Segnalazioni di Giurisprudenza del Lavoro - n 2 Marzo - Aprile 2020 - AGENS
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Segnalazioni di Giurisprudenza del Lavoro n° 2° Marzo – Aprile 2020 Cassazione 27 febbraio 2020 n. 5406 – Inefficacia del provvedimento di licenziamento – Richiesta di tutela reale e insussistenza dei limiti dimensionali Con riguardo all’inefficacia del licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed al rapporto intercorrente tra tutela reale ed obbligatoria, la Corte Suprema ha ribadito il principio di diritto secondo cui “se il dipendente illegittimamente licenziato abbia chiesto l’applicazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970, e quindi anche il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento, il giudice, che abbia accertato l’insussistenza dei limiti dimensionali per l’applicazione dell’art. 18, deve accordare, ricorrendo i relativi presupposti, la tutela obbligatoria in quanto omogenea e di ampiezza minore rispetto a quella prevista dall’art. 18 (Cassazione 11 settembre 2003, n. 13375; Cassazione 13 giugno 2016, n. 12094)”. Cassazione 4 marzo 2020 n. 6095 – Falsificazione degli orari di trasferta e licenziamento per giusta causa La Cassazione, nel ritenere legittimo il licenziamento per giusta causa comminato ad una lavoratrice per aver ripetutamente indicato orari di inizio e fine trasferta diversi da quelli effettivi in modo da fruire del corrispondente e più favorevole trattamento economico, ha affermato che tali dichiarazioni menzognere possono costituire raggiro ed integrare l'elemento materiale del delitto di truffa (ex articolo 640 c.p.) quando sono presentate in modo tale da indurre in errore il soggetto passivo, ed ha ritenuto, nel caso di specie, che i suddetti fatti fossero “gravi e sufficienti a giustificare il licenziamento per giusta causa per la loro portata offensivamente ingannevole sotto il profilo oggettivo e soggettivo”. Cassazione 5 marzo 2020 n. 6289 – Procedura di mobilità e demansionamento per i lavoratori disaccati In tema di licenziamenti collettivi, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima l’assegnazione di mansioni inferiori ai lavoratori distaccati, in deroga all’art. 2103 c.c., in quanto, nel caso di specie, il demansionamento era stato legittimamente regolato da accordi sindacali stipulati nell’ambito della procedura di mobilità e previsto al solo fine di evitare la risoluzione del rapporto di lavoro. Resta comunque ferma la possibilità per i lavoratori di rifiutare la dequalificazione, assumendosi il rischio del licenziamento. AGENS Viale Pasteur n. 10 – 00144 Roma Tel. 06.5903974 – Fax 06.5903825 – e-mail: agens@agens.it – sito web www.agens.it
pag. 2 Segnalazioni di Giurisprudenza del Lavoro – n° 2/2020 Cassazione 6 marzo 2020 n. 6449 – Contratto di appalto di servizi – Responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore Nel caso di specie, la Cassazione, dopo aver ricondotto il rapporto intercorrente tra il committente e l’azienda di trasporto commissionata nell’alveo di un contratto di appalto di servizi, escludendo l’ipotesi di una sequenza di singoli contratti di sub trasporto in considerazione di elementi di fatto rivelatori del carattere unitario e continuativo delle prestazioni, finalizzate al raggiungimento di un risultato complessivo e rientranti nell’ambito di una pianificata strategia di "outsourcing", ha ravvisato la conseguente applicazione del regime legale della solidarietà tra i due soggetti per crediti di natura previdenziale, ribadendo che “al fine di contrastare l’evasione dei contributi previdenziali, l’art. 35, comma 28, del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni in legge. n. 248 del 2006, ha introdotto la responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore per le ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e i contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore”. Cassazione 9 marzo 2020 n. 6633 – Nullità del patto di prova per le stesse mansioni in successivi contratti di lavoro stipulati tra le medesime parti La Suprema Corte ha ritenuto illegittimo il patto di prova inserito in un successivo contratto a tempo indeterminato stipulato tra le medesime parti, stante la sostanziale identità delle mansioni svolte dalla lavoratrice nell'ambito di precedenti rapporti di lavoro a termine, non essendo ravvisabile, a parere dei giudici, “la necessità di verificare le qualità professionali della lavoratrice, e la sua personalità complessiva”, già accertate precedentemente con esito positivo e non avendo, altresì, rilievo la diversa collocazione geografica dello svolgimento della prestazione lavorativa. Sul punto, la Corte ha, pertanto, ribadito che “la causa del patto di prova va individuata nella tutela dell'interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento attraverso il quale, sia il datore di lavoro, sia il lavoratore, possono saggiare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest'ultimo, a sua volta, verificando l'entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (Cass. n. 12379 del 7 dicembre 1998, n. 3541 del 22 marzo 2000 e n. 15960 29 luglio 2005)”. Ed ancora, ha precisato che “il patto di prova in due contratti di lavoro successivamente stipulati tra le stesse parti è ammissibile, qualora risponda alle finalità dinanzi richiamate, potendo nel tempo intervenire molteplici fattori, attinenti non soltanto alle capacità professionali, ma anche alle abitudini di vita o a problemi di salute (Cass., n. 1741 del 18 febbraio 1995; n. 5016 del 1° marzo 2004. V. anche Cass. n. 12379 del 7 dicembre 1998) e nello stesso senso (Cass. n. 5016 dell'11 marzo 2004), secondo cui il patto di prova deve ritenersi AGENS Viale Pasteur n. 10 – 00144 Roma Tel. 06.5903974 – Fax 06.5903825 – e-mail: agens@agens.it – sito web www.agens.it
pag. 3 Segnalazioni di Giurisprudenza del Lavoro – n° 2/2020 illegittimamente apposto quando non sia funzionale alla sperimentazione per essere questa già intervenuta con esito positivo, fatto che può essere provato anche per presunzioni, essendo desumibile dalla sussistenza di un precedente rapporto di lavoro tra le parti”. Cassazione 10 marzo 2020 n. 6750 – Licenziamento illegittimo – Danno biologico per il lavoratore reintegrato ma demansionato La Corte di Cassazione ha ribadito che il lavoratore reintegrato a seguito del provvedimento giudiziale con il quale è stata accertata l’illegittimità del licenziamento, laddove adibito a mansioni inferiori o lasciato pressoché inattivo ha diritto al risarcimento del danno biologico eventualmente subito, a fronte della ”indicazione delle patologie contratte dal dipendente e dal nesso di causalità tra esse e il demansionamento, nonché della produzione della documentazione medica attestante la malattia e la sua dipendenza dal dedotto demansionamento, chiarendo come il mero indennizzo previdenziale non possa essere considerato esaustivo del diritto alla tutela integrale della salute, di matrice costituzionale, dovendosi ammettere risarcibilità integrale del danno biologico (Cassazione n. 20807 del 14 ottobre 2016; n. 9166 del 10 aprile 2017; n. 27669 del 2017 e n. 25618 del 2018)”. Cassazione 23 marzo 2020 n. 7483 – Quantificazione del risarcimento del danno professionale per demansionamento Con la pronuncia in esame la Cassazione, nel precisare che la quantificazione del danno va parametrata sulla base della durata e dell’entità del demansionamento e in relazione alla natura delle mansioni svolte, ha ribadito che “E' ben vero che il danno derivante da demansionamento e dequalificazione professionale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, ma esso può essere provato dal lavoratore, ai sensi dell'articolo 2729 c.c., attraverso l'allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, potendo a tal fine essere valutati la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione (Cass. 03/01/2019 n. 21)”. AGENS Viale Pasteur n. 10 – 00144 Roma Tel. 06.5903974 – Fax 06.5903825 – e-mail: agens@agens.it – sito web www.agens.it
pag. 4 Segnalazioni di Giurisprudenza del Lavoro – n° 2/2020 Cassazione 27 marzo 2020 n. 7566 – Superamento del periodo di comporto e licenziamento per giusta causa La Corte Suprema, nel ritenere legittimo il licenziamento per giusta causa comminato ad una lavoratrice collocatasi autonomamente in ferie per evitare il superamento del periodo di comporto, ha ribadito che “il lavoratore assente per malattia non ha incondizionata facoltà di sostituire alla malattia la fruizione delle ferie, maturate e non godute, quale titolo della sua assenza, allo scopo di interrompere il decorso del periodo di comporto, ma il datore di lavoro, di fronte ad una richiesta del lavoratore di conversione dell'assenza per malattie in ferie, e nell'esercitare il potere, conferitogli dalla legge (articolo 2109 c.c., comma 2), di stabilire la collocazione temporale delle ferie nell'ambito annuale armonizzando le esigenze dell'impresa con gli interessi del lavoratore, è tenuto ad una considerazione e ad una valutazione adeguate alla posizione del lavoratore in quanto esposto, appunto, alla perdita del posto di lavoro con la scadenza del comporto; tuttavia, un tale obbligo del datore di lavoro non è ragionevolmente configurabile allorquando il lavoratore abbia la possibilità di fruire e beneficiare di regolamentazioni legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del periodo di comporto ed in particolare quando le parti sociali abbiano convenuto e previsto, a tal fine, il collocamento in aspettativa, pur non retribuita (Cass. n. 5521/2003; conforme, fra altre, Cass. n. 21385/2004)”. Cassazione 6 aprile 2020 n. 7696 – Indennità sostitutiva delle ferie non godute e onere probatorio Con riguardo all’indennità sostitutiva delle ferie non godute, la Cassazione ha ribadito che “il lavoratore che agisce in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta, risultando irrilevante la circostanza che il datore di lavoro abbia maggior facilità nel provare l'avvenuta fruizione delle ferie da parte del lavoratore. Infatti l'indennità sostitutiva si configura come emolumento di natura retributiva, essendo posta in relazione a lavoro prestato con violazione di norme a tutela del lavoratore e per il quale il lavoratore ha in ogni caso diritto alla retribuzione e, secondo i criteri generali, l'onere probatorio si ripartisce esclusivamente facendo riferimento alla posizione processuale, restando rispettivamente a carico di chi vuol far valere un diritto ovvero di chi ne contesti l'esistenza, la estinzione o la modifica (Cass. lav. n. 12311 del 21/08/2003; Cass. lav. n. 22751 del 03/12/2004)”. Ed ancora, “Il lavoratore che agisce in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità AGENS Viale Pasteur n. 10 – 00144 Roma Tel. 06.5903974 – Fax 06.5903825 – e-mail: agens@agens.it – sito web www.agens.it
pag. 5 Segnalazioni di Giurisprudenza del Lavoro – n° 2/2020 sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta, mentre incombe al datore di lavoro l'onere di fornire la prova del relativo pagamento (Cass. lav. n. 26985 del 22/12/2009; n. 8521 del 27/04/2015; Cass. lav. n. 9599 del 29/01 - 19/04/2013; Cass. n. 26985/2009; Cass. 22751/2004; Cass. 12311/2003)”. Cassazione 6 aprile 2020 n. 7703 – Contestazione dei rimborsi spese per trasferta e licenziamento per giusta causa La Cassazione, nel ritenere legittimo il licenziamento disciplinare comminato al lavoratore reo di aver presentato richieste fortemente anomale di rimborso spese per trasferta, ha ribadito che il datore di lavoro può legittimamente esercitare l’azione disciplinare e contestare dette cedole anche a distanza di un anno, nel rispetto del principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare. Cassazione 21 aprile 2020 n. 7976 – Ferie non godute liquidate agli eredi In tema di ferie non godute, la Suprema Corte, nel ribadire come “dal mancato godimento delle ferie, una volta divenuto impossibile per l’imprenditore adempiere all’obbligazione di consentire la loro fruizione, anche senza sua colpa, deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica”, ha comunque precisato che, “Al fine di escludere il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva per le ferie non godute è necessario che il datore di lavoro dimostri di aver offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito, venendo ad incorrere, così, nella (Cass. n. 2496 del 2018)”. AGENS Viale Pasteur n. 10 – 00144 Roma Tel. 06.5903974 – Fax 06.5903825 – e-mail: agens@agens.it – sito web www.agens.it
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