ANIMAL studies sperimentazione animale - Rivista italiana di antispecismo Un dialogo tra scienza ed etica - Novalogos

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ANIMAL studies
 Rivista italiana di antispecismo
               trimestrale
     anno iv numero 12 luglio 2015

sperimentazione animale
  Un dialogo tra scienza ed etica
ANIMAL STUDIES
Rivista italiana di antispecismo

trimestrale
12/2015 – Sperimentazione animale. Un dialogo tra scienza ed etica

numero a cura di Paola Sobbrio

Direttore responsabile
Costanza Troini
Direttore editoriale
Roberto Marchesini

Comitato scientifico
Ralph R. Acampora (Hofstra University)
Carol Adams (Southern Methodist University)
Matthew Calarco (California State University Fullerton)
Felice Cimatti (Università della Calabria)
Enrico Giannetto (Università degli studi di Bergamo)
Oscar Horta (Universidade de Santiago de Compostela)
Andrew Linzey (University of Oxford)
Peter Singer (Princeton University)
Tzachi Zamir (The Hebrew University of Jerusalem)
Redazione
Eleonora Adorni, Matteo Andreozzi, Alessandro Arrigoni,
Laura Caponetto, Serena Contardi, Maria Giovanna Deve-
tag, Valentina Gamberi, Nausicaa Guerini, Alessandro Lan-
franchi, Marco Maurizi, Antonio Volpe, Lucia Zaietta

ISSN 2281-2288
ISBN 978-88-97339-62-5

Reg. Trib. Roma n. 232 del 27/7/2012
© 2016 NOVALOGOS/Ortica editrice soc. coop.
via Aldo Moro, 43/D - 04011 Aprilia
www.novalogos.it • info@novalogos.it
finito di stampare nel mese di febbraio 2016
a cura di PDE Promozione S.r.l.
presso lo stabilimento di Legodigit S.r.l. Lavis (TN)
Sommario

5    Introduzione
     di Paola Sobbrio

9    Gli animali nella “società europea della conoscenza”:
     contraddizioni e prospettive
     di Mariachiara Tallacchini
31   Strategie di Test Integrate (ITS) per la valutazione della sicurezza
     delle sostanze chimiche
     di Costanza Rovida
48   Quo vadis animal biotechnologicus?
     di Arianna Ferrari
68   Saranno le macchine a salvare gli animali
     Conversazione con Roberto Marchesini a proposito di sperimentazione
     animale di Eleonora Adorni

78   Letture. The Sacrifice. How Scientific Experiment Transform Animals
     and People recensito da Alma Massaro
INTRODUZIONE
Di Paola Sobbrio
Ricercatrice indipendente

    In questo volume tutto al femminile abbiamo voluto fornire una nuova
prospettiva sul tanto contrastato tema della sperimentazione animale. Le tre
autrici, partendo da tre diversi background, Mariachiara Tallacchini è filosofa
del diritto, Costanza Rovida è un chimico e Arianna Ferrari una filosofa, han-
no fornito tre chiavi di lettura diverse dello stesso tema.
    Chiudono questo numero un’intervista di Eleonora Adorni all’etologo e
filosofo Roberto Marchesini e la recensione a cura di Alma Massaro di un libro
di fondamentale importanza sul tema: The Sacrifice. How Scientific Experiment
Transform Animals and People da cui è ispirato il film Maximum Tolerated Dose.
    Il volume si apre con il primo contributo “Gli animali nella società europea
della conoscenza: contraddizioni e prospettive”, in cui Mariachiara Tallacchi-
ni, partendo da un’analisi generale della policy europea sul benessere animale
e ripercorrendone le tappe salienti, ha centrato il suo focus sul rapporto tra
scienza e società come attori di un processo di co-produzione della conoscenza
evidenziando come: «Nel dibattito pubblico sulla sperimentazione le tendenze
più diffuse restano quelle della contrapposizione frontale e dell’ideologia non
dialogante. Argomenti obsoleti sulla natura etica-o-scientifica delle critiche alla
sperimentazione, l’elenco delle scoperte rese possibili dall’uso di animali e le
polemiche sui test che non impiegano animali occupano ancora una larga parte
dello spazio di discussione pubblica, in modi che sovente finiscono per non es-
sere rispettosi né del destino concreto di milioni di animali né delle capacità di
riflessione critica dei cittadini». Questo scontro tra ricercatori e chi si oppone
alla sperimentazione utilizzando argomenti indiretti, quali la non “scientificità”
della sperimentazione, e dunque le ricadute sulla salute umana, terreno di lotta
ideologica che difficilmente potrà tramutarsi in un dialogo salvo che non si
porti il livello di discussione su un piano etico. Questo processo di co-produ-

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zione – avverte Mariachiara Tallacchini – è stato messo a dura prova dal rigetto
da parte della Commissione Europea dell’iniziativa popolare Stop Vivisection.
La risposta della Commissione, scarsamente motivata e, quasi, incurante della
volontà popolare, è «un segno non solo del difficile percorso per passare dalla
protezione del benessere alla totale eliminazione dell’utilizzo degli animali, ma
anche delle difficoltà nei rapporti tra scienza e società».
    Sarebbe necessario, dunque, prendere sul serio la società della conoscenza
per superare questo conflitto tra scienza e società, tenendo conto, come, illu-
stra Costanza Rovida nel suo contributo “Strategie di Test Integrate (ITS) per
la valutazione della sicurezza delle sostanze chimiche” dei grandi passi avanti
che ha fatto la ricerca dei metodi alternativi, o meglio dire sostitutivi, che lungi
dall’essere un miraggio sono, piuttosto, una concreta realtà e che, rimanendo
su un piano scientifico, dovrebbero andare a sostituire completamente il mo-
dello animale soprattutto nei test tossicologici. Puntare sulla regolamentazio-
ne e sul finanziamento di questi metodi è fondamentale e sarebbe necessario
che la comunità scientifica, anche ove non volesse prendere in considerazione
la discussione etica, si faccia carico di andare oltre la visione obsoleta della
sperimentazione animale, rinunciando a difenderne la necessarietà a spada
tratta, per aprirsi a nuove forme di sperimentazione, nuovi modelli, nuovi
orizzonti che non prevedono l’uso di animali. Costanza Rovida ci dimostra
che la strada è questa ed è stata tracciata già nel 2007 dal National Research
Council, con il report “Toxicity Testing in the 21st Century: A Vision and a
Strategy” elaborato dal Comitato sulla valutazione dei test di tossicità presso
la FDA. Il report in questione sottolinea la necessità di superare il modello
animale e puntare sui metodi sostitutivi. L’approccio ai metodi sostitutivi è un
approccio integrato e richiede la collaborazione di team di ricerca differenti e
risente dei differenti approcci USA-UE tanto che – avverte l’autrice – «Pro-
babilmente la differenza più grande è quella tra gli USA, dove l’approccio del
Tox21c sta portando alla generazione di una grande quantità di dati con alto
valore statistico, e l’UE, dove l’idea è quella di riprodurre completamente in
vitro i passaggi che portano ad un esito sfavorevole in vivo. La creazione di
una task force sovranazionale potrebbe migliorare il dialogo, per informare
e trarre vantaggio da ogni approccio, sfruttando anche i risultati ottenuti su
entrambe i fronti».
    Questo ed altri problemi portano ad un rallentamento nello sviluppo di
queste metodiche che nel settore privato stanno, tuttavia, avendo grande slan-
cio a riprova del fatto che a differenza di quanto si pensi, anche tra i ricercatori,
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introduzione

chi investe nella ricerca ha capito che il modello animale non è sicuro ed alla
lunga più dispendioso con risultati non attendibili.
    Se Costanza Rovida sottolinea l’importanza strategica dei metodi sostitutivi
come forma di mutamento di paradigma nella ricerca, in un necessario passag-
gio dalla scienza normale a quella rivoluzionaria, teorizzata da Kuhn (1969),
Arianna Ferrari nel suo “Quo vadis animale biotecnologicus?” ci narra di una
ricerca che piuttosto che cambiare paradigma, lo mantiene immutato in un
apparente mutamento coadiuvato dalla tecnologia di cui si serve per creare
nuove forme di vita chiamati “modelli di ricerca”: gli animali geneticamente
modificati. Ma l’ingegneria genetica, vista dall’opinione pubblica come sovver-
titrice dell’ “ordine naturale”, se potrebbe esserlo, da un lato, per la creazione
di modelli animali nati già malati, deformi, creati per soffrire, o non soffrire
nel caso dei modelli desensibilizzati, dall’altro, può, come detto prima, creare
le condizioni per abbandonare il modello animale. Modello animale prodotto
non solo per scopi medici ma anche soltanto per finalità più banalmente ego-
antropocentriche come ad esempio nel caso della clonazione di pet. È bene
ricordare – scrive Arianna Ferrari – che «la scienza e la tecnologia non produ-
cono fatti neutrali, ma sono sempre frutto di scelte sociali, quindi hanno una
componente politica ed etica. Come diceva Putnam (1982), anche se la distin-
zione fra fatti e valori in vari casi può essere utile a livello analitico, questa non
può essere una distinzione di principio (ontologica), poiché tutte le descrizioni
dei fatti riguardanti il mondo possiedono elementi etici, e tutte le nostre no-
zioni sono value-laden».
    Infine, l’intervista di Eleonora Adorni a Roberto Marchesini “Saranno le
macchine a salvare gli animali” costituisce la chiusura del cerchio relativamente
ai contributi precedenti. Marchesini, infatti sottolinea l’importanza del dialo-
go tra scienza ad etica ai fini anche regolativi, sottolineando come non tutta
la tecnologia vada vista in senso negativo ma piuttosto come opportunità. La
conclusione a cui arriva è semplice ed al tempo stesso complessa “...per far sì
che la sperimentazione animale cessi di essere praticata dobbiamo batterci per
lo sviluppo di metodiche sperimentali alternative concrete... Nel corso della
storia è stato lo sviluppo della scienza che ha liberato gli uomini e gli animali e
questo mi fa essere contrario a una visione tecnofobica della tecnoscienza poi-
ché la libertà nasce nella possibilità di avere delle alternative. La tecnica non è il
male e non implica necessariamente lo specismo, al contrario, una lettura non
umanistica della tecnica ci permette di liberare alcuni tra i più efficaci farmaci
contro lo specismo”. Una tecnoscienza al servizio di tutti scevra da qualsiasi
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forma di condizionamento potrebbe essere, dunque, la scienza rivoluzionaria
di cui parla Kuhn.
   Mi auguro che questo volume possa dare un contributo al dibattito sulla
sperimentazione animale da un punto di vista etico e scientifico seminando
interrogativi e dubbi soprattutto tra chi proviene da facoltà scientifiche dove la
sperimentazione animale sembra essere più che necessaria, un dogma.
   Del resto, anche, tra chi si occupa di metodi sostitutivi c’è chi ancora li
definisce alternativi perché non riesce a prescindere dal passaggio al modello
animale. La comunità scientifica è sicuramente quella a cui spetta l’ònere e
l’onore di rivedere le sue prassi, di definire linguisticamente una volta e per
tutte questi metodi e di tendere a rivoluzionare la stessa comunità. Si sa che i
cambiamenti sono molto lenti, molto spesso ostacolati e la storia della scienza
è piena di esempi in questo senso. Spero che le nuove generazioni universitarie
possano essere piene di dubbi e dar vita alla scienza rivoluzionaria, lo spero, in
nome di quella giustizia interspecifica per milioni di animali non-umani che
ogni giorno sono “oggetti da esperimento” e per quei milioni di esseri umani
che, nonostante questo, continuano ad ammalarsi e morire.

Bibliografia

Khun T. (1969), La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino.
Putman H. (1982), Verità ed etica, il Saggiatore, Milano.

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GLI ANIMALI NELLA “SOCIETÀ
EUROPEA DELLA CONOSCENZA”:
CONTRADDIZIONI E PROSPETTIVE
Di Mariachiara Tallacchini
Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

1. Introduzione

    La crescente consapevolezza e condivisione sociale delle ragioni di rispetto
nei confronti degli animali in quanto esseri senzienti ha inciso profondamente
sul diritto internazionale e di numerosi paesi, e rappresenta un’esteso settore
giuridico nell’Unione Europea (UE) e nei suoi Stati Membri.
    Dalle previsioni in singoli ambiti normativi fino all’inserimento degli ani-
mali nel Trattato sull’Unione Europea e ai Piani di azione per una generale
policy europea sul benessere animale, volontà e impegno per la tutela sono an-
dati crescendo e rinforzandosi nell’Europa comunitaria. Dal punto di vista dei
contenuti, le linee di pensiero che percorrono l’attuale quadro normativo sono
innanzitutto il risultato dei movimenti filosofici e sociali che, argomentando
e rivendicando interessi e/o diritti per tutti i “senzienti”, hanno posto i fonda-
menti della rilevanza etico-giuridica degli animali. Tuttavia, ciò che ha formal-
mente reso possibile l’adozione di misure vincolanti per tutti gli Stati Membri
in tema di animali è lo specifico intrecciarsi e co-prodursi di contenuti etici,
evidenze scientifiche prodotte dalla scienza del benessere animale e strutture e
i principi di funzionamento delle istituzioni europee.
    L’Europa si è definita “società della conoscenza” (knowledge-based society),
che ispira le proprie policy e misure legislative alle migliori conoscenze di-
sponibili. Tale definizione ha certamente rafforzato le tematiche del benessere.
Scienza ed etica del benessere sono infatti legate da un rapporto di co-produ-
zione, vale a dire tendono a generarsi e legittimarsi reciprocamente. La scienza
del benessere è imbevuta di assunzioni assiologiche, perché le sue ricerche di-
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pendono dal valore attribuito al benessere animale; ma al tempo stesso l’etica
del benessere è fortemente science-based, non solo perché essa informa l’agire
alla conoscenza scientifica degli animali, ma anche perché tali conoscenze mo-
tivano ulteriormente le scelte morali.
    Coerentemente con tali assunzioni, l’Articolo 13 del Trattato sul funziona-
mento dell’Unione Europea (Treaty on the Functioning of the European Union,
TFEU), ha conferito dignità normativa al «riconoscimento delle esigenze in
materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti». L’articolo prose-
gue, però, subordinando il benessere al rispetto di qualunque fonte normativa
degli Stati Membri: i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regio-
nale.1
    L’Articolo 13 racchiude simbolicamente forza e debolezza dell’UE. Il siste-
ma europeo resta esposto a contraddizioni e impasse che minano la possibilità
di costruire una policy unitaria sul benessere. Questo contributo si concentra
su alcuni aspetti delle istanze di riconoscimento e protezione degli animali
nel contesto comunitario insieme alle contraddizioni che ne impediscono il
pieno sviluppo: in particolare il rapporto tra l’idea di una società fondata sulla
conoscenza – secondo la definizione che l’UE si è attribuita – e il principio di
sussidiarietà nelle questioni etiche, e gli irrisolti rapporti tra scienza e società
nella società della conoscenza. Un elemento rilevante nel superamento delle
difficoltà del sistema europeo risiede nel ruolo della cittadinanza europea e di
un suo rafforzamento. Il trattamento degli animali nell’Unione, infatti, è un
valore non solo scientifico ed etico, ma anche democratico: dove democrazia
significa maggiore capacità di incidere sui processi decisionali insieme a un’au-
mentata richiesta di trasparenza, credibilità e tracciabilità delle istituzioni e del
loro agire. Il crescente numero di cittadini europei che richiedono normative
più stringenti e condivise sul benessere animale va acquisendo un significato

1
 Versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato sul funzionamen-
to dell’Unione Europea, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, C 83, 30 marzo 2010,
2010/C 083/01, Titolo II, Art. 13: «Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche
dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno,
della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono
pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esse-
ri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le
consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le
tradizioni culturali e il patrimonio regionale» http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/
TXT/?uri=OJ:C:2010:083:TOC (28 agosto 2015).

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gli animali nella “società europea della conoscenza”

importante dal punto di vista della democrazia in Europa e della legittimità del
suo operare.

2. Scienza e filosofie del benessere animale: l’inseparabilità di fatti e valori

    Diversamente dall’animalismo fondato su utilitarismo e teoria dei diritti,
accomunati dall’esclusione di ogni forma di sfruttamento delle vite animali, le
teorie del benessere animale, pur spingendosi fino ad affermare doveri diretti
nei confronti degli animali (Broom & Johnson 2000; Broom 2008) e a porre
la prospettiva della completa sostituzione degli animali nelle pratiche di speri-
mentazione, non tendono a precludere l’impiego di animali, ma si concentra-
no piuttosto sul rispetto della qualità di vita degli animali attraverso la mini-
mizzazione della sofferenza, la realizzazione di condizioni adeguate di welfare e
il continuo miglioramento delle conoscenze degli animali.
    L’avvio dell’animal welfare come disciplina formale (Carenzi & Verga 2009)
viene solitamente ravvisato nella redazione del Rapporto Brambell pubblicato
dal governo inglese nel 1965. Il documento, come è noto, ha introdotto il
concetto delle Cinque Libertà (Five Freedoms) – libertà dalla fame e dalla sete
attraverso l’accesso all’acqua fresca, a una dieta adeguata a mantenere buone
condizioni di salute; libertà di vivere in un ambiente fisico adeguato; libertà
dal dolore, dalle ferite, dalle malattie; libertà di manifestare le caratteristiche
comportamentali specie-specifiche; libertà dalla paura.
    L’espressione welfare è divenuta riassuntiva di tutti i gradi intermedi tra le
due condizioni estreme di benessere e malessere. In senso stretto, welfare allude
a una capacità posseduta dagli individui, una condizione di omeostasi natu-
ralmente espressa da un organismo e non imposta dall’esterno; mentre stress
indica l’eccessivo carico fisico o mentale cui un individuo è sottoposto (Broom
& Johnson 2000; Broom 2010).
    Un altro, se pur diverso, riferimento storico fondamentale, con approccio
teso non al benessere ma, in prospettiva, alla definitiva cessazione dell’uso di
animali, consiste nelle 3R di Russell e Burch (Russell & Burch [1959] 1992)
– rimpiazzare (replacement), ridurre (reduction) e rifinire (refinement) – che
sono al cuore della direttiva europea 63/2010/UE sulla sperimentazione.
    In entrambi i casi è interessante osservare l’originario inestricabile legame
tra fatti e valori e caratterizza la costruzione del benessere come disciplina (Tan-
nenbaum 1991; Sandøe & Simonsen 1992; Duncan 2005).
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    La genesi del benessere, scientifico nei metodi e nelle conoscenze, ma ag-
ganciata a finalità economico-commerciali e di sicurezza, ha lasciato spazio,
o meglio ha fatto emergere progressivamente la consapevolezza del carattere
intrinsecamente valutativo dell’idea di benessere.
    Negli anni novanta la connotazione data da Broom all’animal welfare ha in-
ciso profondamente sull’orientamento della disciplina, dall’Autore considerata
vera scienza solo se libera da condizionamenti economici e di mercato. Broom,
tuttavia, è stato anche molto critico nei confronti delle teorie dei diritti, che si
limiterebbero ad attribuire una legittimazione formale alla tutela animale sen-
za però saper articolare le concrete condotte di rispetto. A giudizio di Broom,
l’enfatizzazione della questione dei diritti animali avrebbe oscurato la conside-
razione per il benessere, la comprensione del significato biologico del dolore,
l’indagine sulla distribuzione della sentience nel mondo animale.

   Il particolare legame tra fatti e valori, tra conoscenze scientifiche scienza e
questioni normative è ciò che caratterizza la scienza dell’animal welfare, fon-
data intorno al reperimento e collegamento tra un insieme di conoscenze di
carattere prevalentemente tecnico-scientifico, ma anche professionale ed espe-
rienziale, e che si avvale del contributo di anatomia, fisiologia, neurologia, psi-
cologia, etologia ed ecologia, per definire i concetti e le pratiche per il benes-
sere degli animali utilizzati per attività tese a realizzare benefici umani (Fraser
2008). Se questa complessità ha reso difficile definire chiaramente i confini
della disciplina, un largo consenso, però, esiste nel ritenere inestricabile il lega-
me tra fatti e valori nell’animal welfare. L’idea e l’approccio metodologico della
“coproduzione”, adottata dagli sudi sociali sulla scienza (Science & Technology
Studies, STS) e intesa come relazione di generazione e legittimazione reciproca
tra conoscenza e valori (Jasanoff 2004), appare particolarmente idonea a com-
prendere le dinamiche della scienza del benessere – e ancor più i suoi rapporti
con policy e diritto.
   Coproduzione non significa che i valori sono logicamente derivati dai fatti,
ma allude al continuo e vicendovole rapprorto di creazione e legittimazione
tra i saperi e le pratiche sociali, che ad essi si orientano ridefinendoli a propria
volta. Similmente, nell’animal welfare si osserva l’evoluzione e l’influenza re-
ciproca tra le conoscenze sugli animali e i valori che sostengono e spingono
ulteriormente la ricerca del benessere.
   Al complesso rapporto tra conoscenza e valori, la scienza del welfare aggiun-
ge una componente “democratica”, nel senso di riconoscere che «decisions on
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gli animali nella “società europea della conoscenza”

the degree to which, and the manner in which, we exploit animals are ethical
decisions that should be made by society in general, but only when it has a
knowledge of the facts» (Duncan 2005, p.483).
   Negli ultimi decenni si sono moltiplicate le prospettive di coproduzione
scientifico-normativa per promuovere la condizione animale. Si tratta, per
esempio, degli studi fondati sull’etologia cognitiva, le scienze cognitive (Bekoff,
Allen & Burghardt 2002), le neuroscienze (Francescotti 2007) e gli approcci
antropozoologici di coevoluzione tra “specie compagne” (Haraway 2008). Tali
prospettive condividono non solo un approccio di coproduzione tra scienza e
valori, ma anche epistemologie che adottano un vocabolario deliberatamente
cognitivo ed affettivo per interpretare e spiegare il comportamento animale.
   L’insieme di questi elementi, il rapporto di coproduzione tra conoscenza e
norme, come pure la dimensione di un’etica e un diritto science-based social-
mente condivisi è cio che ha determinato l’adozione del benessere come filo-
sofia sugli animali negli ordinamenti giuridici. In particolare, l’inclusione della
società, l’interesse e la disponibilità dei cittadini a impegnarsi per il benessere
rappresenta un fattore di rilievo crescente nell’orientamento delle policy euro-
pee. Si è andata così consolidando una received view sulla questione animale
(Castignone & Lombardi Vallauri 2012), che è diventata parte integrante del
“sentire giuridico comune”.

3. L’animal welfare come scienza e filosofia per la policy e il diritto

    La filosofia del benessere come coproduzione tra conoscenze e valori è ciò
che ha ispirato le policy degli ordinamenti giuridici. Infatti, se il linguaggio dei
diritti è stato talora utilizzato, ciò è avvenuto con significato simbolico e retori-
co e non nel senso della tutela effettiva incorporata dai diritti. Il benessere e la
volontà sociale di rispettare gli animali riconoscendo un’elevata qualità di vita
è il fondamento reale delle forme di tutela esistenti. Ormai da svariati decenni
gli interventi di regolamentazione del benessere animale si sono trasformati in
una prospettiva di policy largamente condivisa a livello internazionale, benché
non uniformemente implementata nei singoli ordinamenti.
    Il primo atto simbolico a livello internazionale e storicamente significativo
nel percorso per la giuridificazione dello statuto dei non-umani è la Dichiara-
zione Universale dei Diritti dell’Animale, redatta dalla Lega Internazionale dei
Diritti dell’Animale, e sottoscritta all’UNESCO di Parigi nel 1978. Partendo
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dalla considerazione che «ogni animale ha dei diritti» e che «il disconoscimento
e il disprezzo di questi diritti hanno portato e continuano a portare l’uomo a
commettere crimini contro la natura e contro gli animali», la Dichiarazione
ha affermato che «tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno
gli stessi diritti all’esistenza» (art.1); e che il fondamentale diritto è quello al
rispetto (art.2).
    Dal punto di vista operativo, tuttavia, il tema è largamente di competenza
dell’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE), l’istituzione inter-
nazionale di riferimento che collabora con l’OMS, la FAO e il WTO nell’e-
laborazione di raccomandazioni e linee-guida, e il cui mandato include il mi-
glioramento della salute e del benessere degli animali terrestri e acquatici (OIE
2015).
    Dal 2005 l’OIE ha iniziato a pubblicare le prime linee-guida globali sul
benessere animale, rapidamente adottate da numerosi Stati, molti dei quali in
precedenza privi di disposizioni normative sugli animali. Partendo dalla consi-
derazione che «il benessere animale è una questione di policy complessa, mul-
tidimensionale, internazionale e nazionale, con importanti aspetti scientifici,
etici, economici, culturali, politici e commerciali» (OIE 2015, Resolution 28),
l’OIE ha adottato una definizione di benessere che, pur poggiando largamente
sull’evidenza scientifica, è articolata all’interno di comportamenti umanitari2 e
che richiama esplicitamente le Five Freedoms del Rapporto Brambell e i princi-
pi delle 3R di Russell e Burch (OIE 2014, Article 7.1.2).
    La complessità del benessere è stata evidenziata anche dalla FAO che, ana-
logamente, nel riconoscere il carattere science-based delle politiche animali, ha
sottolineato l’imprescindibile integrazione delle decisioni morali sugli obiettivi
di benessere da perseguire (FAO 2009, pp.12-13).3

2
  «Animal welfare means how an animal is coping with the conditions in which it lives.
An animal is in a good state of welfare if (as indicated by scientific evidence) it is healthy,
comfortable, well nourished, safe, able to express innate behaviour, and if it is not suffer-
ing from unpleasant states such as pain, fear, and distress. (…) Animal welfare refers to the
state of the animal; the treatment that an animal receives is covered by other terms such
as animal care, animal husbandry, and humane treatment» (OIE 2014, Article 7.1.1).
3
  «Policy statements often call for animal welfare standards to be “science-based”. The
term is appropriate, but needs to be understood in context. (…) Once the objectives
have been decided, science can indicate what provisions should be made in order for the
objectives to be met. Such standards are indeed science-based, but they also rest on ethical
decisions about which animal welfare objectives to pursue» (FAO 2009, pp.12-13).

                                             14
gli animali nella “società europea della conoscenza”

    Per molto tempo a livello internazionale il concetto di benessere anima-
le è stato toccato dal pregiudizio di rappresentare un’opzione praticabile solo
all’interno di società ricche e industrialmente avanzate. L’opera in particolare
dell’OIE e della FAO, tuttavia, ha contribuito a mostrare l’infondatezza di que-
sta prospettiva. Negli ultimi anni svariati documenti hanno mostrato numerosi
casi in cui l’animal welfare appare elemento essenziale non solo per tutelare
la salute interconnessa di umani e non-umani, ma anche fattore di sviluppo
culturale e sociale dei paesi più poveri – il prendersi cura degli animali genera
anche il prendersi cura della propria comunità. Le linee-guida dell’OIE, dopo
aver precisato che l’uso di animali comporta sempre la responsabilità etica di
garantire il massimo grado di benessere, collega esplicitamente il benessere de-
gli animali non-umani e umani (OIE 2014, Article 7.1.2). Analogamente, un
documento della FAO sulla capacità di costruire e implementare il benessere
animale nei paesi emergenti ha mostrato, attraverso specifici case studies come
l’attenzione al benessere animale generi ampi benefici sociali: «Attention to
animal welfare can have broader social benefits. It can contribute to teaching
an ethic of care; it can be a force for social cohesion within a family, a com-
munity or a business; and positive relations with animals are an important
factor in human (as well as animal) wellbeing» (FAO 2009, p.xix). Se il qua-
dro internazionale ha giustificato il rispetto degli animali sulle evidenze fornite
dalla scienza del benessere, il legame tra scienza e valori nella protezione dei
non-umani è stata anche più profonda e strutturata in Europa, dove il legame
tra scienza e valori ha una valenza molto particolare dal punto di vista del fun-
zionamento stesso delle istituzioni europee.

4. Il benessere animale e le istituzioni europee

   A partire dalla fine degli anni sessanta, il contesto istituzionale composto da
Consiglio d’Europa e Unione Europea ha adottato una serie di atti normativi
vincolanti e di soft law (documenti giuridici non legalmente vincolanti) per la
protezione degli animali, che mostrano una crescente elaborazione del rappor-
to tra scienza del benessere ed etica animale.
   Il Consiglio D’Europa (Council of Europe, CoE) è l’organismo internazio-
nale, fondato nel 1949, che presiede in ambito europeo allargato4 alla tutela dei
4
 I paesi che aderiscono al Consiglio d’Europa sono 47 e ricomprendono gli attuali 28
Stati Membri dell’UE: http://www.coe.int/it (29 agosto 2015).

                                        15
animal studies 12/2015

diritti fondamentali, a partire dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti
umani del 1950 – del cui rispetto è competente la Corte Europea dei Dirit-
ti dell’Uomo (CEDU).5 L’Unione Europea, nata come Comunità Economica
Europea nei fondativi Trattati di Roma del 1957, è l’entità internazionale che
passando attraverso denominazioni (Comunità Europea e poi Unione Euro-
pea) e fasi di integrazione diverse, è passata da organismo prevalentemente
orientato all’economia e al commercio, a mercato unico, all’ancora largamente
incompiuta identità e unità politica. In questo percorso le competenze dell’UE
sono andate modificandosi ed estendendosi, da scopi meramente commerciali
fino alla proclamazione della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Eu-
ropea – incorporata nel Trattato sull’Unione Europea e sul Funzionamento
dell’UE (entrato in vigore, come si è detto, alla fine del 2009). La natura e i
principi di funzionamento dei due organismi istituzionali, dotati di competen-
ze legislative e regolamentari differenti quanto a spettro di competenze ed effet-
ti giuridici, hanno prodotto esiti di tutela diversi nelle politiche sugli animali.
    Le Convenzioni elaborate in seno al Consiglio d’Europa hanno potuto inci-
dere direttamente sul trattamento etico e giuridico degli animali in relazione al
loro collegamento con i diritti e gli obblighi umani, come pure con il retaggio
culturale dei valori europei. Negli anni, attraverso i “considerando” che intro-
ducono, legittimano e giustificano gli articoli delle convenzioni, il CoE ha pro-
posto, in relazione alle specifiche materie trattate, argomenti molteplici circa
il fondamento etico-giuridico del legame tra umani e non-umani e le proprie
competenze istituzionali. Tali fondamenti spaziano dal dovere morale di rispet-
tare gli animali, le loro capacità sensibili e cognitive; il particolare legame con
gli animali domestici e il loro valore sociale in Europa; il dovere di realizzare gli
ideali e i principi che costituiscono il comune retaggio europeo.6

5
  Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali,
Roma, 4.11.1950, http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf e http://
www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=home (29 agosto 2015).
6
  «Recognising that man has a moral obligation to respect all animals and to have due
consideration for their capacity for suffering and memory» (European Convention for
the Protection of Vertebrate Animals used for Experimental and Other Scientific Pur-
poses, 1986); «Recognising that (...) pet animals have a special relationship with man
(...) and their consequent value to society» (European Convention for the Protection of
Pet Animals, 1987); «Considering that the aim of the Council of Europe is to achieve
a greater unity between its members for the purpose of safeguarding and realising the
ideals and principles which are their common heritage» (European Convention for the

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gli animali nella “società europea della conoscenza”

    Benché le convenzioni del CoE siano dotate di grande respiro nei contenuti,
in quanto atti di diritto internazionale esse non producono effetti giuridici im-
mediati negli ordinamenti nazionali, ma devono essere esplicitamente adottati
con una normativa interna da parte delle sovranità nazionali. Talune conven-
zioni del CoE non sono state recepite da alcuni Stati e talora hanno faticato a
raggiungere un numero di adesioni tale da consentirne l’entrata in vigore.
    I vincoli che legano gli Stati Membri dell’Unione Europea sono spesso di-
rettamente produttivi di effetti negli Stati Membri – i regolamenti – o comun-
que obbligano questi a recepirne gli atti – le direttive. Solo raccomandazioni e
risoluzioni hanno carattere di soft law e lasciano piena discrezionalità circa una
possibile attuazione.
    L’UE, tuttavia, è limitata nel proprio agire dalle specifiche competenze che
gli Stati Membri hanno attribuito alla sede comunitaria. Benché tali compe-
tenze si siano progressivamente estese fino ad arrivare alla protezione dei diritti
fondamentali dei cittadini dell’Unione Europea, le principali chiavi di ingresso
delle istituzioni comunitarie in tema di animali restano quelle collegate al fun-
zionamento del mercato, alla sicurezza dei prodotti e alla salute dei consuma-
tori/cittadini.
    Un esempio che consente di illustrare chiaramente i diversi limiti istituzio-
nali di CoE e UE è quello della protezione degli animali da compagnia. Nel
1987 il CoE ha adottato la Convenzione sugli animali da compagnia,7 entrata
in vigore nel 1992 dopo aver raggiunto un numero minimo di adesioni. L’Italia
ha ratificato la Convenzione solo nel 2010 (Legge 201/2010), ma introdu-
cendo importanti norme di modifica del codice penale. L’UE, invece, non ha
mai sottoscritto la Convenzione. Nel 2012, il Parlamento Europeo ha appro-
vato una Risoluzione per chiedere alla Commissione Europea di predisporre
un quadro giuridico europeo per la protezione degli animali da compagnia e
randagi.8 Nella risposta, la Commissione ha chiuso la questione ricordando la
propria mancanza di competenza sul tema.

Protection of Animals during International Transport, 2003).
7
  European Convention for the Protection of Pet Animals, ETS 125, Strasbourg,
13.XI.1987.
8
  European Parliament Resolution of 4 July 2012 on the establishment of an EU le-
gal framework for the protection of pets and stray animals (2012/2670(RSP)), http://
www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2012-
0291+0+DOC+XML+V0//EN (28 agosto 2015).

                                        17
animal studies 12/2015

   Come osservato sopra, a partire dalle prime disposizioni sui trasporti inter-
nazionali del 1968,9 seguite dalla Convenzione sugli animali per la sperimenta-
zione del 198610 e, in successione sempre più stretta, da numerose convenzioni
e protocolli, il CoE ha fondato il proprio intervento normativo a favore degli
animali sulla legittimazione istituzionale a tutelare i diritti umani, insieme ai
valori e agli obblighi che ne derivano.11 Diversamente, il diritto comunitario
ha potuto giustificare la propria competenza in tema di animali in connessione
con le attività economiche che lo hanno fondato. Le basi giuridiche effettive per
interventi legislativi di protezione degli animali restano ancora legate ad attività
economiche. Si tratta dell’art.37 sull’agricoltura per la protezione degli animali
d’allevamento, che include le condizioni di trasporto e macellazione; l’art. 95
(ex-100a) sul mercato interno, per la protezione di altri animali (in forma limi-
tata gli animali da compagnia);12 l’art. 175 (ex-130s) sull’ambiente, per la tutela
degli animali selvatici; l’art. 133 (ex-113) sul commercio, per bandire l’impor-
tazione di pellicce di cane e gatto.
   Il collegamento con le attività economiche, tuttavia, non ha impedito alla
normativa europea di regolare un grande numero di forme di sfruttamento degli
animali. Una direttiva orizzontale copre i diversi aspetti relativi al benessere degli
animali negli allevamenti,13 mentre le norme in materia di agricoltura biologica
prevedono standard elevati di benessere per la produzione di bovini, suini e vola-

9
   European Convention for the Protection of Animals during International Transport,
Paris 13/12/1968.
10
   European Convention for the Protection of Vertebrate Animals used for Experimental
and other Scientific Purposes, Strasbourg 18/3/1986.
11
    Per la lista delle Convenzioni del Consiglio d’Europa relative agli animali: http://
conventions.coe.int/Treaty/Commun/ListeTraites.asp?MA=42&CM=7&CL=ENG (26
agosto 2015).
12
   Regolamento (CE) No 998/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 Mag-
gio 2003 relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere
non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del
Consiglio (GU L 146 del 13.6.2003) e successive modifiche.
13
   Direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli
animali negli allevamenti (GU L 221 dell’8.8.1998). Inoltre, con la decisione 78/923/
CEE del Consiglio relativa alla conclusione della Convenzione europea sulla protezione
degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978), l’Unione ha reso tale conven-
zione parte integrante del diritto UE.

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gli animali nella “società europea della conoscenza”

tili.14 La legislazione UE in materia di trasporto15 e di macellazione16 ne disciplina
aspetti specifici e continuano i lavori per giungere all’etichettatura del benessere
(European Commission 2009). Il benessere degli animali utilizzati a fini di spe-
rimentazione è oggetto della Direttiva 63/2010.17 La legislazione europea sui
giardini zoologici pone l’accento sugli aspetti relativi alla conservazione delle spe-
cie, ma tiene anche conto del benessere degli animali.18 Benché gravi e profonde
lacune nell’ordinamento europeo ancora esistano – relative agli animali randagi,
da compagnia, da competizione, sport, mostre e spettacoli –, stanno diminuendo
le categorie “di animali esclusi”19 dalla protezione normativa.
    Inoltre, la volontà di radicare il significato dell’economia europea nella co-
noscenza, ha fatto sì che l’UE si sia definita come “società della conoscenza”
(knowledge-based society) (Wynne et al. 2007): un concetto che incorpora e inte-
gra dimensioni epistemiche (una società che si fonda sulla migliore conoscenza
disponibile) e giuridico-democratici (una società le cui istituzioni agiscono in
base a tale conoscenza).
    Porre la conoscenza alla base dell’agire comune ha una serie di implicazioni.
Si tratta del fatto che leggi e regolamenti si giustifichino con conoscenze valide e
condivise; che la conoscenza condivisa aiuti a discutere e costruire valori comu-
ni e/o compatibili; che pregiudizi e forme di ignoranza vadano discussi e supera-
ti; che le istituzioni agiscano in modo trasparente, controllabile, non arbitrario.

4.1 Verso una policy europea unitaria per il benessere animale

   A fronte dell’ormai ampio spettro di interventi normativi, dei molti milio-
ni di animali coinvolti e al fine di coltivare la fiducia tra istituzioni e società,
nel 2006 la Commissione Europea ha avviato un primo Piano di azione sulla
14
   Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio (GU L 189 del 20.7.2007) e Regolamen-
to (CE) n. 889/2008 della Commissione (GU L 250 del 18.9.2008).
15
   Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio sulla protezione degli animali durante il
trasporto (GU L 3 del 5.1.2005).
16
   Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio relativo alla protezione degli animali
durante l’abbattimento (GU L 303 del 18.11.2009).
17
   Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione degli
animali utilizzati a fini scientifici (GU L 276 del 20.10.2010).
18
   Direttiva 1999/22/CE del Consiglio relativa alla custodia degli animali selvatici nei
giardini zoologici (GU L 94 del 9.4.1999).
19
   http://www.esdaw.eu/the-excluded-animals.html (28 agosto 2015).

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