Sacerdoti Ha fatto di noi un Regno, Giovedì Santo 2011 Omelia della Messa del Crisma

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Sacerdoti Ha fatto di noi un Regno, Giovedì Santo 2011 Omelia della Messa del Crisma
Ha fatto di noi un Regno,
                                        Sacerdoti
                                               per il suo
                                  Dio e Padre

                                       Giovedì Santo 2011
Domenico U. D’Ambrosio
       Arcivescovo           Omelia della Messa del Crisma
Sacerdoti Ha fatto di noi un Regno, Giovedì Santo 2011 Omelia della Messa del Crisma
Popolo sacerdotale
   I    l Signore sovrabbondi di ogni grazia e benedizione spiri-
tuale su tutti voi che siete l’assemblea santa convocata e radunata
in questa Chiesa Cattedrale. Più che mai in quest’ora sentiamo di
essere tutta la Chiesa che vive in Lecce e celebra il memoriale della
Pasqua di Cristo Signore: fedeli laici, consacrati, diaconi, presbite-
ri, vescovo. Un’unica famiglia per un unico altare nella Ecclesia
maior et mater: la Cattedrale.
   La nostra celebrazione, unica nel suo svolgersi, ha nel rito della
benedizione degli oli un momento di grande ricchezza simbolica e
sacramentale.
   L’olio degli infermi perché quanti tra essi lo riceveranno otten-
gano conforto e siano liberati da ogni angoscia e malattia;

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L’olio dei catecumeni perché essi comprendano il vangelo di
Cristo e assumano generosamente gli impegni della vita cristiana;
     Ol crisma perché coloro che da esso sono unti ‘siano consacra-
ti interiormente e resi partecipi della missione di Cristo Redentore’.

    A Gesù Cristo che ha fatto di noi un regno -lo abbiamo ascol-
tato dal libro dell’Apocalisse - sacerdoti per il suo Dio e padre, glo-
ria e potenza. Quello che era un privilegio del popolo eletto, lo leg-
giamo nel libro dell’Esodo:”Voi sarete per me un regno di sacerdoti
e una nazione santa”(Es19,6), ora appartiene alla Chiesa, popolo
regale e sacerdotale, avvolto della gloria di Dio e incaricato del suo
culto in mezzo alle nazioni. Nella Chiesa tutti possono adorare e
servire Dio e invitare tutti a entrare nella liturgia definitiva del culto
‘in spirito e verità’. Sant’Ambrogio afferma: “Tutti i figli della chie-

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sa sono sacerdoti”. Nel decreto del Vaticano II Apostolicam actuo-
sitatem leggiamo: i laici “vengono consacrati per formare un sacer-
dozio regale e una nazione santa onde offrire sacrifici spirituali
mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo “ (n.7). .
    Il brano del Profeta Isaia che Gesù fa proprio nella sinagoga di
Nazaret, ci ricorda che l’unzione sottolinea in primo luogo l’inizia-
tiva di Dio che abilita un uomo al servizio della Parola investendo-
lo della missione di annunziare la salvezza. I profeti ‘consacrati’
con l’unzione non sono separati dal popolo. E’ in questa logica che
Cristo Signore è unto dallo Spirito e costituito come il ‘profeta’.
(prima lettura)
    Cristo Gesù è l’unto sacerdote è il mediatore tra Dio e gli uomi-
ni e compirà l’unico perfetto sacrificio che darà valore ed efficacia
a tutti gli altri sacrifici. Diventa il capo di un nuovo popolo sacer-

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dotale che viene santificato dal sangue dell’Agnello immolato
(seconda lettura).
    Ecco perché nella sinagoga di Nazaret, Gesù dichiara aperta-
mente di essere il profeta messianico attribuendo a se stesso l’ora-
colo del Profeta riguardante il messia, proclamando che ‘oggi’, in
lui si realizza la promessa di Dio. Ma la realizzazione della pro-
messa non riguarda solo la persona di Gesù. C’è la sua missione
che attraversa la storia fino alla fine. A noi credenti il compito di
continuare a proclamare il lieto annunzio, la liberazione, la libertà
agli oppressi, l’anno di grazia.
    Nella recente Esortazione apostolica Verbum Domini, il Papa ci
ricorda un compito e un impegno che è di tutti:”Poiché tutto il
Popolo di Dio è un popolo ‘inviato’, il Sinodo ha ribadito che ‘la
missione di annunciare la Parola di Dio è compito di tutti i disce-

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poli di Gesù Cristo come conseguenza del loro battesimo’. Nessun
credente in Cristo può sentirsi estraneo a questa responsabilità che
proviene dall’appartenere sacramentalmente al Corpo di Cristo “
(n.94).

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La Visita Pastorale
   N    on posso in questo momento di grazia e di comunione
profonda della nostra Chiesa tra vescovo, presbiteri e laici, non
aggiungere una parola particolare per il grande dono che il
Signore sta per fare alla nostra Chiesa con la Visita Pastorale che
muoverà i suoi primi passi nel prossimo mese di novembre.
    I documenti della Chiesa ce la presentano come un’azione apo-
stolica, un autentico tempo di grazia. Sottolinea il primato di Cristo
Buon Pastore e presenta il vescovo quale principio e fondamento
visibile dell’unità nella Chiesa particolare, permettendogli di ren-
dersi conto delle difficoltà dell’evangelizzazione e aiutandolo,
attraverso i contatti personali con il clero e gli altri membri del
popolo di Dio, a conoscere le difficoltà dell’evangelizzazione, a
riesaminare il programma, i metodi e i contenuti della pastorale in

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vista di un suo profondo rinnovamento.
    In merito alla esperienza della visita pastorale, un grande e
santo pastore, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, così scriveva: “ Fra
le altre cose per cui è necessaria la residenza del vescovo nella sua
chiesa è per andare girando per i luoghi della sua diocesi in per-
sona colle visite. Oh a quanti disordini si rimedia dal prelato col
girare e col vedere le cose cogli occhi propri! Chi non vede non può
provvedere. Ed è impossibile il governare bene per mezzo delle
relazioni degli altri, i quali o ingannano per i loro fini privati, o
pure sono più facilmente ingannati, o almeno non sanno avvertire
gli sconcerti che vi sono. Questa verità io l’ho ben conosciuta e
pianta col girare delle missioni”.
   Verrò a voi nel nome del Signore per annunziarvi la Parola,
quella che non passa, la sola che salva, che dona il dinamismo e

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la profezia della speranza anche agli sfiduciati e agli smarriti di
cuore, che sa muovere la forza dell’amore che accoglie e risana.
    Il Concilio Vaticano II ricorda a me vescovo la responsabilità
solidale per la Chiesa tutta. Voi presbiteri vivete la vostra missione
non da soli ma uniti al vescovo e agli altri presbiteri in un servizio
diuturno al popolo a voi affidato. Tra noi deve essere evidente e
testimoniante un’autentica fraternità sacerdotale. L’individualismo
se non il solipsismo ha ancora tanta parte nella guida e nel servi-
zio alle nostre comunità. Siamo chiamati a un deciso cambio di
rotta. Dobbiamo attingere alla coscienza dell’unità della missione,
alla corresponsabilità nel sentirci a servizio della Chiesa tutta e non
dei nostri orticelli ben recintati e protetti,.
   Vanno inoltre perseguiti luoghi e spazi di vita comune. Tornino
ad essere abitate le nostre case canoniche magari con esperienze

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di vita fraterna. Siano aperte ad accogliere coloro che hanno biso-
gno di essere ascoltati, guidati, consigliati. Non ci sia fretta nel-
l’abbandonare i luoghi che dicono la nostra scelta di abitare lad-
dove vivono i nostri fratelli.
    Riscopriamo e rimettiamo tra le nostre priorità pastorali il tempo
dell’ascolto, della guida spirituale, dell’essere chiamati a sostenere
il difficile cammino della fede. Perciò non trasformiamo la casa del
pastore e padre in uffici con tempi al risparmio e centellinati.
    Fratelli miei presbiteri, siamo chiamati a riunire l’unico gregge
di Cristo, un gregge che non vive ai margini della storia e della vita
degli uomini. L’ovile che accoglie il gregge non è un ghetto. La
Chiesa vive tra gli uomini.
   E’ una Chiesa cordiale, non fredda o staccata; aperta, non
arroccata nelle sue sicurezze; materna non scontrosa; lieta nella

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convinzione dei suoi limiti e delle sue fragilità, non piagnona e tri-
ste; non si affida ai diagrammi delle indagini sociologiche, ma sa
essere audace e profetica nella speranza che ha disegnati i suoi
tratti nel volto del suo Signore, Crocifisso e Risorto. E’ una “Chiesa
che riesce ad essere esperienza viva di comunione, intrecciando
sapientemente paternità e fraternità, senza distanze gerarchiche
improprie, senza ammiccanti livellamenti egualitari”(L.Alici).
     E’ questa la Chiesa che Cristo Gesù vuole offrirci anche attra-
verso il ministero, la corresponsabilità, il servizio e l’impegno di
tutti noi che, in forza del battesimo, siamo a chiamati a far risplen-
dere come via sicura nel pellegrinaggio della storia.

   Molte altre cose vorrei dirvi. Le troverete nella lettera pastorale
che presenta l’icona del Buon Pastore e che mutua dalle sue paro-

                                 10
le il titolo: Conosco le mie pecore. Al termine di questa celebra-
zione la consegnerò, insieme ai santi oli, ai parroci, alle rappre-
sentanze del presbiterio, dei diaconi, dei religiosi, delle religiose e
del nostro laicato.
    Non mi resta che ridirvi la mia gratitudine per il molto che mi
state donando accontentandovi del poco che nella mia avarizia rie-
sco a restituirvi. Ma posso assicurarvi che il bene, l’amore e la
dedizione con cui vivo il mio servizio per voi, è senza limiti e senza
riserve.
    Posso assicurarvi che le mie braccia sono costantemente alzate
per voi. Fra poco, al termine della rinnovazione delle promesse
sacerdotali, vi chiederò:
    “Pregate anche per me, perché sia fedele al servizio apostolico,
affidato alla mia umile persona, e tra voi diventi ogni giorno di più

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immagine viva e autentica del Cristo sacerdote, buon pastore, mae-
stro e servo di tutti”.
        Anche per questo vi dico grazie e invoco:
    La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti
voi in Cristo Gesù”. (Rm16,23)

                                            Arcivescovo

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CARTOGRAFICA ROSATO - LECCE
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