10.09 GIOVEDI' - PRIMA TAPPA - "DA CASALE MONFERRATO A CREMONA" - "il Po comincia, perché l'acqua è roba fatta per rimanere orizzontale" ...
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“il Po comincia, perché l’acqua è roba fatta per rimanere orizzontale” Giovannino Guareschi 10.09 - GIOVEDI’ - PRIMA TAPPA - “DA CASALE MONFERRATO A CREMONA” ____________________________________________________________________
Il Po è un fiume dell'Italia settentrionale. La sua lunghezza, 652 km, lo rende il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano, quello con il bacino idrografico più esteso (circa 71 000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa minima (assoluta 270 m³/s), media (1 540 m³/s) o massima (13 000 m³/s), oltre ad essere il quinto fiume europeo (esclusa la Russia) per portata media (dopo Danubio, Reno, Rodano e Nipro). Ha origine in Piemonte, bagna direttamente tre capoluoghi (Torino, Piacenza, Cremona) e ne lambisce un quarto (Ferrara), segnando inoltre per lunghi tratti il confine tra Lombardia e Emilia-Romagna, nonché tra quest'ultima e il Veneto, prima di sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con sei rami. Per la maggior parte del suo corso il Po scorre su un territorio pianeggiante al quale dà il nome, la pianura Padana. Per la posizione geografica, la lunghezza, il bacino e gli eventi storici, sociali ed economici che hanno riguardato il fiume sin dall'antichità, il Po è riconosciuto come il più importante tra i fiumi d'Italia. Il Po attraversa con il suo corso gran parte dell'Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta la Pianura Padana. Dalla sorgente alla foce, attraversa tredici province: Cuneo, Torino, Vercelli e Alessandria in Piemonte; Pavia, Lodi, Cremona e Mantova in Lombardia; Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara in Emilia-Romagna; e Rovigo in Veneto. I comuni "rivieraschi", cioè che toccano le sponde del fiume, sono 183. Il bacino idrografico copre gran parte del versante meridionale delle Alpi e quello settentrionale degli Appennini ligure e tosco-emiliano; il regime del fiume è perciò di tipo misto: alpino (piene tardo-primaverili/estive e secche invernali) ed appenninico (piene primaverili/autunnali e secche estive): il regime appenninico è prevalente, anche a causa della progressiva riduzione dei ghiacciai alpini che, negli ultimi decenni, ha diminuito l'alimentazione estiva; le portate minime si riscontrano nel corso dell'estate, solitamente in agosto. Nel suo corso in pianura il fiume si divide spesso in più rami formando varie isole fluviali, la più grande delle quali, escluse quelle alla foce, è l'Isola Serafini situata nei pressi della foce dell'Adda a Castelnuovo Bocca d'Adda, ma estesa circa 10 km² all'interno del comune di Monticelli d'Ongina. Sulle rive del Po abitano circa sedici milioni di persone e sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana, così come oltre la metà del patrimonio zootecnico. Ciò rende il fiume e il suo bacino una zona nevralgica per l'intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali. La sorgente del Po si trova sulle Alpi Cozie, in Piemonte, nella provincia di Cuneo e precisamente in località Pian del Re nel comune di Crissolo, alle pendici del Monviso (3.841 m); un masso con incisa una scritta segnala il punto esatto in cui la sorgente sgorga. Grazie all'apporto di molte altre sorgenti, il fiume prende a scorrere nella valle che da esso prende il nome di Valle Po e dopo appena una ventina di chilometri, sbocca nella pianura padana lambendo il territorio del comune di Saluzzo. In questo tratto vari affluenti arricchiscono la portata del fiume, il quale entra poi nella provincia di Torino attraversandone il capoluogo. A questa altezza il fiume, nonostante abbia percorso solo un centinaio di chilometri dalla sorgente, è già un corso d'acqua notevole con un letto ampio 200 metri e una portata media prossima ai 100 m³/s. All'interno della città di Torino, vi confluisce la Dora Riparia. Oltre Torino, il Po con andamento verso est costeggia le estreme propaggini del Monferrato giungendo nella piana Vercellese dove si arricchisce dell'apporto di importanti affluenti come la Dora Baltea e il Sesia. Piegando con corso verso sud, continua poi a lambire in sponda destra il Monferrato in provincia di Alessandria, bagnando le città di Casale Monferrato e Valenza. Qui funge anche da confine regionale tra Piemonte e Lombardia. Presso Bassignana, il fiume punta definitivamente verso est per merito anche della forte spinta del Tanaro, suo principale tributario di destra. Dopo questa confluenza il Po, ormai possente nella portata (oltre 500 m³/s), entra in territorio lombardo scorrendo in provincia di Pavia. Pochi chilometri a sud del capoluogo pavese il
fiume riceve il contributo del Ticino, suo principale tributario per volume d'acque, diventando così navigabile sino alla foce anche da grosse imbarcazioni, grazie ad una portata di oltre 900 m³/s. Dopo questa confluenza il fiume scorre per parecchi chilometri nella zona di confine tra Lombardia e Emilia-Romagna, bagna Piacenza e Cremona, e scorre all'interno della provincia di Mantova, ricevendo contributi notevoli dagli affluenti alpini Adda, Oglio e Mincio e molti altri fiumi minori provenienti dall'Appennino che in questo tratto ne accrescono la portata ad oltre 1.500 m³/s. Giunge infine nella zona di Ferrara. Nella provincia di Ferrara, ed in particolare a Bondeno, dall' inizio del XIX secolo e' stato ideato e successivamente realizzato un canale artificiale che collega il Reno con il Po , il Cavo Napoleonico. Il fiume scorre poi "pensile" sul confine tra Veneto (provincia di Rovigo) ed Emilia-Romagna, nella regione del Polesine. Qui inizia il suo ampio delta (380 km²) dividendosi in cinque rami principali denominati Po di Maestra, della Pila, delle Tolle, di Gnocca e di Goro e in quattordici bocche (un ulteriore ramo secondario detto Po di Volano o semplicemente Volano, che attraversa la città di Ferrara, fu separato dal corso del fiume nel XVII secolo). Il fiume sfocia infine nel Mare Adriatico, attraversando i territori dei comuni di Ariano nel Polesine, Goro, Porto Tolle, Taglio di Po e Porto Viro. Il delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Casal Monfrà in piemontese, (Casà in dialetto monferrino) è un comune italiano di 33.727 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte. È il secondo comune più popolato della provincia, dopo il capoluogo. Sin da quando divenne municipium romano la città è stata il centro più importante del circondario; dopo un periodo di decadenza causata dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente e dalle invasioni dei popoli barbari, infatti, divenne un libero Comune e dal XV al XVI secolo fu la capitale dei Paleologi. Successivamente divenne dominio dei Gonzaga, che costruirono una delle più grandi e prestigiose cittadelle europee. Contesa nel corso del XVII e XVIII secolo tra francesi e spagnoli, durante il Risorgimento fu uno dei baluardi difensivi contro l'Impero austriaco. Nel ventunesimo secolo Casale, collocata all'interno del triangolo industriale Torino-Genova-Milano, è un importante centro industriale noto soprattutto per la produzione di cemento e per la presenza dalla dismessa fabbrica Eternit, che produceva l'omonimo materiale altamente dannoso per l'uomo a causa della presenza di amianto. Casale è anche conosciuta a livello internazionale come sede delle maggiori industrie italiane del comparto del freddo, in particolare delle vetrine refrigerate e dei camion refrigerati; per questo motivo viene anche definita Capitale del Freddo.
Il Tanaro (Tana in brigasco, Tòn-no in ormeasco, Tane in garessino, Tan o Tani in piemontese, Tànau, Tànaru, o Tànaɹu in ligure, Tànnôu in genovese) è il secondo fiume per lunghezza del Piemonte dopo il Po, del quale è anche principale affluente di destra. È uno dei maggiori fiumi d'Italia: sesto per lunghezza (276 o 290 km) dopo Po, Adige, Tevere, Adda e Oglio, e quarto per ampiezza del bacino idrografico (8.175 km²) dopo Po, Tevere e Adige. Tuttavia, possedendo la più lunga asta fluviale d'Italia, la quale misura oltre 700 km tra la sorgente del torrente Negrone e la foce nell'Adriatico, il Tanaro andrebbe correttamente considerato come il fiume più lungo d'Italia. Il parco naturale lombardo della Valle del Ticino è un'area naturale protetta istituita il 9 gennaio 1974 ed è il più antico parco regionale d'Italia nonché il più antico parco fluviale d'Europa. È situato lungo le rive del fiume Ticino interamente in Lombardia e interessa le province di Milano, formando una cintura verde intorno alla città, Pavia e Varese, in un'area di 91.410 ettari compresa tra il Lago Maggiore e il Po. Ha sede a Magenta, in località Ponte Vecchio. Il parco confina con il parco naturale della Valle del Ticino in Piemonte, creato nel 1978. Colombarolo dove si trova una stele che ricorda come si trovasse a questa altezza “Il Transitum padi”, il passaggio sul fiume Po che i pellegrini della Via Francigena dovevano compiere per continuare il loro cammino da Canterbury fino a Roma. Un’importante testimonianza di questa secolare vicenda storica ci viene dall’arcivescovo di Canterbury, Sigerico, il quale racconta della presenza di enormi zatteroni presso il fiume a Corte Sant’Andrea: essi trasbordavano orde di pellegrini e capi di bestiame, a testimonianza della centralità di questo passaggio sul Po. La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un fascio di percorsi, detti anche vie romee, che dall'Europa occidentale, in particolare dalla Francia, conducevano nel Sud Europa fino a Roma e da cui proseguivano verso la Puglia, dove vi erano i porti d'imbarco per la Terrasanta, meta di pellegrini e di crociati.
Trebbia (Trebia in latino, Tröbia in ligure è un fiume dell'Italia settentrionale lungo circa 120 km, affluente di destra del Po, che attraversa la città metropolitana di Genova e le province di Piacenza e Pavia, quest'ultima per un breve tratto in cui il corso d'acqua segna il confine tra il comune di Brallo di Pregola e il comune di Cerignale. Isola Serafini è un'isola fluviale sul fiume Po, situata a cavallo del territorio dei comuni di Monticelli d'Ongina (PC) e di Spinadesco (CR). La sua superficie di 16,05 km2 ne fa la più grande isola del bacino fluviale del Po, nonché la seconda in Italia dopo Grave di Papadopoli. Il braccio del Po che circonda l'isola a nord riceve la confluenza del fiume Adda. Pochi chilometri ad est dell'isola è posta la città di Cremona. L'unico centro abitato dell'isola è Isola Serafini, frazione di Monticelli d'Ongina. Posto all'estremo sud-ovest dell'isola, il centro abitato è collegato alla terraferma tramite un doppio ponte che lo mette in comunicazione con la sede comunale, distante 3,5 km. Cremona La città dove si fa il lavoro più bello del mondo: il liutaio. Capitale della musica e culla del violino, Patrimonio Immateriale Unesco. Un concerto all’Auditorium del Museo del Violino con i capolavori di Stradivari, le opere di Monteverdi al Teatro Ponchielli, le botteghe dei liutai, la vista dal Torrazzo. Cinque motivi per visitare una città che profuma di torrone. Cremona è la città dove da quasi 500 anni nascono i violini e si studiano, si restaurano e si suonano i gioielli del passato. Il suono riecheggia nelle botteghe dei liutai: ce ne sono di meravigliose, oltre 150, e si potrebbe passare il tempo a visitare solo quelle. In questi atelier sono passati i più grandi solisti al mondo, da Uto Ughi a Salvatore Accardo. La memoria del passato è affidata all’avveniristico Museo del Violino, dove installazioni multimediali e preziosi esemplari di Amati, Stradivari e Guarneri introducono agli archi e ai loro incredibili segreti. L’Auditorium perfetto. Quello di Cremona è un sinuoso guscio di legno con il palco al centro e una qualità del suono celestiale, orgoglio del mago dell’acustica Yasuhisa Toyota. Solo qui si può ascoltare il suono degli strumenti storici come lo Stradivari “Vesuvius 1727”, uno dei capolavori delle collezioni del Museo del Violino, affidati a solisti internazionali come Anastasiya Petryshak per il ciclo di “Audizioni”. O seguire due celebri festival internazionali dedicati a due testimonial d’eccezione, Stradivari e Monteverdi, le cui opere sono protagoniste ogni anno al Museo del Violino e al Teatro Ponchielli. O, ancora, vivere l’esplosione di energia che accompagna l’estate a Cremona, quando giovani musicisti da tutto il mondo raggiungono la città per frequentare uno degli ambiti masterclass internazionali. Vista effetto drone. La città al centro? Puro stupore, da cogliere a volo d’uccello. Accanto al Duomo svetta il Torrazzo, vero landmark
cittadino, la torre in mattoni più alta d’Europa. Dall’alto dei suoi 112 metri, la vista abbraccia cupole, palazzi, prati verdi, spingendosi fino al Po. 502 gradini per uno sguardo assoluto. T come Torrone. Quando la pasticceria diventa storia. Si dice che il mitico impasto, a base di albume, miele e mandorle, sia nato qui, nel 1441, in occasione delle nozze tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. In autunno, la “Festa del Torrone” è un grande happening per golosi, in cui perdersi tra sbandieratori, degustazioni e showcooking. Un’occasione per scoprire angoli nascosti della città come il cortile del quattrocentesco Palazzo Fodri. Nel cuore romano segreto. La Cremona romana è come un tesoro nascosto: lo protegge una chiesa romanica sconsacrata. Tra le navate duecentesche di San Lorenzo, pavimenti a mosaico della fine del I secolo a.C., resti della necropoli, un ninfeo decorato con tessere blu egizio e la ricostruzione di una domus raccontano l’urbe di una volta. Con silenzioso incanto. Per dormire: Dellearti Design Hotel**** quattro stelle superior, costruito nel 2002, ha ricevuto prestigiosi premi internazionali per l’architettura e lo stile innovativo. Acciaio, vetro, legno scuro, luce naturale, linee minimal e allo stesso tempo di grande atmosfera accompagnano l’ospite dalla hall al giardino interno, lungo i corridoi felpati e nelle suite dall’eleganza raffinata. Situato nel centro storico, tra palazzi storici e suggestioni medioevali, offre soggiorni esclusivi in un ambiente tecnologico e molto confortevole. Fiore all’ occhiello le nostre suite Silver e Gold, quest’ultima dotata di Jacuzzi nella zona giorno. Insignito nel 2002 del premio “The European Hotel Design Awards” come miglior nuovo design hotel d’Europa, il Dellearti Design Hotel vanta il primato di essere stato il primo hotel italiano a meritare quel riconoscimento. La Project Room, veranda sul giardino, è una galleria-museo che nel periodo estivo si espande anche outdoor: ospita mostre di artisti contemporanei. Una insolita sala colazioni, dallo spirito cosmopolita ma nella quale si possono gustare le migliori specialità della tradizione. Disponibile garage privato a pochi metri dall’Hotel oppure parcheggio sotterraneo convenzionato. Sulla completa privacy del patio si affaccia anche la zona fitness, con palestra attrezzata e cabina ad infrarossi Physiotherm. HOTEL DELLE ARTI DESIGN**** Via Geremia Bonomelli n. 8 26100 Cremona - Italia telefono (+39) 0372.23131 fax (+39) 0372.21654 mail: info@dellearti.com Per cenare: Antica locanda il Bissone Via Pecorari n. 3 Cremona tel. (+39) 0372.23953 cell (+39) 393.8133953
11.09 - VENERDI’ - SECONDA TAPPA - “DA CREMONA A CHIOGGIA” _______________________________________________________________________________________ Casalmaggiore (Casalmagiùr in dialetto casalasco-viadanese) è un comune italiano di 15 445 abitanti della provincia di Cremona in Lombardia. È il terzo comune più popoloso della provincia, dopo Cremona e Crema. Reggia di Colorno sull’area ora occupata dalla Reggia, intorno alla metà del 1300, sorgeva una costruzione militare a difesa dei possedimenti di Azzo, signore di Correggio. Ma già due secoli più tardi, con la contessa Barbara di Sanverino, la Rocca si era trasformata in una dimora signorile e ospitava una colta ed elegante corte rinascimentale. Ancora più radicale la trasformazione del castello dopo la confisca dei beni della contessa da parte di Ranuccio Farnese, avvenuta nel 1612: il duca, spronato dalla moglie Margherita Violante di Savoia, intraprese importanti lavori di ristrutturazione, secondo un progetto portato a termine dal figlio Francesco con l’ausilio dell’architetto Ferdinando Galli Bibbiena. Furono quelli gli anni in cui l’edificio assunse l’aspetto attuale. Alla morte senza eredi maschi di Antonio Farnese, il Ducato di Parma e Piacenza passò ai figli di Elisabetta Farnese e del re di Spagna Filippo V di Borbone: in un primo tempo a Carlo, che nel 1734 trasferì nella reggia napoletana di Capodimonte le collezioni d’arte e gli arredi con i quali i Farnese avevano decorato il palazzo; poi a Filippo, che al contrario del fratello fece di Colorno la sua residenza principale e insieme alla moglie Luisa Elisabetta, figlia del Re di Francia Luigi XV, ridiede splendore all’intero complesso. All’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot venne affidato l’incarico di ristrutturare il palazzo. Furono chiamate maestranze francesi che insieme agli artigiani di corte trasformarono gli interni della Reggia fino a renderli simili a quelli che la duchessa aveva conosciuto a Versailles. Alla morte di Ferdinando, figlio di Filippo di Borbone e succeduto al trono nel 1765, il Ducato di Parma venne annesso alla Francia di Napoleone. Nel 1807 la Reggia di Colorno venne dichiarata “Palazzo Imperiale”; ma una nuova fase di importanti cambiamenti ebbe luogo dopo la caduta di Napoleone, quando Colorno e l’intero Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla furono assegnati alla moglie del deposto imperatore, Maria Luigia d’Austria. In circa trent’anni di regno, Maria Luigia, amata duchessa di Parma, impresse agli appartamenti ducali e al grande giardino il segno indelebile del suo gusto. Dopo l’Unità d’Italia e la cessione della Reggia al Demanio dello Stato italiano da parte di Casa Savoia, il palazzo divenne proprietà della Provincia di Parma che nel 1871 lo adibì a sede del manicomio provinciale. Per circa un secolo l’ospedale (che sarebbe arrivato a ospitare più di mille malati negli anni dopo la Seconda guerra mondiale) condizionò pesantemente la vita di tutto il complesso monumentale: solo dopo la definitiva chiusura del manicomio, negli anni Settanta del secolo scorso, comincia per la Reggia un’epoca di restauri, di eventi e di mostre d’arte che permettono di far conoscere e valorizzare gli ambienti ducali. Oggi la Reggia di Colorno, visitata ogni anno da decine di migliaia di turisti, è anche la sede di ALMA, una Scuola di Cucina Italiana che, sotto la guida di Gualtiero Marchesi, offre formazione specialistica a centinaia di giovani cuochi provenienti da tutto il mondo. Segreteria - Biglietteria
Reggia di Colorno - Piazza Garibaldi, 26 Tel. +39 0521 312545 - Fax +39 0521 521370 reggiadicolorno@provincia.parma.it www.reggiadicolorno.it Brescello si trova “in quella fetta di Pianura padana fra il Po e l’Appennino”, come scrisse Giovannino Guareschi: un mondo piccolo fatto di gente genuina, buon cibo e paesaggi suggestivi. Oggi il paese è meta di migliaia di turisti, curiosi di visitare i luoghi dei film di Don Camillo e Peppone e di esplorare la storia del paese che ne ha ospitato le riprese. È infatti possibile visitare i musei dedicati ai due personaggi e vedere i set cinematografici, nonché scoprire l’antica storia di Brescello ed ammirarne il caratteristico paesaggio fluviale. Casa Museo Ligabue quando nel 1948, noi Alberici, dalla "rasgheta" siamo venuti ad abitare a Gualtieri, Ligabue "al Toni" abitava da Berto Caleffi nella casa del Comune e dormiva nel fienile in coabitazione con Cita. All'epoca le case erano affollate da famiglie numerose che dovevano destinare parte degli ambienti alla custodia di scorte per le persone e per gli animali; capitava che per giovani maschi in buona salute si dovessero cercare spazi alternativi alla camera da letto. Si spendeva un pò di fantasia per rendere confortevoli queste sistemazioni con arelle e teli di yuta intonacati a fungere da pareti e controsoffittature. I letti erano quelli che passava la casa: reti o assi sui cavalletti, materassi di piume o pagliericci, coperte grezze più pesanti di quelle destinate a chi dormiva in casa (forse, perché allora per i più non c'era riscaldamento nelle camere) e per comodino un sacco di frumento. Nessuno, quindi, si scandalizzava che Ligabue dormisse nel fienile di Berto e non deve scandalizzare oggi. Certamente non costituiva problema che anni prima avesse abitato, su sollecitazione di Celestino Caleffi, nella barchessa messa a disposizione dal nonno Celso dove, fra l'altro, c'erano stanze fornite di finestre dotate di "spirei" (infissi) protette da inferriate e fittissime reti metalliche. Non ero ancora nata all'epoca e devo ricorrere ai racconti di mia madre per ricostruire brandelli di storia in cui la vita della famiglia Caleffi s'intrecciava con quella di un uomo sofferente e dalla personalità complessa. Nonostante io fossi una bambina curiosa, stranamente, non sono mai entrata in alcuni ambienti della barchessa, per esempio: ad eccezione della legnaia che aveva un unico accesso raggiungibile con una scala a pioli non sono mai salita al piano di sopra. Per ipotizzare dove abitasse Ligabue devo andare per esclusioni. Attraversato il cortile davanti alla casa lasciando a destra il pozzo e a sinistra "l'era" (l'aia) ci si trovava davanti "la bugadera" (la lavanderia) con "la furnasela" e il grande paiolo di rame; si proseguiva scostando un pò a sinistra e si passava davanti al porcile e al pollaio. In fondo, nella parte che confina con la strada, c'era una porta che immetteva in una serie di ambienti; qui c'era la casa di Ligabue. Viveva con un cane diversi conigli che teneva a piano terra e che curava a modo suo. Quanto a lui, non aveva che l'imbarazzo della scelta: sistemarsi in una stanza adiacente o al piano soprastante e deve averle provate tutte senza trovare la soluzione soddisfacente. Ligabue, infatti, era terrorizzato dalla paura di morire nel sonno e dovendo, come tuti i mortali, cedere alla stanchezza, si era preparato una nicchia tra le balle di paglia, vi aveva piantato un palo messo per traverso
e collocato esattamente all'altezza del suo inguine e vi si calava in modo da dormivegliare in piedi come i cavalli. Guastalla, nelle sue strade, nei suoi palazzi, nelle sue chiese, nei suoi monumenti, Guastalla conserva il fascino discreto di una antica capitale. L’antica via Gonzaga è un sistema di strade a scacchiera che conduce alla piazza, cuore della città, dominata dalla bella statua di Ferrante Gonzaga, opera di Leone Leoni. Qui si affacciano il Duomo cinquecentesco, con facciata di fine 800, il palazzo Ducale (1567), in gran parte rifatto, il Municipio con, sotto il portico, i modelli delle antiche unità di misura. Nelle chiese della Croce, della Annunciazione e dei Servi si possono ammirare bei paliotti settecenteschi in scagliola policroma. Interessante il Teatro Comunale, restaurato recentemente. Un suggestivo viale porta ai boschi sulle rive del Fiume Po. Il Parco dell’Oglio Sud è un'area naturale protetta istituita dalla Regione Lombardia ed occupa una superficie di 12.800 ettari. Si sviluppa lungo l'asta del fiume Oglio; il paesaggio è fortemente caratterizzato dall'agricoltura dove la fitta rete idrica spesso segnata da fasce arbustive e filari, interrompe la serie ordinata dei coltivi. Le aree golenali spiccano nella campagna per le imponenti masse boscate dei pioppi e per le dense bordure a salice bianco che a volte si estendono fino a costituire vere e proprie boscaglie. L'alveo del fiume Oglio è caratterizzato da un andamento sinuoso a canale unico con meandri ben evidenti e sponde spesso ripide al cui piede emergono d'estate estese spiagge di sabbia. Alla foce del fiume Mella (affluente dell'Oglio) vi è il confine nord del Parco, la cui area è inserita tra le province di Cremona e Mantova e termina alla confluenza dell'Oglio nel fiume Po, presso Torre d'Oglio. Il tratto planiziale precedente, dall'uscita dal lago d'Iseo è, invece, protetto dal parco Oglio Nord. La tutela e la gestione dell'area sono affidati ad un ente gestore denominato Parco Oglio Sud. Questo è un ente regionale di diritto pubblico istituito con LR del 16 aprile 1988 numero 17 facente riferimento alla legge regionale del 30 novembre 1983, n. 86 denominata: "Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale", e successivamente modificata dalla Legge Regionale 4 agosto 2011, n. 12: "Nuova organizzazione degli enti gestori delle aree regionali protette..." La sede amministrativa è a piazza Donatore del Sangue, 2 - 26030 Calvatone (CR). Gli enti locali interessati sono: Provincia di Cremona e comuni di Ostiano, Volongo, Pessina Cremonese, Isola Dovarese, Drizzona, Piadena, Calvatone; Provincia di Mantova e comuni di Casalromano, Canneto sull'Oglio, Acquanegra sul Chiese, Bozzolo, Marcaria, San Martino dell'Argine, Gazzuolo, Commessaggio, Viadana. Il ponte di Torre d'Oglio è un ponte stradale di barche sul fiume Oglio che collega San Matteo delle Chiaviche (frazione del comune di Viadana) e Cesole (frazione di Marcaria) in provincia di Mantova. Il nome deriva da una torre che ospitava un convento non lontano da dove era ubicato il ponte. La struttura, costruita nel 1926, si trova dentro il
Parco dell'Oglio Sud. Nel 1945 fu bombardato e alcune barche affondarono ma il ponte fu sistemato e riaperto. Spesso durante le piene del fiume il ponte rimane chiuso per alcuni giorni. Assieme al ponte di barche di Bereguardo, sul fiume Ticino, è uno degli ultimi esempi di ponte di chiatte in Italia. Il forte di Borgoforte, detto Forte Centrale o Magnaguti, dal cognome del conte Ercole ex proprietario del terreno, è uno dei quattro forti della doppia testa di ponte costruita dall’Impero austriaco dal 1859 al 1861. Sorge a circa un Km dal Po, a nord di Borgoforte, su una superficie di 57 mila mq ed è l’unico rimasto integro, mentre gli altri due, Rocchetta e Bocca di Ganda, a circa 1300 metri dal Forte Centrale, a monte e a valle sull’argine maestro del Po, servivano ad attraversare il fiume per collegarsi all’altro forte, detto “Noyeau”, di Motteggiana, che costituiva propriamente la testa di ponte sulla riva destra del Po. Il Noyeau di Motteggiana rimarrà in piedi, sia pure danneggiato, e verrà abbattuto finita la guerra 1915 - ’18, dopo che su una parte dell’area già aveva trovato sede il binario ferroviario della Verona - Modena”. (Renzo Dall’Ara, Borgoforte - Storia- Storie - Persone, Karmak, Bruino, Torino, 2006, pag. 57). I forti Rocchetta e Bocca di Ganda, invece, sono stati fatti saltare dagli Austriaci, la mattina del 18 luglio 1866, dopo i bombardamenti dell’Artiglieria dell’Esercito italiano iniziati il giorno precedente, nell’ultimo dei tre attacchi guidati dal generale Cialdini nella terza guerra d’Indipendenza. Testimonianze del tempo dicono che il forte di Borgoforte sia rimasto integro perché un valoroso abitante tagliò la miccia di accensione; in altri documenti si avanza l’ipotesi che gli ufficiali austriaci non volessero rovinare le case, e gli abitanti, del paese dove essi alloggiavano con i loro attendenti, mentre i soldati risiedevano nella caserma centrale. Gli insuccessi nelle campagne militari del 1859, seconda guerra di Indipendenza, indussero Vienna a far costruire altri forti, in previsione di probabili nuovi conflitti, sia intorno al campo trincerato di Verona costituito di 12 forti, sia a Borgoforte, per fare delle linee del Mincio e del Po “uno sbocco sicuro per gli eserciti disposti nel Quadrilatero” (Mantova, Peschiera, Verona, Legnago) e per impedire che l’esercito italiano invadesse il Veneto passando dal basso Po. Perché proprio a Borgoforte? Perché in quel punto la distanza tra le due rive del fiume era di soli 300 metri, con alcune insenature adatte al ricovero di barche. Da documenti dell’Archivio di guerra austriaco di Vienna si possono ricostruire le varie fasi che hanno preceduto e accompagnato la costruzione del forte: risalgono al 1831 le prime considerazioni sulla necessità di costruire una testa di ponte a Borgoforte; il primo progetto per una testa di ponte doppia (che comprende il forte di Borgoforte, di Motteggiana, di Rocchetta e di Bocca di Ganda) risale al 1837; dal 1851 in poi vengono forniti vari progetti, relazioni e protocolli relativi alla messa in opera della testa di ponte di Borgoforte. I progetti vengono poi indicati con la dicitura “pianta di progetto”; in un documento del 1861 si trova la dicitura “pianta di rapporto”, il che significa che, a quella data, il forte era già stato costruito
Palazzo te …se n’andarono fuor della porta di S. Bastiano, lontano un tiro di balestra, dove sua eccellenza aveva un luogo e certe stalle chiamato il T(e) [...] E quivi arrivati, disse il marchese che avrebbe voluto, senza guastare la muraglia vecchia, accomodare un poco di luogo da potervi andare ridurvisi al volta a desinare, o a cena per ispasso. (G. Vasari, 1568) “Il Palazo dil T” “Et giunto sua M [aestà Carlo V Imperatore] al Palazo dil T se n’andò nel Camarone [Camera di Amore e Psiche], et visto quello, sua M [aestà] restò tutta meravigliosa, et ivi stette più di mezz’hora a contemplare, ogni cosa laudando sommamente.” (Luigi Gonzaga da Borgoforte, sec. XVI) L'incontro tra Giulio Romano e Federico II Gonzaga e il successivo incarico di costruire il Palazzo del Te è suggestivamente descritto da Vasari nelle sue Vite. Quando Giulio giunge a Mantova nell'ottobre del 1524, il marchese gli fornisce una dimora, lo colma di regali e, donatogli uno dei suoi cavalli favoriti, cavalca con lui fino all'isola del Te. Qui Federico incarica Giulio di ristrutturare le scuderie esistenti per "accomodare un poco di luogo da potervi andare e ridurvisi tal volta a desinare, o a cena per ispasso" Il proposito dunque appare piuttosto modesto ma, come riferisce Vasari, alla vista del bellissimo modello predisposto da Giulio, il marchese dà incarico, con entusiasmo, di iniziare immediatamente la costruzione del palazzo. La funzione dell'edificio è anche chiaramente espressa in un'iscrizione che si trova nella sala di Psiche. È un palazzo per il tempo libero e lo svago, per l'onesto ozio del principe, che ritempra le forze nella quiete. Palazzo Te viene utilizzato spesso dalla famiglia Gonzaga come luogo atto ad accogliere e onorare gli ospiti illustri, come dimostrano le visite dell'imperatore Carlo V che soggiorna al Te in due occasioni, nel 1530 e nel 1532, mentre Enrico III re di Francia vi è ricevuto nel 1574. Il Parco del Mincio, situato nella parte orientale della Lombardia, si estende tra il confine regionale a nord ed il confine del Po a sud, comprendendo la valle del Fiume Mincio. Il territorio è vario e spazia dalle colline moreniche, alla pianura terrazzata, dalla zona meandri forme a paleoalvei al complesso dei laghi di Mantova, con le eccezionali zone umide delle Valli del Mincio e i boschi planiziali del Bosco Fontana. Notevole il sistema di chiuse e canali storici, e gli elementi architettonici ed artistici, tra cui il Santuario di S. Maria delle Grazie, la chiesa di S. Maria degli Angeli e numerose ville dei tempi dei Gonzaga. I tre Laghi. Nei pressi di Mantova la vegetazione palustre lascia il posto a tre grandi specchi d'acqua: i tre laghi di Mantova, che avvolgono la città a semicerchio. Solo il Lago Superiore mostra ancora caratteristiche palustri, con ampie isole galleggianti di Ninfea, Nannufero e Fior di loto, il Lago di Mezzo e il Lago Inferiore sono mantenuti nudi per esigenze di navigazione. Le rive sono notevolmente frequentate ed il calpestio continuo impedisce la crescita di vegetazione spontanea. È solo dopo Diga Masetti che il Mincio riacquista aspetti naturali apprezzabili, per quanto anche qui la pressione antropica sia piuttosto accentuata. A valle della diga il fiume è delimitato da alti e robusti argini; questi sono posti inizialmente a notevole distanza l'uno dall'altro così che al loro interno lasciano spazio
ad un ampio specchio d'acqua, in gran parte coperto da vegetazione galleggiante, a zone paludose e a terreni coltivati a pioppeto. È qui che si trovano gli unici saliceti arborei spontanei esistenti lungo il corso del Mincio. Questa zona prende il nome di "Vallazza". Mantova. «Una città in forma di Palazzo»: questa felice sintesi di Baldassarre Castiglioni rende al meglio l’idea del fascino e delle suggestioni di cui Mantova è capace. Piccola e ben disegnata, Mantova è innanzi tutto un’originale miscellanea di storia e arte. La città si impone al visitatore soprattutto come scrigno di tesori d’arte che nomi famosi nel mondo seppero riempire di opere preziosissime: basta citare Mantegna, Pisanello, Giulio Romano, Leon Battista Alberti, per evocare numerosissimi altri artisti, pittori, urbanisti che accrebbero la sua indiscussa dignità culturale. Ciascuno di essi ha lasciato una traccia indelebile che il visitatore potrà ammirare non senza stupore. Città antichissima che affonda le sue origini nell’età etrusca, Mantova raggiunse il suo splendore in età comunale e soprattutto durante la lunga dominazione della signoria dei Gonzaga (1328-1707). Le chiuse del Mincio
Villa Camerini, citata anche come Villa Camerini Bertelè o Villa Camerini Bonfiglioli, dalle famiglie che ne assunsero in seguito la proprietà, è un edificio storico situato a Stienta, in provincia di Rovigo, nel pressi dell'argine sinistro del fiume Po. Costruita nella seconda metà del XVIII secolo come abitazione rurale con accesso grazie a un corso d'acqua, risente dell'influenza dell'architettura militare emiliana differenziandosi dalla consuetudine stilistiche delle Ville venete dell'epoca che integravano invece elementi neoclassici. Commissionata dalla famiglia Camerini, il progettista si ispirò presumibilmente all'architettura della cinquecentesca Villa Schiatti, nella vicina Ficarolo, riproponendo una struttura a castelletto, con prospetto rivolto all'argine del Po. Le esigenze nel contenere il flusso del grande fiume, che determinavano più volte disastrose rotte, finirono per rendere necessario l'innalzamento degli argini così da affossare l'edificio snaturandone la collocazione nel territorio. Per il sito di costruzione si scelse un territorio compreso nelle “Terre Vecchie", porzione di territorio rialzato rispetto al circondario, per preservarlo dalle inondazioni e che la risparmiò anche dall'invasione delle acque a seguito dell'alluvione del Polesine del novembre 1951. Il complesso si presenta con l'edificio principale ripartito su tre piani, a pianta quadrata e integrato sui lati da due torri simmetriche. Queste non risultano comunque emergenti nei confronti della facciata principale, incuneandosi invece in quella posteriore. La facciata principale, posta a sud e prospiciente al Po, pur nella sua sobrietà, è caratterizzata dalla presenza di due portali centinati e coronati da una ghiera in cotto di vago richiamo lombardesco. Altra caratteristica è la presenza di una finestrella di dimensioni contenute e collocata al terzo piano la quale, presentando un motivo ad archetti rovesciati di gusto tardo gotico, se ne distacca dallo stile severo dell'edificio. La cappella gentilizia, che nelle altre ville della zona si presenta normalmente come edificio a sé, è invece integrata nel corpo centrale, in un apposito vano al piano terra. Del complesso fanno parte anche le scuderie, poste sul lato est, e il grande parco recintato, dove al suo interno sopravvivono cedri e criptomerie, che però risente dell'incuria degli ultimi tempi. Villa Morosini è stata un edificio storico situato a Lusia, in provincia di Rovigo. Già fortificazione medievale, venne trasformata in villa veneta durante la Repubblica di Venezia. Distrutta durante la Seconda guerra mondiale, rimangono oggi solo un'elegante torre merlata pendente e una colombaia. Nel XII secolo gli Estensi costruirono il castello di Lusia, forse sui resti di una precedente fortificazione di epoca romana. Durante il dominio della Repubblica di Venezia iniziato nel XVI secolo, il territorio di Lusia non fu teatro di eventi bellici, cosicché il suo castello perse la propria funzione militare. L'edificio, composto da due corpi di fabbrica affrontati, è raffigurato in una mappa del 1564 presso la Scuola Grande di San Rocco a Venezia. Nel XVII secolo il castello fu acquistato dalla famiglia patrizia veneziana dei Morosini, che ne fece la propria casa di villeggiatura, caratterizzata da "un casamento, seu un palazzo da patron, murato, solarato, cupato, con colombara, stalla et corte murata et cupola, horto et forno". Il doge Francesco Morosini fece poi ampliare la villa verso la metà dello stesso secolo, realizzando due corti circondate da mura, l'edificio padronale con a fianco due torri merlate nel lato settentrionale, una costruzione centrale, e un casamento porticato con due colombaie agli angoli meridionali. Nel 1889 la villa fu acquistata dalla famiglia Oliva, che a sua volta la vendette nel 1935 all'amministrazione comunale: dopo essere stata restaurata, divenne sede del municipio e delle scuole elementari. Nel 1942 vi venne istituita la prima centrale ortofrutticola. Alla fine della seconda guerra mondiale, durante la ritirata dei tedeschi, la città di Lusia fu quasi completamente rasa al suolo da un bombardamento lanciato dagli aerei alleati il 20 aprile 1945 per distruggere il ponte sul fiume Adige. I resti della villa vennero demoliti durante il soccorso delle vittime, mentre si salvarono la torre nordorientale e la colombaia. La torre Morosini rimase abitata fino al 1983 e fu poi restaurata dall'amministrazione comunale. Realizzata in muratura a base quadrangolare, la torre è alta 22 metri e ha una pendenza di 53 cm. Comprende tre piani fuori terra, collegati fra loro da una scala a chiocciola con 128 gradini in marmo; la sommità è caratterizzata da un'elegante merlatura in terracotta e bugnature decorative sui fianchi e sulle finestre. Ancora visibili le giunzioni della torre con le antiche costruzioni andate perdute.
Fornace Totti. Percorrendo la strada arginale in sinistra Po nel tratto Papozze/Crespino, superato il centro abitato di Villanova Marchesana, inizia una grande golena dove balzano subito agli occhi i grandi camini delle ex fornaci "Etna" e "Totti". Il corpo principale della fornace "Totti" è costituito da cinque piani e un sottotetto serviti da un ascensore a bilancia. Questo edificio realizzato nell'Ottocento è una delle più interessanti testimonianze di archeologia industriale esistente in questi luoghi. In provincia di Rovigo fino agli Sessanta le fornaci erano, insieme agli zuccherifici, le industrie tipiche del territorio. Il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è un canale navigabile dell'Italia nordorientale che sbocca nel mare Adriatico fra l'Adige ed il Po, formato dal collegamento di parte dell'alveo di due fiumi, il Tartaro ed il Fissero con il Canalbianco, che è un canale scavato seguendo l'antico letto del fiume Tartaro. Il Tartaro è uno dei pochi fiumi italiani che nascono in pianura da risorgive, assieme ai suoi affluenti. Il tratto iniziale, della lunghezza 52 km, è naturale e prende il nome di "Tartaro". Esso è connesso, a monte, attraverso il nodo idraulico di Governolo, al sistema dei laghi di Mantova e quindi al fiume Mincio e, tramite quest'ultimo al lago di Garda. Si estende tra le sorgenti e la conca di Torretta di Legnago (VR). Da tale località entra in provincia di Rovigo che attraversa longitudinalmente per la sua intera lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un canale artificiale, in buona parte ricavato dal letto del fiume Tartaro, che prende il nome di "Canalbianco" o "canal Bianco" dalla conca di Canda fino alla conca di Volta Grimana ed è lungo 78 km. Il tratto finale è stato ricavato da un antico ramo deltizio del fiume Po e prende infatti il nome di "Po di Levante". Esso ha una lunghezza fino alla foce di 17 km. La lunghezza totale del fiume dalle sorgenti al mare è di 147 km. Per ragioni storiche, la popolazione locale chiama ancora "Tartaro" anche il tratto che va da Torretta a Canda, della lunghezza di 18 km, oggetto della sistemazione più recente, con la creazione della "Conca di Canda" per consentire la navigabilità sino a Torretta di Legnago. Il fiume è navigabile per 113 km, dalla confluenza del canale Fissero, con il quale costituisce l'idrovia Fissero-Tartaro- Canalbianco o "Mantova-mare", fino alla foce in Adriatico. Si collega inoltre alla linea navigabile "Po-Brondolo" che dalla laguna di Chioggia permette di raggiungere Venezia. Sbocca nel mare Adriatico in località Porto Levante del comune di Porto Viro, all'altezza dell'isola di Albarella. Può essere definito il nuovo sbocco in mare, commerciale e diportistico, della provincia di Rovigo; sul Po di Levante sorgerà nei prossimi anni il porto di Ca' Cappello. Valle Boccavecchia
Chioggia Chioggia, chiamata la “Piccola Venezia”, è una popolosa e vivace città marinara. Con i suoi palazzi in stile veneziano che si affacciano sui canali, le caratteristiche imbarcazioni chioggiotte denominate “Bragozzi” con le loro vele variopinte, la pescheria, il Corso del Popolo, Chiese, Musei e Monumenti, Piazza Vigo con il suo bellissimo ponte sembra di tornare indietro nei secoli, al tempo dei dogi e della Serenissima. Per questo durante la stagione estiva, a Chioggia va in scena Il Palio de La Marciliana: rievocazione storica della Guerra di Chioggia assolutamente imperdibile. In questi ultimi anni, grazie alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, la località ha acquisito ufficialmente un riconoscimento del tutto dovuto a questa città veramente incantevole: il titolo di “Chioggia: città d’arte”. Chioggia ha una struttura molto originale: canali, ponti e calli… Isola dell’Unione L’Isola dell’Unione nasce dopo la Seconda guerra mondiale, per creare un polmone verde tra le due città di Chioggia e Sottomarina. La zona è dedicata allo sport e ai parcheggi per auto e bus. Vi si trova la stazione degli autobus urbani ad ovest, a nord la fermata delle imbarcazioni private e parcheggio houseboat, a sud vista sulla laguna del Lusenzo ed a est parcheggio per autobus e scuola professionale alberghiera. Sottomarina di Chioggia Sottomarina Lido è meta di numerosi turisti anche grazie alla sua strategica posizione geografica. È situata a 20 km da Venezia, meno di 40 da Padova, 60 da Vicenza e Rovigo, 80 da Verona e Ravenna. Possiede un Lungomare di quasi 3 km, dove da un lato affacciati al mare sorgono numerosi alberghi per tutte le esigenze e dall’altro i tantissimi ingressi agli stabilimenti balneari e ai campeggi. Lunga una decina di chilometri e con una profondità che in alcuni tratti raggiunge i 300 metri, la spiaggia di Sottomarina Lido è caratterizzata ed apprezzata per la qualità della sua sabbia finissima, con grande presenza di augite, quarzo, silicati ed elementi micacei. La ventilazione regolarmente moderata e costante rende questa spiaggia particolarmente consigliata per cure elioterapiche, psammoterapeutiche e per una splendida abbronzatura. La sua ampia ed accogliente battigia è ideale per lunghe passeggiate, i giochi dei bambini e per il rilassamento dei grandi.
Per dormire e cenare: Hotel Mediterraneo **** un’esperienza unica. I colori del lungomare. Tanto relax e i ritmi lenti della Laguna. Aggiungici un pizzico di fascino, gli ambienti nuovi, i balconi panoramici e una vera passione per l’ospitalità alberghiera. Questo è il tuo soggiorno allo Smart Hotel Mediterraneo. Per una vacanza, un fine settimana o una sosta fra un impegno di lavoro e l’altro. Sappiamo come coccolarti, sempre. HOTEL MEDITERRANEO**** Lungomare Adriatico n. 6 30015 Sottomarina di Chioggia (VE) telefono (+39) 041.5500845 E-mail: info@hotelmediterraneochioggia.it URL: www.hotelmediterraneochioggia.it
12.09 - SABATO - TERZA TAPPA - “NEL DELTA” _______________________________________________________________________________________ Il Delta del Po è l'insieme delle diramazioni fluviali che permettono al fiume Po di sfociare nel Mare Adriatico settentrionale dopo il suo corso che inizia dal Monviso ed attraversa tutta la Pianura Padana. L'assetto idraulico recente è anche conseguenza del terremoto di Ferrara del 1570 e del taglio di Porto Viro, grande opera idraulica realizzata dalla Repubblica di Venezia nel 1604. È costituito dall'insieme dei rami fluviali e, per estensione, dal territorio tra di essi compreso, la sua superficie è di circa 18.000 ettari. Secondo questa definizione il delta del Po ricade interamente nella provincia di Rovigo o Polesine e ne occupa una porzione enorme, quella orientale (dall'incile del Po di Goro sino al mare) e rappresenta un esempio di "delta attivo". In senso lato abbraccia la più vasta area del delta storico, quella compresa tra gli antichi rami deltizi del Po. In passato esistevano importanti diramazioni meridionali del corso d'acqua, come il Po di Volano e il Po di Ferrara o Po di Primaro, e questo permette di considerare come territorio del delta anche la parte della provincia di Ferrara a forma di cuspide compresa tra i vertici di Stellata, Sacca di Goro e Valli di Comacchio. L'assetto idraulico recente del delta del Po avvalora la definizione più restrittiva sopra enunciata, anche se le parti litoranee della Provincia di Ferrara, in particolare quella tra la bocca del Po di Goro e il Lido di Volano e la parte comprendente le Valli di Comacchio, conservano un aspetto paesaggistico di carattere tipicamente deltizio - paludoso. Il delta del Po è stato inserito nel 1999 tra i patrimoni dell'umanità d'Italia dall'UNESCO come estensione del riconoscimento conferito alla città di Ferrara nel 1995. La superficie dell'area deltizia è interessata da una progressiva espansione (pari a circa 60 ettari l'anno) dovuta all'avanzamento verso est delle foci dei vari rami del delta. Tale spostamento avviene per il progressivo deposito del considerevole trasporto solido del fiume sul basso fondale dell'Adriatico, che ne determina l'innalzamento e quindi il costante prolungamento a mare del letto delle diverse diramazioni. La provincia di Rovigo è pertanto l'unica area del territorio italiano soggetta ad espansione, con la conseguente necessità di aggiornare periodicamente i dati statistici relativi alla sua superficie. Le diramazioni deltizie del Po attualmente attive e che nel loro complesso costituiscono il delta sono, da settentrione a meridione, il Po di Maistra, il Po di Venezia - Po della Pila che sfocia in mare attraverso tre distinte bocche (Busa di Tramontana, Busa Dritta e Busa di Scirocco), il Po delle Tolle (con le diramazioni di Busa Bastimento e Bocca del Po delle Tolle), Po di Gnocca o della Donzella (anch'esso con una biforcazione terminale) e Po di Goro. Discorso a parte merita il Po di Levante, il quale, pur essendo collegato al corso principale del fiume attraverso la conca di navigazione di Volta Grimana, ne è idraulicamente separato e non ne recepisce le acque. Infatti, in seguito alle imponenti opere di sistemazione idraulica del fiume Fissero-Tartaro- Canalbianco, avvenute negli anni trenta del secolo scorso, questa antica diramazione settentrionale del fiume venne separata dal corso principale per divenire unicamente collettore terminale del Canalbianco. Attualmente il sistema Fissero-Tartaro- Canalbianco-Po di Levante costituisce un'importante via navigabile che consente il collegamento tra il mare Adriatico, i laghi di Mantova, il Lago di Garda ed i porti fluviali della conca di Canda e di Torretta di Legnago. A sud del delta, il mare forma un'insenatura che, pur non chiamandosi golfo, ne ha tutte le caratteristiche. Il delta comprende le aree naturali protette istituite nel territorio geografico di riferimento: Parco Regionale Delta del Po dell'Emilia-Romagna - istituito nel 1988, ma funzionante solo dal 1996, include anche territori che fanno parte del bacino idrico di altri fiumi (tra cui il Reno). Comprende la parte sud del delta storico del Po, ma solo una minima parte del delta attuale; Parco Regionale Veneto del Delta del Po - funzionante dal 1997, comprende praticamente tutto il delta geografico del Po, come sopra definito.
Il Brenta Il bacino idrografico del Brenta è posizionato nella parte nord-orientale della Provincia di Vicenza. Il bacino imbrifero del fiume Brenta è piuttosto esteso e rientra, oltre che nel territorio vicentino, anche nelle province di Trento, Belluno, Padova e Venezia. Comprende le seguenti unità idrografiche: Fiume Brenta, Sottobacino del Silan – Longhella, Rogge di irrigazione. Il Brenta nasce come emissario del lago di Caldonazzo in Trentino e raggiunge il territorio provinciale a Primolano, a Nord di Bassano. Pochi chilometri più a valle riceve le acque del torrente Cismon, con un bacino imbrifero di 640 Kmq, ora regolate dallo sbarramento di Arsiè. Da Cismon a Bassano il fiume scorre nella Valsugana ricevendo gli apporti del torrente Oliero e del torrente S. Nazario, le cui acque derivano dai fenomeni di carsismo dell’Altopiano di Asiago e del monte Grappa. A valle di Bassano il fiume scorre nell’alta pianura alluvionale dove, per effetto delle dispersioni in alveo e dei notevoli prelievi per l’irrigazione, la portata risulta discontinua e decisamente ridotta. Su tutta l’asta del fiume Brenta sono presenti briglie e sbarramenti non superabili dall’ittiofauna. La qualità delle acque del fiume Brenta a monte di Bassano varia tra la prima e la seconda classe di qualità in relazione ai periodi rispettivamente di morbida (maggior diluizione dei carichi inquinanti) e di magra con giudizio di ambiente non inquinato o poco inquinato. L’attraversamento della città di Bassano rappresenta un discreto impatto per il fiume almeno fino al livello della fascia delle risorgive, tratto in cui la portata del fiume aumenta grazie ai contributi derivanti dalle falde. Sottobacino Silan-Longhella: il torrente Silan e il torrente Longhella sono dei piccoli corsi d’acqua che nascono dalle pendici dell’Altopiano dei Sette Comuni. Il Silan nasce dai rii collinari a monte dell’abitato di Marsan e confluisce nel Longhella in comune di Nove. Quest’ultimo proviene dalla Valle S. Floriano e dopo aver attraversato Marostica, sfocia nel fiume Brenta nei pressi di Nove. La qualità delle acque del sottobacino è discreta anche se sono evidenti fenomeni di alterazione dovuti a scarichi di origine organica. La portata è molto variabile. Valle Cannelle Coperta da immensi canneti che sono spesso sorvolati da falchi di palude, albanelle e, a volte, dal raro falco pescatore. Sono presenti raramente la volpoca e il fischione turco, mentre sono comuni gli aironi, le garzette e i gabbiani. Valle Boccavecchia
Laguna Caleri Vasto complesso lagunare situato tra il fiume Adige (a nord) e la foce del Po di Levante (a sud). Comunica con il mare tramite il Canale di Porto Caleri, situato tra la spiaggia di Caleri e l’isola di Albarella e, tramite un canale, con la Laguna Marinetta. Valle Spolverina Le valli sono aree di acqua salmastra, poco profonde, di origine naturale o antropica. Vi si pratica l'attività di pesca, itticoltura e molluschicoltura. Sul confine con la laguna di Caleri, in Comune di Rosolina, si incontrano una serie di valli tra cui Valle Spolverina. Si tratta di una valle compresa tra l'Adige, il Po e il mare Adriatico dove si può ammirare, tra l'altro, una colonia di fenicotteri rosa. Valle Morosina Sito Natura 2000. Valle salmastra da pesca arginata; alimentata da acqua salsa attraverso chiaviche comunicanti con la laguna ed il Canale Scirocco ed alimentata da acqua dolce, mediante appositi sistemi comunicanti con il Canale Nuovissimo che la cinge sul fronte ovest. La valle confina a nord con Valle Ghebo Storto, ad est con Valle Millecampi ed è confinata a sud dal Canale Scirocchetto. Valle Capitania La via delle Valli si snoda nel cuore della zona umida del Comune di Rosolina con scorci paesaggistici di rara bellezza in cui gli specchi d'acqua, caratteristici di questo particolarissimo paesaggio, si aprono alla vista del visitatore. I casoni, in origine, costituivano l'abitazione dei pescatori di valle. Dalle linee alquanto essenziali, consistevano in una struttura portante di legno (in genere olmo, ontano o robinia) e pareti e tetto di paglia e erbe palustri impastate con il fango. Le costruzioni in muratura apparvero intorno al 1600.
Valle Sagreda la foce dell'Adige ed il Delta del Po, sacche, valli e barene a Porto Caleri: Valle Sagreda vicino ad Albarella. Valle Pozzatini Il tortuoso e magnifico percorso di via delle valli si snoda nel cuore della zona umida di Rosolina toccando ben 8 valli. Nell'ultimo tratto di questa via, girando a sinistra sulla strada arginale del Po di Levante, si procede fiancheggiando Valle Pozzatini fino al piccolo oratorio Mazzucco, recentemente restaurato. Questo itinerario, la Via delle Valli sud, è forse quello che maggiormente soddisfa le esigenze degli amanti del birdwatching e del foto naturalismo: grandi specchi vallivi e lagunari, tramonti di fuoco, migliaia di anatidi in tutte le stagioni, folaghe, aironi, limicoli. Sono visitabili alcuni centri vallivi per l'allevamento estensivo ed intensivo di orate, branzini, cefali. Valle Veniera Nell'area del Parco natura, storia, tradizione, cultura e arte si intrecciano in un paesaggio inedito e sorprendente. Si possono distinguere vari ambienti (campagna, argini, golene, valli da pesca, lagune, scanni e dune fossili) che costituiscono un vero paradiso per gli uccelli, sia stanziali che migratori. Nel delta è presente, tra l'altro, una delle pochissime colonie europee di fenicotteri. Po di Levante il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è un canale navigabile dell'Italia nordorientale che sbocca nel mare Adriatico fra l'Adige ed il Po, formato dal collegamento di parte dell'alveo di due fiumi, il Tartaro ed il Fissero con il Canalbianco, che è un canale scavato seguendo l'antico letto del fiume Tartaro. Il Tartaro è uno dei pochi fiumi italiani che nascono in pianura da risorgive, assieme ai suoi affluenti. Il tratto iniziale, della lunghezza 52 km, è naturale e prende il nome di "Tartaro". Esso è connesso, a monte, attraverso il nodo idraulico di Governolo, al sistema dei laghi di Mantova e quindi al fiume Mincio e, tramite quest'ultimo al lago di Garda. Si estende tra le sorgenti e la conca di Torretta di Legnago (VR). Da tale località entra in provincia di Rovigo che attraversa longitudinalmente per la sua intera lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un canale artificiale, in buona parte ricavato dal letto del fiume Tartaro, che prende il nome di "Canalbianco" o "canal Bianco" dalla conca di Canda fino alla conca di Volta Grimana ed è lungo
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