VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae

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VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
VINITALY, LE DICHIARAZIONI
DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE
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sidente Federvini: “Condividiamo in pieno le scelte di
Veronafiere, sia per quanto riguarda la decisione presa, sia
per la relativa collocazione temporale insieme ad altri grandi
eventi come Cosmoprof di Bologna e il Salone del Mobile di
Milano, che daranno un segnale importante per la ripresa del
Paese”.

Ernesto Abbona, presidente Unione italiana vini: “Occorre dare
un messaggio forte al Paese. Se agiamo uniti nel contesto
dello spostamento di data, non solo di Vinitaly, ma di altri
grandi eventi internazionali che si svolgeranno in Italia a
giugno, potremo contribuire in modo corale al rilancio
dell’immagine positiva che merita il made in Italy”.

Riccardo Cotarella, presidente di Assoneologi: “La decisione
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
assunta da Veronafiere su Vinitaly e supportata dalle
associazioni della filiera, deriva da considerazioni
intelligenti e imprenditoriali. Non si può immaginare un
Vinitaly fiore all’occhiello del settore vitivinicolo
italiano, nonché evento che tutto il mondo ci invidia,
ridimensionato più o meno fortemente nelle presenze di
operatori che al momento danno previsioni non soddisfacenti.
Questo significa tutelare l’operatività dei nostri produttori
e allo stesso tempo proteggere l’immagine del vino italiano e
di Vinitaly nel mondo”.

Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli
indipendenti: “Siamo d’accordo con Veronafiere sulla necessità
di modificare le date in calendario di Vinitaly. Giugno è
l’ultima data utile per un evento sul vino. Come Fivi siamo
comunque pronti ad un grande impegno per partecipare, dal
momento che questo mese è dedicato tradizionalmente alle
lavorazioni in vigna”.

Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc: “La nostra
posizione è di non dare messaggi negativi al mercato, specie
in un momento cruciale per il sistema Paese e per il settore.
La situazione negli ultimi giorni è stata diversa da quella
sperata e per questo ci sentiamo di condividere la scelta di
Veronafiere e di stare sulla stessa linea di Vinitaly, pur
consapevoli che ci sarà molto da fare”.

Luca Rigotti, coordinatore settore vino di Alleanza
Cooperative: “Condividiamo la scelta di Veronafiere per lo
spostamento delle date di Vinitaly. Ora lavoriamo assieme alla
fiera affinché il mondo del vino possa dare un messaggio
positivo all’economia nazionale”.
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
CORONAVIRUS,        VINITALY
RIMANDATO. SARA’ DAL 14 AL 17
GIUGNO
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e AGRICOLAE il Vinitaly è stato rimandato a giugno, dal 14 al
17.

Un retromarch necessario a fronte del difficile momento che
sta vivendo il Paese soprattutto nelle zone considerate
‘rosse. Nonostante la volontà di tornare quanto prima alla
normalità e riaccendere il sistema produttivo del Paese. Di
cui VeronaFiere e il Vinitaly sono motori potenti.

Per saperne di più:

VINITALY CAMBIA DATA. DECISIONE CONCERTATA CON PRINCIPALI
ASSOCIAZIONI DI SETTORE, ZAIA E SINDACO DI VERONA

Posted by Redazione × Pubblicato il 03/03/2020 at 18:37
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
“In considerazione della rapida evoluzione della situazione
internazionale che genera evidenti difficoltà a tutte le
attività fieristiche a livello continentale, Veronafiere ha
deciso di riposizionare le date di Vinitaly, Enolitech e
Sol&Agrifood dal 14 al 17 giugno 2020, ovvero nel periodo
migliore per assicurare a espositori e visitatori il più
elevato standard qualitativo del business”. Così Giovanni
Mantovani, direttore generale di Veronafiere in chiusura del
Consiglio di amministrazione della Spa, riunitosi oggi.
“Vinitaly, insieme ad OperaWine – ha proseguito il direttore
generale –, si svolgerà quindi in un contesto temporale in cui
grandi eccellenze del made in Italy, quali Cosmoprof e Salone
del mobile, per esempio, avranno il compito di rilanciare con
forza l’attenzione dei mercati internazionali e l’immagine
dell’Italia. In questo frangente ringraziamo le aziende per la
fiducia che ci stanno dimostrando”.
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
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nalisi dei dati disponibili oltre che dell’ascolto delle
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
posizioni degli stakeholder del mercato, incluse le principali
associazioni di settore: Unione Italiana Vini, Assoenologi,
Federvini, Federdoc, Federazione vignaioli indipendenti e
Alleanza delle Cooperative settore vitivinicolo.

“Lo spostamento a giugno di Vinitaly e di altre importanti
manifestazioni internazionali nelle città di Milano e Bologna
– spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – è un
segnale che il made in Italy scommette su una pronta ripresa
economica nei settori chiave del sistema-Paese. Auspichiamo
quindi che il nuovo calendario fieristico nazionale possa
generare una rinnovata fiducia ed essere strumento con cui
capitalizzare la ripartenza del nostro Paese”.

Veronafiere attiverà una task force per assistere i propri
clienti in ogni ambito necessario alla riorganizzazione delle
manifestazioni posticipate e in stretta collaborazione con le
associazioni di riferimento predisporrà tutte le azioni di
incoming necessarie a garantire la presenza di buyer e
operatori professionali qualificati. Sulle nuove date,
inoltre, Confcommercio Verona e Cooperativa Albergatori
veronesi hanno espresso massima disponibilità per favorire lo
spostamento delle prenotazioni.

Nel 2021 Vinitaly sarà in calendario nelle sue date consuete
(18-21 aprile); date che sono frutto dell’accordo con l’Union
dei Grandi Cru di Bordeaux (UCGB) col quale dal 2013 c’è un
accordo nato per incontrare le esigenze dei protagonisti del
mondo del vino, buyer e stampa internazionale in particolare.

VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE

Posted by Redazione × Pubblicato il 03/03/2020 at 18:45
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
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sidente Federvini: “Condividiamo in pieno le scelte di
Veronafiere, sia per quanto riguarda la decisione presa, sia
per la relativa collocazione temporale insieme ad altri grandi
eventi come Cosmoprof di Bologna e il Salone del Mobile di
Milano, che daranno un segnale importante per la ripresa del
Paese”.

Ernesto Abbona, presidente Unione italiana vini: “Occorre dare
un messaggio forte al Paese. Se agiamo uniti nel contesto
dello spostamento di data, non solo di Vinitaly, ma di altri
grandi eventi internazionali che si svolgeranno in Italia a
giugno, potremo contribuire in modo corale al rilancio
dell’immagine positiva che merita il made in Italy”.

Riccardo Cotarella, presidente di Assoneologi: “La decisione
assunta da Veronafiere su Vinitaly e supportata dalle
associazioni della filiera, deriva da considerazioni
intelligenti e imprenditoriali. Non si può immaginare un
Vinitaly fiore all’occhiello del settore vitivinicolo
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
italiano, nonché evento che tutto il mondo ci invidia,
ridimensionato più o meno fortemente nelle presenze di
operatori che al momento danno previsioni non soddisfacenti.
Questo significa tutelare l’operatività dei nostri produttori
e allo stesso tempo proteggere l’immagine del vino italiano e
di Vinitaly nel mondo”.

Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli
indipendenti: “Siamo d’accordo con Veronafiere sulla necessità
di modificare le date in calendario di Vinitaly. Giugno è
l’ultima data utile per un evento sul vino. Come Fivi siamo
comunque pronti ad un grande impegno per partecipare, dal
momento che questo mese è dedicato tradizionalmente alle
lavorazioni in vigna”.

Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc: “La nostra
posizione è di non dare messaggi negativi al mercato, specie
in un momento cruciale per il sistema Paese e per il settore.
La situazione negli ultimi giorni è stata diversa da quella
sperata e per questo ci sentiamo di condividere la scelta di
Veronafiere e di stare sulla stessa linea di Vinitaly, pur
consapevoli che ci sarà molto da fare”.

Luca   Rigotti,   coordinatore   settore   vino   di   Alleanza
Cooperative: “Condividiamo la scelta di Veronafiere per lo
spostamento delle date di Vinitaly. Ora lavoriamo assieme alla
fiera affinché il mondo del vino possa dare un messaggio
positivo all’economia nazionale”.

Era già stato scritto:

VERONAFIERE: VINITALY CONFERMA LA DATA NELLA TERZA DECADE DI
APRILE 2020

Posted by Redazione × Pubblicato il 26/02/2020 at 17:59

Veronafiere conferma le date della 54ªedizione di Vinitaly che
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
sarà regolarmente in calendarionella terza decade di aprile, e
precisamente da domenica 19 a mercoledì 22. La decisione,
frutto anche di un’attenta analisi dei dati disponibilioltre
chedell’ascolto delle posizioni degli stakeholder e del
mercato–incluse le principali associazionidi settore–, è stata
adottata oggi pomeriggio dal consiglio di amministrazione di
Veronafiere. Si tratta di una decisione concertata, inoltre,
con il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia e con il
sindaco di Verona, Federico Sboarina.«Il mondo del vino
italiano già in passato ha dato unsegnale positivodi svolta.
Veronafiere è convinta che, anche in questa occasione,il
settore potrà contribuire alla ripresa della nostra economia e
a rilanciare un clima di fiducianel Paese», sottolinea il
direttore generale Giovanni Mantovani.Veronafiere, nel
mantenere altal’attenzione, ha programmato in tempi brevi un
incontro con i rappresentanti della filiera per attivare tutte
le risorse e le azioni di incoming e promozione sui mercati
internazionali.«Siamo consapevoli –aggiunge Mantovani –delle
difficoltà del momento e dell’immagine distorta dell’Italia
percepita all’estero, ma siamo persuasi che l’emergenza
rientrerà consentendoci di organizzare regolarmente la
manifestazione, che rappresentail traino per il vino italiano
nel mondo».

VERONAFIERE       POSTICIPA
SAMOTER, LETEXPO, ASPHALTICA
E B/OPEN
Il Cda di Veronafiere Spa, riunitosi oggi, preso atto
dell’impossibilità di garantire le corrette tempistiche nelle
VINITALY, LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE - Agricolae
operazioni di allestimento, disallestimento e logistica delle
prossime manifestazioni fieristiche in relazione alle
prescrizioni dell’ordinanza del     ministero della Salute e
della Regione del Veneto in merito al Covid-19, ha deciso di
posticipare le rassegne in programma a marzo e all’inizio di
aprile 2020. Samoter, il salone internazionale delle macchine
per costruzioni, previsto dal 21 al 25 marzo, si spostaquindi
dal 16 al 20 maggio 2020. Insieme a Samoter, vengono
riposizionatianche i due eventi concomitanti: Asphaltica,
manifestazione sulle infrastrutture stradali, e LetExpo, il
nuovo salone sulla logistica e sull’intermodalità sostenibile,
organizzato in collaborazione con Alis. Cambio di data anche
per la prima edizione di B/Open, la rassegna sulfood
certificato biologico e sul natural self-care, che dall’1 al 3
aprile 2020, passa a giugno, dal 22al 24. Il provvedimento di
Veronafiere si aggiunge alle altre variazioni in calendario
annunciate ieri e che riguardano gli appuntamenti più prossimi
di marzo: Model Expo Italyed Elettroexpo,rinviati al 21 e 22
novembre 2020, e Innovabiomed, ora in programma il 15 e 16
giugno 2020

VERONAFIERE:         VINITALY
CONFERMA LA DATA NELLA TERZA
DECADE DI APRILE 2020
Veronafiere conferma le date della 54ªedizione di Vinitaly che
sarà regolarmente in calendarionella terza decade di aprile, e
precisamente da domenica 19 a mercoledì 22. La decisione,
frutto anche di un’attenta analisi dei dati disponibilioltre
chedell’ascolto delle posizioni degli stakeholder e del
mercato–incluse le principali associazionidi settore–, è stata
adottata oggi pomeriggio dal consiglio di amministrazione di
Veronafiere. Si tratta di una decisione concertata, inoltre,
con il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia e con il
sindaco di Verona, Federico Sboarina.«Il mondo del vino
italiano già in passato ha dato unsegnale positivodi svolta.
Veronafiere è convinta che, anche in questa occasione,il
settore potrà contribuire alla ripresa della nostra economia e
a rilanciare un clima di fiducianel Paese», sottolinea il
direttore generale Giovanni Mantovani.Veronafiere, nel
mantenere altal’attenzione, ha programmato in tempi brevi un
incontro con i rappresentanti della filiera per attivare tutte
le risorse e le azioni di incoming e promozione sui mercati
internazionali.«Siamo consapevoli –aggiunge Mantovani –delle
difficoltà del momento e dell’immagine distorta dell’Italia
percepita all’estero, ma siamo persuasi che l’emergenza
rientrerà consentendoci di organizzare regolarmente la
manifestazione, che rappresentail traino per il vino italiano
nel mondo».

FIERAGRICOLA 2020 CHIUDE CON
132MILA           VISITATORI
DELEGAZIONI COMMERCIALI DA 30
NAZIONI
                                                      Oltre
                                                      132mila
                                                      visitat
                                                      ori,
                                                      dei
                                                      quali
il 15%
esteri, 900 aziende da 20 nazioni su 67mila metri quadrati
espositivi netti, delegazioni commerciali da 30 Paesi, 800
capi di bestiame e 130 convegni tecnici in calendario. Sono i
numeri con cui ha chiuso oggi la 114ª Fieragricola di Verona:
il salone dedicato al settore agricolo, punto di riferimento
nazionale ed europeo. Protagonista nelle quattro giornate di
rassegna l’intera filiera legata all’agricoltura che ha
richiamato visitatori da tutta Italia, con un sensibile
aumento dal sud e dal nord ovest del Paese.
Dieci     i   padiglioni      occupati,     suddivisi      tra
meccanizzazione,      zootecnia,    mangimistica,     colture
specializzate, energie rinnovabili, agrofarmaci, fertilizzanti
e sementi, con il potenziamento delle aree per avicoltura,
allevamento dei suini e zootecnia da latte.

«L’edizione di quest’anno ha ribadito la validità del format
traversale – dichiara Maurizio Danese, presidente di
Veronafiere –. Merito anche dell’offerta sempre più completa,
grazie a nuove importanti partnership di sistema con le
associazioni di filiera, come quella avicola. Inoltre,
Fieragricola si è confermata luogo di discussione
internazionale dove affrontare le sfide che riguardano il
futuro dell’agricoltura in Europa, sul fronte di innovazione,
sostenibilità ed economia circolare».

Il nuovo Green Deal europeo con le sue ricadute sul mondo
agricolo e sulla Pac è stato infatti il tema portante di
Fieragricola 2020, insieme ad un approfondimento sulle
opportunità di sviluppo dell’agribusiness in Africa. Su questi
argomenti si sono confrontati imprese, sindacati agricoli,
associazioni e istituzioni. Un dibattito che ha visto la
partecipazione della ministra alle Politiche agricole Teresa
Bellanova e la ministra dell’Agricoltura della Croazia Marija
Vučković che presiede il Consiglio dei ministri agricoli
dell’Unione europea nel primo semestre 2020. Proprio la
Croazia è stata il paese ospite di questa 114ª Fieragricola,
che ha puntato sull’aumento dell’internazionalità.

«Quest’anno, Veronafiere ha investito molto sulle attività di
incoming di buyer internazionali in collaborazione con Ice-
Agenzia e Federunacoma, focalizzandosi sulla regione
dell’Alpe-Adria, sui Balcani e su 17 stati africani – spiega
Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –.
Accanto al ruolo più tradizionale di fiera dell’offerta,
vogliamo infatti che Fieragricola si sviluppi sempre più come
piattaforma per la domanda, rappresentata da operatori
stranieri attentamente selezionati dai mercati target. Allo
stesso tempo ci impegniamo per accompagnare all’estero le
imprese italiane e infatti siamo già al lavoro su Fieragricola
Marocco, in programma ad aprile al Siam di Meknés, dove
debutterà anche la formazione per i professionisti locali con
i corsi della Fieragricola Academy».

A Fieragricola 2020, infine, l’internazionalità è andata in
scena anche con gli eventi e i premi zootecnici, grazie al
ritorno del Confronto europeo della razza Bruna e al 19° Dairy
Open Holstein Show.

Fieragricola dà appuntamento alla prossima edizione nel 2022.

EXPORT, USA MINACCIA                                 DAZI
ANCHE SU VINO
Una vera e propria black list
                              quella ipotizzata dal presidente
                              Usa Donald Trump sui prodotti da
                              importare nel Paese a Stelle e
                              Strisce. Che andrebbe a colpire
                              l’export made in Italy per il
                              quale,     dopo    la    scelta
dell’embargo russo, nel governo Renzi si era deciso di
‘abbandonare’ l’esportazione russa per puntare proprio su
quella Usa. Con tanto di Piano straordinario del Made in Italy
e bando affidato alla Boston Consulting, impresa che cura gli
interessi della GDO americana.

Ora si rischia di vanificare tutti gli sforzi – delle aziende
tricolori – ed economici che si erano fatti con l’Italian
Taste.

Trump minaccia di inasprire i dazi sui prodotti provenienti
dall’Unione Europea per un totale di 11 miliardi di dollari in
risposta agli aiuti ad Airbus. Nella lista preliminare
stilata dall’ufficio del rappresentante commerciale degli
Usa, Robert Lighthizer, compaiono anche molti prodotti
alimentari come il Pecorino, Emmental, yogurt, burro, vini con
e senza Bollicine, olio d’oliva, agrumi e marmellate.

Prima di attivare queste misure, gli Stati Uniti attenderanno
che il Wto stimi il valore di quelle che vengono definite
‘contromisure’ rispetto ai sussidi europei a Airbus. “La Ue si
è approfittata degli Usa sul commercio per molti anni. Questo
finirà presto”, ha twittato Donald Trump. “Il Wto – afferma –
ha trovato che gli aiuti della Ue ad Airbus hanno avuto un
impatto negativo sugli Usa”.

Una risposta “esagerata” per Bruxelles che sottolinea che la
definizione del volume dei dazi spetta al Wto e che in ogni
caso l’Unione europea si prepara a prendere a breve le stesse
misure contro gli Stati Uniti per gli aiuti a Boeing.
L’Italia aveva puntato tutte le sue carte sulla giocata
perdente.
Per saperne di più era stato scritto:

MADE IN ITALY, 30 MLN PER VENDERE IN USA CON BANDIERA “A
SCALINI”. PIANO E’ “MONITORATO” MA ANCHE “REVISIONATO”
(COMPITO DEL MISE) DA MULTINAZIONALE USA CHE TRA I SUOI
CLIENTI HA LE STESSE GDO TRA QUELLE SCELTE SU CUI INVESTIRE
SOLDI ITALIANI MISE: ABBIAMO SCELTO BCG PER QUESTO MA NESSUN
CONFLITTO DI INTERESSI. RAPPORTI CON GDO CURATI DA ICE. NEL
FRATTEMPO VIA VAI DI DIRIGENTI ICE TRA MOSCA E NEW YORK

Posted by Redazione × Pubblicato il 26/05/2015 at 17:12
                                                Circa      30
                                                milioni    di
                                               euro – tra i
                                               12 del Mipaaf
                                                e i 18 del
                                                Mise   –   per
                                                promuovere il
                                                made in Italy
                                                agroalimentare
                                                in         Usa
                                                attraverso tre
gradini tricolori. Un piano “strategico” di rilancio del
settore che dovrebbe essere messo a punto dall’Ice. Ma che
succede se questo viene “monitorato” e “revisionato” da una
multinazionale Usa di consulenza di management incaricata con
un budget al di sotto di soli 5mila euro rispetto la soglia
prevista (200 mila euro, ndr) per indire il bando di concorso?
E cosa succede se tra le cinque catene di distribuzione su cui
puntare per vendere le eccellenze della tavola made in Italy
dovessero figurare proprio due clienti della stessa
multinazionale? Qualcuno potrebbe pensare che i soldi degli
italiani vengano usati da una multinazionale Usa per fare
pubblicità a Gdo Usa clienti della stessa, che decidono di
vendere made in Italy marchiato con un segno unico distintivo.
Nel senso che saranno utilizzati i soldi stanziati dal governo
italiano per promuovere i prodotti italiani sotto la bandiera
“a scalini” del segno unico distintivo sugli scaffali dei
clienti della stessa società che ha revisionato e monitorato
il piano di promozione. Facendo così – direttamente o
indirettamente e anche senza volerlo – trarre un vantaggio ai
propri clienti che vedranno canalizzati investimenti di cui
direttamente o indirettamente usufruiranno anche loro. Dalla
multinazionale rispondono ad AGRICOLAE che non possono dare
informazioni riguardo i propri clienti. Agricolae ha chiesto
anche al Mise in merito al ruolo della Boston Consulting e in
merito a un eventuale coincidenza di clienti. Nel confermare
che il lavoro della Bcg “si è concluso” sulla “coincidenza” di
clienti, ecco quanto ribadito:

                                      “Abbiamo preso Bcg –
                                      fanno    sapere    ad
                                      AGRICOLAE dallo staff
                                      del viceministro Mise
                                      Carlo Calenda – proprio
                                      perche conosce la Gdo
                                      americana  altrimenti
                                      sarebbe stata del tutto
                                      inutile. Gli Usa sono
                                      un   mercato   molto
                                      complesso e le regole
della Gdo molto specifiche, e questa operazione e’ per
dimensione e meccanica senza precedenti. Bcg cosi come
Mckinsey (e tutte le altre minori da bain ad Atkerney, Value
partners etc) hanno migliaia di clienti tra i top brand
mondiali, la maggior parte in concorrenza tra di loro e/o
fornitori l’uno dell’altro. Questo ovviamente non configura
alcun conflitto di interesse perche’ vi e’ una rigida
compartimentazione delle informazioni e perche’ non vi e’
alcuna revenue sharing con i clienti. Se cosi non fosse queste
societa’ non avrebbero clienti e fallirebbero mentre, proprio
per la complessita’ del mercato mondiale, sempre più’ aziende
e istituzioni fanno ricorso ai loro servizi, soprattutto
quando si tratta di innescare processi di cambiamento
improntati all’efficienza”. E hanno aggiunto che “il rapporto
con Bcg si è concluso il primo maggio e nei tre mesi di lavoro
il Gruppo Usa ha assitito l’Ice nella predisposizione del
piano. I rapporti con la Gdo li sta curando Ice New York” che
ha visto un cambio di poltrone con Mosca. Obiettivo ultimo è
quindi promuovere nel mondo il made in Italy agroalimentare
con la prospettiva di far crescre l’export a qutoa 50 miliardi
entro il 2020.

Ma andiamo con ordine.

L’Italia attribuisce un peso strategico all’agroalimentare
sottolineato dagli impegni assunti dal Governo Renzi con il
decreto “Sblocca Italia” con il quale era stata delegata al
MISE la stesura del “Piano per la promozione straordinaria del
Made in Italy” che ha messo in primo piano la lotta al
fenomeno della falsificazione del prodotto agroalimentare
nostrano.

L’italian sounding è un fenomeno da anni noto agli addetti ai
lavori ma che da poco ha assunto gli onori delle cronache.
Oggi, secondo gli operatori, ha proliferato e rappresenta un
ampio mercato che alcuni stimano in mancati acquisti delle
nostre produzioni, il cui valore si aggirerebbe intorno ai 150
milioni di euro al giorno. Sul podio dei “falsari” ci sono
proprio le industrie statunitensi che da anni utilizzano il
fascino dell’italianità per produrre e vendere, soprattutto
negli scaffali della GDO, prodotti realizzati altrove e che di
italiano hanno solamente nome e packaging.
Come già
                                                     anticipa
                                                     to    da
                                                     Agricola
                                                     e,    il
                                                     Piano
                                                     straordi
                                                     nario
                                                     del Mise
                                                     è stato
                                                     approvat
                                                     o      a
                                                     febbraio
                                                     2015. Il
                                                     Piano
                                                     minister
                                                     iale ha
                                                     previsto
un impegno economico pubblico di 30 milioni di euro (circa 12
milioni di euro da parte del Mipaaf presi dal Dl competitività
di agosto e 18 da parte il Ministero dello Sviluppo economico
previsti dal Def, (oltre ai 4 milioni per il segno unico
distintivo) da utilizzare “con la grande distribuzione” per
introdurre nei supermercati esteri più prodotti del Made in
Italy. L’obiettivo ambizioso del Piano è di inserire negli
scaffali della grande distribuzione americana marchi di
qualità, appartenenti ad aziende di piccole dimensioni.

Prossima (il 27 maggio) la presentazione del famoso “segno
distintivo unico”: la scelta è ricaduta su una bandiera
tricolore “a scalini“ e per la diffusione internazionale di
questo marchio distintivo il Piano ha previsto un impegno
economico importante. L’ente che deve attuare entrambe le
iniziative studiate per contrastare l’Italian sounding, sempre
secondo il decreto legge, è l’ICE-Agenzia.

Agricolae ha tentato di capire come e quali attività e con
quali tempi l’ICE intende dare seguito ai buoni propositi del
Piano straordinario 2015, considerando che ad oggi, fine
maggio, poco o nulla di concreto è stato realizzato.

Dai documenti rintracciati e dalle informazioni raccolte è
emerso che è stato formalmente affidato dall’Ice (stando a
quanto si evince anche dalla documentazione online
dell’Agenzia) alla società THE BOSTON CONSULTING GROUP SRL il
compito di “Assistenza tecnica, controllo di gestione e
monitoraggio delle attività promozionali”.

Dall’ICE tuttavia hanno fatto sapere ad AGRICOLAE che la
multinazionale americana starebbe svolgendo – ma dal Mise
dicono che il rapporto è finito – anche una attività di
“revisione” del Piano straordinario benché, secondo la legge,
la competenza di redigere il Piano straordinario fosse stata
delegata unicamente al MISE. L’importo di aggiudicazione della
gara vinta da Boston Consulting sarebbe di appena 5 mila euro
sotto la soglia prevista per le gare europee, ovvero 195.000
euro.

L’ICE ha reso noto anche che le attività promozionali vere e
proprie saranno svolte “direttamente” dal personale, “ivi
comprese quelle riguardanti la promozione del settore
agroalimentare in USA, dagli accordi con la GDO (in corso di
definizione), al piano di comunicazione (un altro piano? ndr),
alle attività di supporto alle imprese attraverso i 5 uffici
negli USA.”
I
                                                                 n
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é appaltare ad una agenzia di comunicazione internazionale,
mediante gara europea, una cospicua parte dei 30 milioni di
euro messi a disposizione dal Governo Renzi, l’ICE ha scelto
di gestire l’imponente somma di denaro in “amministrazione
diretta”. E pur dovendo fare i conti con le leggi sugli
appalti pubblici, che prevedono il divieto di frazionare
artificiosamente la richiesta di beni e servizi, all’ICE,
sempre secondo le informazioni raccolte, sarebbe in corso la
gara per la selezione della società che dovrà occuparsi della
campagna di comunicazione in USA. Anche in questo caso
l’assegnazione della gara avverrà ai sensi del regolamento
interno per le spese “in economia” e l’importo posto a base
d’asta sarà necessariamente inferiore alla soglia prevista di
200.000 euro.

Come per l’affidamento a Boston Consulting l’impegno di spesa
previsto dall’ICE è molto marginale rispetto budget
complessivo. Un budget di cui resta a questo punto poco chiara
la destinazione e le rispettive procedure di impegno delle
spese.

Altro punto poco chiaro agli addetti ai lavori è come verrà
persuasa la Gdo americana a rinunciare al fruttuoso business
delle imitazioni dei nostri prodotti. Per ovvi motivi infatti
il margine di un supermercato per la vendita di un finto
prosciutto di Parma, stagionato nel Wisconsin, è di gran lunga
superiore alla vendita dell’originale importato dall’Italia.
Ed è qui che potrebbe giocare un ruolo importante la Boston
Consulting in quanto sembrerebbe che tra i sui clienti storici
ci siano anche catene della GDO ben radicate sul territorio
americano come “Stop and Shop” e “Kroger”. Ma quest’ultimo è
un punto estremamente delicato: da Boston Consulting fanno
sapere che non commentano mai sui propri clienti e dal Mise,
nel confermare la notizia, ribadiscono che “se così non fosse
sarebbe inutile” in quanto proprio in virtù dei clienti della
Bcg la promozione del made in Italy può essere maggiormente
capillare ed efficiente. Ma appare anche il rischio di
generare in seno alla stessa un palese conflitto. La
multinazionale americana si ritroverebbe infatti a dover
gestire contemporaneamente due clienti, ICE e catene di
distribuzione USA, portatori di interessi divergenti. Dato che
la BCG ha già tra i suoi clienti almeno due catene della
Grande Distribuzione tra quelle scelta per il Piano di
promozione da lei “monitorato” e “revisionato” potrebbe
emergere un eventuale conflitto di interessi in quanto la BCG,
indirizzando i soldi italiani nelle catene Gdo suoi clienti,
potrebbe far trarre un vantaggio in termini economici o anche
solo di visibilità.

                                      C’è poi il “via vai”
                                      dagli    uffici     Ice
                                      proprio in un momento
                                      cruciale tra il piano
                                      di promozione Usa e il
                                      Ttip. A giudicare dagli
                                      organigramma pubblicati
                                      sul sito dell’Agenzia-
                                      ICE, l’atteso scambio
                                      di poltrone tra i
                                      direttori delle sedi
Usa e Russia sarebbe finalmente operativo.

Pier Paolo Celeste, che era seduto nella poltrona più ambita
delle sedi Ice, qulla di New York, è da qualche giorno in
forze a Mosca, dove il mercato è fermo a causa di un embargo.
Proprio     a   cavallo     dell’anno     del    piano     di
internazionalizzazione e del Ttip. Mentre Maurizio Forte è
approdato a New York, la sede da cui l’ICE coordina gli altri
4 uffici statunitensi preposti alla promozione del Made in
Italy.

Il diploma di perito agrario conseguito da Forte nel 1982 con
60/60, considerando anche il peso strategico che ricopre il
sistema agroalimentare italiano, avrà senza dubbio pesato
sulla decisione dei vertici dell’Agenzia di cooptare negli Usa
il proprio funzionario dopo appena 2 anni dalla nomina di
direttore della sede moscovita (che risale infatti ad aprile
del 2013).

I problemi non finiscono qui, all’ICE infatti, oltre a dover
evitare frazionamenti artificiosi e conflitti di interesse,
devono anche fare i conti con le norme europee che vietano gli
“aiuti di stato” secondo le quali non sono ammissibili
stanziamenti di origine statale che procurano un vantaggio ad
una o più imprese con un impatto sulla concorrenza e sugli
scambi.

MADE IN ITALY, CALENDA: NESSUN TRUST. 195MILA EURO A BCG PER
ESSERE CERTI DI SPENDERE BENE I 70MLN CHE INVESTIAMO. IL
VICEMINISTRO ALLO SVILUPPO ECONOMICO: NORMALE CHE AZIENDE COSI
GRANDI ABBIANO CLIENTI NELLA GDO. ORA TUTTO IN MANO ALL’ICE

Posted by Redazione × Pubblicato il 27/05/2015 at 18:02
“Boston consulting è stata
                                  scelta all’interno delle
                                  norme di appalto perché la
                                  gara era sotto i 200 mila
                                  euro. Ci è arrivata, insieme
                                  ad altre, anche la richiesta
                                  di interesse da BCG. La
                                  nostra scelta è caduta su di
                                  loro perché tra le varie
                                  offerte era quella che aveva
                                  un rapporto qualità prezzo
                                  migliore”. Così ad AGRICOLAE
il viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda in
merito all’inchiesta sul piano di promozione del made in Italy
negli Stati Uniti e sul ruolo della Boston Consulting Group
nel “monitorare” e “revisionare” il progetto.

Da   quanto   è   emerso,   alcune   delle   catene   della   Grande
distribuzione Usa su cui si è deciso di investire le risorse
stanziate dal Dl Competitività e dal Def (un totale di circa
30 milioni di euro) attraverso il Piano strategico
“revisionato” dalla Bcg, sono clienti della stessa Bcg. Il che
potrebbe far pensare a un conflitto di interessi. I clienti
della Bcg potrebbero infatti trarre un vantaggio in termini
economici o di visibilità dal piano redatto dalla stessa Bcg
su come usare i soldi italiani. Ma non ha dubbi a riguardo il
viceministro: “Non credo esista, tra le società di consulenza
così grandi, qualcuna che non abbia, tra i suoi clienti, anche
qualche colosso della Gdo americana”, spiega. “L’alternativa
avrebbe potuto essere quella di scegliere una società di
consulenza italiana, ma, evidentemente, ci sarebbe servito a
poco per fare il piano di intervento sugli Stati Uniti”.
Secondo Calenda “è naturale che queste grandi aziende abbiamo
più clienti, spesso anche in concorrenza. Un’azienda come la
BCG ovviamente – prosegue – però non lavora sulla base di
profit sharing. Vuol dire che non guadagnano di più se le
aziende clienti guadagnano di più e, anzi, hanno una
compartimentazione delle informazioni.Così lavorano tutte le
grandi aziende del mondo e, per una volta, lo ha fatto anche
il governo italiano”.

“Non esiste nessuna possibilità che si possa ravvisare un
trust anche perché le grandi catene hanno decine di consulenti
su decine di progetti specifici”, insiste. “Non rivolgerci a
BGC, che ha affiancato ICE, sarebbe stato uno spreco di fondi
pubblici, perché avremmo corso il rischio di non intercettare
informazioni chiave per il mercato amerciano”, continua ancora
il viceministro.

“Questa è una normale pratica di tutte le aziende e di molti
stati”, prosegue ancora nello spiegare che “ora la campagna
sarà nelle mani di Ice e dei distributori, e Ice aveva bisogno
di competenze specifiche. Avevamo bisogno di spendere bene i
195 mila euro della consulenza – conclude infine – per essere
certi di spendere con efficacia i 70 milioni (in totale) che
investiamo”.

OCM VINO, TUTTO PRONTO PER IL
VINITALY. ECCO IL DECRETO
FIRMATO
                             Tutto pronto per l’incontro tra
                             il ministro delle Politiche
                             agricole e del Turismo Gian
                             Marco Centinaio e gli operatori
                             del settore vino previsto il 7
                             aprile a VeronaFiere, nel corso
del Vinitaly.    Il   decreto
sull’Ocm vino promozione è firmato. Il prossimo passo sarà
quello dell’avviso ministeriale che deve essere pubblicato –
da decreto – entro il 31 maggio.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica integralmente il decreto OCM
VINO firmato in PDF con relativo allegato:

DECRETO OCM VINO PROMOZIONE FIRMATO

ALLEGATO AL DM 3893

VINITALY A TUTTO BUSINESS:
DIALOGO CON LA COMMUNITY DEL
VINO 365 GIORNI L’ANNO
                            La 53a edizione del Salone
                            Internazionale dei Vini e dei
                            Distillati è sold out da
                            novembre     2018   nonostante
                            l’aumento della superficie netta
                            disponibile. Tra le novità, il
                            nuovo salone Vinitaly Design e
                            l’Organic Hall.
La Vinitaly Directory Official Catalogue & Business Guide
prosegue nel progetto di ampliamento delle lingue (da tre a
nove) a disposizione dei buyer. Con la presentazione delle
nuove indagini dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine
Monitor, la rassegna fornisce al settore uno strumento per
esplorare nuovi mercati
potenziali e per leggere in modo coerente lo scenario
competitivo. Procede lo sviluppo delle linee strategiche:
digital e incoming in primis.

Un’altra edizione in crescita per Vinitaly, che dopo un anno e
40 eventi promozionali
e di formazione in Italia e all’estero, si prepara ad aprire
con numeri in aumento.
La formula di Vinitaly – business in fiera, wine lover in
città – sta registrando il gradimento delle aziende,
confermato dal sold out degli spazi già nel mese di novembre
2018, nonostante un incremento della superficie netta
espositiva disponibile. Con la riorganizzazione dei padiglioni
F e 8, per la prima volta l’area
netta venduta raggiunge i 100.000 metri quadrati, mentre sono
oltre 130 i nuovi espositori diretti, a cui si aggiungono gli
indiretti e i rappresentati, che portano il numero totale di
aziende a quota 4.600 da 35 Nazioni e ad oltre 16 mila le
etichette a catalogo (dati in aggiornamento).
Lanciato in occasione del cinquantesimo, il progetto di
separare nettamente la parte business con quella destinata al
consumatore finale, ha portato il Salone Internazionale dei
Vini e dei Distillati a gestire una graduale diminuzione del
numero dei wine lover, per i quali è stato potenziato e
arricchito di iniziative il fuori
salone    Vinitaly     and    the   City   (5-8   aprile     –
www.vinitalyandthecity.com).
Due le principali novità del 2019: l’Organic Hall e Vinitaly
Design, pensate per dare ulteriore impulso al progetto di una
sempre maggiore specializzazione in chiave commerciale della
rassegna. Organic Hall e Vinitaly Design (Padiglione F). Il
primo accoglie Vinitalybio, organizzato in collaborazione con
Federbio e dedicato ai vini biologici, e la collettiva
dell’associazione Vi.Te – Vignaioli e Territori, che da sette
anni collabora con Veronafiere per rappresentare i vini
artigianali.
La nuova ubicazione di VinitalyBio e dei produttori
artigianali ha liberato spazio per nuove aziende nella
collettiva dei vignaioli indipendenti di Fivi (Pad. 8), in
costante crescita anno su anno, oltre che per l’entrata di
nuovi importanti espositori o per l’ampliamento degli stand di
quelli già presenti.
Vinitaly Design è invece il risultato di un’importante
razionalizzazione che ha interessato Enolitech, sempre nel
padiglione F. Al suo interno sono proposti tutti quei prodotti
ed accessori che completano l’offerta legata alla promozione
del vino, e all’esperienza sensoriale e all’accoglienza:
oggettistica per la degustazione e il
servizio, arredi, packaging. La nuova iniziativa permette di
mantenere all’interno di Enolitech unicamente le tecnologie e
le attrezzature per la produzione di vino, olio di oliva e
birra.
Digital. Per rafforzare il suo sistema a rete e il dialogo
quotidiano con il mercato e i consumatori 365 giorni all’anno,
Vinitaly punta anche sul Vinitaly Directory Official Catalogue
& Business Guide, che da quest’anno prosegue nel progetto di
ampliamento delle lingue (da tre a nove) – italiano, inglese,
cinese – per arrivare a
coprire anche francese, tedesco, spagnolo, russo, giapponese e
portoghese con l’obiettivo di facilitare la ricerca, durante
tutto l’anno, di aziende e vini da parte dei buyer (32 mila
quelli esteri nel 2018 da 143 nazioni, su un totale di 128
mila visitatori specializzati) e di altre categorie di
professionisti, quali enologi,
sommelier, horeca, che possono così preparare al meglio gli
appuntamenti nel luogo fisico di incontro in fiera,
ottimizzando tempi e investimenti.
Uno strumento che si evolverà in una piattaforma per
l’enoturismo, rivolta sia gli operatori professionali sia ai
winelover.

Questa è una delle novità di Vinitaly 2019, sempre più
focalizzato sul business in modalità esperienziale, anche
grazie all’utilizzo delle tecnologie più innovative. Saranno
utilizzati infatti gli ultimi strumenti messi in campo
attraverso la digital transformation su cui Veronafiere ha
investito finora oltre 5 milioni di euro: dalla
app dedicata alla directory, fino al debutto della
geolocalizzazione nei padiglioni.
Incoming, buyer selezionati e invitati da 50 nazioni di 5
continenti. Alla digital transformation in chiave business si
affianca un puntuale programma di incoming di operatori
realizzato da Veronafiere-Vinitaly sia con la propria rete di
delegati in 60 paesi, sia in collaborazione con ICE-Agenzia.
L’obiettivo è di facilitare l’incontro a Verona tra la domanda
e l’offerta internazionale negli stand e attraverso il
servizio offerto di matching con le aziende per degustazioni
nella logica del “Taste&Buy”.
Perl’edizione 2019 sono stati selezionati specificatamente e
invitati buyer da 50 paesi. Con i cinque continenti
rappresentati si conferma duplice l’attenzione della rassegna
veronese sia ai mercati storici, sia verso nuove aree dove il
consumo di vino sta diventando sempre più una tendenza. Ai
buyer è dedicata l’overture di OperaWine organizzata con
WineSpectator sabato 6 aprile, alla vigilia di Vinitaly, che
dà uno spaccato della migliore espressione enologica delle 20
regioni italiane. Quest’anno sono 103 le cantine selezionate
dal magazine americano, delle quali 22 new entry assolute.
Outlook Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. Focus su Asia e Italia.
Per essere sempre più strumento in grado di supportare il
business delle imprese del comparto, servono anche specifiche
analisi come quelle di Vinitaly-Nomisma Wine Monitor sui
principali mercati consolidati e sulle opportunità esistenti
in molte aree, ancora poco presidiate e conosciute.
L’obiettivo è di offrire un’analisi puntuale degli andamenti
reali del mercato, capace di valorizzare punti di forza e aree
di criticità e miglioramento, anche per orientare al meglio le
politiche della promozione e le risorse a disposizione.
Focus del 2019, oltre ad una overview aggiornata di quanto
proposto lo scorso anno riguardo lo scenario mondiale, è il
mercato emergente asiatico, di grande complessità e potenziale
che viene analizzato sia nell’aggregato che attraverso alcuni
mercati target: Hong Kong, Giappone, Cina e Corea del Sud.
Fari puntati anche sull’Italia, che rimane uno dei principali
mercati al mondo, attraverso una ricerca che aggiorna il
valore dei consumi di vino ed esplora il consumer insight, con
il dettaglio per aree geografiche, principali regioni e città.
Vinitaly – Gdo IRI. Mercato Italia e Germania. Sempre sul
fronte delle ricerche, l’esame dell’andamento delle vendite
nella GDO, con la ricerca di Vinitaly IRI-Infoscan, è un
appuntamento classico nel calendario della rassegna.
Quest’anno, oltre al mercato italiano con la sua suddivisione
regionale, la ricerca analizza
attraverso un focus specifico anche il posizionamento del vino
tricolore sugli scaffali della grande distribuzione in
Germania.

VINITALY-NOMISMA         WINE
MONITOR: FAR EAST (IMPORT A
6,45 MLD DI EURO) DECISIVO
PER SORTI DEL VINO MONDIALE,
AREA GEOPOLITICA CRESCIUTA DI
PIÚ NEL DECENNIO: +227%
Export    complessivo     mondo:
                              l’Italia chiude in positivo il
                              2018 (+3,3%, 6,149 mld di euro),
                              ma comanda la Francia (9,334 mld
                              di euro).
                              • L’Asia Orientale è l’area
                              geopolitica dove l’import di
                              vino è cresciuto di più a valore
nell’ultimo decennio: +227% (6,45 mld di euro nel 2018)
• L’Ue rimane il mercato più importante (13,3 mld di euro) ma
in 10 anni cresce solo del 20%. Poi l’area del Nord America, a
+65% e 6,95 mld di euro, tallonata dall’Asia
• Tra i 10 top buyer, Cina e Hong Kong hanno registrato la
crescita in valore più accentuata (import da mondo) negli
ultimi 5 anni, con un tasso annuo di crescita a +14,9% e +11%
• La variazione più bassa del quinquennio è invece quella dei
2 top buyer europei, Uk e Germania, rispettivamente a -2,3% e
+1,2%
• Asia Orientale: Francia leader con quota di mercato al 50% e
oltre 3,2 mld di euro. Poi Australia (15,9%), Cile (8,9%) e
Italia (6,5%; 5,9% in Cina)
• Asia orientale: le esportazioni di Bordeaux e Borgogna
valgono oltre 1 mld di euro, più del quadruplo rispetto a
tutti i rossi italiani
• Asia Orientale: Italia al rallenty, cresciuta meno del
mercato in tutti i principali Paesi

• Asia Orientale: stime a 5 anni premiano Belpaese, in primis
in Cina e Corea del Sud
Far East un amore da 6,45 miliardi di euro

La domanda globale di vino dell’Asia Orientale* vale 6,45
miliardi di euro di import
ed è prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), a
6,95 miliardi di euro. Nella corsa al vino, l’Asia Orientale
sta facendo gara a sé con un balzo a valore negli ultimi dieci
anni del 227% (12,6% il tasso annuo di crescita): 11 volte in
più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area
geoeconomica Nordamericana.
È il quadro di sintesi fatto oggi a Roma nel corso della
presentazione del 53° Vinitaly dallo studio “Asia: la lunga
marcia del vino italiano”, a cura dell’Osservatorio Vinitaly-
Nomisma Wine Monitor. Secondo lo studio, il vino parla sempre
più asiatico, con cui dialogano in particolare i francesi e –
oggi più che mai – il ‘nuovo’
mondo produttivo, Australia e Cile che in alcuni paesi
beneficiano di una politica dei dazi favorevole.
E l’Italia? Dallo studio emerge come a fronte di una tenuta in
terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello
mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente), la presenza in
Asia Orientale sia ancora marginale rispetto alle potenzialità
italiane. Dei 6,45 miliardi di euro di importazioni registrate
lo scorso anno in Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud (ma
anche Vietnam, Taiwan, Tailandia, Filippine, Singapore e
altre), la Francia – pur in calo – incassa infatti a valore il
50,2% della torta asiatica, per un equivalente di 3,24
miliardi di euro. La quota di mercato italiana si ferma invece
al 6,5% (419 milioni di euro), meno anche di Australia
(15,9%, a 1 miliardo di euro) e Cile (8,9%).
Veronafiere, al lavoro per una piattaforma di proprietà. Per
il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “La lunga
marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni
ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di
sistema Paese. Dal punto di vista commerciale, la Cina e tutto
il Far East offrono grandi opportunità per il made in Italy
anche per la complementarietà delle produzioni. Per quanto ci
riguarda, stiamo ponendo le basi per una presenza costante in
Cina di Vinitaly e
degli altri nostri settori di punta, come l’agritech, il
design, il marmo, attraverso una piattaforma fieristica
proprietaria dedicata.
“La fatica nei bilanci dei nostri vini fermi deriva in buona
parte dal mancato salto di qualità laddove la domanda è
cresciuta di più – ha aggiunto il Ceo di Veronafiere, Giovanni
Mantovani -, ma in questa analisi noi guardiamo al bicchiere
mezzo pieno. Abbiamo i numeri, la qualità e il fascino per
penetrare un mercato gigantesco, ma non servono proclami e
solitarie fughe in avanti. Bisogna capire – prosegue Mantovani
– che oggi per contrastare vecchi e nuovi competitor non serve
più marciare in ordine sparso, bisogna correre in un’unica
direzione e con un brand in grado di aprire la strada. Al
prossimo Vinitaly,in termini di presenze espositive e metri
quadrati netti il più grande di sempre, sono in media ad ogni
edizione più di 5.500 gli operatori provenienti dal Far East.
E nel corso dell’anno in Cina, tra i road show in calendario,
l’Academy di Vinitaly International e le partnership
fieristiche in corso e quello di nuovo ed importante stiamo
realizzando saremo in grado di dare alle aziende e alle
istituzioni un ulteriore supporto promozionale su quest’area
strategica per il futuro dei nostri prodotti, non solo del
vino”.
In Italia a passo di marcia, competitor di corsa. Ma il futuro
è tricolore L’Italia, secondo l’analisi condotta dal
responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini, è
certamente cresciuta nelle vendite, ma meno dei suoi
concorrenti: in Cina in 5 anni l’incremento italiano ha
sfiorato l’80% mentre le importazioni da mondo hanno segnato
un +106%. Così a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del
Sud (+36% vs +60%) e soprattutto in Giappone – il mercato più
tricolore in Asia – dove il Belpaese non ha fatto meglio di un
+3,4%, contro una domanda del Sol Levante cresciuta di quasi
il 30%. Per dirla in bottiglie, nel 2018 l’Asia Orientale ha
importato quasi 93 milioni di bottiglie di Bordeaux (e 6
milioni di Borgogna), mentre
il complessivo dei rossi Dop provenienti da Toscana, Piemonte
e Veneto supera di poco i 13 milioni di bottiglie. Tradotto in
valore, il rapporto è 11 a 1: 864 milioni di euro del solo
Bordeaux contro 77 milioni dei rossi Dop delle 3 regioni
italiane. Il futuro si annuncia comunque interessante per il
Belpaese, con un tasso annuo di crescita stimato dal nostro
Osservatorio nei prossimi 5 anni che si prevede essere
superiore ai consumi dell’area: fino all’8% in Cina, dall’1%
al 2,5% in Giappone, complice l’accordo di partenariato
economico, dal 5,5% al 7,5% in Corea del Sud e dal 3% al 4,5%
a Hong Kong.
Vinitaly no limits
La 53a edizione del Salone Internazionale dei Vini e dei
Distillati (7-10 aprile, Veronafiere) è sold out dallo scorso
novembre nonostante l’aumento della superficie netta
disponibile. Tra le novità, il nuovo salone Vinitaly Design e
l’Organic Hall. Un’altra edizione in crescita per Vinitaly
(www.vinitaly.com), che dopo un anno e 40 eventi promozionali
e di formazione in Italia e all’estero, si prepara ad aprire
con numeri in aumento. L’area netta disponibile supera i
99.000 metri quadrati, mentre sono oltre 130 i nuovi
espositori diretti, a cui si aggiungono gli indiretti e i
rappresentati, che portano il numero totale di aziende a quota
4.600 da 35 nazioni e ad oltre 16 mila le etichette a catalogo
(dati in aggiornamento). Confermata la formula di Vinitaly –
business in fiera, wine lover in città – con Vinitaly and the
City (5-8 aprile – www.vinitalyandthecity.com), che sta
garantendo da un lato un maggiore flusso di operatori
professionali in fiera e una diminuzione voluta e controllata
del visitatore appassionato a cui sono dedicate le iniziative
in città.

VINITALY, MANTOVANI: PENSANDO
AL   MERCATO,   SEMPRE    PIU
CULTURA E BUSINESS. VIDEO
Molte le novità del Vinitaly
                            2019. a dirlo in conferenza
                            stampa a Roma, in occasione della
                            presentazione dell’edizione di
                            quest’anno è il Ceo Giovanni
                            Mantovani. Che parte dai mercati:

MERCATO, INDAGINE

“Vorrei partire dal mercato, perché è dall’analisi delle sue
dinamiche che fondiamo le nostre strategie. E le voci del
mercato ci dicono sempre più chiaramente quali sono le
direttrici da seguire”, spiega. “Vinitaly è e sarà ancora di
più una fiera della domanda professionale di vino e proprio
sulla domanda abbiamo consolidato un sistema di ricognizione
puntuale e certosino. Lo scorso anno il focus che abbiamo
deciso di far emergere era dedicato agli Stati Uniti, il primo
mercato al mondo ancora con grandi margini di crescita.
Quest’anno non potevamo non analizzare quello più promettente,
l’Asia Orientale”.

https://www.agricolae.eu/wp-content/uploads/2019/03/f6edc6d
c-65b9-49da-9ba3-e682a73f8318.mp4
“L’Asia Orientale, che non è solo Cina ma molto di più. Essa
rappresenta una area commerciale di circa 1/3 della
popolazione mondiale, con un valore delle importazioni di vino
per 6,45 miliardi di euro l’anno e una crescita media annua
registrata negli ultimi 10 anni del 12,6%. Di questo passo,
secondo il nostro Osservatorio, la domanda di vino del Far
East supererà entro 3 anni quella del Nord America (Usa e
Canada), prima area geoeconomica extraUe con un controvalore
importato di 6,95 miliardi di euro”.
“Nella suddivisione per aree geoeconomiche è lampante la
crescita dei Paesi dell’Asia Orientale nell’ultimo decennio.
Stiamo parlando di incrementi superiori di 11 volte sull’area
Ue, di 3 volte e mezza rispetto a quella Nordamericana, del
quadruplo sull’Europa extraUe, Russia inclusa”.

https://www.agricolae.eu/wp-content/uploads/2019/03/88091ac
9-349f-4a1d-bdf1-7f33e73e703b.mp4
“Ma dove si concentra questa gigantesca domanda? La metà
dell’import totale parla francese, e stiamo parlando di un
valore di oltre 3,2 miliardi di euro. Seguono i produttori del
Nuovo mondo, favoriti anche da un regime dei dazi favorevole:
l’Australia – che incrementa in modo consistente in Cina – e
il Cile.
L’Italia, per ora, raccoglie solo il 6,5% del mercato, per un
equivalente di 419 milioni di euro. Per certi versi si può
affermare come il nostro gap accusato sui transalpini su scala
mondiale – che è di poco più di 3 miliardi di euro – si
manifesti in gran parte proprio in quest’area”.

CAMBIO DI ROTTA

“Da osservatori – prosegue il Ceo – abbiamo però più di un
motivo per credere in un positivo cambio di rotta in questa
nostra lunga marcia verso l’Asia. Il clima sta cambiando sia
da parte dell’offerta italiana che dalla domanda asiatica. Al
recente Vinitaly Chengdu, per esempio, abbiamo riscontrato un
interesse senza precedenti con il raddoppio degli espositori e
un incremento convincente dei buyer”.

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“Vogliamo poter credere che sia arrivato il nostro momento,
che l’italianità stia facendo breccia sulla Cina, e che – al
netto dei risvolti politici che non ci competono – sul piano
commerciale la visita ufficiale del presidente Xi Jinping
possa rivelarsi una leva importantissima per il nostro made in
Italy. E quindi anche per il nostro vino”.
“Allo stesso tempo sappiamo come questa congiuntura favorevole
non sia una condizione sufficiente per determinare un cambio
di passo commerciale. Il mercato va condotto, va aiutato, in
un’area sicuramente difficile e culturalmente lontana”.
VERONAFIERE PLAYER (ANCHE DIGITAL) DEL MADE IN ITALY

“Un proverbio cinese – ironizza Mantovani – dice se la corda è
lunga l’aquilone volerà alto. Vinitaly vuole essere la corda
del vino italiano in grado di collegare l’Italia con la Cina,
Hong Kong, il Giappone, la Corea del Sud e gli altri Paesi.

Lo faremo al prossimo Vinitaly – il più grande di sempre con
oltre 100mila mq di area sold out già da novembre scorso, con
4600 espositori – dove attendiamo oltre 5mila operatori
provenienti dall’Asia Orientale.

Lo faremo anche digitalizzando e profilando sempre più
Vinitaly, che già oggi conta sulla più grande wine library del
vino italiano al mondo, con i contenuti di 4.600 aziende e
17.000 etichette tradotti in 9 lingue. Una directory che sotto
evento registra 1,2 milioni di pagine viste.

Lo step successivo su cui stiamo lavorando è tradurre in
valore, in favore delle aziende, l’enorme patrimonio di
informazioni generate dai buyer sulla directory. Flussi
informativi, incrociati anche con quelli generati sugli altri
canali digitali Vinitaly, che saranno processati per fornire a
ogni produttore la mappa precisa del proprio pubblico.

Su questa rotta, terminata la manifestazione avvieremo il
nuovo progetto digitale testando alcune decine di aziende e
dando appuntamento con i risultati al prossimo wine2wine

Una digital transformation liquida, che abbraccerà a diversi
livelli tutti i target, dal trade al consumer. Per esempio,
attraverso un contenitore dedicato all’enoturismo e ai suoi
wine lover. Il brand Vinitaly è ormai uno straordinario
vettore su più livelli, non solo quello in favore del trade
che è il nostro core business, ma anche in ottica consumer.
Basti pensare, e qui anticipo un solo dato della survey sui
consumi interni oggetto di presentazione a Vinitaly, che in
Italia il marchio è conosciuto da 3 italiani su 4. In tema
educational – prosegue – non possiamo dimenticare il lavoro
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