Rapporto 2020 - PUBBLICO PRIVATO IL MERCATO DEL PARTENARIATO NEL VENETO - IUAV
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PROGETTAZIONE Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto CRESME Europa Servizi IL MERCATO DEL PARTENARIATO GESTIONE PUBBLICO PRIVATO FINANZIAMENTO MANUTENZIONE NEL VENETO COSTRUZIONE Rapporto 2020 27 maggio 2021
Rapporto 2020 Indice PARTE PRIMA: Per un nuovo Partenariato Pubblico Privato. 3 Valorizzare le nuova risorse, potenziare la qualità dei progetti, rilanciare il territorio attraverso la partecipazione 1. Per un nuovo rapporto di partenariato pubblico e privato 4 1.1. Una nuova stagione di investimenti pubblici 4 Tante risorse, tanti debiti: far fruttare gli investimenti. Il PPP potrebbe essere una 1.2. 5 risposta? 1.3. 2020: l’impatto della Pandemia e il crollo del PPP 8 Le nuove emergenze e la collocazione del Partenariato Pubblico Privato: verso un PPP 1.4. 11 diffuso e maggiormente attento all’interesse del “bene comune” 1.5. Rigenerazione urbana è il vero motore del PPP per i prossimi anni? 15 1.6. Considerazioni sulle criticità del PPP e la sfida di una nuova capacità tecnica 16 PARTE SECONDA: 20 Il mercato del PPP nel Veneto 1. I primi risultati del 2021 21 2. Trend 2002-2020 28 2.1. I bandi 28 2.2. Le aggiudicazioni 29 3. Il peso del PPP sul mercato delle opere pubbliche 30 4. I committenti 33 4.1. I Comuni 35 5. Le tipologie contrattuali e le procedure 38 6. I servizi richiesti 44 7. La dimensione dei contratti 48 8. Il territorio 51 9. Stato di avanzamento dei procedimenti attivati 53 APPENDICE 57 A.1 I contratti di PPP monitorati 57 A.2 Presentazione banca dati dell’Osservatorio regionale Veneto del PPP 58 2
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto PARTE PRIMA Per un nuovo Partenariato Pubblico Privato. Valorizzare le nuova risorse, potenziare la qualità dei progetti, rilanciare il territorio attraverso la partecipazione 3
Rapporto 2020 - Parte prima 1. Per un nuovo rapporto di partenariato pubblico e privato 1.1. Una nuova stagione di investimenti pubblici La pandemia ha portato un radicale cambiamento nell’ambito della politica economica: il ritorno dello Stato, del ‘pubblico’ nell’economia. Probabilmente con la pandemia viene messa da parte una lunga stagione iniziata negli anni ‘80. Le risorse e gli ambiti dell’intervento sui quali si sta discutendo sono così evidenti da cambiare il modello che ha caratterizzato la lunga fase economica che abbiamo vissuto. La pandemia si appoggia a una situazione che era diventata già critica, ma è un fattore esogeno, risolto il quale si potrebbe pensare di rientrare in un agire più normale (sempre che non abbiano ragione i pessimisti che sostengono che il Covid-19 ci accompagnerà per molto tempo). Siamo in una situazione in cui si sono bloccate sia la domanda aggregata, che paga il crollo dei redditi e l’incertezza diffusa, sia l’offerta aggregata, vittima tanto delle catene del valore internazionale che si sono disarticolate che del crollo degli ordini. La risposta alla crisi è quindi un enorme intervento sul mercato da parte dello Stato, che prevalentemente finanzia debito e sulle cui strategie di rientro è necessario interrogarsi, anche per le diverse posizioni di partenza che i vari Paesi hanno. Qualcuno ha ricordato che “dopo la seconda guerra mondiale il debito non è stato “ripagato”, ma solo progressivamente riportato a livelli “normali”, da una combinazione di crescita e inflazione”. Figura 1. - Covid-19 crisi response: recovery amd resilience Facility-“Flagship Area” Fonte: M.Feith, Police Offer-InvestEU.Directorte-General for Economic and Financial Affairs-ECFIN. Unit DDG.2- 03.Financing of climate change, infrastructure and Euratom Come gli Stati si comporteranno è però importante, e quale sarà l’esito delle diverse azioni messe in atto è decisivo per la competizione dei diversi sistemi economici. Naturalmente conta la capacità di fuoco, e da questo punto di vista il nostro Paese parte molto svantaggiato rispetto ad altri, anche se può fare cose che prima non poteva fare. Ma dobbiamo anche fare i conti con il fatto che una parte importante degli investimenti arriverà sul territorio e che vedrà come protagonisti i comuni: servono capacità progettuale, capacità realizzativa, capacità gestionale e monitoraggio della capacità di trasformare le risorse in cose che funzionano. Sarà 4
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto solo spesa pubblica o la spesa pubblica sarà in grado di avviare volani di sviluppo? Ad esempio attraverso interventi importanti di rigenerazione urbana? Per gli investimenti parliamo di uno scenario di crescita delle opere pubbliche a rete, ma parliamo anche di sanità, di scuole, di servizi, di sostegno alle famiglie e alle attività economiche. La qualità dell’allocazione delle risorse è una variabile decisiva nel riposizionamento che deriverà dal mix di crisi e risposte, lo è da sempre, ed è uno dei problemi del nostro Paese, ma lo è in particolare in questo momento: saper investire, saper concentrare le risorse, saper valutare i risultati potenziali degli interventi, saper progettare il futuro è la partita che si sta giocando. E questo va fatto da un lato, all’interno delle aree strategiche individuate dalla Commissione Europea per il Next Generation EU, dall’altro con la capacità di coniugare questi obiettivi con le esigenze dei territori locali. Nuovo fare. Il nostro Paese negli ultimi anni per varie ragioni è stato caratterizzato da un lato da una evidente incapacità del fare, dall’altro dalla necessità di non fare determinata dalle politiche di bilancio. Con un paradosso potremmo dire che la macchina pubblica per anni si è preoccupata di “non spendere” - pur spendendo -, mentre ora dovrà saper spendere. La crisi sembra portare a una nuova fase, non solo di nuove risorse ma la crisi può portare all’interno della macchina delle amministrazioni la comprensione che è necessario agire. Saremo in grado di far fronte alla sfida di spendere (bene) risorse che superano il 10% del PIL, ben più del piano Marshall, saranno in grado i comuni di agire sul piano locale e sui loro territori? nelle amministrazioni, ma è il Paese che deve reagire con forza alle situazioni più difficili, come sempre ha fatto nella sua storia. 1.2. Tante risorse, tanti debiti: far fruttare gli investimenti. Il PPP potrebbe essere una risposta? In poco più di dieci anni l’Italia ha vissuto tre grandi recessioni: 2008-2009 esito della crisi finanziaria internazionale, dei “derivati” e della bolla immobiliare; seconda metà del 2011-2014 la crisi “mediterranea”; 2020 la “crisi pandemica”. La prima e la terza di queste crisi hanno interessato anche l’economia mondiale, la seconda è stata una questione mediterranea, che ha visto come protagonisti l’Italia, la Grecia e con meno intensità la Spagna. Oltre a queste crisi l’Italia deve mettere in conto nelle fase non recessive una difficoltà di crescita, di investimento, di innovazione. Come abbiamo cercato di scrivere anche nel rapporto dello scorso anno, la misura della scarsa capacità competitiva si trova nella bassa produttività totale dei fattori. La crisi del 2020, con i suoi drammi, i suoi morti, la crisi di interi settori, ridisegna però anche una nuova stagione di opportunità che nasce dagli obiettivi di ripresa e resilienza che vengono dall’Unione Europa. La crisi ha cambiato la politica economica. Siamo entrati in una nuova fase, una nuova fase di collaborazione e allo stesso tempo di competizione. Da un certo punto di vista si potrebbe dire che quello che era difficile prima, diventa ancor più difficile oggi. Non solo la crisi è pesantissima, anche le risorse messe in gioco per affrontarla e per rilanciare l’economia sono eccezionali. Possiamo dire che ci troviamo di fronte a un grande reset, il cui esito può essere “un ripartire su basi nuove” oppure un “trovarsi ancora più indietro”. Perché la nuova politica economica riguarda tutti, forti e deboli, chi sta già avanti e chi sta indietro. Conta molto quello che si sa e si saprà fare. Una parte delle condizioni che frenavano una azione di riforma, 5
Rapporto 2020 - Parte prima “non si può cambiare senza investimenti, non si può investire se non ci sono risorse”, è messo in discussione. L’Europa ha cambiato approccio. E’ cambiata la politica economica. È oggi vitale “sapere cosa fare e farlo”, capire da dove ri-partire per risolvere le cose che non vanno. Oggi le risorse ci sono, e sono molte, una parte importante, straordinaria viene dell’Europa, ma dobbiamo ricordare, come vedremo più avanti, che una buona parte di queste risorse sono debito, e quindi andranno restituite. Inoltre le risorse vanno spese in un tempo ristretto: 2021- 2026/2027; sono cinque, sei anni in cui si gioca una partita importante di cambiamento e rilancio. E’ una sfida in cui il Paese e il suo territorio mettono in gioco molto, perché non ci siamo solo noi, tutti si stanno riposizionando. Dovremo investire bene e nei tempi che ci sono concessi, e dovremo ottenere da questi investimenti i risultati. Per rispondere a queste esigenze, come richiesto dall’Europa, è stato realizzato un programma di investimenti, redatto a partire dagli obiettivi fissati dall’Europa, ma con lo scopo più profondo di cambiare e rilanciare l’economia italiana , la sua competitività. Infatti “il Piano – scrive Mario Draghi nella premessa al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza inviato alla Commissione Europea nei primi giorni di maggio 2021 - comprende un ambizioso progetto di riforme. Il governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza 4”. Figura 2. - Le risorse legate ai programmi europei per il periodo 2021-2027 Fonte: CRESME da fonti varie 4 Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, #nexgenerationitalia, Italia futura, maggio 2021, p.4 6
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto Le risorse messe in gioco sono molte, si tratta per il solo PNRR di 191,5 miliardi di euro che potranno avere un impatto importante sull’economia del Paese. “Il Governo – scrive ancora Draghi- stima che gli investimenti previsti nel Piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti” 5. E proprio la capacità di attivare una ripresa economica, rispetto alla quale sono assolutamente necessarie molte riforme, costituisce la sfida che è in campo. In questo quadro, dal nostro punto di vista, è bene chiedersi quale è lo spazio per il Partenariato Pubblico Privato, dobbiamo interrogarci se sarà uno spazio che si ritrae o che si allarga. Nel momento in cui assistiamo al ritorno di una grande disponibilità di risorse pubbliche, una fase eccezionale, che richiama alla mente, pur su piani diversi, il Piano Marshall, o la Cassa per il Mezzogiorno, dovremmo sapere se al crescere delle risorse sarà solo la spesa pubblica ad alimentare la risposta della crescita del PIL, oppure sarà utile puntare anche sulle risorse private, e nel caso spingere e privilegiare interventi territoriali integrati. Nel PNRR si specifica che le valutazioni di impatto effettuate dal governo, riguardano solo “ la valutazione degli effetti diretti del Piano”. “Di conseguenza, ed in via prudenziale, - si scrive- non si tiene conto esplicitamente della possibilità che i fondi del PNRR vengano utilizzati per sostenere oppure attrarre investimenti privati attraverso il mercato, ad esempio tramite forme di partenariato pubblico-privato, contributi a progetti di investimento, prestiti o garanzie. In tal caso l’impatto sarebbe stato ben maggiore per l’operare di un effetto leva ”6. Una scelta prudente, che evita questioni con l’Europa, ma che evita anche di riflettere su quali potrebbero essere le potenzialità di un moltiplicatore attivato da risorse integrative, un “effetto leva” sulla base del quale avviare ulteriori line di intervento senza lasciarle semplicemente al mercato. Anche perché i numeri di cui si parla sono molto grandi. Infatti a guardar bene nei prossimi sette anni non ci saranno solo le risorse del PNRR, ci saranno altre risorse legate ai programmai europei, come i fondi strutturali, i fondi per lo sviluppo e la coesione, React-EU e molte delle risorse non sono a fondo perduto, sono debiti a bilancio. In sostanza stiamo parlando di quasi 310 miliardi di euro, dei quali 182,7 ricadono all’interno del PNRR, e queste a guardar bene sono costituite da 122,6 miliardi di prestiti e da 68,9 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto. Alle risorse del PNRR vanno aggiunti 30 miliardi di euro derivanti dal Fondo Nazionale Complementare- fondi nazionali- e le risorse legate al REACT-EU, oltre alle risorse europee legate ai fondi strutturali e di coesione per il settennio 2021-2027 che dovrebbero essere costituiti da circa 43 miliardi di euro messi a disposizione dell’Europa e 40 miliardi di euro di cofinanziamento italiano. Quindi 197,3 miliardi sui 309,8 sono o prestiti che vanno restituiti all’Europa (pur a condizioni favorevoli) o sono risorse interne per attivare le risorse europee. Considerata la situazione del 5 Ibidem, p.5 6 Ibidem, pp.245-246 7
Rapporto 2020 - Parte prima bilancio del nostro Paese si tratta in ogni caso di debiti che andranno restituiti o ripianati quando le politiche di bilancio europeo usciranno dalla fase emergenziale. Dobbiamo anche aggiungere, come ci mostrano i dati, che a seguito dell’azione di riprogrammazione avviata nel 2014 e nel 2015, e il forte incremento dell’assegnazione delle risorse finanziarie necessarie a rilanciare le opere pubbliche, che il livello della spesa per investimenti ha ricominciato a crescere con valori annui tra il 10% e il 9% sia nel 2019 che nel 2020. E che le attese sono quelle di una forte crescita, vicina al 20%, nel 2021. In sostanza per questa fase che stiamo vivendo le risorse non sembrano essere più un problema. Alla luce di questa lettura appare allora ancor più importante allocare bene le risorse, realizzare gli investimenti nei tempi previsti, avviare realmente le riforme, ma anche considerare la possibilità di usare queste risorse come volano in grado di innescare investimenti privati. Se al di là dell’impatto diretto della spesa sull’economia e sull’occupazione, si lavorasse per innescare un virtuoso ciclo di investimenti privati , le potenzialità dell’ impatto economico crescerebbero significativamente, così come la possibilità di far fare un salto competitivo al sistema economico. Se, ad esempio ci fosse un rapporto 1 a 1 tra investimenti pubblici e investimenti privati, le risorse disponibili per vincere la sfida, per stare alle risorse collegate all’Europa, non ammonterebbero a 310 miliardi ma a 620 miliardi di euro; se il rapporto fosse di 1 a 2 si tratterebbe di 930 miliardi. Valori che, al di là della evidente lapalissade, sono talmente importanti da rendere una riflessione sul tema del PPP quanto mai necessaria. Purtroppo quello che i dati sembrano dirci con questo rapporto 2020 , è che non si sta andando in questa direzione. Appena la pubblica amministrazione si è trovata nella condizione di disporre di risorse, e non sono ancora disponibili le risorse del PNRR, si è registrato in Italia come nel Veneto, una significativa frenata del PPP. Questo getta una luce diversa sul perché si ricorresse al PPP prima, ma soprattutto al fatto che non venga presa in considerazione la possibilità di usare le risorse pubbliche come volano anche per investimenti privati integrati in grado di moltiplicare gli effetti sull’economia e la società. E’ anche vero che il 2020 è stato un anno difficile per tutto e possiamo immaginare quanto possa esserlo stato per le operazioni complesse. I segnali dei primi mesi del 2021 ci danno qualche elemento di ulteriore riflessione, ma il tema rimane. 1.3. 2020: l’impatto della Pandemia e il crollo del PPP Nel 2020 il Partenariato pubblico e privato in Italia registra una flessione del 65,1% degli importi messi in gara; considerando però il peso che possono avere alcune grandi operazioni infrastrutturali, è ancor più interessante segnalare la flessione del 25% del numero di gare di PPP. Anche il Veneto registra una contrazione : -81,9% gli importi; -6,9% le gare. Il segnale è importante e riguarda tutto il territorio nazionale. La risposta potrebbe essere che la pandemia ha fermato il mercato delle opere pubbliche. 8
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto Tabella 1. – Mercato PPP* in Italia e nel Veneto, bandi di gara pubblicati - Importi in milioni di euro ITALIA VENETO Valori assoluti Variazioni % Valori assoluti Variazioni % Numero Importo Numero Importo Numero Importo Numero Importo 2019 3.521 16.889 - - 248 2.038 - - 2020 2.640 5.888 -25,0 -65,1 231 375 -6,9 -81,6 Fonte: CRESME Es e Osservatorio Regionale Veneto del PPP - IUAV/IR.IDE-CRESME Es * al netto delle concessioni di servizi per l'affidamento del servizio pubbliche affissioni e/o del servizio di gestione degli spazi pubblicitari In realtà, l’impatto della pandemia c’è stato soprattutto sull’operatività degli enti locali, ma è il PPP che ha frenato la crescita delle opere pubbliche: nel 2020 a livello nazionale gli importi di opere pubbliche si attestano sull’eccezionale ammontare toccato nel 2019, mentre il numero dei bandi diminuisce del 5,2%. La tenuta degli importi dei bandi di gara nel 2020 è sostenuta da RFI, con quasi 14 miliardi di euro, e da ANAS. Tabella 2. – Mercato OOPP* in Italia e nel Veneto, bandi di gara pubblicati - Importi in milioni di euro ITALIA VENETO Valori assoluti Variazioni % Valori assoluti Variazioni % Numero Importo Numero Importo Numero Importo Numero Importo 2019 23.252 44.696 - - 1.945 3.397 - - 2020 22.051 44.827 -5,2 0,3 1.599 1.939 -17,8 -42,9 Fonte: CRESME Es e Osservatorio Regionale Veneto del PPP - IUAV/IR.IDE-CRESME Es * al netto delle concessioni di servizi per l'affidamento del servizio pubbliche affissioni e/o del servizio di gestione degli spazi pubblicitari Nel Veneto la situazione è più complessa perché anche per il totale delle opere pubbliche registriamo una fortissima contrazione del numero delle gare, -17,8% e una flessione del -42,9% degli importi. La caduta del PPP in Regione è importante ma l’impatto della pandemia è stato significativo su tutto il comparto delle opere pubbliche. La contrazione dell’insieme delle opere pubbliche nel Veneto nel 2020, avviene su un 2019 caratterizzato da un livello di importi messo in gara molto alto, il secondo anno dal 2002 per valore, e a seguito di un periodo espansivo avviatosi nel 2016. La caduta registrata dagli importi nel 2020 mantiene l’anno su livelli alti rispetto alla serie di appalti pre-2016. Ma disegna una chiara frenata, in un quadro nazionale di crescita. La frenata del PPP nel 2020, da un lato si confronta con un 2019 caratterizzato da opere di grande dimensione che hanno caratterizzato l’anno – vedi più avanti- dall’altro mostra un numero di gare in flessione ma che nel confronto con la serie storica 2002-2020 resta alto: 231 gare, quando il picco del 2018 era stato di 251 gare, ma appare evidente l’accelerazione della flessione rispetto ai picchi toccati nel 2018 e nel 2019. 9
Rapporto 2020 - Parte prima Grafico 1. - Mercato OOPP e PPP nel Veneto, bandi di gara pubblicati per anno e periodo, 2002-2020 e 1° quadrimestre 2020 e 2021 Mercato totale OOPP 2.778 3.000 4.000 2.450 3.500 1.945 2.500 1.791 1.778 3.000 1.599 1.514 1.428 2.000 1.626 Importo (Mln €) 1.353 1.327 2.500 1.264 Numero 1.500 2.000 1.877 956 834 829 724 1.500 665 645 639 1.000 554 525 1.000 1.527 2.709 1.530 1.965 3.740 1.632 2.212 2.175 1.034 1.198 2.094 1.661 2.373 3.397 1.939 500 837 865 849 500 416 517 - - 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 1° Q 2020 1° Q 2021 (a) Importo Numero Mercato dei PPP 300 3.000 251 248 246 231 222 250 2.500 202 195 174 171 171 Importo (Mln €) 163 200 2.000 Numero 150 1.500 91 79 75 100 1.000 61 60 258 62 169 35 32 30 221 29 50 500 2.038 1.513 149 151 196 684 596 252 342 362 585 759 375 93 87 44 79 2.433 0 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 1° Q 2020 1° Q 2021 (a) Importo Numero Fonte: CRESME Es e Osservatorio Regionale Veneto del PPP - IUAV/IR.IDE-CRESME Es (a) escluse le procedure delle ATER di Padova, Verona, Treviso, Vicenza e Belluno per la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e per il miglioramento sismico di circa 5.250 alloggi ERP (di proprietà o in regime condominiale) – Vedi focus “Superbonus 110%” La dinamica di contrazione del numero delle gare, a differenza degli importi, continua nel primo quadrimestre del 2021, sia a livello nazionale che a livello Veneto: il numero di gare diminuisce del -10,9% a livello nazionale; e del -22,8% nel Veneto. Il segnale sembra chiaro, il rischio è di rinunciare al PPP come volano di un ciclo espansivo delle opere pubbliche. 10
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto Tabella 3. – Mercati OOPP nel Veneto e in Italia, bandi di gara pubblicati per tipo mercato nel 1° quadrimestre 2020 e 2021 (a) ITALIA VENETO 1° quadrimestre 1° quadrimestre 1° quadrimestre 1° quadrimestre 2020 2021 2020 2021 (a) Importo Importo Importo Importo Numero Numero Numero Numero (Mln €) (Mln €) (Mln €) (Mln €) PPP 989 964 881 1.250 79 44 61 79 Costruzione/manut.ne e 517 699 590 648 48 19 45 47 gestione Tradizionale 5.014 6.043 5.027 6.978 427 353 419 391 TOTALE 6.520 7.706 6.498 8.876 554 416 525 517 Inc.za % PPP su totale OOPP 15,2 12,5 13,6 14,1 14,3 10,6 11,6 15,3 Fonte: CRESME Es e Osservatorio Regionale Veneto del PPP - IUAV/IR.IDE-CRESME Es (a) escluse le procedure delle ATER di Padova, Verona, Treviso, Vicenza e Belluno per la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e per il miglioramento sismico di circa 5.250 alloggi ERP (di proprietà o in regime condominiale) – Vedi focus “Superbonus 110%” 1.4. Le nuove emergenze e la collocazione del Partenariato Pubblico Privato: verso un PPP diffuso e maggiormente attento all’interesse del “bene comune” La crisi sanitaria ha messo in evidenza la difficoltà del modello della concentrazione ospedaliera da un lato e della privatizzazione sanitaria dall’altro. La crisi economica, prodotta dalla necessità di mantenere la distanza fisica, ha determinato un profondo modificarsi dei comportamenti della popolazione. Il lockdown è frutto dell’obbligo di isolarsi, di stare distanti, per evitare di essere contagiati. Non è un metodo nuovo per difendersi dalla pandemia e, come ci racconta Cipolla, produce sempre chiari effetti collaterali: “Quando in occasione della peste del 1630 si decise a Torino di serrare in casa tutta la popolazione per “una quarantena generale”, il Consiglio Comunale prese nota che la massa dei lavoratori “s’andavan mantenendo alla giornata”, non avevano cioè risparmio cui attingere e perciò se costretti a casa, dovevano venir sussidiati dalla città7”. La pandemia ha cambiato la politica economica. La pandemia ha portato a un ripensamento di che cosa e come devono essere le nostre abitazioni. La necessità della distanza ha disegnato, o meglio rafforzato, anche scenari profondamente innovativi che giù esistevano: si affermano nuovi modelli di organizzazione del lavoro grazie alla digitalizzazione, prende piede un nuovo modello di città. Basterà citare l’ormai famosa “città a 15 minuti”, avviata dalla Sindaca di Parigi Anne Hidalgo sulla base degli studi di Carlos Moreno8 , come esempio di un nuovo disegno urbano che prende piede ripensando al modello di funzionamento della città, un disegno che nasce prima della pandemia ma che trova risposte anche alle questioni della pandemia. Si tratta del ripensare la città “da la ville-monde a la ville du quart d’heure”: un nuovo modello di organizzazione urbana. O forse più correttamente un modo per tornare alla città fatta di quartieri progettati, con le loro aree centrali, i servizi, le funzioni. Il modello Venezia, potemmo dire, visto che Venezia è da sempre una città basata “sui piedi”, o meglio dalla netta separazione 7 C.M.Cipolla, Storia economica dell’Italia pre-industriale, Bologna 1974, p.49. 8 C.Moreno, Droit de cité : De la "ville-monde" à la "ville du quart d'heure", L'Observatoire Eds De., Paris 2020 11
Rapporto 2020 - Parte prima tra le modalità di spostamento, acqua e ‘piedi’. La chiave è da un altro la separazione, dall’altro il mix di funzioni che si può chiamare urbanità. L’accelerazione del processo di digitalizzazione che sta cambiando l’economia terziaria, la possibilità di lavorare da casa, cambia il raggio di azione delle persone e rivaluta, ridisegna, riequilibra l’importanza dei luoghi e dei flussi. Figura 3. - Megatrends e COVID-19 Fonte: Cresme Il tempo di spostamento a piedi rientra – Adriano pedonalizzò tutto il centro di Roma e a Villa Adriana creò percorsi sotterranei diversi da quelli pedonali, per i carri- come parametro fondamentale nella pianificazione urbana, con la necessità di sincronizzare le nozioni di luogo, movimento e tempo. Quindi nasce una nuova riflessione sull’uso funzionale delle parti rubane, degli edifici e degli spazi aperti: da un lato dal monouso a più usi; una moltiplicazione delle funzionalità d’uso degli edifici: una scuola può essere un luogo di attività sociali o culturali al di fuori dell’orario scolastico; una casa un luogo di lavoro. Dall’altro la pedonalizzazione che richiede separazione e concentrazione di funzioni attraverso il ridisegno degli ambiti urbani costruiti su luoghi identitari come i quartieri. A ben vedere però la multifunzionalità può essere gestita solo all’interno di precise esperienze di partnership, tra pubblico e privato. E non è solo una questione economico-finanziaria, o tecnico- operativa, è di condivisione della visione e di partecipazione. È in questo contesto che prende ancor più forza l’idea della città come “bene comune” : dove gli edifici e gli spazi, le reti e i servizi, devono guardare all’interesse del cittadino, in quanto la città è bene comune. La qualità dell’aria e dell’acqua, la biodiversità e il metabolismo urbano, sono temi di nuove strategie urbane integrate che si innestano sul concetto di bene comune. Che si allarga alla partecipazione della popolazione, grazie alle nuove tecnologie del confronto, alla consapevolezza dei bisogni che deriva dalla conoscenza e dallo scambio e che vede 12
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto l’amministrazione del territorio locale protagonista, ma non da sola. Il partenariato pubblico e privato va pensato non solo come una tecnica economico-finanziaria, ma come strumento per concretizzare la partecipazione e coordinare le forze verso il perseguimento di obiettivi condivisi. Potremmo dire, parafrasando Draghi, che se c’è debito buono e debito cattivo, c’è partenariato pubblico e privato buono e partenariato pubblico e privato cattivo. Certo come per fare debito buono bisogna saper investire e allocare bene le risorse, così la strada del PPP buono non è facile e va ripensata su basi nuove. Tema peraltro che è considerato necessario anche nelle politiche più innovative come quella parigina, non a caso, avviare un nuovo partenariato pubblico privato con la popolazione è uno dei grandi temi che la capitale francese intende sviluppare nei prossimi anni. La politica degli urbans commons è anche “un modo per reimmaginare – si scrive nel manifesto di Hidalgo9 - il rapporto con il settore privato nelle sue molteplici espressioni, come leitmotiv, da sempre, la lotta alla mercificazione, la salvaguardia dell'interesse generale, la difesa della qualità dei servizi e dell’alta qualità della vita per i parigini”. E questo presuppone l’intensificazione degli “sforzi per coinvolgere le aziende parigine in ambizioni ambientali e sociali. Sosterremo anche progetti di cooperazione che riuniscono il Comune e altri attori pubblici insieme a partner privati e società civile”. Un nuovo partenariato pubblico privato, cittadino/amministrazione, impresa /amministrazione, sta prendendo piede. La gestione dell’acqua diventa pubblica e si sottrae al project financing, ma allo stesso tempo gli spazi di collaborazione si allargano. Il luogo ideale per questa nuova stagione è la città e la sua trasformazione. L’emergenza e una nuova riflessione sui ritmi della città si coniugano con i rischi e le potenzialità della tecnologia e soprattutto con l’economia contact-free: home-working, e-commerce, telemedicina, e-learning, e-working, e-services di varia natura. I dati sulle connessioni e sui servizi da remoto sono sorprendenti e ridisegnano modelli produttivi, modelli organizzativi, modelli di offerta che non riguardano solo le aziende ma anche la fruizione della città. È evidente che questo modello presuppone sedentarietà e d’altro lato una casa, che va ad assumere valenze diverse rispetto a prima. Distanza e contact-free determinano un ritorno della casa, ripensata come luogo di lavoro. Una casa dove stare di più, una casa dove lavorare. Una casa con spazi esterni. La distanza sociale rispetto alla casa è emersa con forza con il confinamento. La casa è tornata ad essere importante, anche per i giovani. Fine della “casa Taxi”? E dopo la pandemia non si tornerà indietro completamente. E’ emersa una nuova possibilità, un nuovo modello. Lo si è sperimentato. Blended space, potrebbe essere la sintesi di un nuovo pensiero, ma anche di nuovi processi produttivi. La riorganizzazione del lavoro, l’uso dello spazio e del tempo con modalità diverse da quelle di prima è certamente uno dei principali portati strutturali della pandemia, ma non è solo la risposta alla crisi pandemica. In primo luogo il cambiamento riguarda il settore terziario, nel quale però lavora oggi oltre il 70% della forza lavoro: quanti uffici, pubblici e privati, che hanno scoperto il lavoro da casa torneranno alle abitudini di prima? La possibilità del lavoro in remoto inciderà sul modello organizzativo interno delle aziende e esterno del funzionamento della città. E’ un nuovo modello. E poi quanta parte degli uffici sarà più grande di quello che serve? E ancora come inciderà questo sull’offerta immobiliare? E come saranno le case del futuro se una parte importante delle attività verrà svolta da casa? Le case dei medici e degli avvocati dell’800 e del 9 www.annehidalgo2020.com, Manifeste – Le Programme, (nostra traduzione) 13
Rapporto 2020 - Parte prima ‘900. Lo studio in casa. Nuove tipologie, nuovi interventi. Il lavoro da casa era possibile già prima della pandemia, ma non si faceva per abitudine. Serviva un salto culturale. E dopo cosa succederà nei prossimi anni quando la pandemia sarà arresta? Un mix di lavoro e iniziative un po’ a casa e un po’ al lavoro; convegni contemporaneamente dal vivo e in remoto. Un nuovo mix nell’organizzazione del lavoro, nell’uso del tempo e dello spazio. E gli spazi del lavoro? Un over offerta? La crisi dei centrali district urbani? L’iper-dotazione del capitale fisso terziario? E il settore pubblico? Spesso il PPP ha per centro il patrimonio, la gestione, i servizi legati al patrimonio; outsourcing e facility services. Le dimensioni del possibile cambiamento sono grandi, i numeri sono grandi. Secondo le stime del CRESME nel comparto del terziario direzionale se il 40% dell’occupazione terziaria scegliesse la via permanente del lavoro a casa ci sarebbero circa 24 milioni di m2 di superfice terziaria in esubero nel nostro Paese. La pandemia ha anche cambiato i comportamenti dei consumatori, in alcuni casi il cambiamento potrebbe essere permanente, in altri si ritornerà ai comportamenti di prima. Le posizioni su questo piano sono molto diverse: da un lato chi pensa che nulla sarà più come prima; dall’altro quelli che pensano che tutto tornerà come prima, appena si potrà (e anche prima). La risposta giusta come spesso accade sarà nel mezzo. Pensiamo allo logistica alimentare e a come è cambiata, pensiamo ai centri commerciali o ai supermercati. Nella distribuzione commerciale i supermercati stavano già assumendo il controllo delle vendite al dettaglio, lentamente e invisibilmente, molto prima di internet. Il servizio di consegne a domicilio, un lusso fino a poco tempo fa, si è diffuso così rapidamente anche sull’alimentare che i supermercati faticano a stare al passo con la domanda. Una nuova organizzazione degli spazi, della logistica, del rapporto internet- prodotti alimentari è stata prodotta dalla pandemia. Anche con la fine del lockdown. E anche i negozi di prossimità specializzati hanno ritrovato spazio di mercato. Mentre i centri turistici e terziari delle città pagano la crisi.. Contrasti sociali, nuova povertà, disoccupazione. La crisi ha colpito con più forza la popolazione più debole, che cresce. La disoccupazione che seguirà con la fine delle manovre di sostegno si acuirà e il problema sociale diventerà sempre più importante. Anche in questo caso come interagiranno soggetti pubblici e soggetti privati è importante. Resilienza, efficienza, competenza, sono tutti altri aspetti che hanno acquisito più valore con la pandemia. Abbiamo bisogno di saper reagire alle difficoltà, abbiamo bisogno di efficienza e di competenza. Abbiamo bisogno di sapere cosa fare. Efficienza e competenza sono ambiti strategici che richiedono un approccio tecnico di qualità, un sapere, un fornire risposte garantite. Questo vale su tutti i piani. Non sempre i tecnici hanno saputo dare risposta, non tutti i territori hanno saputo reagire prontamente. Anzi forse il vero portato di questa situazione è stata l’impreparazione. Ma qualcuno ha fatto meglio di altri. Territori, settori, ospedali, Paesi, esperti. Chi è riuscito a fare meglio sul piano territoriale ne trarrà coesione sociale, riaffermazione della leadership. Questo tema della capacità di affrontare situazione difficili e complesse tecnicamente, ai vari livelli, accompagnerà il mercato e lo scenario economico e socio-politico dei prossimi anni. E mette in evidenza il rapporto decisione- competenza; politica-tecnica; obiettivi-efficienza. E’ in questo quadro complesso che va ripensato il partenariato pubblico e privato. 14
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto 1.5. Rigenerazione urbana è il vero motore del PPP per i prossimi anni? Se analizziamo il PNRR predisposto dal Governo italiano tra l’insieme articolato di obiettivi che tendono a rispondere all’Europa, troviamo il tema della rigenerazione urbana e degli interventi territoriali integrati. Al punto M5C2.2, infatti troviamo risorse per interventi di “Rigenerazione Urbana E Housing Sociale “, articolati su due linee di investimento: - La prima riguarda Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale . Qui l’investimento “è finalizzato a fornire ai Comuni (con popolazione superiore ai 15.000 abitanti) contributi per investimenti nella rigenerazione urbana, al fine di ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale nonché di migliorare la qualità del decoro urbano oltre che del contesto sociale e ambientale. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso la stabilità delle regole di finanza pubblica e i contributi diretti agli investimenti. L’investimento può riguardare diverse tipologie di azione, quali: manutenzione per il riutilizzo e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e strutture edilizie pubbliche esistenti a fini di pubblico interesse, compresa la demolizione di opere abusive eseguite da privati in assenza o totale difformità dal permesso di costruzione e la sistemazione delle aree di pertinenza; miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche attraverso la ristrutturazione edilizia di edifici pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo di servizi sociali e culturali, educativi e didattici, o alla promozione di attività culturali e sportive; interventi per la mobilità sostenibile. - La seconda riguarda il tema dei Piani Urbani Integrati . “L’intervento Piani urbani integrati è dedicato alle periferie delle Città Metropolitane e prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile. Nelle aree metropolitane si potranno realizzare sinergie di pianificazione tra il Comune “principale” ed i Comuni limitrofi più piccoli con l’obiettivo di ricucire tessuto urbano ed extra-urbano, colmando deficit infrastrutturali e di mobilità. Gli interventi potranno anche avvalersi della co- progettazione con il Terzo settore ai sensi dell’art. 55 decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’art.1, comma2, lettera b) legge 6 giugno 2016, n.106) e la partecipazione di investimenti privati nella misura fino al 30 per cento. Obiettivo primario è recuperare spazi urbani e aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno restituire alle comunità una identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche con particolare attenzione agli aspetti ambientali. L’investimento prevede la predisposizione di programmi urbanistici di rigenerazione urbana partecipati, finalizzati al miglioramento di ampie aree urbane degradate, alla rigenerazione, alla rivitalizzazione economica, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi alla persona e al miglioramento dell’accessibilità e dell’intermodalità delle infrastrutture anche allo scopo di trasformare territori metropolitani vulnerabili in territori efficienti, sostenibili e produttivi aumentando, ove possibile, il loro valore. Possiamo pensare che all’interno di questo scenario possa prendere piede un partenariato pubblico e privato che si focalizzi su questa linea di interventi. 15
Rapporto 2020 - Parte prima 1.6. Considerazioni sulle criticità del PPP e la sfida di una nuova capacità tecnica Saremo in grado di disegnare una nuova stagione per il PPP? La partnership , la condivisione , l’uso coerente delle risorse pubbliche private è la chiave della fase in cui siamo. Ma quali sono le condizioni in cui operiamo? La debole qualità del progetto ha caratterizzato e ancor oggi caratterizza il PPP10 e ne rende difficile il percorso del PPP. Ma l’ informazione in grado di descrivere i risultati dell’operare in PPP non sono molte. Certo l’esperienza delle autostrade è nota e descritta anche più vanti, e non felice. L’analisi più completa sulla qualità del PPP in Italia resta quella svolta dal CRESME per il DIPE relativa a un campione significativo di operazioni riguardanti le concessioni di lavori bandite dal 2002 al 2014. Il quadro dell’indagine andrebbe aggiornato ma i risultati sono ancora oggi indicativi delle criticità e anche delle potenzialità della forma contrattuale. L’analisi è stata svolta su vari livelli, individuando 4.448 gare di concessioni di lavori bandite tra 2002 e 2014, delle quali 3.353 bandite tra 2008 e 2014. Di queste ultime al 2014 erano state aggiudicate 1.435 gare, il 40% del campione. Lo studio si è poi concentrato su un campione di 961 opere aggiudicate rispetto alle quali si è avviata una approfondita analisi sulla fase successiva all’aggiudicazione, dalla quale è emerso che per 830 interventi, pari all’86%, era stata firmata la convenzione; e per 702 opere i lavori erano stati avviati o completati; delle quali, 535 operazioni, pari al 55,7% del campione, erano entrate in fase di gestione. Dei 961 interventi, 57 progetti avevano subìto un’interruzione nel procedimento e si erano fermate. “Tale percentuale, - si scrive nella sintesi del DIPE- oltre a dimostrare con ampia evidenza che di fatto esiste un consistente numero di operazioni in PPP che giunge alla fase gestionale, è motivata dal fatto che la ricerca del Cresme è stata appositamente indirizzata alla ricerca di opere in gestione che permettessero una potenziale completa conoscenza dei dati documentali significativi o, in assenza di essi, una evidenza sulla effettiva capacità delle pubbliche amministrazioni di gestire queste operazioni complesse”. Lo studio ha altresì evidenziato che dei 961 interventi, ben 752 operazioni non presentano alcun indicatore economico-finanziario. L’assenza degli indicatori è data o dalla effettiva mancanza del calcolo degli stessi all’interno della documentazione dei progetti, ovvero dall’inesperienza della singola Amministrazione di reperire tali indicatori . Delle 209 operazioni rimanenti si segnala che soltanto 30 progetti presentano i tradizionali indicatori di misurazione della performance economico- finanziaria. “L’analisi empirica quindi, ha confermato un dato di fondo assai evidente nella prassi operativa: per la maggior parte dei casi le stazioni appaltanti italiane non sono in grado di dominare i processi relativi a questa tipologia di procedure che risultano quindi, con alta probabilità, poco efficaci per la Pubblica Amministrazione. Nell’ambito di operazioni complesse come quelle di cui trattasi, il richiamato studio ha poi evidenziato la costante presenza di asimmetria di conoscenze 10 Cfr. DIPE www.programmazioneeconomica.gov.it, DIPE- P. Marasco, P. Piacenza, M. Tranquilli, “Il project financing per la realizzazione delle opere pubbliche in Italia. Stato dell'arte, criticità e prospettive” Cosa accade dopo l'aggiudicazione dei contratti di concessioni di lavori: da un'analisi di oltre 1.000 progetti tra il 2002 e il 2014”, Dipe 2015, lo studio frutto di una convenzione stipulata con Cresme Europa Servizi, avente ad oggetto la prestazione di servizi finalizzata alla creazione di una banca dati sulle operazioni in Partenariato Pubblico Privato (“PPP”) e in particolare per il monitoraggio delle fasi successive all’aggiudicazione dei contratti. 16
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto e competenze tra la Pubblica Amministrazione e le controparti private, a favore di queste ultime. Da tale circostanza, tra l’altro, discende la possibilità per il partner privato di avere una forza negoziale maggiore rispetto a quella della Pubblica Amministrazione che rischia, in talune circostanze, di incidere negativamente sulla corretta impostazione contrattuale. Lo Studio, pertanto, oltre alla necessità di una produzione normativa sulle operazioni di PPP maggiormente efficace, ha messo in evidenza l’opportunità di livellare tale asimmetria: avere lo stesso standard di skill tra le parti nei contratti di PPP permetterebbe non solo di realizzare operazioni eque ma, soprattutto, di portarle a termine senza interruzioni, abbattendo i rischi legali e amministrativi legati alla complessità del procedimento. “Alla luce dei risultati dello studio – si scrive- è evidente come le Amministrazioni italiane dovrebbero investire maggiormente nella formazione del personale che deve gestire la complessa procedura rivolta all’individuazione del concessionario nonché il successivo rapporto contrattuale: in altre parole, appare necessario costituire un team specializzato interno all’Amministrazione dedicato alla realizzazione e al monitoraggio dell’opera realizzata mediante contratti di partenariato pubblico privato. Appare opportuno, inoltre, adottare tecniche di project management e cost control per le opere fin dalla fase di progettazione e durante la fase di costruzione e gestione, a tutela sia dei soggetti finanziatori, sia dell’Amministrazione concedente. Le Amministrazioni che non sono in grado di procedere in tal senso dovrebbero avvalersi di advisor (legale ed economico-finanziaria) competenti in tema di finanza di progetto e di PPP che possano affiancarle durante tutta la procedura.”11 D’altro lato sappiamo che nel 2016 la Corte dei Conti Europea ha realizzato un’indagine su un campione di 12 progetti infrastrutturali in PPP cofinanziati dall’UE in Francia, Grecia, Irlanda e Spagna nei settori del trasporto su strada e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), per un totale di spesa di 29,2 miliardi di euro. L’esito dell’indagine, che vale al pena di riprodurre, è stato il seguente: • “I PPP hanno consentito alle autorità pubbliche di appaltare infrastrutture di grandi dimensioni attraverso un’unica procedura, ma hanno aumentato il rischio di una concorrenza insufficiente, indebolendo quindi la posizione negoziale delle amministrazioni aggiudicatrici. • Per i PPP nell’ambito dei quali vengono indette gare d’appalto, bisogna generalmente negoziare aspetti che non fanno normalmente parte degli appalti tradizionali, per cui occorre più tempo rispetto ai progetti tradizionali. Un terzo dei 12 progetti sottoposti a audit, con procedure d’appalto durate 5-6,5 anni, ha fatto registrare notevoli ritardi. • Analogamente ai progetti tradizionali, anche la maggior parte dei PPP sottoposti a audit sono risultati inficiati da notevoli inefficienze, che si sono tradotte in ritardi in fase di costruzione e forti incrementi di costo.(.…) • Aspetto ancor più importante, in Grecia (di gran lunga il più importante destinatario di fondi UE, con il 59 % dell’importo totale a livello di UE, ossia 3,3 miliardi di euro) il costo per chilometro delle tre autostrade controllate è aumentato di una percentuale che è andata fino al 69 %, mentre contemporaneamente la portata dei progetti è stata ridotta di una percentuale che è andata fino al 55 %. Ciò è stato dovuto principalmente alla crisi 11DIPE, Partenariato pubblico privato e finanza di progetto relazione sull’attività svolta dal dipe nel 2016 resa ai sensi dell’art. 1, comma 589, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, Roma 2017 17
Rapporto 2020 - Parte prima finanziaria e all’inadeguata preparazione dei progetti da parte del partner pubblico, il che ha dato luogo a contratti prematuri e non abbastanza efficaci con concessionari privati. • La vasta portata, gli elevati costi e la lunga durata del tipico PPP per infrastrutture richiedono una diligenza particolare. Gli auditor della Corte hanno invece rilevato che le analisi preliminari si fondavano su scenari eccessivamente ottimistici in merito alla domanda e all’utilizzo futuri delle infrastrutture pianificate: ne sono derivati tassi di utilizzo dei progetti inferiori alle previsioni, anche del 69% (TIC) e del 35% (autostrade) (…) • Come nota positiva, nove progetti completati, sottoposti a audit, hanno dimostrato buoni livelli di servizio e di manutenzione e hanno il potenziale per conservare tali livelli per la rimanente durata del progetto. • Per quasi tutti i progetti sottoposti a audit, l’opzione del PPP è stata scelta senza alcuna analisi preliminare di opzioni alternative, come il Public Sector Comparator; non è stato dunque dimostrato che tale opzione garantisse il miglior rapporto tra benefici e costi e tutelasse l’interesse pubblico assicurando parità di condizioni tra i PPP e gli appalti tradizionali. • La ripartizione dei rischi tra partner pubblici e privati è stata spesso inadeguata, incoerente e inefficace, mentre gli alti tassi di remunerazione (fino al 14%) del capitale di rischio del partner privato non sempre hanno rispecchiato i rischi sostenuti. Inoltre, quasi tutti i sei progetti TIC sottoposti a audit erano difficilmente compatibili con contratti di lunga durata, poiché soggetti a rapidi mutamenti tecnologici. • Per attuare con successo i progetti PPP è necessario disporre di capacità amministrative non indifferenti, che possono scaturire solo da quadri istituzionali e normativi adeguati e da una lunga esperienza nell’attuazione di progetti PPP. La Corte ha constatato che attualmente tali capacità esistono solo in un numero limitato di Stati membri dell’UE. La situazione non corrisponde quindi all’obiettivo dell’UE di dare esecuzione alla maggior parte dei fondi UE tramite progetti a finanziamento misto, tra cui i PPP. • La combinazione tra finanziamenti UE e PPP comporta incertezze e requisiti aggiuntivi. Inoltre, la possibilità di registrare i progetti PPP come voci fuori bilancio è un elemento importante nella scelta dell’opzione PPP; in pratica, tuttavia, c’è il rischio che risultino compromessi il rapporto benefici/costi e la trasparenza”12. La Corte, sulla base dell’indagine svolta ha poi formulato le seguenti raccomandazioni: “a) non promuovere un ricorso più intenso e diffuso ai PPP fino a quando le problematiche individuate non saranno state risolte e le seguenti raccomandazioni attuate con successo; b) mitigare l’impatto finanziario dei ritardi e delle rinegoziazioni sui costi dei PPP sostenuti dal partner pubblico; c) basare la scelta dell’opzione PPP su valide analisi comparative riguardanti le migliori opzioni di appalto; d) stabilire politiche e strategie chiare per i PPP; 12Corte dei Conti Europea, Relazione speciale. Partenariati pubblico-privato nell’UE: carenze diffuse e benefici limitati, Corte dei Conti Europea, 09, 2018 18
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto e) perfezionare il quadro UE per una migliore efficacia dei progetti PPP.”13 La Corte ricordava che i progetti di partenariato pubblico privato ricorrono sia al settore pubblico che a quello privato per fornire beni e servizi che tradizionalmente vengono offerti dal settore pubblico, allentando al contempo le rigorose restrizioni di bilancio gravanti sulla spesa pubblica, e che dagli anni ’90 a oggi, 1.749 interventi in PPP, per un totale di 336 miliardi di euro, sono giunti a chiusura finanziaria nell’UE. Ma, come abbiamo visto, il PPP non è solo infrastrutture, sanità e istruzione, e soprattutto non è solo fatto di grandi opere; l’analisi dei dati elaborati in questo rapporto, mostra un quadro più articolato, fatto di grandi, medie e piccole opere; un quadro di opere e interventi che il territorio spinge e che ha bisogno di un nuovo standard qualitativo. Ed è fatto di interventi territoriali integrati in grado di rigenerare città e territori sull’onda dei nuovi scenari che abbiamo davanti. La domanda di PPP è cresciuta nel tempo, come i dati dimostrano, ed è stata vista dalle amministrazioni pubbliche, soprattutto quelle locali, come un’importante risposta per il miglioramento e il mantenimento della funzionalità delle infrastrutture e dei servizi sul territorio. La scarsità delle risorse in questi anni di crisi ha accentuato questa convinzione, che vede il PPP come una delle strade percorribili per realizzare i progetti. Ma la qualità tecnica di progetti e la conoscenza della materia da parte delle amministrazioni rappresentano un freno rilevante al suo successo. Una delle funzioni del PPP è peraltro quella di svolgere un’azione di moltiplicatore delle risorse, non solo quella di realizzare opere che altrimenti l’amministrazione non riuscirebbe a realizzare per mancanza di risorse in conto capitale. Questo secondo aspetto, il PPP come potenziale volano in grado di incrementare le risorse investite in un determinato contesto territoriale, rappresenterà nei prossimi quattro o cinque anni un forte parametro competitivo. In tutto lo scenario tracciato resta il nodo della capacità tecnica. 13 Ib. 19
Rapporto 2020 - Parte seconda PARTE SECONDA Il mercato del PPP nel Veneto 20
Il mercato del Partenariato Pubblico Privato nel Veneto 1. I primi risultati del 2021 Nel 2021 il mercato del PPP nel Veneto prova a ripartire, dopo il forte calo registrato nel 2020 soprattutto riguardo agli importi. Nel 2020 infatti si registra una riduzione degli importi in gara dell’82% rispetto al 2019, con valori che passano da circa 2 miliardi a 375 milioni. Uno dei motivi di questa riduzione è fisiologico, considerando il valore eccezionale del 2019 - determinato da 5 lotti del valore di circa 1,5 miliardi per la gestione energetica e tecnologica integrata degli impianti delle aziende sanitarie della Regione del Veneto mediante contratti di EPC e superato solo nel 2006 per effetto della messa in gara della concessione per la realizzazione della superstrada regionale Pedemontana veneta, dell’importo di circa 2,2 miliardi su un importo annuo totale di 2,4 miliardi -, altri sono riconducibili all’emergenza COVID-19 che ha rallentato l’attività delle stazioni appaltanti, al crescente ammontare di risorse disponibili e all’entrata in vigore del decreto semplificazioni che sembrano favorire il ricorso agli appalti tradizionali anche per i tempi di attuazione più brevi. In base ai dati disponibili dell’Osservatorio regionale del Partenariato Pubblico Privato, nei primi quattro mesi del 2021 il mercato del PPP è rappresentato da 61 bandi dell’importo complessivo di circa 79 milioni. Rispetto allo stesso periodo del 2020 i bandi si riducono del 23% (18 bandi in meno) e l’importo aumenta dell’80% (35 milioni in più). Tali dinamiche sono in linea con il dato nazionale (-11% i bandi; + 30% gli importi). Trend a doppia velocità anche per l’intero mercato delle opere pubbliche regionale e nazionale. Tabella 4. – Mercati OOPP nel Veneto e in Italia, bandi di gara pubblicati per tipo mercato nel 1° quadrimestre 2020 e 2021 (a) ITALIA VENETO 1° quadrimestre 1° quadrimestre 1° quadrimestre 1° quadrimestre 2020 2021 2020 2021 (a) Importo Importo Importo Importo Numero Numero Numero Numero (Mln €) (Mln €) (Mln €) (Mln €) PPP 989 964 881 1.250 79 44 61 79 Costruzione/manut.ne e gestione 517 699 590 648 48 19 45 47 Tradizionale 5.014 6.043 5.027 6.978 427 353 419 391 TOTALE 6.520 7.706 6.498 8.876 554 416 525 517 Inc.za % PPP su totale OOPP 15,2 12,5 13,6 14,1 14,3 10,6 11,6 15,3 Fonte: CRESME Es e Osservatorio Regionale Veneto del PPP - IUAV/IR.IDE-CRESME Es (a) escluse le procedure delle ATER di Padova, Verona, Treviso, Vicenza e Belluno per la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e per il miglioramento sismico di circa 5.250 alloggi ERP (di proprietà o in regime condominiale) – Vedi focus “Superbonus 110%” La fase espansiva degli importi nel 2021 è destinata ad essere confermata e rafforzata con l’attuazione degli interventi di efficientamento energetico e per il miglioramento sismico del patrimonio ERP delle ATER del Veneto mediante i benefici fiscali previsti dalla Legge di bilancio 2020 (bonus facciate) e/o dal DL 34/2020, convertito con modificazioni con la legge 77/2020 (superbonus 110%). 21
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