TOSSINFEZIONI ALIMENTARI, EPIDEMIOLOGIA E RICERCA IN CAMPIONI ALIMENTARI E TAMPONI DI SUPERFICIE - usl3.toscana.it
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Scuola di Scienze della Salute Umana Corso di Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche SALMONELLA SPP. E LISTERIA MONOCYTOGENES: FOCUS SULLE TOSSINFEZIONI ALIMENTARI, EPIDEMIOLOGIA E RICERCA IN CAMPIONI ALIMENTARI E TAMPONI DI SUPERFICIE Relatrice Cristina Luceri Correlatrice Tiziana Fochetti Candidata Martina Scortecci Anno Accademico 2017/2018
INDICE SUMMARY .................................................................................................................................. 2 1.INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 3 1.1 Batteri patogeni e tossinfezioni alimentari .......................................................................... 3 1.2 Normativa vigente ............................................................................................................. 13 1.2.1 Accreditamento: definizione, iter di accreditamento e prove inter-laboratorio ......... 17 1.2.2 Sicurezza biologica: sistema di allerta, autocontrollo e sistema HACCP .................. 18 1.3 Salmonella e Listeria monocytogenes ............................................................................... 21 1.3.1 Listeriosi..................................................................................................................... 21 1.3.2 Salmonellosi ............................................................................................................... 25 1.3.3 Epidemiologia internazionale..................................................................................... 29 1.3.4 Epidemiologia europea............................................................................................... 33 1.3.5 Epidemiologia italiana e dell’area dell’ex ASL 8 di Arezzo...................................... 41 1.3.6 Richiami di prodotti alimentari nel periodo del tirocinio ........................................... 45 1.4 Cenni storici ...................................................................................................................... 46 2.MATERIALI E METODI ........................................................................................................ 53 2.1 Metodo Oxoid Salmonella PrecisTM .................................................................................. 53 2.1.1 Validazione AFNOR .................................................................................................. 54 2.1.2 Principio del test......................................................................................................... 55 2.2 Metodo Oxoid Listeria PrecisTM ....................................................................................... 59 2.2.1 Validazione AFNOR .................................................................................................. 59 2.2.2 Principio del test......................................................................................................... 59 2.2.3 Scheda tecnica di conteggio ....................................................................................... 66 2.3 International Standard ISO 6887-1: Microbiologia di alimenti e mangimi per animali (Seconda edizione 2017-03).................................................................................................... 69 2.3.1 Diluenti....................................................................................................................... 70 2.3.2 Preparazione dei campioni ......................................................................................... 70 2.4 Normative ISO 17025 e ISO 7218 .................................................................................... 72 2.5 Matrici analizzate .............................................................................................................. 75 3.RISULTATI ............................................................................................................................. 78 4.DISCUSSIONE E CONCLUSIONE ....................................................................................... 81 REFERENCES............................................................................................................................ 87 1
SUMMARY Salmonella spp. e Listeria monocytogenes sono agenti batterici in grado di determinare lo sviluppo di due malattie a trasmissione alimentare (MTA), rispettivamente salmonellosi e listeriosi, che originano dalla contaminazione di uova e prodotti a base di uova, carni e prodotti a base di carni (suini, bovini e pollame principalmente), prodotti ittici (soprattutto salmone affumicato), ortaggi crudi, latte e latticini. Sebbene entrambe le specie batteriche portino talvolta all’insorgenza di tossinfezioni alimentari, in particolare nelle persone immunocompromesse, hanno caratteristiche diverse. Il genere Salmonella appartiene alla famiglia delle Enterobacteriaceae, comprende oltre 2500 sierotipi di batteri Gram-negativi tra i quali quelli più comunemente isolati in caso di MTA sono S. enteritidis, S. typhimurium e S. typhimurium variante monofasica, è responsabile di forme cliniche a prevalente manifestazione gastroenterica (salmonellosi) che, nonostante il trend stabile indicato negli ultimi report di Ce.R.R.T.A., EFSA- ECDC e WHO, determina numerosi casi, annualmente. Listeria monocytogenes è una specie di batteri Gram-positivi che riescono a sopravvivere in condizioni ambientali con temperature comprese tra i 2°C ed i 45°C. L. monocytogenes è in grado di causare la listeriosi, una malattia determinata soprattutto dai lineaggi I (sierotipi 1/2b e 4b) e II (sierotipo 1/2a), ma con una tendenza crescente, statisticamente significativa, che è associata ad elevati tassi di mortalità e si presenta con sintomi che variano da simil- influenzali ad infezioni più gravi quali meningite, setticemia, encefaliti, aborti spontanei e mortalità neonatale. Il coordinamento tra le autorità competenti (WHO nel mondo, EFSA-ECDC in Europa, Ministero della Salute in Italia, Ce.R.R.T.A. in Toscana ed il Sistema RASFF) consentono la sorveglianza delle MTA e l’applicazione delle normative e delle prassi igieniche opportune. Lo scopo del presente studio è stato quello di ricercare batteri potenzialmente patogeni quali Salmonella spp. e L. monocytogenes su campioni alimentari e tamponi di superficie presso un laboratorio aretino di analisi microbiologiche accreditato (Cierre s.r.l) per contribuire alla sicurezza ed alla tutela della salute pubblica nell’ambito dell’applicazione del sistema HACCP, in riferimento alla normativa nazionale e comunitaria vigente ed applicando protocolli d’analisi accreditati per la determinazione rapida ed efficace dei risultati di presenza o assenza dei suddetti microrganismi. 2
1.INTRODUZIONE 1.1 Batteri patogeni e tossinfezioni alimentari Le malattie trasmesse da alimenti (MTA) prendono il nome di “tossinfezioni alimentari” e rappresentano un problema con il quale la sanità pubblica deve confrontarsi costantemente.[1] Esse sono causate dall’ingestione di alimenti contaminati da diversi patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti, che colonizzano le mucose intestinali o dalla presenza nei cibi di tossine di origine microbica che causano malattia anche quando il microrganismo produttore è assente. Inoltre, si manifestano con differenti sintomi che generalmente coinvolgono il sistema gastrointestinale con manifestazione di nausea, vomito, crampi addominali e diarrea e con insorgenza dei sintomi in un arco di tempo relativamente breve (da ore a giorni); invece nel caso di tossinfezioni causate da microrganismi che tendono a diffondersi anche nel sistema sanguigno, i tempi di manifestazione possono essere più lunghi ed il sintomo più frequente è la diarrea, accompagnata da febbre e brividi.[2] Sebbene si tratti di patologie in genere “benigne”, riguardano numerosi soggetti ogni anno, spesso con necessità di ricovero ospedaliero, in particolar modo nella popolazione immunodepressa,[1] come negli anziani, neonati, donne in gravidanza, pazienti affetti da HIV o persone estremamente suscettibili alle complicanze legate alle malattie trasmesse dagli alimenti.[3] Tali patologie stanno aumentando in molti Paesi poiché lo scenario epidemiologico è profondamente mutato per il cambiamento delle abitudini alimentari, l’incremento di consumo dei cibi a lunga conservazione, la globalizzazione dei mercati con arrivo di alimenti non sempre di origine e controllo certi. Inoltre, c’è da considerare la comparsa dei cosiddetti “patogeni emergenti” la cui responsabilità nell’insorgenza di focolai di infezione diventa sempre più considerevole come ad esempio l’encefalite spongiforme nei Paesi Europei, le infezioni da E. coli produttore di verocitotossina, l’ emergenza di nuovi sierotipi di Salmonella e i virus enterici tipo Norovirus.[1] I patogeni possono essere inavvertitamente introdotti in nuove aree geografiche così come viaggiatori, rifugiati e immigrati possono essere esposti al rischio di malattie trasmesse da alimenti per loro sconosciuti e in ambienti nuovi. Per di più i cambiamenti dei microrganismi portano alla continua comparsa di nuovi patogeni, allo sviluppo della resistenza agli antibiotici ed a cambiamenti nella virulenza di patogeni già conosciuti.[3] Il nuovo sistema globale di sorveglianza antimicrobica dell'Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) ha rivelato la presenza di resistenza diffusa agli antibiotici analizzando 500.000 persone con sospette infezioni batteriche in 22 Paesi diversi. I batteri resistenti 3
più comunemente riportati sono stati Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae, seguiti da Salmonella spp.[4] Nello specifico l’OMS ha pubblicato la sua prima lista di "agenti patogeni prioritari" resistenti agli antibiotici, al fine di guidare e promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici, data la crescente resistenza globale ai farmaci antimicrobici; questo catalogo comprende 12 famiglie di batteri Gram-negativi resistenti a molteplici antibiotici, che possono trasmettere materiale genetico consentendo anche ad altri batteri di diventare resistenti ai farmaci. L'elenco dell'OMS è diviso in tre categorie in base all'urgenza del bisogno di nuovi antibiotici: fondamentale, alta e media priorità. Il gruppo più critico include Acinetobacter, Pseudomonas e varie Enterobacteriaceae producenti enzimi ESBL (compresi Klebsiella, E. coli, Serratia e Proteus), ognuno dei quali è resistente a carbapenemi e cefalosporine di terza generazione e rappresenta una particolare minaccia negli ospedali, nelle case di cura e tra i pazienti la cui cura richiede dispositivi come ventilatori e cateteri, causando infezioni gravi e spesso mortali come infezioni del sangue e polmonite. Il secondo e terzo livello della lista - le categorie di priorità alta e media - contengono altri batteri sempre più resistenti a farmaci come vancomicina, meticillina, claritromicina, fluorochinoloni, cefalosporine e determinanti malattie più comuni come la gonorrea e l'intossicazione alimentare causata dal batterio Salmonella. Tali batteri sono Shigella spp., Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, Enterococcus faecium, Helicobacter pylori, Campylobacter spp., Salmonellae e Neisseria gonorrhoeae.[5] Un’ulteriore conferma di ciò è descritta nel rapporto pubblicato dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC); in esso è indicato come una su quattro infezioni nell'uomo sia causata da batteri di Salmonella caratterizzati da resistenza a tre o più antimicrobici comunemente usati in medicina umana e animale, tra i quali ciprofloxacina che risulta inefficace nelle infezione provocate da S. kentucky produttrice di ESBL (extended-spectrum beta-lactamase), fenomeno segnalato per la prima volta in quattro Paesi europei.[6] Per quanto riguarda Salmonella, i dati italiani riportano percentuali estremamente elevate di resistenza di Salmonella spp. all’ampicillina (54,9%), alle tetracicline (50,7%), al sulfametoxazolo (49,3%); di Salmonella typhimurium all’ampicillina (81,8%), al cloramfenicolo (54,5%) ed al sulfametoxazolo (27,3%); di Salmonella typhimurium all’acido nalidixico (95,8%), alle tetracicline (100%) ed all’ampicillina (95,8%).[7] I batteri del genere Campylobacter, che provocano la più comune malattia veicolata da alimenti nell'UE, 4
mostrano un'elevata resistenza ad antibiotici di largo utilizzo (resistenza alla ciprofloxacina 54,6% in C. jejuni e 63,8% in C. coli; resistenza alla tetraciclina 42,8% in C. jejuni e 64,8% in C. coli). I livelli di resistenza sono aumentati per due degli antibiotici analizzati (ciprofloxacina e tetraciclina) ma la resistenza congiunta ad antimicrobici di importanza critica è stabile e complessivamente bassa (0,6% in C. jejuni e 8,0% in C. coli). In alcuni Paesi, tuttavia, almeno una su tre infezioni da C. coli si è rivelata resistente a più antibiotici importanti, lasciando pochissime possibilità di curare infezioni gravi.[6] Le informazioni sull’antibiotico-resistenza dei batteri Salmonella e Campylobacter negli esseri umani risultano dettagliate in quanto sono le infezioni batteriche originate da consumo di cibo contaminato. Al giorno d’oggi esistono più di 250 tossinfezioni alimentari che includono i batteri sopracitati e nuovi patogeni emergenti, come Campilobacter jejuni, Escherichia coli 157:H7, Listeria monocytogenes ed Yersinia enterocolitic.[8] In definitiva, il controllo delle malattie trasmesse dagli alimenti necessita di un sistema efficiente di controllo, funzionale ed integrato, basato sulla collaborazione di tutte le componenti del sistema, affinché tali episodi vengano ridotti se non eliminati: leggi e normative sugli alimenti, gestione del controllo degli alimenti, servizi di ispezione, monitoraggio epidemiologico (laboratori), educazione del consumatore e comunicazione con il cliente.[3] Il work flow europeo della sorveglianza delle malattie a trasmissione alimentare segue le linee guida per la sorveglianza ed il controllo dei focolai delle MTA pubblicate periodicamente dall’OMS, fornendo allo stesso tempo una guida generale adattabile a singoli Paesi e ad esigenze locali. Il primo programma europeo di sorveglianza delle malattie veicolate da alimenti nasce nel 1980, lanciato dal distretto europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e prevede la raccolta di ulteriori dati rispetto a quanto previsto dalle notifiche di legge, mediante l’esecuzione di indagini epidemiologiche accuratamente condotte. Con l’entrata in vigore del Regolamento (CE) N. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 viene istituita l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che, tra i compiti che le competono, vede la raccolta e l’analisi dei dati relativi alle zoonosi, resistenza antimicrobica ed ai focolai di malattie veicolate da alimenti. Nel 2006 la Direttiva 2003/99/CE sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici viene recepita in Italia dal Decreto Legislativo 4 Aprile 2006, n. 191, il quale individua i dati di importanza strategica rilevati dalle indagini epidemiologiche dei focolai di malattie 5
trasmesse da alimenti e che devono essere raccolti ed inviati alla Commissione Europea. Tali dati sono essenzialmente: numero complessivo dei focolai in un anno; numero di persone morte o colpite da infezione a causa dei focolai; agenti responsabili dei focolai, e, ove possibile, sierotipo o altra descrizione definitiva di tali agenti. Qualora non sia possibile individuare l'agente responsabile dell'infezione, è necessario spiegarne le ragioni; prodotti alimentari implicati nel focolaio d'infezione ed altri veicoli di infezione potenziali; identificazione della tipologia del luogo di produzione /acquisto/ acquisizione e consumo del prodotto alimentare incriminato; fattori collaterali, per esempio carenze igieniche nella trasformazione dei prodotti alimentari. Annualmente EFSA ed ECDC presentano un Rapporto Riepilogativo Comunitario sull’andamento e le origini delle zoonosi e dei focolai di malattie veicolate da alimenti nell’Unione Europea. A livello nazionale i dati sono esclusivamente derivanti dalle notifiche inviate al Ministero della Salute dalle Regioni nell’ambito del Sistema Informativo Malattie Infettive e diffusive SIMI, segnalati in Classe IV. In molte regioni italiane sono stati implementati sistemi di sorveglianza speciale che privilegiano la raccolta di informazioni più dettagliate e puntuali per poter meglio focalizzare l’alimento responsabile dell’evento e la sua storia. Pertanto la regione Toscana ha istituito nel 1999 il Centro di Riferimento Regionale sulle Tossinfezioni Alimentari (Ce.R.R.T.A.) che crea e diffonde strumenti che siano in grado di ottenere informazioni di qualità sui focolai e casi singoli/sporadici di malattie veicolate da alimenti, sui luoghi di acquisto, preparazione e consumo dell’alimento, sulle modalità di conservazione e preparazione e sui fattori ambientali e comportamentali che potevano aver favorito lo sviluppo dell’episodio. Tali dati sono strategici per poter impostare una corretta politica di prevenzione di questo tipo di patologie e si è reso quindi necessario creare un nuovo flusso dati, che dal territorio, attraverso il Ce.R.R.T.A. , fornisse alle autorità sanitarie locali e regionali, le informazioni necessarie. Nel 2010 la Regione Toscana ha emesso le “Linee guida per la corretta gestione degli episodi di malattie veicolate da alimenti” per migliorare ulteriormente le performance degli operatori nell’investigazione degli episodi di malattie trasmesse. Quest’esigenza nasce dalla necessità di uniformare le 6
modalità di gestione delle MTA nel territorio e della raccolta dei dati agli standard europei sulla base della Direttiva 2003/99/CE, di integrare gli interventi delle differenti professionalità (medici, veterinari, tecnici della prevenzione, infermieri professionali, assistenti sanitari) per migliorare la qualità e la tracciabilità dei risultati. Al termine della fase investigativa i dati rilevati vengono trasmessi ad un referente aziendale Ce.R.R.T.A., solitamente un medico, assistente sanitario o infermiera professionale, il cui compito è raccogliere, analizzare e trasmettere un rapporto standardizzato di sintesi sull’episodio. Tale report viene inviato al Coordinamento Regionale del Ce.R.R.T.A., che provvede ad aggregare i dati regionali, analizzarli e redigere rapporti annuali che vengono trasmessi alle singole Aziende Unità Sanitarie Locali, alla regione (Direzione Generale Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale) ed al Ministero della Salute.[1] Uno strumento chiave a livello europeo per garantire il flusso di informazioni al fine di consentire una reazione rapida quando vengono rilevati rischi per la salute pubblica nella catena alimentare è il RASFF - il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi. Il RASFF è uno dei più alti standard di sicurezza alimentare al mondo e garantisce che il cibo sia sicuro per i consumatori, sia europei sia extra-UE. Creato nel 1979, il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi è stato istituito per fornire alle autorità di controllo degli alimenti e dei mangimi uno strumento efficace per lo scambio di informazioni sulle misure adottate in risposta ai gravi rischi rilevati in relazione agli alimenti o ai mangimi, portando eventualmente al ritiro dal commercio dei prodotti alimentari contaminati. Questo scambio di informazioni aiuta gli Stati membri ad agire più rapidamente e in modo coordinato in risposta a una minaccia per la salute causata da alimenti o mangimi. I membri di RASFF sono tutti gli Stati membri dell’UE, i Paesi SEE (Norvegia, Liechtenstein e Islanda), il Segretariato EFTA che coordina il contributo dei paesi SEE, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e la Commissione europea in qualità di gestore del sistema; a seguito di un accordo entrato in vigore il 1 ° gennaio 2009, la Svizzera è membro parziale del sistema per quanto riguarda i respingimenti di frontiera del prodotto di origine animale. La base giuridica del RASFF è il regolamento CE /178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU N ° L 31 del 1 ° febbraio 2002). Il regolamento (UE) n. 16/2011 della Commissione stabilisce le misure di attuazione del RASFF, stabilisce i compiti dei membri della rete RASFF, prevede una permanenza in servizio 24 ore su 24 del sistema, incarica la Commissione di verificare 7
le notifiche RASFF e di informare i Paesi terzi con i diversi tipi di notifiche sotto elencate: Le notifiche di “allerta” vengono inviate quando un alimento o un mangime che presenta un grave rischio per la salute è sul mercato e quando è richiesta un'azione rapida. Il membro RASFF che identifica il problema e prende le azioni pertinenti (ad esempio il ritiro del prodotto) attiva l'avviso. L'obiettivo della notifica è di fornire a tutti i membri del RASFF le informazioni per confermare se il prodotto in questione è sul loro mercato, in modo che possano anch’essi prendere le misure necessarie; Le notifiche di “informazione” vengono utilizzate quando è stato identificato un rischio per alimenti o mangimi immessi sul mercato, ma gli altri membri non devono agire rapidamente; ciò si verifica quando il prodotto non ha raggiunto il loro mercato oppure non è più presente sul loro mercato o perché la natura del rischio non richiede un'azione rapida; I “respingimenti” di frontiera riguardano gli alimenti e le partite di mangimi che sono stati testati e respinti alle frontiere esterne dell'UE e dal SEE quando è stato rilevato un rischio per la salute. Le notifiche sono inviate a tutti i posti di frontiera del SEE al fine di rafforzare i controlli e garantire che il prodotto rifiutato non rientri nell'UE attraverso un altro posto di frontiera; “Qualsiasi informazione” relativa alla sicurezza di alimenti e mangimi che non è stata comunicata come avviso o notifica di informazioni, ma che è giudicata interessante per le autorità di controllo, viene trasmessa ai membri sotto la voce Notizie. Le notifiche RASFF vengono fatte inviandole alla Commissione Europea dopo che si è svolto il seguente lavoro: gli ispettori alimentari o dei mangimi hanno ispezionato un prodotto sul mercato o alla frontiera e possono aver prelevato campioni e aver ricevuto i risultati dal laboratorio. Qualora si riscontrasse la non conformità del prodotto e la successiva segnalazione all’interno del sistema nazionale, l’autorità decide se il problema rientra nell'ambito del RASFF e lo segnala al punto di contatto RASFF nazionale che verifica e completa la notifica RASFF ove necessario e la trasmette alla Commissione europea. Un modulo di notifica RASFF viene utilizzato per fornire dettagli sui risultati e le misure adottate e aggiunge documenti pertinenti. I modelli vengono utilizzati per raccogliere tutte le informazioni sul modulo di notifica RASFF. Sostanzialmente la responsabilità della Commissione europea nel RASFF è quella di 8
ricevere, integrare e comunicare le notifiche dai membri della rete ed informare un non membro del RASFF (Paesi terzi) se un prodotto oggetto di una notifica è stato esportato in tale Paese o quando un prodotto proveniente da tale Paese è stato oggetto di una notifica. In questo modo, il Paese può adottare misure correttive laddove necessario e appropriato. Un'analisi più approfondita delle prestazioni di RASFF è disponibile nelle relazioni annuali.[9] Il report del RASFF datato 2016 presenta 50 notifiche attivate da eventi di contaminazione alimentare; altre 4 notizie RASFF sono state collegate a eventi di avvelenamento da cibo, per due delle quali ulteriori informazioni sono fornite qui di seguito. In 6 casi i consumatori hanno sofferto di reazioni allergiche dovute alla presenza di un allergene che non era stato indicato sull'etichetta. Altre 10 notifiche sono correlate agli elevati livelli di istamina nel tonno. Oltre a questi, 29 sono state le notifiche relative a microrganismi patogeni, 10 dei quali legati alla salmonellosi. Una notifica è datata Gennaio 2016, quando l'Italia ha informato la Commissione di un'epidemia di listeriosi causata da un formaggio contaminato; a Febbraio è stata segnalata un’altra allerta legata a 25 casi di malattia associati ad un focolaio di Escherichia coli (STEC O26) in Romania, di 19 persone che hanno sviluppato la sindrome emolitica uremica (SEU), 3 delle quali decedute. La fonte dell’epidemia era rappresentata da un tipico formaggio fresco rumeno che ha causato la SEU anche in un bambino italiano che aveva consumato il suddetto alimento; tale caso è stato segnalato dall’Italia il 21 Marzo 2016. Un ulteriore episodio si è verificato per la presenza di Salmonella enteritidis PT8 trovata in uova provenienti dalla Polonia causando salmonellosi in 21 scozzesi nel Gennaio 2016; a fine Agosto 2016 altri Stati europei (Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Norvegia, Svezia e Regno Unito) hanno segnalato casi di salmonellosi identificando lo stesso ceppo di Salmonella enteritidis in carne di pollo fresca e nelle uova polacche precedentemente segnalate. Dato il significativo numero di notifiche RASFF, sono state condotte analisi molecolari (WGS) di uno stipite sospetto di Salmonella enteritidis che è risultato positivo nelle uova; l'inchiesta sulla tracciabilità indicava un grossista comune ed un centro di imballaggio nei Paesi Bassi rifornito da tre aziende olandesi ed un centro di imballaggio in Polonia da dove sono partiti i lotti alimentari verso Belgio, Francia, Germania, Regno Unito e Croazia, in cui il 19 ottobre sono stati segnalati 5 nuovi casi nella stessa famiglia che hanno portato alla morte di un bambino di 5 anni che aveva mangiato tali uova. A parte la descrizione di queste tre specifiche allerte, nel 2016 attraverso il RASFF sono state trasmesse un totale di 2993 9
notifiche originali, di cui il 28% (n = 847) è stato classificato come “allerta”, il 13% (n = 378) come “informazioni per il follow-up”, il 20% (n = 598) come “informazione interessante” ed il 39% (n = 1170) come “notifica di respingimento”. Queste notifiche originali hanno dato luogo a 7288 notifiche di follow-up, che rappresentano una media di 2,4 follow-up per notifica originale. Per le notifiche di avviso, questa media sale a ben 5,5 follow-up per notifica originale. Le cifre complessive presentano una diminuzione dell'1,8% delle notifiche originali rispetto al 2015, ma un aumento del 17,5% delle notifiche di follow-up, con un aumento complessivo dell'11,1%. Per le notifiche originali, rispetto al 2015, il numero di notifiche di allerta è aumentato del 9%, con il 16% in più di follow-up trasmessi. L'aumento degli avvisi (follow-up e notifiche originali) è significativo per gli ultimi tre anni, in contrasto con la diminuzione dei numeri in altre categorie di notifiche. Ciò dimostra che i membri della rete stanno progressivamente concentrando i loro sforzi sui casi in cui i rischi gravi con prodotti immessi sul mercato richiedono un'azione rapida da intraprendere, aumentando così l'efficienza della gestione ed una conseguente tutela per la salute umana. Di queste notifiche, 352 sono state segnalazioni dovute a cibi contaminati da batteri patogeni; quest’ultimi, in ordine decrescente per numero di casi, sono Salmonella, Listeria monocytogenes, Escherichia coli, Norovirus e Campylobacter spp. Le principali fonti di contaminazione comprendono in primis prodotti a base di pesce e carne di pollame e suino, a seguire cereali, frutta, verdure, molluschi, latte e latticini.[10] Anche l’Italia fa parte degli Stati membri del RASFF, ma ha anche adottato specifiche procedure dettagliate con propria Circolare prot. 606/20.1/3/1110 del 15 maggio 2003, per gestire il flusso delle comunicazioni riguardanti le allerte alimentari. Ciò si realizza con apposite procedure operative che prevedono le schede di notifica standard (completezza delle informazioni) ed uso della posta elettronica (tempestività della comunicazione). Le notifiche vengono comunicate e condivise tra gli Stati membri via rete, in tempo reale. L’attività del sistema di allerta prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale. Nel caso di rischio grave ed immediato, oltre a disporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l’intervento del Comando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedura di emergenza può essere integrata con comunicati stampa. In questo caso vengono informati i cittadini sul rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sulle modalità di riconsegna dell’alimento alla ASL territorialmente competente. Dal 31 gennaio 2011 con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) n.16/2011 recante disposizioni di applicazione relative 10
al sistema di allarme rapido per gli alimenti ed i mangimi è necessario utilizzare i modelli di notifica predisposti dalla Commissione europea. Tali modelli riguardano la trasmissione della notifica, delle ulteriori informazioni aggiuntive a seguito di indagini svolte (follow-up) e delle informazioni a seguito di indagini svolte con rispedizione del prodotto (follow-up). La Commissione europea e il Ministero della Salute italiano hanno istituito sui propri siti web, spazi appositi per la consultazione on-line delle notifiche settimanali divise in “nuove notifiche di allerta per i prodotti a rischio che sono sul mercato europeo” e “nuove notifiche di informazione per i prodotti non presenti sul mercato europeo o già sottoposti a misure di controllo dal Paese interessato”. Le linee guida per la gestione operativa del sistema di allerta per gli alimenti destinati al consumo umano, definiscono le specifiche procedure di attivazione del sistema di allerta, in caso si ravvisi in un alimento un grave rischio per il consumatore, per cui è richiesto un intervento immediato sul territorio da parte delle strutture sanitarie e si stabiliscono le specifiche competenze delle strutture coinvolte nello scambio rapido di informazioni. Le indicazioni contenute nelle linee guida si applicano nei seguenti casi: segnalazioni in partenza dalla ASL: attivazione del Sistema di Allerta per riscontri di alimenti già presenti sul mercato, prodotti e/o distribuiti nel territorio di competenza della ASL, che presentano un grave rischio per la salute del consumatore, per i quali è richiesto un intervento immediato; segnalazioni in arrivo: allerta originate al di fuori della ASL che riguardano alimenti prodotti e/o distribuiti nel territorio di competenza della ASL. Le indicazioni operative non si applicano agli alimenti che, pur presentando non conformità alle norme vigenti, siano stati già segnalati dal responsabile dell'industria alimentare nell'ambito dell'autocontrollo e che, pur costituendo un grave rischio per la salute del consumatore, non siano stati immessi sul mercato. Ai fini del protocollo, è possibile effettuare la classificazione in “alimenti a grave rischio per la salute del consumatore per cui è richiesto un intervento immediato” ed “alimenti non conformi alla normativa vigente e senza un rischio grave per il consumatore, per cui non necessita di intervento immediato”. Per quanto riguarda gli alimenti ed i microrganismi patogeni, i cibi non costituiscono grave rischio per la salute pubblica e pertanto non comportano l'attivazione del Sistema di Allerta nel caso in cui sia stata riscontrata la presenza di microrganismi potenzialmente patogeni in prodotti intermedi, che subiranno uno o più trattamenti tali 11
da garantire la distruzione dei microrganismi patogeni, prima della commercializzazione degli alimenti. Inoltre, la Commissione europea, in collaborazione con l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e gli Stati membri, ha pianificato un piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi. Questo piano precisa le situazioni che comportano rischi diretti o indiretti per la salute umana non previsti dal Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, nonché le modalità pratiche necessarie per gestire la crisi risultante, compresi i principi di trasparenza da applicare e la strategia di comunicazione. Nel caso in cui una situazione, che comporta un rischio grave non possa essere controllata nell'ambito delle disposizioni esistenti, la Commissione istituisce immediatamente un'unità di crisi cui partecipa l'Autorità fornendo un supporto scientifico e tecnico. Quest'unità di crisi raccoglie e valuta tutti i dati pertinenti e identifica le opzioni disponibili per prevenire, eliminare o ridurre il rischio per la salute umana. Il meccanismo delle comunicazioni rapide, sempre più numerose negli ultimi anni, è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore. Per fare una segnalazione su una non conformità di rilevanza sanitaria in prodotti alimentari, il consumatore deve fare una comunicazione alla ASL di appartenenza o, in alternativa, ai Carabinieri per la tutela della salute, NAS, per le successive verifiche del caso. Sul reperto consegnato dal consumatore le Autorità sanitarie potranno effettuare ulteriori accertamenti necessari per individuare la causa e/o poter concludere con ragionevole certezza che la non conformità rilevata sia o meno attribuibile al processo di produzione. Tra le più ricorrenti segnalazioni pervenute negli anni dai consumatori è compresa la categoria delle tossinfezioni da microrganismi patogeni. Ovviamente fare un elenco esaustivo di non conformità rilevabili attraverso le segnalazioni dei consumatori non è possibile, potendo verificarsi un ampio ventaglio di casistiche che possono includere: insorgenza di allergie alimentari, caratteristiche organolettiche alterate di un alimento (nella fase di produzione o distribuzione), insorgenza di tossinfezioni e intossicazioni alimentari che possono condurre anche a ospedalizzazioni, frodi alimentari ed altre motivazioni.[11] Naturalmente, come a livello locale, nazionale ed europeo, esiste anche una rete delle autorità internazionali per la sicurezza alimentare il cui acronimo è INFOSAN. Quest’ultima è una rete globale di 186 autorità nazionali per la sicurezza alimentare, 12
gestita congiuntamente dalla FAO e dall'OMS con il segretariato dell'OMS [12], garantisce una rapida condivisione delle informazioni durante le emergenze in materia di sicurezza alimentare per fermare la diffusione di alimenti contaminati da un Paese all'altro e facilita anche la condivisione di esperienze e soluzioni testate in e tra Paesi al fine di ottimizzare interventi futuri per proteggere la salute dei consumatori.[13] 1.2 Normativa vigente Riferendosi alla sanità animale, gli enti pubblici sanitari erogano servizi di analisi attraverso laboratori territoriali, distribuiti nelle province di competenza, che operano in differenti settori compreso quello microbiologico. Questi laboratori svolgono attività di prevenzione, ricerca e servizi per la salute animale, di controllo dell’igiene degli allevamenti e di tutela della sicurezza degli alimenti di origine animale, per garantire la salute dei consumatori e la libera circolazione dei prodotti alimentari di origine animale, al fine di prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per la salute umana e per gli animali (siano essi rischi diretti o veicolati dall’ambiente). La filiera alimentare italiana è regolata da leggi italiane ed europee e le normative vigenti in merito ai criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari sono rappresentate dal Regolamento (CE) 1441/2007 della Commissione dell’Unione Europea del 5 dicembre 2007 e dalla recante modifica “Linee guida per il controllo ufficiale ai sensi dei Regolamenti (CE) 882/2004 e 854/2004” approvato il 10 Novembre 2016, rispettivamente sostituzione e seguente aggiornamento del regolamento (CE) n. 2073/2005. Tali normative delineano i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari, in materia di tutela e sicurezza alimentare, di criteri di igiene del processo di alimenti pronti al consumo e di norme per il campionamento e per la preparazione dei campioni da analizzare ed infine delle norme di attuazione che gli operatori del settore alimentare devono rispettare nell’applicazione delle misure di igiene generali e specifiche. Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, i limiti di quantità dei microrganismi Listeria monocytogenes e Salmonella, i due batteri oggetti di studio del presente progetto di tesi, corrispondono all’assenza dei batteri in 25 grammi o 25 millilitri di quasi tutti gli alimenti in esame (tranne nelle “carni macinate e preparazioni di carni diverse dal pollame destinate ad essere consumate cotte”, in cui il criterio di sicurezza alimentare si riferisce a 10 grammi di prodotto), solidi o liquidi, classificando gli alimenti in base alla tipologia di materia prima[14,15] in 22 categorie alimentari. 13
Quest’ultime, elencate nell’allegato 7, si suddividono in alimenti in polvere per lattanti, l’infanzia e a fini medici, cacao e prodotti a base di cacao, farine, prodotti di panetteria e pasticceria, prodotti a base e contenenti uova fresche, paste alimentari all’uovo, carni fresche e separate meccanicamente, carni macinate e preparazioni di carne, prodotti a base di carne, prodotti della pesca trasformati e preparati, latte crudo pronto al consumo e trattato termicamente, latte o siero di latte in polvere, prodotti a base di latte liquidi o gelificati (latte coagulato, creme di latte coagulato, yogurt, gelati ed altri latticini), burro e panna, frutta ortaggi e semi pronti al consumo, succhi e nettari di frutta od ortaggi non pastorizzati, preparazioni alimentari/gastronomiche cotte e non cotte e pronte al consumo, spezie, erbe aromatiche e conserve. In particolare, per le categorie “cacao e prodotti a base di cacao” e “farine” si ricerca solo Salmonella; pure le categorie “latte in polvere e siero di latte in polvere” e “prodotti della pesca trasformati e preparati” prevedono la ricerca di Salmonella escludendo Listeria monocytogenes, la cui ricerca è selettiva per il latte trattato termicamente. Ulteriore attenzione viene posta per le tipologie alimentari di “preparati di pasticceria”, “paste alimentari all’uovo”, “carni fresche da consumarsi previa cottura”, “carni macinate da consumarsi previa cottura”, “prodotti di carne da consumarsi previa cottura”: in tali prodotti i valori guida indicano il limite di ≤1000 ufc (unità formanti colonie) di Listeria monocytogenes per grammo di alimento, mentre per le restanti categorie di materie prime il limite è ≤100 ufc/g e/o assenza in 25 g. Poiché il presente lavoro di tesi è stato realizzato presso un laboratorio privato, le analisi di ricerche batteriologiche si sono focalizzate sulla determinazione in presenza/assenza e non in tipizzazione e conteggio delle colonie per esigenze in termini di tempistica nei confronti dei clienti dell’azienda.[15] Inoltre, tali documenti indicano la fase a cui si applica il criterio, ovvero durante il periodo di conservabilità dei prodotti alimentari immessi sul mercato, e mostra le normative di riferimento (EN/ISO 11290-1 e EN/ISO 11290-2 per Listeria monocytogenes, EN/ISO 6579 per Salmonella), che prevedono un piano di campionamento di 5 porzioni del prodotto da testare.[14,15] L’interpretazione dei risultati delle prove indica la qualità biologica della parte esaminata e l’efficacia della procedura basata sui principi di analisi dei rischi e di punti critici di controllo o di corretta igiene del processo. I limiti indicati si riferiscono a ogni unità campionaria sottoposta a prova e l’esito delle analisi microbiologiche viene indicato con “soddisfacente” (se tutti i valori osservati indicano l'assenza del batterio) o “insoddisfacente” (se si rileva la presenza del batterio in una delle unità campionarie). 14
Il secondo capitolo della normativa 1441, inerente ai criteri di igiene del processo, illustra i limiti delle colonie batteriche nelle carni e nei prodotti a base di carne, applicando i parametri alla fase intermedia tra macellazione e raffreddamento: allo stesso modo del precedente capitolo, le colonie di Salmonella e Listeria monocytogenes devono risultare assenti per avere un esito soddisfacente delle analisi microbiologiche, altrimenti, se presenti, determinano un risultato insoddisfacente. In quest’ultimo caso è opportuno procedere al miglioramento delle condizioni igieniche della macellazione e revisione dei controlli del processo, dell’origine degli animali e delle misure di biosicurezza nell’azienda di origine. L’ultima parte della normativa 1441 si focalizza sulle regole di campionamento da parte degli organi di controllo, tra cui la campionatura batteriologica per le carcasse di bovini e suini e pollame nei macelli e nei luoghi di produzione di carne macinata e preparazioni a base di carne. È indicato come in ogni sessione di campionamento sia necessario prelevare casualmente cinque carcasse; i siti nei quali sono prelevati i campioni devono essere scelti tenendo conto della tecnica di macellazione utilizzata in ciascun impianto. Quando si prelevano i campioni per la ricerca di Salmonella, è utilizzato un metodo di prelievo con spugna abrasiva nelle aree di almeno 400 cm2 selezionate, in cui la probabilità di contaminazione risulta più elevata. Nel caso del campionamento di carne macinata, preparazioni a base di carne e carcasse per la ricerca di Salmonella, il prelievo dei campioni avviene almeno una volta alla settimana ed il giorno di campionamento deve variare da una settimana all'altra, affinché sia coperto ogni giorno della settimana. La frequenza può essere ridotta a una volta ogni due settimane qualora si ottengano risultati soddisfacenti per 30 settimane consecutive, oppure può essere ulteriormente ridotta se vi è un programma di controllo nazionale o regionale di Salmonella dimostrando che la prevalenza di Salmonella è bassa negli animali acquistati dal macello.[14] Altro aspetto importante che è sottolineato nella modifica del regolamento apportata nel 2016 riguarda la conservazione del campione durante il trasporto, ovvero dal momento del prelievo alla consegna in laboratorio. Durante questo lasso di tempo i campioni dovranno essere mantenuti alle seguenti temperature: alimenti congelati: conservazione tra -15 °C e -18° C; prodotti refrigerati: conservazione tra 1 °C e 8 °C; prodotti stabili: conservazione a temperatura ambiente (meno di 40 °C). Inoltre ogni aliquota, costituita da un numero di unità campionarie di peso adeguato a seconda della tipologia di analisi, deve essere sigillata accuratamente e completamente 15
in modo sterile ed accompagnata da un cartellino identificativo con le indicazioni di legge.[15] In riferimento alle normative vigenti, il presente progetto di tesi è stato realizzato ed è in linea con tali regolamenti presso l’azienda Cierre s.r.l. che si occupa principalmente di analisi chimiche e microbiologiche e di consulenza e controllo sulle qualità ambientali, agronomiche, alimentari ed industriali nel territorio aretino. Dal 2002 il laboratorio richiede ed ottiene l'accreditamento di ACCREDIA secondo la norma UNI EN ISO/IEC 17025:2017 ed in seguito la certificazione del proprio Sistema di Gestione in Qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001:2008 da parte di DASA-RAEGISTER.[16] Accredia è l’Ente Unico nazionale di accreditamento designato dal governo italiano, in applicazione del Regolamento europeo 765/2008, indicato a determinare la competenza, l’indipendenza e l’imparzialità dei tre dipartimenti cui fanno riferimento i soggetti che operano nei diversi settori della valutazione della conformità: organismi di certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di prova e taratura. Essa è un’associazione riconosciuta, che opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico e svolge le indagini in collaborazione con Inail e Aicq sulle imprese certificate per garantire la salute e la sicurezza sul lavoro. Inoltre Accredia rappresenta tutti i soggetti portatori di interesse nelle attività di accreditamento, dalle Pubbliche Amministrazioni ai soggetti accreditati, dalle organizzazioni d'impresa ai consumatori. Accredia è anche membro delle reti europee ed internazionali degli Enti di accreditamento ed è firmataria dei relativi Accordi internazionali di Mutuo Riconoscimento, il quale ha l’obiettivo di favorire la circolazione di beni e servizi sui mercati internazionali, garantendo in tal modo la concordanza con le procedure di riferimento agli standard internazionali ed a quelle applicate dagli altri Enti e la modalità di confronto. Il marchio di accreditamento di un Ente firmatario apposto sul rapporto di prova o di ispezione, o sul certificato di conformità o di taratura, rappresenta un passaporto sui mercati internazionali. Pertanto l’associazione del marchio con un prodotto, un servizio, o una determinata professionalità consente la circolazione libera da ulteriori test, ispezioni o verifiche. Tale segno distintivo è essenziale e fondamentale per valorizzare l’attività di valutazione della conformità degli organismi e dei laboratori accreditati, e per promuovere l’affidabilità delle certificazioni, delle ispezioni, delle verifiche, delle prove e delle tarature. 16
1.2.1 Accreditamento: definizione, iter di accreditamento e prove inter-laboratorio L’accreditamento è l’attestazione, da parte di Accredia, della competenza, autonomia ed obiettività degli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di prova e taratura. Esso assicura che gli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e i laboratori di prova e taratura, abbiano tutti i requisiti richiesti dalle norme per svolgere attività di valutazione della conformità e per rilasciare i certificati sul mercato con un alto grado di valore ed affidabilità in termini di qualità e sicurezza dei beni e dei servizi sottoposti a verifica, garantendo il riconoscimento sui mercati internazionali. L’accreditamento degli organismi e dei laboratori viene svolto in tutto il mondo in base alla norma internazionale ISO/IEC 17011, integrata dalle prescrizioni del Regolamento CE 765/2008 per gli Enti di accreditamento dell’Unione europea. L’obiettivo dell’accreditamento consiste nell’assicurare e detenere qualità, fiducia, sicurezza, sviluppo e competitività delle imprese anche sui mercati internazionali, favorendo la libera circolazione dei beni e dei servizi sottoposti a verifica da parte degli organismi e dei laboratori accreditati; esso è un’attività di rilevanza sociale, svolta nell’interesse pubblico, a salvaguardia della salute dei consumatori e della tutela dell’ambiente. Nel caso dei laboratori, l’accreditamento dimostra che il soggetto soddisfa sia i requisiti tecnici sia quelli relativi al sistema di gestione, necessari per offrire dati e risultati accurati e tecnicamente validi per specifiche attività di prova, di analisi e di taratura. Il percorso di accreditamento è articolato in diverse fasi con validità quadriennale, periodo durante il quale gli organismi e i laboratori dimostrano di soddisfare i requisiti per valutare la conformità dei prodotti e dei servizi, mediante apposite verifiche condotte sia prima del rilascio o dell’estensione dell’accreditamento, che, successivamente, nelle fasi di sorveglianza e di rinnovo. La documentazione relativa al sistema di gestione (manuale, regolamenti, procedure, istruzioni, liste di controllo, qualifiche del personale, ecc.) formalizza la validità e la regolarità degli organismi accreditati. Le fasi della procedura sono le seguenti: domanda di accreditamento, esame della documentazione, verifiche ispettive in sede e delibera dell'accreditamento. Quest’ultima viene valutata dal Comitato Settoriale di Accreditamento competente mediante la consegna del documento riassuntivo delle valutazioni effettuate dagli ispettori dell’Ente che ha precedentemente effettuato le visite ispettive ai sensi della norma ISO/IEC 17020 presso le organizzazioni clienti, con esito positivo. La concessione dell’accreditamento viene formalizzata mediante apposita convenzione stipulata tra Accredia e il soggetto accreditato e l’emissione del certificato a marchio 17
Accredia. Prima della scadenza del ciclo quadriennale di accreditamento, può essere avviata la procedura di rinnovo, secondo le stesse modalità previste per il primo accreditamento. L’accreditamento è volontario e richiesto spontaneamente, salvi i casi in cui l’organismo o il laboratorio svolga attività di valutazione della conformità in alcuni settori sensibili (come il biologico, i prodotti agroalimentari di qualità e quelli marcati CE), regolati da direttive o regolamenti europei, o da provvedimenti nazionali, a tutela della salute dei consumatori e della sicurezza dell’ambiente. Inoltre, esso migliora la reputazione e la competitività degli organismi e dei laboratori, e offre benefici alla Pubblica Amministrazione semplificando i controlli alle imprese, che acquisiscono competitività e internazionalità, ed ai consumatori, che si affidano ai servizi accreditati ottenendo una garanzia di qualità e fiducia. Le prove inter-laboratorio svolte sotto accreditamento sono valutazioni sull’affidabilità delle prestazioni di un laboratorio mediante confronti con altri laboratori ed in relazione a criteri prestabiliti da organizzatori accreditati ai sensi della norma ISO/IEC 17043, noti come Profiency Testing Providers (PTP). Esse consistono nell’esecuzione, da parte di laboratori accreditati diversi, di prove riconosciute da protocolli operativi adeguati (Proficiency Testing – PT), su materiali identici o simili alle attività ed alle operazioni che il laboratorio stesso effettua abitualmente e nella loro valutazione secondo criteri oggettivi prestabiliti. L’analisi dei risultati delle prove valutative inter-laboratorio, fornisce ai laboratori informazioni riguardo la conformità delle loro procedure indicando se queste risultano soddisfacenti o se sono emersi potenziali problemi che richiedono le giuste attività di correzione. Nella fase di interpretazione e valutazione dei risultati, occorre tener conto dell’incertezza associata alla misurazione.[17] 1.2.2 Sicurezza biologica: sistema di allerta, autocontrollo e sistema HACCP L’azienda Cierre s.r.l. suddivide la procedura operativa nelle tre seguenti fasi: campionamento, analisi e rilascio del rapporto di prova del campione. Al momento della consegna di quest’ultimo al cliente, viene allegato un documento contenente la valutazione sulle eventuali norme di sicurezza e procedure di pulizie da applicare in caso di rischio microbiologico. Cierre s.r.l. effettua anche la progettazione di piani di autocontrollo per stabilimenti alimentari e mangimifici. Il concetto di autocontrollo consiste nella responsabilizzazione dell’Operatore del settore alimentare (OSA, che può essere il titolare dell’azienda od un suo delegato) in materia di igiene e sicurezza degli alimenti e corrisponde all’obbligo di controllare e 18
mantenere le proprie produzioni. L’autocontrollo è obbligatorio per tutti gli operatori che a qualunque livello siano coinvolti nella filiera di produzione primaria (raccolta, mungitura, allevamento), preparazione, trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita o fornitura, compresa la somministrazione al consumatore.[18] Per gli operatori del settore alimentare è doveroso informare i propri clienti sulla non conformità riscontrata negli alimenti da essi posti in commercio e ritirare il prodotto dal mercato. Oltre al ritiro, nel caso in cui il prodotto fosse già stato venduto al consumatore, l’OSA deve provvedere al richiamo, ovvero deve informare i consumatori sui prodotti a rischio e pubblicare il richiamo nella specifica area del portale del Ministero della Salute a cura della Regione Competente per territorio, che lo riceve direttamente dall’OSA, con precedente valutazione della ASL. In talune circostanze è possibile che si verifichi la revoca del richiamo di un determinato prodotto, richiesta per analisi di revisione favorevole o altri motivi da valutarsi da parte dell’ASL competente nel territorio.[19] Per ampliare e completare in maniera opportuna ed efficace il piano di autocontrollo, è stato introdotto il sistema HACCP (acronimo di Hazard Analysis and Critical Control Points) che consente di applicare l’autocontrollo in maniera razionale ed organizzata. È obbligatorio solo per gli Operatori dei settori post-primari. L’applicazione dei principi del sistema dell’analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo alla produzione primaria non è ancora praticabile su base generalizzata, pertanto si consiglia, in questo settore, l’uso di prassi corrette in materia d’igiene. La prima codifica normativa in Europa risale al 1993 con la Direttiva 43/93/CEE (recepita in Italia con il D.lgs. 26 maggio 1997 n. 155, ora abrogato). Questa normativa è stata sostituita dal Regolamento CE 178/2002 e dal Regolamento CE 852/2004, il quale mira a descrivere l’obiettivo di sicurezza e igiene in industrie e attività del settore alimentare. Quindi il sistema HACCP è un protocollo nazionale di autocontrollo in grado di aiutare gli OSA a conseguire un livello più elevato di sicurezza alimentare ed a promuovere il concetto di prevenzione, analizzando i possibili pericoli verificabili in ogni fase del processo produttivo e nelle sue fasi successive. I principi su cui si basa l’elaborazione di un piano HACCP sono sette: 1. Identificare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre; 19
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