RIPORTA DI PERCEPIRE ODORE E/O AVERE VISIONE SGRADEVOLE DURANTE IL

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Causa I.R.P.A.I. 09
  RIPORTA DI PERCEPIRE ODORE E/O AVERE VISIONE SGRADEVOLE DURANTE IL
                                 PASTO

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:
L’anziano può non sentirsi a proprio agio nell’ambiente comunitario e sviluppare
inappetenza per stimoli sgradevoli; quando essi sono percepiti in sala da pranzo,
penalizzano in modo importante l’accettazione ed il consumo di quanto proposto. È
molto importante intuire il disagio ed intervenire, prevenendo il digiuno,
soprattutto quando il soggetto non lo esterna per deficit comunicativi espressivi o
per imbarazzo.

CASO 1:
La signora Miranda ha 77 anni ed è istituzionalizzata da 4. Presenta demenza
fronto-temporale con storico di wandering, ma attualmente è costretta in
carrozzina polifunzionale per disturbi atassici emersi in comorbilità al decadimento
cognitivo.
La patologia del cervelletto causa in questo caso limitati movimenti parassiti e
soprattutto disturbi dell’equilibrio, motivo per il quale è stata necessaria
l’imposizione in sedia. Ad oggi la signora non dimostra segni di wandering,
mantenendo un comportamento tranquillo quando non in movimento. Non si
esprime verbalmente, per afasia motoria secondaria alla demenza. Non autonoma e
con fase orale inficiata dai movimenti neurologici, viene imboccata con dieta
cremosa.
Da circa tre giorni rifiuta puntualmente il pasto, con evidenti segni di disgusto e di
lamento (che esprime con suoni vegetativi) verso il commensale che le è seduto
davanti a tavola, un ospite che erutta frequentemente e sputa catarro sul bicchiere.
Non è possibile contenere il comportamento di quest’ultimo, poiché anch’egli
affetto da demenza (Alzheimer) in una fase nella quale la comprensione non è
conservata.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
L’equipe, sotto indicazione del coordinatore socio-assistenziale, valuta l’ipotesi che
il rifiuto del pasto derivi da una visione sgradevole, e dunque interviene
direttamente su di essa:
     - Cambio del posto a tavola: spostando la signora Miranda in una
          disposizione alternativa delle tavole, ella riduce la visione e la percezione
          dell’ospite disturbante (ode meno le eruttazioni ed è distante dall’odore
          se/quando egli evacua nel panno durante il pranzo), e riprende a mangiare;
     - Cambio totale dell’ambiente: sacrificando il lato conviviale del pasto, si
          tenta di alimentare la signora in camera con i parenti, ambiente che
          dunque sarà percepito come familiare e soprattutto lontano da
          inquinamenti di natura visiva, uditiva ed olfattiva.
La signora Miranda dimostra sin da subito un incremento graduale del consumo del
pasto, quanto più viene isolata dalle stimolazioni a lei sgradevoli.
In conclusione:

 Stimoli sgradevoli percepiti nel luogo dove si consuma il pasto possono esserne
causa di rifiuto. L’anziano istituzionalizzato può incorrere, nella vita comunitaria,
  a visioni, odori e/o rumori fastidiosi legati agli altri commensali o alla qualità
  dell’ambiente adibito a mensa, risultando schifato, disturbato ed inappetente.
    È molto importante intuire il disagio ed intervenire, prevenendo il digiuno,
soprattutto quando il soggetto non lo esterna per deficit comunicativi espressivi o
                                    per imbarazzo.
Una valida strategia risiede nel cambio del posto a tavola o in casi più importanti
nella variazione totale del setting, in modo da isolare quanto più possibile l’ospite
 dagli inquinamenti che penalizzano l’accettazione ed il consumo degli alimenti.

                                 Causa I.R.P.A.I. 10
                              LA DIETA È MONOTONA

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:
Il rifiuto del cibo nell’anziano istituzionalizzato può derivare da una dieta che non
stimola l’appetenza, perché monotona o percepita come insipida e distante dalle
abitudini alimentari (quando lecite) del proprio vissuto.

CASO:
Il signor Giulio, di 72 anni, è istituzionalizzato da circa 10 giorni. Presenta quadro di
demenza lieve, non ne viene specificata in anamnesi una diagnosi precisa. Alterna
momenti di quiete ad episodi nei quali, pur non dimostrando aggressività, disturba
il reparto lamentandosi a gran voce; ad ogni rilevazione, tuttavia, viene riscontrata
una motivazione ipoteticamente reale del suo disagio, dall’acqua troppo poco calda
nell’igiene alle bevande tiepide che non gradisce. Da 24 ore rifiuta il pasto,
asserendo che le pietanze siano monotone e che “è stanco di mangiare sempre la
stessa roba”. Non disfagico né diabetico (o affetto da altre complicanze fisiche),
assume dieta libera.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
Il logopedista, con la cucina e la dietologa, valuta il menù servito, che risulta ciclico
di 12 pietanze la settimana tra primo, secondo e contorno, ed offre sempre la scelta
di un’alternativa di prodotti confezionati, come ad esempio la ricotta al posto della
carne o la verdura cruda anziché quella cotta.
Valutato il caso in equipe, non emergono problematiche di natura fisica (disabilità,
ridotte autonomie, sofferenze o dolori ecc.), così il servizio di psicologia valuta
ipotesi trasversali che spieghino il rifiuto:
      - Diminuzione dello stimolo di appetenza: mangia meno con l’avanzare
          dell’età, presenta senso di sazietà e di pienezza più rapido, vengono a
          mancare quella “fatica” e quel movimento che “fanno fame” o presenta
          difficoltà a percepire l'appetito;
      - Non accetta la struttura e la condizione di istituzionalizzato, rifiuta per
          provocazione e protesta;
      - Presenta disabilità sensoriale olfattiva/gustativa: sente meno i sapori
          (sarebbe difficile approcciare un training riabilitativo in ospite facilmente
          suscettibile);
      - Ha tristezza per la perdita della casa e variano ritmi ed abitudini
          consolidate in essa, depressione ed eventi stressanti come
          l’istituzionalizzazione hanno come conseguenza un comportamento di
          apatia verso il pasto.
Tutte queste cause sono argomentate nei capitoli precedenti e successivi,
individualmente. A prescindere, il team ragiona sul fatto che la manifestazione
dell’evento possa avere come ragione finale la “monotonia della dieta” che di per sé
può essere compensata con strategie di natura alimentare che vanno ad intervenire
anche sulle cause di rifiuto “intermedie”. Si passa dunque a:
      - Ricercare gli alimenti gradevoli dell’ospite: tramite intervista, vengono
          individuate le pietanze giudicate particolarmente gustose dal signor Giulio,

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come lo zampone, le lenticchie, il panino alla salsiccia, il pesce fritto, le
         olive ascolane;
    - Ampliamento del menù: con l’occasione, vengono selezionate alcune
         vivande che possano essere fornite in sicurezza anche agli altri ospiti, come
         spunto per inserire nella preparazione dei pasti alcune nuove voci
         potenzialmente appaganti, come ad esempio, nel nostro caso, le
         crocchette di patate impanate;
    - Supporto della famiglia: in presenza di una rete familiare che fa visita
         regolarmente al signore ed esclusi gli alimenti che possano essere per egli
         pericolosi, si permette ai care-givers di portarli e fornirli in sede separata
         dagli altri commensali, comunque sotto sorveglianza;
    - Presentazione del piatto: quanto viene fornito al signor Giulio viene
         disposto a tavola con una certa “eleganza”, in una logica atta a fargli
         percepire il momento del pasto come caloroso, informale e domestico.
Dopo la validazione del nuovo menù da parte della dietologa e l’applicazione di
queste procedure, il signor Giulio non ha più rifiutato il pasto. Con l’occasione si
sono potuti osservare anche dei benefici individuali, incrementando in lui la fiducia
verso la struttura e l’accettazione delle nuove abitudini, e arricchendo i pasti con
vivande variate.
N.B: in presenza di importante decadimento cognitivo (grave al punto da compromettere la
memoria) può essere superflua l’ipotesi che il rifiuto del pasto derivi da una dieta monotona,
poiché il ricordo di quanto mangiato di pasto in pasto può non essere mantenuto. Si valuterà
piuttosto, in ambito strettamente contingente alla qualità dell’alimento, la possibilità che
esso sia insipido o di consistenza sgradita.

In conclusione:

    Una dieta che non stimola l’appetenza perché monotona può essere causa di
rifiuto del pasto nell’anziano istituzionalizzato che mantiene capacità di memoria,
   incentivando tra l’altro la scarsa accettazione della struttura e la depressione
   derivante dalla perdita della propria casa e delle abitudini consolidate in essa.
 Per affrontare il problema si consiglia la ricerca degli alimenti giudicati gradevoli
    dall’ospite, tramite intervista, ampliando il menù con le vivande che possano
 essere fornite in sicurezza anche agli altri pazienti e ricorrendo al supporto della
    famiglia per fornire le rimanenti giudicate lecite, in sede separata dagli altri
 commensali e comunque sotto sorveglianza. Anche la presentazione del piatto è
 utile a far percepire il momento del pasto come caloroso, informale e domestico.
  Si ricorra nei colloqui conoscitivi a CAA per ospiti lucidi ma deficitari nell’output
                                      comunicativo.
                                    Causa I.R.P.A.I. 11
     PRESENTA DISABILITÀ SENSORIALE OLFATTIVA/GUSTATIVA: SENTE MENO I
                                         SAPORI

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:
L’incapacità a percepire il gusto viene definita “disgeusia”. Questa disabilità
sensoriale può essere totale (ageusia) o parziale: in questo caso può riguardare solo
alcuni aspetti del gusto (dolce, salato, aspro o amaro) oppure la percezione degli
stessi può risultare inferiore/attenuata. La disgeusia può essere permanente o
estemporanea. Se permanente, si ricorre a procedure riabilitative per tentare di
restituire la funzione percettiva; se estemporanea, sicuramente vuol dire che è
stata risolta la causa che ha condotto al problema. Il dott. Fabio Colaboni di
“Docvadis” riporta nel 2011 sia cause locali che sistemiche, che si riportano
sottostanti:
     - Malformazioni congenite (Sindrome di Turner, Sindrome di Riley-Day,
          macroglossie ecc.);
     - Infiammazioni linguali e/o orofaringee di varia natura (micosi, moniliasi,
          aftosi, scarsa igiene orale, intolleranza a materiali impiegati in odontoiatria
          ecc.);
     - Neuropatie (paralisi del nervo facciale, tumori del tronco encefalico,
          neurinomi dell’angolo ponto-cerebellare, neuropatie diabetiche ecc.);
     - Traumi cranio-facciali con fratture della rocca petrosa (osso della base
          cranica in cui è contenuto l’orecchio);
     - Epilessia;
     - Schizofrenia;
     - Tumori orofaringei;
     - Patologie naso-sinusali con alterazioni dell’olfatto di varia natura
          (disosmie);
     - Patologie auricolari, le cosiddette “disgeusie otogene” (herpes zoster con
          localizzazione auricolare, complicanze da chirurgia dell’orecchio per
          lesione della corda del timpano, ecc.);
     - Patologie di ordine metabolico (ipo-avitaminosi,epatopatie, insufficienza
          renale ecc.);
     - Disendocrinie (tireopatie, patologie a carico delle ghiandole surrenali,
          malattie ipofisarie, morbo di Cusching ecc.);
     - Menopausa e gravidanza;
     - Farmaci (la penicillina e l’aspirina inducono una netta ipogeusia transitoria
          nel 20-50% dei casi, i farmaci antidepressivi, citosctatici, antipertrensivi,
          clorexidina, diclofenac ecc.);
     - Sostanze tossiche (anilina, benzolo, arsenico, tetracloruro di carbonio ecc.);
     - Radio-chemioterapia.
Ad oggi è possibile aggiungere, con un’importanza crescente, l’allettamento
prolungato con simultaneo accumulo di deposito biliare epatico.
La disgeusia è un sintomo spesso di difficile interpretazione sia clinica che
soggettiva.

CASO:

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Il signor Romano, 70 anni, è ospite in RSA da 18 mesi come caso sociale, senza
diagnosi di demenza ma con recente decadimento delle funzioni motorie: viene
posturato in carrozzina standard compiendo comunque camminate (ad esempio per
passaggi o in riabilitazione fkt). Non fumatore.
Emerge rifiuto del pasto secondario, a detta sua, dell’incapacità di percepire il
gusto: tutto gli appare insipido e non prova soddisfazione nell’alimentarsi. Al
momento del fatto, l’ospite è leggermente sovrappeso, come diabetico segue dieta
specifica dall’istituzionalizzazione senza aver dimostrato fastidi o lamentele
relativamente ad essa (unica nota: vorrebbe del pane). Da una settimana, in attesa
di sistemazione protesi dentale, vengono indicati cibi sminuzzati o cremosi.
Dopo il secondo giorno di rifiuto, il logopedista sconsiglia i frullati ed indica che i cibi
siano forniti interi, con l’operatore che verifichi senza farsi notare che l’ospite li
sminuzzi in autonomia. Questa strategia fallisce poiché risultano comunque troppo
duri per l’ospite da masticare.
Si passa dunque a sole pietanze morbide passe-partout, come purè per diabetici,
formaggio tenero, paté di tonno, mela cotta, yogurt senza saccarosio ecc. L’ospite li
accetta quasi “per cortesia”, ma lamenta lo stesso incapacità a percepire i sapori, e
pur sentendo la fame rinuncia alla sazietà di fronte all’innervosirsi dettato dalla
frustrazione. Perfino il pane integrale con olio d’oliva non appare gradito.
L’ospite continua dunque a non alimentarsi a sufficienza, ed anzi salvo poche
eccezioni rimane praticamente a digiuno.
Discusso il caso in equipe, viene confermata l’ipotesi generale che il rifiuto del pasto
non sia una forma provocatoria o secondaria ad altre cause, se non proprio
all’inappetenza, e la perdita dell’edonismo legato al pasto.
Si ispeziona il cavo orale, e non appaiono lesioni o patine sulla mucosa linguale che
possano inficiare la disabilità gustativa, ma questo è integro e ben lubrificato; il
medico studia la terapia fornita, indicando che il deficit sensoriale non compaia tra
gli effetti collaterali dei farmaci prescritti.
L’olfatto risulta vagamente più conservato.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
Ricondotta la causa del rifiuto del pasto alla disabilità olfattiva/gustativa, si tentano
delle strade di compensazione e riabilitazione, consapevoli che il problema possa
derivare anche semplicemente dalla senilità (seppur sia un campanello non
sottovalutato dal medico che prescrive esami stomatologici e gastroenterologici).
Rispettivamente, la compensazione più efficace deriverà da:
     - Mantenimento di pietanza inizialmente intera e poi sminuzzata o passe-
         partout per non rischiare di incrementare il disgusto anche sul piano della
         consistenza;
     - Scelta di alimenti e condimenti dal gusto deciso: il signor Romano
         apprezza le cipolline sott’aceto, la pasta aglio olio e peperoncino (ben
         dosato per non creare reflusso) ed il caffè amaro.
A livello riabilitativo, si tenta la strada della stimolazione gustativa/olfattiva.
Esistono varie procedure al riguardo e possono essere intuibilmente adattate alle
esigenze. Nello specifico, sono state effettuate:
     - Discriminazione dell’odore a vista schermata: l’ospite, dopo aver
           accettato l’attività in forma ludica, viene bendato ed invitato a riconoscere
           le fragranze che gli vengono poste sotto le narici, o consegnate in mano
           affinché le studi in autonomia. Si scelgono le erbe aromatiche, poiché
           legate alla cucina ed alla memoria del signore. Se riconoscere direttamente
           il profumo diventasse difficile, si possono suggerire delle scelte dalle quali
           indovinare per evitare la mortificazione ed il rinuncio del compito, sino ad
           arrivare nella più semplice delle ipotesi ad una scelta binaria;
     - Copertura della superficie della lingua con creme saporite: pulendo la
           lingua di volta in volta, essa viene ricoperta da creme pungenti e
           marcatamente gustose (rafano/cren, nutella ecc.), coprendo tutto l’organo
           e non solo la regione adibita alla sua qualità più significativa (dolce, salato,
           aspro, amaro). Come per l’attività precedente, viene mostrato alla fine
           l’alimento.
     - Uso simultaneo di caramelle ed aerosol: seppur non ancora dimostrato,
           l’aerosol sembra amplificare la percezione del gusto poiché va ad
           intervenire simultaneamente anche sull’olfatto. Viene dunque proposto al
           signor Romano, in assenza di vapori aromatizzati (come potrebbe
           possedere con effetti negativi la sigaretta elettronica che viene esclusa
           come mezzo), una soluzione neutra mentre tiene in bocca una caramella
           forte e senza zucchero a causa del diabete. Questa procedura chiaramente
           non è applicabile ad ospiti che non saprebbero gestire un corpo solido in
           bocca.
L’uso simultaneo di riabilitazione olfattiva/gustativa e di compensazione con
alimenti dal sapore deciso ed al minimo trattate, riporta Romano ad una percezione
gustativa sufficiente a godersi il pasto ed a non rifiutarlo.
Mentre le misure compensative sono state attuate quotidianamente, le tre
riabilitazioni sono state effettuate in giorni diversi della settimana dal logopedista
col supporto dell’educatrice professionale, per 4 settimane continuative, e sono
continuate per un altro mese (8 settimane in tutto) visti i risultati positivi. A distanza
di 2 mesi dal termine del trattamento, il primo follow-up dimostra che l’ospite ne
mantiene i benefici.
Ad oggi, dopo altri 6 mesi, non è mai più stato riscontrata percezione insipida del
cibo o rifiuto ad alimentarsi.
In conclusione:

 La disabilità sensoriale gustativa/olfattiva può emergere da svariate cause, e se
  esse non sono risolvibili nell’immediato, può condurre al rifiuto del pasto. Una
strada per far tornare il paziente ad alimentarsi ha come obiettivo la riattivazione
  gusto con conseguente piacere verso le pietanze: valutati i limiti e le necessità

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dell’ospite, si invitano come misure compensative il mantenimento di vivande
   inizialmente intere e poi sminuzzate o passe-partout e la scelta di alimenti e
     condimenti dal gusto deciso, simultaneamente ad un training sensoriale
riabilitativo che consiste nella discriminazione dell’odore a vista schermata, della
        copertura della superficie della lingua con creme saporite e dell’uso
   contemporaneo ove possibile di aerosol con bolo intensamente appetente in
                                        bocca.

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   PRESENTA LIMITAZIONI ALIMENTARI PER: DIABETE, ALLERGIE, DIARREA IN
                      TRATTAMENTO, DIVERTICOLI

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:
Le limitazioni alimentari legate al trattamento di una patologia o di un disturbo
possono rendere il pasto meno saporito o escludere pietanze giudicate importanti e
particolarmente piacevoli per l’ospite, che potrebbe percepire il cibo insipido o
sviluppare rifiuto, per provocazione o inappetenza. Vedere alimenti appetenti
consumati dagli altri commensali e saperli a sé negati può essere fonte di sconforto,
ed è dunque importante prevenire il digiuno tramite la strutturazione di una dieta
coerente col quadro sanitario ma altresì appagante, in un setting che ne stimoli il
consumo sereno.

CASO COLLETTIVO (Ambientale, di Reparto):
Il reparto “Fabrizio de André” della struttura nella quale viene fatta l’osservazione
che segue, è composto da anziani lucidi o con lieve demenza, non deambulanti. Due
ospiti, curiosamente, compiono 100 anni la stessa settimana, che coincide con
quella contenente l’Estate di San Martino, ricorrenza molto sentita nel paese della
Casa di Riposo.
Nel reparto sono presenti, tra tutti, la signora Francesca che ha un importante
diabete di tipo 1, la signora Lina (diverticolitica), Ester (allettata per frequente
scarica diarroica in trattamento) ed il signor Italo, allergico alle fragole.
Viene organizzata una celebrazione, invitando in ambito ludico, di musica ed
intrattenimento, i familiari dei signori del reparto. Essi portano alcune vivande, ma
viene sconsigliato di farle accedere alla struttura, poiché la pratica non è prevista
dal regolamento dell’istituto. Durante la festa, i professionisti trovano comunque
alimenti e bibite distribuite tra i signori, ed il controllo avviene in primis per i
disfagici: il logopedista, supportato dal personale presente, verifica e corregge le
consistenze di liquidi e solidi laddove necessario, per non incorrere in possibili ab-
ingestis. Non c’è però il tempo per prevenire la somministrazione di alimenti
sfavorevoli in quadri di diabete, diverticoli, allergie o quant’altre evidenze sanitarie
siano a conoscenza dell’equipe. La signora Francesca riceve Coca Cola ed il “Cavallo
di San Martino”, un dolce coperto di glassa e di caramelle a base di saccarosio; Lina
viene trovata a consumare un kiwi dopo un piatto di pasta e fagioli (rispettivamente
colmi di semi e di scorie). Ester ed Italo, invece, consumano abbondante yogurt alla
fragola.
Immediatamente i familiari vengono convocati per contenere il proprio
comportamento, ed addestrati a non somministrare alimenti che scompensino i
problemi clinici degli ospiti, per non incorrere in sofferenze secondarie
all’assunzione di quanto proibito che limiti il benessere e la serenità di un pasto
corretto.
Questa direttiva, in principio sottovalutata ed anche vagamente derisa, si rivelerà
rigida nell’immediato futuro: dopo la festa, gli ospiti con diabete si presentano in
quadro di scompenso con sintomi quali nausea, soporosità, stato confusionale,
mentre i diverticolitici sono risultati affetti da rettorragia; si sono verificate
oltretutto reazioni allergie, fortunatamente con effetti lievi, ed incremento delle
scariche diarroiche. Si è creato, nel reparto, un immediato incremento del carico
assistenziale e sanitario, con un numero elevato di disidratazioni che fanno
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conseguire fleboclisi. Nei 2 giorni successivi, l’incremento del malessere degli ospiti
ha fatto emergere inappetenza, rifiuto del pasto o incapacità a mangiare per scarsa
vigilanza.
Una volta ristabilita una situazione generale in compenso, alcuni ospiti (come
appunto Francesca, Ester, Italo e Lina) hanno prolungato il proprio digiuno
ritenendo gli alimenti correttamente proposti come insipidi.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
L’episodio narrato fa riflettere sul fatto che, laddove vi sia una limitazione sanitaria
riguardante l’alimentazione (es. diabete, diverticoli, allergie o intolleranze ecc.) non
può esistere la “concessione” dell’alimento negato, ma esso deve essere pensato
sia per soddisfare i gusti che per prevenire le complicazioni legate alla patologia.
La soddisfazione che può derivare dal momentaneo piacere della vivanda vietata è
un guadagno minore rispetto al malessere che ne deriva, nonché causare successivo
rifiuto verso le pietanze concesse poiché considerate meno gustose. È necessario
costruire un dieta che garantisca la salute dell’ospite ed appaghi comunque
l’aspettativa, proponendo strategie che possono essere suggerite, a seconda del
caso, come sotto riportato.
      - Diabete: le indicazioni variano secondariamente al tipo di diabete, a sesso
          età ed attività fisica ed all’efficacia della terapia in corso. In ogni caso,
          regole passepartout consigliano la limitazione dei carboidrati (scegliendo
          ad esempio tra pasta, riso, pane o patate ed evitando gli zuccheri più
          complessi) e l’assunzione di una buona idratazione. Nell’anziano
          inappetente, in particolare, è possibile fornire pietanze dolcificate con
          prodotti che non incrementino la glicemia (es. Stevia), o specificamente
          acquistati per diabetici. Esistono al riguardo biscotti, dolciumi e quant’altro
          possa risultare appetente, e la fornitura di essi, se non supportata dalla
          struttura, va data in carico alla famiglia;
      - Diverticolite: quando l’ospite con diverticoli esige pietanze contenenti
          scorie, esse sono difficilmente “trattabili” in modo da rendere l’alimento
          privo delle componenti che possono insediarsi dell’intestino. Laddove
          possibile, però, è lecito intervenire. Alcuni esempi possono essere la frutta
          e la verdura nella quale sia rimovibile la componente della scorza e dei
          semi, come ad esempio i kiwi, i pomodori ed i peperoni.
      - Altre patologie: in casi di obesità, è possibile ricorrere alle strategie
          riportate per il diabete. Anche nella celiachia esistono svariati prodotti
          specifici, come per altre intolleranze quali del lattosio. In presenza di
          qualsiasi patologia (allergie specifiche, diarrea ostinata ecc.) il medico può
          indicare, in collaborazione col dietista, le concessioni più opportune.
Tramite l’applicazione dei metodi suggeriti sulla base del singolo disturbo, gli ospiti
del Reparto “Fabrizio de Andrè” sono tornati ad apprezzare la dieta, grazie
soprattutto ai compromessi raggiunti atti a gratificare il pasto ed accentuarne
l’edonismo. Non sono più insorti digiuni conseguenti alla mancata accettazione
delle portate, né scompensi patologici. Nella festa successiva i familiari si sono
dimostrati attenti nel preparare o acquistare i medesimi cibi graditi all’assistito, ma
nella veste deprivata dalle componenti dannose (es. pandoro per diabetici, frutta a
pezzi di sola polpa, biscotti di riso ecc.).

In conclusione:

L’anziano può avere delle limitazioni dietetiche legate a patologie quali il diabete,
      l’obesità, la presenza di diverticoli, allergie ed intolleranze alimentari ecc.
sviluppando rifiuto del pasto secondario al malessere derivante dalle complicanze
ad esse legate. È molto importante non somministrare alimenti che scompensino i
         problemi clinici degli ospiti, per non incorrere in sofferenze secondarie
  all’assunzione di quanto proibito che limiti il benessere e la serenità di un pasto
 corretto. L’anziano può sviluppare altresì inappetenza, percependo la negazione
                            di alcune vivande per sé gustose.
 Alla luce di ciò è necessario costruire un dieta che garantisca la salute dell’ospite
        ed appaghi comunque la sua aspettativa, proponendo strategie quali la
   dolcificazione con prodotti che non incrementino la glicemia nel diabete e nel
 sovrappeso, o privare l’alimento delle scorie per il diverticolitico. Esistono anche
 prodotti specifici, acquistabili per queste tipologie di ospiti come per altri affetti
          da intolleranze alimentari (ad esempio al lattosio o nella celiachia).

                           Causa I.R.P.A.I. 13
 LA PROTESI DENTALE È INCONGRUENTE O È EDENTULE E LA CONSISTENZA NON
                           GLI È MASTICABILE

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:

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Il rifiuto del cibo può derivare dalla difficoltà o addirittura dall’incapacità di
masticare i cibi, cosa che può mortificare e portare all’“arresa” verso il consumo del
pasto. L’anziano, trasversalmente, può vivere emozioni negative legate a questo
evento poiché può portarlo ad intuire la riduzione delle proprie capacità, il
cambiamento del proprio corpo, la fatica ed il dispendio maggiore di energie per
mansioni prima date per “scontate” e la minaccia di limitatezza futura della
variabilità della propria dieta.

CASO:
Il signor Vittorio ha 77 anni ed è istituzionalizzato da uno e mezzo. Presenta un
quadro di demenza mista con importante componente frontale. Dimostra in
struttura una vita serena, è autonomo nelle ADL e non ha mai dato segni di
disturbo, se non tramite episodi di ipersessualità, comunque contenuti dal
personale se dannosi per gli altri ospiti. Comunica a motti non sempre interpretabili,
in un’apparente afasia motoria che però conserva gli automatismi (sa recitare le
preghiere e ama moltissimo cantare). Consuma dieta libera.
Viene segnalato per parziale rifiuto del cibo: digiuna da un’intera giornata, nei cui
pasti principali ha assunto solo i liquidi, purè di patate e yogurt. Non si sono
manifestati segni di sofferenza fisica né emergono particolari variazioni nella sua
ritualità quotidiana.
Edentule compensato da protesi, viene innanzitutto controllato il cavo orale, nel
quale si può notare la dentiera instabile per quanto riguarda l’arcata superiore.
Ricollocata correttamente la pasta adesiva, non si vedono miglioramenti, e dunque
si sospetta che essa sia diventata incongrua.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
Il rifiuto del pasto del signor Vittorio è una conseguenza dell’incapacità di masticare
le pietanze, dovuta all’incongruenza della protesi dentale. La soluzione per risolvere
il problema è intuibile e tempestiva:
       - Variazione della consistenza della dieta: in attesa della costruzione di una
           nuova protesi, si prescrive una dieta cremosa che possa essere assunta da
           Vittorio in facilità;
       - Scelta di pietanze passe-partout: quando non accetta il piatto, perché
           forse di impatto sgradevole o percepito come insipido, si propongono
           vivande molto morbide o semiliquide già di per sé presenti nella dieta
           precedente e rituale, quali formaggio tenero, purè, vellutate, passato di
           verdure, creme saporite, yogurt, budino, gelato omogeneo in pallina
           (l’ospite non è diabetico né diverticolitico);
       - Riadattamento della protesi dentale: viene avviato l’iter di valutazione
           stomatologica ed ortodontica, con ordine di un nuovo ausilio di dentizione
           artificiale per l’arcata superiore.
Una volta ottenuta la nuova dentiera, Vittorio è tornato a consumare il pasto non
artificiato senza mostrare alcun segno di digiuno.
In conclusione:

Nell’anziano l’edentulia, parziale o totale, va compensata con la protesi dentale
per permettergli una corretta ed agile masticazione. Essa, per quanto in principio
  costruita ad-personam, va monitorata nella conformità nel corso del tempo,
     poiché è frequente che possa variare nell’ospite la morfologia delle arcate
    (soprattutto per l’osso mascellare ed in caso di dimagrimento), rendendola
                                   incongruente.
 Questa eventualità può rappresentare una causa di rifiuto del pasto, facilmente
   intuibile ma che richiede particolare valutazione negli ospiti con difficoltà di
                                  comunicazione.
  Il riadattamento della dentatura artificiale è risolutivo, ed in attesa di esso si
     consiglia una variazione nella consistenza della dieta (che non richieda la
  masticazione, es. cremosa) privilegiando le pietanze passe-partout affinché il
   momentaneo passaggio sia graduale e prevenga una possibile inappetenza.

N.B.: come argomentato nel paragrafo 4.1, recentemente è stato inventato un
pasto di consistenza simile al budino, facilmente assimilabile ed adatto
praticamente ad ogni tipo di disfagia, che simula nella forma la reale immagine
della pietanza non artificiata. Questa innovazione rappresenta un’ottima
soluzione in caso di impossibilità riabilitativa, di inferenza di demenza che danno
chance di “ingannare l’occhio”, nonché nei momenti di transizione di ipotetici
cambi di dieta

                             Causa I.R.P.A.I. 14
      IL SAPORE E/O LA CONSISTENZA DEL CIBO SONO VARIATE E RITENUTE
                               SGRADEVOLI

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:
                                        13
L’anziano istituzionalizzato riceve una dieta sicuramente diversa rispetto a quella in
precedenza proposta da sé o dai care-givers più stretti, anche per quanto riguarda
la consistenza dopo l’eventuale insorgenza di disfagia. Generalmente in una vita
comunitaria, l’anziano non può scegliere la pietanza se non tra limitate opzioni, e
l’alimento può seguire una preparazione diversa rispetto alle abitudini consolidate
nel vissuto. Se poi avvengono problematiche legate al decadimento dell’atto
deglutitorio, potrebbero rendersi necessarie vivande artificiate (liquidi
diversamente addensati, corpi cremosi ecc.). L’ospite può rifiutare il pasto se non lo
trova appetente, come visto in precedenza, ma soprattutto quando non viene
accettato il passaggio ad una consistenza meno appagante.

CASO:
Piera ha 79 anni, entra in struttura dopo stroke con esiti di emiplegia sx. La signora
ha dentizione conservata, è lucida ed autonoma nell’atto del mangiare, servendosi
dell’arto destro. La corda vocale sinistra è però ipomobile, rendendo la glottide
incompetente nella sua chiusura: si osserva voce disfonica (a tratti afona, altre volte
diplofonica con vocal fry) e disfagia lieve-moderata, probabilmente ancora
compensata dall’epiglottide.
Durante la valutazione logopedica emerge tosse efficace, con saturazione costante
a 97%. La signora rifiuta le prove con acqua addensata e pietanze cremose,
asserendo di non apprezzarle. Si accetta il compromesso di bere con acqua gassata
e fredda con cannuccia o tramite bottiglietta il cui tappo funge da filtro “dosatore”,
di evitare le consistenze miste e quelle sfilacciose (come rispettivamente la pastina
in brodo ed i finocchi, che Piera avrebbe gradito) ed assumere pietanze normali
sminuzzate purchè con mento adeso al petto ad ogni atto deglutitorio.
Per circa un mese la signora ha assunto il pasto senza mostrare alcuna
problematica, ma successivamente Piera risulta disidratata ed inappetente verso
l’acqua. Se invitata a bere, dimostra resistenza ed emerge tosse, nonostante le
precauzioni fino ad allora valide; anche costretta alle fleboclisi, riferisce di preferirle
all’acqua addensata. Dopo poco avviene un episodio di soffocamento col bolo
solido, risolto con Manovra di Heimlich, e comincia a verificarsi febbre imputata dal
medico a polmonite ab-ingestis. La variazione della consistenza della dieta diventa
obbligatoria.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
L’ospite mostra segni di disfagia secondari ad incompetenza glottica per emiplegia
sx, tali da rendere necessaria una dieta cremosa con liquidi addensati a sciroppo,
che prevenga l’aspirazione del bolo; essa viene rifiutata ostinatamente dalla
paziente, che incorre in rischio di malnutrizione e di NA.
I servizi riabilitativi che presero in carico la signora Piera intensificano la frequenza
dei trattamenti di:
     - Terapia logopedica della disfagia mirata a potenziare l’affrontamento
           cordale, tramite principalmente colpi di glottide ed esercizi di deglutizione
           supersovraglottica.
-    Colloqui con psicologa per stimolare l’accettazione del pasto: il servizio di
         psicologia sceglie un approccio di tipo cognitivo-comportamentale con
         esami di realtà, vista la lucidità dell’ospite.
La prima attività dimostra un graduale miglioramento nell’ospite, che però continua
a non accettare il pasto frullato.
Vengono dunque fornite le seguenti indicazioni:
     - Fornire pietanze passe-partout: viene prescritta una dieta bilanciata di
         pietanze cremose per propria natura, se omogenee e senza scorie, come
         marmellata di frutta, passato di verdura, formaggio tenero, purè di patate,
         vellutate, zuppe semiliquide, hummus, yogurt, budino ecc.;
     - Dolcificare i liquidi addensati con essenze e frutta: essendo l’acqua
         addensata percepita come viscosa e sgradevole, ci si propone di diluirla
         con purea di frutta e di addensare succhi o tisane saporite, dolcificandole;
     - Fornire concessioni in rapporto individuale: in presenza di un care-giver
         dedicato, è possibile concedere il consumo di piccole porzioni di dieta
         libera, poiché l’ospite viene sorvegliata e monitorata in tempo dilatato.
In seguito, la signora Piera non è mai riuscita a tornare ad una dieta libera, ma il
trattamento logopedico, che prosegue, garantisce il mantenimento delle sue
capacità rallentando il decadimento della prestazione. Ad oggi, con la dieta
prescritta, non ha più rifiutato il pasto né avuto episodi di ab-ingestis.

In conclusione:

 L’anziano con disfagia o voracità può rifiutare il pasto se la consistenza, variata,
  risulta sgradevole. Quando le compensazioni naturalistiche non sono sufficienti
 (ausili, postura, temperatura e qualità alimento) e la pietanza artificiata diventa
  obbligatoria (liquidi addensati e cibi cremosi) è necessario ricorrere a strategie
quali la scelta di una dieta composta da portate passe-partout e la condensazione
di bevande gustose, concedendo eccezioni in rapporto individuale se in sicurezza e
         svolgendo intanto un iter riabilitativo logopedico e di accettazione.

                           Causa I.R.P.A.I. 15
 MASTICAZIONE E DEGLUTIZIONE RICHIEDONO SFORZO FISICO, È PIGRO E/O HA
                         RIDOTTE AUTONOMIE

PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA:
Quando nell’anziano l’atto di alimentarsi richiede fatica, vale a dire un notevole
sforzo fisico nel portare il bolo alla bocca, masticarlo e deglutirlo, egli può rinunciare
al compito, rifiutando il cibo. Infatti può dimostrare scoraggiamento nella

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consapevolezza del proprio decadimento o valutare l’azione come un impegno
eccessivamente dispendioso, sacrificando addirittura il benessere che deriva dalla
sazietà.

CASO:
Il signor Giacomo ha 70 anni, è istituzionalizzato da circa 50 giorni con provenienza
da domicilio. Presenta ipotonia con decadimento motorio dopo svariati TIA che, pur
non compromettendo l’aspetto cognitivo, lo costringono in posizione semisdraiata
in carrozzina polifunzionale. Viene segnalato al logopedista per disturbi legati
all’alimentazione.
Alla valutazione, l’ospite (che assume dieta libera in sicurezza) non presenta alcun
segno di disfagia. Emergono tuttavia scarsissime autonomie: l’anziano va guidato
nei movimenti degli arti superiori in rapporto individuale non sempre possibile, e la
masticazione è molto lenta e sembra difficoltosa, con smorfie di fatica che
coinvolgono anche il momento della deglutizione. I tempi del pasto vengono
rispettati.
Dal follow-up effettuato in equipe, si evince che con grande probabilità il signor
Giacomo abbia gradualmente rinunciato al compito di alimentarsi poiché ogni fase
richiede particolare sforzo: il paziente, come confermerà aiutandosi con la CAA a
causa della disartria, riferisce di avere inappetenza a causa dell’impegno che la
nutrizione impone nel suo caso, ammettendo tra l’altro di essere sempre stato un
uomo “pigro”.

IPOTESI DI SOLUZIONE E TRAINING RIABILITATIVO:
Il lavoro interdisciplinare del team percorre il seguente iter:
      - Riabilitazione delle prassie aass ed orali: l’ospite viene inserito in un ciclo
          di trattamento individuale logopedico ed FKT, mirato al rinforzo della
          muscolatura splancnocranica e degli arti superiori;
      - Consumo di piccoli pasti durante la riabilitazione: durante il trattamento,
          sono stati proposti piccoli boli presentati come elemento centrale
          dell’attività. Gli stessi sono stati assunti. Si è dunque passati,
          successivamente, al bicchiere con l’acqua, che ha permesso l’idratazione
          ed il lavoro specifico attorno all’atto del bere;
      - Dilazionare il pasto in base alla quantità assumibile dall’ospite:
          parallelamente all’iter, il signor Giacomo ha ricevuto piatti
          quantitativamente ben strutturati durante i pasti, nella misura che si è
          calcolato essere coerente al livello gradualmente raggiunto, senza forzare il
          compito per non indurre scoraggiamento;
      - Momentanei imbocco, variazione di consistenza ed uso di ausili se
          accettati: inizialmente è stato necessario fornire all’ospite un bicchiere con
          tappo ed imbocco per rendere più efficace la suzione e ridurre la fatica
          della prassia, tuttavia non è stato accettato a causa della sua somiglianza al
          biberon. Nei momenti però nei quali l’anziano appariva veramente inabile
e stanco, ha accettato l’imbocco, nella consapevolezza che tale procedura
        sarebbe stata limitata alla circostanza contingente.
Già con l’inizio del trattamento, l’ospite ha collaborato consumando quanto
proposto in sede riabilitativa, interrompendo il digiuno. Il signor Giacomo ha poi
raggiunto e mantenuto una maggiore autonomia, senza presentare nuovamente
comportamenti di rifiuto del cibo.

In conclusione:

 L’anziano può rinunciare al compito di nutrirsi, rifiutando il cibo, quando l’atto di
 alimentarsi richiede fatica, vale a dire un notevole sforzo fisico nel portare il bolo
       alla bocca, masticarlo e deglutirlo. Può dimostrare scoraggiamento nella
         consapevolezza del proprio decadimento, pigrizia o valutare l’azione
            eccessivamente dispendiosa, sacrificando il piacere di mangiare.
  In questi casi, per interrompere il digiuno, è necessario far riacquistare all’ospite
   fiducia ed economia, intraprendendo un iter riabilitativo delle prassie degli arti
      superiori ed orali, finalizzato ad aumentare l’autonomia e ridurre tempi ed
impegno durante il pasto. Il cibo stesso può essere usato come strumento durante
 il trattamento, aumentando dunque l’introito idrico e calorico trasversalmente. Il
  piatto presentato dovrà avere una quantità di pietanze coerente con la capacità
contingente del paziente, che qualora lo accettasse (la mortificazione va verificata
   dal servizio di psicologia che può coordinare anche esami di realtà e colloqui di
  accettazione) potrà essere supportato momentaneamente con imbocco ed ausili
           facilitanti come posate ad impugnatura spessa o bicchieri cuffiati.

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