VISUALIZZARE UN FRAMMENTO DI CITTÀ NON PIÙ ESISTENTE: LA RICOSTRUZIONE VIRTUALE DELL'ESPOSIZIONE NAZIONALE DEL 1928 TORINO

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VISUALIZZARE UN FRAMMENTO DI CITTÀ NON PIÙ ESISTENTE: LA RICOSTRUZIONE VIRTUALE DELL'ESPOSIZIONE NAZIONALE DEL 1928 TORINO
Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014

    “VISUALIZZARE UN FRAMMENTO DI CITTÀ NON PIÙ ESISTENTE: LA RICOSTRUZIONE VIRTUALE
                       DELL’ESPOSIZIONE NAZIONALE DEL 1928 TORINO”

                                    Noemi Mafrici, Ph.D student, Politecnico di Torino

L’utilizzo di nuove tecnologie digitali è sempre più legato allo studio e alla trasmissione del Patrimonio
Culturale. Ormai da un lungo tempo si parla di Digital History, e moltissime sono le iniziative nel campo
rivolte a sviluppare e perfezionare il dialogo fra i due ambiti1.
Certamente il digitale dà numerose possibilità di indagine e visualizzazione che non potremmo avere in una
sfera analogica 2 . Una delle caratteristiche principali dello spazio digitale è legata al concetto di
ipermedialità 3 ed è sfruttabile nel campo del Patrimonio Culturale portando molti vantaggi sia nel
momento dell’indagine della ricerca, sia in quello della comunicazione e diffusione di essa. Ciò non significa
che sia indispensabile il suo utilizzo, ma può diventare necessario per raccontare situazioni complesse la cui
comprensione risulta difficile sia per chi le studia sia per chi le ‘legge’.
Il mondo del digitale è da considerarsi un valido strumento unito alla ricerca storica in ambito d’indagine
architettonico e urbano, che non deve avere come fine ultimo la spettacolarizzazione del risultato, ma
ognuna delle sue inclinazioni e caratteristiche deve essere utilizzata a un fine ben preciso; scientifico per
primo.
Uno dei possibili utilizzi è quello di dare la possibilità di comprendere e usufruire di un patrimonio culturale
che non sarebbe altresì facilmente accessibile.
Il titolo dell’intervento “Visualizzare un frammento di città non più esistente” vuole proprio richiamare
all’attenzione la possibilità di fruizione e conoscenza di un pezzo di città non visibile, ma che spesso va a
costituire uno dei molti tasselli di cui si compongono le città e che l’hanno trasformata nello spazio e nel
tempo. Ma quali sono le modalità del “visualizzare”, e come si concordano con una ricerca storica?
Un esempio di utile utilizzo del digitale con il quale dare una possibile risposta è stato sperimentato nella
ricostruzione virtuale dell’Esposizione Nazionale del 1928 a Torino 4 , della quale davvero poche
testimonianze visive sono riscontrabili5.
La metodologia di lavoro sperimentata è stata mossa dall’obiettivo di provare a risolvere le problematiche
portate da un’indagine complessa delle trasformazioni urbane in connessione al contesto interessato. Si
sono operati quindi più tentativi di utilizzo del digitale come la virtualità, l’interattività e l’utilizzo
contemporaneo e interdipendente di più media; si è inoltre deciso di sottolinearne in questa sede gli
aspetti positivi nonché quelli negativi, proprio per il carattere sperimentale attribuito sin dall’inizio al
prodotto.
Il Parco del Valentino ha ospitato le Grandi Esposizioni6 che hanno avuto luogo a Torino dal 1884 al 1928.
L’Esposizione del 1928 è stata significativa non solamente per i numeri interessati7, ma soprattutto per i

1
  Alcuni lavori nell’ambito di Digital History si possono trovare in R. Tamborrino (a cura di), Digital Urban History. Telling the history
of the city in the age of the ICT Revolution, Roma, in corso di pubblicazione.
2
  T. Tammis, Digital Humanity, in J. Jõekalda, J. Tali, S. Tuksam (eds.), Interspace. Essays on the Digital and the Public, Tallinn
(Estonia), 2014, pp. 174‐186: 176‐177: “Digital information allows us to see and work with things that would simply be impossible
in the analogue world”.
3
  Presenza di più media organizzati secondo una logica ipertestuale.
4
  Si fa riferimento ai risultati ottenuti dalla ricerca effettuata per la tesi di laurea magistrale: N. Mafrici, Torino 1928. Racconto
ipermediale della quinta esposizione universale, relatori Proff. A. Ronchetta, R. Tamborrino, Arch. C. Gerenzani, tesi di laurea
magistrale in Architettura per il Restauro e la Valorizzazione del Patrimonio, Dipartimento di Architettura e Design, Politecnico di
Torino, a.a.2012‐2013.
5
  Il carattere precipuo di un’esposizione è proprio l’effimerità: dell’Esposizione rimangono solo la parte centrale del sommergibile
Provana, il faro della Vittoria al Parco della Rimembranza, il Ponte Vittorio Emanuele III inaugurato in occasione dell’esposizione e il
Palazzo della Seta (costruito durante l’Esposizione del 1911 come Palazzo del Giornale, modificato (alleggerito da tutti gli
ornamenti) nel 1928, in seguito ristrutturato da Ettore Sottsass e infine ricostruito dopo i bombardamenti della guerra da Pier Luigi
Nervi.
6
  Per un breve inquadramento delle Grandi Esposizioni a Torino cf. P.L. Bassignana, Città scomparse ‐ Torino e le Esposizioni di fine
secolo, in Torino sconosciuta e dimenticata. 13 incontri alla scoperta del volto segreto di Torino, Torino 1998, pp.127‐151. Per un
quadro completo cf. P.L. Bassignana (a cura di), Il Valentino un luogo del progresso, Ciclo di conferenze 14 gennaio ‐ 11 febbraio
2004, Torino, 2004.
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Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014

personaggi che vi han preso parte e per il dibattito culturale di quegli anni. Molti sono stati i contributi di
giovani architetti, alcuni torinesi di nascita e altri di esperienza8, che hanno messo qui alla prova le loro
capacità e idee. Con il suo carattere provvisorio, l’Esposizione ha costituito un vero e proprio palinsesto9,
che pur non lasciando alcuna traccia visiva sul territorio, ha segnato in modo fondamentale la storia
dell’architettura moderna in Italia10.
Gli anni oggetto di ricerca costituiscono un fervido periodo per quanto riguarda la quantità e la svariata
tipologia delle fonti a disposizione; Ugo Soragni sottolinea la facilità di incorrere in omissioni e
trascuratezze in un’indagine del periodo contemporaneo 11 . I documenti d’archivio raccolti 12 hanno
differente matrice: disegni di progetto, schizzi, fotografie, filmati, cartoline, da confrontarsi con la ricerca
bibliografica13. Determinante a conoscere il contesto culturale intorno all’esposizione sono state inoltre le
riviste, sia i quotidiani sia quelle specializzate. Il primo passo nel lavoro è stato quindi quello di ricostruzione
delle fonti tramite un confronto incrociato delle stesse con particolare attenzione alla quantità, qualità e
veridicità.
Con questo punto di partenza si è riuscito a costituire un database tipologicamente ricco, presupposto
indispensabile per l’utilizzo di una piattaforma digitale (è proprio questo uno dei ‘nodi’ che si tenta di
sciogliere con l’ipermedialità). La buona costituzione di un banca dati permette di capire come utilizzare le
informazioni che si hanno, quali scegliere e soprattutto aiuta a gerarchizzare le stesse.
Per realizzare una prima visualizzazione dell’Esposizione nella città attuale, confrontarne e verificarne le
consistenze, si è tentato di georeferenziare la pianta del 1928 con le piante attuali. Le informazioni riguardo
l’area e le architetture così ottenute, sono subito state utili a ricostruire un modello 3d con altimetrie,
morfologie e disposizione dei padiglioni espositivi verificate. E’ stato inoltre portato avanti il tentativo di
inserire il lavoro di modellazione nella piattaforma di Google Earth; tentativo che in questa sede è stato
abbandonato, a causa dell’impossibilità del software di ospitare ricostruzioni storiche di edifici non esistenti
attualmente, e a causa delle informazioni a disposizione per i vari padiglioni non omogenee
quantitativamente né qualitativamente. Tentativo che offre però grandi spunti e proposte per il futuro,

7
  Le mostre interessavano gran parte del parco del Valentino e la zona del Pilonetto oltre il fiume Po (inaugurando anche il ponte
Vittorio Emanuele III ‐attuale ponte Balbis‐ che collegava le due aree) occupando un totale di 450.000 metri quadrati, di cui 63.000
coperti da 60 padiglioni (alcuni formati a loro volta da diversi “padiglioncini”). Per un quadro completo delle consistenze, cf.
Commissione di Propaganda (a cura di), Torino 1928. Catalogo Ufficiale della Esposizione. Torino, Parco del Valentino, Pilonetto, 1
maggio ‐ 6 novembre 1928, Torino, 1928.
8
  Molti degli architetti che hanno preso parte all’Esposizione arrivano da studi alla Facoltà di Architettura a Torino. Alcuni, come
Pagano, istriano di nascita, dopo l’Esposizione, han continuato parte significante della loro carriera nel capoluogo piemontese.
Giuseppe Pagano (Porec 1896 ‐ Mauthausen 1945) è stata sicuramente la figura che più di tutte ha rappresentato il carattere di
questa Esposizione. Ha dichiarato in alcuni articoli che l’Esposizione ha rappresentato un momento per sperimentare e saggiare le
capacità degli architetti di operare in un contesto urbano trasformabile per l’occasione; cf. G. Pagano, Parliamo un po’ di
esposizioni, “Costruzioni Casabella”, XIV, 1941, 3, allegato alla rivista dopo la stampa.
9
  Palinsesto da intendersi proprio filologicamente come un foglio bianco da scrivere, cancellare e riscrivere.
10
   Cf. N. Mafrici, The Exhibition of 1928 in Turin and its digital context, in R. Tamborrino (a cura di), Digital Urban History. Telling the
history of the city in the age of the ICT Revolution, cit.. Per approfondimenti sulle architetture e i protagonisti del periodo
interessato cf. G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922‐1944, Torino, 1987; R. Tamborrino, L'Esposizione
nazionale italiana del 1928, in M.A. Giusti, R. Tamborrino (a cura di), Guida all'architettura del Novecento in Piemonte (1902‐2006),
Torino, 2008, pp. 33‐37.
11
   “[…] il periodo contemporaneo offre una gamma tendenzialmente illimitata di documenti a cui attingere per ricostruire vicende,
rapporti, procedimenti e prassi di lavoro. […] la ricerca sul contemporaneo complicata e incerta per la moltiplicazione quasi
incontrollabile delle fonti e, dunque, per il rischio costante di omissioni, approssimazioni, fraintendimenti ed errori, talvolta
clamorosi.” U. Soragni, Le fonti archivistiche della storiografia dell’architettura e dell’arte contemporanee, in Archivio Storico delle
Arti Contemporanee (a cura di), Archivi e Mostre, Atti del Primo Convegno Internazionale “Archivi e Mostre” (Venezia, 20‐21
Ottobre 2012), Venezia, 2013, pp. 26‐31:26‐27.
12
   L’impossibilità di consultazione dell’Archivio di Pagano, non ha permesso una completa analisi e documentazione archivistica
dell’operato dell’architetto all’interno dell’Esposizione. Ma grazie alla ricerca bibliografica e agli articoli da lui scritti (soprattutto
sulla rivista La Casa Bella, di cui lui stesso è stato direttore per circa dieci anni dal 1933) ci si è potuto rendere conto
dell’importanza della sua presenza e della consistenza dei suoi progetti.
13
   Alcuni dei testi fondamentali considerati editi negli anni a ridosso dell’Esposizione: Commissione di Propaganda (a cura di), Le
esposizioni ed i festeggiamenti di Torino nel 1928. Aprile ‐Ottobre Parco del Valentino. IV centenario di Emanuele Filiberto e X
anniversario della Vittoria, Torino, 1928. Catalogo Ufficiale della Esposizione. Torino, Parco del Valentino, Pilonetto, 1 maggio ‐ 6
novembre 1928, Torino, 1928. G. Pagano, 7 Padiglioni, Torino, 1930.
Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014

grazie alla possibilità di lavorare con una piattaforma open source e di rendere conoscibile in modo
immediato le trasformazioni urbane avvenute.
La ricostruzione virtuale, rappresentata non solo da una riproduzione volumetrica complessiva
dell’Esposizione, ma puntualmente anche più specifica, dove la consistenza delle informazioni lo
permetteva, è stata poi inserita in una piattaforma ipermediale al fine di connetterla a una serie di
informazioni testuali e iconografiche desunte. La struttura ipermediale costituitasi, ha la fondamentale
caratteristica di essere aperta, cioè integrabile con future informazioni acquisibili; d’altra parte, questa
stessa caratteristica rende necessaria una particolare attenzione all’omogeneità e veridicità dei dati.
L’uso della modellazione tridimensionale è stato inoltre utile per risolvere le questioni derivanti dalla
complessa indagine conoscitiva, dando l’opportunità di confrontare le informazioni acquisite e facendo
eventuali ipotesi riguardo le informazioni incomplete14. Il perseguimento dell’attendibilità scientifica dei
risultati, obiettivo imprescindibile, ha portato inoltre necessariamente a una rappresentazione differenziata
dei dati ottenuti. Tramite l’utilizzo di differenti metodi di visualizzazione del modello come colori,
trasparenze, gessi ‐per fare alcuni possibili esempi‐, si è potuta indicare un’informazione materica dove
desunta da fonti certe, o lasciare un’indicazione meno precisa dove non si possedevano abbastanza dati ma
si potevano solo fare supposizioni. E ancora, in alcuni casi si è provveduto a semplificazioni o
approfondimenti nella rappresentazione degli edifici.
Si apre quindi un discorso di rappresentazione dei materiali nel digitale del tutto dipendente dai dati
acquisiti, dove il colore, le linee e la quantità di informazioni restituite hanno un’importanza fondamentale
nel raccontare i risultati della ricerca.
Il risultato della ricostruzione virtuale è stato infine inserito in un video interattivo, che guida il racconto
dell’Esposizione attraverso un percorso fra i padiglioni, permettendo approfondimenti tramite
l’interazione15.
La metodologia di lavoro scelta, ha permesso di indagare inoltre su come si possa arrivare a ottenere
informazioni aggiuntive dall’incrocio e dal confronto dei dati della ricerca storica. Per alcuni edifici
dell’Esposizione, per i quali non si disponeva di disegni di progetto corredati di informazioni metriche, ma
solo di piante funzionali, fotografie e cartoline, si è arrivati dopo un attento confronto delle fonti,
determinando quale fosse l’informazione ‘più certa’, e con l’ausilio di rappresentazioni digitali, a ipotizzare
un possibile disegno.
Questa esperienza è stata finalizzata a indagare come le tecnologie digitali presentate possano porsi come
strumenti per lo studio storico‐critico e interpretativo delle trasformazioni spaziali e temporali che
interessano pezzi di città. Un lavoro di questo genere potrebbe essere utile per la visualizzazione di ogni
architettura non più esistente o parzialmente esistente, e ancora per dare uno spazio virtuale a quel
patrimonio intangibile formato da ciò che nei disegni di progetto viene mostrato (e pensato) ma che non è
visibile materialmente.

14
   La modellazione tridimensionale può essere vista proprio come un database per l’analisi del patrimonio architettonico, fonte dei
molti dati documentali, cf. S. Brusaporci, Sperimentazione di modelli tridimensionali nello studio dell’architettura storica, in S.
Brusaporci (a cura di) Sistemi Informativi Integrati per la tutela la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico e
urbano, Roma, 2012, pp.58‐64.
15
   Software utilizzati per la modellazione: Autocad, Blender, SketchUp; per la piattaforma ipermediale: Adobe Dreamweaver, Adobe
Flash Professional; per il video interattivo: Adobe Director 12, Wirewax.
Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014

   Fig.1: Pianta ufficiale delle esposizioni di Torino, 1928, in Commissione di Propaganda (a cura di), Torino 1928.
Catalogo ufficiale della Esposizione, Torino, Parco del Valentino, Pilonetto, 1 maggio ‐ 6 novembre 1928, Torino, 1928.

                                Fig.2: Georeferenziazione su piattaforma Google Earth.
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Fig.3: Modellazione del Padiglione della Marina e dell’Aeronautica, con rappresentazioni differenti delle facciate, in
                                 rapporto alle informazioni desunte dalla ricerca.

                                         Fig.4: Un frame del video interattivo.
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