TOMMASO FIORE BARI SCUOLA STATALE SECONDARIA DI PRIMO GRADO SCUOLA IN OSPEDALE DIDATTICA A DISTANZA A.S.2019/2020 APPROFONDIMENTO D'ITALIANO ...

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TOMMASO FIORE BARI SCUOLA STATALE SECONDARIA DI PRIMO GRADO SCUOLA IN OSPEDALE DIDATTICA A DISTANZA A.S.2019/2020 APPROFONDIMENTO D'ITALIANO ...
TOMMASO FIORE BARI
SCUOLA STATALE SECONDARIA DI PRIMO GRADO
SCUOLA IN OSPEDALE DIDATTICA A DISTANZA
A.S.2019/2020
APPROFONDIMENTO D’ITALIANO
CLASSI TERZE
PROFESSORESSA MARIKA MINCUZZI
TOMMASO FIORE BARI SCUOLA STATALE SECONDARIA DI PRIMO GRADO SCUOLA IN OSPEDALE DIDATTICA A DISTANZA A.S.2019/2020 APPROFONDIMENTO D'ITALIANO ...
EUGENIO MONTALE
LA VITA
LA VITA

• Eugenio Montale è nato nel 1896 a Genova
• Partecipò alla prima guerra mondiale, partì per il fronte dopo aver
 abbandonato gli studi di ragioneria e di canto e pubblicò i suoi primi testi
 poetici già nel 1916
• La vita del poeta fu spesso difficile : visse con dolore gli anni del fascismo,al
 quale egli si oppose senza clamore,ma con forza e coerenza. Nel 1939
 pubblicò la sua seconda raccolta di versi,Le occasioni.
LA VITA

•   Nel secondo dopoguerra, in un mondo diviso in due blocchi contrapposti             (
    quello occidentale filoamericano e quello orientale filosovietico),molti intellettuali si
    schierarono e si impegnarono politicamente per la costruzione di una società più
    giusta; Montale mantenne invece un vigile distacco critico,
•   Espressione non di disinteresse, ma di una sofferta ricerca personale e di grande
    impegno morale.Ne sono testimonianze le liriche raccolte ne La bufera e altro,scrittr
    fino al 1954.Dopo dieci anni di silenzio,riprese la sua attività poetica nel 1964,in
    seguito alla morte della moglie:pubblicò Satura(1971),
•   I Diari del 71 e del 72 (1973),il Quaderno dei quattro anni (1977).Nel 1967
    Montale venne nominato senatore a vita e nel 1975 fu insignito del premio Nobel
    per la letteratura.Morì nel 1981,dopo aver visto crescere intorno a sé,nel corso degli
    anni stima,fama e prestigio.
LA POETICA

• Nei  testi di Montale IL MALE DI VIVERE, cioè il dolore che caratterizza
 l’esistenza umana ,è uno dei temi più importanti.
• In particolare il poeta rappresenta statid’animo,emozioni,concetti,
• emozioni,concetti,condensandoli in oggetti concreti e precisi che possiamo
 vedere e toccare.Ritroviamo alcuni di questi oggetti concreti nei paesaggi
 naturali della Liguria,dove il poeta aveva trascorso tutte le estati della sua
 giovinezza nella zona delle Cinque Terre.
LA POETICA

•   Il mare,gli alberi,le pietre ,i viottoli bruciati dal sole dell’estate;le rocce e i
•   terreni riarsi,il blu del mare e del cielo,il verde degli alberi,il giallo dei limoni:quella
    natura mediterranea semplice e selvaggia gli era rimasta nel cuore,per lui era
    l’immagine stessa della vita.In essa si trovano gli oggetti e i motivi che ispirano la sua
    prima raccolta poetica,pubblicata nel 1925,Ossi di seppia.Il titolo trasforma quei
    bianchi ossi che il mare abbandona sulla battigia in un emblema della condizione in
    cui il poeta si sente di fronte alla natura e alla vita.
•   Negli anni della maturità Montale lasciò i paesaggi liguri e visse a Firenze,poi a
    Milano dove lavorò come redattore e come critico musicale al « Corriere della sera»
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO
MERIGGIARE1 PALLIDO E ASSORTO2 PRESSO UN ROVENTE MURO D’ORTO3,
ASCOLTARE TRA I PRUNI E GLI STERPI4 SCHIOCCHI5 DI MERLI, FRUSCI DI SERPI.
5 NELLE CREPE DEL SUOLO O SU LA VECCIA6 SPIAR LE FILE DI ROSSE
FORMICHE CH’ORA SI ROMPONO ED ORA S’INTRECCIANO A SOMMO7 DI
MINUSCOLE BICHE8
OSSERVARE TRA FRONDI9 IL PALPITARE 10 LONTANO DI SCAGLIE DI MARE11
MENTRE SI LEVANO TREMULI SCRICCHI12 DI CICALE DAI CALVI PICCHI13.
E ANDANDO NEL SOLE CHE ABBAGLIA SENTIRE14 CON TRISTE MERAVIGLIA15
15 COM’È TUTTA LA VITA E IL SUO TRAVAGLIO IN QUESTO SEGUITARE UNA
MURAGLIA16 CHE HA IN CIMA COCCI AGUZZI DI BOTTIGLIA17.
RIFLESSIONE SUL SIGNIFICATO
DELLE PAROLE USATE DAL POETA
•   1Meriggiare: trascorrere le ore del pomeriggio. 2pallido e assorto: col viso pallido per il calore, e
    concentrato nei propri pensieri. 3rovente muro d’orto: muretto di recinzione in pietra, arroventato dal sole. 4i
    pruni e gli sterpi: arbusti spinosi e aridi. 5schiocchi: rumori schioccanti. 6veccia: erba selvatica dai fiori
    violacei. 7a sommo: sulla sommità. 8biche: mucchietti di terra [che si formano sopra i formicai]. 9frondi: le
    fronde degli alberi e dei cespugli. 10il palpitare: il movimento intermittente. 11scaglie di mare: lo scintillìo del
    mare, illuminato dalla
•   luce del sole, fa apparire la superficie dell’acqua come una distesa di scaglie lucenti. 12scricchi: il canto delle
    cicale [simile allo scricchiolio]. 13dai calvi picchi: dalle cime delle alture appuntite e prive di vegetazione.
    14sentire: intuire. 15triste meraviglia: la meraviglia deriva dalla scoperta, la tristezza dalla negatività di ciò
    che viene compreso. 16com’è... muraglia: che tutta la vita e il dolore che la accompagna (il suo travaglio)
    assomiglia a questo camminare lungo (seguitare) un muro. 17che ha… bottiglia: su cui sono cementati pezzi di
    vetro appuntiti e taglienti [che rendono il muro invalicabile
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO
COMMENTO
•   Meriggiare pallido e assorto è uno dei primi componimenti di Montale, appartenente
    alla prima raccolta, Ossi di seppia, pubblicata nel 1925. Vi compare il motivo
    predominante della raccolta, quello del paesaggio arido e scarnificato. Qui è un
    orto battuto dal sole nelle ore più calde del giorno, un , fermato in una fissità che lo
    assolutizza.
    Il poeta stesso, assorto in questo spazio chiuso, gravato dalla calura, quasi scompare
    in esso diventando un’entità impersonale, indeterminata, senza spazio e senza tempo,
    quasi cosa tra le cose, come suggerisce l’uso dell’infinito ripetuto nelle quattro strofe
    in posizione metrica forte («meriggiare», «ascoltare», «spiar», «osservare»,
    «sentire»).
COMMENTO

•   L’orto assume la fisionomia di un paesaggio desertico («rovente muro», «i pruni e gli
    sterpi», «crepe del suolo», i «calvi picchi», il «sole che abbaglia») e ostile, dove
    tuttavia sopravvivono delle umili forme di vita: i pruni, gli sterpi, i merli, i serpi, le
    formiche, le cicale.
• Il poeta è teso ad ascoltarne i secchi rumori («schiocchi di merli, frusci di serpi»,
    «tremuli scricchi di cicale»), a spiarne i rapidi, improvvisi movimenti («frusci di serpi»,
    «le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano», «il palpitare
    lontano di scaglie di mare»). Ma sono voci, movimenti quasi irreali, che non turbano il
    silenzio e l’immobilità in cui sono
COMMENTO

•   Si scoprono allora corrispondenze e richiami tra il paesaggio ‘reale’ delle prime tre
    quartine e quello metaforico dell’ultima strofa: la «muraglia» del penultimo verso
    riprende il «rovente muro d’orto» del secondo, in posizione quasi simmetrica e in
    rilievo in clausola, i «cocci aguzzi di bottiglia» (v. 17) sono i «pruni» (v. 3) spinosi di
    questo paesaggio figurato (la corrispondenza è suggerita anche dall’assonanza già
    individuata tra «aguzzi» e «pruni») e si contrappongono alle «scaglie di mare» del
    v.10 (dove l’iterazione della vocale /a/ comunica un senso di vastità, di apertura),
    quasi l’unico spiraglio di vita (il «palpitare» dell’acqua), di colore, (oltre alle «rosse
    formiche»), ma «lontano», escluso dal muro dell’orto.
COMMENTO

• l poeta è giunto così ad una «triste meraviglia»; è evidente la distanza dalla
 «serena meraviglia» con cui il fanciullino pascoliano contemplava le cose. Ora
 il poeta è un «fanciullo invecchiato». La sua meravigliosa e triste sensazione si
 traduce ancora in immagini di oggetti concreti, comuni, in un tono quasi
 prosastico in cui il piano metaforico si fa esplicito: la «muraglia» è
 l’emblema della prigione della vita umana, i «cocci aguzzi di bottiglia»
 delle sue sofferenze e difficoltà.
•   Agisce nella memoria culturale di Montale, oltre a Dante, la coraggiosa, lucida
    volontà conoscitiva del “vero” di Leopardi: il «muro d’orto» ricorda la siepe
    dell’Infinito (l’orto richiama anche il giardino del male descritto nello Zibaldone), ma
    qui è un ostacolo che impedisce anche il piacere dell’immaginazione, che preclude lo
    “sguardo” verso ogni possibilità di salvezza, ogni speranza. Rispetto a Leopardi, egli
    rinuncia alla protesta, alla ribellione, rimane in una condizione di perplessità, di
    disorientamento e di impotenza.
•   Montale constata la crisi del ruolo dell’intellettuale e respinge l’immagine di
    profeta.
FORSE UN MATTINO ANDANDO IN UN’ARIA DI
VETRO
          EUGENIO MONTALE, Ossi di Seppia .

          Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
          arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
          il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
          di me, con un terrore da ubriaco.

          Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
          alberi, case, colli per l'inganno consueto.
          Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
          tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto
COMMENTO
•   Questo testo descrive una rivelazione, una manifestazione improvvisa (epifania) del "nulla", del "vuoto", e
    dunque del prendere coscienza dell’assoluta apparenza del mondo e dell’assurdità dell’essere. Il poeta riesce
    a cogliere solo per un attimo brevissimo questa sensazione.
    La scoperta o l'intuizione del "nulla", del "vuoto", è considerata dal poeta positiva (un "miracolo" come lo
    definisce) perché corrisponde a prendere coscienza anche di ciò che gli si contrappone ovvero dell'apparente
    realtà delle cose ("l’inganno consueto").
    Dopo quest’attimo di folgorazione torneranno nuovamente a profilarsi le cose consuete della realtà, "alberi
    case colli”, ma il Poeta sa che si tratta di una realtà apparente, rappresentazioni fittizie, come le immagini di
    un film proiettate "s'uno schermo", che però inganna tutti coloro che non si pongono interrogativi esistenziali e
    metafisici.
    Ormai il Poeta, dopo la miracolosa esperienza, non può più tornare alla condizione abituale ma illusoria
    degli "uomini che non si voltano", ed egli portando dentro di sé questa consapevolezza sarà obbligato alla
    solitudine e al silenzio ("me n'andrò zitto"), impossibilitato a svelare una realtà troppo terribile per essere
    accettata dagli uomini.
    E’ da sottolineare che "gli uomini che non si voltano", nella loro indifferenza per tutto ciò che va al di là
    dell’apparenza, ricordano "l’uomo che se ne va sicuro" di un'altra famosa poesia montaliana: Non chiederci la
    parola.
UN POETA   UN UOMO I SUOI INSEGNAMENTI
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