Auto elettriche e emissioni climalteranti: la necessità di una visione sistemica - Amazon S3
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Auto elettriche e emissioni climalteranti: la necessità di una visione sistemica Nell’era del web, diventa sempre più difficile discernere le notizie vere dalle fake news: di qualsiasi argomento si parli, inoltre, troppo spesso i temi sono affrontati “da tifosi”. Il rischio intrinseco è quello di non tenere conto anche degli aspetti negativi della soluzione ‘propugnata‘, da una parte e dall’altra, e quindi di fare un danno al sistema, nel suo complesso, nel lungo periodo. In un campo come quello delle auto elettriche – che non sfugge a questo schema – in considerazione della quantità e dell’entità degli interessi economici in gioco, il discernimento del vero dal falso diventa, per l’utente in cerca di contenuti obiettivi, particolarmente difficile. Peraltro, la penetrazione del mercato da parte dei primi modelli di auto elettrica è un fenomeno ancora così recente che, al momento, sono ancora pochi gli studi accreditati che possano realmente aiutare chi vuole tenersi informato. La de-carbonizzazione e il sistema dei trasporti Le ragioni di questo fenomeno Cosa fare, nel breve periodo? Con le auto elettriche l’inquinamento (atmosferico) si riduce, ma non si azzera Cosa fare, nel lungo periodo? La conversione del sistema di trasporto La de-carbonizzazione e il sistema dei trasporti Dopo la conferenza sul Clima delle Nazioni Unite tenutasi nel 2015, che ha dato vita all’accordo di Parigi, tutti gli Stati
(a parte qualcuno che si è sfilato dopo averlo sottoscritto, come gli USA) si sono impegnati a ridurre le proprie emissioni di CO2. La strategia per ridurre le emissioni di CO2, responsabili dello stravolgimento del nostro clima, è la c.d. de- carbonizzazione. Con il termine decarbonizzazione si intende la diminuzione del rapporto carbonio- idrogeno nelle fonti di energia e, dunque, il progressivo abbandono delle fonti energetiche fossili a vantaggio di quelle rinnovabili. Nelle principali materie energetiche sono presenti diversi rapporti di carbonio e idrogeno e la de-carbonizzazione è utile per la riduzione delle emissioni climalteranti. In ambito aziendale, questo termine viene utilizzato per indicare le politiche di riduzione delle emissioni di CO2, volte alla conversione di attività che producono CO2 in attività che non ne producono o ne producono meno. Tuttavia, le industrie non sono le sole responsabile dell’emissione di gas climalteranti: i dati raccolti fino ad oggi, infatti, mostrano che il sistema di trasporti è una delle principali cause delle emissioni di gas climalteranti, in aumento rispetto al passato (e in controtendenza rispetto alle emissioni provenienti da altri settori, come si può evincere dalla seguente tabella, riferita al nostro Paese, tratta dal report Ispra del novembre 2018). Qualche dato per riflettere In diversi paesi europei il sistema dei trasporti è responsabile di un’ampia percentuale delle emissioni climalteranti. Se in Gran Bretagna siamo al 27%, in Italia nel 2015 questo settore ha rappresentato quasi il 25% di tutte le emissioni, in aumento rispetto al 1990, quando non raggiungeva ancora il 20%. Nello stesso periodo, con eccezione del settore Commercio/Servizi e Pubblico, in Italia sono diminuite le emissioni di gas serra di tutti gli altri settori e quelle complessive (13% circa). Le ragioni di questo fenomeno Diversi studi hanno richiamato l’attenzione sull’opportunità di guardare al problema del trasporto con una visione sistemica. Parte del problema – ma solo una parte – è dovuto alla vetustà di buona parte del parco auto in circolazione: la scuola di
pensiero secondo la quale l’automobile si cambia ogni 10 anni è piuttosto radicata nella cultura di molti Paesi, incluso il nostro. Le innovazioni tecnologiche si rincorrono ad un ritmo sempre più frenetico ed è pacifico che un’auto alimentata a benzina oppure a diesel commercializzata 10 anni fa inquini comunque di più rispetto ai modelli oggi proposti dalle case automobilistiche. Ci sono poi una serie di fattori – di cui è necessario tenere conto – che incentivano gli spostamenti frequenti, a partire da quelli “casa-lavoro”, facendo aumentare le emissioni di CO2: l’aspetto delle nostre città (le città continuano ad espandersi lontane dai centri nevralgici e continua a crescere la distanza tra l’abitazione ed il luogo di lavoro); la densità abitativa (se è scarsa, difficilmente vi sarà una spinta a dotare quelle zone di servizi diversificati, dalle farmacie, alle scuole, ai negozi); la scarsa pianificazione urbanistica (i nuovi quartieri dovrebbero già nascere con i servizi diversificati, così da non rendere necessario alle persone spostarsi altrove per ottenerli, e dovrebbero essere concepiti con poco spazio per parcheggiare le automobili: grande deterrente ad acquistarne una); l’inefficienza della rete di trasporto pubblico; la scarsità di servizi di car/e-car e bike/e-bike sharing (quante macchine vediamo con a bordo una sola persona: il guidatore?); l’ancora poco diffuso “smart-working”. Cosa fare, nel breve periodo? È chiaro che, per ridurre davvero in maniera consistente le emissioni di CO2, è fondamentale ridurre/disincentivare la necessità delle persone di spostarsi con l’automobile, e/o di
farlo in modo più razionale. Per intervenire in modo significativo sui fattori, sopra elencati, sono necessarie politiche e strategie di lungo periodo che occorre implementare ad ogni livello istituzionale. Nel frattempo, nell’immediato, occorre fare qualcosa: innescare un cambiamento culturale che riguarda il consumatore, ciascun consumatore. Come fare? A mero titolo di esempio si può in maniera oculata i consumatori a cambiare l’auto, incentivando le auto elettriche. Oggi il consumatore ha la possibilità di scegliere tra le auto alimentate con fonti fossili e quelle alimentate in tutto o in parte dall’energia elettrica. Nel nostro Paese, la rottamazione di un veicolo tradizionale è compensata con bonus da utilizzare per il trasporto pubblico, mentre il passaggio ad un’auto elettrica è fortemente incentivato a livello economico, perché il prezzo di queste auto risulta generalmente ancora poco competitivo rispetto alle auto tradizionali. Inoltre, gli incentivi dovrebbero aiutare i consumatori a superare tutta una serie di ritrosie nell’acquisto di un’auto elettrica dovute: alla carenza attuale di infrastrutture come le colonnine di ricarica, alla mancanza di uno standard unico per i caricatori presenti sulle auto e sulle prese di ricarica, alla limitata autonomia delle batterie; alla necessità di modificare in tutto o in parte il proprio stile di guida.
Con le auto elettriche l’inquinamento (atmosferico) si riduce, ma non si azzera Le auto totalmente elettriche hanno sicuramente il grande pregio di circolare senza inquinare, ma non sono in grado di azzerare di per sé stesse l’inquinamento da traffico veicolare, quand’anche tutte le auto in circolazione fossero completamente elettriche. Il caso della Norvegia “More than electric cars” e “Planning for less car use” sono i primi di una serie di studi in fase di pubblicazione a cura dell’associazione ambientalista Friends of the Earth con i consulenti di Transport for Quality of Life. Lo studio cita l’esperienza norvegese, dove è già possibile misurare l’impatto degli incentivi all’auto elettrica sulle emissioni di CO2 nel trasporto. Nel 2018 in Norvegia i veicoli elettrici hanno rappresentato oltre il 45% dei nuovi veicoli venduti. È emerso tuttavia che gli incentivi hanno incoraggiato il maggior uso dell’automobile a svantaggio del servizio pubblico: tra gli acquirenti di auto elettriche, la quota di utilizzo del trasporto pubblico per il pendolarismo è diminuita da circa il 23% a meno del 6%, mentre l’uso dell’auto è aumentato dal 65 all’83%. L’esperienza norvegese mette dunque in rilievo un altro “lato B” degli incentivi, che devono essere modulati in modo coordinato ed efficiente, nell’ambito di una visione sistemica dell’intero trasporto. Approfondimenti Ambiente & Sviluppo La rivista su approfondimenti in tema di normativa,
orientamenti e giurisprudenza in materia ambientale, fiscale e finanziaria, strumenti di gestione ambientale e procedure di certificazione, audit ambientale, bilancio e comunicazione ambientale, tecnologie, brevetti, efficienza energetica e sostenibilità, fonti rinnovabili, recupero e riciclo, esperienze e case study di imprese, enti locali, università. Wolters Kluwer Italia Scarica un numero omaggio Occorre, infatti, considerare l’intero ciclo di vita delle auto elettriche dalla sua produzione alla sua rottamazione (e tenere conto anche di aspetti burocratico-comportamentali, come insegna ciò che è accaduto in Norvegia). Nel ciclo di vita di un prodotto (auto elettrica compresa) occorre prendere in considerazione tutta l’energia che viene prodotta e consumata; un mix energetico composto: dall’energia utilizzata (e quindi, dal relativo inquinamento prodotto) da ciascuna industria automobilistica per produrre il veicolo (quanta energia rinnovabile e quanta di origine fossile viene utilizzata nelle fasi di produzione?); dall’energia utilizzata nel corso della vita di un’auto elettrica (quanta energia elettrica erogata dalla colonnina di ricarica è prodotta da fonti fossili?); da tutte le soluzioni tecnologiche messe in campo per fare in modo che ogni singola parte di un’auto rottamata venga reimmessa sul mercato in un’ottica di economia circolare. Quanto costa, all’ambiente, l’auto elettrica? Detto in altri termini, per calcolare quanto costa in termini di inquinamento produrre i veicoli elettrici è necessario tenere conto di quanto e come in quel determinato luogo di produzione si è passati all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.
Secondo i dati della Commissione Europea, l’impronta energetica di alcune aree del continente nel 2015 è quella disegnata nella mappa. Anche prendendo come riferimento il mix energetico della Polonia o della Germania – i paesi a maggiore intensità fossile – le emissioni delle auto a batteria (Battery Electric Vehicle o BEV) sono comunque inferiori rispettivamente del 25% e del 45% rispetto al veicolo diesel di riferimento. Ci sono molti altri aspetti che occorrerebbe approfondire, a livello di inquinamento generale, e non soltanto atmosferico: solo per fare un esempio, il potenziale impatto sull’inquinamento delle falde acquifere dello smaltimento delle batterie al litio, che al momento sono alla base della tecnologia elettrica. Con il mix energetico italiano del 2015, l’impatto di un’auto elettrica risulta inferiore del 55% rispetto a quello di un’auto a gasolio. Come a dire, l’inquinamento si dimezza, non si azzera. Cosa fare, nel lungo periodo? La conversione del sistema di trasporto Quando si è parlato delle misure a breve termine si è fatto cenno a quella più ovvia: l’incentivazione delle auto elettriche, che pur aiutando la lotta all’inquinamento non sono in grado di sconfiggerlo, ma solo di limitarlo. Nel lungo periodo, quindi in ottica sistemica, occorre convertire l’intero sistema di trasporto, che tuttavia costituisce, al momento uno degli aspetti più complessi per una transizione verso le fonti rinnovabili. Da uno studio intitolato “Transportation in a 100% renewable energy system”,curato dall’Istituto di Scienze Marine, è emerso che a fronte di una diminuzione consistente dell’energia impiegata per il trasporto su strada nei prossimi anni aumenterà in maniera esponenziale il consumo di energia per il settore marittimo e per quello aereo.
Secondo questo studio, il trasporto alimentato con fonti rinnovabili al 100% è un obiettivo raggiungibile ma non necessariamente compatibile con un aumento indefinito del consumo di risorse. In una prima fase, la conversione consisterà in un uso intelligente delle risorse fossili, come il gas naturale, che al momento è la risorsa con minor intensità di carbonio. Ma nel lungo periodo saranno necessari adeguamenti infrastrutturali e l’attuazione di politiche energetiche nazionali ed internazionali dal momento che, rebus sic stantibus, le fonti rinnovabili non sono sufficienti a soddisfare l’attuale richiesta di energia nel settore civile, industriale ed agricolo. In definitiva, per i motivi sopra sintetizzati, si può dire che le auto elettriche aiutano la lotta all’inquinamento atmosferico, ma sarebbe fuorviante, se non addirittura dannoso, affermare che costituiscono la soluzione: perché non esiste (mai) una soluzione, ma soltanto un mix di interventi coordinati, strutturali e strutturati che, opportunamente dosati nei modi e nei tempi, possono condurci ad un futuro più sostenibile, sotto almeno tre punti diversi e/ma convergenti punti di vista: ambientale, sociale ed economico.
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