Tecnopolo di Piacenza: meccanica di precisione e manifattura verde - Econerre

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Tecnopolo di Piacenza: meccanica di precisione e manifattura verde - Econerre
Tecnopolo di Piacenza: meccanica di
precisione e manifattura verde

I consorzi MUSP e LEAP enti gestori per il Tecnopolo di Piacenza. Dal progetto MACFORP della rete
d’imprese Operatech sulla meccanica avanzata a “High Perfomance Manufacturing” del Cluster
Fabbrica Intelligente, al progetto CLEANKER per il primo cementificio “green”

di Thomas Foschini

Realtà peculiare nell’ambito della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna, il Tecnopolo di
Piacenza si caratterizza in modo particolare per la capacità di proporsi come vero e proprio
“incubatore di prodotto” e, insieme, perno di attività di networking strategico che hanno portato, nel
corso del tempo, alla costituzione di realtà autonome al servizio delle piattaforme meccanica ed
energia.
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La sede del Tecnopolo gestita dal Consorzio Musp
Tecnopolo di Piacenza (MUSP)

Due enti gestori – i Consorzi MUSP e LEAP – e altrettante sedi, Casino Mandelli ed Ex Officina
Trasformatori della Centrale Emilia (entrambe riqualificate con Fondi Fesr), il Tecnopolo di
Piacenza si caratterizza per un’altissima specializzazione nei rispettivi ambiti di attività, mentre a
livello accademico il riferimento sono il Politecnico di Milano e l’Università Cattolica del Sacro
Cuore.
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La sede del Consorzio Leap per il Tecnopolo di Piacenza

Tecnopolo di Piacenza (LEAP)

La formula vincente è quella dei consorzi pubblico-privati, spiegano entrambi i gestori, con la
partecipazione a pieno titolo da parte di Università, istituzioni e, soprattutto, imprese, alle attività
del Tecnopolo. “I nostri Consorzi – osserva Alberto Sogni, responsabile LEAP – hanno personalità
giuridica. Sono quindi soggetti autonomi che possono impostare collaborazioni dirette con il sistema
delle imprese, da un lato, mentre dall’altro hanno la necessità, ed anche in un certo senso la fortuna,
di doversi reggere sulle proprie gambe”.
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Strutture Leap

Un percorso sfidante ed ambizioso, aggiunge Benedetta Cesare, referente del Consorzio MUSP,
che consente al Tecnopolo di esplicitare al meglio la propria mission: quella di fare da catalizzatore –
oltre che da realtà di servizio per esternalizzazioni R&D – per la creazione di nuove reti d’imprese
innovative.
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Tecnopolo di Piacenza. Operatech, dalla macchina per la
cottura espressa della pasta, alla rete d’imprese hi-tech:
MACFORP

Fresatura e tornitura di particolari meccanici ad alta precisione è da sempre il business di TMP,
azienda con sede a Lama Mocogno, nel Modenese, che si è rivolta al Tecnopolo di Piacenza per la
realizzazione di un prototipo innovativo di macchina per la cottura espressa della pasta. “Il
Tecnopolo – spiega Benedetta Cesare – ha individuato quale referente il MUSP che, a sua volta, si è
avvalso della consulenza di progettazione e design da parte di specialisti del settore come Provide
Solution”.

Risultato, da un lato, lo sviluppo della tecnologia – in collaborazione con il team di ricerca MUSP – e
la successiva realizzazione del prototipo, una soluzione particolarmente interessante per il mercato
estero, ma non solo. Secondo aspetto, determinante, l’impostazione nell’ambito del Tecnopolo di un
percorso di networking che ha portato nel tempo all’ampliamento di Operatech, una rete di soggetti
cui aderiscono ulteriori realtà (oltre a Provide Solution e TMP, Ghepi, Life Elettronica, Mitor, Ptl), le
cui attività spaziano oggi dal food processing all’aerospace, dalla ceramica all’automotive, dal
packaging al biomedicale.

“Il
Tecnopolo – sottolinea Benedetta Cesare – ha avuto un ruolo essenziale nell’avvio di questo
percorso, agendo come
vero e proprio incubatore di prodotto e consentendo, nel medio termine, la
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creazione di un network innovativo capace di orientarsi su progetti anche non
finanziati e con ciò realizzando appieno la propria missione di ‘facilitatore’
nei percorsi di R&D e di creazione di reti d’impresa innovativa”.

Oggi, ogni impresa parte della rete Operatech gestisce un distinto ambito applicativo, senza
sovrapposizioni, ricavando perciò il massimo valore aggiunto quale azienda di servizio al sistema
della meccanica regionale. E si tratta solo di un esempio di quello che è il pane quotidiano di MUSP.

Stand promozionale attività MUSP

“Siamo nati come laboratorio di ricerca sulla meccanica avanzata – osserva Benedetta Cesare –
ampliando nel corso del tempo il raggio d’azione delle nostre attività verso l’automazione, la
sensoristica, la simulazione, l’agricoltura di precisione, l’economia circolare e le soluzioni a basso
impatto ambientale”. Da questo punto di vista, attività “core” come soluzioni per il monitoraggio e la
diagnostica delle macchine e la caratterizzazione di leghe metalliche innovative – strategiche per
determinare la vita utile, i consumi, l’affidabilità di una macchina – si affiancano a una molteplicità
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di nuovi servizi ad altissima specializzazione e customizzazione “garantiti – conclude la referente del
laboratorio – da un team di ricercatori senior ognuno dedicato a uno specifico ambito di attività ed
affiancati da ricercatori junior per lo sviluppo di nuovi progetti”, 7 dei quali avviati con la
determinazione di cogliere tutte le opportunità della nuova programmazione Fesr 2014-2020.

Tecnopolo di Piacenza: High Perfomance Manufacturing
(CFI)

Di respiro più ampio invece High Perfomance Manufacturing il progetto che ha visto il MUSP
capofila di ben 15 soggetti partecipanti (12 industriali e 3 Atenei) provenienti da otto territori
regionali tra le emiliane JOBS S.p.A – Gruppo FFG, Mandelli S.p.A – Gruppo Riello Sistemi, MCM
S.p.A. – Gruppo RIFA, Amada Engineering Europe srl – Gruppo Amada Co. e Gigant Srl. Il progetto
si occupa di incrementare le prestazioni di macchine e sistemi di produzione in chiave
Industria 4.0 con un budget complessivo approvato dal Miur (con decreto 1883 dell’11 ottobre
2013) di 11,2 milioni di euro.

Presentazione del progetto HPM
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Iniziato il 1° gennaio 2014, il progetto HPM, di durata quadriennale, è
stato coordinato dal Consorzio MUSP sotto tutti gli aspetti: scientifici,
formativi ed amministrativi. L’obiettivo era lo sviluppo di macchine e sistemi
di produzione che, attraverso soluzioni ad alto contenuto di conoscenza,
contribuiscano al concetto di “Fabbrica Intelligente” come centro produttivo
sostenibile e competitivo, in grado di fronteggiare efficacemente i rapidi
cambiamenti del settore mediante una salda leadership tecnologica delle imprese
raggiunta attraverso programmi di ricerca industriale avanzata.

Open Day – MUSP

Il concetto di High Performance Manufacturing si indirizza verso due obiettivi fondamentali:
l’incremento prestazionale a livello di processo (in termini di tempi di lavorazione e qualità
complessiva) e la flessibilità dei sistemi di lavorazione (in termini di condizioni di lavoro e
autonomia). Tali elementi costituiscono la frontiera da superare per accrescere prestazioni e
competitività del prodotto Made in Italy nei beni strumentali per l’industria.

L’incremento dell’export verso Paesi emergenti fa diventare la capacità della macchina di sopportare
condizioni di lavoro gravose, raccogliendo in modo autonomo informazioni sul campo e modificando i
parametri di processo anche in assenza di operatore, un elemento strategico per la competitività. In
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previsione dei futuri trend di mercato, l’obiettivo delle imprese produttrici di macchine utensili e
sistemi per produrre consiste nel raggiungere prestazioni sempre più elevate per produttività,
qualità delle lavorazioni, flessibilità e utilizzo ottimale delle risorse materiali ed energetiche
disponibili.

MUSP sponsor della vettura Formula SAE del team Dynamis PRC”

Al Tecnopolo di Piacenza oltre 50 sono stati i partecipanti al final meeting di progetto tra cui i
massimi rappresentanti delle istituzioni regionali, del Cluster tecnologico nazionale “Fabbrica
Intelligente” e del Miur.

Le parole del professor Michele Monno, direttore del Laboratorio MUSP e manager del Tecnopolo di
Piacenza nonché docente di Tecnologia Meccanica del Politecnico di Milano

Tecnopolo di Piacenza: CLEANKER (CLEAN clinKER), il
primo
cementificio “a impatto zero”

La forzatura è evidente. Non può (forse) esistere un cementificio ad impatto zero. Ma, quel che è
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peggio – suggerisce Alberto Sogni, direttore del LEAP – è illusorio pensare di realizzarne uno
facendo leva solamente sull’aspetto energetico. “Anche qualora alimentassimo il ciclo con
combustibili esclusivamente provenienti da fonti rinnovabili, non si agirebbe sulla quota più
importante di emissioni di CO2, oltre il 60% generate dal processo”.

Il team LEAP

Il LEAP è nato e cresciuto sviluppando una serie di progetti e servizi sulla piattaforma energia e
ambiente (dal recupero di materia ed energia da rifiuti allo sviluppo di caldaie ad alta efficienza,
dalla ricerca sulle fonti di energia rinnovabile ai servizi per la qualità dell’aria con analisi delle
polveri sottili e nanoparticolate) ma è nello specifico ambito della possibilità di “catturare” la CO2
nei processi industriali che LEAP ha lanciato la propria forse più importante sfida al modo stesso di
intendere la manifattura sostenibile.
Rendering di Cleanker

Il progetto si chiama CLEANKER, formidabile gioco di parole con il “clinker”, costituente principale
del cemento. L’oggetto è lo sviluppo di un processo innovativo, ed annesso impianto pilota, capace di
catturare, stoccare ed eventualmente riutilizzare la CO2 che si libera dalle reazioni che avvengono
all’interno delle fabbriche di cemento, che figurano, dati alla mano, tra le prime responsabili alle
emissioni climalteranti.
Kick off Cleanker

Finanziato dal programma quadro europeo Horizon 2020, il progetto è partito nel
2018, con un budget complessivo di oltre 9 milioni di euro. Completato lo
studio di fattibilità, la progettazione delle singole componenti e l’analisi
economica, CLEANKER è proseguito con la realizzazione di un impianto pilota nel
cementificio Buzzi Unicem di Vernasca, in provincia di Piacenza. “Si tratta di un progetto di valenza
globale
– spiega Alberto Sogni – che si sviluppa
con importanti ricadute anche su scala regionale. Il Tecnopolo di Piacenza,
attraverso il LEAP, è il coordinatore, cui si aggiungono 11 partner industriali
e di ricerca in tutta Europa più un partner cinese”.

Nel merito, si tratta di intervenire
sul processo di calcinazione, durante il quale la separazione dell’ossido di
calcio dal carbonato di calcio genera una enorme quantità di anidride
carbonica. Uno step dal quale non si può prescindere e, quand’anche si
rinunciasse all’utilizzo di combustibili fossili per raggiungere le alte
temperature necessarie, la produzione
intrinseca di CO2 (decarbonatazione) sarebbe comunque maggioritaria.

L’escamotage, per dirla in questi termini, consiste nell’andare a catturare percentuali
superiori al 90% della CO2 emessa in questa fase sfruttando la capacità del carbonato di calcio di
“assorbire” anidride carbonica durante più fasi di ricircolo con una tecnologia definita come
“calcium looping”. “Si crea in sostanza un loop tra un calcinatore e un carbonatore, in cui si assiste
alla reazione inversa alla calcinazione. L’ossido di calcio diventa il mezzo che assorbe la CO2, la
quale può essere poi convogliata, tramite flussi separati dai fumi, immagazzinata e stoccata per altri
usi”, spiega Martina Fantini, ricercatrice LEAP e project manager di CLEANKER. Quali? Difficile,
osserva il responsabile LEAP, dare una risposta in termini di “riuso totale”. In via di principio
l’anidride carbonica (opportunamente controllata e depurata) potrebbe addirittura servire come
materia prima per l’industria delle bevande gassate, ma “date le quantità in gioco è molto più
realistico pensare a stoccaggio in depositi naturali” quali giacimenti di gas metano esauriti e/o altre
conformazioni geologiche che mostrano buone proprietà di isolamento e tenuta (in sostanza, la
strategia a cui si mira è quella del CCS, carbon capture storage, senza precludersi in futuro scenari
CCUS, carbon capture utilisation storage).

Su cementificio Vernasca

“L’obiettivo
– conclude Alberto Sogni – era e
resta quello di testare su scala industriale quanto si è già realizzato in
laboratorio ed è confermato dalla letteratura di settore. Da questo punto di
vista CLEANKER è il primo progetto pilota al mondo di “calcium looping”
realizzato in un cementificio su scala industriale”, una sfida che – si confida
da LEAP – in Buzzi Unicem ha trovato
grandissimo entusiasmo, insieme ad un team di professionisti di altissimo
livello determinati al buon successo dell’iniziativa”.

Università di Tallin (modellistica e storage), Politecnico di Milano (modellistica e processo),
Università di Stoccarda (reattori), oltre a diverse industrie italiane ed europee (in Italia oltre a
Buzzi Unicem, riferimento per il progetto pilota, vi è Italcementi, detentrice di un brevetto in
materia sviluppato da anni proprio con il Politecnico di Milano) sono solo alcuni dei partner
dell’iniziativa. Un team di ricerca complessivamente di oltre 40 persone (tra ricercatori LEAP,
coordinati dalla project manager Martina Fantini, e competenze messe a disposizione dai singoli
partner) per un progetto che dovrebbe vedere la fase di realizzazione e test tra il 2019 e il 2020. A
seguire, una serie di campagne sperimentali e analisi, anche in termini di life cycle assessment
(LCA), in collaborazione con un’azienda (PMI) svizzera. Tra i partner, l’associazione “Amici della
Terra”, segno delle grandi aspettative generate dal progetto anche tra gli ambientalisti.

L’intervista a Stefano Consonni di LEAP (Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza) da Onlus Amici
della Terra
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