ATTIVITÀ ILLEGALI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE FORESTALI IN ITALIA

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ATTIVITÀ ILLEGALI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE FORESTALI IN ITALIA
ATTIVITÀ ILLEGALI
                        NELLA GESTIONE
                              DELLE
                       RISORSE FORESTALI
                            IN ITALIA

With support from the Prevention of and Fight against Crime Programme of the European Union
                   European Commission - Directorate-General Home Affairs.
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ATTIVITÀ ILLEGALI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE FORESTALI IN ITALIA
ATTIVITÀ ILLEGALI NELLA
        GESTIONE DELLE RISORSE FORESTALI IN ITALIA

• ATTIVITÀ ILLEGALI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE FORESTALI
  IN ITALIA

•AZIONI E STRUMENTI DI CONTRASTO ALLE ATTIVITÀ ILLEGALI NELLA
 GESTIONE DELLE RISORSE FORESTALI IN ITALIA: ESEMPI DI BEST
 PRACTICES E LINEE GUIDA

                                A cura di
              D.Pettenella, D.Florian, M.Masiero, L.Secco
                  (Dip. TeSAF Università di Padova)
PARTNER

FCRE - Fondazione Culturale Responsabilità Etica
         fondazione@bancaetica.org - www.fcre.it

                       BANCA POPOLARE ETICA
                            www.bancaetica.it

                              ARCI LOMBARDIA
                            www.arcilombardia.it

C.d.I.E - Centro di Iniziativa Europea Soc. Coop.
                                  www.cdiecoop.it

  ASSOCIAZIONE SAVERIA ANTIOCHIA OMICRON
                        www.omicronweb.it

                              Gruppo FSC-Italia
             c/o Dip. TeSAF Università di Padova
                                 www.fsc-italia.it
                                                     FSC-ITA-0093

                                           TESAF
Dipartimento Territorio e Sistemi Agro - Forestali
                Università degli Studi di Padova
                               www.tesaf.unipd.it

                               VALORE SOCIALE
                             www.valoresociale.it

                           CON IL CONTRIBUTO DI

                                FILCA CISL
                               www.filca.cisl.it
ATTIVITÀ ILLEGALI
      NELLA
 GESTIONE DELLE
RISORSE FORESTALI
     IN ITALIA
SOMMARIO
         o studio si concentra su due diversi campi di indagine: il settore foresta-

 L
         le, inteso come le attività direttamente legate alla gestione dei boschi, e la
         filiera foresta-legno. In crescita dalla fine degli anni ‘40, la superficie fore-
         stale italiana totale ammonta a 10.467.537 ettari (ha), pari a circa il 34,7%
         dell’intero territorio nazionale. Quasi due terzi (63,5%) della superficie
         delle foreste è di proprietà privata, il 32,4% appartiene allo Stato (enti
         locali in particolare). Nel comparto delle utilizzazioni boschive sono atti-
ve 3.164 imprese, per un totale di 6.617 addetti. Le imprese italiane del settore
legno-arredo sono 73.548, per un totale di 389.646 addetti e un fatturato com-
plessivo di 32,8 miliardi di euro. La prima legge italiana a disciplina delle foreste
risale al 1923 (Legge Serpieri), mentre il Titolo V della Costituzione assegna alle
Regioni parte delle competenze in materia di agricoltura del settore forestale. La
Legge Galasso (L. 431/1985), in seguito rivista e inclusa nel Testo Unico
Ambientale (D.Lgs 231/2001), ha istituito poi il "vincolo paesaggistico". Il 7 luglio
2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto legislativo per l’attuazio-
ne della Direttiva Comunitaria 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente. La
normativa internazionale regolamenta infine il commercio delle specie selvatiche
e si propone di contrastare quello di legno illegale. L’organo istituzionale cui
spetta la prevenzione e il controllo in campo forestale in Italia è il Corpo Forestale
dello Stato (CFS), fondato nel 1948 e composto oggi di circa 8.500 unità.
Importante, inoltre, l’azione di numerosi soggetti della società civile come le
organizzazioni ambientaliste e non solo.La ricerca si basa sia su fonti primarie,
ovvero interviste dirette a cinque funzionari del CFS, che su fonti secondarie,
come banche dati, testi normativi, materiale del CFS e varie altre pubblicazioni.
Nell’indagine si distinguono tre macrocategorie di illeciti. L’illegalità storica (1) fa
riferimento a tutte quelle forme di illegalità maggiormente note e da tempo con-
solidate nel paese: tra queste, soprattutto gli incendi boschivi. Nell’ultimo
decennio in Italia se ne sono osservati, in media, più di 7.200 all’anno, su una
superficie di oltre 80.000 ha con un aumento dell’incidenza di quelli dolosi: dal
49% del totale registrato nel 1999 al 60% evidenziato dagli ultimi dati rilevati.
Diffusi poi gli illeciti amministrativi rispetto ai tagli boschivi, mentre non mancano
fenomeni illegali nei prelievi di legna da ardere, attività quest’ultima caratterizza-
ta da scarsa trasparenza e da una incongruenza dei dati tra cifre ufficiali e stime
avanzate da altri studi. A completare il quadro, anche l’abusivismo edilizio, la
presenza di discariche illegali di rifiuti, il pascolo illecito, i reati di bracconaggio
e traffico di specie di fauna e flora protette e le frodi nel campo della gestione
degli incentivi pubblici. Quanto all’illegalità dimenticata (2), si segnalano il lavo-
ro irregolare (in termini di contratti e rispetto della sicurezza dei lavoratori stessi,
in particolare nei cantieri forestali) e l’importazione/commercializzazione di
legname di provenienza illegale. Tra i fenomeni emergenti delle nuove illegalità
(3) si segnalano il riciclaggio di denaro “sporco”, ad esempio tramite la vendita
di lotti boschivi, e il commercio “in nero” degli imballaggi in legno (pallet). Al di
fuori del comparto del legno, fenomeni di illegalità nel settore forestale interes-
sano anche la raccolta e commercializzazione di funghi e tartufi, la coltivazione
di cannabis indica e i rischi di frodi commerciali nella vendita di investimenti
forestali per la compensazione dei crediti di Carbonio nel cosiddetto mercato
volontario. In base ai risultati della ricerca, e pur nei limiti della disponibilità di
dati parziali, possiamo stimare un valore complessivo delle attività illegali nel set-
tore forestale italiano compreso tra 1.379,9 e 3.450,3 milioni di euro. In prima fila
l’importazione illegale di legno, che rappresenta il 66,7-77,7% del valore del
fenomeno illegale nel suo complesso; al secondo posto gli incendi, che incido-
no mediamente fino al 15,6%; al terzo posto, l’evasione fiscale collegata al com-
mercio irregolare di pallet (fino al 11,5% del valore totale).
Alla luce del quadro tracciato, che descrive un sistema con evidenti e ampie
zone grigie o manifestamente illegali, è auspicabile l’adozione di buone prassi a
cominciare da una maggiore attenzione e trasparenza nella spesa pubblica.
Fondamentale, inoltre, il rispetto delle norme sulla salute e sicurezza del lavoro e
una più rapida implementazione delle disposizioni comunitarie.
INDICE

1. LA RICERCA                                                 1

1.1 IL CAMPO DI STUDIO                                        1

1.1.1 IL SETTORE FORESTALE ITALIANO                           1

1.1.1 IL SETTORE FORESTALE ITALIANO                           2

1.1.2 FILIERA FORESTA-LEGNO                                   4

1.2 REATI E ILLECITI: NORMATIVA DI RIFERIMENTO                7

1.2.1 NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE                         7

1.2.2 NORMATIVA INTERNAZIONALE                                7

1.3 ISTITUZIONI DI CONTROLLO                                  8

1.3.1 IL RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE                           9

2 METODOLOGIA DI RICERCA E FONTI INFORMATIVE                  9

3 RISULTATI                                                   9

3.1 NATURA E DINAMICHE DEI FENOMENI DI ILLEGALITÀ INDAGATI    9

3.1.1 ILLEGALITÀ STORICA                                      9

3.1.2 ILLEGALITÀ DIMENTICATA                                 12

3.1.3 NUOVA ILLEGALITÀ                                       13

3.2 LE DIMENSIONI DEI FENOMENI DI ILLEGALITÀ INDAGATI        14

3.3 ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE                             15

BIBLIOGRAFIA                                                 16

ALLEGATI                                                     19

NOTE                                                         21
1      LA RICERCA
1.1 IL CAMPO DI STUDIO
Lo studio si concentra su due insiemi, il settore forestale, inteso come le attività direttamente
legate alla gestione dei boschi, e la filiera foresta-legno, ovvero la “catena di valore” che colle-
ga le attività economiche in bosco con quelle di lavorazione dei prodotti forestali (in primis il
legname) fino al consumatore finale.
1.1.1 IL SETTORE FORESTALE ITALIANO
La superficie forestale italiana è andata soggetta, a partire dalla fine degli anni ’40, a processi di gra-
duale e continua espansione. Secondo le stime dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei
Serbatoi di Carbonio (INFC)1 (2007) la superficie forestale nazionale totale ammonta a 10.467.537
di ettari (ha)2, pari a circa il 34,7% dell’intera superficie nazionale. Tale valore deriva dalla somma
dei dati relativi a due distinte macrocategorie: “Bosco” e “Altre terre boscate”3 .
La macrocategoria “Bosco”, con un’estensione stimata pari a 8.759.200 ha, costituisce l’84% della
superficie complessiva, coprendo il 29% dell’intero territorio nazionale. All’interno di questa
macrocategoria, oltre il 98% della superficie e_ rappresentato da Boschi (cedui e fustaie), mentre
gli impianti artificiali di Arboricoltura da legno ammontano a 122.252 ha, corrispondenti allo 0,4%
della superficie territoriale nazionale. Infine la superficie delle “Aree temporaneamente prive di
soprassuolo” e_ stata stimata pari a 53.981 ha (0,2 % del territorio italiano). La distribuzione della
superficie forestale sul territorio italiano è riportata nella seguente tabella.

                      TABELLA 1.1 – SUPERFICIE FORESTALE ITALIANA
                        (HA) PER REGIONI E PER MACROCATEGORIE

                                                         Altre terre
          Regione                   Bosco (1)                            Totale (1) + (2)           %
                                                        boscate (2)
Abruzzo                                 391.492              47.099              438.591            4,2
Alto Adige                              336.689              35.485              372.174            3,6
Basilicata                              263.098              93.329              356.427            3,4
Calabria                                468.151             144.781              612.932            5,9
Campania                                384.395              60.879              445.274            4,3
Emilia Romagna                          563.263              45.555              608.818            5,8
Friuli Venezia Giulia                   323.832              33.392              357.224            3,4
Lazio                                   543.884              61.974              605.858            5,8
Liguria                                 339.107              36.027              375.134            3,6
Lombardia                               606.045              59.657              665.702            6,4
Marche                                  291.394              16.682              308.076            2,9
Molise                                  132.562              16.079              148.641            1,4
Piemonte                                870.594              69.522              940.116            9,0
Puglia                                  145.889              33.151              179.040            1,7
Sardegna                                583.472             629.778            1.213.250           11,6
Sicilia                                 256.303              81.868              338.171            3,2
Toscana                               1.015.728             135.811            1.151.539           11,0
Trentino                                375.402              32.129              407.531            3,9
Umbria                                  371.574              18.681              390.255            3,7
Valle d'Aosta                            98.439               7.489              105.928            1,0
Veneto                                  397.889              48.967              446.856            4,3
Totale                               8.759.202           1.708.335           10.467.537           100,0
Fonte: INFC, 2007. Ns. elaborazione.

                                                    1
1.1.1 IL SETTORE FORESTALE ITALIANO
La proprietà privata (63,5%) prevale su quella pubblica (32,4%)4. Tra le forme di proprietà priva-
ta prevale in maniera netta (79%) quella individuale, mentre i restanti boschi privati appartengono
per il 6,2% a società e imprese e per il 4,5% ad altri enti privati. Riguardo alla proprietà pubblica,
prevale il ruolo di Comuni e Province (65,5%), seguiti dal Demanio statale e regionale (23,7%),
mentre solo l’8,3% delle superfici appartiene ad altri enti pubblici. I dati medi di superficie sono
fortemente influenzati dalla diffusione delle piccole aziende: quelle con ampiezza inferiore ai
cinque ettari costituiscono quasi il 60% del totale, anche se arrivano a coprire solo il 6,4% della
superficie boscata complessiva. La superficie media delle aziende con superficie inferiore a cin-
que ettari è pari a 0,76 ettari. E’ lecito supporre che molte di esse non siano gestite oppure lo siano
in modo del tutto saltuario (APAT, 2003; Pettenella e Masiero, 2007). Le difficili condizioni oro-
grafiche costituiscono una delle principali ragioni del processo di abbandono gestionale. Poco
meno del 60% della superficie boscata si trova in zone montane (ISTAT, 2005; INFC, 2007) men-
tre solo il 5% ricade in aree di pianura5 (ISTAT, 2005) dove prevalgono pioppeti specializzati e altri
impianti da arboricoltura da legno. La forma di gestione più diffusa è il ceduo (42% dei Boschi ita-
liani) (boschi di latifoglie tagliati per la produzione di paleria e legna da ardere); i boschi di alto
fusto (conifere o latifoglie tagliate soprattutto per la produzione di legname da industria) rappre-
sentano il 36% del totale. In entrambe i casi, prevalgono soprassuoli invecchiati proprio a causa
dei fenomeni di abbandono. Gli habitat forestali caratterizzano la maggior parte delle aree natu-
rali protette istituite ai sensi della L. 394/19991, e buona parte dei siti NATURA 2000 individuati ai
sensi delle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE (MIPAAF-MATTM, 2008). Oltre a ciò, il 27,5% della
superficie forestale nazionale (2.876.451 ha), per lo più rientrante nella macrocategoria Bosco,
risulta tutelato da un vincolo naturalistico. In termini strettamente finanziari6, il valore del settore
forestale italiano risulta piuttosto limitato, equivalendo allo 0,05% del Prodotto Interno Lordo (PIL)
nazionale (Merlo e Croitoru, 2005). La produzione forestale primaria nazionale (materie prime
legnose) assomma, come valore medio nell’ultimo ventennio, a poco più dell’1% della produ-
zione totale del settore primario7, raggiungendo un valore di 1,45% se la si valuta in termini di valo-
re aggiunto (MIPAAF-MATTM, 2008). Sebbene l’INFC classifichi l’81% della superficie forestale
nazionale (8.510.104 ha) come potenzialmente utilizzabile per prelievi di legname, solo una parte
di tale superficie e della massa legnosa8 presente è effettivamente oggetto di prelievi. Le attività di
utilizzazione boschiva, in base ai dati registrati dall’ISTAT e pubblicati da Eurostat, sono molto
contenute e, dai primi anni ‘80, sono caratterizzate da un trend negativo per la componente dei
prelievi di legname da industria, compensato da un trend positivo per quella relativa alla legna ad
uso energetico (Figura 1.1). Si stima che nel 2009 siano stati prelevati 4,9 M m3 di legna da arde-
re (65,7% dei prelievi totali) (Pettenella e Andrighetto, 2011) e che tali prelievi siano in aumento
in questi ultimi anni, portando così il settore verso una despecializzazione produttiva (produzio-
ne di legname di minor valore). In prospettiva futura, i prelievi di biomassa a fini energetici sem-
brano destinati a rappresentare ancora il mercato di riferimento sia in termini relativi, che assoluti.
FIGURA 1.1 – PRELIEVI FORESTALI IN ITALIA (M3), 1950-2008
Fonte: Istat, anni vari. Ns. elaborazione.

                                                   2
Se è vero che tradizionalmente si riconosce al bosco una funzione primaria di tipo produttivo, associandola in
particolare alla produzione di prodotti legnosi, è tuttavia innegabile che, su scala locale e nelle politiche di svi-
luppo rurale, un ruolo economico crescente e_ ricoperto dai servizi e dai prodotti forestali non legnosi9. Tra que-
sti vanno ricordati ad esempio la caccia e la raccolta di funghi spontanei, attività che avvengono in Italia attraver-
so il rilascio e la vendita di licenze, permessi di raccolta e patentini d’idoneità, raggiungendo un valore econo-
mico consistente10. Con riferimento alla dimensione occupazionale, a fronte di una generale mancanza di stati-
stiche ufficiali di dettaglio, l’Ottavo Censimento Generale dell’Industria (ISTAT, 2001) indica in 3.164, per un tota-
le di 6.617 addetti, il numero delle imprese attive nel comparto delle utilizzazioni boschive. Si tratta di imprese
di piccolissime dimensioni (2 addetti/impresa in media), prevalentemente a conduzione famigliare e scarsa-
mente dotate di macchinari. Rispetto al Censimento precedente (1990) gli addetti sono quasi dimezzati, a fron-
te di un numero di imprese leggermente inferiore. L’attività delle imprese di utilizzazione a fini commerciali di
legname (ditte boschive) non è tuttavia l’unica nel settore; oltre a questa, gli operatori forestali possono collocarsi
in altre due categorie di attività (tabella 1.2).

                                       TABELLA 1.2 – PRINCIPALI CATEGORIE DI
                                   ATTIVITÀ PER GLI OPERATORI FORESTALI ITALIANI

   Dimensioni                 Attività            Professionalità
                                                                                  Sicurezza                Regolarità                   Altro
     settore                prevalente            e produttività
Operai forestali alle
dipendenze dirette
  di enti pubblici

  Diverse decine di        Manutenzione e         Impieghi non ad alto              Problematiche         Inquadramento            Prevalenza nelle
  amministrazioni,        miglioramento dei              grado di                limitate in ragione    contrattuale regolare      regioni del Sud
  65-70.000 operai            soprassuoli,           professionalità e          del preciso quadro                              (85-92% del totale),
                           rimboschimenti,         rischio: produttività        di responsabilità dei                           in particolare Sicilia
                             antincendio              spesso limitata              datori di lavoro                               (30.000 operai) e
                                                                                                                                  Calabria (11.200).
                                                                                                                                    Forte presenza
                                                                                                                                     manodopera
                                                                                                                                stagionale, anche di
                                                                                                                                età media superiore.
                                                                                                                                 Presenza femminile
                                                                                                                                    più accentuata
                                                                                                                                   rispetto agli altri
                                                                                                                                        ambiti.

    Cooperative
      forestali

    500 imprese,            Manutenzione e           Condizioni molto            Condizioni simili a      Inquadramento         Presenza significativa
   4-6.000 addetti         miglioramento dei            eterogenee i                 quelle della          contrattuale di      di giovani lavoratori.
                              soprassuoli,           relazione ai settori             categoria         norma regolare, ma          Prevalenza di
                         rimboschimenti, taglio     di lavoro. In genere         precedente, ma i         influenzato dai        impiegati a tempo
                              ed esbosco                 più elevate             ritmi di lavoro più    volumi di lavoro e          determinato
                                                  rispetto alla categoria         elevati implicano      dalle condizioni            (stagionali)
                                                         precedente               maggiori livelli di     operative delle
                                                                                       rischio           singole imprese

   Ditte boschive

 8-9.000 unità locali,    Taglio ed esbosco        Condizioni variabili         Lavoro spesso con-       Ampie e crescenti      Assenza di lavoratrici.
 6-7.000 delle quali                              in relazione al datore        dotto non nel rispet-      dimensioni de         Senilizzazione degli
    specializzate;                                       di lavoro               to delle norme, in       lavoro irregolare,       operatori italiani.
  24-28.000 operai                                (pubblico/privato) e           condizioni di alta       anche mediante        Scarsi o nulli livelli di
     professionali                                 ai contesti di lavoro             incidenza                 ricorso            controllo pubblici
   affiancati da un                                   (fustaia/ceduo)              degli infortuni.       (sfruttamento) a       delle condizioni di
 numero imprecisato                                                                                         manodopera                  lavoro
   di addetti non                                                                                         extracomunitara
     professionali

 Fonte: Ns. elaborazione da Pettenella e Secco, 2004 e Manzato, 2004.
Tra le altre figure professionali presenti si segnalano liberi professionisti, terzisti e vivaisti. Ad oggi operano in
Italia circa 200 vivai forestali pubblici, quasi sempre inadeguati per dimensioni (2 ha in media), dotazione
infrastrutturale, ed altro ancora, mentre si rileva lo sviluppo di vivaistica forestale privata. Va comunque detto
che la capacità produttiva del comparto italiano resta, per qualità e prezzi, incapace di competere con la con-
correnza straniera. Nel settore forestale italiano si evidenzia una concentrazione dell’offerta sui prodotti a
basso valore (legna da ardere) legati a forme di autoconsumo o di consumo locale, in mercati per loro natura
meno trasparenti, più facilmente caratterizzati da lavoro irregolare e da transazioni informali, in violazione delle
norme fiscali e sulla tutela del lavoro.

                                                                            3
1.1.2 FILIERA FORESTA-LEGNO
La filiera foresta-legno è intesa come l’insieme di tutte le attività che vanno dalla produzione
(impianti arborei e foreste) e utilizzazione del legname, alla sua trasformazione in prodotti semi-
lavorati, per giungere infine alla produzione del prodotto finito e alla sua commercializzazione
al pubblico (Brun e Magnani, 2003). Secondo i dati consuntivi riferiti al 2010 diffusi dall’Ufficio
Studi Cosmit/FederlegnoArredo, le imprese italiane del settore legno-arredo sono 73.548, per
un totale di 389.646 addetti. Il settore legno-arredo costituisce uno degli assi portanti del Made
in Italy, con un fatturato complessivo di 32,8 miliardi di Euro (nel 2010) ed un volume della pro-
duzione che incide per il 6% sul totale dell’industria manifatturiera italiana (tabella 1.3).

    TABELLA 1.3 – DATI CONSUNTIVI DEL SETTORE LEGNO-ARREDO ITALIANO,
            DICEMBRE 2009 E 2010, VARIAZIONI ANNI PRECEDENTI
                     (MILIONI DI EURO, PREZZI CORRENTI)
                                     2009      2010 Variazione Variazione Variazione Variazione
                                                        %          %              %          %
                                                     2009-10 2009-08        2009-07 2009-06
Fatturato alla produzione (a)      32.856 33.496           1,9%     -18,2%         -5,6%         4,5%
Esportazioni (b)                   10.925 11.628           6,4%     -21,9%         -2,0%         8,4%
Importazioni (c)                    4.244   5.059         19,2%     -19,1%         -8,6%         9,6%
Saldo (b - c)                       6.681   6.568         -1,7%     -24,0%          5,9%         6,9%
Consumo interno apparente          25.944 26.712           3,0%     -16,8%         -7,8%         4,0%
Export/fatturato (% b/a)           33,2% 34,7%             4,4%         -               -            -
Addetti                           396.964 389.646         -1,8%      -3,1%         -0,6%         0,3%
Imprese                            73.618 73.548          -0,1%      -2,4%         -2,8%        -2,4%

Fonte: Ns. elaborazione da Pettenella e Secco, 2004 e Manzato, 2004.

Il settore è principalmente basato su piccole e medie imprese (PMI), prevalentemente artigiane
(88% quelle del legno, 80% circa quelle dei mobili), con cultura orientata alla produzione e per
lo più bassi investimenti in ricerca e sviluppo. I maggiori vantaggi competitivi sono legati alla
qualità del design e alla flessibilità offerta dai distretti industriali specializzati. Il consumo di
legname di alta qualità - soprattutto di latifoglie (temperate e tropicali) da fonti non nazionali -
ha un ruolo cruciale nello sviluppo del settore. Infatti, il mercato italiano rappresenta il primo
mercato per l’export di tronchi e altri prodotti legnosi da Camerun, Costa d’Avorio, Romania,
Bosnia Erzegovina, Albania e Serbia, tutti Paesi riconosciuti a livello internazionale per gli alti
livelli di illegalità nei settori del taglio e commercio dei prodotti forestali, con impatti negativi a
livello ambientale (deforestazione e degrado delle foreste) e sociale (ISPRA, 2009). Escludendo
le imprese di utilizzazione boschiva, già prese in considerazione nel paragrafo 1.1.1, le impre-
se che fanno parte della filiera del legno possono essere classificate secondo quanto riportato
in tabella 1.4.

                                                  4
TABELLA 1.4 – DATI CONSUNTIVI DEL SETTORE LEGNO-ARREDO ITALIANO,
           DICEMBRE 2009 E 2010, VARIAZIONI ANNI PRECEDENTI
                    (MILIONI DI EURO, PREZZI CORRENTI)
Categoria        Codice   N.    N. addetti          Localizzazione                    Note
                 Ateco imprese (% su                  geografica
                         (% su   totale)              prevalente
                        totale)
Imprese di prima [DD201] 2.141     18.000               Italia          Diffusa la piccola
lavorazione              (2,7%)    (4,7%)         nord-occidentale, dimensione aziendale
(segagione)                                          Appennino      (8,4 addetti in media),
                                                 tosco-romagnolo e con le imprese artigiane
                                                      Calabria.     che costituiscono circa
                                                                     il 67% del totale (con
                                                                     6,1 addetti in media).
                                                                        Forte dipendenza
                                                                     dall’import di materie
                                                                              prime
Imprese di      [DD202]    856     13.000          Pianura Padana e Imprese con dimensio-
 prodotti                 (1,1%    (3,4%)        Friuli Venezia Giulia ni in media superiori
semifiniti in                                                           rispetto agli altri settori
legno                                                                  produttivi (14,9 addetti
(compensati,                                                           in media). In aggiunta a
tranciati,                                                             ciò il reddito di questo
pannelli)                                                                comparto è il più alto
                                                                             fra le industrie
                                                                           del sistema legno
Imprese di         [DN361] 32.000 204.000          Settore particolar-       Si possono distinguere
seconda lavora-            (39,9%) (53,1%)         mente interessato         tre tipologie industriali:
zione (mobilifici)                                dall’organizzazione         (i) imprese di piccole
                                                 in Distretti Industriali            dimensioni, a
                                                      (da 10 a 20,           conduzione famigliare,
                                                  secondo il metodo          che operano in ambito
                                                 identificativo usato)         locale e producono
                                                  collocati per lo più         mobili di pregio; (ii)
                                                  al centro-nord Italia      grandi imprese, con un
                                                      (Lombardia,                numero di addetti
                                                   Veneto, Friuli VG,            medio-alto e forti
                                                 Trentino A.A., Emilia           capitali impiegati.
                                                   Romagna, Marche,                 Si distingue un
                                                     Toscana, ecc).              sotto-gruppo più
                                                                            ricercato, che usa mate-
                                                                             riali e accessori di pre-
                                                                              gio e produce mobili
                                                                              di design, e un sotto-
                                                                            gruppo con produzioni
                                                                              “di massa”; (iii) conto-
                                                                                   terzisti per altre
                                                                               imprese di maggiori
                                                                                      dimensioni

                                             5
Imprese di         [DD204]     1.800     13.000          Tutto il territorio
imballaggi in                 (2,2%)     (3,4%)             nazionale,
legno                                                     con maggiore
                                                         concentrazione
                                                            sulle coste
                                                      adriatiche, il Nord-
                                                       Italia, la Campania
                                                             e la Sicilia
Falegnamerie       [DD203] 32.500        96.000                Tutto il      Produzioni tipiche delle
industriali                (40,5%)       (25%)        territorio nazionale falegnamerie industriali
                                                                                   sono gli infissi,
                                                                                    i parquet e le
                                                                                   scale in legno.
                                                                              Si tratta di assortimenti
                                                                                  che hanno come
                                                                                   destinazione il
                                                                              comparto dell’edilizia.
Imprese che        [DD205] 11.000 40.000                     Tutto il      Comprendono differen-
 producono                 (13,7%) (10,4%)            territorio nazionale ti tipologie produttive,
prodotti in                                                                       ivi comprese
legno, sughero,                                                            la produzione artistica,
paglia e materiali                                                          artigianale e industriale
da intreccio                                                               di oggettistica in legno,
                                                                           la realizzazione di parti
                                                                               di mobili (gambe,
                                                                              pomelli, maniglie di
                                                                            legno, ecc.) nonché la
                                                                            produzione di articoli
                                                                           di paglia, vimini, giunco
                                                                              e sughero, come in
                                                                                    Sardegna.

Fonte: Istat, 2001; Brun e Magnani, 2003; Bernetti e Romano, 2007; Federlegno, 2011.
Ns. elaborazione.

Nell’ultimo decennio, per conservare una posizione di leadership nel mercato rispetto a Paesi
con forti vantaggi competitivi in termini di costo della manodopera e di approvvigionamento
della materia prima legnosa, in Italia si è privilegiato dapprima il decentramento delle attività
produttive a livello locale e, in seguito, internazionale (delocalizzazione all’estero). Ciò è stato
reso possibile dalla flessibilità tecnologica dei processi di lavorazione del legno e dall’introdu-
zione di innovazioni di prodotto. Un’ulteriore conseguenza di tali processi è rappresentata
dallo sviluppo di imprese specializzate nella subfornitura, piuttosto che dall’accorpamento di
cicli produttivi in grandi strutture aziendali (Bernetti e Romano, 2007).
A completare il quadro, vi sono infine le industrie del settore carto-tecnica e dell’editoria
[DD21] che nel 2001 contavano circa 4.570 imprese, occupando circa 83.600 addetti (ISTAT,
2001). Concentrandosi sul comparto che produce carta, cartoni e paste per carta, i dati di set-
tore più aggiornati diffusi da Assocarta attraverso il proprio sito web12 indicano che in Italia ope-
rano 139 aziende, che gestiscono 180 stabilimenti e impiegano circa 21.800 addetti con una
produzione annua pari a circa 9,5 M tonnellate, un terzo delle quali destinate all’export. Tale
livello della produzione segna un recupero del 6,9% rispetto ai livelli del 2009, ma restano
ancora lontani i valori record fatti registrare nel 2007 (oltre 10,1 M tonnellate) (Assocarta, 2011).

                                                  6
Se si escludono i possibili rischi di import di materie prime illegali, il settore della carta e del-
l’editoria non riveste un ruolo significativo nelle problematiche di illegalità.

1.2 REATI E ILLECITI: NORMATIVA DI RIFERIMENTO
1.2.1 NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE
La prima legge forestale nazionale è coincisa con il R.D. 3967/1877, che istituiva un sistema di
vincoli per la protezione del territorio. Nel 1923 tale norma è stata sostituita dalla Legge Serpieri13
che disciplina ancora oggi il settore forestale a livello nazionale per gli aspetti non trattati dalle
modifiche al titolo V della Costituzione che hanno assegnato alle Regioni le competenze in
materia di agricoltura e foreste. Con il R.D. 1126/1926 di applicazione, sono state disciplinate
anche le procedure amministrative funzionali all’utilizzazione e alla gestione delle risorse fore-
stali (con l’aggiunta dell’obbligo alla predisposizione di Piani economici per la gestione dei
boschi pubblici) e definite le Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (PMPF) che regolano
gli interventi ai fini del vincolo idrogeologico per prevenire dissesti ed erosioni del suolo. Oggi,
oltre il 76% della superficie forestale nazionale è soggetto all’attuazione delle PMPF, mentre le
diverse forme di Pianificazione riguardano circa il 16,2% della superficie forestale totale (IFNC,
2007).
Con il D.P.R. 11/1972, le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste sono
state trasferite alle Regioni14, avviando il lungo processo di attribuzione delle competenze in
questo settore agli enti locali, completato poi con il D.Lgs 143/97 e con la Legge Costituzionale
3/2001. IN questo contesto, l’assenza di un coordinamento tra normativa ambientale e foresta-
le, assieme alla mancanza per molti anni di un documento programmatico nazionale di settore
che fornisse un quadro di riferimento comune alle 21 Leggi Forestali (formulate dalle varie
Regioni e Province Autonome), ha spesso determinato interpretazioni non univoche delle
norme. L’Allegato 1 presenta una sintesi della principale normativa e degli strumenti di pro-
grammazione regionale in ambito forestale, ma il primo vero documento programmatico e nor-
mativo rilevante per il settore forestale e_ rappresentato dalla Legge Pluriennale di spesa per il
settore agricolo (L.752/1986), che ha permesso la redazione del primo Piano e programma fore-
stale nazionale15. Con l’approvazione del D.Lgs. 227/2001 e le successive Linee guida nazionali
per il settore forestale, l’Italia si e_ impegnata a formulare e/o implementare programmi foresta-
li o strumenti equivalenti (nazionali e regionali). Solo nel 2008 il Programma Quadro per il
Settore Forestale (MIPAAF-MATTM, 2008) ha definito una cornice programmatica di riferimento
per l’intervento pubblico nel settore. Si tratta comunque di strumenti esortativi, di scarso impat-
to operativo e privi di misure finanziarie o di regolamentazione.
Con la Legge Galasso (L. 431/1985), poi rivista e inclusa nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs
231/2001), è stato istituito il “vincolo paesaggistico” che, riconoscendo i boschi come “bellez-
ze naturali”, impone la loro tutela. Il D.Lgs. 42/2004 ha introdotto uno specifico iter autorizzati-
vo per quegli interventi che possono modificare in modo permanente l’aspetto esteriore dei
boschi.
Il 7 luglio 2011, il Consiglio dei Ministri (n. 145) ha approvato con un decreto legislativo16 l’at-
tuazione della Direttiva Comunitaria 2008/99/CE17. Tra le fattispecie specifiche di reato ai danni
del patrimonio forestale un ruolo di primo piano è indubbiamente giocato dagli incendi.
L'incendio boschivo, sia doloso che colposo, costituisce un delitto contro la pubblica incolu-
mità e, come tale, è perseguito con la reclusione da 4 a 10 anni che sono aumentate della metà
se l'incendio induce un danno grave, esteso e persistente all'ambiente (CFS, 2011). Altre nuove
fattispecie di reato penale introdotte riguardano l’uccisione/distruzione/possesso in forme non
consentiti di specie animali o vegetali selvatiche protette e la distruzione/deterioramento di
habitat all’interno di un sito protetto.
La raccolta e commercializzazione funghi, infine, è regolamentata in termini generali dalla L.
352/1993 e dal D.P.R. 376/1995, anche se resta di competenza regionale18. Per i tartufi, le attività
di raccolta, coltivazione e commercio sono disciplinate dalla L. 752/198519.

1.2.2 NORMATIVA INTERNAZIONALE
La Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES) è
stata approvata a Washington nel 1973 ed è attualmente ratificata da 175 Paesi tra i quali l’Italia
(L. 874/1975 entrata in vigore il 31 dicembre 1979). Con i Regolamenti comunitari 338/1997,

                                                  7
865/2006 e 100/2008, l’Unione Europea (UE) ha voluto applicare in modo più rigoroso, unifor-
me e su un numero maggiore di specie (36.000) la Convenzione nei 27 Paesi membri. L’autorità
pubblica responsabile in via principale dell’implementazione di questa Convenzione è il
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) (Direzione
Conservazione Natura), presso il quale è anche costituita la Commissione Scientifica CITES, alla
quale competono valutazioni di carattere tecnico-scientifico relative all’applicazione della
Convenzione in ambito nazionale. Spetta invece al Ministero delle Attività Produttive il rilascio
delle licenze di importazione ed esportazione previste dai Regolamenti Comunitari, mentre l'au-
torità competente per l'assegnazione dei certificati di (ri)export è il Corpo Forestale dello Stato
(CFS), che è anche responsabile dei controlli CITES alle dogane italiane. In Italia sono presenti,
oltre al Servizio CITES Centrale, ospitato presso l’Ispettorato Generale del CFS a Roma, 23 unità
di controllo (Nuclei Operativi CITES, NOC) nei porti marittimi e negli aeroporti internazionali, per
verificare i permessi d’importazione-esportazione per animali e piante. Sono inoltre presenti 28
uffici di certificazione (Servizi CITES Territoriali, SCT) nelle maggiori città italiane e in ogni capo-
luogo di regione, al fine di completare il lavoro di investigazione.
Nella UE opera il Piano d’Azione per il Forest Law Enforcement, Governance and Trade (FLEGT
Action Plan) del novembre 2003, seguito poi dai Regolamenti 2173/2005 e 1024/2008. Tra le
varie misure (in 7 diverse aree d’intervento) e strumenti previsti, il principale è l’approvazione
di accordi bilaterali volontari (Voluntary Partnership Agreement, VPA) tra Paesi produttori e UE
relativamente all’introduzione di un sistema di licenze in grado di garantire la legalità dei pro-
dotti legnosi esportati verso i mercati europei. Ad oggi sono 6 i VPA già siglati (Camerun, Ghana,
Indonesia, Liberia, Repubblica Centroafricana e Repubblica del Congo), mentre altri 4 sono in
corso di negoziazione (Gabon, Malesia, Vietnam e Repubblica Democratica del Congo) 22.
Infine, la EU Timber Regulation (EUTR), disciplinata dal Regolamento 995/2010, proibisce la com-
mercializzazione sul mercato europeo di legno di provenienza illegale. Più in dettaglio, gli ope-
ratori sono tenuti all’esercizio della c.d. “Dovuta Diligenza” (Due Diligence), che prevede la rac-
colta d’informazioni adeguate circa l’origine del legno, l’attuazione di procedure di verifica del
rischio e, se del caso, l’implementazione di procedure di mitigazione del rischio stesso, con
l’eventuale supporto di Organismi di controllo (Monitoring organisation) riconosciuti dalla CE e
sotto la sorveglianza delle Autorità Competenti (responsabili in ogni Paese membro del con-
trollo periodico sia degli operatori/commercianti che degli Organismi di controllo).

1.3 ISTITUZIONI DI CONTROLLO
L’organo istituzionale cui spettano le principali responsabilità di prevenzione e controllo in
campo forestale è il Corpo Forestale dello Stato21 (CFS), fondato nel 1948 e composto oggi di
circa 8.500 unità. L’Ispettorato Generale coordina 15 Comandi Regionali, 83 Comandi Provinciali
e 1.061 Comandi Stazione a livello comunale. Tra i reparti specializzati vi sono 76 Nuclei
Investigativi Provinciali di Polizia Ambientale e Forestale (NIPAF) coordinati a livello centrale; il
Nucleo Investigativo Antincendio Boschivo (NIAB), che opera in collaborazione con i Comandi
Stazione e 491 strutture d’identificazione dei reati d’incendio boschivo sul territorio; il Nucleo
Agroalimentare e Forestale (NAF), per le frodi, contraffazioni e sofisticazioni nel settore; il
Nucleo Operativo Antibracconaggio (NOA); il Nucleo Investigativo Reati in Danno degli Animali
(NIRDA) e la Sezione Investigativa del Servizio CITES (vedi 1.2.2). Nelle Province e nelle Regioni
a statuto speciale, infine, operano Corpi di polizia forestale provinciali o regionali, prevalente-
mente con funzioni tecnico-gestionali.
Accanto al CFS operano (in sinergia e talvolta in sovrapposizione) altri organi di polizia: in par-
ticolare, il Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari ed il Comando Carabinieri Tutela
Ambientale. Il primo, posto alle dipendenze funzionali del MIPAAF e articolato in 3 Nuclei
Antifrodi (NAC) ed un Nucleo di Coordinamento Operativo (NCO), si impegna nel controllo
sull’erogazione e la ricezione di aiuti comunitari nel settore agroalimentare, della pesca e del-
l’acquacoltura, nonché sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari. Il secondo,
alle dipendenze funzionali del MATTM e articolato in una struttura centrale e 29 Nuclei Operativi
Ecologici (NOE), assolve funzioni di polizia giudiziaria in materia ambientale 22.
Rilevante è anche il contributo del Comando per la per la Tutela della Salute Pubblica, che si
avvale del supporto di 37 Nuclei Antisofisticazioni e Sanità (NAS).
Funzioni di polizia locale nel campo della tutela ambientale e dell’attività venatoria sono eser-

                                                   8
citate da organismi operanti su scala provinciale e locale. Può essere utile rilevare che nessun
altro Paese europeo ha un numero così ampio di corpi di polizia che si occupano di reati
ambientali e forestali.

1.3.1 IL RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE
Accanto agli organismi istituzionali deputati allo svolgimento di azioni di controllo, è da segna-
lare l’azione di numerosi soggetti della società civile. Si tratta soprattutto (ma non solo) di orga-
nizzazioni ambientaliste – tra cui Legambiente, la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), il World
Wildlife Fund Italia (WWF) e Greenpeace Italia - che svolgono un’azione importante in termini di
denuncia e monitoraggio, assicurando un presidio capillare del territorio, ma anche di propo-
sta, fornendo visibilità a buone pratiche e iniziative virtuose. La buona gestione forestale pro-
mossa attraverso la certificazione delle foreste e della c.d. chain-of-custody (tracciabilità) dal
Gruppo FSC Italia e dal PEFC 23 Italia è un altro strumento di contrasto all’illegalità forestale utiliz-
zato da imprese, commercianti, consumatori e organizzazioni varie della società civile.

2      METODOLOGIA DI RICERCA E FONTI INFORMATIVE
La raccolta delle informazioni ha richiesto l’utilizzo tanto di fonti primarie, quanto di fonti
secondarie. Per quanto riguarda le fonti primarie, sono state compiute interviste dirette a cinque
funzionari del CFS, con un focus principale sul Centro-Sud Italia (il questionario è in Allegato 2),
e a quindici imprese del settore legno-arredo in Puglia, Basilicata e Lazio. Infine, sono state rac-
colte indicazioni e testimonianze da circa altri dieci operatori ed esperti del settore.
Piuttosto lungo l’elenco delle fonti secondarie: banche dati di ambito giuridico (Banca dati della
Cassazione e altre Banche dati di sentenze), testi normativi, i Dossier Attività annuali e i comu-
nicati stampa del CFS, le pubblicazioni consultabili all’interno del sito web dell’Osservatorio sul
Lavoro in Bosco (OLAB24), report di Associazioni di categoria (ad esempio Federlegno), bollet-
tini mensili Istat, documenti di analisi e approfondimento tematici predisposti da organismi isti-
tuzionali (ad esempio l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA, del
MATTM), report e comunicazioni di organizzazioni non governative e altre pubblicazioni.
Vanno sottolineate le notevoli difficoltà incontrate nel reperimento di dati e informazioni relati-
ve a reati e illeciti nel settore forestale. In assenza (o carenza) di riferimenti certi e solidi in let-
teratura, molti dei dati raccolti si basano su deduzioni e assunzioni sviluppate sulla scorta del-
l’esperienza empirica, nonché su testimonianze e segnalazioni fatte da operatori ed esperti del
settore. Nonostante la discrepanza di dati tra fonti diverse (ad esempio nella stima dei tassi di
taglio illegale in vari paesi del mondo), vi è una sostanziale convergenza sulla rilevanza dei feno-
meni di illegalità più diffusi e ricorrenti, che possono quindi essere tratteggiati con sufficiente
precisione.

3      RISULTATI
3.1 NATURA E DINAMICHE DEI FENOMENI DI ILLEGALITÀ INDAGATI
I fenomeni di illegalità riscontrati nel corso dell’indagine sono stati raggruppati in tre ampie cate-
gorie: l’illegalità “storica”, l’illegalità “dimenticata” e le nuove forme di illegalità. Ciascuna delle
tre categorie sopra citate viene presentata in dettaglio nei prossimi paragrafi.

3.1.1 ILLEGALITÀ STORICA
Con la denominazione “illegalità storica” ci si riferisce a forme d’illegalità da tempo riscontrabi-
li sul territorio e contro le quali si esplica buona parte dell’azione di indagine, prevenzione e
contrasto da parte delle istituzioni competenti, in primis il CFS. In tale gruppo rientrano feno-
meni illegali quali incendi dolosi e colposi, tagli boschivi irregolari, pascolo abusivo in bosco,

                                                   9
discariche di rifiuti in bosco, abusivismo edilizio, bracconaggio e frodi nell’utilizzo di contributi
pubblici.
Solo il 2% degli incendi boschivi è dovuto a cause naturali, mentre il rimanente 98% è dovuto
all’uomo (spesso in situazioni di natura dolosa o colposa). Nell’ultimo decennio in Italia si sono
osservati, in media, più di 7.200 incendi/anno, con una superficie interessata di oltre 80.000 ha,
di cui più del 45% (40.000 ha) rappresentato da superfici boscate. Va detto che rispetto ai
decenni precedenti risultano comunque in calo sia il numero degli incendi sia la superficie
incendiata (ISTAT, 2010)25. Di contro, l’incidenza relativa della componente dolosa è andata
aumentando: di poco inferiore al 49% nel 1999, sfiora ora il 60% (CFS, 2002; CFS e Legambiente,
2007; CFS, 2010). Oltre a ciò si assiste a una crescente incidenza degli incendi dolosi sulle for-
mazioni boscate di pianura, piuttosto che di collina o montagna con effetti evidenti sulla per-
cezione del fenomeno. Nonostante il numero crescente degli eventi, infatti, la visibilità degli
incendi in pianura e in collina rischia di essere inferiore, poiché l’estinzione dei focolai risulta
più facile e veloce di quanto accade in aree impervie e più difficilmente accessibili. Ne conse-
gue una tendenza a sottostimare la portata dei fenomeni e dei danni correlati (che non sono
solo ambientali ma di ordine e sicurezza pubblica).
Nel periodo 2000-2009 il CFS ha segnalato all’Autorita_ Giudiziaria sul territorio nazionale 3.875
persone, di cui 131 tratte in arresto o sottoposte a custodia cautelare (CFS, 2010). Le ragioni
individuabili alla base dei fenomeni di dolo sono molteplici e possono includere sia azioni fina-
lizzate alla ricerca del profitto, sia manifestazioni di protesta o più semplicemente incuria verso
il bosco (CFS, 2002). Si possono ricordare, tra le altre, l’azione di pastori finalizzata a favorire il
ricambio della vegetazione erbacea per la produzione di foraggio, incendi appiccati dagli stes-
si addetti allo spegnimento, motivazioni correlate all’attività di bracconaggio, estorsione o spe-
culazione con la possibilità di beneficiare dell’eventuale cambio di destinazione d’uso del
suolo o di effettuare interventi di riforestazione nelle zone percorse dal fuoco (Vadalà, 2009;
CFS, 2010).
Rispetto ai tagli boschivi, si riscontrano problemi soprattutto in termini di illeciti amministrativi
(sul numero di matricine effettivamente rilasciate e sugli eventuali danni derivanti dalle opera-
zioni di utilizzazione) piuttosto che di reati penalmente rilevanti. Nel 2005 (ultimo anno di dis-
ponibilità dei dati ISTAT) sono stati registrati solo 84 illeciti penali su un totale di circa 7.000 ille-
citi in questo campo, con ruolo preponderante del Centro (40%) e del Sud (37%) Italia. Il mag-
gior numero di illeciti (in termini assoluti) si riscontra, nell’ordine, in Lazio, Toscana, Sicilia,
Umbria e Lombardia (ISTAT, 2005a). Secondo i dati più recenti distribuiti dal CFS (2010), nel
2009 non sono stati riscontrati reati legati alle utilizzazioni e ai tagli boschivi, mentre gli illeciti
amministrativi sono stati 4.276. Negli ultimi anni si è tuttavia osservato un aumento nel numero
dei reati e degli illeciti connessi al disboscamento, furto e danneggiamento di piante (oltre 500
casi nel corso del 2009). Va ricordato come all’interno di questa categoria di illeciti vi siano
spesso casi che, se un tempo potevano provocare danni ambientali anche gravi, oggi – con le
mutate condizioni socio-economiche e ambientali – potrebbero non avere conseguenze rile-
vanti. Purtroppo, le leggi in materia non si sono del tutto adeguate 26.
In relazione al problema del controllo dei tagli un’area “grigia” nel panorama forestale italiano è
rappresentata dai prelievi di legna da ardere. Sebbene in questo caso non si possa parlare di
illegalità tout-court, è innegabile che vi siano elementi di scarsa trasparenza sufficienti a solle-
vare legittimi dubbi sulla piena regolarità dei flussi di utilizzazione e commercio. In particolare
uno dei problemi osservati si riferisce all’incongruenza tra i dati ufficiali sui prelievi forestali
pubblicati (sino a due anni fa) dall’ISTAT e le stime derivabili sulla base di diversi studi e model-
li basati sui consumi. Si ritiene che i dati sulle superfici tagliate, e quindi sui relativi volumi di
legna prelevati siano sottostimati (APAT, 2003; Magnani, 2005). Ad esempio, il rapporto tra una
valutazione realizzata sulle superfici di boschi cedui tagliati a raso rilevate con immagini satelli-
tari ad alta definizione (Corona et al. 2007) e quelle rilevate dal CFS (che costituiscono la base
dei dati ISTAT) è stato di 1,45 a 1. In effetti, mentre i dati ISTAT parlano di prelievi oscillanti,
secondo l’anno, tra 3 e 5 M m3, diversi studi basati sui consumi di legna da ardere a uso dome-
stico suggeriscono valori nettamente più elevati. Hellrigl (2002), citando le indagini campiona-
rie sui consumi ad uso residenziale effettuate dall’ENEA nella seconda metà degli anni ’90
(Gerardi et al., 1998; Gerardi e Parrella, 2001) ha ipotizzato un livello di consumi nel periodo
1997-1999 tra i 16 e i 20 M t/anno. Tali dati, se assunti nelle stime nazionali, consentirebbero di

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raggiungere livelli di produzione e consumo coerenti con quelli di altri paesi europei (Hellrigl,
2002a). Altri studi confermano queste ipotesi, stimando consumi di legna da ardere ad uso
residenziale in Italia variabili tra 16,5 e 23,0 M m3 (Pettenella e Andrighetto, 2011) o pari addi-
rittura a 19 M t (nel 2006) (APAT-ARPA Lombardia, 2007). Anche tenendo conto del contributo
dell’import 27 dunque, i dati Istat risultano assolutamente insufficienti nel dare ragione dei pos-
sibili consumi interni di legna da ardere. Naturalmente ciò non significa che i valori in difetto
comportino automaticamente la presenza di fenomeni di illegalità. Nondimeno, quanto sopra
riportato, da un lato conferma le difficoltà nel recuperare dati attendibili e certi relativi al setto-
re forestale, con conseguenti limiti anche per l’azione di monitoraggio e contrasto di eventuali
irregolarità; dall’altro, autorizza a parlare, anche sulla scorta dell’esperienza empirica, di ampie
zone “opache” associate alla raccolta e vendita di legna da ardere, che potrebbero essere lega-
te tanto a prelievi in eccesso rispetto a quelli dichiarati quanto alla commercializzazione “in
nero” della legna (con correlati fenomeni di evasione fiscale).
L’abusivismo edilizio e la presenza di discariche illegali di rifiuti in bosco restano fenomeni dif-
fusi - pur su scale diverse - in tutto il Paese, spesso concentrati in territori di pregio naturalisti-
co e/o paesaggistico. Pur sulla base di informazioni riferite soprattutto a singoli episodi, la casi-
stica degli illeciti è ampia. In ogni caso, come ha osservato da uno dei funzionari del CFS inter-
vistati, il diffondersi degli incendi e delle conseguenti misure e azioni di contrasto, ha avuto
anche un’azione deterrente nei confronti dell’abusivismo. La ex L. 353/2000 (Catasto incendi
boschivi) proibisce, per almeno 15 anni, il cambio di destinazione d’uso per le zone boschi-
ve e i pascoli che siano stati percorsi dal fuoco.
Tra le forme storiche di illegalità sicuramente si può annoverare il pascolo in bosco di tipo abu-
sivo (condotto su terreni altrui senza alcuna autorizzazione, e con il rischio di provocare danni
al bosco – ad esempio alle giovani piantine in boschi degradati – e/o al suolo – per l’erosione
e il calpestamento dovuto ad un carico eccesivo di bestiame) o non legittimato (presenza di
animali non segnalati alle autorità locali attraverso il c.d. Fido Pascolo).
Anche i reati contro la tutela della fauna selvatica autoctona (bracconaggio) rappresentano una
delle forme storiche di irregolarità riscontrabile nei boschi italiani. Nel corso del 2009 sono stati
registrati 938 reati, con l’aggiunta di quasi 2.300 illeciti amministrativi e sanzioni pecuniarie per
2,4 M di euro (CFS, 2010). In generale, laddove sussistono interessi economici 28 e operano
organizzazioni criminali con fortissimo controllo del territorio, come avviene in Sicilia, Calabria
e Campania, c’è spesso connessione tra la criminalità organizzata e l’attività di cattura illegale
della fauna selvatica, assumendo anche un carattere simbolico 29. In generale, il mercato del
bracconaggio appare florido, tanto che nel corso dell’anno i bracconieri si spostano da una
regione all'altra, soprattutto nel Centro-Sud Italia, seguendo i flussi e le disponibilità della fauna.
Tali dinamiche contribuiscono a spiegare perché in alcune regioni (Abruzzo, Campania,
Basilicata, Calabria, Lazio, Puglia, Toscana e Sicilia) si registrano maggiori reati rispetto ad altre:
molti bracconieri agiscono “in trasferta” contribuendo a mantenere i dati degli illeciti elevati con
riferimento a regioni diverse rispetto a quella di residenza. Benché non vi sia un dato omoge-
neo e completo sul fenomeno, Legambiente (2005) ha stimato che in almeno il 50% dei casi il
bracconaggio è esercitato per ragioni di lucro, essendo parchi e aree protette le zone più inte-
ressate dai fenomeni di illegalità. Nel bresciano e nel bergamasco la vendita di piccoli uccelli
può arrivare a fruttare a un singolo cacciatore di frodo fino a 20.000 Euro/anno (Furlan, 2009).
In provincia di Reggio Calabria, si stima che almeno il 70% dei cacciatori che fanno la posta ai
tordi utilizzino richiami elettronici illegali (Malara, 2010). Il Friuli Venezia Giulia, pur non rien-
trando tra le Regioni italiane con il maggior numero di cacciatori, si caratterizza per la colloca-
zione lungo importanti rotte migratorie e per una tradizione venatoria che risale all’epoca
dell’Impero romano; antica è pure la pratica del bracconaggio 30, tant’è che attualmente essa
rientra tra le aree a maggior rischio di caccia illegale (hot-spots).
Una breve considerazione a parte deve essere fatta per i richiami e le sanzioni comminati dalla
Commissione Europea all’Italia per il non corretto recepimento della Direttiva 70/409/CEE, disci-
plinante la tutela dell’avifauna 31. Il riferimento è in particolare alla c.d. “caccia in deroga”, per la
quale 13 Regioni italiane sono state fatte oggetto di procedura e la Regione Veneto è già stata
riconosciuta responsabile dell'infrazione comminata all'Italia dalla Corte di Giustizia in data 11
novembre 2010, con conseguente sanzione amministrativa 32.

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Al tema del bracconaggio “in casa” si collega senz’altro anche quello relativo al traffico di spe-
cie di fauna e flora protette, nell’ambito di quanto previsto dalla CITES. Complessivamente nel
2010 il Servizio CITES del CFS ha accertato 202 reati penali nel contrasto al commercio illegale
delle piante e degli animali e ha contestato 277 illeciti amministrativi per un totale di quasi
370.000 Euro. Il valore complessivo delle specie sequestrate nel corso del 2010 risulta di poco
inferiore ai 3 M Euro. E’ utile ricordare che l’Italia rappresenta uno dei più grandi mercati di arti-
coli e prodotti derivanti da specie animali e vegetali protette, un mercato che genera un giro di
affari, a livello internazionale, superiore ai 100 Mld di Euro/anno (CFS, 2011a).
Un ultimo ambito di illegalità storico è quello relativo alle frodi nel campo della gestione degli
incentivi pubblici e in particolare dei contributi comunitari nell’ambito delle politiche di svi-
luppo rurale. Tale settore riveste un ruolo di rilievo nel panorama nazionale, come testimoniato
dai numeri dell’attività operativa del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari (2011):
il valore totale dei contributi illeciti accertati nel 2010 ammonta ad oltre 17,6 M di Euro.

3.1.2 ILLEGALITÀ DIMENTICATA
Sotto la categoria “illegalità dimenticata” si annoverano forme d’illegalità spesso sottovalutate o
scarsamente fatte oggetto di attenzione da parte degli addetti ai lavori e dal pubblico in gene-
re. Tra queste, soprattutto gli aspetti di salute e sicurezza - e, in termini più ampi, di regolarità
del lavoro - rappresentano un cono d’ombra nell’ambito del sistema forestale italiano. I dati e
le informazioni disponibili su questo argomento sono purtroppo scarsi e di cattiva qualità, per
di più la stagionalità del lavoro e l’attività svolta generalmente in aree remote ed economica-
mente marginali non facilitano la raccolta di informazioni. Come segnalato già qualche anno fa
dal Consiglio Editoriale della Rivista Sherwood (2002) “[…] esiste però la diffusa percezione, da
parte degli operatori del settore, che in Italia il lavoro in foresta, soprattutto nelle aree appenni-
niche, stia cambiando […] verso l’impiego di manodopera dequalificata, non adeguatamente
equipaggiata, ingaggiata senza un regolare contratto, esposta a gravi rischi di incidenti sul lavo-
ro e sottopagata”.
I dati Istat evidenziano come, nel periodo 1992-2001, a fronte di un calo complessivo dell’oc-
cupazione agricola, il peso relativo degli occupati non regolari sia aumentato di circa 10 punti
percentuali. In termini di unita_ di lavoro, il tasso di irregolarita_ nel settore Agricoltura, selvi-
coltura e pesca (unita_ di lavoro non regolari rispetto a quelle totali) va da un massimo di 50%
in Calabria a un minimo del 18,6% in Toscana. Una stima di grande massima dell’incidenza del
lavoro irregolare in selvicoltura è stata realizzata da Pettenella e Secco (2004). Assumendo la
presenza in Italia di 24-28.000 addetti stabili professionali, nello “scenario massimo” (stima dei
prelievi legata ai consumi effettivi di legna da ardere, probabilmente quello piu_ vicino alla real-
tà rispetto ai dati ufficiali Istat) su un addetto professionale sono stimati 2-3 addetti occasiona-
li, presumibilmente operanti al di fuori di un contesto di regolarità rispetto alla normativa sulla
salute e sicurezza e dei rapporti contrattuali di lavoro 33. Questa ipotesi collocherebbe l’attività
delle ditte boschive al primo posto in una graduatoria nazionale della mancata tutela del lavo-
ro nei diversi settori economici (Pettenella, 2009).
In generale, come è stato ricordato da un Funzionario del CFS in un Congresso sul Lavoro irre-
golare in bosco tenutosi ad Arezzo nel 200434, il mancato rispetto delle norme più elementari
(l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, per esempio) è talmente diffuso che le condi-
zioni di irregolarità nelle attività di utilizzazione boschiva sono l’assoluta norma e quelle del
rispetto della legge un’eccezione 35. Ciò nel lavoro (assieme a quello in miniera) a più alta inci-
denza di infortuni.
Rispetto all’importazione di legname di provenienza illegale 36, va ricordato che l’Italia occupa
il sesto posto mondiale e secondo posto europeo per volumi d’import di legno e derivati,
intrattenendo stretti rapporti commerciali con Paesi nei quali i fenomeni di illegalità nel settore
forestale risultano piuttosto noti e di fatto conclamati (ISPRA, 2009). In particolare il nostro Paese
è il primo partner commerciale per l’export di legname e derivati da parte di Camerun, Costa
d’Avorio, Romania, Bosnia Erzegovina, Albania e Serbia. Contrariamente a quanto si potrebbe
pensare, l’Italia non importa solamente prodotti di elevato valore unitario: dall’analisi delle sta-
tistiche internazionali di fonte FAO risulta che il nostro Paese è il primo importatore mondiale di
legna da ardere e il quarto di cippato e scarti in legno. Una stima conservativa (ISPRA, 2009)
quantifica la percentuale di legno illegale importato dall’Italia variabile tra il 7 e il 10% dell’im-

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port totale, per un valore complessivo di 1,3-2,8 Mld di Euro. Con riferimento ai fenomeni di
illegal logging si guarda con attenzione all’attuazione del Regolamento Comunitario 995/2010
(EUTR) che entrerà in vigore nel marzo del 2013 proibendo in sostanza la commercializzazione
sul mercato europeo di legno di provenienza illegale (vedi par. 1.2.2.). Come già accaduto con
il Regolamento FLEGT, l’Italia non sembra dimostrarsi particolarmente reattiva nel prepararsi all’at-
tuazione di simili misure, a differenza di quanto fatto da altri paesi, quali Regno Unito 37 e
Spagna38

3.1.3 NUOVA ILLEGALITÀ
Con questa terza e ultima categoria ci si riferisce a nuovi ed emergenti fenomeni di illegalità che
si sono affacciati sulla scena nazionale (e, talvolta, internazionale) solamente negli ultimi tempi
o, quanto meno, solo di recente hanno cominciato a essere oggetto di attenzioni da parte degli
addetti ai lavori. In questi ambiti rientrano i fenomeni di riciclaggio di denaro “sporco” tramite
acquisto di lotti boschivi a prezzi artatamente gonfiati nel corso di aste pubbliche di acquisto,
soprattutto nel Centro-Sud Italia, come ricordato dal Rapporto sulle Ecomafie di Legambiente
2010 39. L’aumento dei prezzi ha normalmente un effetto di spiazzamento delle imprese rego-
lari che non sono in grado di competere con imprese sostenute da ingenti capitali di prove-
nienza dubbia o notoriamente illecita. Tuttavia, informazioni emerse nel corso delle interviste
con funzionari del CFS evidenziano come questi fenomeni siano in espansione e quindi non
più limitati al Meridione ma riscontrabili ormai anche nel Centro Italia. Accanto al riciclaggio per
mezzo dell’acquisto di lotti boschivi, inoltre, sta prendendo piede anche il riciclaggio connes-
so all’acquisto di terreni forestali, la cui domanda è aumentata negli ultimi anni, ad esempio al
fine di costituire riserve di caccia.
Situazioni di illegalità si registrano anche nel settore degli imballaggi in legno (pallet) attraverso
(Assoimballaggi, 2006): 1) circolazione di pallet non conformi agli standard tecnici eppure mar-
chiati come tali; 2) importazione di imballaggi in legno da paesi dell’Est Europa, con rischi di
minore qualità tecnica del prodotto e di uso di legno di provenienza illegale, 3) sviluppo di un
mercato nero degli imballaggi in legno con conseguente evasione fiscale 40, aumento dei costi
per l’industria e la distribuzione, mancato riutilizzo della risorsa e 4) riduzione dei prezzi sino
al 25% rispetto alla quotazione media. Tra gli altri esempi di “nuova illegalità” si evidenzia la pro-
duzione e commercializzazione di pellet realizzati con legno e scarti di legno trattato (di deri-
vazione industriale con residui di colle e vernici) e non conforme ai requisiti di legge.
Al di fuori del comparto del legno, fenomeni di illegalità nel settore forestale interessano anche
la raccolta e commercializzazione di funghi e tartufi, con differenti fattispecie. La prima si con-
figura come evasione fiscale e sfrutta il cosiddetto regime di esonero che solleva i raccoglitori
dagli obblighi documentali e contabili normalmente previsti (fatturazione, registrazione, liqui-
dazione periodica, versamento e dichiarazione annuale) purché abbiano volume d’affari costi-
tuito per almeno i due terzi da cessioni di prodotti inclusi nella Parte I della Tabella A riportata
come Allegato 1 al DPR 633/1972 e comunque non superiore a 2.582,28 Euro a prescindere dal
luogo in cui sia esercitata l’attività. Coloro che acquistino da produttori agricoli esonerati devo-
no autofatturare gli acquisti con diritto alla detrazione dell’IVA senza, comunque, alcun obbli-
go di versare l’imposta. All’interno di questo quadro, l’esperienza empirica segnala numerosi
casi di sovrafatturazione, con le imprese acquirenti (commercianti e trasformatori di funghi) che
emettono autofatture maggiorate al fine di ridurre i pagamenti dell’IVA a proprio carico 42. Una
seconda fattispecie segnalata da funzionari del CFS nonché da esperti e operatori del settore,
ma rispetto alla quale non esistono al momento vere e proprie evidenze documentali di riscon-
tro, si riferisce a processi di riciclaggio di denaro operati da aziende italiane che acquistano fun-
ghi a prezzi superiori alla media in paesi dei Balcani, dell’Europa Centro-Orientale e in Svezia e
Finlandia, per poi rivenderli su altri mercati, ivi compreso quello italiano, spesso facendo prima
transitare i prodotti per paesi terzi (ad esempio, Romania) al fine di renderne meno agevole la
tracciabilità. Lo stesso meccanismo può essere adottato per l’evasione dell’IVA.
Una terza fattispecie di illecito è costituita dalla commercializzazione del Tuber indicum, il noto
surrogato del tartufo nero, importato illegalmente dalla Cina all’Italia nonostante il divieto di
immissione sul mercato, ma non mancano altri esempi 43.
Da segnalare infine il fenomeno della coltivazione di cannabis indica all’interno di aree bosca-
te (soprattutto in Calabria, Campania e Sicilia, ma anche in Emilia Romagna, Liguria, Toscana e

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