Terremoto e Caos: un nuovo percorso di analisi del comportamento dei sismi - Ingenio
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Terremoto e Caos: un nuovo percorso di analisi del comportamento dei sismi Massimo Mariani – Ingegnere, Esperto in consolidamento e restauro delle strutture PREMESSA Terremoto e Caos Il terremoto è l'espressione palese del Caos, è un “Attrattore strano”, è imprevedibilità reale le cui rappresentazioni sono Frattali rispondenti solo ad una Geometria non Euclidea. Le strutture murarie sottoposte al sisma subiscono “Processi dissipativi” in un “Caos dissipativo” di carattere deformativo/plastico, quali manifestazioni del ruolo dell’irreversibilità. È proprio alla luce di tali evidenze, fondate su apporti scientifici dottrinali recenti - ma ormai maturi - e su riflessioni scaturite dalle evidenze degli effetti distruttivi e, soprattutto, dei meccanismi di commozione e collasso delle strutture durante quest'ultimo sisma in Italia Centrale e delle rievocate immagini e degli accelerogrammi dei sismi precedenti a partire dal 1976 (Friuli), che si rendono necessarie riflessioni sull'interpretazione dei terremoti e sulla loro “decodificazione”, attualmente solo delegata ad un determinismo modellativo fisico-matematico. Il terremoto è disordine reale che potrà essere accostato attraverso percorsi nuovi che si spera si apriranno, anche mediante questo contributo, consentendo di leggere all’ingranditore la sua vera natura, nel suo intimo. ANALISI DEI SISMI Accelerazioni reali e normativa vigente (e in via di approvazione) Con l'immagine dell'accelerazione orizzontale del terremoto di Norcia del 30 Ottobre 2016 di magnitudo 6.5MMS, durato circa 14 secondi, (Figura 1), inizia questo processo di analisi del comportamento dei terremoti, procedendo a ritroso dall'ultimo avvenuto in Italia Centrale, iniziato il 24/08/2016, fino a quello del Friuli del 1976, per dimostrare che i messaggi dei sismi di sempre, anche se diversi nelle rispettive energie, sono stati simili tra di loro e che è possibile interpretarne le manifestazioni caotiche. Figura 1 - Accelerazione orizzontale e verticale del terremoto di Norcia del 30 ottobre 2016 di magnitudo 6.5MMS
Nella Figura 1 è riportato anche l’accelerogramma verticale dello stesso sisma. Ambedue i grafici mostrano che le accelerazioni orizzontali e verticali raggiungono entrambe circa 0.80g (con "g" accelerazione di gravità). Purtroppo delle accelerazioni verticali non se ne tiene conto nelle Normative Vigenti se non in particolarissime condizioni legate alla geologia e alla morfologia del sito e a sistemi strutturali talvolta eccezionali, sicuramente non riguardanti l'edilizia comune, quella storica, quella spontanea e vulnerabile. Cosicché, nelle Normative, della componente verticale dell'accelerazione se ne tiene conto - ma con valori inferiori a quelli reali, come si vedrà nel prosieguo di questo contributo - solo per elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20 m, per elementi precompressi (con esclusione di solai di luce inferiori a 8 m), per elementi a mensola di luce superiore a 4 m, ..., per pilastri in falso ..., per ponti, per costruzioni con isolamento sismico... . La Figura 2 contiene i risultati delle accelerazioni di progetto derivati dall’attuale Normativa per una categoria di sottosuolo D (la peggiore) e per una morfologia del terreno con pendii superiori a 15° (condizioni anch’esse molto restrittive), calcolati per le zone nelle quali si sono manifestati gli ultimi sismi: Norcia, Amatrice, L'Aquila, Umbria- Marche. Figura 2 - Accelerazioni di progetto derivati dall’attuale Normativa per una categoria di sottosuolo D e categoria topografica T2 calcolati per le zone di Norcia, Amatrice, L'Aquila, Umbria-Marche Come si può constatare, le accelerazioni verticali di progetto nello SLV - Stato Limite di Salvaguardia della Vita - sono pari a 0.196g
La tabella contenuta nella Figura 3 riporta i valori delle accelerazioni orizzontali e verticali dei terremoti più importanti in Italia, da quello del Friuli (1976) a quello dell'Italia Centrale del 2016. Da questi dati si palesa che ogni sisma ha prodotto accelerazioni verticali paragonabili a quelle orizzontali. Figura 3 - Accelerazioni orizzontali e verticali dei terremoti più importanti in Italia, da quello del Friuli (1976) a quello dell'Italia Centrale del 2016. Insomma le strutture, durante lo scuotimento sismico, subiscono l'azione asincrona di sollecitazioni tra di loro totalmente differenti, quindi disgregative delle murature sottoposte ad una commozione che ne altera la parte costitutiva. L'argomento sarà ripreso quando si tratterà in seguito del “fenomeno della Fatica” e dell' “Isteresi delle murature”. Si spera che i riscontri mostrati possano suscitare giuste e necessarie riflessioni nei riguardi dei valori delle accelerazioni di Progetto contenute nell’attuale Normativa (e nella normativa in via di approvazione). Purtroppo si esprimono anche incertezze sugli accelerogrammi riguardanti i sismi dell'Emilia del 2012, del Molise del 2002, dell'Irpinia del 1980, della Valnerina del 1979 e del Friuli 1976, come poi si evidenzierà. Per questi motivi, nelle restituzioni grafiche del numero degli impulsi sismici in funzione delle accelerazioni che saranno riportate in seguito, sono stati assunti moltiplicatori delle stesse che si sono rivelati efficaci per esprimere i fenomeni già descritti: per l’Emilia si è considerato un moltiplicatore 2, per il Molise 10, per l'Irpinia 2, per la Valnerina 3 e per il Friuli 2. L’impossibilità di confrontare i valori delle accelerazioni ad una stessa scala, per tutti i terremoti indagati, nasce dall'evidenza che sismi forti quali quello dell'Irpinia del 1980 (MMS 6,8) e Friuli del 1976 (MMS 6.5) hanno rilevato accelerazioni minori di quelli dell'Aquila del 2009 (MMS 6.1) Norcia del 2016 (MMS 6.5). La tabella di Figura 3 mostra tale diversità. Figura 4
Come già detto le due combinazioni orizzontale e verticale coesistono durante la commozione sismica in maniera asincrona e la Figura 4 mostra la “dilatazione” delle ascisse dell’accelerogramma nel quale sono state sovrapposte, collimandone i tempi, le accelerazioni orizzontale e verticale (arancione orizzontale e bleu verticale). Come si può notare, confrontandole, tra le accelerazioni coesiste una palese equivalenza. Nella stessa figura è anche rappresentata una parte di accelerogramma ingrandita, delimitata dai due tratti di rosso che ne definiscono una frazione corrispondente a 1.5 secondi di sisma, come poi analizzato nella Figura 5, che palesa l'imprevedibilità, l’imponderabilità, l’impredicibilità dell’evento sismico. Figura 5 Se poi si isola, come già fatto nella Figura 5, una parte dell’accelerogramma riguardante la fase acuta pari a 1.5 secondi (Figura 6), le supposizioni precedenti si avvalorano ancor più. Questa “amplificazione” dell’accelerogramma ci fa indagare l'intimo del terremoto. Focalizzando, ad esempio, il grafico blu dell'accelerazione verticale, ci si accorge che il sisma non è più quell’accumulo di “graffi” incisi sull’accelerografo, che transitano sopra e sotto l'asse del tempo, perché all'interno di ogni impulso si manifestano altri, numerosi impulsi intermedi.
Figura 6 Questa che si conforma è proprio l'immagine di un Frattale Naturale: è Geometria non Euclidea. Se si riuscisse ad indagare l’accelerogramma in scala ancor più ampia di questa già dilatata, all'interno di un suo tratto qualsiasi è certo che verrebbero ad evidenziarsi altre frazioni di impulsi.
Effetti degli scuotimenti sulle strutture: disgregazione delle murature Le immagini (Figure da 7 a 14) dei disfacimenti di Amatrice (Figure 7 e 8), Arquata del Tronto (Figure 9 e 10), Pescara del Tronto (Figure 11 e 12), Accumuli e Castelluccio di Norcia (Figure 13 e 14) sono chiare: le murature a terra sono state disgregate, sono franate su sé stesse invadendo tanto i sedimi originari, che gli ambiti ad essi esterni. Questo mostra in maniera chiara che le murature durante il terremoto non ribaltano, ma cadono prevalentemente implodendo su sé stesse. Per tutto ciò è difficile poter adattare a sistemi e a dinamismi di questo tipo concetti di flessione, taglio, compressione, trazione e sollecitazioni composte che sono alla base di una fisica che fonda i propri presupposti di reversibilità su elementi strutturali omogeneamente definiti e quindi in grado di rispondere a sollecitazioni così delineate dalla Meccanica Classica. Sono difficili pertanto da cogliere anche schemi di meccanismi di rottura, ipotizzati là dove ciò che prevale nelle strutture colpite dal sisma è la disgregazione delle murature, per, successivi scuotimenti, dovuta all’accumulo delle deformazioni in un ambito praticamente privo di elasticità. Figure 7 - 8 - Effetti del sisma ad Amatrice Figure 9-10 - Effetti del sisma ad Arquata del Tronto
Figure 11-12 - Effetti del sisma a Pescara del Tronto Figure 13-14 - Effetti del sisma ad Accumuli e Castelluccio di Norcia Dalle immagini si evidenzia che a terra non sono presenti parti strutturali di murature intere, identificabili, niente, solo macerie di elementi murari originari: pietre, laterizi e malte polverizzate. Anche le immagini di Messina (1908), Marsica (1915), Friuli (1976), Irpinia (1980), Umbria-Marche (1997) (Figure da 15 a 19) contengono lo stesso disfacimento strutturale del terremoto ultimo dell’Italia Centrale. Figure 15-16 - Immagini del terremoto di Messina (1908) e della Marsica (1915)
Figure 17 -18 - Immagini del terremoto del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980) Figura 19 - Immagini del terremoto dell’Umbria-Marche (1997) L’elasticità dei sistemi murari dell’edilizia storica è praticamente insignificante, questi si deformano lasciando all'interno delle strutture alterazioni che si accumulano con il susseguirsi degli scuotimenti. Pertanto, visti gli accelerogrammi dilatati (Figure 4,5,6) e visti gli effetti distruttivi sulle strutture (da Figura 7 a Figura 19) non si percepisce più il concetto di massa per accelerazione, ma quello dell’incidenza della ripetitività degli “impulsi sismici”, gli stessi che generano fenomeni di ISTERESI e di FATICA delle strutture, con accumulo di MEMORIA DEL DANNO subìto. Al ripetersi dei sismi, e anche durante lo stesso sisma, si genera progressivamente nelle murature un “EFFETTO RICORDO” dovuto a deformazioni irreversibili, indelebili. Il fenomeno dell'Isteresi richiamato non è stato ancora studiato per le strutture soggette al danno sismico; esso è presente da molto tempo nella ricerca in metallurgia
e in meccanica. Nell’Isteresi i materiali a comportamento plastico, successivamente alla loro deformazione per effetto di una sollecitazione, al venir meno di quest'ultima, tornano alla configurazione iniziale, subendo una deformazione residua. Le Figure dalla 20 alla 23 contengono immagini della Fatica, dell'Isteresi, nonché della memoria del danno subìto dalle strutture murarie attraverso la disgregazione delle murature, anche per parti. Figure 20 -21 Figure 22 -23
La Figura 24 contiene i risultati delle “Indagini sperimentali sulla muratura” eseguite con i martinetti piatti dal Ing. Giuseppe Riotto dell’Università degli Studi di Genova che evidenziano l'accumulo del danno, la memoria dell'accaduto dopo cicli di carico e scarico dei martinetti. Figura 24 - Risultati delle “Indagini sperimentali sulla muratura” eseguite con i martinetti piatti Anche questo è un fenomeno di ISTERESI, provocato nelle murature, che si può definire di ereditarietà, per cui tensioni successive risentono delle precedenti applicate e con accumulo progressivo delle deformazioni.
Un nuovo modo di analizzare il terremoto Per quanto detto nasce quindi la necessità di intraprendere un altro percorso di analisi, del comportamento dei sismi, più diretto di quelli codificati, attraverso l'elaborazione degli accelerogrammi, in ragione degli impulsi della medesima accelerazione (Figura 25). Figura 25 Nella Figura 25 sono stati individuati gli impulsi nei rispettivi gradi dell’accelerazione manifestata, per tutti i terremoti fin qui richiamati, 0.05g, 0.20g, 0.30g, 0.40g, 0.50g, 0.60g, 0.70g, 0.80g, riscontrando ad esempio per Norcia del 30-10-2016 che gli edifici sono stati scossi per una componente orizzontale 75 volte con impulsi da 0.05g, 51 volte da 0.20g, 4 volte da 0.30 g, 7 volte da 0.40g, 7 volte da 0.50g, fino a 3 volte da 0.80g (Figura 26) Figura 26 A questo punto, ancora una riflessione va alla scarsa presenza del contributo della componente verticale del sisma nelle Norme vigenti, dal momento che è stato rilevato che tale componente verticale ha espresso quasi lo stesso numero di impulsi di stessa intensità di quella orizzontale.
È quindi difficile pensare che una struttura muraria (o un sistema murario) scossa e deformata plasticamente in modo permanente, (ved. terremoto di Norcia del 30-10-2016) da 170 circa impulsi orizzontali - per grandezze di accelerazione maggiori di 0.05 g - con circa 12 impulsi al secondo(!), possa essere schematizzata, come attualmente si fa, ricorrendo solamente a concetti di energia, quando ciò che prevale nella realtà sono le deformazioni provocate da ogni scuotimento. In aggiunta, si consideri che sommando a quelli orizzontali (170 circa) gli impulsi prodotti dalla componente verticale del sisma (190 circa) - sempre per Norcia 2016 - si arriva a contare circa 360 impulsi totali con una frequenza di circa 25 impulsi al secondo. Proseguendo questi numeri poi sono stati riportati in un diagramma Accelerazione-Numero Impulsi, cosicché il terremoto di Norcia del 30 ottobre 2016 viene a presentarsi, anche geometricamente, con una curva ben definita (Figura 27). Questo tipo di curva con concavità verso l’alto, che propende ad accostarsi ai due assi cartesiani si ripeterà, come si vedrà, anche per tutti gli altri sismi indagati, ciò a dimostrare una inimmaginabile ricorrente rappresentazione di sé del terremoto, quasi fosse una liturgia naturale nel suo comportamento. Il fenomeno del terremoto sembra aver mostrato in maniera così elementare la propria identità. Figura 27 Lo stesso processo di indagine, nell’identificazione, conteggio e rappresentazione cartesiana degli impulsi, è stato applicato per il Sisma di Amatrice del 24 Agosto 2016 (Figura 28),
Figura 28 per il sisma de L'Aquila del 2009 (Figura 29), Figura 29 e per il sisma Umbria-Marche 1997 (Figura 30).
Figura 30 Anche gli altri terremoti mostrano le stesse curve attraverso i già dichiarati moltiplicatori (da Figura 31 Figura 35) cui si stanno ricercando conferme.
Figura 31 Figura 32
Figura 33 Figura 34
Figura 35 Con i tratti a segno intero sono state indicate le accelerazioni orizzontali e con quelli a segno tratteggiato quelle verticali.
Alla fine dell'elaborazione si ha evidenza (Figura 36) Figura 36 che gli impulsi verticali per tutti gli undici sismi indagati, dal quello del Friuli (1976) a quello di Norcia (2016), hanno palesato la stessa tendenza che, anche se dipende dalla magnitudo dell'evento, segue per tutti geometrie simili. Ciò vale anche per lo studio degli impulsi verticali (linee tratteggiate) (Figura 37).
Figura 37 I grafici delle Figure 38 e 39 derivano dalle sovrapposizioni massimi-medi-minimi impulsi orizzontali e verticali.
Figure 38 Figura 39
La Figura 40 contiene infine la curva descritta dagli scostamenti ∆ tra gli impulsi minimi e massimi, prodotti nei sismi più recenti per la componente orizzontale. Suscita stupore la purezza geometrica di questa curva di sintesi. Figura 40 Ringrazio i miei collaboratori Ing. Marco Tosti, Ing. Michela Allegretti, Dott. Fulvio Massimo Mariani e il mio Studio nelle persone dell’Ing. Nicola Pero Nullo e del Geom. Luca Ranocchia per il grande e oberante contributo prestato per questi miei studi e ricerche. Ringrazio l’Editore di INGENIO, l’Ing. Andrea Dari e l’Ing. Stefania Alessandrini, sua collaboratrice. L’Ing. Massimo Mariani è tra i maggiori esperti nella sismica e nel consolidamento e restauro delle strutture murarie. >>> www.massimomarianistudio.com
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