ANIMAL studies sperimentazione animale - Rivista italiana di antispecismo Un dialogo tra scienza ed etica - Novalogos
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ANIMAL studies Rivista italiana di antispecismo trimestrale anno iv numero 12 luglio 2015 sperimentazione animale Un dialogo tra scienza ed etica
ANIMAL STUDIES Rivista italiana di antispecismo trimestrale 12/2015 – Sperimentazione animale. Un dialogo tra scienza ed etica numero a cura di Paola Sobbrio Direttore responsabile Costanza Troini Direttore editoriale Roberto Marchesini Comitato scientifico Ralph R. Acampora (Hofstra University) Carol Adams (Southern Methodist University) Matthew Calarco (California State University Fullerton) Felice Cimatti (Università della Calabria) Enrico Giannetto (Università degli studi di Bergamo) Oscar Horta (Universidade de Santiago de Compostela) Andrew Linzey (University of Oxford) Peter Singer (Princeton University) Tzachi Zamir (The Hebrew University of Jerusalem) Redazione Eleonora Adorni, Matteo Andreozzi, Alessandro Arrigoni, Laura Caponetto, Serena Contardi, Maria Giovanna Deve- tag, Valentina Gamberi, Nausicaa Guerini, Alessandro Lan- franchi, Marco Maurizi, Antonio Volpe, Lucia Zaietta ISSN 2281-2288 ISBN 978-88-97339-62-5 Reg. Trib. Roma n. 232 del 27/7/2012 © 2016 NOVALOGOS/Ortica editrice soc. coop. via Aldo Moro, 43/D - 04011 Aprilia www.novalogos.it • info@novalogos.it finito di stampare nel mese di febbraio 2016 a cura di PDE Promozione S.r.l. presso lo stabilimento di Legodigit S.r.l. Lavis (TN)
Sommario 5 Introduzione di Paola Sobbrio 9 Gli animali nella “società europea della conoscenza”: contraddizioni e prospettive di Mariachiara Tallacchini 31 Strategie di Test Integrate (ITS) per la valutazione della sicurezza delle sostanze chimiche di Costanza Rovida 48 Quo vadis animal biotechnologicus? di Arianna Ferrari 68 Saranno le macchine a salvare gli animali Conversazione con Roberto Marchesini a proposito di sperimentazione animale di Eleonora Adorni 78 Letture. The Sacrifice. How Scientific Experiment Transform Animals and People recensito da Alma Massaro
INTRODUZIONE Di Paola Sobbrio Ricercatrice indipendente In questo volume tutto al femminile abbiamo voluto fornire una nuova prospettiva sul tanto contrastato tema della sperimentazione animale. Le tre autrici, partendo da tre diversi background, Mariachiara Tallacchini è filosofa del diritto, Costanza Rovida è un chimico e Arianna Ferrari una filosofa, han- no fornito tre chiavi di lettura diverse dello stesso tema. Chiudono questo numero un’intervista di Eleonora Adorni all’etologo e filosofo Roberto Marchesini e la recensione a cura di Alma Massaro di un libro di fondamentale importanza sul tema: The Sacrifice. How Scientific Experiment Transform Animals and People da cui è ispirato il film Maximum Tolerated Dose. Il volume si apre con il primo contributo “Gli animali nella società europea della conoscenza: contraddizioni e prospettive”, in cui Mariachiara Tallacchi- ni, partendo da un’analisi generale della policy europea sul benessere animale e ripercorrendone le tappe salienti, ha centrato il suo focus sul rapporto tra scienza e società come attori di un processo di co-produzione della conoscenza evidenziando come: «Nel dibattito pubblico sulla sperimentazione le tendenze più diffuse restano quelle della contrapposizione frontale e dell’ideologia non dialogante. Argomenti obsoleti sulla natura etica-o-scientifica delle critiche alla sperimentazione, l’elenco delle scoperte rese possibili dall’uso di animali e le polemiche sui test che non impiegano animali occupano ancora una larga parte dello spazio di discussione pubblica, in modi che sovente finiscono per non es- sere rispettosi né del destino concreto di milioni di animali né delle capacità di riflessione critica dei cittadini». Questo scontro tra ricercatori e chi si oppone alla sperimentazione utilizzando argomenti indiretti, quali la non “scientificità” della sperimentazione, e dunque le ricadute sulla salute umana, terreno di lotta ideologica che difficilmente potrà tramutarsi in un dialogo salvo che non si porti il livello di discussione su un piano etico. Questo processo di co-produ- 5
animal studies 12/2015 zione – avverte Mariachiara Tallacchini – è stato messo a dura prova dal rigetto da parte della Commissione Europea dell’iniziativa popolare Stop Vivisection. La risposta della Commissione, scarsamente motivata e, quasi, incurante della volontà popolare, è «un segno non solo del difficile percorso per passare dalla protezione del benessere alla totale eliminazione dell’utilizzo degli animali, ma anche delle difficoltà nei rapporti tra scienza e società». Sarebbe necessario, dunque, prendere sul serio la società della conoscenza per superare questo conflitto tra scienza e società, tenendo conto, come, illu- stra Costanza Rovida nel suo contributo “Strategie di Test Integrate (ITS) per la valutazione della sicurezza delle sostanze chimiche” dei grandi passi avanti che ha fatto la ricerca dei metodi alternativi, o meglio dire sostitutivi, che lungi dall’essere un miraggio sono, piuttosto, una concreta realtà e che, rimanendo su un piano scientifico, dovrebbero andare a sostituire completamente il mo- dello animale soprattutto nei test tossicologici. Puntare sulla regolamentazio- ne e sul finanziamento di questi metodi è fondamentale e sarebbe necessario che la comunità scientifica, anche ove non volesse prendere in considerazione la discussione etica, si faccia carico di andare oltre la visione obsoleta della sperimentazione animale, rinunciando a difenderne la necessarietà a spada tratta, per aprirsi a nuove forme di sperimentazione, nuovi modelli, nuovi orizzonti che non prevedono l’uso di animali. Costanza Rovida ci dimostra che la strada è questa ed è stata tracciata già nel 2007 dal National Research Council, con il report “Toxicity Testing in the 21st Century: A Vision and a Strategy” elaborato dal Comitato sulla valutazione dei test di tossicità presso la FDA. Il report in questione sottolinea la necessità di superare il modello animale e puntare sui metodi sostitutivi. L’approccio ai metodi sostitutivi è un approccio integrato e richiede la collaborazione di team di ricerca differenti e risente dei differenti approcci USA-UE tanto che – avverte l’autrice – «Pro- babilmente la differenza più grande è quella tra gli USA, dove l’approccio del Tox21c sta portando alla generazione di una grande quantità di dati con alto valore statistico, e l’UE, dove l’idea è quella di riprodurre completamente in vitro i passaggi che portano ad un esito sfavorevole in vivo. La creazione di una task force sovranazionale potrebbe migliorare il dialogo, per informare e trarre vantaggio da ogni approccio, sfruttando anche i risultati ottenuti su entrambe i fronti». Questo ed altri problemi portano ad un rallentamento nello sviluppo di queste metodiche che nel settore privato stanno, tuttavia, avendo grande slan- cio a riprova del fatto che a differenza di quanto si pensi, anche tra i ricercatori, 6
introduzione chi investe nella ricerca ha capito che il modello animale non è sicuro ed alla lunga più dispendioso con risultati non attendibili. Se Costanza Rovida sottolinea l’importanza strategica dei metodi sostitutivi come forma di mutamento di paradigma nella ricerca, in un necessario passag- gio dalla scienza normale a quella rivoluzionaria, teorizzata da Kuhn (1969), Arianna Ferrari nel suo “Quo vadis animale biotecnologicus?” ci narra di una ricerca che piuttosto che cambiare paradigma, lo mantiene immutato in un apparente mutamento coadiuvato dalla tecnologia di cui si serve per creare nuove forme di vita chiamati “modelli di ricerca”: gli animali geneticamente modificati. Ma l’ingegneria genetica, vista dall’opinione pubblica come sovver- titrice dell’ “ordine naturale”, se potrebbe esserlo, da un lato, per la creazione di modelli animali nati già malati, deformi, creati per soffrire, o non soffrire nel caso dei modelli desensibilizzati, dall’altro, può, come detto prima, creare le condizioni per abbandonare il modello animale. Modello animale prodotto non solo per scopi medici ma anche soltanto per finalità più banalmente ego- antropocentriche come ad esempio nel caso della clonazione di pet. È bene ricordare – scrive Arianna Ferrari – che «la scienza e la tecnologia non produ- cono fatti neutrali, ma sono sempre frutto di scelte sociali, quindi hanno una componente politica ed etica. Come diceva Putnam (1982), anche se la distin- zione fra fatti e valori in vari casi può essere utile a livello analitico, questa non può essere una distinzione di principio (ontologica), poiché tutte le descrizioni dei fatti riguardanti il mondo possiedono elementi etici, e tutte le nostre no- zioni sono value-laden». Infine, l’intervista di Eleonora Adorni a Roberto Marchesini “Saranno le macchine a salvare gli animali” costituisce la chiusura del cerchio relativamente ai contributi precedenti. Marchesini, infatti sottolinea l’importanza del dialo- go tra scienza ad etica ai fini anche regolativi, sottolineando come non tutta la tecnologia vada vista in senso negativo ma piuttosto come opportunità. La conclusione a cui arriva è semplice ed al tempo stesso complessa “...per far sì che la sperimentazione animale cessi di essere praticata dobbiamo batterci per lo sviluppo di metodiche sperimentali alternative concrete... Nel corso della storia è stato lo sviluppo della scienza che ha liberato gli uomini e gli animali e questo mi fa essere contrario a una visione tecnofobica della tecnoscienza poi- ché la libertà nasce nella possibilità di avere delle alternative. La tecnica non è il male e non implica necessariamente lo specismo, al contrario, una lettura non umanistica della tecnica ci permette di liberare alcuni tra i più efficaci farmaci contro lo specismo”. Una tecnoscienza al servizio di tutti scevra da qualsiasi 7
animal studies 12/2015 forma di condizionamento potrebbe essere, dunque, la scienza rivoluzionaria di cui parla Kuhn. Mi auguro che questo volume possa dare un contributo al dibattito sulla sperimentazione animale da un punto di vista etico e scientifico seminando interrogativi e dubbi soprattutto tra chi proviene da facoltà scientifiche dove la sperimentazione animale sembra essere più che necessaria, un dogma. Del resto, anche, tra chi si occupa di metodi sostitutivi c’è chi ancora li definisce alternativi perché non riesce a prescindere dal passaggio al modello animale. La comunità scientifica è sicuramente quella a cui spetta l’ònere e l’onore di rivedere le sue prassi, di definire linguisticamente una volta e per tutte questi metodi e di tendere a rivoluzionare la stessa comunità. Si sa che i cambiamenti sono molto lenti, molto spesso ostacolati e la storia della scienza è piena di esempi in questo senso. Spero che le nuove generazioni universitarie possano essere piene di dubbi e dar vita alla scienza rivoluzionaria, lo spero, in nome di quella giustizia interspecifica per milioni di animali non-umani che ogni giorno sono “oggetti da esperimento” e per quei milioni di esseri umani che, nonostante questo, continuano ad ammalarsi e morire. Bibliografia Khun T. (1969), La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino. Putman H. (1982), Verità ed etica, il Saggiatore, Milano. 8
GLI ANIMALI NELLA “SOCIETÀ EUROPEA DELLA CONOSCENZA”: CONTRADDIZIONI E PROSPETTIVE Di Mariachiara Tallacchini Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza 1. Introduzione La crescente consapevolezza e condivisione sociale delle ragioni di rispetto nei confronti degli animali in quanto esseri senzienti ha inciso profondamente sul diritto internazionale e di numerosi paesi, e rappresenta un’esteso settore giuridico nell’Unione Europea (UE) e nei suoi Stati Membri. Dalle previsioni in singoli ambiti normativi fino all’inserimento degli ani- mali nel Trattato sull’Unione Europea e ai Piani di azione per una generale policy europea sul benessere animale, volontà e impegno per la tutela sono an- dati crescendo e rinforzandosi nell’Europa comunitaria. Dal punto di vista dei contenuti, le linee di pensiero che percorrono l’attuale quadro normativo sono innanzitutto il risultato dei movimenti filosofici e sociali che, argomentando e rivendicando interessi e/o diritti per tutti i “senzienti”, hanno posto i fonda- menti della rilevanza etico-giuridica degli animali. Tuttavia, ciò che ha formal- mente reso possibile l’adozione di misure vincolanti per tutti gli Stati Membri in tema di animali è lo specifico intrecciarsi e co-prodursi di contenuti etici, evidenze scientifiche prodotte dalla scienza del benessere animale e strutture e i principi di funzionamento delle istituzioni europee. L’Europa si è definita “società della conoscenza” (knowledge-based society), che ispira le proprie policy e misure legislative alle migliori conoscenze di- sponibili. Tale definizione ha certamente rafforzato le tematiche del benessere. Scienza ed etica del benessere sono infatti legate da un rapporto di co-produ- zione, vale a dire tendono a generarsi e legittimarsi reciprocamente. La scienza del benessere è imbevuta di assunzioni assiologiche, perché le sue ricerche di- 9
animal studies 12/2015 pendono dal valore attribuito al benessere animale; ma al tempo stesso l’etica del benessere è fortemente science-based, non solo perché essa informa l’agire alla conoscenza scientifica degli animali, ma anche perché tali conoscenze mo- tivano ulteriormente le scelte morali. Coerentemente con tali assunzioni, l’Articolo 13 del Trattato sul funziona- mento dell’Unione Europea (Treaty on the Functioning of the European Union, TFEU), ha conferito dignità normativa al «riconoscimento delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti». L’articolo prose- gue, però, subordinando il benessere al rispetto di qualunque fonte normativa degli Stati Membri: i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regio- nale.1 L’Articolo 13 racchiude simbolicamente forza e debolezza dell’UE. Il siste- ma europeo resta esposto a contraddizioni e impasse che minano la possibilità di costruire una policy unitaria sul benessere. Questo contributo si concentra su alcuni aspetti delle istanze di riconoscimento e protezione degli animali nel contesto comunitario insieme alle contraddizioni che ne impediscono il pieno sviluppo: in particolare il rapporto tra l’idea di una società fondata sulla conoscenza – secondo la definizione che l’UE si è attribuita – e il principio di sussidiarietà nelle questioni etiche, e gli irrisolti rapporti tra scienza e società nella società della conoscenza. Un elemento rilevante nel superamento delle difficoltà del sistema europeo risiede nel ruolo della cittadinanza europea e di un suo rafforzamento. Il trattamento degli animali nell’Unione, infatti, è un valore non solo scientifico ed etico, ma anche democratico: dove democrazia significa maggiore capacità di incidere sui processi decisionali insieme a un’au- mentata richiesta di trasparenza, credibilità e tracciabilità delle istituzioni e del loro agire. Il crescente numero di cittadini europei che richiedono normative più stringenti e condivise sul benessere animale va acquisendo un significato 1 Versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato sul funzionamen- to dell’Unione Europea, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, C 83, 30 marzo 2010, 2010/C 083/01, Titolo II, Art. 13: «Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esse- ri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale» http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ TXT/?uri=OJ:C:2010:083:TOC (28 agosto 2015). 10
gli animali nella “società europea della conoscenza” importante dal punto di vista della democrazia in Europa e della legittimità del suo operare. 2. Scienza e filosofie del benessere animale: l’inseparabilità di fatti e valori Diversamente dall’animalismo fondato su utilitarismo e teoria dei diritti, accomunati dall’esclusione di ogni forma di sfruttamento delle vite animali, le teorie del benessere animale, pur spingendosi fino ad affermare doveri diretti nei confronti degli animali (Broom & Johnson 2000; Broom 2008) e a porre la prospettiva della completa sostituzione degli animali nelle pratiche di speri- mentazione, non tendono a precludere l’impiego di animali, ma si concentra- no piuttosto sul rispetto della qualità di vita degli animali attraverso la mini- mizzazione della sofferenza, la realizzazione di condizioni adeguate di welfare e il continuo miglioramento delle conoscenze degli animali. L’avvio dell’animal welfare come disciplina formale (Carenzi & Verga 2009) viene solitamente ravvisato nella redazione del Rapporto Brambell pubblicato dal governo inglese nel 1965. Il documento, come è noto, ha introdotto il concetto delle Cinque Libertà (Five Freedoms) – libertà dalla fame e dalla sete attraverso l’accesso all’acqua fresca, a una dieta adeguata a mantenere buone condizioni di salute; libertà di vivere in un ambiente fisico adeguato; libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie; libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche; libertà dalla paura. L’espressione welfare è divenuta riassuntiva di tutti i gradi intermedi tra le due condizioni estreme di benessere e malessere. In senso stretto, welfare allude a una capacità posseduta dagli individui, una condizione di omeostasi natu- ralmente espressa da un organismo e non imposta dall’esterno; mentre stress indica l’eccessivo carico fisico o mentale cui un individuo è sottoposto (Broom & Johnson 2000; Broom 2010). Un altro, se pur diverso, riferimento storico fondamentale, con approccio teso non al benessere ma, in prospettiva, alla definitiva cessazione dell’uso di animali, consiste nelle 3R di Russell e Burch (Russell & Burch [1959] 1992) – rimpiazzare (replacement), ridurre (reduction) e rifinire (refinement) – che sono al cuore della direttiva europea 63/2010/UE sulla sperimentazione. In entrambi i casi è interessante osservare l’originario inestricabile legame tra fatti e valori e caratterizza la costruzione del benessere come disciplina (Tan- nenbaum 1991; Sandøe & Simonsen 1992; Duncan 2005). 11
animal studies 12/2015 La genesi del benessere, scientifico nei metodi e nelle conoscenze, ma ag- ganciata a finalità economico-commerciali e di sicurezza, ha lasciato spazio, o meglio ha fatto emergere progressivamente la consapevolezza del carattere intrinsecamente valutativo dell’idea di benessere. Negli anni novanta la connotazione data da Broom all’animal welfare ha in- ciso profondamente sull’orientamento della disciplina, dall’Autore considerata vera scienza solo se libera da condizionamenti economici e di mercato. Broom, tuttavia, è stato anche molto critico nei confronti delle teorie dei diritti, che si limiterebbero ad attribuire una legittimazione formale alla tutela animale sen- za però saper articolare le concrete condotte di rispetto. A giudizio di Broom, l’enfatizzazione della questione dei diritti animali avrebbe oscurato la conside- razione per il benessere, la comprensione del significato biologico del dolore, l’indagine sulla distribuzione della sentience nel mondo animale. Il particolare legame tra fatti e valori, tra conoscenze scientifiche scienza e questioni normative è ciò che caratterizza la scienza dell’animal welfare, fon- data intorno al reperimento e collegamento tra un insieme di conoscenze di carattere prevalentemente tecnico-scientifico, ma anche professionale ed espe- rienziale, e che si avvale del contributo di anatomia, fisiologia, neurologia, psi- cologia, etologia ed ecologia, per definire i concetti e le pratiche per il benes- sere degli animali utilizzati per attività tese a realizzare benefici umani (Fraser 2008). Se questa complessità ha reso difficile definire chiaramente i confini della disciplina, un largo consenso, però, esiste nel ritenere inestricabile il lega- me tra fatti e valori nell’animal welfare. L’idea e l’approccio metodologico della “coproduzione”, adottata dagli sudi sociali sulla scienza (Science & Technology Studies, STS) e intesa come relazione di generazione e legittimazione reciproca tra conoscenza e valori (Jasanoff 2004), appare particolarmente idonea a com- prendere le dinamiche della scienza del benessere – e ancor più i suoi rapporti con policy e diritto. Coproduzione non significa che i valori sono logicamente derivati dai fatti, ma allude al continuo e vicendovole rapprorto di creazione e legittimazione tra i saperi e le pratiche sociali, che ad essi si orientano ridefinendoli a propria volta. Similmente, nell’animal welfare si osserva l’evoluzione e l’influenza re- ciproca tra le conoscenze sugli animali e i valori che sostengono e spingono ulteriormente la ricerca del benessere. Al complesso rapporto tra conoscenza e valori, la scienza del welfare aggiun- ge una componente “democratica”, nel senso di riconoscere che «decisions on 12
gli animali nella “società europea della conoscenza” the degree to which, and the manner in which, we exploit animals are ethical decisions that should be made by society in general, but only when it has a knowledge of the facts» (Duncan 2005, p.483). Negli ultimi decenni si sono moltiplicate le prospettive di coproduzione scientifico-normativa per promuovere la condizione animale. Si tratta, per esempio, degli studi fondati sull’etologia cognitiva, le scienze cognitive (Bekoff, Allen & Burghardt 2002), le neuroscienze (Francescotti 2007) e gli approcci antropozoologici di coevoluzione tra “specie compagne” (Haraway 2008). Tali prospettive condividono non solo un approccio di coproduzione tra scienza e valori, ma anche epistemologie che adottano un vocabolario deliberatamente cognitivo ed affettivo per interpretare e spiegare il comportamento animale. L’insieme di questi elementi, il rapporto di coproduzione tra conoscenza e norme, come pure la dimensione di un’etica e un diritto science-based social- mente condivisi è cio che ha determinato l’adozione del benessere come filo- sofia sugli animali negli ordinamenti giuridici. In particolare, l’inclusione della società, l’interesse e la disponibilità dei cittadini a impegnarsi per il benessere rappresenta un fattore di rilievo crescente nell’orientamento delle policy euro- pee. Si è andata così consolidando una received view sulla questione animale (Castignone & Lombardi Vallauri 2012), che è diventata parte integrante del “sentire giuridico comune”. 3. L’animal welfare come scienza e filosofia per la policy e il diritto La filosofia del benessere come coproduzione tra conoscenze e valori è ciò che ha ispirato le policy degli ordinamenti giuridici. Infatti, se il linguaggio dei diritti è stato talora utilizzato, ciò è avvenuto con significato simbolico e retori- co e non nel senso della tutela effettiva incorporata dai diritti. Il benessere e la volontà sociale di rispettare gli animali riconoscendo un’elevata qualità di vita è il fondamento reale delle forme di tutela esistenti. Ormai da svariati decenni gli interventi di regolamentazione del benessere animale si sono trasformati in una prospettiva di policy largamente condivisa a livello internazionale, benché non uniformemente implementata nei singoli ordinamenti. Il primo atto simbolico a livello internazionale e storicamente significativo nel percorso per la giuridificazione dello statuto dei non-umani è la Dichiara- zione Universale dei Diritti dell’Animale, redatta dalla Lega Internazionale dei Diritti dell’Animale, e sottoscritta all’UNESCO di Parigi nel 1978. Partendo 13
animal studies 12/2015 dalla considerazione che «ogni animale ha dei diritti» e che «il disconoscimento e il disprezzo di questi diritti hanno portato e continuano a portare l’uomo a commettere crimini contro la natura e contro gli animali», la Dichiarazione ha affermato che «tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza» (art.1); e che il fondamentale diritto è quello al rispetto (art.2). Dal punto di vista operativo, tuttavia, il tema è largamente di competenza dell’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE), l’istituzione inter- nazionale di riferimento che collabora con l’OMS, la FAO e il WTO nell’e- laborazione di raccomandazioni e linee-guida, e il cui mandato include il mi- glioramento della salute e del benessere degli animali terrestri e acquatici (OIE 2015). Dal 2005 l’OIE ha iniziato a pubblicare le prime linee-guida globali sul benessere animale, rapidamente adottate da numerosi Stati, molti dei quali in precedenza privi di disposizioni normative sugli animali. Partendo dalla consi- derazione che «il benessere animale è una questione di policy complessa, mul- tidimensionale, internazionale e nazionale, con importanti aspetti scientifici, etici, economici, culturali, politici e commerciali» (OIE 2015, Resolution 28), l’OIE ha adottato una definizione di benessere che, pur poggiando largamente sull’evidenza scientifica, è articolata all’interno di comportamenti umanitari2 e che richiama esplicitamente le Five Freedoms del Rapporto Brambell e i princi- pi delle 3R di Russell e Burch (OIE 2014, Article 7.1.2). La complessità del benessere è stata evidenziata anche dalla FAO che, ana- logamente, nel riconoscere il carattere science-based delle politiche animali, ha sottolineato l’imprescindibile integrazione delle decisioni morali sugli obiettivi di benessere da perseguire (FAO 2009, pp.12-13).3 2 «Animal welfare means how an animal is coping with the conditions in which it lives. An animal is in a good state of welfare if (as indicated by scientific evidence) it is healthy, comfortable, well nourished, safe, able to express innate behaviour, and if it is not suffer- ing from unpleasant states such as pain, fear, and distress. (…) Animal welfare refers to the state of the animal; the treatment that an animal receives is covered by other terms such as animal care, animal husbandry, and humane treatment» (OIE 2014, Article 7.1.1). 3 «Policy statements often call for animal welfare standards to be “science-based”. The term is appropriate, but needs to be understood in context. (…) Once the objectives have been decided, science can indicate what provisions should be made in order for the objectives to be met. Such standards are indeed science-based, but they also rest on ethical decisions about which animal welfare objectives to pursue» (FAO 2009, pp.12-13). 14
gli animali nella “società europea della conoscenza” Per molto tempo a livello internazionale il concetto di benessere anima- le è stato toccato dal pregiudizio di rappresentare un’opzione praticabile solo all’interno di società ricche e industrialmente avanzate. L’opera in particolare dell’OIE e della FAO, tuttavia, ha contribuito a mostrare l’infondatezza di que- sta prospettiva. Negli ultimi anni svariati documenti hanno mostrato numerosi casi in cui l’animal welfare appare elemento essenziale non solo per tutelare la salute interconnessa di umani e non-umani, ma anche fattore di sviluppo culturale e sociale dei paesi più poveri – il prendersi cura degli animali genera anche il prendersi cura della propria comunità. Le linee-guida dell’OIE, dopo aver precisato che l’uso di animali comporta sempre la responsabilità etica di garantire il massimo grado di benessere, collega esplicitamente il benessere de- gli animali non-umani e umani (OIE 2014, Article 7.1.2). Analogamente, un documento della FAO sulla capacità di costruire e implementare il benessere animale nei paesi emergenti ha mostrato, attraverso specifici case studies come l’attenzione al benessere animale generi ampi benefici sociali: «Attention to animal welfare can have broader social benefits. It can contribute to teaching an ethic of care; it can be a force for social cohesion within a family, a com- munity or a business; and positive relations with animals are an important factor in human (as well as animal) wellbeing» (FAO 2009, p.xix). Se il qua- dro internazionale ha giustificato il rispetto degli animali sulle evidenze fornite dalla scienza del benessere, il legame tra scienza e valori nella protezione dei non-umani è stata anche più profonda e strutturata in Europa, dove il legame tra scienza e valori ha una valenza molto particolare dal punto di vista del fun- zionamento stesso delle istituzioni europee. 4. Il benessere animale e le istituzioni europee A partire dalla fine degli anni sessanta, il contesto istituzionale composto da Consiglio d’Europa e Unione Europea ha adottato una serie di atti normativi vincolanti e di soft law (documenti giuridici non legalmente vincolanti) per la protezione degli animali, che mostrano una crescente elaborazione del rappor- to tra scienza del benessere ed etica animale. Il Consiglio D’Europa (Council of Europe, CoE) è l’organismo internazio- nale, fondato nel 1949, che presiede in ambito europeo allargato4 alla tutela dei 4 I paesi che aderiscono al Consiglio d’Europa sono 47 e ricomprendono gli attuali 28 Stati Membri dell’UE: http://www.coe.int/it (29 agosto 2015). 15
animal studies 12/2015 diritti fondamentali, a partire dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani del 1950 – del cui rispetto è competente la Corte Europea dei Dirit- ti dell’Uomo (CEDU).5 L’Unione Europea, nata come Comunità Economica Europea nei fondativi Trattati di Roma del 1957, è l’entità internazionale che passando attraverso denominazioni (Comunità Europea e poi Unione Euro- pea) e fasi di integrazione diverse, è passata da organismo prevalentemente orientato all’economia e al commercio, a mercato unico, all’ancora largamente incompiuta identità e unità politica. In questo percorso le competenze dell’UE sono andate modificandosi ed estendendosi, da scopi meramente commerciali fino alla proclamazione della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Eu- ropea – incorporata nel Trattato sull’Unione Europea e sul Funzionamento dell’UE (entrato in vigore, come si è detto, alla fine del 2009). La natura e i principi di funzionamento dei due organismi istituzionali, dotati di competen- ze legislative e regolamentari differenti quanto a spettro di competenze ed effet- ti giuridici, hanno prodotto esiti di tutela diversi nelle politiche sugli animali. Le Convenzioni elaborate in seno al Consiglio d’Europa hanno potuto inci- dere direttamente sul trattamento etico e giuridico degli animali in relazione al loro collegamento con i diritti e gli obblighi umani, come pure con il retaggio culturale dei valori europei. Negli anni, attraverso i “considerando” che intro- ducono, legittimano e giustificano gli articoli delle convenzioni, il CoE ha pro- posto, in relazione alle specifiche materie trattate, argomenti molteplici circa il fondamento etico-giuridico del legame tra umani e non-umani e le proprie competenze istituzionali. Tali fondamenti spaziano dal dovere morale di rispet- tare gli animali, le loro capacità sensibili e cognitive; il particolare legame con gli animali domestici e il loro valore sociale in Europa; il dovere di realizzare gli ideali e i principi che costituiscono il comune retaggio europeo.6 5 Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, Roma, 4.11.1950, http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf e http:// www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=home (29 agosto 2015). 6 «Recognising that man has a moral obligation to respect all animals and to have due consideration for their capacity for suffering and memory» (European Convention for the Protection of Vertebrate Animals used for Experimental and Other Scientific Pur- poses, 1986); «Recognising that (...) pet animals have a special relationship with man (...) and their consequent value to society» (European Convention for the Protection of Pet Animals, 1987); «Considering that the aim of the Council of Europe is to achieve a greater unity between its members for the purpose of safeguarding and realising the ideals and principles which are their common heritage» (European Convention for the 16
gli animali nella “società europea della conoscenza” Benché le convenzioni del CoE siano dotate di grande respiro nei contenuti, in quanto atti di diritto internazionale esse non producono effetti giuridici im- mediati negli ordinamenti nazionali, ma devono essere esplicitamente adottati con una normativa interna da parte delle sovranità nazionali. Talune conven- zioni del CoE non sono state recepite da alcuni Stati e talora hanno faticato a raggiungere un numero di adesioni tale da consentirne l’entrata in vigore. I vincoli che legano gli Stati Membri dell’Unione Europea sono spesso di- rettamente produttivi di effetti negli Stati Membri – i regolamenti – o comun- que obbligano questi a recepirne gli atti – le direttive. Solo raccomandazioni e risoluzioni hanno carattere di soft law e lasciano piena discrezionalità circa una possibile attuazione. L’UE, tuttavia, è limitata nel proprio agire dalle specifiche competenze che gli Stati Membri hanno attribuito alla sede comunitaria. Benché tali compe- tenze si siano progressivamente estese fino ad arrivare alla protezione dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione Europea, le principali chiavi di ingresso delle istituzioni comunitarie in tema di animali restano quelle collegate al fun- zionamento del mercato, alla sicurezza dei prodotti e alla salute dei consuma- tori/cittadini. Un esempio che consente di illustrare chiaramente i diversi limiti istituzio- nali di CoE e UE è quello della protezione degli animali da compagnia. Nel 1987 il CoE ha adottato la Convenzione sugli animali da compagnia,7 entrata in vigore nel 1992 dopo aver raggiunto un numero minimo di adesioni. L’Italia ha ratificato la Convenzione solo nel 2010 (Legge 201/2010), ma introdu- cendo importanti norme di modifica del codice penale. L’UE, invece, non ha mai sottoscritto la Convenzione. Nel 2012, il Parlamento Europeo ha appro- vato una Risoluzione per chiedere alla Commissione Europea di predisporre un quadro giuridico europeo per la protezione degli animali da compagnia e randagi.8 Nella risposta, la Commissione ha chiuso la questione ricordando la propria mancanza di competenza sul tema. Protection of Animals during International Transport, 2003). 7 European Convention for the Protection of Pet Animals, ETS 125, Strasbourg, 13.XI.1987. 8 European Parliament Resolution of 4 July 2012 on the establishment of an EU le- gal framework for the protection of pets and stray animals (2012/2670(RSP)), http:// www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2012- 0291+0+DOC+XML+V0//EN (28 agosto 2015). 17
animal studies 12/2015 Come osservato sopra, a partire dalle prime disposizioni sui trasporti inter- nazionali del 1968,9 seguite dalla Convenzione sugli animali per la sperimenta- zione del 198610 e, in successione sempre più stretta, da numerose convenzioni e protocolli, il CoE ha fondato il proprio intervento normativo a favore degli animali sulla legittimazione istituzionale a tutelare i diritti umani, insieme ai valori e agli obblighi che ne derivano.11 Diversamente, il diritto comunitario ha potuto giustificare la propria competenza in tema di animali in connessione con le attività economiche che lo hanno fondato. Le basi giuridiche effettive per interventi legislativi di protezione degli animali restano ancora legate ad attività economiche. Si tratta dell’art.37 sull’agricoltura per la protezione degli animali d’allevamento, che include le condizioni di trasporto e macellazione; l’art. 95 (ex-100a) sul mercato interno, per la protezione di altri animali (in forma limi- tata gli animali da compagnia);12 l’art. 175 (ex-130s) sull’ambiente, per la tutela degli animali selvatici; l’art. 133 (ex-113) sul commercio, per bandire l’impor- tazione di pellicce di cane e gatto. Il collegamento con le attività economiche, tuttavia, non ha impedito alla normativa europea di regolare un grande numero di forme di sfruttamento degli animali. Una direttiva orizzontale copre i diversi aspetti relativi al benessere degli animali negli allevamenti,13 mentre le norme in materia di agricoltura biologica prevedono standard elevati di benessere per la produzione di bovini, suini e vola- 9 European Convention for the Protection of Animals during International Transport, Paris 13/12/1968. 10 European Convention for the Protection of Vertebrate Animals used for Experimental and other Scientific Purposes, Strasbourg 18/3/1986. 11 Per la lista delle Convenzioni del Consiglio d’Europa relative agli animali: http:// conventions.coe.int/Treaty/Commun/ListeTraites.asp?MA=42&CM=7&CL=ENG (26 agosto 2015). 12 Regolamento (CE) No 998/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 Mag- gio 2003 relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio (GU L 146 del 13.6.2003) e successive modifiche. 13 Direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (GU L 221 dell’8.8.1998). Inoltre, con la decisione 78/923/ CEE del Consiglio relativa alla conclusione della Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978), l’Unione ha reso tale conven- zione parte integrante del diritto UE. 18
gli animali nella “società europea della conoscenza” tili.14 La legislazione UE in materia di trasporto15 e di macellazione16 ne disciplina aspetti specifici e continuano i lavori per giungere all’etichettatura del benessere (European Commission 2009). Il benessere degli animali utilizzati a fini di spe- rimentazione è oggetto della Direttiva 63/2010.17 La legislazione europea sui giardini zoologici pone l’accento sugli aspetti relativi alla conservazione delle spe- cie, ma tiene anche conto del benessere degli animali.18 Benché gravi e profonde lacune nell’ordinamento europeo ancora esistano – relative agli animali randagi, da compagnia, da competizione, sport, mostre e spettacoli –, stanno diminuendo le categorie “di animali esclusi”19 dalla protezione normativa. Inoltre, la volontà di radicare il significato dell’economia europea nella co- noscenza, ha fatto sì che l’UE si sia definita come “società della conoscenza” (knowledge-based society) (Wynne et al. 2007): un concetto che incorpora e inte- gra dimensioni epistemiche (una società che si fonda sulla migliore conoscenza disponibile) e giuridico-democratici (una società le cui istituzioni agiscono in base a tale conoscenza). Porre la conoscenza alla base dell’agire comune ha una serie di implicazioni. Si tratta del fatto che leggi e regolamenti si giustifichino con conoscenze valide e condivise; che la conoscenza condivisa aiuti a discutere e costruire valori comu- ni e/o compatibili; che pregiudizi e forme di ignoranza vadano discussi e supera- ti; che le istituzioni agiscano in modo trasparente, controllabile, non arbitrario. 4.1 Verso una policy europea unitaria per il benessere animale A fronte dell’ormai ampio spettro di interventi normativi, dei molti milio- ni di animali coinvolti e al fine di coltivare la fiducia tra istituzioni e società, nel 2006 la Commissione Europea ha avviato un primo Piano di azione sulla 14 Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio (GU L 189 del 20.7.2007) e Regolamen- to (CE) n. 889/2008 della Commissione (GU L 250 del 18.9.2008). 15 Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio sulla protezione degli animali durante il trasporto (GU L 3 del 5.1.2005). 16 Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento (GU L 303 del 18.11.2009). 17 Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (GU L 276 del 20.10.2010). 18 Direttiva 1999/22/CE del Consiglio relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94 del 9.4.1999). 19 http://www.esdaw.eu/the-excluded-animals.html (28 agosto 2015). 19
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