Strangola i suoi due figli e poi si uccide
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Strangola i suoi due figli e poi si uccide Si è suicidato Mario Bressi, 45 anni, il padre dei due gemelli di 12, un maschio e una femmina, uccisi in un condominio di Margno, quasi 400 abitanti in Valsassina. Secondo le prime informazioni, sarebbero stati strangolati. Il suo cadavere è stato trovato poco distante. La famiglia sarebbe originaria
del Milanese, con una casa di villeggiatura a Margno. Il padre avrebbe ucciso i due figli per poi uccidersi, gettandosi dall’altissimo ponte della Vittoria a Maggio di Cremeno (Lecco), luogo poco lontano da dove si è consumato il duplice omicidio. Un viadotto, tra l’altro, tristemente noto in quanto negli anni teatro di innumerevoli suicidi. A trovare i corpi dei figli è stata la madre, giunta dal Milanese disperata dopo aver ricevuto un SMS dal marito per informarla che non avrebbe più rivisto i figli. Il particolare emerge da una prima ricostruzione degli inquirenti che indagano sulla tragedia. ‘Coi miei ragazzi sempre insieme’ è il testo a corredo delle ultime foto postate sui social dal quarantacinquenne. L’uomo, che non postava nulla dal primo dell’anno, ha pubblicato le immagini intorno alle 3 di notte, foto sue e dei bambini sorridenti in montagna. “Stanotte ho sentito dei rumori sordi, non capivo. Poi questa mattina presto ho sentito delle urla e sono uscito: ho fatto la rampa di scale e ho visto la madre dei ragazzini disperata. Urlava ‘non si svegliano, non si svegliano’. Anche gli uomini della Croce rossa piangevano”. E’ la testimonianza di un vicino di casa di Bressi. “Conosco bene la famiglia, sono villeggianti da tanto tempo qui a Margno, come noi – aggiunge sconvolto il vicino di casa -. Conosco il nonno, insomma ci conosciamo tutti. I ragazzini ieri sera giocavano felici nel cortile. E’ tremendo, non posso crederci…”. Il dramma familiare si è consumato al primo piano di un condominio nei pressi della partenza della funivia che porta al Pian delle Bedulle. “Non li conoscevamo, ma siamo frastornati per quanto accaduto”, dicono alcuni villeggianti. I carabinieri, che indagano coordinati dal pm
Andrea Figoni e dal procuratore Antonio Chiappani, hanno ascoltato per circa tre ore, nella caserma di Casargo, la madre dei due dodicenni. Percepisce il reddito di cittadinanza mentre è agli arresti domiciliari CAPRAROLA (VT) – I carabinieri della stazione di Caprarola, insieme al personale del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Viterbo, al termine di una specifica attività investigativa, hanno individuato un 37enne del luogo che percepiva illegalmente il reddito di cittadinanza, senza
averne titolo, avendo omesso, nella dichiarazione all’INPS, di essere al momento sottoposto al regime degli arresti domiciliari e quindi di essere impossibilitato ad adempiere, poiché privato della libertà personale, a tutte le incombenze previste per l’elargizione del suddetto reddito. I militari, incrociando i dati ed effettuando gli accertamenti in questione, hanno scoperto che l’uomo aveva già tentato in due occasioni di ottenere l’assegno mensile me gli era stato rifiutato per poi riuscirci nello scorso mese di maggio omettendo di riferire circa la misura cautelare alla quale era sottoposto. Il 37nne è stato quindi denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo. Detenuto querela due poliziotti penitenziari:
manette troppo strette. Olanda (SIPPE): “Vicenda incredibile” Atto di citazione a giudizio per due agenti della Polizia Penitenziaria querelati da un detenuto. L’accusa è quella di aver stretto troppo le manette al recluso durante un viaggio di trasferimento da Paliano a Roma e ritorno procurandogli, secondo l’accusa, delle lesioni guaribili in due giorni. I fatti risalgono a febbraio del 2019 e i due agenti ora si dovranno presentare il prossimo 2 dicembre davanti al Giudice di Pace di Ferentino per rispondere dei reati di lesioni personali colpose e di cooperazione nel delitto colposo. “Questa vicenda è davvero incredibile. – Ha detto Carmine Olanda, Segretario Generale del SIPPE – Sindacato Polizia Penitenziaria – Finire alle sbarre per delle manette presumibilmente strette e con una prognosi di due giorni è un fatto senza precedenti che non riusciamo a digerire. La polizia penitenziaria – ha proseguito Olanda – non può lavorare in queste condizioni, preoccupandosi giornalmente di accuse infamanti di soggetti evidentemente senza scrupoli che utilizzerebbero lo Stato per colpire lo Stato stesso. Siamo stanchi di essere accusati di torture, lesioni nei confronti dei detenuti. La polizia penitenziaria tutti i giorni salva vite umane, garantisce sicurezza sociale e non intende lavorare per pagare gli avvocati per difendersi da accuse che spesso si rivelerebbero fantasiose. Se un detenuto – conclude Olanda – denuncia per presunte manette strette, non posso immaginare quali sarebbero le accuse se lo Stato autorizzasse la Polizia Penitenziaria ad usare il Taser in carcere. Ecco perché chiediamo norme che tutelino il lavoro della Polizia Penitenziaria, prevedendo un reato specifico, con pene severe,
per detenuti che aggrediscono gli agenti della Polizia Penitenziaria”.
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