RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO DELL'ECONOMIA 4 / 2017 - SUPPLEMENTO - Fondazione ...

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RIVISTA                                 RASSEGNA
TRIMESTRALE                             DI
                                        DOTTRINA
DI DIRITTO                              E
                                        GIURISPRUDENZA
DELL’ECONOMIA

                DIREZIONE SCIENTIFICA

           G. ALPA - M. ANDENAS - A. ANTONUCCI
       F. CAPRIGLIONE - R. MASERA - R. Mc CORMICK
           F. MERUSI - G. MONTEDORO - C. PAULUS

 4 / 2017 - SUPPLEMENTO                   ISSN: 2036 - 4873
RIVISTA TRIMESTRALE
DI DIRITTO DELL’ECONOMIA

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                                       L. Di Brina, F. Moliterni
TEMI E PROBLEMI

                                DI

      DIRITTO DELL'ECONOMIA

                  Relazioni svolte nel Convegno

“La nuova regolazione post crisi tra difficoltà applicative e ricerca

               di coerenza sistemica”, organizzato

           presso l'Università “Parthenope” di Napoli.
INDICE

FILIPPO SARTORI – Il sistema bancario nella prospettiva dei nuovi meccanismi di
risanamento (The banking system within the perspective of the new resolution
mechanisms)................................................................................................................1

MARCO SEPE – La vecchia e la nuova socializzazione delle perdite: elementi di
continuità e di discontinuità (The old and the new socialization of losses: elements
of continuity and discontinuity).................................................................................17

VINCENZO TROIANO – Interventi di rafforzamento patrimoniale e assetti proprietari
(Capital strengthening measures and ownership structures)....................................41
Filippo Sartori

      IL SISTEMA BANCARIO NELLA PROSPETTIVA DEI NUOVI
                        MECCANISMI DI RISANAMENTO ∗
                  (The banking system within the perspective
                      of the new resolution mechanisms)

ABSTRACT: This paper analyzes the relevant mechanisms available for bank recov-
ery, in consideration of the Directive 2014/59/EU (so-called Bank Recovery and
Resolution Directive, “BRRD”) and its implementation. Recovery plans, that finan-
cial institutions are required to submit to the authorities, has become a key aspect
of European regulator’s prevention approach towards bankruptcy events.
        The analysis points out that recovery planning should be deemed not only as
an ex‐ante regulatory instrument aimed at preventing banks from defaults, but al-
so as a valuable corporate governance tool for credit institutions. Recovery plans
seem indeed capable to positively affect the risk management organization of
banks and investment firms.
        Then the essay examines how the introduction of specific instruments for the
recovery preparation could further qualify the criterion of sound and prudent man-
agement of a credit institution.
        Moreover, recovery planning can prove useful for the regulatory authorities,
by providing them with information they currently lack.

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Recovery plans: finalità di vigilanza e governance aziendale. - 3. Ca-
pacità di risanamento e “deterioramento significativo”. - 4. Formulazione del piano e funzioni
aziendali. - 5. I meccanismi di risanamento e la nuova “vigilanza conformativa”: impresa-funzione
e libertà di mercato. - 6. Il contenuto (informativo) del piano di risanamento. - 7. Tecniche e mo-
delli di risanamento nel diritto comune e fallimentare: cenni. - 8. Conclusioni: la nuova cultura di
vigilanza.

        1. L’analisi della disciplina dei meccanismi di risanamento si sviluppa in-

∗
 Contributo approvato dai revisori.

                                                1
Il sistema bancario

torno alle modifiche di tessuto giuridico che hanno interessato l’ordinamento
bancario nel recente passato 1.
        La ristrutturazione dei congegni istituzionali di “risoluzione”, nel cui am-
bito si inserisce l’istituto in esame, è il risultato di un obiettivo “politico” rivisto
nelle sue coordinate fondamentali: quando la crisi della banca volge al (rischio
di) dissesto non è dato allo Stato il potere di intervenire in forza del “pubblico
interesse” 2.
        Il cambio di paradigma – favorito dall’idiosincrasia alla collettivizzazione
delle perdite, dalle maglie strette della regolamentazione europea in tema di
concorrenza (artt. 101 TFEU e ss.), dalla ricerca di un equilibrio dei bilanci pub-
blici, nonché dalla necessità di contrastare fenomeni intollerabili di azzardo mo-
rale – costituisce il cardine intorno a cui far ruotare le coordinate del nuovo or-
dine. Che si muove nella ricerca di una soluzione diversa per il raggiungimento
di obiettivi concorrenti: la conservazione, cioè, della continuità aziendale e
l’assenza del ricorso ad aiuti pubblici, anche a costo di lasciare le perdite là dove
cadono (: azionisti, creditori, depositanti, ecc.).
        È questo nuovo clima che ha favorito il “cambiamento epocale” 3 della di-
sciplina della risoluzione bancaria. Disciplina che prende le mosse, come noto,
dalla direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 mag-
gio 2014, relativa alla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investi-

1
  Per una panoramica generale, si veda CAPRIGLIONE, Evoluzione della disciplina di settore, in
AA. VV., Manuale di diritto bancario e finanziario, Padova, 2015, Cap. II, sez. I.
2
  Sull’impatto degli effetti economici dell’intervento pubblico nella gestione della crisi bancaria la
letteratura è vastissima. Si vedano almeno FACCIO, MASULIS, MCCONNELL, Political
connections and corporate bailouts, in Journal of Finance 61, 2006, p. 2597 ss.; GLOWICKA,
Effectiveness of Bailouts in the EU. SP II 2006-05, in Social Science Research Center Berlin, 2006;
LAEVEN, VALENCIA, Systemic Banking Crises: A New Database, IMF Working Paper
WP/08/224, 2008; LEE, SHIN, IMF bailouts and moral hazard, in Journal of International Money
and Finance 27, 2008, p. 816 ss.; ROSAS, An analysis of government responses to banking crises,
in American Journal of Political Science 50, 2006, p. 175 ss.
3
  L’espressione è di CAPRIGLIONE, La nuova gestione delle crisi bancarie tra complessità
normativa e logiche di mercato, in Riv. trim. dir. ec., 2017, II, p. 102 ss.

                                                  2
Filippo Sartori

mento Bank Recovery and Resolution Directive (“BRRD”) 4.
        Si tratta di un articolato normativo complesso, suddiviso in 10 titoli e co-
stituito da 132 articoli 5. Giova notare, sul piano sistematico, che le “misure di in-
tervento precoce” (early intervention) attivabili dalle autorità prima del disse-
sto, ma già in presenza di un deterioramento della situazione finanziaria (artt.
27 – 30) e quelle “di risoluzione” (artt. 31 – 86) sono precedute dalle “misure
preparatorie”, che disciplinano le precauzioni che devono essere adottate dalle
banche e dalle autorità di risoluzione nella fase fisiologica dell’attività
dell’impresa (: piani di risanamento e di risoluzione, artt. 4-26) 6.

4
  Sul tema si distinguono per profondità d’indagine i lavori monografici di ROSSANO, La nuova
regolazione delle crisi bancarie, Milano, 2017 e RULLI, Contributo allo studio della disciplina
della risoluzione bancaria. L’armonizzazione europea del diritto delle crisi bancarie, Torino,
2017, p. 9. Per una panoramica generale in prospettiva transnazionale cfr. SCHELO, Bank
Recovery and Resolution, Kluwer Law International, 2015.
5
  Sul piano della ripartizione di competenze tra autorità nazionali ed europee si vedano, fra gli altri,
CAPRIGLIONE, L’unione Bancaria Europea, Una sfida per un’Europa più unita, Torino, 2013;
BOCCUZZI, L’Unione Bancaria europea. Nuove istituzioni e regole di vigilanza e di gestione
delle crisi bancarie, Milano, 2015; BRESCIA MORRA, La nuova architettura della vigilanza
bancaria in Europa, in Banca impresa società, 2015, p. 80 ss.; STANGHELLINI, Risoluzione,
bail-in e liquidazione coatta: il processo decisionale, in Analisi Giuridica dell’Economia, 2, 2016,
p. 567 ss. Nella letteratura europea cfr. TROIANO, Interactions between EU and National
Authorities in the new structure of EU financial system supervision, in Law and Economics Yearly
Review, 1, 2012, p. 104 ss.; KING, The EU Bank Recovery and Resolution Directive: moving
towards full implementation, in International Banking and Financial Law, 2015, p. 163 ss.;
BUSCH, FERRARINI, European Banking Union, Oxford University Press, 2015; BAGLIONI,
The European Banking Union: a Critical Assessment, Palgrave Macmillan, 2016.
6
  Oltre alla direttiva di armonizzazione, particolare rilievo assume il Regolamento n. 806/2014 che
ha introdotto dal 1 gennaio 2016 il Single Resolution Mechanism (SRM). Si tratta, come noto, del
secondo pilastro dell’Unione Bancaria. Cfr. CIRAOLO, Il Single Resolution Mechanism
(Regolamento UE, n. 806/2014). Lineamenti generali e problemi di fondo, in Dir. della banca e del
mercato fin., 2017, p. 357 ss.; AMOROSINO, I modelli ricostruttivi dell'ordinamento
amministrativo delle banche: dal mercato “chiuso” alla regulation unica europea, in BBTC, 2016,
p. 391 ss. Sulle tracce delle politiche normative europee, va segnalato il Regolamento delegato
(UE) 2016/1075 del 23 marzo 2016 che integra la BRRD per quanto riguarda le norme tecniche di
regolamentazione che precisano il contenuto dei piani di risanamento, dei piani di risoluzione e dei
piani di risoluzione di gruppo, i criteri minimi che l’autorità competente deve valutare per quanto
riguarda i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, le condizioni per il sostegno
finanziario di gruppo, i requisiti per i periti indipendenti, il riconoscimento contrattuale dei poteri di
svalutazione e di conversione, le procedure e il contenuto delle disposizioni in materia di notifica e
dell'avviso di sospensione e il funzionamento operativo dei collegi di risoluzione. L’EBA ha quindi
fornito precisi indicatori cui gli intermediari devono uniformarsi: Recovery planning comparative
report on governance arrangements and recovery indicators, 5 luglio 2016. A livello domestico, il
16 novembre 2015 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i due Decreti Legislativi (Decreto
Legislativo n. 180 e Decreto Legislativo n. 181) di attuazione della BRRD. Il D.Lgs. 180/2015

                                                   3
Il sistema bancario

        2. Le brevi note poste ci permettono di chiarire un punto fermo nello svi-
luppo del ragionamento.
        Al centro del disegno del quadro istituzionale si colloca la prevenzione
della crisi 7, sovente adombrata dall’enfasi riposta dagli studiosi intorno alle mi-
sure di risoluzione (con particolare riguardo al così detto “bail in”) 8. Mi riferisco,
in particolare, alle azioni che mirano ad evitare o ridurre l’insorgenza o lo svi-
luppo della crisi (“prevenzione primaria”) e delle attività di diagnosi precoce che
consentono di ridurne gli effetti (“prevenzione secondaria”).
        A ben considerare, lo scopo principale della BRRD è proprio quello di pre-
venire situazioni di crisi bancarie mediante: (i) la predisposizione di regole orga-
nizzative e la pianificazione di indicatori che consentano di intercettare tempe-
stivamente la presenza di un significativo deterioramento della situazione pa-

(“Decreto BRRD”) recepisce principalmente le previsioni della BRRD sulla risoluzione, mentre il
secondo decreto (il “Decreto Modifiche”) modifica il TUB e il TUF al fine di recepire le previsioni
della BRRD sui piani di risanamento e introdurre ulteriori modifiche connesse al nuovo regime
della risoluzione. Sull’attuazione della direttiva in Italia, si vedano le note di MAMONE, DI
FALCO, L’attuazione della BRRD in Italia, in Riv. dir. banc., sez. approfondimenti,
dirittobancario.it, 2015; nonché STANGHELLINI, The implementation of the BRRD in Italy and
its First Test: Policy Implications, in Journal of Financial Regulation, 2016, n. 1, p. 154 ss.
7
  Chiarissimo in tal senso CAPRIGLIONE, La nuova gestione delle crisi bancarie tra complessità
normativa e logiche di mercato, cit., p. 102 ss. Si veda anche LEMMA, La nuova procedura di
risoluzione: indicazioni per un’insolvenza obbligatoria?, in Riv. trim. dir. ec., 2016, II, p. 31. Negli
stessi termini THOLE, Bank Crisis Management and Resolution – Core Features of the Bank
Recovery and Resolution Directive, 2014. Disponibile su https://ssrn.com/abstract=2469807, ove
testualmente: “we can observe a change of perspective. Pursuant to the Directive and the G 20-
“Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutions”, recovery and
resolution planning (so called living will regulation) has become a key instrument” (p. 3).
8
  La letteratura è vastissima. Si vedano, senza pretese di completezza, GORDON, RINGE, Bank
Resolution in the European Banking Union: A Transatlantic Perspective on What it Would Take,
(115) Columbia Law Review, 2014, p. 1297 ss; GOODHART, AVGOULEAS, A Critical
Evaluation of Bail-Ins as Bank Recapitalisation Mechanisms, 2014, disponibile su SSRN:
https://ssrn.com/abstract=2478647; PRESTI, Il bail-in, in Banca impresa e società, 2015, n. 3, p.
339 ss.; GUIZZI, Il bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Quale lezione da
Vienna?, in Corr. giur., 2015, p. 1490 ss; GARDELLA, Il bail-in e il finanziamento delle
risoluzioni bancarie nel contesto del meccanismo di risoluzione unico, in BBTC, 2015, I, p. 587 ss.;
LENER, Bail-in bancario e depositi bancari fra procedure concorsuali e regole di collocamento
degli strumenti finanziari, in BBTC, 2016, I, p. 287 ss.; INZITARI, BRRD, bail in, risoluzione della
banca in dissesto, condivisione concorsuale delle perdite (d.lgs. 180/2015), in Riv. dir. banc.,
dirittobancario.it, 26, 2016; ROMANO, Recesso e limiti al rimborso delle azioni nelle banche (in
specie cooperative) tra diritto societario, regole europee di capital maintenance e “principio” del
bail-in, in Riv. soc., 2017, p. 1 ss.

                                                   4
Filippo Sartori

trimoniale e finanziaria; (ii) l’adozione di misure idonee a superare tali criticità.
        Da questa prospettiva, lo strumento che realizza gli obiettivi richiamati è,
per l’appunto, il piano di risanamento (Recovery plan) la cui vocazione è duplice.
Da una parte favorisce l’esercizio delle finalità di vigilanza (prevenzione e inter-
cettazione della crisi) e, dall’altra, si riverbera sull’assetto dell’organizzazione
aziendale, cioè sulla governance bancaria 9.
        Il nuovo quadro normativo grava, allora, gli intermediari dell’obbligo di
predisporre appositi piani di prevenzione delle situazioni patologiche, cui è in-
timamente connesso l’impegno di tenere una situazione aggiornata dello stato
economico e organizzativo dell’impresa 10.

        3. Il modello di azione e organizzazione scolpito dalla BRRD come una
bussola irrinunciabile nella conduzione dell’impresa bancaria è legato al concet-
to (di capacità 11) di risanamento che, a sua volta, si lega a quello di “deteriora-
mento significativo”, di una crisi cioè ancora reversibile, che precede il (rischio
di) dissesto e/o l’insolvenza. Da questo angolo visuale, è “essenziale che gli enti
redigano e aggiornino periodicamente piani (…) che indichino le misure che sa-
ranno tenuti a prendere per ripristinare la loro situazione finanziaria” (conside-
rando n. 21 della BRRD). La capacità di una banca “di risanare la propria posizio-
ne finanziaria a seguito di un deterioramento significativo” (art. 1, paragrafo

9
 Cfr. AMORELLO, HUBER, Recovery planning: a new valuable corporate governance framework
for credit institutions, in Law and Economics Yearly Review, 2014, p. 314 ss.
10
  Il tema si riallaccia, più in generale, al ruolo della regolazione ex ante nella disciplina di
prevenzione delle crisi. In generale, si vedano FEIBELMAN, Living Wills and Pre-Commitment,
2011, Am. U. Bus. L. Rev., 2011, p. 93 ss.; ID, A Prelude to Private Ordering under Bankruptcy
Law, in: Eidenmüller (ed.), Regulatory Competition in Contract Law and Dispute Resolution, 2013,
p. 199 ss.; SCHILLIG, Bank Resolution Regimes in Europe I - Recovery and Resolution Planning,
Early Intervention, (2013), 24, European Business Law Review, Issue 6, p. 751 ss.; CARMASSI,
HERRING, Living wills and cross-border resolution of systemically important banks, in Journal of
Financial Economic Policy, vol. 5, Iss.: 4, 2013, p. 361 ss.
11
  Sul punto si veda RULLI, Contributo allo studio della disciplina della risoluzione bancaria.
L’armonizzazione europea del diritto delle crisi bancarie, cit., p. 18 che osserva come il termine
“capacità” sia sconosciuto al diritto concorsuale italiano, dove riecheggia invece l’espressione
“fattibilità” (giuridica o economica) del piano.

                                               5
Il sistema bancario

103, BRRD) dipende in larga parte dall’insieme delle misure, definite ex ante,
che l’ente è chiamato a mettere in opera nell’ipotesi di crisi (cfr. infra).
           Il cambiamento terminologico ci consegna una nuova dimensione che si
infrange con i profili tecnici, vale a dire patrimoniali, reddituali e di liquidità
dell’ente. Che, sul piano normativo, non ha trovato compiuta definizione. Si os-
servi, in proposito, che la BRRD utilizza il sintagma “deterioramento significati-
vo” talvolta per evocare la situazione finanziaria (art. 5, comma 1 BRRD), talaltra
la situazione economico-finanziaria (considerando n. 40 BRRD). La CRD IV invece
utilizza l’espressione per riferirsi al patrimonio di vigilanza della banca (art. 74
CRD IV), là dove il novellato Testo Unico Bancario la àncora al concetto di liqui-
dità (artt. 69-octiesdecies e 79, comma 2, TUB).
           Nella logica di favorire un’interpretazione uniforme, le linee guida
dell’EBA valorizzano quegli indicatori sintomatici da cui si può presupporre che
“the solvency of the institution is severely impaired and its capital position and
viability threatened, as reflected in, among other things, a collapsing price-to-
book level or a rapidly increasing level of the economic leverage (i.e. the eco-
nomic leverage measured as the ratio of total assets to market value of equi-
ty)” 12.

           4. Come si è osservato, ciascuna banca deve dotarsi di un piano di risa-
namento individuale che preveda l’adozione di misure dirette al riequilibrio del-
la situazione patrimoniale e finanziaria nel caso di significativo deterioramento.
A tal fine, il 16 febbraio 2017, l’Autorità di vigilanza ha richiamato le banche sot-
toposte a supervisione accentrata e decentrata a trasmetterne copia entro il 30
aprile 2017.
           Nell’analisi dei profili di disciplina che modellano lo statuto normativo dei
12
  EBA, Guidelines on the interpretation of the different circumstances when an institution shall be
considered as failing or likely to fail under Article 32(6) of Directive 2014/59/EU, 26 maggio 2015,
p. 14.

                                                 6
Filippo Sartori

piani affiora l’intreccio delle finalità testé richiamate. Nella duplice (inscindibile)
prospettiva di vigilanza e di governance, il piano deve contenere ogni informa-
zione necessaria a dimostrare l’idoneità delle opzioni di risanamento in coeren-
za al modello di business e alle caratteristiche dell’ente, anche alla luce di quan-
to rappresentato nel risk assessment framework (RAF) e nel processo di valuta-
zione dell’adeguatezza del capitale. Coerentemente, il piano deve essere riesa-
minato e aggiornato in caso di significativo mutamento: (i) della struttura giuri-
dica o organizzativa, ovvero (ii) della situazione patrimoniale o finanziaria
dell’intermediario o del gruppo. Secondo le stesse linee di indirizzo, il piano di
risanamento va approvato dall’organo amministrativo dell’ente creditizio e sot-
toposto al giudizio di completezza e adeguatezza della Banca d’Italia. Beninteso:
il piano “non presuppone né contempla l’accesso a un sostegno finanziario pub-
blico straordinario” (art. 69-quater TUB).
       La strutturazione dei meccanismi di risanamento, giocoforza, si estende
agli organi aziendali con funzione di supervisione strategica, di gestione, esecu-
tiva e di controllo. Nondimeno, pare doversi condividere l’opinione di chi esten-
de, mercé alla natura stessa del piano, il coinvolgimento diretto e immediato del
Risk Management 13.
       Alla fase preparatoria e di aggiornamento segue, almeno astrattamente,
la fase attuativa qualora affiorino quei sintomi del deterioramento che giustifi-
cano la messa in opera delle misure volte al ripristino della situazione tecnica, al
fine di scongiurare la risoluzione o liquidazione dell’ente.
       È in questo contesto che si coglie l’idoneità dello strumento a risanare
l’impresa e riportarla in equilibrio attraverso la realizzazione delle operazioni
strategiche già messe a punto nel programma iniziale. Come è stato corretta-
mente fatto notare, la predisposizione del piano costituisce un elemento su cui
fondare eventuali azioni di responsabilità contro gli amministratori in caso di ri-

13
 Cfr. IELPO, VARANI, I piani di risanamento: finalità e contenuti, in Riv. dir. banc., sez.
approfondimenti, dirittobancario.it, 2016.

                                            7
Il sistema bancario

soluzione o liquidazione coatta amministrativa 14. Il piano costituirà, in altri ter-
mini, un “ per la valutazione della funzione gestoria in condizioni di
crisi” 15.
         È noto che la responsabilità degli amministratori non è legata al semplice
insuccesso economico della società, dovendo essere ascrivibile alla violazione di
obblighi connessi alla funzione (c.d. business judgment rule). Purtuttavia, la
condotta dovrà essere valutata secondo un giudizio prognostico con riguardo al-
le cautele concretamente adottate (o non adottate) dall’organo amministrativo.

         5. I poteri di conformazione dello strumento di risanamento rimessi alla
prudente valutazione ex ante del singolo intermediario, secondo un condivisibi-
le principio di proporzionalità e coerenza (cfr. infra), trovano epilogo nella veri-
fica ex post da parte dell’autorità di vigilanza, che ne vaglia la completezza e
l’adeguatezza in conformità ai criteri indicati nelle disposizioni di riferimento.
         I poteri di intervento sono vibranti e riflettono, più in generale, la struttu-
ra del pilastro della nuova vigilanza.
         Le determinazioni all’esito di una verifica insoddisfacente si traducono
nella richiesta di presentazione di un piano modificato, ovvero di specifiche mo-
difiche (o misure) da apportare. Potendosi spingere financo all’ordine di definire
cambiamenti all’attività, alla struttura organizzativa, alla forma societaria della

14
  Cfr. DE POLIS, Unione bancaria e gestione delle crisi. Un modello di banca in trasformazione,
Intervento all’Assiom Forex XII Pan European Banking Meeting, consultabile sul sito
www.bancaditalia.it, p. 11 sottolinea come i piani di recovery non siano “esercizi burocratici o,
peggio, formali”.
15
  Cfr. RULLI, Contributo allo studio della disciplina della risoluzione bancaria. L’armonizzazione
europea del diritto delle crisi bancarie, cit., p. 19. Sul punto si veda anche TROIANO, SACCO
GINEVRI, The “preparation” function in the new banking legislative framework, in Open Review
of Management, Banking and Finance, 2016: “The significant relevance recognized to the
preparation function, in particular to the recovery preparation […] can be analyzed also considering
its impact on the current concept of sound and prudent management of a credit institution. […] The
introduction of specific instruments for the preparation of recovery of credit institutions, in case of
potential events of (significant) capital and financial deterioration of the same, further qualifies the
criterion of sound and prudent management”.

                                                   8
Filippo Sartori

banca o del gruppo bancario 16.
        La novità più rilevante non sta, in astratto, nei poteri pervasivi attribuiti
all’autorità, quanto nel nuovo rapporto tra vigilanza e mercato. Esso implica uno
spostamento del baricentro d’intervento nella fase fisiologica dell’attività ban-
caria con poteri limitativi che si estendono al merito delle scelte strategiche di
impresa, investendo l’attività, la struttura organizzativa e la forma societaria
dell’ente 17.
        Questa nuova dimensione di vigilanza conformativa si accompagna a im-
plicazioni teoriche e pratiche che non possono essere sottovalutate. Si attribui-
scono, infatti, alle autorità competenze che hanno un immediato riflesso sulle
caratteristiche stesse dell’attività bancaria come impresa-funzione 18.
        Nell’esercizio dei poteri richiamati la vigilanza non fissa limiti esterni alla
libertà di impresa, ma impone scelte di impresa. Muta cioè lo stile tipico della
vigilanza fondato su parametri oggettivi, nel rispetto dei quali gli enti creditizi
sono liberi nelle proprie scelte imprenditoriali.
        L’introduzione di un modello di intervento che si spinge fino al punto di
ordinare cambiamenti all’attività di business, incidendo direttamente sul conte-
nuto delle deliberazioni dell’organo amministrativo, si infrange viepiù col tema

16
  Cfr. THOLE, Bank Crisis Management and Resolution – Core Features of the Bank Recovery
and Resolution Directive, cit., ove si osserva correttamente che: “Planning is particularly useful if
the authorities use their power to demand changes to the bank ex ante, for instance to reduce the
bank’s complexity or to simplify its structure as provided by art. 15 of the Directive” e si aggiunge,
con una punta di ironia: “The question is whether that will happen” (p. 8). In termini analoghi,
ADMATI, HELLWIG, The Bankers’ New Clothes, What’s Wrong with Banking and What to Do
about it, ed. 2014, p. 77.
17
  Cfr. MARCHETTI, Il crescente ruolo delle autorità di controllo nella disciplina delle società
quotate, in Rivista delle società, 2016, p. 38 segnala delle “derive di invasività dell’Autorità di
controllo sulla gestione dell’impresa societaria”, sottolineando in particolare l’ampio spazio che
l’Autorità di vigilanza ha assunto nel settore bancario. Esemplare in tal senso il nuovo art. 26 TUB,
il quale “evoca una Autorità di vigilanza che non esita ad arrivare al tavolo del board ed a togliere
la sedia ai componenti rispetto ai quali vengano meno i requisiti (si pensi ai requisiti di
indipendenza) la cui ricorrenza ed il cui rispetto postula significativi margini di discrezionalità”.
18
  Cfr. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, ed. 2012, p. 74 ss. Si tolleri un richiamo al mio,
Disciplina dell’impresa e statuto contrattuale: il criterio della “sana e prudente gestione”, in
BBTC, 2017, 2, p. 131 ss.

                                                 9
Il sistema bancario

assai concreto della responsabilità civile delle Autorità di Vigilanza 19. Che non
pare, in questa curvatura, potersi confinare nella provincia dell’omesso control-
lo. L’approccio restrittivo al riconoscimento della responsabilità sembra doversi
mettere in discussione alla luce della natura delle attribuzioni e dei poteri con-
cretamente esercitati. Il generale dovere di diligenza gravante sugli amministra-
tori trasmuta in capo alla vigilanza, la quale, nell’esercizio delle funzioni richia-
mate, conforma il proprio agire allo stereotipo dell’accorto banchiere con ri-
guardo ad ogni atto e/o attività oggettivamente esplicata.

       6. In conformità alla sezione A dell’allegato alla BRRD, l’art. 159-bis TUB
include nel piano ogni gamma di azioni necessarie ad assicurare adeguate op-
zioni di risanamento in vista del riequilibrio della situazione patrimoniale e fi-
nanziaria della banca o del gruppo. Di conseguenza, il contenuto dei piani dovrà
essere coerente con il business model e le caratteristiche dell’ente. Il che, per
sua natura, lega inscindibilmente il meccanismo di risanamento all’articolazione
degli obiettivi di rischio tratteggiato dal RAF. Così da garantirne funzionalità, in
termini di efficienza ed efficacia, e affidabilità entro i limiti della propensione al
rischio della banca. Del pari, il (contenuto del) piano dovrà rispettare i requisiti
minimi del processo aziendale di valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (In-
ternal Capital Adequacy Assessment Process, ICAAP) alla luce dell’impatto
sull’organizzazione e il management della banca.
       Nel concreto, il processo di formazione e determinazione del contenuto
del piano si sviluppa intorno a due strade non parallele: una attiene alla adegua-
tezza e sostenibilità delle misure adottate dalla singola banca; l’altra invece alle

19
  Cfr. CARRIERO, La responsabilità civile delle autorità di vigilanza (in difesa del comma 6-bis
dell’art. 24 della legge sulla tutela del risparmio), in Foro it., 2008, V, p. 221 ss.; in
giurisprudenza, con riguardo alla Consob, si veda Cass., 23 marzo 2011, n. 6681, in BBTC, 2013,
II, p. 11 ss., con nota di RULLI, La responsabilità civile della Consob per omesso o carente
esercizio dei poteri di vigilanza. Mi sia consentito un richiamo a SARTORI, Informazione
economica e responsabilità civile, Padova, 2011, p. 260 ss.

                                               10
Filippo Sartori

finalità di vigilanza e di governance.
        In relazione alla prima strada, bisogna rimarcare che la tecnica utilizzata è
coerente con la nuova cultura gestionale che informa, sul piano delle scelte
normative, la modulazione organizzativa e l’agire bancario 20.
        Un primo riscontro attiene specificamente alle modalità di adempimento
degli obblighi in materia di piani di risanamento, che possono essere ordinarie o
semplificate a seconda della tipologia dell’ente bancario. Vero è che gli articoli
69-decies TUB attribuiscono alla Banca d’Italia il potere di prevedere modalità
semplificate di adempimento degli obblighi in materia di piani di risanamento,
tenendo conto della qualifica di specifiche Less Significant Institutions – LSIs 21.
In particolare, gli enti sottoposti a vigilanza diretta della Banca d’Italia
adempiono agli obblighi di riferimento con modalità semplificate, ad eccezione
delle LSIs qualificate come High Priority (HP) e delle LSIs che non rispettano i
parametri previsti dagli orientamenti della European Banking Authority.
        In secondo luogo, e più importante, viene attribuita agli intermediari am-
pia discrezionalità tecnica nella predisposizione di un sistema efficace di opzioni
di risanamento al fine di rispettarne l’autonomia gestionale. Sistema che dovrà
comunque essere formalizzato, documentato e sottoposto a verifica
dell’autorità di vigilanza (cfr. supra).
        In sintesi, il criterio di proporzionalità informa la tecnica di determinazio-

20
  Sul principio di proporzionalità nel contesto della regolazione bancaria, si vedano ANTONUCCI,
Despecializzazione e principio di proporzionalità, in Riv. trim. dir. econ., 2014, IV, p. 236 ss.;
AMOROSINO, La conformazione regolatoria della governance delle società bancarie da parte
della Banca d'Italia, in Dir. banc. merc. fin., 2015, II, p. 209 ss.; LUCIANO, Adeguatezza
organizzativa e funzioni aziendali di controllo nelle società bancarie e non, in Rivista del diritto
commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2017, 2/1, p. 317 ss.; ROMANO, La riforma
della cooperazione di credito in Italia, in CARDARELLI (a cura di), Nuove opportunità e sfide per
le banche di credito cooperativo: la riforma 2016, Torino, 2017, p. 64 secondo cui il principio di
proporzionalità “in un contesto di banca despecializzata dovrebbe propriamente rappresentare lo
strumento giuridico per permettere al  di conservare plurimi e differenziati 
per le banche”; nonché FINANCIAL STABILITY INSTITUTE, Proportionality in banking
regulation: a cross-country comparison, FSI Insights on policy implementation No 1, 2017.
21
  Cfr. BANCA D’ITALIA, Le banche italiane less significant: situazione e vigilanza, 2016; nonché
gli Orientamenti dell’ABE EBA/GL/2015/16 in materia di applicazione di obblighi semplificati e le
determinazioni della BCE.

                                                11
Il sistema bancario

ne dei piani, delimitandone il contenuto alla luce della dimensione e organizza-
zione dell’ente bancario.
       Decisamente centrale, in materia, è quest’ultimo profilo, che ci conduce
alla seconda strada richiamata.
       Con riguardo alla funzione di governance basti notare che l’art. 159-bis,
comma 1 TUB richiede una descrizione dettagliata delle modalità con cui la pia-
nificazione del risanamento è integrata nella struttura di governo societario del-
la banca e della capogruppo (lett. i); delle politiche e procedure che presiedono
l’approvazione del piano e l’individuazione, nell’ambito dell’organizzazione
dell’ente, dei soggetti responsabili alla predisposizione e attuazione del piano
(lett. l). Coerentemente ai mutamenti della struttura e dell’organizzazione
aziendale, il piano è riesaminato e, se necessario, aggiornato almeno annual-
mente (con cadenza biennale nell’ambito delle modalità semplificate), ovvero
con la maggior frequenza richiesta dalla Banca d’Italia. Non solo, l’art. 69-
quater, comma 5 prevede comunque il riesame e l’eventuale aggiornamento “in
caso di significativo mutamento della struttura o organizzativa della banca”.
       Nondimeno è la finalità di prevenzione che forgia, sul piano delle azioni
concrete, il contenuto del piano. A livello di impostazione generale, deve essere
indicata una sintesi degli elementi fondamentali e della capacità complessiva di
risanamento, nonché delle modifiche sostanziali apportate all’ente dopo
l’ultimo piano. Pure viene in rilievo, al riguardo, il plesso delle azioni sul capitale
e sulla liquidità necessario per mantenere o ripristinare l’equilibrio patrimoniale
e finanziario e la definizione dell’agenda necessaria per l’esecuzione di ciascun
aspetto sostanziale del piano.
       Si tratta, in conclusione, di un articolato processo a formazione progres-
siva determinato all’interno delle strutture aziendali, che non esime però la
banca dal renderlo pubblico ai cittadini del mercato. Il riferimento va, in specie,
all’obbligo di definizione di “un piano di comunicazione e informazione pubblica

                                           12
Filippo Sartori

che delinea in che modo la banca o capogruppo intende gestire le eventuali rea-
zioni negative del mercato” (art. 159-bis, comma 1, lett. c).

        7. La ricerca di un modello al di fuori del bancario ha sollecitato la dottri-
na specialistica a rintracciare elementi di vicinanza dell’istituto in altri luoghi.
Inutile dire che gli sforzi non sono stati fruttuosi 22. Del resto, le peculiarità
dell’impresa bancaria rendono l’esercizio comparativo di per sé inconcludente.
        Ora, quella indicata (: predisposizione di piani di risanamento) non è, ap-
parentemente, una scelta inedita per il nostro ordinamento. È sufficiente ri-
chiamare, come è stato osservato, le disposizioni per agevolare il risanamento
economico, patrimoniale e finanziario delle imprese in grave difficoltà (legge 5
dicembre 1978, n, 787) 23. La riforma istitutiva dei “consorzi bancari” legittimava,
previa autorizzazione della Banca d’Italia, gli istituti di credito ad associarsi in
società consortili per azioni, con durata non superiore a cinque anni, e con il
compito esclusivo di sottoscrivere e vendere azioni ed obbligazioni convertibili,
connesse, per l’appunto, a piani di risanamento economico e finanziario. Piani
che dovevano “contenere, oltre agli altri necessari elementi, indicazioni analiti-
che sui criteri di valutazione del patrimonio netto delle imprese industriali, sui
tempi entro i quali le imprese possono ritornare in utile e sul complesso delle
azioni (…) attraverso le quali si prevede di raggiungere l’obiettivo del risana-
mento”.
        Fatta la precisazione, è appena il caso di aggiungere che – nel muoversi
oltre le affinità terminologiche – i contorni tra i due meccanismi vengono deci-
samente a sfasarsi: sia in ragione del soggetto di riferimento (imprese industriali
da una parte ed enti bancari dall’altra), sia in particolare per l’essere il piano in
esame innervato dal carattere straordinario dell’intervento. Là dove i piani di ri-

22
  Cfr. RULLI, Contributo allo studio della disciplina della risoluzione bancaria. L’armonizzazione
europea del diritto delle crisi bancarie, cit. p. 20, che ha correttamente sottolineato la diversità e la
distanza tra il modello in analisi e i diversi “piani” considerati.
23
  Ibidem.

                                                   13
Il sistema bancario

sanamento bancari sono strumento di azione e organizzazione nella conduzione
ordinaria dell’ente 24.
        Né diversamente mi pare che la ricerca di un tratto comune con i piani di
risanamento previsti dalla legge fallimentare possa favorire, sul piano della ri-
cerca dottrinale, utili spunti per l’argomento qui affrontato. Così vale per i piani
di cui all’art. 67 l. fall. 25, predisposti successivamente alla manifestazione della
crisi, con l’obiettivo di salvaguardare il patrimonio aziendale e la capacità
dell’impresa industriale di produrre ricchezza, nonché di non compromettere il
principio della par condicio creditorum. Così riesce difficile pensare che i piani
concordatari in continuità aziendale possano presentare profili di affinità di un
certo rilievo per linea di sviluppo del ragionamento 26. L’alterità soggettiva dei
destinatari delle misure di intervento, il momento di predisposizione del piano
(a crisi manifesta), gli interessi a cui esso presiede, l’impatto sul piano
dell’organizzazione aziendale e le modalità di approvazione sono profili suffi-
cienti per desistere dal coltivare la ricerca di un tratto comune con i recovery
plans qui in discussione.

        8. Nell’ambito del bancario, il tema dei piani strategici non risalta per la
sua giovinezza. È proprio la recente riforma che ha fatto emergere un concreto
interesse nei confronti di questa materia. A riguardo è stato correttamente os-
servato che l’avvenuta introduzione, sul piano del diritto positivo, dell’obbligo di
predisporre meccanismi di risanamento è il risultato di un processo di giuridiciz-
zazione di una prassi bancaria non codificata: “[I] piani di risanamento costitui-

24
  Ibidem; nonché SCIPIONE, La pianificazione del risanamento e della risoluzione, in CHITI,
SANTORO (a cura di), L’Unione bancaria europea, Pisa, 2016, p. 419 ss.
25
  In materia si vedano, tra i tanti contributi, MEO, I piani di “risanamento” previsti dall’art. 67, l.
fall., in Giur. comm., 2011, p. 30 ss.; LOMBARDI, BELTRAMI, I criteri di selezione della
procedura più adatta al risanamento di una impresa in crisi, in Giur. comm., 2011, p. 713 ss.
26
  Ancora RULLI, Contributo allo studio della disciplina della risoluzione bancaria.
L’armonizzazione europea del diritto delle crisi bancarie, cit., p. 21.

                                                  14
Filippo Sartori

scono un’evoluzione della pianificazione strategica che ciascun istituto era solito
adottare sin da tempi lontani” 27.
       Prassi, quest’ultima, che si è sviluppata ed evoluta nell’ambito del pro-
cesso di trasformazione strutturale del sistema bancario italiano che, a cavallo
del nuovo millennio, appare particolarmente significativo per effetto della de-
specializzazione (: banca universale) e della creazione dei grandi gruppi naziona-
li. È in questo contesto che si abbandonano le metodologie basate sulla pro-
grammazione economica dei risultati e sulla previsione delle dinamiche dei
mercati per approdare a un sistema di pianificazione orientato al “governo delle
complessità”.
       In tale quadro di cambiamento, gli enti creditizi (soprattutto quotati) si
sono dati piani strategici attenti a considerare le diverse variabili in movimento
quali il contesto macroeconomico, l’andamento dei mercati, l’incremento dei ri-
schi, la riduzione dei margini, le esigenze della clientela target, ecc. L’evoluzione
in termini di strategie generali si è tradotta nell’adozione di raffinate metodolo-
gie e tecniche di gestione e governo della banca orientate alla misurazione ana-
litica dei rischi assunti. Nell’ambito del ruolo assunto dalla pianificazione strate-
gica, le banche hanno gradualmente consolidato prassi di redazione di piani plu-
riennali, la cui diffusione si è via via estesa anche agli enti di dimensioni meno
rilevanti. Ancora va notato che la prassi in discorso si è manifestata non solo
nella pianificazione della crescita nel medio lungo termine, bensì nel supera-
mento di congiunture di contesto da fronteggiare con adeguati interventi di
azione.
       Pur nella diversità del contenuto minimo comune dei piani strategici delle
banche precedenti la riforma, la novità più rilevante si coglie proprio nel tradur-
re in regole giuridiche modelli di comportamento, procedure e azioni tipiche
dell’agire bancario. L’introduzione nell’attuale dell’obbligo di predisposizione

27
 Cfr. ROSSANO, La nuova regolazione delle crisi bancarie, Milano, 2017, p. 72.

                                             15
Il sistema bancario

dei piani di risanamento riflette, più in generale, la maturazione del processo di
giuridicizzazione delle politiche e delle prassi bancarie 28. Che, a ben considerare,
si pone in un rapporto inversamente proporzionale con l’intensità applicativa
del potere intrinseco esercitato dalle autorità.
        Il che, per la verità, non viene per nulla a diminuire l’importanza delle
nuove norme o il rilievo del cambiamento che esse aiutano a compiere. Viene
però ad aprirsi, come si è cennato nelle pagine precedenti, una diversa giusti-
ziabilità delle scelte di vigilanza, che segna l’inizio di una nuova era, risultato di
un profondo cambiamento della cultura del vigilare.

                                                      Filippo Sartori
                                        Ordinario di Diritto dell’economia
                                       nell’Università degli Studi di Trento

28
  Cfr. TOMASI, Impresa in crisi e creditore bancario, Milano, 2017, p. 121 ss. sottolinea come la
“diagnosi della crisi dell’impresa” costituisca una tipica espressione della prassi bancaria. La
necessità per gli enti creditizi di svolgere una costante attività di monitoraggio del credito dei
propri clienti ha portato il sistema bancario a creare “una sorta di modello di procedura di
accertamento degli elementi sintomatici della crisi di impresa”, utilizzando i contributi derivanti
dalle scienze aziendalistiche. Tale impostazione pianificatoria “ha trovato una traduzione giuridica
esemplare nel diritto bancario, in particolare nella […] disciplina della gestione delle crisi degli
istituti di credito derivante dal recepimento della Direttiva BRRD”.

                                                 16
Marco Sepe

    LA VECCHIA E LA NUOVA SOCIALIZZAZIONE DELLE PERDITE:
            ELEMENTI DI CONTINUITÀ E DI DISCONTINUITÀ ∗
                   (The old and the new socialization of losses:
                    elements of continuity and discontinuity)

ABSTRACT: The paper examines the evolution of rescue systems in the context of
banking crises, highlighting the elements of continuity and discontinuity following
the introduction of the regulation on the resolution of banks and the influence on
these systems of state aid regulations. The framework that emerges shows that in
no time the rescue of banks has set itself as a rigid alternative between bail-in and
bail-out; what has always been achieved is a "bail-in-out", in the sense that internal
salvage tools have competed with external salvage tools.

SOMMARIO: 1. Le persistenti criticità nella costruzione dell’Unione Bancaria Europea. – 2. Il mec-
canismo di socializzazione delle perdite nella disciplina antecedente la BRRD. – 3. L’interferenza
della disciplina degli aiuti di Stato nel salvataggio delle imprese bancarie. – 4. Il sistema della BRRD
e l’intervento dei fondi di risoluzione e dei fondi di garanzia. – 5. La socializzazione dei costi della
crisi nel nuovo sistema. – 6. Conclusioni.

        1. La costruzione dell’UBE fondata sui tre pilastri del SSM - SRM - Assicu-
razione Depositi, a tre anni dal suo varo, mostra ancora profili di contradditto-
rietà nonché criticità di carattere generale e specifico:
a) rileva innanzitutto l’incompletezza della disciplina, stante la carenza di un si-
stema di garanzia dei depositi centralizzato, con conseguente frammentazione
del mercato;
b) l’elefantiasi della stessa, cui peraltro non corrispondente una diminuzione del
tasso di discrezionalità delle autorità, né tantomeno una chiarezza su chi sia il

∗
 Contributo approvato dai revisori.

                                                  17
La vecchia e la nuova socializzazione delle perdite

decisore finale, sul “se e come” far fronte a una crisi bancaria di una qualche ri-
levanza (se l’autorità di vigilanza nazionale e la BCE, se le autorità di risoluzione,
lo Stato d’origine della Banca o la Commissione o l’esito finale sia frutto, in buo-
na sostanza, di un sistema di co-decisione);
c) la difficile conciliabilità, almeno nel breve periodo, non tanto e non solo degli
“obiettivi-fine” (stabilità macro e microeconomica, tutela dei depositanti, versus
concorrenza nel SSM; continuita' delle funzioni essenziali, stabilita' finanziaria,
contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, tutela dei deposi-
tanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonche'
dei fondi e delle altre attivita' della clientela nel SRM (cfr. art. 21, comma 1,
dlgs. 180) quanto degli obiettivi-mezzo: è osservazione comune che, nella misu-
ra in cui il primo pilastro (SSM) rafforza la patrimonializzazione come baluardo
della stabilità, il secondo pilastro invece la penalizza (SRM), aumentando i costi
per il suo reperimento. Vi è l’eventualità che a fronte di un maggior costo nella
raccolta di elementi patrimoniali per le banche e a un correlato maggior rischio
per coloro che comunque decidono di investire, corrisponda da parte di questi
ultimi una visione ancor più orientata verso lo short termism e l’appropriazione
di benefici privati, piuttosto che volta a salvaguardare la long term viability
dell’ente sovvenuto;
d) sovradimensionamento, ma al tempo stesso, rischi connessi all’utilizzo o al
mancato utilizzo degli strumenti per il perseguimento degli obiettivi:
- alle autorità di settore vengono infatti attribuiti poteri incisivi (cfr. art. 53 bis,
53 ter e misure di intervento precoce ex 69-octiesdecies del t.u.b.), che potreb-
bero scolorare se non in un’etero direzione dell’impresa bancaria, in un inter-
ventismo precauzionale (al fine di non vedersi contestata ex post scarsa solerzia
nell’intervento di vigilanza), tale da rendere evanescente il distinguo tra vigilan-
za e gestione dell’impresa (il tutto aggravato dall’inevitabile margine di sogget-
tività delle valutazioni sia degli attivi che dei passivi);

                                            18
Marco Sepe

- inoltre, l’utilizzo o anche la mera possibilità di attivazione degli strumenti stes-
si provoca o aumenta gli effetti della crisi dell’intermediario: con riferimento al
“bail-in” lo stesso Governatore ha sostenuto, a più riprese, come regole e stru-
menti pensati per prevenire le crisi o favorirne la loro soluzione, andrebbero ri-
considerati, alla luce del fatto che la loro applicazione in concreto sembra favo-
rirne o anticiparne il verificarsi. E anche con riferimento ai piani di risanamento
già due anni orsono, in un convegno a Sassari, ebbe a rappresentare la conside-
razione ovvia che, una volta che una banca abbia comunicato all’Autorità di vigi-
lanza (e reso pubblica) l’adozione di una misura prevista dal piano di risanamen-
to, ciò equivalga alla certificazione, se non di una situazione di pre-crisi, di una
situazione di difficoltà, che potrebbe avere come conseguenza una crisi di fidu-
cia della clientela (più o meno pronunciata) nel nuovo contesto ordinamentale,
dove la salvezza del depositante non è più un assioma;
e) da ultimo, ma non ultimo, un meccanismo di ripartizione dei costi e delle
perdite della crisi che, al di là della petizione di principio, di evitare «privatizza-
zione dei profitti quando la banca è in vita» e una «socializzazione delle perdite
nei casi di insolvenza» presenta:
- profili di incoerenza e ampi margini di discrezionalità nella distribuzione della
effettiva incidenza delle perdite;
- sembra comunque non poter prescindere da “forme di socializzazione delle
perdite”;
- risulta pesantemente influenzato e condizionato dalla disciplina sugli aiuti di
stato (anch’essa oggetto di interpretazioni ed applicazioni non univoche nel
tempo);
- appare comunque insufficiente a far fronte a crisi di natura sistemica.

       2. Con riferimento all’ultimo dei segnalati punti di criticità, occorre innan-
zitutto sgomberare il campo da un pregiudizio: in nessun tempo il salvataggio
delle banche si è posto come una rigida alternativa tra bail-in e bail-out; ciò che

                                          19
La vecchia e la nuova socializzazione delle perdite

si è sempre realizzato è un “bail-in-out”, nel senso che strumenti di salvataggio
interno hanno concorso con strumenti di salvataggio esterno.
        Nel sistema antecedente la BRRD, infatti, la gestione della crisi bancarie
avveniva ricorrendo a una molteplicità di interventi e strumenti, quali:
- l’avvicendamento della proprietà mediante la cessione di pacchetti di maggio-
ranza, aumenti di capitale, fusioni o altre operazioni straordinarie, che avevano
ricadute sugli originari azionisti, i quali venivano a vedere la loro partecipazione
diluita o azzerata, il tutto attraverso il ricorso alla moral suasion da parte
dell’Autorità di Vigilanza con la banca ancora in bonis o l’adozione
dell’amministrazione straordinaria (seppure l’operazione di ristrutturazione so-
cietaria proposta dai commissari doveva trovare il via libera assembleare);
- la liquidazione coatta amministrativa, con distruzione del valore per gli azioni-
sti e trasferimento ad altro soggetto dell’azienda bancaria, ma anche qui con
salvaguardia della continuità aziendale, o quantomeno dei rapporti contrattuali
in essere attraverso il meccanismo della cessione di attività e passività 1;
- il ricorso a vantaggi compensativi per il soggetto interveniente, quali
l’ampliamento della struttura territoriale o, laddove ciò non fosse sufficiente,
attraverso le provvidenze del d.m. 27.9.1974 (c.d. decreto Sindona) consistenti
nella concessione da parte della Banca d’Italia alle banche cessionarie di attività
e passività di anticipazioni a 24 mesi su buoni del tesoro a lunga scadenza al tas-

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 Nella logica di distinguere in caso di crisi tra le sorti dell’imprenditore e dell’impresa e in linea
con le teorie che vedono l’impresa come “nexus of contract” (per tutti JENSEN, MECKLING, The
theory of the firm: managerial behavior agency costs, ownership structure, in Journal of financial
economics, 1976, 3, 305), il Governatore Ciampi nel 1982 (intervento al XXV Congresso
nazionale del Forex Club Italiano, Il sistema creditizio e il riequilibrio dell’economia, in www.
carloazegliociampi.it) ebbe a sottolineare come “gli obiettivi da perseguire in caso di dissesto
non possono limitarsi a quelli, pur essenziali, di accertare le cause e le responsabilità di
recuperare al massimo l’attivo. L’azienda bancaria ha un valore in sé, che merita autonoma tutela
… la sua disgregazione, di norma, rappresenta una perdita netta per l’economia”. RULLI,
Contributo alla studio della disciplina della risoluzione bancaria, 2017, 5, sottolinea come,
all’epoca, la tensione giuridica (ma forse anche politica) era tutta volta alla tutela del risparmio ed
istanze, quali quelle concorrenziali e di tutela delle finanze pubbliche, erano ancora da lì a venire.

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