10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...

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10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
“il Po comincia, perché l’acqua è roba fatta per rimanere orizzontale”
                                                                       Giovannino Guareschi

10.09 - GIOVEDI’ - PRIMA TAPPA - “DA CASALE MONFERRATO A CREMONA”
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10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
Il Po è un fiume dell'Italia settentrionale. La sua lunghezza, 652 km, lo rende il più lungo
fiume interamente compreso nel territorio italiano, quello con il bacino idrografico più
esteso (circa 71 000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa
minima (assoluta 270 m³/s), media (1 540 m³/s) o massima (13 000 m³/s), oltre ad
essere il quinto fiume europeo (esclusa la Russia) per portata media (dopo Danubio, Reno,
Rodano e Nipro). Ha origine in Piemonte, bagna direttamente tre capoluoghi (Torino,
Piacenza, Cremona) e ne lambisce un quarto (Ferrara), segnando inoltre per lunghi tratti il
confine tra Lombardia e Emilia-Romagna, nonché tra quest'ultima e il Veneto, prima di
sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con sei rami. Per la maggior parte del suo
corso il Po scorre su un territorio pianeggiante al quale dà il nome, la pianura Padana. Per
la posizione geografica, la lunghezza, il bacino e gli eventi storici, sociali ed economici che
hanno riguardato il fiume sin dall'antichità, il Po è riconosciuto come il più importante tra i
fiumi d'Italia.
Il Po attraversa con il suo corso gran parte dell'Italia settentrionale, da ovest verso est
percorrendo tutta la Pianura Padana. Dalla sorgente alla foce, attraversa tredici province:
Cuneo, Torino, Vercelli e Alessandria in Piemonte; Pavia, Lodi, Cremona e Mantova in
Lombardia; Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara in Emilia-Romagna; e Rovigo in
Veneto. I comuni "rivieraschi", cioè che toccano le sponde del fiume, sono 183. Il bacino
idrografico copre gran parte del versante meridionale delle Alpi e quello settentrionale
degli Appennini ligure e tosco-emiliano; il regime del fiume è perciò di tipo misto: alpino
(piene tardo-primaverili/estive e secche invernali) ed appenninico (piene
primaverili/autunnali e secche estive): il regime appenninico è prevalente, anche a causa
della progressiva riduzione dei ghiacciai alpini che, negli ultimi decenni, ha diminuito
l'alimentazione estiva; le portate minime si riscontrano nel corso dell'estate, solitamente
in agosto. Nel suo corso in pianura il fiume si divide spesso in più rami formando varie isole
fluviali, la più grande delle quali, escluse quelle alla foce, è l'Isola Serafini situata nei pressi
della foce dell'Adda a Castelnuovo Bocca d'Adda, ma estesa circa 10 km² all'interno del
comune di Monticelli d'Ongina. Sulle rive del Po abitano circa sedici milioni di persone e
sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana, così
come oltre la metà del patrimonio zootecnico. Ciò rende il fiume e il suo bacino una zona
nevralgica per l'intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta
concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali.
La sorgente del Po si trova sulle Alpi Cozie, in Piemonte, nella provincia di Cuneo e
precisamente in località Pian del Re nel comune di
Crissolo, alle pendici del Monviso (3.841 m); un
masso con incisa una scritta segnala il punto
esatto in cui la sorgente sgorga. Grazie all'apporto
di molte altre sorgenti, il fiume prende a scorrere
nella valle che da esso prende il nome di Valle Po e
dopo appena una ventina di chilometri, sbocca
nella pianura padana lambendo il territorio del
comune di Saluzzo. In questo tratto vari affluenti
arricchiscono la portata del fiume, il quale entra poi
nella provincia di Torino attraversandone il
capoluogo. A questa altezza il fiume, nonostante
abbia percorso solo un centinaio di chilometri dalla
sorgente, è già un corso d'acqua notevole con un
letto ampio 200 metri e una portata media prossima ai 100 m³/s. All'interno della città di
Torino, vi confluisce la Dora Riparia.
Oltre Torino, il Po con andamento verso est costeggia le estreme
propaggini del Monferrato giungendo nella piana Vercellese dove
si arricchisce dell'apporto di importanti affluenti come la Dora
Baltea e il Sesia. Piegando con corso verso sud, continua poi a
lambire in sponda destra il Monferrato in provincia di Alessandria,
bagnando le città di Casale Monferrato e Valenza. Qui funge
anche da confine regionale tra Piemonte e Lombardia.
Presso Bassignana, il fiume punta definitivamente verso est per
merito anche della forte spinta del Tanaro, suo principale tributario
di destra. Dopo questa confluenza il Po, ormai possente nella
portata (oltre 500 m³/s), entra in territorio lombardo scorrendo in
provincia di Pavia. Pochi chilometri a sud del capoluogo pavese il
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fiume riceve il contributo del Ticino, suo principale tributario per volume d'acque,
diventando così navigabile sino alla foce anche da grosse imbarcazioni, grazie ad una
portata di oltre 900 m³/s.
Dopo questa confluenza il fiume scorre per parecchi chilometri nella zona di confine tra
Lombardia e Emilia-Romagna, bagna Piacenza e Cremona, e scorre all'interno della
provincia di Mantova, ricevendo contributi notevoli dagli affluenti alpini Adda, Oglio e
Mincio e molti altri fiumi minori provenienti dall'Appennino che in questo tratto ne
accrescono la portata ad oltre 1.500 m³/s.
Giunge infine nella zona di Ferrara. Nella provincia di Ferrara, ed in particolare a
Bondeno, dall' inizio del XIX secolo e' stato ideato e successivamente realizzato un canale
artificiale che collega il Reno con il Po , il Cavo Napoleonico. Il fiume scorre poi "pensile"
sul confine tra Veneto (provincia di Rovigo) ed Emilia-Romagna, nella regione del
Polesine. Qui inizia il suo ampio delta (380 km²) dividendosi in cinque rami principali
denominati Po di Maestra, della Pila, delle Tolle, di Gnocca e di Goro e in quattordici
bocche (un ulteriore ramo secondario detto Po di Volano o semplicemente Volano, che
attraversa la città di Ferrara, fu separato
dal corso del fiume nel XVII secolo). Il
fiume sfocia infine nel Mare Adriatico,
attraversando i territori dei comuni di
Ariano nel Polesine, Goro, Porto Tolle,
Taglio di Po e Porto Viro.
Il delta del Po, per la sua grande
valenza ambientale, è stato
dichiarato patrimonio dell'umanità
dall'UNESCO.

                                                                                 Casal Monfrà in piemontese, (Casà in dialetto
                                                                                 monferrino) è un comune italiano di 33.727
                                                                                 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte.
                                                                                 È il secondo comune più popolato della provincia,
                                                                                 dopo il capoluogo. Sin da quando divenne
                                                                                 municipium romano la città è stata il centro più
                                                                                 importante del circondario; dopo un periodo di
                                                                                 decadenza causata dalla caduta dell'Impero
                                                                                 romano d'Occidente e dalle invasioni dei popoli
                                                                                 barbari, infatti, divenne un libero Comune e dal XV
                                                                                 al XVI secolo fu la capitale dei Paleologi.
                                                                                 Successivamente divenne dominio dei Gonzaga,
                                                                                 che costruirono una delle più grandi e prestigiose
                                       cittadelle europee. Contesa nel corso del XVII e XVIII secolo tra francesi e spagnoli, durante
                                       il Risorgimento fu uno dei baluardi difensivi contro l'Impero austriaco. Nel ventunesimo
                                       secolo Casale, collocata all'interno del triangolo industriale Torino-Genova-Milano, è un
                                       importante centro industriale noto soprattutto per la produzione di cemento e per la
                                       presenza dalla dismessa fabbrica Eternit, che produceva l'omonimo materiale altamente
                                       dannoso per l'uomo a causa della presenza di amianto. Casale è anche conosciuta a livello
                                       internazionale come sede delle maggiori industrie italiane del comparto del freddo, in
                                       particolare delle vetrine refrigerate e dei camion refrigerati; per questo motivo viene anche
                                       definita Capitale del Freddo.
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Il Tanaro       (Tana in brigasco, Tòn-no in
ormeasco, Tane in garessino, Tan o Tani in
piemontese, Tànau, Tànaru, o Tànaɹu in ligure,
Tànnôu in genovese) è il secondo fiume per
lunghezza del Piemonte dopo il Po, del quale è
anche principale affluente di destra. È uno dei
maggiori fiumi d'Italia: sesto per lunghezza (276 o
290 km) dopo Po, Adige, Tevere, Adda e Oglio, e
quarto per ampiezza del bacino idrografico
(8.175 km²) dopo Po, Tevere e Adige. Tuttavia,
possedendo la più lunga asta fluviale d'Italia, la
quale misura oltre 700 km tra la sorgente del
torrente Negrone e la foce nell'Adriatico, il Tanaro
andrebbe correttamente considerato come il
fiume più lungo d'Italia.

                                       Il parco naturale lombardo della Valle del Ticino è un'area naturale
                                       protetta istituita il 9 gennaio 1974 ed è il più antico parco regionale d'Italia nonché il più
                                                                 antico parco fluviale d'Europa. È situato lungo le rive del fiume
                                                                 Ticino interamente in Lombardia e interessa le province di Milano,
                                                                 formando una cintura verde intorno alla città, Pavia e Varese, in
                                                                 un'area di 91.410 ettari compresa tra il Lago Maggiore e il Po. Ha
                                                                 sede a Magenta, in località Ponte Vecchio. Il parco confina con il
                                                                 parco naturale della Valle del Ticino in Piemonte, creato nel 1978.

Colombarolo
dove si trova una stele che ricorda come si
trovasse a questa altezza “Il Transitum padi”, il
passaggio sul fiume Po che i pellegrini della Via
Francigena dovevano compiere per continuare il
loro cammino da Canterbury fino a Roma.
Un’importante testimonianza di questa secolare
vicenda storica ci viene dall’arcivescovo di
Canterbury, Sigerico, il quale racconta della
presenza di enormi zatteroni presso il fiume a
Corte Sant’Andrea: essi trasbordavano orde di

                                                    pellegrini e capi di bestiame, a testimonianza della centralità di questo
                                                    passaggio sul Po.

                                                    La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un
fascio di percorsi, detti anche vie romee, che dall'Europa occidentale, in particolare dalla Francia, conducevano nel Sud Europa
fino a Roma e da cui proseguivano verso la Puglia, dove vi erano i porti d'imbarco per la Terrasanta, meta di pellegrini e di crociati.
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Trebbia (Trebia in latino, Tröbia in ligure è un fiume dell'Italia settentrionale lungo circa
                                       120 km, affluente di destra del Po, che attraversa la città metropolitana di Genova e le
                                                             province di Piacenza e Pavia, quest'ultima per un breve tratto in cui
                                                             il corso d'acqua segna il confine tra il comune di Brallo di Pregola e
                                                             il comune di Cerignale.

                                                                Isola Serafini è un'isola
fluviale sul fiume Po, situata a cavallo del territorio dei comuni di Monticelli d'Ongina (PC)
e di Spinadesco (CR). La sua superficie di 16,05 km2 ne fa la più grande isola del bacino
fluviale del Po, nonché la seconda in Italia dopo Grave di Papadopoli. Il braccio del Po che
circonda l'isola a nord riceve la confluenza del fiume Adda. Pochi chilometri ad est
dell'isola è posta la città di Cremona.
L'unico centro abitato dell'isola è Isola
Serafini, frazione di Monticelli d'Ongina.
Posto all'estremo sud-ovest dell'isola, il
centro abitato è collegato alla terraferma
tramite un doppio ponte che lo mette in
comunicazione con la sede comunale,
distante 3,5 km.

                                       Cremona La città dove si fa il lavoro più bello del mondo: il liutaio. Capitale della musica
                                       e culla del violino, Patrimonio Immateriale Unesco. Un concerto all’Auditorium del
                                       Museo del Violino con i capolavori di Stradivari, le opere di Monteverdi al Teatro Ponchielli,
                                       le botteghe dei liutai, la vista dal Torrazzo. Cinque motivi per visitare una città che profuma
                                       di torrone. Cremona è la città dove da quasi 500 anni nascono i violini e si studiano, si
                                                                         restaurano e si suonano i gioielli del passato. Il suono
                                                                         riecheggia nelle botteghe dei liutai: ce ne sono di
                                                                         meravigliose, oltre 150, e si potrebbe passare il tempo a
                                                                         visitare solo quelle. In questi atelier sono passati i più grandi
                                                                         solisti al mondo, da Uto Ughi a Salvatore Accardo. La
                                                                         memoria del passato è affidata all’avveniristico Museo del
                                                                         Violino, dove installazioni multimediali e preziosi esemplari di
                                                                         Amati, Stradivari e Guarneri introducono agli archi e ai loro
                                                                         incredibili segreti. L’Auditorium perfetto. Quello di
                                                                         Cremona è un sinuoso guscio di legno con il palco al centro
                                                                         e una qualità del suono celestiale, orgoglio del mago
                                                                         dell’acustica Yasuhisa Toyota. Solo qui si può ascoltare il
                                                                         suono degli strumenti storici come lo Stradivari “Vesuvius
                                                                         1727”, uno dei capolavori delle collezioni del Museo del
                                       Violino, affidati a solisti internazionali come Anastasiya Petryshak per il ciclo di “Audizioni”.
                                       O seguire due celebri festival internazionali dedicati a due testimonial d’eccezione,
                                       Stradivari e Monteverdi, le cui opere sono protagoniste ogni anno al Museo del Violino e
                                       al Teatro Ponchielli. O, ancora, vivere l’esplosione di energia che accompagna l’estate a
                                       Cremona, quando giovani musicisti da tutto il mondo raggiungono la città per frequentare
                                       uno degli ambiti masterclass internazionali. Vista effetto drone. La città al centro? Puro
                                       stupore, da cogliere a volo d’uccello. Accanto al Duomo svetta il Torrazzo, vero landmark
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cittadino, la torre in mattoni più alta d’Europa. Dall’alto dei suoi 112 metri, la vista
                                      abbraccia cupole, palazzi, prati verdi, spingendosi fino al Po. 502 gradini per uno sguardo
                                      assoluto. T come Torrone. Quando la pasticceria diventa storia. Si dice che il mitico
                                      impasto, a base di albume, miele e mandorle, sia nato qui, nel 1441, in occasione delle
                                      nozze tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. In autunno, la “Festa del Torrone” è
                                      un grande happening per golosi, in cui perdersi tra sbandieratori, degustazioni e
                                      showcooking. Un’occasione per scoprire angoli nascosti della città come il cortile del
                                      quattrocentesco Palazzo Fodri. Nel cuore romano segreto. La Cremona romana è come
                                      un tesoro nascosto: lo protegge una chiesa romanica sconsacrata. Tra le navate
                                      duecentesche di San Lorenzo, pavimenti a mosaico della fine del I secolo a.C., resti della
                                      necropoli, un ninfeo decorato con tessere blu egizio e la ricostruzione di una domus
                                      raccontano l’urbe di una volta. Con silenzioso incanto.
Per dormire:
Dellearti Design Hotel**** quattro stelle superior, costruito nel 2002, ha
ricevuto prestigiosi premi internazionali per l’architettura e lo stile innovativo. Acciaio,
vetro, legno scuro, luce naturale, linee minimal e allo stesso tempo di grande atmosfera
accompagnano l’ospite dalla hall al giardino interno, lungo i corridoi felpati e nelle suite
dall’eleganza raffinata. Situato nel centro storico, tra palazzi
storici e suggestioni medioevali, offre soggiorni esclusivi in
un ambiente tecnologico e molto confortevole. Fiore all’
occhiello le nostre suite Silver e Gold, quest’ultima dotata di
Jacuzzi nella zona giorno. Insignito nel 2002 del premio “The
European Hotel Design Awards” come miglior nuovo design
hotel d’Europa, il Dellearti Design Hotel vanta il primato di
essere stato il primo hotel italiano a meritare quel
riconoscimento. La Project Room, veranda sul giardino, è
una galleria-museo che nel periodo estivo si espande anche
outdoor: ospita mostre di artisti contemporanei. Una insolita
sala colazioni, dallo spirito cosmopolita ma nella quale si
possono gustare le migliori specialità della tradizione.
Disponibile garage privato a pochi metri dall’Hotel oppure
parcheggio sotterraneo convenzionato. Sulla completa privacy del patio si affaccia anche
la zona fitness, con palestra attrezzata e cabina ad infrarossi Physiotherm.

HOTEL DELLE ARTI DESIGN****
Via Geremia Bonomelli n. 8
26100 Cremona - Italia
telefono (+39) 0372.23131
fax (+39) 0372.21654
mail: info@dellearti.com

Per cenare:
Antica locanda il Bissone
Via Pecorari n. 3
Cremona
tel. (+39) 0372.23953
cell (+39) 393.8133953
10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
11.09 - VENERDI’ - SECONDA TAPPA - “DA CREMONA A CHIOGGIA”
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Casalmaggiore (Casalmagiùr in dialetto casalasco-viadanese) è un comune
italiano di 15 445 abitanti della provincia di Cremona in Lombardia. È il terzo comune più
popoloso della provincia, dopo Cremona e
Crema.

                                     Reggia
                                     di Colorno sull’area ora occupata dalla Reggia, intorno alla metà del 1300, sorgeva
                                     una costruzione militare a difesa dei possedimenti di Azzo, signore di Correggio. Ma già
                                     due secoli più tardi, con la contessa Barbara di Sanverino, la Rocca si era trasformata in
                                     una dimora signorile e ospitava una colta ed elegante corte rinascimentale. Ancora più
                                     radicale la trasformazione del castello dopo la confisca dei beni della contessa da parte di
                                     Ranuccio Farnese, avvenuta nel 1612: il duca, spronato dalla moglie Margherita Violante
                                     di Savoia, intraprese importanti lavori di ristrutturazione, secondo un progetto portato a
                                     termine dal figlio Francesco con l’ausilio dell’architetto Ferdinando Galli Bibbiena. Furono
                                                                    quelli gli anni in cui l’edificio assunse l’aspetto attuale. Alla
                                                                    morte senza eredi maschi di Antonio Farnese, il Ducato di
                                                                    Parma e Piacenza passò ai figli di Elisabetta Farnese e del re
                                                                    di Spagna Filippo V di Borbone: in un primo tempo a Carlo,
                                                                    che nel 1734 trasferì nella reggia napoletana di
                                                                    Capodimonte le collezioni d’arte e gli arredi con i quali i
                                                                    Farnese avevano decorato il palazzo; poi a Filippo, che al
                                                                    contrario del fratello fece di Colorno la sua residenza
                                                                    principale e insieme alla moglie Luisa Elisabetta, figlia del Re
                                                                    di Francia Luigi XV, ridiede splendore all’intero complesso.
                                                                    All’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot venne
                                                                    affidato l’incarico di ristrutturare il palazzo. Furono chiamate
                                                                    maestranze francesi che insieme agli artigiani di corte
                                                                    trasformarono gli interni della Reggia fino a renderli simili a
                                                                    quelli che la duchessa aveva conosciuto a Versailles. Alla
                                     morte di Ferdinando, figlio di Filippo di Borbone e succeduto al trono nel 1765, il Ducato
                                     di Parma venne annesso alla Francia di Napoleone. Nel 1807 la Reggia di Colorno venne
                                     dichiarata “Palazzo Imperiale”; ma una nuova fase di importanti cambiamenti ebbe luogo
                                     dopo la caduta di Napoleone, quando Colorno e l’intero Ducato di Parma, Piacenza e
                                     Guastalla furono assegnati alla moglie del deposto imperatore, Maria Luigia d’Austria. In
                                     circa trent’anni di regno, Maria Luigia, amata duchessa di Parma, impresse agli
                                     appartamenti ducali e al grande giardino il segno indelebile del suo gusto. Dopo l’Unità
                                     d’Italia e la cessione della Reggia al Demanio dello Stato italiano da parte di Casa Savoia,
                                     il palazzo divenne proprietà della Provincia di Parma che nel 1871 lo adibì a sede del
                                     manicomio provinciale. Per circa un secolo l’ospedale (che sarebbe arrivato a ospitare più
                                     di mille malati negli anni dopo la Seconda guerra mondiale) condizionò pesantemente la
                                     vita di tutto il complesso monumentale: solo dopo la definitiva chiusura del manicomio,
                                     negli anni Settanta del secolo scorso, comincia per la Reggia un’epoca di restauri, di eventi
                                     e di mostre d’arte che permettono di far conoscere e valorizzare gli ambienti ducali. Oggi
                                     la Reggia di Colorno, visitata ogni anno da decine di migliaia di turisti, è anche la sede di
                                     ALMA, una Scuola di Cucina Italiana che, sotto la guida di Gualtiero Marchesi, offre
                                     formazione specialistica a centinaia di giovani cuochi provenienti da tutto il mondo.
                                     Segreteria - Biglietteria
10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
Reggia di Colorno - Piazza Garibaldi, 26
                                        Tel. +39 0521 312545 - Fax +39 0521 521370 reggiadicolorno@provincia.parma.it
                                        www.reggiadicolorno.it

Brescello si trova “in quella fetta di Pianura padana fra il Po e l’Appennino”, come
scrisse Giovannino Guareschi: un mondo piccolo fatto di gente genuina, buon cibo e
paesaggi suggestivi. Oggi il paese è meta di migliaia di turisti, curiosi di visitare i luoghi dei
film di Don Camillo e Peppone e di esplorare la storia del paese che ne ha ospitato le
riprese. È infatti possibile visitare i musei dedicati ai due
personaggi e vedere i set cinematografici, nonché scoprire
l’antica storia di Brescello ed ammirarne il caratteristico
paesaggio fluviale.

                                        Casa    Museo
                                        Ligabue quando nel 1948, noi Alberici, dalla "rasgheta" siamo venuti ad abitare a
                                        Gualtieri, Ligabue "al Toni" abitava da Berto Caleffi nella casa del Comune e dormiva nel
                                        fienile in coabitazione con Cita. All'epoca le case erano affollate da famiglie numerose che
                                        dovevano destinare parte degli ambienti alla custodia di scorte per le persone e per gli
                                        animali; capitava che per giovani maschi in buona salute si dovessero cercare spazi
                                                                                            alternativi alla camera da letto. Si spendeva
                                                                                            un pò di fantasia per rendere confortevoli
                                                                                            queste sistemazioni con arelle e teli di yuta
                                                                                            intonacati a fungere da pareti e
                                                                                            controsoffittature. I letti erano quelli che
                                                                                            passava la casa: reti o assi sui cavalletti,
                                                                                            materassi di piume o pagliericci, coperte
                                                                                            grezze più pesanti di quelle destinate a chi
                                                                                            dormiva in casa (forse, perché allora per i
                                                                                            più non c'era riscaldamento nelle camere) e
                                                                                            per comodino un sacco di frumento.
                                                                                            Nessuno, quindi, si scandalizzava che
                                                                                            Ligabue dormisse nel fienile di Berto e non
                                                                                            deve scandalizzare oggi. Certamente non
                                        costituiva problema che anni prima avesse abitato, su sollecitazione di Celestino Caleffi,
                                        nella barchessa messa a disposizione dal nonno Celso dove, fra l'altro, c'erano stanze
                                        fornite di finestre dotate di "spirei" (infissi) protette da inferriate e fittissime reti metalliche.
                                        Non ero ancora nata all'epoca e devo ricorrere ai racconti di mia madre per ricostruire
                                        brandelli di storia in cui la vita della famiglia Caleffi s'intrecciava con quella di un uomo
                                        sofferente e dalla personalità complessa. Nonostante io fossi una bambina curiosa,
                                        stranamente, non sono mai entrata in alcuni ambienti della barchessa, per esempio: ad
                                        eccezione della legnaia che aveva un unico accesso raggiungibile con una scala a pioli non
                                        sono mai salita al piano di sopra. Per ipotizzare dove abitasse Ligabue devo andare per
                                        esclusioni. Attraversato il cortile davanti alla casa lasciando a destra il pozzo e a sinistra
                                        "l'era" (l'aia) ci si trovava davanti "la bugadera" (la lavanderia) con "la furnasela" e il grande
                                        paiolo di rame; si proseguiva scostando un pò a sinistra e si passava davanti al porcile e al
                                        pollaio. In fondo, nella parte che confina con la strada, c'era una porta che immetteva in
                                        una serie di ambienti; qui c'era la casa di Ligabue. Viveva con un cane diversi conigli che
                                        teneva a piano terra e che curava a modo suo. Quanto a lui, non aveva che l'imbarazzo
                                        della scelta: sistemarsi in una stanza adiacente o al piano soprastante e deve averle
                                        provate tutte senza trovare la soluzione soddisfacente. Ligabue, infatti, era terrorizzato
                                        dalla paura di morire nel sonno e dovendo, come tuti i mortali, cedere alla stanchezza, si
                                        era preparato una nicchia tra le balle di paglia, vi aveva piantato un palo messo per traverso
10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
e collocato esattamente all'altezza del suo inguine e vi si calava in modo da dormivegliare
                                       in piedi come i cavalli.

Guastalla, nelle sue strade, nei suoi palazzi, nelle sue chiese, nei suoi monumenti,
Guastalla conserva il fascino discreto di una antica capitale. L’antica via Gonzaga è un
sistema di strade a scacchiera che conduce alla piazza,
cuore della città, dominata dalla bella statua di Ferrante
Gonzaga, opera di Leone Leoni. Qui si affacciano il
Duomo cinquecentesco, con facciata di fine 800, il
palazzo Ducale (1567), in gran parte rifatto, il Municipio
con, sotto il portico, i modelli delle antiche unità di misura.
Nelle chiese della Croce, della Annunciazione e dei Servi
si possono ammirare bei paliotti settecenteschi in
scagliola policroma. Interessante il Teatro Comunale,
restaurato recentemente. Un suggestivo viale porta ai
boschi sulle rive del Fiume Po.

                                       Il Parco dell’Oglio Sud               è un'area naturale protetta istituita dalla Regione
                                       Lombardia ed occupa una superficie di 12.800 ettari. Si sviluppa lungo l'asta del fiume
                                       Oglio; il paesaggio è fortemente caratterizzato dall'agricoltura dove la fitta rete idrica
                                       spesso segnata da fasce arbustive e filari, interrompe la serie ordinata dei coltivi. Le aree
                                                                                                          golenali spiccano nella
                                                                                                          campagna        per       le
                                                                                                          imponenti masse boscate
                                                                                                          dei pioppi e per le dense
                                                                                                          bordure a salice bianco
                                                                                                          che a volte si estendono
                                                                                                          fino a costituire vere e
                                                                                                          proprie boscaglie. L'alveo
                                                                                                          del fiume Oglio è
                                                                                                          caratterizzato da un
                                                                                                          andamento sinuoso a
                                                                                                          canale unico con meandri
                                       ben evidenti e sponde spesso ripide al cui piede emergono d'estate estese spiagge di
                                       sabbia. Alla foce del fiume Mella (affluente dell'Oglio) vi è il confine nord del Parco, la cui
                                       area è inserita tra le province di Cremona e Mantova e termina alla confluenza dell'Oglio
                                       nel fiume Po, presso Torre d'Oglio. Il tratto planiziale precedente, dall'uscita dal lago
                                       d'Iseo è, invece, protetto dal parco Oglio Nord. La tutela e la gestione dell'area sono
                                       affidati ad un ente gestore denominato Parco Oglio Sud. Questo è un ente regionale di
                                       diritto pubblico istituito con LR del 16 aprile 1988 numero 17 facente riferimento alla
                                       legge regionale del 30 novembre 1983, n. 86 denominata: "Piano regionale delle aree
                                       regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei
                                       monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale", e
                                       successivamente modificata dalla Legge Regionale 4 agosto 2011, n. 12: "Nuova
                                       organizzazione degli enti gestori delle aree regionali protette..." La sede amministrativa è
                                       a piazza Donatore del Sangue, 2 - 26030 Calvatone (CR). Gli enti locali interessati sono:
                                       Provincia di Cremona e comuni di Ostiano, Volongo, Pessina Cremonese, Isola Dovarese,
                                       Drizzona, Piadena, Calvatone; Provincia di Mantova e comuni di Casalromano, Canneto
                                       sull'Oglio, Acquanegra sul Chiese, Bozzolo, Marcaria, San Martino dell'Argine, Gazzuolo,
                                       Commessaggio, Viadana.

Il ponte di Torre d'Oglio è un ponte stradale di barche sul fiume Oglio che
collega San Matteo delle Chiaviche (frazione del comune di Viadana) e Cesole (frazione di
Marcaria) in provincia di Mantova. Il nome deriva da una torre che ospitava un convento
non lontano da dove era ubicato il ponte. La struttura, costruita nel 1926, si trova dentro il
10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
Parco dell'Oglio Sud. Nel 1945 fu bombardato e alcune barche
affondarono ma il ponte fu sistemato e riaperto. Spesso
durante le piene del fiume il ponte rimane chiuso per alcuni
giorni. Assieme al ponte di barche di Bereguardo, sul fiume
Ticino, è uno degli ultimi esempi di ponte di chiatte in Italia.

                                      Il forte di Borgoforte, detto Forte Centrale o Magnaguti, dal cognome del conte
                                      Ercole ex proprietario del terreno, è uno dei quattro forti della doppia testa di ponte
                                      costruita dall’Impero austriaco dal 1859 al 1861. Sorge a circa un Km dal Po, a nord di
                                                                                    Borgoforte, su una superficie di 57 mila mq ed è
                                                                                    l’unico rimasto integro, mentre gli altri due,
                                                                                    Rocchetta e Bocca di Ganda, a circa 1300 metri
                                                                                    dal Forte Centrale, a monte e a valle sull’argine
                                                                                    maestro del Po, servivano ad attraversare il fiume
                                                                                    per collegarsi all’altro forte, detto “Noyeau”, di
                                                                                    Motteggiana, che costituiva propriamente la testa
                                                                                    di ponte sulla riva destra del Po. Il Noyeau di
                                                                                    Motteggiana rimarrà in piedi, sia pure
                                                                                    danneggiato, e verrà abbattuto finita la guerra
                                                                                    1915 - ’18, dopo che su una parte dell’area già
                                                                                    aveva trovato sede il binario ferroviario della
                                                                                    Verona - Modena”. (Renzo Dall’Ara, Borgoforte -
                                                                                    Storia- Storie - Persone, Karmak, Bruino, Torino,
                                                                                    2006, pag. 57). I forti Rocchetta e Bocca di Ganda,
                                      invece, sono stati fatti saltare dagli Austriaci, la mattina del 18 luglio 1866, dopo i
                                      bombardamenti dell’Artiglieria dell’Esercito italiano iniziati il giorno precedente,
                                      nell’ultimo dei tre attacchi guidati dal generale Cialdini nella terza guerra d’Indipendenza.
                                      Testimonianze del tempo dicono che il forte di Borgoforte sia rimasto integro perché un
                                      valoroso abitante tagliò la miccia di accensione; in altri documenti si avanza l’ipotesi che
                                      gli ufficiali austriaci non volessero rovinare le case, e gli abitanti, del paese dove essi
                                      alloggiavano con i loro attendenti, mentre i soldati risiedevano nella caserma centrale. Gli
                                      insuccessi nelle campagne militari del 1859, seconda guerra di Indipendenza, indussero
                                      Vienna a far costruire altri forti, in previsione di probabili nuovi conflitti, sia intorno al campo
                                      trincerato di Verona costituito di 12 forti, sia a Borgoforte, per fare delle linee del Mincio e
                                      del Po “uno sbocco sicuro per gli eserciti disposti nel Quadrilatero” (Mantova, Peschiera,
                                      Verona, Legnago) e per impedire che l’esercito italiano invadesse il Veneto passando dal
                                      basso Po. Perché proprio a Borgoforte? Perché in quel punto la distanza tra le due rive del
                                      fiume era di soli 300 metri, con alcune insenature adatte al ricovero di barche. Da
                                      documenti dell’Archivio di guerra austriaco di Vienna si possono ricostruire le varie fasi che
                                      hanno preceduto e accompagnato la costruzione del forte: risalgono al 1831 le prime
                                      considerazioni sulla necessità di costruire una testa di ponte a Borgoforte; il primo
                                      progetto per una testa di ponte doppia (che comprende il forte di Borgoforte, di
                                      Motteggiana, di Rocchetta e di Bocca di Ganda) risale al 1837; dal 1851 in poi vengono
                                      forniti vari progetti, relazioni e protocolli relativi alla messa in opera della testa di ponte di
                                      Borgoforte. I progetti vengono poi indicati con la dicitura “pianta di progetto”; in un
                                      documento del 1861 si trova la dicitura “pianta di rapporto”, il che significa che, a quella
                                      data, il forte era già stato costruito
Palazzo te
…se n’andarono fuor della porta di S. Bastiano, lontano
un tiro di balestra, dove sua eccellenza aveva un luogo e
certe stalle chiamato il T(e) [...] E quivi arrivati, disse il
marchese che avrebbe voluto, senza guastare la muraglia
vecchia, accomodare un poco di luogo da potervi andare
ridurvisi al volta a desinare, o a cena per ispasso.
(G. Vasari, 1568)

“Il Palazo dil T”
“Et giunto sua M [aestà Carlo V Imperatore] al Palazo dil T
se n’andò nel Camarone [Camera di Amore e Psiche], et
visto quello, sua M [aestà] restò tutta meravigliosa, et ivi
stette più di mezz’hora a contemplare, ogni cosa laudando
sommamente.”
(Luigi Gonzaga da Borgoforte, sec. XVI)

L'incontro tra Giulio Romano e Federico II Gonzaga e il successivo incarico di costruire il Palazzo del Te è suggestivamente
descritto da Vasari nelle sue Vite. Quando Giulio giunge a Mantova nell'ottobre del 1524, il marchese gli fornisce una
dimora, lo colma di regali e, donatogli uno dei suoi cavalli favoriti, cavalca con lui fino all'isola del Te. Qui Federico incarica
Giulio di ristrutturare le scuderie esistenti per "accomodare un poco di luogo da potervi andare e ridurvisi tal volta a
desinare, o a cena per ispasso" Il proposito dunque appare piuttosto modesto ma, come riferisce Vasari, alla vista del
bellissimo modello predisposto da Giulio, il marchese dà incarico, con entusiasmo, di iniziare immediatamente la
costruzione del palazzo. La funzione dell'edificio è anche chiaramente espressa in un'iscrizione che si trova nella sala di
Psiche. È un palazzo per il tempo libero e lo svago, per l'onesto ozio del principe, che ritempra le forze nella quiete. Palazzo
Te viene utilizzato spesso dalla famiglia Gonzaga come luogo atto ad accogliere e onorare gli ospiti illustri, come
dimostrano le visite dell'imperatore Carlo V che soggiorna al Te in due occasioni, nel 1530 e nel 1532, mentre Enrico III re
di Francia vi è ricevuto nel 1574.

Il Parco del Mincio, situato nella parte orientale della Lombardia, si estende tra il confine regionale a nord ed il
confine del Po a sud, comprendendo la valle del Fiume Mincio. Il territorio è vario e spazia dalle colline moreniche, alla
pianura terrazzata, dalla zona meandri forme a paleoalvei al complesso dei laghi di Mantova, con le eccezionali zone umide
                                                                            delle Valli del Mincio e i boschi planiziali del
                                                                            Bosco Fontana. Notevole il sistema di chiuse e
                                                                            canali storici, e gli elementi architettonici ed
                                                                            artistici, tra cui il Santuario di S. Maria delle
                                                                            Grazie, la chiesa di S. Maria degli Angeli e
                                                                            numerose ville dei tempi dei Gonzaga.

                                                                                I tre Laghi.          Nei pressi di Mantova la
                                                                                vegetazione palustre lascia il posto a tre grandi
                                                                                specchi d'acqua: i tre laghi di Mantova, che
                                                                                avvolgono la città a semicerchio. Solo il Lago
                                                                                Superiore mostra ancora caratteristiche
                                                                                palustri, con ampie isole galleggianti di Ninfea,
                                                                                Nannufero e Fior di loto, il Lago di Mezzo e il
Lago Inferiore sono mantenuti nudi per esigenze di navigazione. Le rive sono notevolmente frequentate ed il calpestio
continuo impedisce la crescita di vegetazione spontanea. È solo dopo Diga Masetti che il Mincio riacquista aspetti naturali
apprezzabili, per quanto anche qui la pressione antropica sia piuttosto accentuata. A valle della diga il fiume è delimitato da
alti e robusti argini; questi sono posti inizialmente a notevole distanza l'uno dall'altro così che al loro interno lasciano spazio
ad un ampio specchio d'acqua, in gran parte
  coperto da vegetazione galleggiante, a zone
  paludose e a terreni coltivati a pioppeto. È qui
  che si trovano gli unici saliceti arborei spontanei
  esistenti lungo il corso del Mincio. Questa zona
  prende il nome di "Vallazza".

Mantova. «Una città in forma di Palazzo»: questa felice sintesi di Baldassarre Castiglioni rende al meglio l’idea del fascino e
delle suggestioni di cui Mantova è capace. Piccola e ben disegnata, Mantova è innanzi tutto un’originale miscellanea di storia e
arte. La città si impone al visitatore soprattutto come scrigno di tesori d’arte che nomi famosi nel mondo seppero riempire di
                                                                                                     opere preziosissime: basta
                                                                                                     citare              Mantegna,
                                                                                                     Pisanello, Giulio Romano,
                                                                                                     Leon Battista Alberti, per
                                                                                                     evocare numerosissimi
                                                                                                     altri artisti, pittori, urbanisti
                                                                                                     che accrebbero la sua
                                                                                                     indiscussa                dignità
                                                                                                     culturale. Ciascuno di essi
                                                                                                     ha lasciato una traccia
                                                                                                     indelebile che il visitatore
                                                                                                     potrà ammirare non senza
stupore. Città antichissima che affonda le sue origini nell’età etrusca, Mantova raggiunse il suo splendore in età comunale e
soprattutto durante la lunga dominazione della signoria dei Gonzaga (1328-1707).

Le chiuse del Mincio
Villa Camerini, citata anche come Villa Camerini Bertelè o Villa Camerini Bonfiglioli, dalle famiglie che ne assunsero in
seguito la proprietà, è un edificio storico situato a Stienta, in provincia di Rovigo, nel pressi dell'argine sinistro del fiume Po.
Costruita nella seconda metà del XVIII secolo come abitazione rurale con accesso grazie a un corso d'acqua, risente
dell'influenza dell'architettura militare emiliana differenziandosi dalla consuetudine stilistiche delle Ville venete dell'epoca che
integravano invece elementi neoclassici. Commissionata dalla famiglia Camerini, il progettista si ispirò presumibilmente
                                                                                 all'architettura della cinquecentesca Villa
                                                                                 Schiatti, nella vicina Ficarolo, riproponendo una
                                                                                 struttura a castelletto, con prospetto rivolto
                                                                                 all'argine del Po. Le esigenze nel contenere il
                                                                                 flusso del grande fiume, che determinavano più
                                                                                 volte disastrose rotte, finirono per rendere
                                                                                 necessario l'innalzamento degli argini così da
                                                                                 affossare l'edificio snaturandone la collocazione
                                                                                 nel territorio. Per il sito di costruzione si scelse un
                                                                                 territorio compreso nelle “Terre Vecchie",
                                                                                 porzione di territorio rialzato rispetto al
                                                                                 circondario, per preservarlo dalle inondazioni e
                                                                                 che la risparmiò anche dall'invasione delle acque
                                                                                 a seguito dell'alluvione del Polesine del novembre
                                                                                 1951. Il complesso si presenta con l'edificio
                                                                                 principale ripartito su tre piani, a pianta quadrata
                                                                                 e integrato sui lati da due torri simmetriche.
                                                                                 Queste non risultano comunque emergenti nei
confronti della facciata principale, incuneandosi invece in quella posteriore. La facciata principale, posta a sud e prospiciente al
Po, pur nella sua sobrietà, è caratterizzata dalla presenza di due portali centinati e coronati da una ghiera in cotto di vago
richiamo lombardesco. Altra caratteristica è la presenza di una finestrella di dimensioni contenute e collocata al terzo piano la
quale, presentando un motivo ad archetti rovesciati di gusto tardo gotico, se ne distacca dallo stile severo dell'edificio. La
cappella gentilizia, che nelle altre ville della zona si presenta normalmente come edificio a sé, è invece integrata nel corpo
centrale, in un apposito vano al piano terra. Del complesso fanno parte anche le scuderie, poste sul lato est, e il grande parco
recintato, dove al suo interno sopravvivono cedri e criptomerie, che però risente dell'incuria degli ultimi tempi.

Villa Morosini è stata un edificio storico situato a Lusia, in provincia di Rovigo. Già fortificazione medievale, venne
trasformata in villa veneta durante la Repubblica di Venezia. Distrutta durante la Seconda guerra mondiale, rimangono oggi solo
un'elegante torre merlata pendente e una colombaia. Nel XII secolo gli Estensi costruirono il castello di Lusia, forse sui resti di
una precedente fortificazione di epoca romana. Durante il dominio della Repubblica di Venezia iniziato nel XVI secolo, il territorio
di Lusia non fu teatro di eventi bellici, cosicché il suo castello perse la propria funzione militare. L'edificio, composto da due
corpi di fabbrica affrontati, è raffigurato in una mappa del 1564 presso la Scuola Grande di San Rocco a Venezia. Nel XVII secolo
il castello fu acquistato dalla famiglia patrizia veneziana dei Morosini, che ne fece la propria casa di villeggiatura, caratterizzata
da "un casamento, seu un palazzo da patron, murato, solarato, cupato, con colombara, stalla et corte murata et cupola, horto
et forno". Il doge Francesco Morosini fece
poi ampliare la villa verso la metà dello
stesso secolo, realizzando due corti
circondate da mura, l'edificio padronale
con a fianco due torri merlate nel lato
settentrionale, una costruzione centrale,
e un casamento porticato con due
colombaie agli angoli meridionali. Nel
1889 la villa fu acquistata dalla famiglia
Oliva, che a sua volta la vendette nel 1935
all'amministrazione comunale: dopo
essere stata restaurata, divenne sede del
municipio e delle scuole elementari. Nel
1942 vi venne istituita la prima centrale
ortofrutticola. Alla fine della seconda guerra mondiale, durante la ritirata dei tedeschi, la città di Lusia fu quasi completamente
rasa al suolo da un bombardamento lanciato dagli aerei alleati il 20 aprile 1945 per distruggere il ponte sul fiume Adige. I resti
della villa vennero demoliti durante il soccorso delle vittime, mentre si salvarono la torre nordorientale e la colombaia. La torre
Morosini rimase abitata fino al 1983 e fu poi restaurata dall'amministrazione comunale. Realizzata in muratura a base
quadrangolare, la torre è alta 22 metri e ha una pendenza di 53 cm. Comprende tre piani fuori terra, collegati fra loro da una
scala a chiocciola con 128 gradini in marmo; la sommità è caratterizzata da un'elegante merlatura in terracotta e bugnature
decorative sui fianchi e sulle finestre. Ancora visibili le giunzioni della torre con le antiche costruzioni andate perdute.
Fornace Totti. Percorrendo la strada arginale in sinistra Po nel tratto Papozze/Crespino, superato il centro abitato di
Villanova Marchesana, inizia una grande golena dove balzano subito agli occhi i grandi camini delle ex fornaci "Etna" e "Totti".
Il corpo principale della fornace "Totti" è costituito da cinque piani e un sottotetto serviti da un ascensore a bilancia. Questo
edificio realizzato nell'Ottocento è una delle più interessanti testimonianze di archeologia industriale esistente in questi luoghi.
In provincia di Rovigo fino agli Sessanta le fornaci erano, insieme agli zuccherifici, le industrie tipiche del territorio.

                                                                                    Il Tartaro-Canalbianco-Po di
                                                                                    Levante è un canale navigabile dell'Italia
                                                                                   nordorientale che sbocca nel mare Adriatico fra
                                                                                   l'Adige ed il Po, formato dal collegamento di parte
                                                                                   dell'alveo di due fiumi, il Tartaro ed il Fissero con il
                                                                                   Canalbianco, che è un canale scavato seguendo
                                                                                   l'antico letto del fiume Tartaro. Il Tartaro è uno dei
                                                                                   pochi fiumi italiani che nascono in pianura da
                                                                                   risorgive, assieme ai suoi affluenti. Il tratto iniziale,
della lunghezza 52 km, è naturale e prende il nome di "Tartaro". Esso è connesso, a monte, attraverso il nodo idraulico di
Governolo, al sistema dei laghi di Mantova e quindi al fiume Mincio e, tramite quest'ultimo al lago di Garda. Si estende tra le
sorgenti e la conca di Torretta di Legnago (VR). Da tale località entra in provincia di Rovigo che attraversa longitudinalmente per
la sua intera lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un canale artificiale, in buona parte ricavato dal letto del fiume Tartaro,
che prende il nome di "Canalbianco" o "canal Bianco" dalla conca di Canda fino alla conca di Volta Grimana ed è lungo 78 km.
Il tratto finale è stato ricavato da un antico ramo
deltizio del fiume Po e prende infatti il nome di "Po
di Levante". Esso ha una lunghezza fino alla foce
di 17 km. La lunghezza totale del fiume dalle
sorgenti al mare è di 147 km. Per ragioni storiche,
la popolazione locale chiama ancora "Tartaro"
anche il tratto che va da Torretta a Canda, della
lunghezza di 18 km, oggetto della sistemazione
più recente, con la creazione della "Conca di
Canda" per consentire la navigabilità sino a
Torretta di Legnago. Il fiume è navigabile per
113 km, dalla confluenza del canale Fissero, con
il quale costituisce l'idrovia Fissero-Tartaro-
Canalbianco o "Mantova-mare", fino alla foce in
Adriatico. Si collega inoltre alla linea navigabile "Po-Brondolo" che dalla laguna di Chioggia permette di raggiungere Venezia.
Sbocca nel mare Adriatico in località Porto Levante del comune di Porto Viro, all'altezza dell'isola di Albarella. Può essere
definito il nuovo sbocco in mare, commerciale e diportistico, della provincia di Rovigo; sul Po di Levante sorgerà nei prossimi
anni il porto di Ca' Cappello.

Valle Boccavecchia
Chioggia
Chioggia, chiamata la “Piccola Venezia”, è una popolosa e vivace città marinara. Con i suoi palazzi in stile veneziano che si
affacciano sui canali, le caratteristiche imbarcazioni chioggiotte denominate “Bragozzi” con le loro vele variopinte, la pescheria,
                                                                                                il Corso del Popolo, Chiese,
                                                                                                Musei e Monumenti, Piazza Vigo
                                                                                                con il suo bellissimo ponte
                                                                                                sembra di tornare indietro nei
                                                                                                secoli, al tempo dei dogi e della
                                                                                                Serenissima. Per questo durante
                                                                                                la stagione estiva, a Chioggia va
                                                                                                in scena Il Palio de La Marciliana:
                                                                                                rievocazione storica della Guerra
                                                                                                di Chioggia assolutamente
                                                                                                imperdibile. In questi ultimi anni,
                                                                                                grazie alla valorizzazione del
                                                                                                patrimonio artistico e culturale,
la località ha acquisito ufficialmente un riconoscimento del tutto dovuto a questa città veramente incantevole: il titolo di
“Chioggia: città d’arte”. Chioggia ha una struttura molto originale: canali, ponti e calli…

Isola dell’Unione
L’Isola dell’Unione nasce dopo la Seconda guerra mondiale, per creare un polmone verde tra le due città di Chioggia e
Sottomarina. La zona è dedicata allo sport e ai parcheggi per auto e bus. Vi si trova la stazione degli autobus urbani ad ovest, a
nord la fermata delle imbarcazioni private e
parcheggio houseboat, a sud vista sulla laguna del
Lusenzo ed a est parcheggio per autobus e scuola
professionale alberghiera.

Sottomarina di Chioggia
Sottomarina Lido è meta di numerosi turisti anche grazie alla sua strategica posizione geografica. È situata a 20 km da Venezia,
meno di 40 da Padova, 60 da Vicenza e Rovigo, 80 da Verona e Ravenna. Possiede un Lungomare di quasi 3 km, dove da un
lato affacciati al mare sorgono numerosi alberghi per tutte le esigenze e dall’altro i tantissimi ingressi agli stabilimenti balneari e
                                                              ai campeggi. Lunga una decina di chilometri e con una profondità
                                                              che in alcuni tratti raggiunge i 300 metri, la spiaggia di Sottomarina
                                                              Lido è caratterizzata ed apprezzata per la qualità della sua sabbia
                                                              finissima, con grande presenza di augite, quarzo, silicati ed
                                                              elementi micacei. La ventilazione regolarmente moderata e
                                                              costante rende questa spiaggia particolarmente consigliata per
                                                              cure elioterapiche, psammoterapeutiche e per una splendida
                                                              abbronzatura. La sua ampia ed accogliente battigia è ideale per
                                                              lunghe passeggiate, i giochi dei bambini e per il rilassamento dei
                                                              grandi.
Per dormire e cenare:
Hotel Mediterraneo **** un’esperienza unica. I
colori del lungomare. Tanto relax e i ritmi lenti della Laguna.
Aggiungici un pizzico di fascino, gli ambienti nuovi, i balconi
panoramici e una vera passione per l’ospitalità alberghiera.
Questo è il tuo soggiorno allo Smart Hotel Mediterraneo. Per
una vacanza, un fine settimana o una sosta fra un impegno di
lavoro e l’altro. Sappiamo come coccolarti, sempre.

HOTEL MEDITERRANEO****
Lungomare Adriatico n. 6
30015 Sottomarina di Chioggia (VE)
telefono (+39) 041.5500845
E-mail: info@hotelmediterraneochioggia.it
URL: www.hotelmediterraneochioggia.it
12.09 - SABATO - TERZA TAPPA - “NEL DELTA”
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Il Delta del Po è l'insieme delle diramazioni fluviali che permettono al fiume Po di sfociare nel Mare Adriatico settentrionale
dopo il suo corso che inizia dal Monviso ed attraversa tutta la Pianura Padana. L'assetto idraulico recente è anche conseguenza
del terremoto di Ferrara del 1570 e del taglio di Porto Viro, grande opera idraulica realizzata dalla Repubblica di Venezia nel
1604. È costituito dall'insieme dei rami fluviali e, per estensione, dal territorio tra di essi compreso, la sua superficie è di circa
18.000                                                                                                                             ettari.
Secondo                                                                                                                          questa
definizione il                                                                                                            delta del Po
ricade                                                                                                                     interamente
nella                                                                                                                     provincia di
Rovigo        o                                                                                                           Polesine e
ne occupa                                                                                                                 una porzione
enorme,                                                                                                                            quella
orientale                                                                                                                     (dall'incile
del Po di                                                                                                                 Goro sino al
mare)         e                                                                                                            rappresenta
un esempio                                                                                                                di       "delta
attivo". In                                                                                                               senso lato
abbraccia la                                                                                                              più       vasta
area        del                                                                                                           delta storico,
quella                                                                                                                    compresa tra
gli antichi                                                                                                               rami deltizi
del Po. In                                                                                                                      passato
esistevano                                                                                                                   importanti
diramazioni                                                                                                                  meridionali
del corso d'acqua, come il Po di Volano e il Po di Ferrara o Po di Primaro, e questo permette di considerare come territorio del
delta anche la parte della provincia di Ferrara a forma di cuspide compresa tra i vertici di Stellata, Sacca di Goro e Valli di
Comacchio. L'assetto idraulico recente del delta del Po avvalora la definizione più restrittiva sopra enunciata, anche se le parti
litoranee della Provincia di Ferrara, in particolare quella tra la bocca del Po di Goro e il Lido di Volano e la parte comprendente le
Valli di Comacchio, conservano un aspetto paesaggistico di carattere tipicamente deltizio - paludoso. Il delta del Po è stato
inserito nel 1999 tra i patrimoni dell'umanità d'Italia dall'UNESCO come estensione del riconoscimento conferito alla città di
Ferrara nel 1995. La superficie dell'area deltizia è interessata da una progressiva espansione (pari a circa 60 ettari l'anno) dovuta
all'avanzamento verso est delle foci dei vari rami del delta. Tale spostamento avviene per il progressivo deposito del
considerevole trasporto solido del fiume sul basso fondale dell'Adriatico, che ne determina l'innalzamento e quindi il costante
prolungamento a mare del letto delle diverse diramazioni. La provincia di Rovigo è pertanto l'unica area del territorio italiano
soggetta ad espansione, con la conseguente necessità di aggiornare periodicamente i dati statistici relativi alla sua superficie.
Le diramazioni deltizie del Po attualmente attive e che nel loro complesso costituiscono il delta sono, da settentrione a
meridione, il Po di Maistra, il Po di Venezia - Po della Pila che sfocia in mare attraverso tre distinte bocche (Busa di Tramontana,
Busa Dritta e Busa di Scirocco), il Po delle Tolle (con le diramazioni di Busa Bastimento e Bocca del Po delle Tolle), Po di Gnocca
o della Donzella (anch'esso con una biforcazione terminale) e Po di Goro. Discorso a parte merita il Po di Levante, il quale, pur
essendo collegato al corso principale del fiume attraverso la conca di navigazione di Volta Grimana, ne è idraulicamente
separato e non ne recepisce le acque. Infatti, in seguito alle imponenti opere di sistemazione idraulica del fiume Fissero-Tartaro-
Canalbianco, avvenute negli anni trenta del secolo scorso, questa antica diramazione settentrionale del fiume venne separata
dal corso principale per divenire unicamente collettore terminale del Canalbianco. Attualmente il sistema Fissero-Tartaro-
Canalbianco-Po di Levante costituisce un'importante via navigabile che consente il collegamento tra il mare Adriatico, i laghi di
Mantova, il Lago di Garda ed i porti fluviali della conca di Canda e di Torretta di Legnago. A sud del delta, il mare forma
un'insenatura che, pur non chiamandosi golfo, ne ha tutte le caratteristiche. Il delta comprende le aree naturali protette istituite
nel territorio geografico di riferimento:
Parco Regionale Delta del Po dell'Emilia-Romagna - istituito nel 1988, ma funzionante solo dal 1996, include anche territori
che fanno parte del bacino idrico di altri fiumi (tra cui il Reno). Comprende la parte sud del delta storico del Po, ma solo una
minima parte del delta attuale;
Parco Regionale Veneto del Delta del Po - funzionante dal 1997, comprende praticamente tutto il delta geografico del Po,
come sopra definito.
Il Brenta Il bacino idrografico del Brenta è posizionato nella parte nord-orientale della Provincia di Vicenza. Il bacino imbrifero
del fiume Brenta è piuttosto esteso e rientra, oltre che nel territorio vicentino, anche nelle province di Trento, Belluno, Padova
e Venezia. Comprende le seguenti unità idrografiche: Fiume Brenta, Sottobacino del Silan – Longhella, Rogge di irrigazione. Il
Brenta nasce come emissario del lago di Caldonazzo in Trentino e raggiunge il territorio provinciale a Primolano, a Nord di
Bassano. Pochi chilometri più a valle riceve le acque del torrente Cismon, con un bacino imbrifero di 640 Kmq, ora regolate
dallo sbarramento di Arsiè. Da Cismon a Bassano
il fiume scorre nella Valsugana ricevendo gli
apporti del torrente Oliero e del torrente S.
Nazario, le cui acque derivano dai fenomeni di
carsismo dell’Altopiano di Asiago e del monte
Grappa. A valle di Bassano il fiume scorre nell’alta
pianura alluvionale dove, per effetto delle
dispersioni in alveo e dei notevoli prelievi per
l’irrigazione, la portata risulta discontinua e
decisamente ridotta. Su tutta l’asta del fiume
Brenta sono presenti briglie e sbarramenti non
superabili dall’ittiofauna. La qualità delle acque
del fiume Brenta a monte di Bassano varia tra la
prima e la seconda classe di qualità in relazione ai periodi rispettivamente di morbida (maggior diluizione dei carichi inquinanti)
e di magra con giudizio di ambiente non inquinato o poco inquinato. L’attraversamento della città di Bassano rappresenta un
discreto impatto per il fiume almeno fino al livello della fascia delle risorgive, tratto in cui la portata del fiume aumenta grazie ai
contributi derivanti dalle falde. Sottobacino Silan-Longhella: il torrente Silan e il torrente Longhella sono dei piccoli corsi d’acqua
che nascono dalle pendici dell’Altopiano dei Sette Comuni. Il Silan nasce dai rii collinari a monte dell’abitato di Marsan e
confluisce nel Longhella in comune di Nove. Quest’ultimo proviene dalla Valle S. Floriano e dopo aver attraversato Marostica,
sfocia nel fiume Brenta nei pressi di Nove. La qualità delle acque del sottobacino è discreta anche se sono evidenti fenomeni di
alterazione dovuti a scarichi di origine organica. La portata è molto variabile.

                                                               Valle Cannelle Coperta da immensi canneti che sono spesso
                                                               sorvolati da falchi di palude, albanelle e, a volte, dal raro falco
                                                               pescatore. Sono presenti raramente la volpoca e il fischione turco,
                                                               mentre sono comuni gli aironi, le garzette e i gabbiani.

                                                               Valle Boccavecchia
Laguna Caleri Vasto complesso lagunare situato tra
                                                                        il fiume Adige (a nord) e la foce del Po di Levante (a sud).
                                                                        Comunica con il mare tramite il Canale di Porto Caleri,
                                                                        situato tra la spiaggia di Caleri e l’isola di Albarella e, tramite
                                                                        un canale, con la Laguna Marinetta.

                                                                        Valle Spolverina          Le valli sono aree di acqua
                                                                        salmastra, poco profonde, di origine naturale o antropica. Vi
si pratica l'attività di pesca, itticoltura e molluschicoltura. Sul
confine con la laguna di Caleri, in Comune di Rosolina, si incontrano
una serie di valli tra cui Valle Spolverina. Si tratta di una valle
compresa tra l'Adige, il Po e il mare Adriatico dove si può ammirare,
tra l'altro, una colonia di fenicotteri rosa.

Valle Morosina Sito Natura 2000. Valle salmastra da pesca
arginata; alimentata da acqua salsa attraverso chiaviche comunicanti con la laguna ed il Canale Scirocco ed alimentata da acqua
dolce, mediante appositi sistemi comunicanti con il Canale Nuovissimo che la cinge sul fronte ovest. La valle confina a nord con
Valle Ghebo Storto, ad est con Valle Millecampi ed è confinata a sud dal Canale Scirocchetto.

Valle Capitania La via delle Valli si snoda nel cuore della zona umida del Comune di Rosolina con scorci paesaggistici di
rara bellezza in cui gli specchi d'acqua, caratteristici di questo particolarissimo paesaggio, si aprono alla vista del visitatore. I
casoni, in origine, costituivano l'abitazione dei pescatori di valle. Dalle linee alquanto essenziali, consistevano in una struttura
portante di legno (in genere olmo, ontano o robinia) e
pareti e tetto di paglia e erbe palustri impastate con il
fango. Le costruzioni in muratura apparvero intorno al
1600.
Valle Sagreda la foce dell'Adige ed il Delta del Po, sacche,
                                                                 valli e barene a Porto Caleri: Valle Sagreda vicino ad Albarella.

                                                                 Valle Pozzatini Il tortuoso e magnifico percorso di via delle
                                                                     valli si snoda nel cuore della zona umida di Rosolina toccando ben
8 valli. Nell'ultimo tratto di questa via, girando a sinistra sulla strada arginale del Po di Levante, si procede fiancheggiando Valle
Pozzatini fino al piccolo oratorio Mazzucco, recentemente
restaurato. Questo itinerario, la Via delle Valli sud, è forse
quello che maggiormente soddisfa le esigenze degli amanti
del birdwatching e del foto naturalismo: grandi specchi vallivi
e lagunari, tramonti di fuoco, migliaia di anatidi in tutte le
stagioni, folaghe, aironi, limicoli. Sono visitabili alcuni centri
vallivi per l'allevamento estensivo ed intensivo di orate,
branzini, cefali.

Valle Veniera         Nell'area del Parco natura, storia,
tradizione, cultura e arte si intrecciano in un paesaggio
inedito e sorprendente. Si possono distinguere vari ambienti (campagna, argini, golene, valli da pesca, lagune, scanni e dune
                                                                fossili) che costituiscono un vero paradiso per gli uccelli, sia
                                                                stanziali che migratori. Nel delta è presente, tra l'altro, una
                                                                delle pochissime colonie europee di fenicotteri.

                                                                      Po di Levante il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è
                                                                       un canale navigabile dell'Italia nordorientale che sbocca nel
mare Adriatico fra l'Adige ed il Po, formato dal collegamento di parte dell'alveo di due fiumi, il Tartaro ed il Fissero con il
Canalbianco, che è un canale scavato seguendo l'antico letto del fiume Tartaro. Il Tartaro è uno dei pochi fiumi italiani che
nascono in pianura da risorgive, assieme ai suoi affluenti. Il tratto iniziale, della lunghezza 52 km, è naturale e prende il nome di
"Tartaro". Esso è connesso, a monte, attraverso
il nodo idraulico di Governolo, al sistema dei laghi
di Mantova e quindi al fiume Mincio e, tramite
quest'ultimo al lago di Garda. Si estende tra le
sorgenti e la conca di Torretta di Legnago (VR).
Da tale località entra in provincia di Rovigo che
attraversa longitudinalmente per la sua intera
lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un
canale artificiale, in buona parte ricavato dal letto
del fiume Tartaro, che prende il nome di
"Canalbianco" o "canal Bianco" dalla conca di
Canda fino alla conca di Volta Grimana ed è lungo
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