STORIA DELLA CRITICA D'ARTE - Età tardo antica, antica e medievale 2 LEZIONE Anno Accademico 2019/2020 - UNITRE Torino
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STORIA DELLA CRITICA D'ARTE DOCENTE GIAN PIERO NUCCIO 2^ LEZIONE Età tardo antica, antica e medievale Anno Accademico 2019/2020
Le opere antiche che trattano d’arte sono quasi completamente scomparse. E' una grave perdita poiché nel mondo Greco la riflessione su questo tema iniziò molto presto e con il tempo essa si sviluppò in quantità e in qualità. Dopo i Greci, anche i Romani apportarono un loro importante contributo a questo argomento. Di tutta questa vasta produzione nulla ci è arrivato degli scritti greci, mentre ci sono pervenute solamente tre opere dell’età romana: il trattato Sull’architettura, scritto da Vitruvio, l’opera enciclopedica di Plinio il Vecchio dal titolo Storia naturale, che nei singoli capitoli include passi più o meno lunghi su diverse tecniche artistiche, ed infine la Periegesi della Grecia di Pausania, volume dedicato ai viaggiatori romani di cultura più elevata scritto in lingua greca. Le opere artistiche greche ci sono note soprattutto attraverso copie romane, siano esse statue o, più raramente, dipinti.
Questo rende ancora più importanti gli scritti degli autori antichi, che nella maggior parte dei casi videro personalmente gli originali. I testi di Vitruvio, Plinio e Pausania sono di valore eccezionale non soltanto in quanto unici testi della ricca letteratura storico-artistica conservati in toto, ma anche poiché ci forniscono una moltitudine di informazioni che ci restituiscono un’immagine più completa e verosimile delle arti antiche. I primi trattati storico-artistici furono redatti nel VI e V secolo a.C. ad opera dagli artisti stessi. Nell’età classica (460-400 a.C.) osserviamo una sempre maggiore ricerca di equilibrio e di armonia, che si riflette nello sviluppo di specifici canoni proporzionali. Il culmine di questo sviluppo si situa durante il governo ateniese di Pericle (Atene 495 ca. - 429 a.C.), durante il quale operarono i grandi scultori Policleto e Fidia.
La bellezza come dono divino : kalokagathia Letteralmente bello e buono sono i caratteri della bellezza secondo la concezione greco arcaica. Bellezza forza onore e coraggio sono i tratti fondamentali dell'eroe donati dalla divinità In questa ricerca dei perfetti rapporti proporzionali, molto importante è la figura dello scultore Policleto di Argo (nato nel 480 a.C. ca. ed attivo fra il 450 e il 420 a.C.), che nella sua opera conosciuta come Canone espone il principio compositivo del chiasma (o del bilanciamento a X) ed individua il canone proporzionale perfetto del corpo umano: gli arti del corpo devono essere inversamente correlati: se il braccio destro è a riposo, così deve essere anche la gamba sinistra e viceversa. Questo principio compositivo si allaccia al principio della ponderazione, secondo il quale le membra devono trovarsi in un naturale equilibrio dei pesi che renda armonico l’insieme del corpo. Per raggiungere l’equilibrio perfetto, inoltre, Policleto afferma che il canone di riferimento per la proporzione ottimale risieda nella testa, che dovrebbe essere pari ad 1/8 dell’altezza totale del corpo.
Tutti questi principi vengono applicati dallo scultore nella creazione della sua opera più conosciuta: il Doriforo.
In questo capolavoro dell’arte classica, infatti, possiamo riconoscere sia le proporzioni illustrate da Policleto (la testa misura esattamente 1/8 dell’altezza globale) che il principio del chiasma (la gamba destra ed il braccio sinistro sono in tensione, mentre gli altri due arti risultano rilassati). Altra importante figura del periodo classico è quella dello scultore ateniese Fidia, che sovrintese ai lavori dell’Acropoli ed in particolare del Partenone. Il pensiero di Fidia secondo il quale l’arte doveva riprodurre l’ideale eterno di bellezza salta sicuramente all’occhio quando si ammirano le sue opere, delle quali purtroppo ci sono pervenute solamente delle copie. Fidia giunge ad essere uno dei più grandi scultori classici, abbandonando la rigidità iniziale in favore di una maggiore espressività.
Platone per primo formula il principio dell’arte come imitazione della natura. Dandole, quindi, un significato sostanzialmente negativo. Rifacendosi alla dottrina delle idee afferma che un bel fiore, ad esempio, costituisce la copia o l’imitazione delle idee universali di fiore e di bellezza. Essendo il fiore visibile inferiore di un grado rispetto alla realtà delle idee, il quadro che rappresenta il fiore è allora inferiore di due gradi rispetto alla realtà delle idee. ’opera è dunque una imitazione dell’imitazione. La creazione artistica vede negato perciò ogni valore nel sistema filosofico di Platone Insieme a Platone l’altro grande filosofo greco Aristotele formula i primi principi dell’arte. E detta i canoni per la nascita di una nuova figura di artista. La posizione filosofica di Platone implicava che l’artista non fosse il detentore della conoscenza. Quindi, che egli non avesse piena coscienza di ciò che stava producendo. Aristotele nei suoi scritti individua nell’artista la figura di colui che aveva la responsabilità della creazione artistica. Svincolata dalla semplice imitazione delle idee, la fa risultare protagonista cosciente della rappresentazione stessa. Un concetto molto interessante è l'importanza che Aristotele dà al disegno come esercizio base per acquisire il senso della bellezza del corpo umano perchè l'arte non imita ma crea la bellezza dell'oggetto
Cosa è la critica d’arte nell’antica Grecia, quindi? La critica d’arte, intesa nell’accezione moderna di specifico genere letterario, non esisteva nell’antichità classica. Anche perché l’attività artistica, in quanto lavoro manuale, veniva di fatto assimilata a quella artigianale, umile, anonima, poco degna di considerazione. Lo stesso termine greco téchne e l’equivalente latino ars indicavano la capacità manuale di produrre gli oggetti più che la creatività ispiratrice. La letteratura storico-artistica, quella che almeno in parte combacia con il concetto moderno di storia dell’arte, ebbe suo inizio nel primo ellenismo. Tra i nomi che ci sono noti e che Plinio menziona spicca Senocrate di Sicione. Lo scultore Senocrate nel III secolo narra l’evoluzione dell’arte attraverso le storie degli autori e oltre a diventare uno dei primi storici dell’arte individua anche quattro categorie più precise di giudizio: la simmetria della composizione, il ritmo, l’accuratezza dell’esecuzione e l’effetto visivo complessivo.
Sulla base di quanto riporta Plinio, Senocrate fu autore di due trattati intitolati De toreutice e De pictura. Senocrate tentò di fornire ai pittori e agli scultori del suo tempo delle linee guida su come realizzare delle opere di valore citando, non senza criticare, opere esistenti come mezzo di paragone. Queste descrizioni rientrano in quella che i greci definivano ECFRASI ossia l'azione descrittiva di opere d'arte pittoriche o scultoree. Numerosi studiosi, che in epoca moderna approfondirono la questione delle fonti greche e latine di Plinio, concordano nel ritenere che sia proprio Senocrate, fra tutti gli altri autori menzionati, la sua fonte principale per la storia dell’arte antica. Egli infatti fu il primo ad applicare l’idea del progresso evoluzionistico alla storia delle arti visive. Va sottolineato che fu proprio in quel periodo, grazie alla scuola di Sicione, che la pittura trovò finalmente il suo posto tra le arti liberali.
Fu in seguito a questo fatto che la pittura, in particolare quella su tavola, divenne un’arte basilare nell’educazione dei liberi cittadini e ad essa venne riconosciuto un valore pari a quello della poesia. Senocrate, nei suoi scritti, concepì la storia dell’arte come una successione di innovazioni costituenti un processo evolutivo continuo. In questo quadro interpretativo egli assegnò ai grandi maestri del passato il ruolo fondamentale di scopritori (protoi heuretai). L’arte seguì quindi uno sviluppo costante fino ad approdare al naturalismo ed alla perfezione che, secondo il parere di Senocrate, si manifestò tra gli scultori nella persona di Lisippo e tra i pittori in quella di Apelle.
Lisippo - L'atleta di Fano IV sec. a.C.
Lisippo - Testa di Socrate
Lisippo - Ercole - (con particolare del retro)
Lisippo andò oltre il Canone di Policleto, Plinio il Vecchio così si espresse su di lui: “non riproduceva gli uomini come erano, ma come a lui apparivano” libertà quindi dell'arte rispetto alla realtà. Purtroppo di Apelle non ci è giunta nessuna opera
Nel 1496 Botticelli realizza “La Calunnia” citazione della calunnia di Apelle , un’opera che l' antico artista aveva realizzato per rispondere all’infame calunnia di aver cospirato contro Tolomeo, mossa da un suo avversario. Quest’opera fa parte dell’ultima fase della produzione di Botticelli (gli anni ottanta del Quattrocento), caratterizzata soprattutto da una crisi interiore che lo portò a trasformare radicalmente lo stile che aveva adottato per i suoi capolavori più celebri, concentrandosi su forte plasticismo delle figure, un chiaroscuro più deciso e forte teatralità nei movimenti dei protagonisti delle sue opere. Botticelli si ispira all' Ekphrasis di Luciano di Samosata nella quale il sofista greco descrive il quadro di Apelle (IV secolo a.C.), ispirato alla sua vicenda autobiografica e avente come tema la denuncia delle false accuse.
Tiepolo – Apelle ritrae Campaspe (Campaspe era la favorita di Alessandro Magno, che per farle un ritratto si rivolse ad Apelle, considerato il maggiore pittore vivente)
L'ammirazione per Lisippo e Apelle si attenua con il crescente fiorire di Pergamo (città dell'Asia Minore oggi turca, che ebbe un grande sviluppo come regno autonomo verso il 250 a.C. in concorrenza ad Atene). In età romana Cicerone e Quintiliano proporranno le loro idee critiche sulle arti ma, dai loro trattati, si evidenzia come l'arte romana fosse avvertita come decadente se paragonata a quella greca poiché i canoni di perfezione sono ancora considerati quelli dettati dagli artisti greci del V e IV sec. Ma si comincia ad apprezzare ciò che si percepisce oltre ciò che è dipinto. Gli stoici e gli epicurei esaltano il carattere passionale dell'arte che va oltre alla mimesi aristotelica e si riscopre l'arte anteriore al IV secolo e ciò libera dalla illusione della perfezione di Lisippo e Apelle.
Antinomie della critica d'arte Bello e Brutto: il valore artistico di un'opera non consiste solo nel suo contenuto (Aristotele diceva che le figure degli animali più spregevoli o dei cadaveri potevano essere accettati dallo sguardo) Razionalità e Bellezza Finito e Non Finito Forma e Colore Platone asseriva che i colori sono belli in se' ma sono subordinati alla forma, così anche per Aristotele che diceva che un indiano dipinto di bianco appare sempre nero) Colore e Disegno: per Plinio e Vitruvio il colore era la decadenza dell'arte
MEDIOEVO Nel medioevo Dio oscura tutte le attività terrene compresa l’attenzione (critica) all’Arte. Non veniva riconosciuto un valore nobile all'attività artistica, subordinata come tutte le altre discipline alla teologia. Eppure sorge l’arte bizantina, romanica, gotica. Il nuovo valore spirituale è Dioe l'uomo è creatura di Dio. Ma l’artista, perduto ogni freno dell’arte, è più libero.
Ravenna – Galla Placidia
Ravenna - Chiesa di San Vitale - Mosaico VI secolo
Ravenna - Chiesa di San Vitale - Mosaico di Teodora - VI secolo
Istanbul - Basilica di Santa Sofia - VI secolo
Tra i pensatori che si interessarono di arte troviamo Plotino (203-270 d.C.) che supera il concetto di Imitazione con Emanazione cioè trascendere la natura con la contemplazione: l'artista quindi trasforma la materia in una forma razionale (il corpo è bello perché partecipa di Dio). Meglio del corpo è la bellezza spirituale Agostino (354-430 d.C.) attraverso l’immaginazione si giunge a Dio, ma anche alla dannazione: accetta solo l’espressione artistica che favorisce l’elevazione spirituale a Dio. All’arte Agostino concede una certa dignità solo se questa è finalizzata a lodare il Signore. Non ama pittura e scultura, ma musica e architettura (la più astratta dal naturale cattedrali romaniche e gotiche devono favorire, con la loro bellezza, la preghiera,
Tommaso (1225-1274) esalta il valore dei sensi e le forme ricevute dai sensi si depositano nell’immaginazione. Teoria dell’ornato: guardare solo allo stile in sé, distinto dal contenuto simbolico. Trattato dell’ottica di Witelo (matematico e fisico del XIII secolo originario della Slesia) scriveva che "L'occhio non può comprendere la forma vera delle cose con il semplice sguardo (aspectus), ma sì con l'intuizione diligente (obtudus)". Mentre l'aspectus, semplice visione esteriore, è sufficiente per la pittura e gran parte della scultura, l'obtudus, inteso come sguardo penetrante, raziocinante, è necessario ad esempio per comprendere un'opera architettonica. I ricettari Teofilo (XII secolo) emblema dell’arte romana. Niente disegno se si tratta di Dio solo luci e colori. I liniamenta sono solo per la rappresentazione formale (natura, drappi)
I primi veri giudizi estetici medievali riguardanti opere d’arte contemporanea giunti fino a noi si riferiscono a Giotto e vengono espressi da scrittori come Dante, Boccaccio e Petrarca. Dante definisce la fantasia come un'attività sensibile e umana sottolineando l'insoddisfazione dell’ornato. Se si ammira l’oro dei dipinti non si medita su Dio ed è quindi necessaria una nuova era di rigore artistico. Petrarca, Boccaccio cercano un ponte tra l’arte figurativa e la tradizione letteraria erudita. Petrarca ammira Simone Martini e lo paragona a Virgilio. Filippo Villani ((Firenze, 1325 – 1407, scrittore e storico italiano) nel 1381 ammira Cimabue, Giotto (di cui non si possono elencare qualità particolari, tanto è perfetto) e li accosta a Dante in letteratura. L’ideale umanistico si afferma opponendosi all’umiltà religiosa.
Simone Martini – Annunciazione (1312-1315) Palazzo Pubblico di Siena
Simone Martini - Annunciazione - 1333 Galleria degli Uffizi
Simone Martini - Annunciazione - particolare
Simone Martini – Guidoriccio da Fogliano – 1328 affresco – Palazzo pubblico di Siena
Simone Martini – Guidoriccio da Fogliano – 1328 affresco – Palazzo pubblico di Siena
Cimabue - La Maestà - 1295 ca Galleria degli Uffizi
Cimabue - Madonna col Bambino - 1280 Louvre
Attribuita a Cimabue - Madonna col Bambino
GIOTTO (1267 - 1337) Giotto è stato uno dei più grandi innovatori della storia dell’arte, godé di una grandissima considerazione già nella sua epoca e fu il primo a rivoluzionare completamente lo stile pittorico e a reintrodurre la spazialità e la prospettiva. Considerato da alcuni il precursore del Rinascimento, le opere di Giotto non smettono ancora di emozionare. ● L’arte prima di Giotto Prima di Giotto la produzione artistica era influenzata prevalentemente dall‘arte bizantina, con figure ieratiche (cioè statiche, immobili) su uno sfondo dorato, rappresentante il completo distacco dei santi dalla realtà umana. Osservando ad esempio, i mosaici di Ravenna o la basilica di San Vitale, si nota che i mosaici sono completamente privi di profondità: le figure si trovano tutte, esattamente sullo stesso piano. Durante il medioevo infatti il linguaggio artistico era cambiato rispetto all’arte romana e la cosa più importante era trasmettere un messaggio, nel modo più semplice possibile, in modo che tutti fossero in grado di comprendere. Le composizioni vennero semplificate al massimo abbandonando la ritrattistica e introducendo figure con attributi ben specifici.
Con Giotto inizia una vera e propria rivoluzione pittorica. Giotto, pur commettendo degli errori, cercò di rendere le figure vere, tridimensionali, vive. Pose grandissima attenzione ai particolari soprattutto delle espressioni. Studiò minuziosamente i movimenti, come i personaggi sono collocati e presenti nello spazio. ● L’arte e lo stile di Giotto Vissuto tra il 1267 e il 1337, Giotto è l’anello di congiunzione tra l’arte medievale e l’arte rinascimentale: le sue opere infatti sono le prime ad uscire dalle influenze “bizantine” e a diventare prospettiche, proporzionate e vive. I personaggi delle opere di Giotto hanno emozioni, sono sorpresi in posizioni e situazioni diverse, sia nelle scene di quotidianità che in quelle di miracoli e fatti straordinari. Cennino Cennini ebbe a scrivere che “Giotto rimutò l’arte del dipingere […] e ridusse al moderno: ed ebbe l’arte più compiuta ch’avessi mai più nessuno”. “ Credette Cimabue ne la pittura/ tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,/ sì che la fama di colui è scura” [ Dante, “Commedia”, “Purgatorio”, XI].
● Opere di Giotto: l’anatomia L’anatomia nel medioevo non fu studiata in modo molto approfondito. Il rifiuto della fisicità che si vede nell’arte medievale è anche indice di una concezione del corpo diversa da quella che abbiamo oggi. Il mondo medievale e la sua spiritualità sono ben rappresentati da un’arte tesa all‘astrazione e a rimarcare le differenze tra il mondo materiale e quello spirituale. Con Giotto si evidenzia una ricerca diversa, che iniziava proprio in quel periodo. In tutti i libri di storia dell’arte c’è la comparazione tra il crocifisso di Giotto e quello di Cimabue. Questo perché le differenze sono lampanti. Le due opere si trovano entrambe a Firenze. Il crocifisso di Cimabue si trova a Santa Croce e data 1280 circa. L’altro, del suo allievo Giotto si trova a Santa Maria Novella e fu realizzata tra il 1296 e il 1300. Pochi anni di differenza quindi, ma quanto sono diversi l’uno dall’altro!
Si può facilmente osservare come il Cristo sia innaturalmente inarcato nell’opera di Cimabue. In Giotto invece il peso è sulle gambe, la posa è naturale e vera. L’addome, le costole ed i muscoli delle braccia sono innaturalmente definiti nella prima opera, mentre nel crocifisso di Giotto l’anatomia è data da ombreggiature. ● Opere di Giotto: le emozioni Giotto fu un grande osservatore della realtà: i suoi personaggi infatti ci appaiono molto vivi anche perché sono molto espressivi. I gesti, i movimenti in cui sono ritratti, ma anche i loro volti, ci indicano una vivacità molto realistica ed umana. Le figure, da lontane e statiche come le possiamo vedere nelle opere dei suoi predecessori, ritornano ad essere vive. Lo si vede molto bene nel Compianto del Cristo nella cappella degli Scrovegni a Padova.
Giotto - Compianto del Cristo - 1305 Cappella degli Scrovegni - Padova
Gli angeli si disperano, la Maddalena piange, San Giovanni desolato allarga le braccia, la Madonna ha il volto contratto. Le donne sulla nostra sinistra hanno ciascuna una posizione diversa delle mani, un’espressione differente sul viso. Ognuno ha una reazione emotiva diversa rispetto alla tragedia a cui sta assistendo. Tutto il movimento dell’opera di Giotto converge verso il corpo esanime del Cristo, dove il profilo della roccia accompagna lo sguardo. Anche le figure ritratte di schiena ed incappucciate sono un suo tratto tipico, fa apparire la scena come se si stesse svolgendo proprio davanti a noi.
● Opere di Giotto: la dinamicità Se guardiamo l’ascensione di Cristo sempre nella Cappella degli Scrovegni a Padova possiamo notare la grande dinamicità della scena. L'intensità dei loro sguardi li rende "uno" in Dio. Cristo tende verso il cielo, sembra che le nuvole lo stiano trasportando. La composizione invece appare suddivisa in due parti: la parte terrena in cui tutti sono immobili nella preghiera, e la parte celeste, dove Cristo, attorniato dagli angeli, ascende verso il cielo. Sembra quasi di cogliere il movimento!
Giotto - Ascensione di Gesù - 1305 Cappella degli Scrovegni - Padova
Giotto – Ascensione di Gesù - particolare
Stessa cosa nella scena di Assisi in cui San Francesco rinuncia ai beni terreni Il padre, un ricco mercante, viene trattenuto da un uomo perché sembra stare sul punto di dare uno schiaffo al figlio, di cui non comprende il gesto. La scena ed i sentimenti dei personaggi sono resi benissimo da Giotto: l’incredulità degli astanti, la spiritualità di Francesco e la rabbia di suo padre.
Giotto - La rinuncia ai beni terreni – 1290 Basilica Superiore di Assisi
Giotto - Il bacio di Giuda - 1305 Cappella degli Scrovegni - Padova
● L’architettura in Giotto In Giotto l’architettura non è ancora resa in modo perfetto perché lo studio della prospettiva non era ancora stato approfondito. Per questa ragione le strutture delle opere di Giotto risultano essere spesso fantasiose. Tuttavia l’osservazione della realtà ed i tentativi di resa prospettica sono evidenti. Osserviamo, per esempio gli scalini del trono del Papa, o le travi del soffitto in questa scena in cui il Papa approva la regola francescana, dipinta nella basilica superiore di Assisi. La profondità dell’opera di Giotto, seppur non perfetta, è molto evidente!
Giotto – Il Papa approva la regola di S:Francesco – 1295 ca Basilica superiore di Assisi
Non dimentichiamo che Giotto fu anche architetto, è infatti a lui che si deve l’incredibile campanile di Santa Maria del Fiore a Firenze. Si vede la mano del maestro nella policromia dei marmi che sono bianchi, rossi e verdi. Inoltre alla base del campanile vi è un importante ciclo figurativo, con bassorilievi rappresentanti diverse arti e mestieri. Se non possiamo attribuire queste, ed altre sculture, a Giotto, possiamo però vedere il suo genio dietro al progetto complessivo di questo splendido campanile.
Alcune informazioni Campaspe era la favorita di Alessandro Magno, che per farle fare un ritratto si rivolse ad Apelle, considerato il maggiore pittore vivente. Fidia 490 a.C. circa – 430 a.C. circa) è stato uno scultore e architetto ateniese, attivo dal 470 a.C. circa. Fu l'artista che meglio riuscì ad interpretare gli ideali dell'Atene periclea, i quali raggiunsero e informarono di sé il mondo greco di epoca classica anche grazie e sulla scorta delle forme fidiache: il cantiere del Partenone, per il quale Fidia lavorò come sovrintendente, fu un grande laboratorio nel quale si formò la scuola degli scultori ateniesi attivi nella seconda metà del V secolo a.C. Policleto (V secolo a.C.) è stato uno scultore, bronzista e teorico greco antico, attivo tra il 460 e il 420 a.C. circa. Fu una delle massime figure della scultura greca del periodo classico, dalla quale dipende gran parte della scultura greca del secolo successivo. Nel Doriforo ( portatore di lancia)Policleto ha portato alle ultime conseguenze la secolare tradizione scultorea che lo aveva preceduto, portando a soluzione in particolar modo i problemi impostati nell'Efebo di Crizio e dagli scultori protoclassici, trasformandoli in una dottrina di valenza universale. Di questo lavoro di selezione e approfondimento di problematiche relative al movimento, al volume e all'equilibrio, Policleto ha voluto lasciare testimonianza scritta,attraverso un commento chiamato Canone, di cui ci sono giunti due frammenti. Simone Martini, (Siena, 1284 circa – Avignone, 1344), è stato un pittore e miniatore italiano, considerato indiscutibilmente uno dei maestri della scuola senese e sicuramente uno dei maggiori e più influenti artisti del Trecento italiano, l'unico in grado di contendere lo scettro a Giotto. La sua formazione avvenne, probabilmente, nella bottega di Duccio di Buoninsegna
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