l’incidenza di radiazioni luminose, del calore, impurezze o additivi, por- tano alla decomposizione delle poliammidi in ammide ed aldeide, sono delineate nella figura 43 [29]. «Le reazioni che conducono alla decomposizione di (VI) in ammide ed aldeide sono in accordo, sia con la diminuzione delle masse molecolari che accompagna la termoossidazione e le fotoossidazioni, sia con l’assorbimen- to mediante spettrometria del gruppo >C=C< aldeidico. Invece la diminu- 124
zione di gruppi amminici probabilmente può aver la seguente origine: l’ul- teriore ossidazione del componente aldeidico porta a formare il gruppo –COOH, che condensa con i gruppi amminici presenti» [29]. Durante il processo di termo-ossidazione delle poliammidi si osserva un fenomeno di ingiallimento il quale sembra che debba essere ascritto alla formazione di gruppi cromofori originatesi «sia da autocondensazioni aldeidiche, sia da condensazioni tra gruppi ammi- nici ed aldeidici. Tuttavia è da osservare che le sostanze cromofore possono formarsi anche per ulteriori ossidazioni e ciclizzazioni in prodotti di reazio- ne aldeidici» [29] La fotodegradazione delle poliammidi allo stato fibroso, determinata dal- l’esposizione alla luce solare anche a temperatura ambiente, comporta: - la riduzione delle masse molecolari; - il decremento dello sforzo massimo a trazione; - la diminuzione dell’allungamento a rottura. Il processo di fotolisi che conduce alla rottura del legame C-N, che nel caso delle poliammidi alifatiche è il legame cui corrisponde una minore Fig. 44: Le possibili reazioni che si verificano durante il processo di fotodegradazione e in par- ticolare della fotolisi delle poliammidi alifatiche [29]. 125
energia, è da mettere in relazione con l’assorbimento da parte del gruppo ammidico -NH-CO- di quanti fotonici aventi lunghezza d’onda inferiore a 300 nm. Le reazioni connesse al processo di fotolisi delle poliammidi alifatiche sono illustrate nella figura 44, dalla quale si evince che i radicali forma- tisi a seguito della «scissione del legame ammidico estraggono un atomo di idrogeno da -CH2- in posizione vicinale () a -NH- ; il gruppo metilenico costituisce la princi- pale fonte di radicali liberi…..» [29]. Per quanto riguarda la foto-ossidazione delle poliammidi è stato dimo- strato che gli stadi iniziali ed i prodotti derivati sono praticamente gli stessi della termo-ossidazione. Inoltre, è stato osservato che la velocità di foto-ossidazione praticamente corrisponde alla velocità di formazione dell’idroperossido (vedasi figura 43). «A temperatura ambiente la formazione (dell’idroperossido) richiede oltre 100 ore. Come previsto, lunghezze d’onda più brevi (
Fig. 45: Struttura chimica degli amminoacidi tirosina e triptofano i cui residui sono presenti nelle catene proteiche delle fibre di lana. che conducono a prodotti di degradazione di natura diversa [26]. A titolo esemplificativo alcune delle possibili reazioni che determinano il deterioramento delle fibre tessili indotte da radicali ossi-fibra sono riportate nella figura 46. In particolare i processi in a) e in b) portano alla rottura della catena macromolecolare con la formazione rispettivamente di un gruppo chetonico e di un gruppo aldeidico terminale [26]. «If the deterioration products contain a chromophoric group, such as a ketone or aldehyde group, which can be part of a chromophoric system, the colour of the fibre will change. If covalent bonds in the polymer chain back- bone undergo rupture (causing chain scission) a decrease in DP (grado di polimerizzazione; n.d.A.) occurs, and thus a change in the mechanical prop- erties of the fibre, which is manifested in the decrease of its mechanical strength» [26]. 127
La foto-ossidazione «is an autocatalytic chain reaction process» che, relativa- mente alla prima fase, dipende fortemente dai seguenti fattori: - lunghezza d’onda, energia ed intensità della luce; - durata dell’esposizione alla luce. È stato provato sperimentalmente che, in generale, la presenza nelle fibre tessili di particelle di polvere con spigoli molto aguzzi, di enzimi, di microrganismi e tracce di catalizzatori, insieme ad un elevato contenuto di acqua, provocano un sensibile aumento della velocità delle reazioni di fotodeterioramento e questo sia nella fase primaria che secondaria. Secondo quanto riportato da A. Tímár-Balazsy e D. Eastop il processo di foto-ossidazione si caratterizza per un primo stadio relativamente lento (fase di induzione), successivamente la velocità aumenta, raggiunge un valore massimo e quindi, man mano che i siti accessibili all’ossigeno lungo le macromolecole si esauriscono, diminuisce. Il meccanismo sopra esposto spiega il perché in alcune circostanze e a basse temperature il fenomeno di scolorimento non necessariamente si osserva durante l’esposizione dell’oggetto (ad esempio un tessuto) alla luce ultravioletta ma solo in un secondo momento [26]. Dall’analisi della letteratura è possibile trarre le seguenti conclusioni, di carattere generale, che riguardano la foto-degradazione / foto-ossidazio- ne delle fibre tessili. Fig. 46: Possibili reazioni che, partendo da radicali – ossi – fibra, portano alla scissione delle macromolecole elementari componenti una fibra naturale [26]. 128
a) I processi di foto-degradazione / foto-ossidazione ed i relativi effetti di deterioramento sulle fibre non avvengono nel vuoto, ciò significa che l’ossigeno atmosferico e l’umidità giocano un ruolo attivo e fondamentale. b) Particolarmente efficaci ai fini della foto-degradazione sono le radiazioni ultraviolette, essendo caratterizzate da un’energia suf- ficiente a provocare la rottura di legami interatomici covalenti. c) La durata dell’esposizione è un fattore di grande rilevanza poi- ché l’effetto è di natura cumulativo. d) Il calore dell’ambiente facilita fortemente i processi di foto-dete- rioramento. Da quanto sopra si ricava che i manufatti tessili possono essere esposti alla luce per periodi di tempo relativamente brevi, solo se da questa sono state filtrate le radiazioni della banda ultravioletta. Comunque l’intensità della luce necessaria alla loro fruibilità deve essere ridotta al minimo. Inoltre bisogna assolutamente evitare che nei locali, a basso grado di umidità, siano presenti lampade capaci di generare calore (ad esempio quelle ad incandescenza). Il fatto che le fibre tessili, siano esse di origine naturale che di natura sintetica, siano particolarmente sensibili all’azione degradativa della luce solare viene documentato, a titolo esemplificativo, dalle due micrografie messe a confronto nella figura 47. In particolare nella figura 47 – a sono mostrate le fibre di polipropilene non stabilizza- te e non ancora sottoposte all’azione delle radiazioni solari; le fibre appaiono integre con la superficie liscia che non mostra segni di deterio- ramento. Al contrario fibre di polipropilene, non stabilizzate, esposti alle radiazioni solari denotano evidenti fenomeni di degradazione che si manifestano attraverso profonde fratture e buchi presenti lungo tutta la loro lunghezza (vedasi figura 47 – b) (30). Da quest’esempio emerge chiaramente quanto grave, profondo e desta- bilizzante possa essere un attacco degradativo indotto dall’azione combi- nata della luce e dell’ossigeno (foto – ossidazione) oppure della luce e del calore (termo – ossidazione). 129
a) b) Fig. 47: Micrografie elettroniche di: a) fibre di polipropilene integre; b) fibre di polipropilene non stabilizzate degradate per effetto della esposizione alla luce solare [30]. 130
B4 ) Foto-ossidazione e Termo-ossidazione delle fibre naturali B4,1 ) Foto-ossidazione delle fibre di lana Le fibre di lana sottoposte all’azione di radiazioni UV ( < 380 nm) subiscono un processo di foto – ossidazione che da luogo a fenomeni di deterioramento foto-chimico i cui sintomi sono rappresentati da un ingiallimento e decadimento delle caratteristiche meccaniche (ad esem- pio infragilimento). La presenza di umidità aumenta fortemente la sensi- bilità della lana alla foto-ossidazione. Infatti la velocità di ingiallimento, misurata in condizioni di elevata umidità, è all’incirca dieci volte mag- giore di quella determinata in un ambiente secco [26]. La luce visibile, in particolare le radiazioni con comprese tra 380 –475 nm, può, a sua volta, causare lo sbiancamento di fibre di lana ingiallite. G. C. Ramsay riportava, in un suo interessante articolo del 1970 [31], che i residui di aminoacidi, presenti lungo la catena proteinica dell’ cheratina, più sensibili all’assorbimento di radiazioni del vicino ultravio- letto erano quelli dell’istidina, del triptofano, della tirosina, della metio- nina, della cistina e della cisteina. Inoltre, lo stesso Autore metteva in risalto come, nel caso della lana, le reazioni foto-chimiche, indotte da radicali liberi, potessero portare a nuove reticolazioni, alla rottura di reti- colazioni preesistenti e alla rottura di legami peptidici (vedasi figura 48). L’insieme di questi processi sono causa di profonde variazioni di natura chimica, fisica e comportamentali (ad esempio il decadimento delle caratteristiche meccaniche delle fibre) [31, 26, 32]. Le reazioni chimiche che portano alla formazione di nuove reticolazio- ni sono provocate da radicali ossidrili originatisi a seguito di processi fotochimici primari. Il radicale *OH può reagire con due gruppi tiolo (SH), presenti nei resi- dui della cisteina, appartenenti a due catene proteiche diverse oppure alla stessa macromolecola. Nel primo caso (figura 49-b) si forma un legame disolfuro (– S – S –) di natura inter-molecolare, nel secondo di natura intra-molecolare (figura 49-c) [26]. L’assorbimento di radiazioni con < 310 nm provoca una reazione di foto-ossidazione primaria che porta alla rottura di legami disolfuro a cui fa seguito la formazione di gruppi solfonici (sensibili all’acqua) (figura 50) [26, 31]. In ambiente con alti valori dell’umidità relativa i gruppi solfonici faci- 131
Fig. 48: Rappresentazione schematica delle modifiche indotte da reazioni fotochimiche in fibre di lana esposte all’azione di radiazioni appartenenti al vicino ultravioletto: 1) scissione delle catene proteiche; 2) formazione di nuove reticolazioni; 3) distruzione di reticolazioni preesistenti [32]. litano una reazione di idrolisi acida dei legami peptidici presenti lungo la macromolecola dell’cheratina. Il residuo della cistina, quando è lega- to al residuo della tirosina (figura 51-a), è sensibile all’attacco degradati- vo dei radicali liberi. Infatti la tirosina ha la capacità di assorbire radia- zioni UV attivando una reazione di fotolisi che conduce alla formazione di zolfo-radicali (*S-) (figura 51-b) che, reagendo con molecole di acqua, formano gruppi laterali –SH e –SOH (figura 51-c). Sempre in presenza di acqua i gruppi –SOH si trasformano in gruppi aldeidici con sviluppo di idrogeno solforato (figura 51-d) [26]. Il processo di foto-ossidazione delle fibre di lana, indotto dall’assorbi- mento di radiazioni UV, comporta la rottura di cross link disolfuro, di legami peptidici, di legami ionici e di natura secondaria. Questi fenome- ni causano, tra l’altro, un aumento della solubilità delle catene di che- ratina che risultano più accessibili all’azione di acidi ed alcali. Dal punto di vista meccanico le fibre di lana foto-deteriorate mostrano una sensibi- le riduzione dell’allungamento a rottura [26]. A.Tímár – Balázsy e D. Eastop hanno messo in evidenza che durante il corso del processo di foto-ossidazione la rottura delle catene polipeptidi- che e la formazione di reticolazioni tra catene diverse può avvenire attra- 132
a) b) c) Fig. 49: Foto-ossidazione delle fibre di lana. Formazione di nuove reticolazioni disol- furo (-S-S-): a) un radicale ossidrile reagisce con due gruppi tiolo cisteinici apparte- nenti a due macromolecole adiacenti; b) formazione di un legame disolfuro inter-cate- na; c) il radicale ossidrile reagendo con due gruppi tiolo della stessa catena forma un legame disolfuro intra-catena [26]. verso la formazione di cross link che coinvolgono gruppi disolfuro, pep- tidici ed i residui degli aminoacidi lantionina e lisinoalanina. A seguito di queste trasformazioni le fibre di lana acquisiscono una struttura con un maggiore grado di reticolazione, pertanto esse saranno caratterizzate da una maggiore rigidità e quindi fragilità a cui si accom- pagna una minore flessibilità ed una minore attitudine ad assorbire acqua dall’ambiente [26]. Secondo D. J. Carlsson e D. M. Wiles la causa principale dell’ingialli- mento osservato quando le fibre di lana sono esposte all’azione della luce solare è principalmente dovuto alla foto-ossidazione dei residui del trip- tofano che reagiscono con l’ossigeno, in uno stato di singoletto, genera- to dalla foto-eccitazione dei gruppi della tirosina (vedasi schema delle reazioni in figura 52-a) [33]. 133
Fig. 50: Foto-ossidazione della lana: rottura di cross link disolfuro (-S-S-), causata da reazioni di foto-ossidazione primaria indotte dall’assorbimento di luce (lunghezza d’onda < 310 nm) che porta alla formazione di gruppi solfonici acidi laterali [26]. La produzione di zolfo-radicali viene spiegata ammettendo che duran- te il processo si verifichi anche la foto-rottura dei ponti zolfo della cisti- na. Tra l’altro viene anche osservata la rottura dei residui degli ammi- noacidi glicina ed alanina, presenti lungo lo scheletro molecolare. I mec- canismi foto-chimici relativi a queste ultime reazioni sono mostrati in figura 52–b [33]. J. S. Crighton in relazione al fenomeno di ingiallimento della lana ha scritto: 134
Fig. 51: Rottura di cross link disolfuro (-S-S-) e formazione di gruppi laterali cisteinici e di natu- ra aldeidica [26]. «The yellowing of the wool by the transformatin of the tryptophan residue to a chromophore has been examined by several workers. Tyrosine and his- tidine residues have also both been implicated in the photo-yellowing of wool. Dyes can also sensitise the photodegradation of wool» [34]. Il meccanismo attraverso il quale i coloranti possono partecipare e sen- sibilizzare i processi di foto-degradazione delle fibre di lana è descritto schematicamente nella figura 53. Il triptofano, la tirosina e l’istidina rappresentano i residui di amminoa- cidi, presenti lungo la catena dell’cheratina, che più degli altri posso- no partecipare al tipo di processo descritto nella figura 53, reso possibile dalla presenza attiva di molecole di coloranti. Sembra che il tutto preve- da l’assorbimento di ossigeno e l’emissione di anidride carbonica [34]. La sensibilità spettrale delle fibre di lana, definita dall’intervallo di lun- ghezza d’onda delle radiazioni incidenti in corrispondenza del quale si 135
a) b) Fig. 52: Foto-ossidazione della lana: a) le possibili reazioni che provocano il fenomeno di ingial- limento delle fibre (vedasi testo); b) reazioni collaterali che portano alla rottura dei residui della glicina e dell’alanina [33]. Fig. 53: Foto-ossidazione della lana: caso in cui i coloranti possono sensibilizzare il processo fotodegradativo. In figura viene descritto lo schema delle reazioni [34]. 136
Fig. 54: Foto-ossidazione della lana: Diagramma a barre attraverso il quale è possibile eviden- ziare le lunghezze d’onda dello spettro solare in corrispondenza del quale si verifica il maggiore danno (sensibilità spettrale). La sensibilità spettrale della lana viene confrontata con quella di altri polimeri. La colonna a destra riporta la metodologia seguita per quantificare il grado di dete- rioramento indotto [35, 36]. osserva il maggiore grado di foto-deterioramento, è confrontata con quella di altri polimeri e materiali nel diagramma a barre della figura 54 [35, 36]. In particolare, nel caso della lana è stato assunto, come sintomo del danno arrecato il grado di ingiallimento; per altri materiali il fattore pre- scelto indicativo del degrado è di natura diversa (ad esempio, densità otti- ca, grado di depolimerizzazione e di rottura delle catene, estensibilità, ecc.). Come si evince dalla figura 54, la lana mostra un massimo valore dell’indice di ingiallimento per lunghezze d’onda della luce incidente comprese tra 290 e 311 nm. Nel caso di esperimenti condotti con luce monocromatica la lunghezza d’onda della luce che provoca il maggior danno è quella che ha una pari a 280 nm [35, 36]. Abrasioni e rotture, tipiche di un processo di foto-ossidazione, dovuta all’esposizione della luce solare, rilevate mediante microscopia elettroni- ca su di un campione di fibre di lana prelevate da un tappeto Holbein del XVI secolo (Ushak-Anatolia) sono evidenziate nella micrografia riporta- ta nella figura 55 [13]. L’esposizione delle fibre di lana alla luce solare, come già precedente- mente scritto, provoca sensibili variazioni di natura fisica e chimica le quali si evidenziano, a livello macroscopico, attraverso un fenomeno di ingiallimento (discolouration) collegato alla formazione di prodotti di foto-degradazione di colore giallo. Per tempi prolungati di esposizione, si 137
Fig. 55: Foto-ossidazione della lana: Micrografia elettronica di un campione di fibre di lana pre- levate da un tappeto Holbein del secolo sedicesimo. Sono evidenti rotture tipiche di un processo di foto-degradazione [13]. osserva una riduzione della resistenza a trazione e della resistenza all’a- brasione (phototendering) ed una alterata attitudine alla tintura [37]. Confrontando lo spettro di assorbimento UV della cheratina di lana Merino con quello calcolato sulla base della composizione amminoacidi- ca (vedasi figura 56), si ricava che, per lunghezze d’onda superiori a 290 nm la lana presenta un potere assorbente maggiore di quanto ci si aspet- terebbe da un punto di vista teorico. R. S. Davidson in relazione a questo comportamento scrive: «In the region above 290 nm, the wool fibre is more strongly absorbing than expected, and it is concluded that absorption in this region may be due to the presence of natural pigment precursors» [37]. Come si evince dall’andamento delle curve riportate nella figura 57 il grado di ingiallimento delle fibre di lana è funzione della percentuale di acqua assorbita e della natura dei trattamenti, anche di natura chimica (ad esempio il “bleaching” o candeggio), eventualmente subiti. 138
Fig. 56: Spettro di assorbimento UV, sperimentale (sezione radicale di lana Merino, curva con- tinua) e teorico (calcolato sulla base della composizione amminoacidica, curva tratteggiata). La curva a linee e punti rappresenta l’intensità relativa della luce solare nella città di Sidney alle ore 12 a.m. [37]. E’ interessante sottolineare il fatto che quando le fibre di lana sono sot- toposte all’azione della luce solare i processi di ingiallimento e di imbian- chimento partono contemporaneamente. Quello che si osserverà dipen- derà dall’intensità relativa delle varie lunghezze d’onda incidenti e anche dal grado di ingiallimento iniziale della lana [37]. Come già precedentemente scritto la fotodegradabilità della lana trova la sua causa nella intrinseca fotolabilità dei residui di amminoacidi costi- tuenti e dalla presenza di prodotti e pigmenti derivanti da reazioni di altra natura (non fotochimiche). In generale nel caso di proteine fibrose, i residui di -amminoacidi più sensibili alla degradazione fotochimica sono quelli del triptofano, dell’i- stidina, della cisteina e della cistina, le cui strutture chimiche sono illu- strate nella figura 58. R. S. Davidson riporta che l’ingiallimento della lana con radiazioni sola- 139
a) b) Fig. 57: Influenza dell’acqua sul processo di foto-ingiallimento delle fibre di lana in funzione anche del trattamento subito (whitened o bleached): a) fibre secche (dry); b) fibre umide (wet) [37]. a) b) Fig. 58: Struttura molecolare degli -amminoacidi, i cui residui sono presenti nelle macromole- cole proteiche della lana e di altre proteine fibrose, più sensibili alla degradazione fotochimica: a) Triptofano; b) Istidina. 140
Fig. 58: c) c) Cistina e cisteina. ri genera molecole di ossigeno che si trovano nello stato di singoletto (1O2). Questa osservazione porta all’ipotesi che la degradazione del triptofano e della cistina siano in gran parte attribuiti ad ossidazioni conseguenti a rea- zioni con molecole di 1O2. I prodotti della fotodegradazione del triptofano, via ossidazione con 1O2, sono mostrati nella figura 59 [37]. L’ossidazione della cistina via 1O2, comporta la formazione iniziale di un monossido-derivato e, successivamente, di un diosside. Quindi, in presen- za di acqua si osserva la rottura del legame S–S con l’ottenimento di acido cisteico ed un residuo cisteinico (vedasi schema in figura 60) [37]. La presenza di idroperossidi rappresenta una fonte di radicali derivanti dalla rottura omolitica del legame RO—OH a seguito di esposizione alla luce. Le specie radicali che si formano (RO * e HO *) e in particolare quelle di natura ossidrilica (HO *), come si evince dagli schemi di rea- zione riportati nella figura 61, possono dare luogo ad una vasta gamma di percorsi degradativi delle fibre di lana. «This radical is a powerful hydrogen abstracting species, which is perfectly capable of abstracting hydrogen from the -C-H bond of amino acids, the N-H bond of tryptophan and imidazole and the S-H bond of cystine. It is also capable of generating phenoxyl radicals from phenols and of the hydroxyla- tion of aromatic residues such as those found in tyrosine, phenylalanine and 141
tryptophan. With products such as derivatives of ketocarboxylic acids being formed, there is the possibility of chain cleavage, since such compounds are highly susceptible to photo-oxidation break-down. Similarly, the formation of hydroxylated tryptophan and quinols leads to the possibility of the pro- duction of quinines and related species, which can undergo further conden- sation reactions leading to the final product melanin» [37] (figura 61). Dal lavoro di R. S. Davidson è stato possibile trarre le seguenti rilevanti conclusioni. Fig. 59: Prodotti derivati dalla fotodegradazione del triptofano via ossigeno singoletto [37]. Fig. 60: Foto-degradazione della cistina via ossigeno singoletto [37]. 142
I. Le radiazioni UV ( < 350 nm) provocano la rottura del legame – S – S – della cistina e degradano i residui degli -amminoaci- di triptofano e tirosina. II. I processi chimici che comportano la diminuzione del contenuto di cistina nelle fibre di lana producono di fatto un aumento della loro fotolabilità. III. La degradazione dei residui del triptofano, presenti lungo le cate- ne delle proteine della lana, porta alla formazione di una serie di prodotti, alcuni fluorescenti, altri fosforescenti, non sempre iden- tificabili, che assorbono luce nell’intervallo di lunghezza d’onda che va da 350 a 500 nm, questi prodotti vengono distrutti a segui- to di irraggiamento con luce la cui è tale da verificare la con- dizione 380 nm ≤ ≤ 500 nm. IV. I residui della tirosina a seguito di reazione di fotodegradazione formano prodotti a struttura sconosciuta, non fluorescente, che assorbono luce con compresa tra 350 – 500 nm. V. Al fine di prevenire la formazione di specie molecolari colorate è necessario distruggere mediante irraggiamento i residui del triptofano e della tirosina (foto-labile) sottoponendo la lana all’a- zione della luce in presenza di agenti riducenti [37]. Fig. 61: a) Possibili percorsi fotodegradativi delle fibre di lana, via radicali ossidrilici HO * [37]. 143
144 Fig. 61: b) Possibili percorsi fotodegradativi delle fibre di lana, via radicali ossidrilici HO * [37].
Gli eventi di natura fotofisica e fotochimica che si verificano nella fase inziale del processo di fotodegradazione della lana, indotto dall’esposi- zione alle radiazioni UV ( < 310 nm), sono: a) formazione di cromofori che assorbono radiazioni con < 310 nm; b) formazione di stati elettronici eccitati dei residui di triptofano; c) fotodegradazione dei residui del triptofano; d) fotodegradazione dei residui della tirosina e della cistina; e) formazione di radicali liberi [38, 39]. Processi di assorbimento di radiazioni aventi ≥ 320 nm devono esse- re attribuiti a specie chimiche diverse dai residui del triptofano e della cistina. Queste sostanze cromofore, attive dal punto di vista fotochimico e, pertanto, capaci di indurre importanti effetti di fotodeterioramento, possono avere origine da una serie di eventi i più importanti dei quali sono qui di seguito descritti. a) Sostanze cromofore derivate da residui di amminoacidi non aromatici. E’ stato dimostrato sperimentalmente che, sottoponendo la lana e la seta all’azione di radiazioni con ≥ 320 nm si osserva la produzione di - chetoacidi. Questi composti possono derivare da una reazione di trasferi- mento di un protone tra due gruppi peptidici legati mediante un legame ad idrogeno appartenenti a due specie radicaliche di -chetoacidi (veda- si figura 62) [39]. Il fenomeno di ingiallimento superficiale della lana viene spiegato ammettendo che questi -chetoacidi possono dare luogo, per condensa- zione aldolica, a prodotti polimerici di colore giallo [39]. b) Cromofori derivati dal triptofano. Sempre nel riferimento [39] viene riportato che gli -chetoacidi hanno la capacità di reagire facilmente con i residui del triptofano producendo dei -carbolinici secondo lo schema delineato nella figura 63. Queste ultime sostanze assorbono radiazioni UV emettendo per fluorescenza luce la cui lunghezza d’onda va dal verde al giallo. La struttura chimica di acidi 1,3 – di carbossilici e di acidi - - carbolinici, estratti da fibre di lana sottoposte ad irraggiamento, è illustrata nella figura 64. 145
Fig. 62: Schema di reazione tra due radicali di chetoacidi che, attraverso il trasferimento di un protone tra due gruppi peptidici legati da un legame ad idrogeno, porta alla formazione di che- toacidi [39]. Fig. 63: Schema della reazione tra il triptofano e chetoacidi che porta alla formazione di pro- dotti fluorescenti (carbolinici) [39]. c) Cromofori derivati dalla tirosina. Nei riferimenti 40 e 41 è documentata la presenza, in fibre di lana espo- ste all’azione di radiazioni UV, di di- e tri- tirosina. Questi prodotti, fluo- rescenti, derivanti da reazioni di ossidazioni del residuo della tirosina, potrebbero essere l’origine di derivati melaninici, in particolare l’Eumelanina, trovata all’estremità di fibre di lana da velli di pecora di colore nero [42,43]. d) Cromofori di natura esogena. Derivano dalla presenza, nella lana lavata, scoured, di ioni metallici (ferro e rame) fortemente legati alla lana ed, eventualmente, introdotti durante le fasi di lavaggio. Questi ioni formano dei veri e propri com- plessi con le molecole proteiche costituenti la lana, in particolare la che- ratina, i quali hanno la proprietà di assorbire la luce anche nelle regioni del visibile. Inoltre questi cromofori, come già scritto precedentemente, 146
Fig. 64: Struttura molecolare di acidi 1,3–di carbossilici e di acidi--carbolinici, derivanti da rea- zioni del tipo di quelle mostrate in fig. 63, estratti da cheratina di fibre di lana sottoposte all’a- zione degradativa di radiazioni UV (> 320 nm) [39]. hanno la funzione di «sensitize the photodegradation of wool» [39]. Nel caso di processi di lavaggio inadeguati si notano nelle fibre tracce di cromofori prodotti dalla degradazione della porfirina (ad es. la cloro- filla). Questi cromofori sono soggetti a fenomeni di foto-imbiancamen- to. Fibre colorate in colore pastello normalmente cambiano di colore rapidamente se esposte alla luce. Questo fenomeno è stato attribuito alla presenza di clorofilla, quale contaminante, la quale sensibilizza il dete- rioramento del colore [44]. e) Reazioni di ossidazioni fotosensibilizzate Secondo quanto riportato da G. J. Smith, nel suo già citato lavoro [39], queste reazioni possono essere divise in due categorie. Reazioni di tipo-I): la sostanza fotosensibilizzata reagisce, prima con il substrato formando un radicale. Successivamente avviene la reazione tra questo radicale e l’ossigeno. 147
Reazioni di tipo-II): Il fotosensibilizzante, in uno stato eccitato, dà luogo, attraverso una rea- zione di trasferimento di energia con una molecola di ossigeno che si trova nel suo stato fondamentale, alla formazione di ossigeno eccitato in uno stato di singoletto (1O2) che a sua volta reagisce con il substrato. Le possibili reazioni tra l’ossigeno singoletto ed i residui del triptofano e del- l’istidina sono descritte nella figura 65 [riferimenti, 124, 128, 118 in rif. 39]. Da tutto quanto sopra riportato emerge quanto sia elevata la comples- sità dei processi di foto-degradazione della lana. In relazione a questo aspetto G. J. Smith ha scritto: «Photodamage to structural proteins is a widespread phenomenon leading to problems such as the degradation of wool. Because the photodegradation of wool keratin represents a commercial problem for the wool industry, there has been a considerable research effort in this area. In view of the chemical complexity and variability of structural proteins it is not surprising that their photochemistry is also complex. Although much attention has focused on tryptophan as a primary chromophore in the pho- todegragative process it is clear there are many other species which absorb radiation in the UVB region of the spectrum and at longer wavelengths which also results in protein degradation» [39]. J. Csapò et Al., hanno determinato la composizione amminoacidica di fibre di lana prelevate da una serie di tappeti e tessuti vari, di interesse storico culturale, con l’obiettivo di correlare la percentuale residua di cistina, acido cisteico, metionina e tirosina con l’età dei manufatti [45]. La metodica è basata sui seguenti presupposti: i) i due amminoacidi contenenti zolfo (cistina e acido cisteico) sono molto sensibili a fenomeni di ossidazione, inoltre, in fun- zione delle condizioni ambientali la cistina può decomporsi in alanina, omo-cistina e glicina, oppure può trasformarsi in cistei- na, omo-cistina e glicina; ii) la metionina per ossidazione si trasforma in metionina-solfone e solfosside. In relazione a quanto sopra la metodica è stata sviluppata determinando la concentrazione degli amminoacidi contenenti zolfo nello stato ossidato. I campioni di fibre di lana analizzati sono stati prelevati, in parte da tap- peti di origine copta conservati presso “l’Hungarian Applied Arts Museum”, 148
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