ALLATTAMENTO AL SENO: PROBLEMATICHE AMBULATORIALI - OMCEOMI
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Allattamento Al Seno: Problematiche Ambulatoriali in collaborazione con: ATS Città Metropolitana di Milano Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche SICuPP Lombardia Sabato 30 settembre 2017 – ore 8.00 - 14.15 Aula Magna – Ospedale Mangiagalli Via della Commenda 12 – Milano Evento 1834 199538 Crediti 3,5
Il nostro Ordine è particolarmente impegnato nell’ambito della formazione e dell’aggiornamento dei propri iscritti. Questo evento che rappresenta una tappa del percorso e dell’impegno profuso da parte degli organizzatori merita il nostro ringraziamento e plauso. Numerosi sono gli altri corsi in programma a testimonianza della vitalità e dell’impegno dei nostri iscritti per far crescere e rendere sempre più vicina la nostra professione ai bisogni dei nostri ammalati. Non sfugge ad una attenta riflessione che tali eventi rappresentano non solo opportunità di aggiornamento scientifico ma vitali strumenti per una crescita professionale ed etica. Questo obiettivo verrà perseguito con particolare determinazione e il nostro Ordine sarà sempre pronto ad accogliere suggerimenti e proposte per poter migliorare la professione medica. Il Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri Dott. Roberto Carlo Rossi
Allattamento al seno: problematiche ambulatoriali in collaborazione con: ATS Città Metropolitana di Milano Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche SICuPP Lombardia Sabato 30 settembre 2017 – ore 8.00-14.15 Aula Magna – Ospedale Mangiagalli Via della Commenda 12 – Milano Coordinatori Maria Enrica Bettinelli Pediatra, Neonatologa, Consulente Professionale in Allattamento Materno (IBCLC) Responsabile SSD Integrazione Progetti Area Sanitaria Dipartimento SSB Cure primarie – ATS Città Metropolitana di Milano Marina Picca Pediatra di famiglia – ATS Città Metropolitana di Milano Presidente SICuPP Lombardia Maria Teresa Zocchi Medico di Medicina Generale Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Referente Commissione OMCeOMI Pari Opportunità PROGRAMMA 8.00 - 8.30 Registrazione Partecipanti 8.30 - 8.40 Saluto del Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano o di altro Consigliere da lui delegato 8.40 - 8.50 Marco Bosio ATS Città Metropolitana di Milano Fabio Mosca Direttore U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale Fondazione IRCCS Cà Granda - Ospedale Maggiore Policlinico Professore Ordinario Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità Università degli Studi di Milano Marina Picca Maria Teresa Zocchi Saluti istituzionali e introduzione
Prima Sessione: Approccio ragionato a problemi, quesiti e falsi miti Modera Giuseppe Banderali – Direttore U.O. Pediatrica ASST Santi Paolo e Carlo – Milano 8.50 - 9.10 Maria Enrica Bettinelli Lattazione umana 9.10 - 9.40 Paola Pileri Ginecologa – U. O. di Ostetricia e Ginecologia ASST Fatebenefratelli Sacco – Milano Patologia della mammella in corso di allattamento 9.40 - 10.00 Discussione Seconda sessione: Allattamento e farmaci Modera Giuseppe Bacis – Medico Tossicologo Centro Antiveleni e Tossicologia ASST Papa Giovanni XXIII – Bergamo 10.00 - 10.20 Lorella Faraoni Medico Tossicologo – Consulente Professionale in Allattamento Materno (IBCLC) Centro Antiveleni e Tossicologia – ASST Papa Giovanni XXIII – Bergamo Nozioni di Farmacocinetica. Farmaci e patologie acute 10.20 - 10.40 Georgios Eleftheriou Medico Tossicologo – Centro Antiveleni e Tossicologia ASST Papa Giovanni XXIII – Bergamo Patologie croniche e diagnostica per immagini 10.40 - 11.10 Mariapina Gallo Dirigente Medico Unità di Tossicologia – ASST Papa Giovanni XXIII – Bergamo Lorella Faraoni Rimedi naturali e sostanze d’abuso 11.10 - 11.30 Discussione 11.30 - 11.45 Intervallo Terza sessione: Le domande ricorrenti Moderano Marina Picca Maria Teresa Zocchi
11.45 - 13.15 Maria Lorella Giannì Ricercatore confermato (SSD MED 38) – Dipartimento di Scienze materno infantili Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Maria Enrica Bettinelli Paola Pileri Le domande ricorrenti: rispondono gli esperti 13.15 - 13.30 Antonella Mezzopane Pediatra di famiglia ATS Città Metropolitana di Milano Maria Enrica Bettinelli Presentazione progetto editoriale a sostegno dell’allattamento nell’ambulatorio medico 13.30-13.45 Discussione 13.45-14.15 Compilazione schede di valutazione e di verifica
Per Un Sostegno Competente Dell’allattamento Il latte materno è il gold standard dell’alimentazione del neonato e del bambino. Le proprietà del latte materno favoriscono la transizione dalla vita intrauterina a quella fuori dall’utero. Questo tessuto liquido fornisce una serie di sostanze bioattive per la crescita del lattante durante le finestre critiche di sviluppo di cervello, sistema immunitario e intestino. Le agenzie internazionali come OMS e UNICEF, come pure quelle europee e nazionali, raccomandano l’allattamento esclusivo per i primi sei mesi, il proseguimento con l’allattamento materno per i primi anni di vita del bambino e l’introduzione di una corretta alimentazione complementare in presenza di latte materno. Una recente revisione Cochrane conferma i 6 mesi di esclusività sia per i paesi in via di sviluppo sia in quelli sviluppati. Il medico deve conoscere come viene prodotto il latte dalla ghiandola mammaria e come le sue proprietà nutrono e proteggono il lattante allattato al seno, in quanto ha un ruolo cruciale nella decisione di una madre di allattare al seno il proprio bambino e possono facilitare il suo successo nell’allattamento. Sebbene le madri siano informate del fatto che il latte materno apporti benefici per la salute del bambino a breve e a lungo termine, è necessario tenere presente che la scelta di una madre può essere influenzata dalla sua attitudine e dalle credenze legate alla sua cultura familiare o di provenienza riguardo l’allattamento. Il legame mamma – bambino che si crea con l’allattamento rappresenta sicuramente un fattore importante, ma barriere culturali o della società possono indurre la madre alla decisione di alimentare il suo bambino con una formula. Come si parla alla madre che allatta e un approccio integrato di sostegno multiprofessionale fanno la differenza sul successo di un allattamento. Questo è l’approccio che si vuole sostenere con l’Iniziativa UNICEF Comunità Amica dei Bambini per l’allattamento, di cui ASL Milano è capofila nazionale. La maggior delle madri sceglie di allattare, ma non sempre riesce a raggiungere il proprio obiettivo di allattamento. L’alimentazione artificiale è radicata nella cultura occidentale, e questo comporta che vi sia una scarsa conoscenza a livello di comunità di come si allatta un bambino, cosa che esita in insuccessi nell’allattamento, non imputabili solamente alla donna. La madre prende la decisione di allattare al seno prima del parto nel 95% dei casi nel primo trimestre di gravidanza; perciò la scelta di come alimentare il bambino deve essere discussa a partire dal secondo trimestre e continuare nei successivi contatti (visita ostetrica, ambulatorio medico). Inoltre le degenze dopo il parto sono brevi e non permettono di dimettere la donna con un corretto avvio dell’allattamento, quindi andrebbero seguite le mamme e i bambini come coppia mamma-bambino con un follow up a 48-72 dalla dimissione (quarta – quinta giornata dal parto).
Un follow-up precoce e tempestivo condotto da personale formato in allattamento comporta maggior successo nell’allattamento e meno indicazioni contraddittore alla madre. Un follow-up efficace dipende dalle conoscenze del professionista di come funziona la lattazione umana, la valutazione se l’avvio e l’allattamento vanno bene o se è invece necessario intervenire. Considerando che più donne hanno il desiderio che allattare e rimangono nelle maternità solo per pochi giorni, il sostegno dell’allattamento si realizza dopo la dimissione, nella comunità. I pediatri di famiglia hanno la grande opportunità di valutare i neonati e le loro madri a livello ambulatoriale regolarmente durante il primo anno di vita e un sostegno competente ed empatico può fare la differenza sul successo dell’allattamento della coppia mamma - bambino. L’Accademia Americana di Pediatria incoraggia i pediatri a rendere lo studio e l’approccio con le madri amici dell’allattamento e anche a Milano dal 2007 un gruppo di pediatri ha condiviso una modalità comune di allestimento e di gestione dello studio che favorisca la pratica dell’allattamento (Ambulatorio Amico dell’Allattamento) senza discriminare le famiglie che hanno scelto di alimentare il proprio bambino con la formula. Va sottolineato però che esiste una lacuna di formazione nel curriculum universitario dei professionisti a contatto con donne in gravidanza, madri e bambini e OMS e UNICEF promuovono una formazione dei professionisti, in modo che le indicazioni alle madri che allattano siano aggiornate e non costituiscano un ostacolo alla piena realizzazione di una scelta di salute. L’Università degli Studi di Milano ha percorsi formativi aggiornati sull’allattamento per i professionisti in formazione, medici, specializzandi di pediatria e ginecologia, nonché ostetriche e infermiere pediatriche. Questi due ultimi corsi di laurea sono stati riconosciuti Corsi Amici dell’Allattamento da UNICEF Italia nel 2017. Bibliografia Strategia globale per l’alimentazione dei neonati e dei bambini OMS/UNICEF (2002) Alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a tre anni: raccomandazioni standard per l’Unione Europea (2006, 2008) Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell'allattamento al seno (2007) Linee guida cliniche per l'attuazione dell'allattamento al seno esclusivo dell’ILCA, 2005 Allattamento al seno e uso del latte materno/umano. Position Statement di SIP, SIN, SICuPP,SIGENP e SIMP (2015) Breastfeeding and the Use of Human Milk Section on Breastfeeding Pediatrics 2012;129;e827 The Breastfeeding-Friendly Pediatric Office Practice Joan Younger Meek, Amy J. Hatcher and Section On Breastfeeding 2017 Kramer MS, Kakuma R Optimal duration of exclusive breastfeeding. Cochrane Database Syst Rev. 2012
Maria Enrica Bettinelli Lattazione Umana In questo documento, si discuterà dello sviluppo della ghiandola mammaria (mammogenesi), del processo con cui la ghiandola mammaria sviluppa la capacità di produrre latte (lattogenesi), del processo con cui si produce il latte (lattazione) e di come funziona l’allattamento in pratica. Mammogenesi La mammella inizia a svilupparsi in utero a partire dalla 6a settimana di gestazione, successivamente va incontro a differenti variazioni nello sviluppo embrionale e fetale. A 18-19 settimane di gestazione si può vedere una gemmazione a forma di bulbo, al cui interno si può riconoscere un rudimentale sistema duttale, che è presente alla nascita. Dopo la nascita prosegue lo sviluppo della ghiandola mammaria durante la pubertà, ma va tenuto presente che la maturazione completa si raggiunge in gravidanza e alla fine di un ciclo di lattazione. Durante la pubertà, gli estrogeni stimolano l’aumento della mammella attraverso la crescita dei dotti mammari che si approfondano nel cuscinetto grasso mammario preesistente. Il progesterone, secreto nella seconda metà del ciclo mestruale, provoca lo sviluppo lobuloalveolare. Estrogeni e progesterone facilitano la formazione della struttura caratteristica della mammella della donna adulta, che è l'unità terminale duttulo-lobulare, caratterizzata dal duttulo e dal lobulo (o acino). Tuttavia, lo sviluppo completo e la maturazione dell’epitelio necessita degli ormoni della gravidanza. Durante la mammogenesi la mammella aumenta di volume e in peso. Lattogenesi (differenziazione, secrezione) e involuzione Durante la lattogenesi, la ghiandola mammaria sviluppa la capacità di produrre latte. Per lattogenesi si intendono tutti i processi necessari a trasformare la ghiandola mammaria dal suo stato indifferenziato a quello differenziato successivo alla gravidanza. La differenziazione che avviene nella lattogenesi è alla base della produzione di latte e quindi della lattazione umana. Si distinguono tre fasi della lattogenesi: la lattogenesi I è quella del secondo trimestre, in cui la ghiandola mammaria è in grado di secernere il primo latte, detto colostro, la lattogenesi II quella della copiosa produzione di latte e la lattogenesi III o galattopoiesi, in cui il latte si produce con un meccanismo di domanda/offerta. La lattogenesi I si verifica dalla metà gravidanza. In questa fase, la ghiandola mammaria diventa competente a secernere latte. Lattosio, proteine totali e le concentrazioni dell'immunoglobuline aumentare all'interno del liquido che è secreto nella ghiandola, mentre diminuiscono le concentrazioni di sodio e cloruro.
La ghiandola ora è sufficientemente differenziata a secernere latte, come dimostra il fatto che le donne spesso osservano la presenza di gocce di colostro sui loro capezzoli nel secondo o nel terzo trimestre. Tuttavia, gli elevati livelli circolanti di estrogeni e progesterone, mantengono la secrezione del latte sotto controllo. Durante la lattogenesi I (terzo trimestre) le cellule dell’alveolo (lattociti) si differenziano in cellule secretorie. La lattogenesi II si verifica intorno al momento del parto e nei primi giorni (giorni 2-3 fino a 8 giorni dopo il parto) ed è definita come l'inizio della secrezione di copiosa di latte. In questa fase, aumentano il flusso di sangue, l’ossigeno e l'assorbimento del glucosio. L’aumento rapido del citrato è considerato un indicatore affidabile per la lattogenesi II. L’espulsione della placenta, che rappresenta la fonte del progesterone in gravidanza, è necessaria per l'avvio della secrezione lattea. I recettori per il progesterone vengono persi nei tessuti mammari durante l'allattamento, diminuendo così l'effetto inibitorio dei livelli circolanti del progesterone. La secrezione materna di insulina, di ormone della crescita, di cortisolo e di paratormone (ormoni permissivi) facilita la mobilitazione delle sostanze nutritive e di minerali che sono necessari per la lattazione. Nella lattogenesi II le giunzione delle cellule alveolari si chiudono e inizia la copiosa secrezione del latte. Le mammelle sono piene e calde. Mentre nella lattogenesi I e II il controllo della produzione di latte è ormonale, nella lattogenesi III diventa un controllo autocrino, ossia locale e legato alla domanda – offerta. La lattogenesi III o galattopoiesi (dal 9 giorno dopo la nascita all’inizio dell’involuzione) è la fase in cui si mantiene la secrezione lattea. Per permettere che la mammella raggiunga la sua maturazione e si abbia una produzione di latte adeguata a 4-6 settimane (calibrazione), è necessario che il neonato possa accedere alla mammella in modo frequente sia di giorno sia di notte (almeno 10-12 volte al dì, di cui 1-2 volte di notte). Se l’allattamento è ad alta frequenza e il desiderio di suzione del bambino non è “saturato” da altro (tettarella o succhiotto), la produzione di latte ottimale (750- 800 ml/die) si ottiene a 10-14 giorni. Nella maggior parte dei casi non è così in quanto si ha frequentemente un ritardo della lattogenesi II (es. dopo taglio cesareo, diabete, obesità, ecc.) e non si svuotano bene le mammelle (poppate brevi o poco frequenti). Se il latte rimane nell’alveolo durante le poppate (ad es. se la madre allatta alternando le mammelle o la poppata è troppo breve), un peptide inibitore detto Fattore di inibizione della lattazione, segnala che occorre smettere di produrre il latte. Una volta che si attacca il bambino, si riducono i livelli del Fattore di Inibizione della Lattazione e la produzione di latte riprende. L’involuzione della mammella si verifica in media 40 giorni dopo l’ultima poppata, quando sono aggiunte all’alimentazione del bambino delle supplementazioni in modo regolare. La produzione di latte si riduce per l’accumulo di peptidi inibitori. L’ecografia mammaria ha permesso solo recentemente di comprendere meglio l’anatomia della mammella in allattamento e ha escluso la presenza delle cisterne mammarie riportate nei vecchi testi di anatomia, che si basavano sugli studi anatomici su cadaveri fatti da Cooper nel 1800. La distribuzione del tessuto adiposo e ghiandolare varia molto tra le donne e tra le mammelle. La quantità di tessuto ghiandolare e adiposo e il numero e l’ampiezza dei dotti non si correlano alla produzione del latte.
L’unità base della ghiandola mammaria è l’alveolo, che è connesso ad un duttulo. Ogni duttulo drena in un dotto più grande, via via fino ad arrivare ai dotti principali che si aprono come pori sul capezzolo. All’ecografia, i dotti del latte appaiono come strutture tubulari superficiali e ipoecogene, con pareti ecogene, dove i globuli di grasso del latte appaiono come eco, che aumentano di diametro via via che si avvicinano al capezzolo. I dotti sono facilmente compressibili e trasportano il latte. I dotti possono essere seguiti dalla base del capezzolo fino al parenchima. Il numero medio di dotti principali maggiori di 0.55 diametro di mm alla base del capezzolo è approssimativamente 10 per il seno sinistro e 9 per il seno corretto. Il numero medio dei dotti e il diametro medio dei dotti principali non sono legati al diametro del capezzolo, al raggio dell’areola o alla produzione del latte nelle mammelle di differenti donne. Prolattina, ossitocina e peptide inibitore Due ormoni sono essenziali per la produzione di latte, la prolattina e l’ossitocina. Durante la lattogenesi II, la mammella diventa in grado di produrre il latte in seguito a segnali ormonali. Questi segnali, che sono in diretta risposta alla stimolazione del capezzolo e areola mammelle, vengono poi inoltrati al sistema nervoso centrale. Questo processo ciclico di sintesi e secrezione del latte è definito lattazione. Sebbene prolattina e ossitocina possono agire in modo indipendente su diversi recettori cellulari, la loro azione combinata è essenziale per il successo dell’allattamento. La sintesi del latte avviene nelle cellule epiteliali (lattociti) delle ghiandole mammarie in risposta all'attivazione dei recettori della prolattina in seguito alla suzione del lattante al seno. La prolattina, un ormone polipeptidico sintetizzato dalle cellule lattotrope dell'ipofisi anteriore, è strutturalmente simile al GH e all’ormone lattogeno placentare. La secrezione di prolattina sembra essere regolata sia positivamente sia negativamente, anche se è prevalente il controllo inibitorio attraverso fattori inibitori ipotalamici, il più importante dei quali è la dopamina, che agisce attraverso la sottoclassi D2 dei recettori della dopamina presente nelle cellule lattotrope. In effetti la prolattina è l'unico ormone ipofisario che è sottoposta ad un controllo inibitorio costante da parte dell'ipotalamo. La regolazione della secrezione di prolattina resta comunque molto complessa ed è determinata da diverse situazioni e da sostanze, ancora in fase di studio. La prolattina ha un ruolo cardine nella lattazione e nella riproduzione e ha un effetto immunomodulante a livello della maggior parte dei tessuti. La prolattina stimola la crescita duttale ghiandolare mammaria, la proliferazione delle cellule epiteliali e induce la sintesi proteica del latte. La gravidanza e l'allattamento del bambino rendono più alti i livelli di prolattina. La prolattina ha un ritmo circadiano con livelli più alti durante la notte, ecco perché è fondamentale che le madri allattino di notte e se non lo fanno, questa semplice misura può far aumentare la produzione di latte. La prolattina ha un picco a 45 minuti dall’inizio della poppata e serve per produrre il latte della poppata successiva. L' ormone coinvolto nel riflesso di emissione del latte è l'ossitocina. Quando il neonato è posizionato al seno e inizia a succhiare, l'ossitocina viene rilasciata. Il lattante stimola i recettori tattili che si trovano densamente intorno al capezzolo e all’areola. Le sensazioni tattili creano impulsi che, a loro volta, attivano i gangli della radice dorsale tramite i nervi intercostali.
Questi impulsi risalgono il midollo spinale, creando un percorso neuronale afferente al nucleo paraventricolare dell'ipotalamo dove l'ossitocina viene sintetizzata. La stimolazione dei nuclei provoca il rilascio di ossitocina attraverso il peduncolo ipofisario dell’ipofisi posteriore (neuroipofisi), dove l'ossitocina è immagazzinata e rilasciata in maniera pulsatile nei capillari adiacenti, arrivando ai recettori delle cellule mioepiteliali che avvolgono come un canestro l’alveolo mammario e i duttuli mammari. L'ossitocina provoca la contrazione delle cellule mioepiteliali che rivestono gli alveoli e i dotti mammari. Le cellule mioepiteliali stimolate espellono latte da alveoli nei duttuli, dotti principali che fanno progredire il latte e si svuotano attraverso un poro del capezzolo. La regolazione della sintesi del latte materno è abbastanza efficiente. La sintesi del latte resta notevolmente costante a circa 750-800 ml/die a lattazione completa. Tuttavia, il volume effettivo del latte secreto può essere regolato in base alle richieste del lattante attraverso il fattore di inibizione della lattazione, un fattore locale secreto nel latte; di conseguenza, il tasso di sintesi di latte è in relazione al grado di vuoto o di pienezza della mammella. La mammella più svuotata (il bambino prende non solo la prima parte del latte, ma anche quello terminale ricco di grassi) produce latte più velocemente di quello più piena. L'ossitocina è responsabile del comportamento materno, è un ormone sensibile allo stato di stress o di benessere della madre. Stress e fatica incidono sulla produzione di latte di una donna, diminuendo il riflesso ossitocinico. Quando aumentano i livelli di dopamina, norepinefrina o entrambi è inibita anche la sintesi di prolattina. Stare rilassati è la chiave quindi per avere successo nella lattazione. Come passa il latte dalla mammella al bambino È importante comprendere il meccanismo con cui i bambini trasferiscono il latte dalla mammella. L’allattamento a prima vista sembrerebbe qualcosa di naturale, istintivo, che non necessita di spiegazioni, ma è necessario non dare nulla per scontato, in quanto la conoscenza di come avviene il trasferimento di latte può essere essenziale per un'esperienza di successo e senza complicazioni di allattamento. La prima cosa da sapere è che è fondamentale un corretto attacco al seno: capezzolo, areola e sottostante tessuto mammario devono essere portati profondamente nella bocca del neonato, con labbra estroflesse e guance che formano una specie di sigillo. Durante la poppata, l'aspirazione che si viene a creare all'interno della bocca del bambino provoca un allungamento del capezzolo, dell’areola e del tessuto mammario di 2 - 3 volte la lunghezza rispetto alle dimensioni a riposo quasi a formare una tettarella. Il capezzolo e areola si estendono fino in prossimità della giunzione tra il palato duro e morbido. La mascella del bambino sposta la lingua verso l’alto, comprimendo il tessuto mammario. Questo processo fa sì che il latte esca dai dotti nella bocca del bambino. Il bambino quindi innalza la porzione anteriore della lingua per completare il processo di estrazione del latte. In seguito, il bambino abbassa e ritrae la parte posteriore della sua lingua con movimenti ondulatori o peristaltici. Questo movimento forma una scanalatura nella lingua in modo che il latte scorra nella parte posteriore della cavità orale stimolando i recettori che avviano il riflesso di deglutizione.
Questo movimento crea una pressione negativa, permettendo di latte di fuoriuscire dalla mammella nella bocca del bambino. Durante tutto il ciclo di suzione, il capezzolo non si muove nella bocca del bambino, condizione che si verifica solo se l’attacco è stato corretto. Quando il volume del latte è sufficiente a far scattare la deglutizione, la parte posteriore della lingua del neonato si eleva e preme contro il faringe posteriore. Il palato molle sale e impedisce il passaggio del latte nel naso. La laringe si sposta verso l'alto e in avanti per chiudere la trachea, permettendo di latte di fluire verso l'esofago. Il lattante allora abbassa la mascella, in modo che si possano riempire i dotti lattiferi iniziando un nuovo ciclo. Di solito si ha un ritmo tipico, una deglutizione dopo 1-3 suzioni. Esistono differenze tra la suzione al seno e l’alimentazione con biberon. La poppata al seno è un processo attivo che prevede la partecipazione sia della madre e sia del bambino. Al contrario, l'allattamento artificiale è un'attività più passiva che comporta la creazione di un vuoto parziale nella bocca del bambino attraverso la suzione. La tettarella artificiale presa in bocca del bambino ha una stimolazione orale/tattile diversa. Quando un bambino succhia una tettarella artificiale, la tettarella riempie la sua bocca e impedisce l'azione peristaltica della lingua che si verifica con una poppata al seno. Il latte scorre dalla tettarella in bocca senza movimenti della lingua; il lattante riesce ad ottenere il flusso di latte dalla tettarella, anche se le labbra del bambino non hanno approntato un sigillo attorno alla tettarella. A causa di queste differenze, un lattante è più probabile che abbia un episodio di desaturazione durante la poppata al biberon rispetto che al seno. Va ricordato inoltre che le prime poppate al seno sono fondamentali, per attivare una sorta di imprinting delle sensazioni che il bambino ha al seno. Se nei primi giorni si usa il succhiotto o si complementa l’alimentazione al seno con formula data con il biberon, il bambino potrebbe essere disorientato. Sebbene alcuni contestino l'esistenza della confusione da tettarella, numerosi casi documentati nella pratica la confermano. Gli studi indicano che l'introduzione di una tettarella o di un succhiotto sono associati a una riduzione della durata di allattamento. Feedback da parte della madre durante l'allattamento al seno Chiedere ad una madre se l'allattamento al seno sta andando bene non è sufficiente. Molte donne riferiscono che tutto va bene, ma se si chiede se ha dolore al capezzolo, se sente il neonato succhiare o quante sono le poppate nelle 24 ore, se ci sono poppate notturne, allora risultano problemi o difficoltà che la domanda generica non riesce ad approfondire. Inoltre va sempre valutato se la madre dorme un numero di ore sufficiente e mangia in modo variato ed equilibrato. Il modo migliore per sapere se l'allattamento al seno sta andando bene è però quello di osservare la diade madre-bambino. Questa osservazione consente di dare alla madre un feedback immediato e indicarle misure correttive quando necessario (es. come migliorare l’attacco o la posizione). E’ inoltre possibile aiutarla a comprendere i segnali di fame del bambino, quelli precoci (apertura degli occhi, stiramento, movimenti) e quelli tardivi (pianto), in modo che l’alimentazione responsiva dei bisogni sia del bambino ma anche della madre. All’inizio dell’allattamento ad es. se la madre si sente la mammella troppo piena va incoraggiata ad attaccare il bambino anche se questo dorme e deve svegliarlo.
Bibliografia Hassiotou F, Geddes D Anatomy of the human mammary gland: Current status of knowledge Clin Anat 2012 Ramsay DT, Kent JC, Hartmann RA, Hartmann PE. Anatomy of the lactating human breast redefined with ultrasound imaging. J Anat. 2005 Bettinelli ME, Giusti A Allattamento al seno: tra arte, scienza e natura Dossier Guadagnare Salute Programma CCM Ministero Salute Istituto Superiore Sanità Allattare al seno: un investimento per la salute – il nuovo opuscolo del Ministero della Salute
Paola Pileri Patologia della mammella in corso di allattamento Il dolore durante o dopo la suzione è un sintomo che in allattamento deve sempre allertare e portare l’operatore sanitario ad un’approfondita raccolta anamnestica e ad un’osservazione delle abitudine della diade madre e neonato. Una parte centrale di questo momento deve essere l’osservazione della poppata. Se il dolore persiste può essere sintomo di patologie varie dalle comuni ragadi, alla severa mastite e a patologie meno note ma debilitanti per la madre come candida e vasospasmo. La mastite è una patologia infiammatoria della mammella associata o meno ad un infezione. E’ una patologia che si può manifestare durante l’allattamento ma anche in gravidanza e ad allattamento inibito. L’ascesso mammario ossia una raccolta purulenta nel tessuto mammario è la complicanza più severa della mastite. Le mastiti sia infettive che non infettive affliggono il 9-33% delle donne in allattamento. Questa patologia mammaria è più tipicamente riscontrata durante la seconda e terza settimana del puerperio, la maggior parte dei casi (74-95%) si manifesta durante le prime 12 settimane di allattamento, ma può presentarsi in tutte le epoche di allattamento incluso il secondo anno di allattamento; tipicamente quando c’è un cambiamento nelle abitudini di mamme e bambino. L’ascesso mammario è la complicanza che più tipicamente rilevabile durante i primi 6 mesi. Le principali cause sono la stasi del latte e l’infezione. La stasi del latte è solitamente la causa primari a cui si può associare l’infezione. L’agente eziologico predominante nella mastite infettiva e nell’ascesso è lo Staphylococcus aureus, meno comuni Escherichia coli e Streptococcus (α-,β- emolitico e non emolitico). Gli ascessi mammari sono più spesso causati da Staphylococcus aureus MRSA. Nelle colture di latte materno di donne asintomatiche vengono spesso rilevati batteri che appartengono allo spettro batterico presente sulla cute o nella bocca del neonato. Quindi la presenza di batteri nel latte non indica necessariamente una condizione infettiva. I fattori che predispongono l’insorgenza della mastite sono: - Attacco scorretto (causa principale di dolore e lesioni al capezzolo) - Ragade - Ingorgo mammario - Poppate poco frequenti o saltate (inadeguato svuotamento della mammella favorisce la stasi del latte): non rispetto dell’allattamento a richiesta o errata posizione del neonato. - Patologia materna e/o neonatale
- Agenti meccanici che possano favorire stasi del latte (esempio pressione sul seno: reggiseno stretto) - Stress - Pregressa mastite L’attacco adeguato è la prima condizione preventiva delle lesioni al capezzolo. I segni di buon attacco sono: - Mento che tocca il seno (o quasi) - Bocca ben aperta - Labbro inferiore estroflesso - Più areola visibile sopra che sotto la bocca I segni di attacco inadeguato sono: - Mento che non tocca il seno - Bocca non ben aperta - Labbro inferiore in avanti o introflesso - Più areola visibile sotto che sopra la bocca (o porzioni uguali di areola sotto e sopra) La diagnosi di mastite è clinica. Nei casi più severi o nelle mastiti recidivanti ci si può avvalere di esami ematochimici, coltura del latte, esami ecografici. La terapia va valutata a seconda della gravità della sintomatologia e della durata della stessa. In caso di ingorgo mammario (aumento volumetrico del seno senza segni di infiammazione) intraprendere misure conservative con svuotamento manuale ed eventuale utilizzo di antiinfiammatori al bisogno, intraprendere terapia antibiotica se mancato miglioramento o peggioramento della sintomatologia a 24 ore dall’insorgenza. Se peggioramento dei sintomi o dello stato febbrile e compresenza di ragadi intraprendere terapia antibiotica. Sebbene la maggior parte delle pazienti possa essere gestita ambulatorialmente, considerare il ricovero in caso di: segni di sepsi, debilitazione grave, necessità di antibiotico terapia endovena, patologia materna, incapacità di eseguire le cure al domicilio. In caso di ascesso si raccomanda l’utilizzo della tecnica chirurgica con miglior esiti e minor invasività; in letteratura viene descritta efficace l’aspirazione con ago al pari del drenaggio chirurgico con netto benefici nella ripresa per la paziente e nella gestione dell’allattamento. In seguito a diagnosi ecografica di ascesso mammario valutare la possibilità di drenare l’ascesso. La metodica da preferire è quella dell’agoaspirato sotto guida ecografica. E’ importante che madre e operatori siano informati che inibizione dell’allattamento durante un processo infiammatorio come la mastite e l’ascesso è fortemente controindicato da ogni linea guida e aumenta il rischio di complicanze. L’attaccare il bambino direttamente al seno è controindicato solo in presenza di ascesso con materiale purulento che fuoriesce dal capezzolo o dall’areola e che coinvolge area di attacco del neonato. Anche in questo caso dopo 48 ore dal miglioramento clinico e dall’inizio della terapia antibiotica con la cessazione della fuoriuscita di materiale purulento l’attacco diretto può riprendere.
Se la mamma per dolore o per necessità legata alla terapia non desidera attaccare il bambino è comunque consigliato lo svuotamento manuale almeno 8 volte per mammella in 24 ore. Non è indicato l’utilizzo di farmaci inibenti l’allattamento poiché incapaci di arrestare in breve tempo un allattamento avviato. Inoltre bisogna ricordare alla madre che anche senza allattamento si possono verificare mastiti e ascessi. Per tale motivo le madri con mastite o ascesso devono esser sostenute per la prosecuzione dell’allattamento, consigliando di posticipare ogni decisione di sospensione solo dopo la risoluzione completa della patologia. La ragade che è la patologia più frequente e spesso è il primo fattore di rischio per le altre complicanze in allattamento ha come unica ed importante terapia l’attacco adeguato del bambino. L’attacco può non avvenire in modo corretto ma tanti motivi, l’anatomia materna del capezzolo, il frenulo corto, il basso peso alla nascita del bambino o come spesso accade il bisogno di tempo per imparare a conoscersi bene reciprocamente. Non può esserci ragade se l’attacco è adeguato, per tale motivo, una madre che riferisce dolore alla suzione fin dalle prime ore va sostenuta nella posizione e bisogna eseguire una corretta valutazione della poppata; finchè non si risolve l’attacco non si possono risolvere le ragadi. Esistono degli ausili farmacologici per permettere alla madre di superare questo momento con il minor disagio possibile; gli analgesici come ibuprofene e paracetamolo (se allergie FANS o altre controindicazioni) possono aiutare nella gestione del dolore e dell’infiammazione, delle pomate a base di vitamina E posso essere d’ausilio per idratare e aiutare la riparazione. Infine se la ragade risulta molto dolorante ed arrossata si possono utilizzare delle pomate antibiotiche ad ampio spettro senza cortisone da usare post poppata (e da lavare prima della successiva) fino a 2- 3 volte al giorno. Altre due patologie dolorose e subdole sono la candida ed il vasospasmo. La candida è una diagnosi prevalentemente clinica caratterizzata da spilli e bruciore intenso con o senza arrossamento del capezzolo e può essere associata a candida nel neonato. La terapia deve essere centrata sul diminuire il dolore della madre con analgesici adeguati e con una terapia antimicotica locale da dare anche 5 volte al giorno prima e dopo la poppata e che può ingerire il neonato. Tale terapia va prolungata fino a sintomi scomparsi e con una paziente in stato di benessere per almeno 3 giorni, dopo la guarigione. Importante avvertire la madre di un possibile peggioramento nel bruciore i primi giorni di terapia. Solo in rari casi, da valutare, bisogna usare terapia sistemica. La candida spesso deve andare in diagnosi differenziale con il vasospasmo; questa patologia è dovuta a vasocostrizione violenta dei vasi della mammella con ridotta irrorazione della mammella e conseguente intenso dolore trafittivo post poppata che spesso arriva fino alla schiena. Il dolore è intenso e può associarsi a uno sbiancamento simil ischemico del capezzolo. Anche in questo caso il vasospasmo si cura soprattutto migliorando l’allattamento nella sua gestione, attacco e osservazione della diade mamme e bambino. La terapia di aiuto deve essere analgesica e antiinfiammatoria ove possibile, massaggi alla mammella e anche impacchi caldi post suzione, in alcuni casi severi l’utilizzo di basse dosi di nifedipina.
Tutta la patologia della mammella ha una grande terapia, il sostegno dell’allattamento e della mamma, facilitando l'attacco precoce, permettendo un sostegno attivo nei primi giorni e cercando di favorire il più possibile l’allattamento a richiesta con attacco adeguato. Bibliografia ABM Clinical Protocol #4: Mastitis. Lisa H. Amir and The Academy of Breastfeeding Medicine Protocol Committee. Breastfeeding Medicine Volume 9, Number 5, 2014 Mastitis: Causes and Management, WHO, Geneva 2000 Course and treatment of milk stasis, noninfectious mastitis in nursing women, Thomsen et al., AJOG 1984 -UNICEF/OMS - Corso di 20 ore per il personale della maternità - 2009 -Treatments for breast abscesses in breastfeeding women. Irusen H, Rohwer AC, Steyn DW, Young T. Cochrane Database Syst Rev. 2015 Aug 17;(8):CD010490. Risk factors for Staphylococcus aureus postpartum breast abscess. Branch-Elliman W, Golen TH, Gold HS, Yassa DS, Baldini LM, Wright SB. Clin Infect Dis. 2012 Jan 1;54(1):71-7. Clin Infect Dis. 2010 Jun 15;50(12):1551-8. Treatment of infectious mastitis during lactation: antibiotics versus oral administration of Lactobacilli isolated from breast milk. Arroyo R, Martín V, Maldonado A, Jiménez E, Fernández L, Rodríguez JM. Benef Microbes. 2014 Jun 1;5(2):169-83. Probiotics for human lactational mastitis. Fernández L, Arroyo R, Espinosa I, Marín M, Jiménez E, Rodríguez JM. Semin Reprod Med. 2014 Jan;32(1):68-73. A review of the source and function of microbiota in breast milk. Latuga MS, Stuebe A, Seed PC. Study protocol: evaluation of the probiotic Lactobacillus Fermentum CECT5716 for the prevention of mastitis in breastfeeding women: a randomised controlled trial Diana M. Bond, Jonathan M. Morris and Natasha Nassar. Bond et al. BMC Pregnancy and Childbirth (2017) 17:148. Bacterial Sepsis in Pregnancy Green–top Guideline No. 64a April 2012.
Georgios Eleftheriou Patologie croniche e diagnostica per immagini L'allattamento al seno è un'importante strategia di salute pubblica per migliorare la morbilità e la mortalità dei neonati e dei bambini, migliorando la morbilità materna e aiutando a controllare i costi di assistenza sanitaria. L'allattamento al seno è associato a un rischio infantile ridotto di otite media, gastroenterite, malattie respiratorie, sindrome di morte improvvisa infantile, enterocolite necrotizzante, obesità e ipertensione. Nonostante le convincenti prove che l'allattamento al seno esclusivo fornisce benefici per la salute a lungo termine, sia per neonato che madre, è stato riscontrato in una survey canadese che meno di un quarto delle madri seguono l’indicazione dell’OMS che i neonati dovrebbero essere esclusivamente allattati al seno nei primi sei mesi di vita (1). In un altro studio negli Stati Uniti, è stato riportato che solo il 42% dei neonati è stato allattato al seno per i primi 3 mesi e il 21% per i primi 12 mesi (2). Le cause più frequenti riguardavano difficoltà nella pratica di allattamento, insoddisfazione del neonato per l’allattamento esclusivo, ripresa attività lavorativa e nel 13.2% malattie materne ad insorgenza acuta o necessità di assumere farmaci. Per la quanto riguarda la terapia farmacologica di tali patologie croniche, è sempre utile un’accurata valutazione, caso per caso, da parte del curante, che spesso però si trova con il dilemma di curare la paziente senza rischiare effetti avversi o peggio, intossicare il bambino. Il principio di base resta quello di somministrare i farmaci di cui si ha maggior esperienza clinica (es. da più tempo in commercio) ed al più basso dosaggio efficace, assumere il farmaco in monoterapia e valutare sempre il rapporto rischio-beneficio (minor rischio e massima efficacia). Ci sono pochissime patologie in cui l’allattamento al seno è sconsigliato, riportate dall’agenzia nazionale per la protezione sanitaria degli Stati Uniti (CDC) quali neonato diagnosticato con galattosemia e, se la madre è infettata dal virus dell'immunodeficienza umana (HIV) o sta assumendo farmaci antiretrovirali, se affetta da tubercolosi attiva e non trattata, se utilizza o è dipendente da sostanza illecite, se sta assumendo agenti chemioterapici come antimetaboliti che interferiscono con la replicazione del DNA e la divisione cellulare o è sottoposta a radioterapia. Tuttavia, tali terapie di medicina nucleare richiedono solo un'interruzione temporanea nell'allattamento al seno. Per quanto riguarda le malattie croniche preesistenti o concomitanti alla gravidanza (p.es. diabete mellito, asma, ipertensione arteriosa, patologie immunitarie, sindromi depressive e disturbi dell’umore fino alla psicosi puerperale), la terapia farmacologica è spesso impostata durante la gravidanza e dovrebbe essere continuata anche durante il periodo dell’allattamento.
Nel caso di diabete, l'allattamento al seno offre molti vantaggi. Riduce il livello di stress e riduce il rischio che il bambino sviluppa il diabete. L'insulina è compatibile con l'allattamento, mentre degli antidiabetici orali, il farmaco meglio studiato è la metformina. Dati limitati indicano che i anche livelli di gliburide nel latte sono trascurabili. Per entrambi i farmaci è sempre utile il monitoraggio glicemico del bambino. Le madri affette da epilessia non presentano controindicazione all’allattamento e almeno della metà delle pazienti epilettiche controllano completamente gli attacchi con la terapia preimpostata durante la gravidanza. Ci sono due preoccupazioni principali: che la donna continui a essere libera di attacchi e quindi in grado di prendersi cura del neonato e che i medicinali che prende per controllare le crisi epilettiche non compromettano lo stato di salute del bambino. I farmaci antiepilettici possono causare sedazione per cui potrebbe essere necessario offrire una bottiglia di formula occasionale nel caso che il bambino sia sedato. Per i farmaci antiepilettici classici, il Working Group on Drugs and Human Lactation degli Stati uniti definisce compatibile l’allattamento al seno durante la terapia materna con acido valproico o fenitoina o carbamazepina in monoterapia. Anche per i nuovi antiepilettici (lamotrigina, levetiracetam, topiramato, gabapentin, oxcarbazepina, pregabalin), nonostante i dati limitati, non vi è una chiara controindicazione in allattamento. Resta sempre indicato un accurato monitoraggio del lattante e, qualora compaiano effetti collaterali, il dosaggio sierico del farmaco. Per i barbiturici più usati come il fenobarbital, negli anni passati vi era una chiara controindicazione in allattamento in quanto farmaco con elevata lipofilia e potrebbe accumularsi nel latte. Recentemente è stata dimostrata una estrema variabilità farmacocinetica sia tra i diversi pazienti ma anche nel paziente stesso. Quindi attualmente il farmaco viene considerato compatibile con frequente monitoraggio neurologico del bambino. Delle volte è necessario interrompere l’allattamento al seno per eccessiva sedazione del neonato. La terapia farmacologica dell’asma bronchiale pone poche perplessità in quanto la quantità dei farmaci inalatori che passa nel latte è minima. Salbutamolo e beclometasone inalatori sono di prima scelta come anche altri corticosteroidi inalatori (budesonide, fluticasone), il sodio cromoglicato, beta2-agonisti a lunga durata di azione (salmeterolo e formoterolo) e corticosteroidi sistemici (prednisolone, prednisone, metilprednisolone). Infine, la teofillina risulta compatibile con l’allattamento, ma sempre utile il monitoraggio del bambino per eventuale irrequietezza. Anche per la terapia farmacologica dell’ipertensione arteriosa presenta un’ampia valutazione bibliografica. Molti studi hanno dimostrato che α-metildopa, calcio-antagonisti (nifedipina) e beta- bloccanti (propranololo, labetalolo e metoprololo) sono compatibili in allattamento. Gli ACE inibitori classificati come sicuri per l'uso nell'allattamento al seno includono il captopril e l'enalapril (3). Altri ACE inibitori non hanno studi sufficienti e non possono essere raccomandati in allattamento. I diuretici hanno pochi dati pubblicati e dei farmaci più usati come la furosemide dovrebbero essere evitati fino ad una valutazione scientifica più esaustiva. L’idroclorotiazide invece, fino a 50 mg/die è accettabile, mentre dosi superiori potrebbero ridurre la quantità prodotta del latte fino a soppressione totale.
Le patologie tiroidee possono essere ben curate e recentemente sono stati valutati anche farmaci che fino qualche anno fa richiedevano particolari precauzioni. Si deve tener conto inoltre, che i livelli degli ormoni tiroidei possono alterarsi durante l’allattamento e che nei 2/3 dei casi di ipotiroidismo la diagnosi viene fatta nel post-partum. La levotiroxina è sempre compatibile nell’allattamento mentre per l’ipertiroidismo, il propiltiouracile in dosaggi fino a 300 mg/die è stato considerato per anni il farmaco di scelta durante l’allattamento in quanto secreto nel latte materno in minime quantità. Recentemente, l’American Thyroid Association e l’American Association of Clinical Endocrinologists hanno suggerito di considerate come prima scelta il metimazolo fino a 20-30 mg/die a causa del rischio dose indipendente di epatotossicità per la madre ed il neonato correlato con terapia con propiltiouracile. Emicrania e algie persistenti possono essere trattate con vari FANS e triptani. I FANS più sicuri da utilizzare durante il periodo dell'allattamento al seno è ibuprofene seguito da basse dosi (75-162 mg/die) dell'acido acetilsalicilico (ASA). In dosi più elevate è controindicato nell'allattamento al seno a causa degli incidenti riportati di trombocitopenia e acidosi metabolica nei neonati (4). Le madri esposte a qualsiasi dose di ASA durante l'allattamento al seno devono essere istruite per non esporre i neonati nel latte umano se i neonati hanno febbre per il remoto se non teorico, rischio della sindrome di Reye. Il triptano più sicuro per uso in madri che allattano con emicrania, è il sumatriptan, mentre almotriptan ed eletriptan sono considerati moderatamente sicuri a causa di limitati dati disponibili. L’uso invece di analgesici narcotici a lungo termine è controindicato. I neonati sono particolarmente sensibili agli effetti dei farmaci morfino-simili e sono riportati casi di intossicazione vera e propria da oppiacei in allattamento (5-6). Infine, tra le patologie croniche più studiate e la corrispettiva terapia farmacologica sono i disturbi d’ansia e la depressione post-partum. Finora vi sono quasi 6000 pubblicazioni internazionali riguardanti tale patologie e la relativa terapia farmacologica. Tra i farmaci di prima scelta risultano gli antidepressivi triciclici (amitriptilina, nortriptilina) e degli inibitori del reuptake della serotonina, la sertralina e la paroxetina. Farmaci di seconda scelta per le caratteristiche farmacologiche e la quantità inferiore di dati pubblicati come citalopram, escitalopram, venlafaxina, fluoxetina, mirtazapina possono essere pure prescritti. Le benzodiazepine a breve emivita, non sono controindicate in puerperio. Tra i principi attivi più studiati risultano il lorazepam e l’oxazepam. Le benzodiazepine a lunga emivita invece, come il diazepam e delorazepam dovrebbero essere evitate in allattamento in quanto il rischio di sedazione neonatale e della crescita non adeguata risulta alto. Studi a lungo termine non hanno riscontrato effetti avversi, ma gli studi sono pochi e non sono in grado di chiarire completamente le ripercussioni del trattamento materno con SSRI sullo sviluppo neuro-cognitivo a lungo termine dei neonati. A questo scopo sono necessari ulteriori studi prospettici randomizzati ampi, semplici e ben progettati. Questi dovrebbero essere anche di lunghezza adeguata e eseguiti utilizzando parametri neurofisiologici riproducibili per stabilire fermamente la sicurezza di questi farmaci (7).
Per quanto riguarda le indagini diagnostiche in allattamento, si deve tener conto che le radiazioni emesse da radiografie, mammografie e TAC non si trasmettono nel latte e non influenzano in alcun modo l’allattamento. Lo stesso vale per la risonanza magnetica che si basa su campi elettro- magnetici. Quando è necessaria la somministrazione di mezzo di contrasto iodato oppure a base di gadolinio, in letteratura le opinioni sono discordanti. Le precedenti raccomandazioni indicavano sospensione dell’allattamento per 24 ore dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. Attualmente, diverse società scientifiche internazionali, oltre alle raccomandazioni del tavolo tecnico sull’allattamento del Ministero della salute, indicano che “se la madre viene sottoposta ad indagine radiologica (TAC, RMN) con mezzo di contrasto iodato o quelli a base di gadolinio, l’allattamento al seno è sicuro per il bambino allattato di qualunque età gestazionale. Vanno prudenzialmente evitati solo quelli a base di gadolinio della categoria “ad alto rischio di fibrosi sistemica nefrogenica” (gadopentetato dimeglumina, gadodiamide e gadoversetamide)”. In conclusione, le madri con malattie croniche non dovrebbero avere il dubbio di scegliere tra farmaci per gestire le loro malattie o di allattare al seno i loro bambini neonati. La maggior parte dei farmaci sono sicuri da prendere durante l'allattamento al seno. Le madri devono essere istruite di monitorare i loro bimbi per possibili effetti avversi e i bimbi devono essere strettamente controllati per la loro crescita, peso e sviluppo. Siti istituzionali internazionali (p.es. LactMed e Infant Risk Center) e nazionali (AIFA Farmaci e Gravidanza) possono essere consultati gratuitamente per le più recenti informazioni sulla revisione scientifica per l’uso di farmaci in allattamento. Supportando le madri con malattie croniche in allattamento, si promuove la salute sia delle pazienti che dei loro bambini e migliora la qualità della vita durante il periodo della maternità. Bibliografia 1. Odom EC, Li R, Scanlon KS, Perrine CG, Grummer-Strawn L. Reasons for earlier than desired cessation of breastfeeding. Pediatrics. 2013;131(3):e726-32. 2. Li R, Fein SB, Chen J, Grummer-Strawn LM. Why mothers stop breastfeeding: mothers' self-reported reasons for stopping during the first year. Pediatrics. 2008;122 Suppl 2:S69-76. 3. Rowe H, Baker T, Hale TW. Maternal medication, drug use, and breastfeeding. Pediatr Clin North Am. 2013;60(1):275-94. 4. Clark JH, Wilson WG. A 16-day-old breast-fed infant with metabolic acidosis caused by salicylate. Clin Pediatr (Phila). 1981;20(1):53-4. 5. Timm NL. Maternal use of oxycodone resulting in opioid intoxication in her breastfed neonate. J Pediatr. 2013;162(2):421-2. 6. Madadi P, Koren G, Cairns J, Chitayat D, Gaedigk A, Leeder JS, Teitelbaum R, Karaskov T, Aleksa K. Safety of codeine during breastfeeding: fatal morphine poisoning in the breastfed neonate of a mother prescribed codeine. Can Fam Physician. 2007;53(1):33-5. 7. Gentile S. SSRIs in pregnancy and lactation: emphasis on neurodevelopmental outcome. CNS Drugs. 2005;19(7):623-33.
Maria Lorella Giannì Latte materno e prematurità Il latte materno rappresenta l’alimento di prima scelta per il neonato pretermine, in particolar modo se nato con un peso inferiore a 1500 g (1), poiché apporta importanti benefici a livello gastrointestinale, immunologico, nutrizionale e cognitivo, molti dei quali sono dose-dipendenti. (tabella 1). Tabella 1: Vantaggi del latte materno nel nato pretermine (modificata da referenza n 2) Latte materno fresco Miglior apporto di nutrienti Migliore tolleranza alimentare con raggiungimento del “full enteral feeding”, vale dire l’assunzione di 150 ml/kg/die di latte per via enterale, in tempi più rapidi Diminuzione del rischio di sviluppare enterocolite necrotizzante Diminuzione del rischio di sviluppare sepsi Diminuzione del rischio di sviluppare retinopatia della prematurità e broncodisplasia Miglior sviluppo cerebrale e outcome neuroevolutivo Diminuzione del rischio di riospedalizzazione dopo la dimissione In particolare, per quanto riguarda la promozione dell’outcome neuro evolutivo, Vohr et al. (3), in una coorte di nati gravemente pretermine, hanno dimostrato, a 30 mesi di età corretta, un incremento di 0.59 punti all’Indice di Sviluppo Mentale e di 0.56 punti all’Indice di Sviluppo Psicomotorio, misurati con le scale di Bayley, per ogni 10 ml/Kg/die di latte materno in più assunto durante la degenza. Belfort et. al (4) hanno riportato un aumento del volume dei nuclei della sostanza grigia, al raggiungimento dell’età corretta, in 180 nati gravemente pretermine. Tale aumento è risultato essere direttamente proporzionale ai numeri di giorni in cui i bambini avevano ricevuto latte materno in quantità superiori al 50% dell’apporto enterale totale. Gli autori dimostrano inoltre una performance migliore all’età di 7 anni per quanto riguarda il quoziente intellettivo (0.5 punti per ogni giorno di allattamento; 95% CI, 0.2-0.8), i test di matematica (0.5 punti per ogni giorno di allattamento; 95% CI, 0.1-0.9), di memoria (0.5 punti per ogni giorno di allattamento; 95% CI, 0.1-0.9) e di funzione motoria (0.1 punti per ogni giorno di allattamento; 95% CI, 0.0-0.2).
Va anche ricordato che la modulazione positiva della funzione immunologica svolta dal latte materno persiste anche a distanza; è stata infatti dimostrata una incidenza significativamente inferiore di riospedalizzazione, secondaria all’insorgenza di infezioni respiratorie, all’età di 30 mesi di età corretta, in neonati nati di peso inferiore a 1000 g (3). Tale riduzione risulta essere tanto maggiore quanto più elevati sono stati i volumi di latte materno assunti durante la degenza. In particolare, i soggetti che avevano ricevuto elevate quantità di latte materno, pari all’80 percentile, erano riospedalizzati nel 53% dei casi mentre i soggetti che erano stati alimentati con latte di formula erano riospedalizzati nel 60% dei casi. Alla luce dei numerosi benefici che derivano dalla nutrizione con latte materno, è di fondamentale importanza che le mamme siano supportate nell’avvio e nella prosecuzione dell’allattamento oltre che essere istruite su come prelevare, conservare e somministrare il latte al proprio bambino nel caso in cui, per diverse ragioni, non sia possibile attaccarlo direttamente al seno. Va tuttavia tenuto presente che, il latte, quando viene estratto e conservato, deve essere raccolto e conservato rispettando scrupolosamente alcune semplici norme igieniche, al fine di evitarne una potenziale contaminazione. Una volta raccolto, il latte può essere dato, come prima scelta, fresco, oppure può essere conservato. In letteratura non c’è accordo unanime sulla durata di conservazione del latte in frigorifero a +4 °C e conseguentemente esiste un’ampia variabilità di indicazioni. In particolare viene definito sicuro per il proprio bambino il latte materno refrigerato per una durata non superiore a 24 h se conservato a domicilio (5). Va comunque segnalato che in letteratura è stato dimostrato che, a +4°C, le proprietà biologiche, nutrizionali e le caratteristiche microbiologiche del latte rimangono quasi invariate fino a 96 ore (6). Inoltre, lisozima, lattoferrina, IgA secretorie e attività antiossidante del latte rimangono stabili; si registra invece solo una lieve diminuzione del pH dovuta a una parziale idrolisi dei trigliceridi (7). Per quanto riguarda il congelamento, si raccomanda la conservazione ad una temperatura di - 20° per un periodo massimo di sei mesi; nel caso di neonato pretermine tale periodo deve essere ridotto a 3 mesi. E’ stato dimostrato che la conservazione a -25°C per 3 mesi determina una minima perdita dell’attività biologica del latte; si riscontra infatti una diminuzione di vitamine B e C, IgM, IgG, C3, lipasi, numero e funzione delle cellule, attività batteriostatica, mentre il contenuto di IgA secretorie, lisozima, lattoferrina ed alcuni fattori nutritivi come aminoacidi, alfa- e gamma- tocoferolo, retinolo non subisce variazioni. Va inoltre ricordato che un periodo più prolungato determina un aumento degli acidi grassi liberi secondaria alla distruzione dei globuli di grasso (8). Dopo lo scongelamento è importante ricordare che la durata di utilizzo del latte è inferiore a causa della riduzione dell’attività batteriostatica.
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