Aggiornamento del modello di previsione del sistema pensionistico della RGS: le previsioni '99

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MINISTERO DEL TESORO DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

                                       Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato
                                              Ispettorato Generale per la Spesa Sociale

 Aggiornamento del modello di previsione del sistema
      pensionistico della RGS: le previsioni ’99
   Indice di dipendenza dgli anziani

                                                                                                                    Spesa in % del Pil

                                       2000   2005   2010   2015   2020   2025   2030   2035   2040   2045   2050

                                                               Roma, Giugno 1999
Aggiornamento del modello di previsione del sistema
      pensionistico della RGS: le previsioni ‘99

                                                    Indice

1.Premessa ...........................................................................................................3

2.L’aggiornamento del modello ..........................................................................3

3.La definizione del nuovo scenario macroeconomico .......................................5

4.La previsione ’99 ..............................................................................................9

Bibliografia........................................................................................................18

                                            Roma, giugno 1999
Aggiornamento del modello di previsione del sistema
         pensionistico della RGS: le previsioni ‘99

1.Premessa
   Nel presente lavoro verranno illustrate le nuove previsioni del sistema
pensionistico obbligatorio ottenute con la versione aggiornata del modello
demografico della RGS. Particolare attenzione verrà dedicata alla descrizione del
processo di aggiornamento che è risultato abbastanza intenso ed ha coinvolto, in
vario modo gli algoritmi di calcolo, i dati di base da cui prendono avvio le
previsioni, le basi tecniche e le ipotesi dello scenario macroeconomico. Infine,
verranno illustrate le differenze rispetto alle ultime previsioni pubblicate
(Ministero del Tesoro, 1998; Ministero del Tesoro-RGS, 1998). L’analisi di
dettaglio dei risultati e gli ulteriori approfondimenti concernenti lo studio di
sensitività e la convergenza del sistema in stato stazionario, verranno forniti in
documenti successivi.

2.L’aggiornamento del modello
   L’aggiornamento del modello ha riguardato innanzitutto l’implementazione di
alcune importanti funzioni di calcolo finalizzate a migliorare la riproduzione delle
caratteristiche peculiari del quadro normativo-istituzionale del sistema
pensionistico Italiano. Rispetto alle versioni precedenti (Ministero del Tesoro-
RGS, 1996, 1997, 1998), esso recepisce al suo interno l’algoritmo di calcolo
sottostante i modelli normativo-istituzionali basato su processi markoviani, finiti,
discreti e non omogenei. Tale implementazione, al momento, ha riguardato il
FPLD e le tre gestioni dei lavoratori autonomi, nell’ambito del settore privato, gli
Ex Istituti di Previdenza, la Scuola, i Ministeri e l’Università, nell’ambito del
settore pubblico. Complessivamente, l’aggregato copre circa il 85% della spesa
pensionistica dell’intero sistema obbligatorio ed oltre il 90% del numero di
pensioni erogate. La parte restante del sistema (Gestioni Speciali presso l’INPS,
l’INPGI, l’ENPALS, l’INPDAI, Difesa e Forze di Polizia, Ferrovie dello Stato,
Poste e Telecomunicazioni, Casse dei Liberi Professionisti) è trattata in forma
residuale con un maggiore livello di aggregazione. Relativamente a tale
componente, sono in fase di elaborazione modelli normativo-istituzionali specifici
da inserire nell’ambito del modello generale in occasione del prossimo
aggiornamento.
  Le modifiche apportate consentono di ottenere, per la quasi totalità del sistema
pensionistico, risultati molto più analitici rispetto alle precedenti versioni del

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modello. Analogamente, le informazioni di base necessitano di un grado di
disaggregazione decisamente più ampio. In particolare, il livello di
disaggregazione previsto sia per la base dati del modello che per i risultati delle
previsioni coincide con la definizione degli stati su cui opera il processo
markoviano sottostante i modelli normativo-istituzionali. Tali modelli
distinguono, per ciascuno comparto: l’età, il sesso, l’anzianità contributiva (classi
annuali da 0 a 42 o 49 a seconda dei casi), il regime pensionistico (retributivo,
contributivo e misto), lo stato assicurativo (contribuente, silente, pensionato
contribuente, pensionato), la tipologia di prestazione (vecchiaia, anzianità,
invalidità, inabilità, reversibilità). Inoltre, per la maggior parte delle variabili
monetarie (importi di pensione, retribuzioni o redditi), anch’esse distribuite
secondo la struttura degli stati considerati, il modello costruisce dinamicamente
distribuzioni di probabilità specifiche che consentono una più fedele riproduzione
di alcuni istituti del nostro sistema pensionistico. In particolare, la nuova
impostazione consente di trattare adeguatamente il meccanismo dell’integrazione
al trattamento minimo in vigore per il regime retributivo e misto, l’indicizzazione
delle pensioni per fascia di importo, la selezione nell’accesso al pensionamento
basato sul limite minimo di pensione pari a 1,2 volte l’assegno sociale nell’ambito
del regime contributivo. Il maggiore livello di analiticità rende, inoltre, possibile o
più precisa la quantificazione degli effetti derivanti da modificazione di ipotesi
normative. I miglioramenti maggiori hanno riguardato la gestione dei requisiti di
accesso al pensionamento nella fase di transizione dal regime retributivo a quello
contributivo.
    Il maggior livello di analiticità raggiunto consente inoltre di gestire, nel pieno
rispetto della coerenza demografica, sia la molteplicità delle posizioni
pensionistiche dirette che fanno capo ad uno stesso soggetto (come ad es. le
pensioni supplementari e quelle integrative obbligatorie) sia le prestazioni erogate
a soggetti non residenti. Nella precedente versione, invece, il vincolo demografico
rendeva necessario distribuire la spesa relativa alle suddette prestazioni sulla
popolazione residente titolare di pensione diretta. L’effetto di tale operazione era
quello di ridurre il numero iniziale delle pensioni dirette con la conseguente
attribuzione di un importo più elevato.
   Fra i miglioramenti apportati, occorre infine segnalare l’ampliamento del
periodo di previsione al 2050 così da coprire l’intero arco temporale per il quale
sono disponibili le previsioni demografiche elaborate dall’Istat. In realtà la nuova
impostazione metodologica non pone altro limite all’ampiezza del periodo di
previsione che non sia la lunghezza delle proiezioni demografiche.
   Le posizioni assicurative e pensionistiche nonché i relativi redditi ed importi di
pensione sono aggiornati al 31/12/97. Allo stesso anno sono aggiornati i dati di
partenza relativi alle forze di lavoro e agli occupati. Le basi tecniche hanno subito
una sostanziale revisione dovuta in parte alla maggiore informazione disponibile e
in parte alle profonde trasformazioni metodologiche apportate al modello. In

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particolare, riguardo a questo secondo aspetto, si è reso necessario specificare le
probabilità di transizione per un insieme di stati estremamente più ampio di quello
contemplato dal precedente modello. Una parte dei dati e delle basi tecniche è
stata mutuata dall’INPS ed opportunamente adattata alla struttura del modello; la
parte restante, che ha riguardato soprattutto il comparto dei dipendenti pubblici, è
stata oggetto di autonome elaborazioni effettuate sulla base di un’indagine
statistica della RGS sulle posizioni assicurative dei dipendenti dello Stato
(Ministero del Tesoro-RGS, 1997a).
    Lo scenario demografico non presenta alcuna variazione. Come in passato,
vengono recepite le previsioni della popolazione elaborate dall’Istat nell’ipotesi
“centrale” (Ministero del Tesoro-RGS, 1997,1998). Il quadro macroeconomico,
invece, pur confermando un tasso di crescita reale del PIL pari a circa l’1,5%
medio annuo per tutto il periodo di previsione, adotta un profilo più contenuto del
tasso di crescita della produttività accompagnato da più elevati livelli
occupazionali. Tali modifiche tengono conto di alcuni rilievi critici mossi in
merito alla scomposizione della dinamica reale del PIL adottata nella precedente
definizione dello scenario macroeconomico. In particolare, da una parte è stato
ritenuto troppo basso il livello del tasso di attività femminile e del tasso di
occupazione e, dall’altra, eccessivo il tasso di crescita della produttività assunto
nella seconda parte del periodo di previsione (2,6%).
   Relativamente al quadro normativo-istituzionale, il modello recepisce la
normativa vigente, nella fase transitoria e a regime, così come delineata dalla
legge di riforma n. 335 del 1995 e le successive integrazioni previste dalla
L 449/97. Come previsto dalla normativa vigente, si assume l'indicizzazione delle
pensioni ai soli prezzi e la revisione decennale dei coefficienti di trasformazione
in funzione della speranza di vita implicita nelle previsioni demografiche.

3.La definizione del nuovo scenario macroeconomico
   Le nuove previsioni (da ora in avanti “previsioni ‘99”) adottano un quadro
macroeconomico diverso rispetto a quello impiegato nelle precedenti elaborazioni
(Ministero del Tesoro, 1998; Ministero del Tesoro-RGS, 1998). La diversità
riguarda non tanto la dinamica endogena del PIL, la cui crescita reale risulta
sostanzialmente confermata attorno all’1,5% medio annuo nell’intero periodo di
previsione, quanto piuttosto la scomposizione nelle due componenti: tasso di
variazione della produttività e tasso di variazione del numero di occupati. In
teoria, esistono infinite combinazioni delle due variabili compatibili con un
determinato tasso di sviluppo. Sotto questo vincolo, l’adozione di un quadro
macroeconomico caratterizzato da produttività elevata e bassa occupazione
costituisce uno scenario prudenziale ai fini dell’analisi della sostenibilità
finanziaria del sistema pensionistico rispetto ad altre combinazioni caratterizzate
da livelli più bassi di produttività ed occupazione più elevata. Ciò dipende dal
fatto che le variazioni nella dinamica della produttività si riflettono fin da subito

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sulla spesa pensionistica in quanto condizionano i livelli retributivi o reddituali su
cui è parametrato l’importo delle pensioni di nuova decorrenza. Al contrario, i
differenziali nella dinamica occupazionale, essendo imputabili prevalentemente ai
nuovi ingressi, si collocano in età relativamente giovani e, quindi, espletano il loro
effetto sulla spesa pensionistica in media con molti anni di ritardo.
    Oltre a considerazioni di carattere economico, tale esigenza ha indubbiamente
pesato nella definizione del quadro macroeconomico adottato in precedenza.
Infatti, nonostante le tendenze demografiche producano un calo della popolazione
attiva e del numero degli occupati molto consistente, specie nella seconda parte
del periodo di previsione, si assumeva la costanza dei tassi di attività e di
disoccupazione specifici per età e sesso. In particolare, tale ipotesi implicava un
tasso medio di partecipazione femminile strutturalmente inferiore ai livelli già
attualmente raggiunti nella maggior parte dei paesi economicamente evoluti ed un
tasso di disoccupazione circa il doppio di quello attualmente rilevato negli Stati
Uniti1. Inoltre, si rinunciava ad un’ipotesi di incremento del flusso netto di
immigrati rispetto alle 50 mila unità l’anno impliciti nelle previsioni demografiche
Istat. Allo stesso tempo però, in presenza di un calo del numero di occupati molto
consistente (oltre il 25%), e particolarmente rapido nella seconda parte del periodo
di previsione, si riteneva esistessero le condizioni economiche per una crescita
della produttività per occupato più sostenuta (2,6%) di quella adottata nella prima
parte del periodo di previsione (1,5% e 1,8%). Di fronte ad una forte contrazione
del fattore lavoro, che non ha precedenti nella storia passata, è realistico attendersi
un maggiore investimento in “capitale umano” tramite un potenziamento della
formazione di base e dell’aggiornamento professionale. Contestualmente, le
imprese dovrebbero optare per tecnologie di produzione a più alta intensità di
capitale al fine di economizzare il fattore lavoro divenuto relativamente più scarso
e costoso. Viceversa, ove si fossero adottate ipotesi più ottimistiche sulla dinamica
occupazionale le argomentazioni sopra esposte avrebbero, almeno in parte, perso
di peso. Infatti, in un contesto nel quale il calo dell’occupazione dovesse risultare
meno intenso, probabilmente anche le potenzialità di crescita della produttività
verrebbero ridimensionate.
    Le ipotesi del quadro mocroeconomico sopra descritto sono state oggetto di
alcune osservazioni critiche che ne hanno consigliato una parziale revisione. Le
critiche non hanno riguardato tanto il profilo di crescita del PIL reale, previsto
attorno all’1,5% medio annuo, quanto piuttosto la sua scomposizione fra la
componente occupazionale e la produttività media del lavoro. In particolare, si è
ritenuto che la costanza dei tassi di attività specifici delle femmine nella fascia di
età 30-50, per tutto il periodo di previsione, rappresentasse un’ipotesi

   1
    Alla fine del periodo di previsione (2045), il tasso di attività femminile, nella fascia di età 15-
65 anni, risultava del 45% mentre il tasso di disoccupazione si collocava, per entrambi i sessi, al
9% circa.

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eccessivamente pessimistica in considerazione del fatto che il tasso di
partecipazione delle donne è, in Italia, uno dei più bassi fra i paesi sviluppati. Di
conseguenza, un graduale riallineamento verso i livelli già raggiunti in altri paesi
industrializzati appare assolutamente realistico specie in considerazione dei futuri
andamenti demografici. Analogamente, il tasso di disoccupazione dovrebbe
convergere verso valori più contenuti. Il livello attualmente registrato nel nostro
paese risulta di circa due, tre volte superiore al tasso cosiddetto “naturale” al quale
si collocano attualmente paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra.
    Di segno opposto sono le osservazioni in merito alla produttività media del
lavoro. In questo caso, è stata ritenuta eccessiva l’assunzione di un tasso di
crescita pari al 2,6% nella seconda parte del periodo di previsione. Premesso che
le ipotesi sulla dinamica della produttività nel medio-lungo periodo sono soggette
ad ampi margini di discrezionalità, l’indicazione prevalente è per un tasso di
crescita di circa il 2%. Tale valutazione, in realtà, emerge più dall’analisi delle
dinamiche storiche che da considerazioni mirate ad indagare i riflessi sulle scelte
di produzione derivanti dalle forti trasformazioni demografiche attese.
    Nella definizione del nuovo quadro macroeconomico le modifiche sono state
apportate garantendo la massima prudenzialità nelle scelte. In particolare, si è
ritenuto che i miglioramenti nei tassi di attività femminili e nei tassi di
disoccupazione, in assenza di specifiche politiche rivolte a tale scopo, possano
realizzarsi solo negli anni in cui si produrrà un forte calo occupazionale. Più in
dettaglio, i tassi di attività specifici delle femmine sono stati incrementati
gradualmente per coorte a partire dalla generazione delle 30-enni del 2016. Alla
fine del periodo di previsione il tasso di partecipazione medio nella fascia di età
30-50 aumenta di circa 17 punti percentuali passando dal 57% dell’inizio del
periodo di previsione al 74%. Come nelle precedenti previsioni, i tassi specifici
maschili e femminili evolvono in funzione dei requisiti di accesso al
pensionamento previsti dalla normativa vigente (cfr. fig. 1).
   I tassi specifici di disoccupazione sono stati ridotti gradualmente a partire dal
2021. La correzione è stata apportata in misura proporzionale all’entità del tasso
specifico. Essa determina una riduzione del tasso medio al 5% nel 2045 e al 4%
nel 2050 (cfr. fig. 2). Nel periodo 1998-2003 i tassi di disoccupazione specifici per
età e sesso sono stati gradualmente ridotti in modo tale da portare il tasso di
disoccupazione medio dal 12,3% all’10,3%2. Tale dinamica si giustifica in
considerazione del fatto che il tasso di disoccupazione del 1997 ha risentito di
fattori congiunturali negativi per quanto riguarda la crescita economica. In
particolare, la forte decrescita degli occupati fra il 1993 e il 1995 è stata solo
parzialmente recuperata nei due anni successivi. Si suppone che tale trend possa

   2
     Tale andamento è in linea con le indicazioni contenute nella bozza del DPEF 2000-2003 in
fase di elaborazione.

                                               7
ancora proseguire fino a portare il tasso di disoccupazione ai livelli mediamente
registrati negli anni antecedenti il 1993.
   Per quanto riguarda la dinamica della produttività media per occupato, si è
assunto un tasso di crescita del 2% a partire dal 2021. Le esigenze di prudenzialità
sopra ricordate, hanno consigliato di confermare, nella sostanza, le ipotesi del
precedente scenario relative alla prima parte del periodo di previsione in cui si
assumevano tassi di variazione significativamente inferiori. In particolare, fra il
2004 ed il 2020, il tasso viene fatto crescere gradualmente con un incremento
dello 0,1% ogni tre anni. Mentre nel triennio 2001-2003, la produttività per
occupato è stata ipotizzata tale da garantire una dinamica del PIL reale pari al 2%,
che corrisponde al tasso medio registrato nel ventennio 1979-1998.
    Le ragioni che hanno spinto ad utilizzare una dinamica del PIL
significativamente inferiore a quella indicata nella bozza del DPEF 2000-2003
risponde alla necessità di adottare ipotesi di scenario che colgano gli andamenti
strutturali delle variabili macroeconomiche in tutto il periodo di previsione. Infatti,
l’adozione di dinamiche congiunturali, seppure limitamente ai primi anni,
comporta un duplice inconveniente. In primo luogo, il livello del rapporto fra
spesa pensionistica e PIL risulterebbe, nell’intero arco di osservazione, dipendente
da scelte di breve periodo3. E, quindi, si potrebbe determinare un miglioramento
od un peggioramento della sostenibilità del sistema in assenza di qualsiasi
modifica dei parametri strutturali del modello (parametri demografici, tassi di
attività e di disoccupazione, produttività, quadro normativo istituzionale,
propensioni al pensionamento ecc.). In secondo luogo, tale oscillazione si
determinerebbe, in un senso o nell’altro, ad ogni aggiornamento del quadro
macroeconomico di breve periodo qualora la dinamica congiunturale del PIL
dovesse discostarsi significativamente dalla dinamica di lungo periodo.
   Del resto, l’analisi degli andamenti ciclici dell’economia esula totalmente dalle
finalità conoscitive di una previsione di medio-lungo periodo degli equilibri
finanziari del sistema pensionistico. In un tale contesto, la previsione del PIL deve
essere effettuata tenendo conto dei soli fattori che sono in grado di condizionarne
la dinamica in modo strutturale quali le trasformazioni demografiche, la
modificazione della struttura dei tassi di attività e di occupazione, la dinamica di
lungo periodo della produttività. Questa esigenza prescinde da qualsiasi giudizio
in merito alla realisticità della previsione di breve periodo. Essa poggia sul fatto
che la previsione del PIL di lungo periodo non consente di contemplare cicli
negativi o positivi in grado di compensare una crescita economica superiore od
inferiore a quella strutturale che dovesse essere adottata nei primi anni di
previsione.

   3
     Occorre tener presente che la dinamica della spesa pensionistica prescinde quasi totalmente
dal ciclo economico. Gli effetti congiunturali sono limitati alla dinamica dei prezzi la quale trova
generalmente compensazione nella dinamica del deflatore del PIL.

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Gli aspetti qualificanti del nuovo quadro macroeconomico sono illustrati nella
fig. 3. Per una migliore comprensione delle dinamiche di lungo periodo delle
variabili riportate, i valori relativi al periodo di previsione sono messi a confronto
con i valori storici rilevati a partire dal 1961. La dinamica reale del PIL si attesta
in media attorno all’1,5%. Si colloca al di sopra di tale valore nel primo decennio
del periodo di previsione mentre si mantiene leggermente al di sotto nel periodo
successivo. Il gap si annulla in prossimità del 2050. A partire dal 2020, il tasso di
variazione reale del PIL scaturisce da un tasso di crescita della produttività media
del lavoro pari al 2% ed un tasso di variazione degli occupati di circa -0,5%.

4.La previsione ’99
   La fig. 4.1 illustra la previsione del rapporto fra spesa pensionistica e PIL
ottenuta con la nuova versione del modello e l’adozione del quadro
macroeconomico descritto nel paragrafo precedente. Per favorire il confronto con
le precedenti previsioni, la spesa del sistema pensionistico obbligatorio è stata
incrementata della quota relativa alle pensioni sociali (o assegni sociali, dal 1995).
La curva mostra l’andamento ormai noto. Essa presenta una crescita rapida nei
primi 17 anni del periodo di previsione dove fa registrare un incremento di 1,4
punti percentuali di PIL passando dal 14,2% del 1998 al 15,6% del 2015. La
crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL prosegue nei 17 anni successivi
ad un ritmo molto più contenuto (0,2 punti nell’intero periodo) fino a raggiungere
il punto di massimo, pari a 15,8%, nel 2032 (1,6% in più rispetto al valore del
1998). Dopodiché la curva inizia a decrescere rapidamente fino a raggiungere il
13,2% nel 2050.
    La scomposizione del rapporto fra spesa pensionistica e PIL nel prodotto fra la
componente cosiddetta “demografica” (pensioni su occupati) e quella “normativo-
istituzionale” (pensione media su produttività del lavoro) consente di analizzare
meglio le ragioni di tale andamento (figg. 4.2 e 4.3). In merito alla prima delle due
componenti, occorre precisare che il numeratore del rapporto si riferisce al numero
di pensioni e non già al numero di pensionati che, come noto, risulta molto più
contenuto (circa il 18% in meno nel 1997).
   La forte crescita registrata nel primo terzo del periodo di previsione è dovuta,
quasi esclusivamente, ad un aumento del numero di pensioni (solo parzialmente
compensato dall’aumento del numero di occupati) in presenza di una sostanziale
invarianza del rapporto fra pensione media e produttività. Poiché le pensioni in
essere sono rivalutate ai soli prezzi, ciò significa che l’effetto rinnovo dovuto ai
differenziali di importo fra le pensioni di nuova liquidazione e le pensioni cessate
produce sull’importo medio dello stock di pensioni, un effetto all’incirca pari alla
crescita reale della produttività media del lavoro. Ciò dipende prevalentemente
dagli alti rendimenti del sistema retributivo che trova applicazione integrale a

                                           9
favore dei soggetti che accedono al pensionamento nel periodo considerato4. Nella
stessa direzione operano il calo dimensionale delle pensioni di invalidità, di
importo relativamente basso, e l’aumento della contribuzione media conseguente
all’inasprimento dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento. Entrambi i
fenomeni producono un effetto importante nel contrastare l’aumento del numero
di prestazioni ma, indirettamente, contribuiscono ad una espansione dell’importo
medio di pensione.
   Il rallentamento della crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL nella
parte centrale del periodo di previsione, è dovuto esclusivamente ad una riduzione
del rapporto fra pensione media e produttività. Tale risultato scaturisce da una
forte contrazione del tasso di crescita della pensione media in conseguenza
dell’introduzione graduale del sistema contributivo. In questi anni, infatti, trovano
accesso al pensionamento, in misura prevalente, gli assicurati assoggettati al
regime misto. L’effetto risulta così pronunciato da più che controbilanciare il forte
aumento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. In particolare,
tale aumento presenta una significativa accelerazione rispetto al periodo
precedente dovuta sia ad una maggiore dinamica del numero delle pensioni che
alla decrescita del numero di occupati. Oltre ai noti fattori demografici, tale
andamento è favorito dalla cessazione dell’effetto di contenimento prodotto dal
calo delle pensioni di invalidità e dall’inasprimento dei requisiti di accesso al
pensionamento che operavano nel periodo precedente.
   Infine, l’ultima fase del periodo di previsione vede un forte e rapido calo del
rapporto fra spesa pensionistica e PIL dovuto al passaggio graduale dal regime
misto al regime contributivo in presenza di un rallentamento, prima, e di una
inversione di tendenza, poi, del rapporto fra numero di pensioni e numero di
occupati. Tale rapporto raggiunge il suo livello massimo di oltre il 130% nel 2044,
allorquando inizia a decrescere in conseguenza della progressiva eliminazione per
morte delle generazioni del baby boom.
    Escludendo le pensioni sociali (fig. 5), il profilo del rapporto fra spesa
pensionistica e PIL risulta sostanzialmente invariato rispetto a quello illustrato in
precedenza. Il livello, ovviamente, risulta più contenuto in misura corrispondente
all’incidenza che la spesa per pensioni sociali assume rispetto al PIL5 Al netto di
tale componente, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL scende dal 15,8% al
15,5%, nel punto di massimo, e da 13,2% al 12,9%, alla fine del periodo di
previsione. Poiché i trattamenti in questione hanno importi molto bassi, tale
riduzione si traduce una significativa contrazione del rapporto fra numero di

   4
       Si tratta dei soggetti con almeno 18 anni di contributi al 31/12/95.
   5
     Tale componente è prevista in crescita coerentemente con l’aumento dimensionale della
popolazione anziana.

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pensioni e numero di occupati e in un leggero aumento del rapporto fra pensione
media e produttività.
   Nella fig. 6.1 le nuove previsioni (a lordo delle pensioni sociali) vengono
messe a confronto con le ultime pubblicate (Ministero del Tesoro, 1998; Ministero
del Tesoro-RGS 1998). Come si evince dal grafico le due curve presentano
scostamenti assai contenuti. Le differenze più rilevanti si collocano nei primi 20
anni del periodo di previsione e sono imputabili esclusivamente ad una dinamica
del PIL più contenuta nelle previsioni ‘99 rispetto a quelle ‘98. Al contrario, i
valori di spesa, risultano sostanzialmente allineati nella prima parte del periodo di
previsione. Nella parte centrale e finale, invece, la diversa combinazione fra
produttività ed occupazione adottata nel nuovo scenario, produce un leggero
contenimento della spesa che compensa una dinamica del PIL lievemente più
bassa. La scomposizione del rapporto fra spesa pensionistica e PIL nella
componente demografica e normativo-istituzionale evidenzia scostamenti
compensativi nella parte iniziale e centrale del periodo di previsione dovute sia
alle innovazioni metodologiche del modello che all’aggiornamento dei dati di base
discussi nel §. 1 (cfr. figg. 6.2 e 6.3).

                                          11
Fig. 1: tassi di attività - confronto tra anni

Fig. 1.1: maschi

   100%

    80%

    60%                                                                              2000
                                                                                     2050
    40%

    20%

      0%
           15      20   25      30    35    40         45   50   55   60   65   70
                                                 età

Fig. 1.2: femmine

   100%

    80%

    60%                                                                              2000
                                                                                     2050
    40%

    20%

      0%
           15      20   25      30    35    40         45   50   55   60   65   70
                                                 età

                                                   12
Fig. 2: tassi di disoccupazione - confronto tra anni

Fig. 2.1: maschi

   50%
   45%
   40%
   35%
   30%                                                                         2000
   25%                                                                         2050
   20%
   15%
   10%
    5%
    0%
         15    20    25   30    35   40         45   50   55   60   65   70
                                          età

Fig. 2.2: femmine

   50%
   45%
   40%
   35%                                                                        2000
   30%                                                                        2050
   25%
   20%
   15%
   10%
    5%
    0%
         15    20    25   30    35   40         45   50   55   60   65   70
                                          età

                                                     13
Fig 3: dinamica reale del PIL in Italia - dati storici e scenari di previsione

Fig. 3.1: Tasso di variazione reale del Pil

       8,0%

       6,0%

       4,0%

       2,0%

       0,0%

      -2,0%

      -4,0%
          1960        1970        1980       1990      2000        2010          2020        2030    2040       2050

                        valori previsivi              valori storici (*)                tasso dell' 1,5%

Fig. 3.2: Tasso di variazione reale della produttività

    8,0%

    6,0%

    4,0%

    2,0%

    0,0%

    -2,0%

    -4,0%
        1960        1970        1980       1990      2000        2010           2020    2030        2040       2050

               valori previsivi (per occupato)                valori storici (per ULA) (*)                  tasso del 2%

Fig. 3.3: Tasso di variazione dell'occupazione

     8,0%

     6,0%

     4,0%

     2,0%

     0,0%

    -2,0%

    -4,0%
        1960         1970        1980      1990       2000        2010          2020        2030    2040        2050

               valori previsivi (per occupato)               valori storici (per ULA) (*)              tasso del -0,5%

(*) Fonte: dal 1961 al 1969 R. Golinelli (1992); dal 1970 al 1998 Istat.

                                                                           14
Fig. 4: Spesa pensionistica, al lordo delle pensioni sociali, in % del PIL e sua
                         scomposizione - previsione '99

Fig. 4.1: spesa in rapporto al PIL

  18%

  17%

  16%                                       15,6%                        15,8%

  15%
         14,2%

  14%

                                                                                                   13,2%
  13%

  12%
     1995     2000    2005    2010     2015         2020   2025   2030    2035    2040   2045   2050

Fig. 4.2: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

 16%     15,5%                              15,6%

 14%
                                                                          13,0%
 12%

 10%                                                                                                   10,1%

  8%
    1995     2000     2005    2010     2015         2020   2025   2030     2035   2040   2045   2050

Fig. 4.3: rapporto tra pensioni ed occupati

 160%

 140%

                                                                                                   130%
                                                                  122%
 120%

                                     100%
 100%
         92%

   80%
      1995     2000    2005    2010     2015        2020   2025   2030     2035   2040   2045   2050

                                                           15
Fig. 5: Spesa pensionistica, al netto delle pensioni sociali, in % del PIL e sua
                         scomposizione - previsione '99

Fig. 5.1: spesa in rapporto al PIL

  18%

  17%

  16%
                                            15,4%                        15,5%

  15%
         14,1%
  14%

  13%                                                                                              12,9%

  12%
     1995     2000    2005    2010     2015         2020   2025   2030    2035    2040   2045   2050

Fig. 5.2: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

         15,8%                              15,9%
 16%

 14%
                                                                          13,2%

 12%

                                                                                                       10,4%
 10%

  8%
    1995     2000     2005    2010     2015         2020   2025   2030     2035   2040   2045   2050

Fig. 5.3: rapporto tra pensioni ed occupati

 160%

 140%

                                                                                                   125%
 120%                                                             117%

 100%                                96%
         89%

   80%
      1995     2000    2005    2010        2015     2020   2025   2030     2035   2040   2045   2050

                                                           16
Fig. 6: Spesa pensionistica in % del PIL e sua scomposizione
                                 confronto tra previsioni

Fig. 6.1: spesa in rapporto al PIL

  18%

  17%

  16%
                                                                                               Previsione '99
  15%

                                                                                               Previsione '98 (*)
  14%

  13%

  12%
     1995    2000    2005    2010    2015   2020   2025    2030    2035    2040   2045

Fig. 6.2: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

 16%

                                                                                               Previsione '99
 14%

                                                                                               Previsione '98 (*)
 12%

 10%
    1995     2000    2005   2010     2015   2020   2025    2030    2035    2040   2045

Fig. 6.3: rapporto tra pensioni ed occupati

 1,6

 1,4

                                                                                              Previsione '99
 1,2

                                                                                              Previsione '98 (*)
 1,0

 0,8
   1995     2000    2005    2010     2015   2020   2025   2030    2035    2040    2045

(*) Contenuta in: "Italy's convergence towards EMU", Ministero del Tesoro, 1998. Per una descrizione delle ipotesi
sottostanti la previsione Ministero del Tesoro-RGS, 1998.

                                                             17
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