Proposta per un PROGETTO di WELFARE INTEGRATO
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ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA PREVIDENZA E ASSISTENZA COMPLEMENTARE Proposta per un PROGETTO di WELFARE INTEGRATO *** ^^^ *** Laura Crescentini – Assoprevidenza Franca Maino – Università degli studi di Milano e Laboratorio “Percorsi di secondo welfare” Centro Einaudi Torino Fabio Marchetti – LUISS Guido Carli Pasquale Sandulli – Università degli studi di Roma La Sapienza Tiziana Tafaro – Studio attuariale Orrù&Associati *** ^^^ *** 1. Obiettivi e ragioni della proposta Il mutato quadro economico e strutturale ed in particolare le iterate misure di contenimento della spesa pubblica - troppo spesso lineari e aselettive – hanno colpito e colpiranno largamente ancora nel prossimo futuro la spesa sociale, lasciando senza copertura una parte del bisogni dei lavoratori/cittadini. Ciò non solo con riferimento a situazioni di disagio derivanti dalle modifiche della legislazione pensionistica di base, operata dalla legge n. 201/2011 (cd “Riforma Fornero”), ma anche, in via più generale, con riferimento ad altre tipologie di coperture di welfare, prima fra tutte l’assistenza sanitaria. In altre parole, siamo di fronte ad una situazione paradossale, nella quale la grave crisi economica e occupazionale che ha colpito il Paese da un lato genera un crescente bisogno di copertura sociale e dall’altro riduce le risorse a disposizione del welfare pubblico, impedendo, di fatto, al sistema di welfare di assolvere al compito per il quale è stato istituito. In questo contesto diventa dunque imperativo non sprecare le poche risorse
disponibili, siano esse di provenienza pubblica o privata, organizzandole in maniera efficiente. Per tale motivo Assoprevidenza da tempo conduce un’approfondita riflessione tecnica sul possibile atteggiarsi del modello di welfare del Paese, nella radicata convinzione che il welfare debba essere visto non già come un costo, ma come risorsa in grado di contribuire, tramite lo sviluppo del benessere sociale, ad aumentare la ricchezza del Paese e agire come volano per lo sviluppo, anche favorendo la creazione di occupazione. Il punto di partenza è la definizione di un modello complessivo di welfare integrato fondato su uno schema generale dotato di adeguata flessibilità, in modo da potersi adattare in relazione alle singole necessità. In detto quadro di insieme, va approfondito il ruolo che i diversi attori del comparto, in primo luogo fondi pensione e casse di assistenza, ma anche l’insieme dei soggetti che operano nel cd. secondo welfare (aziende, enti bilaterali, fondazioni, terzo settore), nonché le istituzioni pubbliche, in particolar modo nella loro declinazione territoriale, potranno/dovranno sostenere nel prossimo futuro nella costruzione del nuovo sistema1. Ciò, in particolare, con riferimento alle possibilità di intervento consentite dalla legislazione che allo stato disciplina i singoli segmenti nei quali il welfare è attualmente articolato, ma senza trascurare una visione di più lungo termine, che contempli anche, ove necessario, modifiche al quadro normativo di riferimento, utili per renderlo più duttile e favorevole allo sviluppo del comparto. Sul punto ci preme sottolineare come lo studio non intenda esprimere alcuna preferenza per una specifica tipologia di struttura (fondo pensione, fondo sanitario, altro), ma esclusivamente evidenziare il valore aggiunto connesso con la possibilità di realizzare sinergie fra i diversi comparti del welfare, indipendentemente dalla struttura organizzativa adottata/adottabile, materia nella quale, evidentemente, ogni scelta rientra nella competenza esclusiva delle parti sociali. 2. Il punto di partenza: la contrattazione collettiva Ogni riflessione in tema di definizione dello schema di Welfare integrativo non può che avere come riferimento centrale la contrattazione collettiva, anche con riferimento alla dimensione aziendale e/o territoriale. La contrattazione decentrata rappresenta lo strumento principe per l’individuazione di soluzioni condivise, focalizzate sulle effettive esigenze della platea coinvolta, che consentono di evitare inutili duplicazioni sia con le prestazioni offerte dai diversi soggetti che interagiscono nel comparto (fondi pensione, fondi sanitari, prestazioni di tipo meramente assistenziale), sia con riferimento alle coperture offerte dal sistema pubblico. Non a caso il welfare, nelle sue varie declinazioni, è oramai in maniera sempre più significativa parte integrante delle relazioni industriali e degli accordi collettivi e risulta particolarmente apprezzato sia dai lavoratori, sia dagli imprenditori, quale elemento di “fidelizzazione” e strumento di incremento delle retribuzioni a costo calmierato. 1 Si rimanda a F. Maino e M. Ferrera (2013), Primo rapporto sul secondo welfare in Italia 2013, Torino, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, 2013, download: http://www.secondowelfare.it/primo-rapporto-2w/primo- rapporto-sul-secondo-welfare.html 2
La ricerca condotta nel 2012 da Ascoli, Mirabile e Pavolini2 mostra infatti come i lavoratori «valutino» i benefits in tema di welfare fino al 70% in più rispetto al costo sostenuto dall’azienda e che, anche escludendo la previdenza complementare, oltre l’80% delle aziende italiane con più di 500 addetti ha introdotto qualche forma di welfare. Considerando, invece, anche l’adesione a forme di previdenza complementare, la ricerca evidenzia come oltre un terzo delle grandi imprese offre almeno quattro tipi diversi di prestazioni e più del 43% ne offre due o tre tipi, fra le quali, oltre alle pensioni, una dimensione importante riveste anche l’assistenza sanitaria complementare. L’azione della contrattazione collettiva deve peraltro trovare un adeguato sostegno ed impulso nell’azione delle amministrazioni locali, nella consapevolezza che in una fase di contrazione delle risorse disponibili non ci si possa limitare a mere politiche “di cassa”, ma occorra favorire attivamente la cooperazione dei diversi soggetti pubblici e privati, che operano sul territorio. In tal senso due sono le piste di intervento: promozione e (nei limiti delle possibilità) finanziamento di progetti di sostegno alle imprese interessate all’istituzione di sistemi di welfare: pubblicazione di bandi, consulenza e supporto organizzativo, costituzione di «reti territoriali» per favorire dialogo e co-progettazione tra soggetti pubblici e privati; governance del sistema, nel senso di monitorare la sua “razionalità e coerenza” al fine di evitare sovrapposizioni delle diverse iniziative, anche con riferimento ad una sorta di “controllo di qualità“ rivolto all’efficacia delle iniziative intraprese. 3. La costruzione di un sistema di welfare integrato: definizione della proposta La presente proposta si articola secondo tre linee di intervento definizione del modello generale; approfondimento relativo agli interventi di tipo normativo necessari e/o opportuni per lo sviluppo del nuovo sistema di welfare integrato; analisi di fattibilità delle possibili iniziative, secondo un criterio di “semplicità amministrativa”, che tenga conto cioè del maggiore o minore grado di intervento normativo necessario per la sua attuazione. 3.1 La costruzione di un sistema di welfare integrato: il modello La costruzione di un sistema di welfare integrato, quale che sia il livello di operatività, si fonda sullo studio della collettività interessata e l’individuazione, o, più esattamente, la classificazione, dei bisogni di welfare della platea dei soggetti coinvolti, suddivisi nelle diverse componenti. Al riguardo, in primo luogo, occorre operare una scansione della vita dell’individuo in relazione al suo possibile percorso lavorativo. Sul punto è importante evidenziare che oramai la tradizionale bipartizione fra vita lavorativa e pensionamento non risulta più attuale, in relazione sia alle mutate caratteristiche del mercato del lavoro - ed in particolare 2 Ascoli U., Mirabile M.L. e Pavolini E. “Dal welfare di cittadinanza al welfare nel lavoro? Contrattazione collettiva e iniziativa d’impresa in Italia” - La rivista delle politiche sociali, n. 3/ 2012, pp. 53-76. Si veda anche E. Pavolini, U. Ascoli e M.L. Mirabile (a cura di ), Tempi moderni. Il welfare nelle aziende in Italia, Bologna, Il Mulino, 2013. 3
al diffondersi del fenomeno della “precarietà” connessa alla diffusione di forme di ingresso nella vita lavorativa, alternative al contratto a tempo indeterminato - sia tenendo conto del significativo spostamento in avanti dei requisiti dell’età pensionabile previsto dalla riforma Fornero, che ha posto non pochi problemi di riduzione/assenza di reddito lavorativo negli anni antecedenti alla maturazione del diritto alla prestazione pensionistica INPS. Sulla base delle considerazioni che precedono si è quindi giunti all’individuazione delle cinque classi di bisogno esposte nella Tabella 1. Tab. 1. Identificazioni di classi omogenee di età per bisogni di welfare integrato Classe di bisogno e sua Età di Caratteristiche Età di uscita definizione ingresso Periodo di apprendistato o di contratto a I - Ingresso in attività 20/30 anni 25/35 anni tempo determinato II - Lavoratore standard Contratto a tempo indeterminato 25/35 anni 60/62 Riduzione delle ore di lavoro o uscita III - Lavoratore “anziano” dall’attività SENZA il diritto alla 60/62 66/67 prestazione pensionistica di base IV - Pensionato “giovane” Percezione della pensione INPS 66/67 76/78 V - Pensionato “anziano” Probabile minore autonomia 76/78 All’interno di ogni classe sono state individuate le possibili tipologie di prestazioni e si è ritenuto opportuno diversificare le prestazioni stesse in: immediate: prestazioni di cui il singolo potrebbe beneficiare durante il periodo di permanenza nella medesima classe; differite: prestazioni che potrebbero essere erogate in occasione del passaggio ad una successiva classe di bisogno, con particolare riferimento all’ingresso in pensione. Per ciascuna prestazione sono state altresì evidenziate le possibilità di copertura che sono in qualche modo “esplicitamente” previste dall’ordinamento attuale, essenzialmente legate alla costituzione di fondi pensione o fondi sanitari e il cui finanziamento fruisce di un regime tributario di favore. I risultati dell’analisi sono rappresentati nella Tabella 2. Accanto alle coperture “normativamente tipizzate” esiste l’universo parallelo delle coperture offerte dal cd “welfare aziendale” di derivazione esclusivamente contrattuale. Rinviando al Primo Rapporto sul Secondo Welfare per una rappresentazione esaustiva di queste iniziative, è evidente che esse sono parte integrante della costruzione di un modello di welfare e, dunque, andranno considerate nell’ambito delle scelte politico- istituzionali ed economiche in tema di benefits. NelI’ambito del welfare integrato la definizione del piano di coperture dei bisogni dovrà essere adeguato al percorso di vita, in un’ottica che potremmo definire di “welfare life cycle”, individuando le tipologie di prestazioni maggiormente coerenti con le esigenze della collettività considerata all’interno di una fase specifica del ciclo di vita. 4
Il passo successivo consiste nel determinare un costo per ciascuna prestazione, onde valutarne la compatibilità con le risorse disponibili (contributi), così da rendere possibile una scelta consapevole delle parti sociali, in base ad una sorta di analisi costi/benefici. Al riguardo, va evidenziato come la valutazione non può che essere condotta su base collettiva, così da essere in condizione di “sfruttare” il potenziale economico rappresentato dalla solidarietà. La “spalmatura” del rischio su collettività ampie, ove siano presenti coorti con caratteristiche demografiche diverse, consente, infatti, di realizzare significative economie in termini di costo. Siffatte economie non sarebbero infatti praticabili, laddove il medesimo rischio gravasse non solo sul singolo individuo, ma anche su una collettività omogenea sotto il profilo demografico. 5
Tab. 2. Possibili prestazioni di welfare integrato distinte per classi di età omogenee e tipo di bisogno Classe di Tipologia di Bisogni/Prestazioni Coperture attualmente possibili a livello normativo bisogno Immediati • Acquisto 1° casa • Previdenza complementare: anticipazione • Contributi spese familiari (asili nido, assegni • Fringe benefits studio...) • Assistenza sanitaria • Ass.za sanitaria integrativa/ Prev. compl (anticipazioni) • Non autosufficienza da attivo • Ass.za san. int.va/ Prev. compl.(pens invalidità, I anticipazione) • Sostegno reddito per periodi di disoccupazione • Sostegno spese di mobilità Differiti • Integrazione pensionistica • Previdenza complementare • Non autosufficienza da pensionato • Ass.za sanitaria int.va/ Prev. complementare (maggiorazione rendita) Immediati • Acquisto 1° casa • Previdenza complementare: anticipazione • Contributi spese familiari (asili nido, assegni • Previdenza complementare: anticipazione 30%; Fringe studio...) benefits • Rimborso spese per servizi di cura e assistenza • Ass.za sanitaria integrativa / Prev. compl. (anticipazioni) per persone non autosufficienti a carico • Assistenza sanitaria • Ass.za sanitaria integrativa / Prev. compl. (anticipazioni) II • Non autosufficienza da attivo • Ass.za sanitaria integrativa / Previdenza complementare (pens invalidità, anticipazione) • Sostegno reddito per periodi di disoccupazione • Previdenza complementare: anticipazione 30% • Sostegno spese di mobilità • Previdenza complementare: anticipazione 30% Differiti • Integrazione pensionistica • Previdenza complementare • Non autosufficienza da pensionato • Ass.za san. int.va / Prev. compl. (maggiorazione rendita) Immediati • Acquisto 1° casa/acquisto casa per figli • Previdenza complementare: anticipazione • Spese per lo studio (universitario) dei figli • Assistenza sanitaria • Ass.za sanitaria integrativa/ Prev compl (anticipazioni) • Non autosufficienza da attivo • Ass.za sanitaria integrativa/ Previdenza complementare III (pens invalidità, anticipazione); • Sostegno reddito per periodi di disoccupazione • Previdenza complementare: anticipazione 30%; totale o parziale prima del pensionamento • Altro • Previdenza complementare: anticipazione 30%; Differiti • Non autosufficienza da pensionato • Ass.za sanitaria integrativa / Prev. Compl. (maggiorazione rendita) Immediati • Assistenza sanitaria • Ass.za sanitaria integrativa IV • Non autosufficienza da pensionato • Ass.za sanitaria integrativa / Previdenza complementare (maggiorazione rendita) • Altro • ---- Immediati • Assistenza sanitaria (a domicilio) • Assistenza sanitaria integrativa V • Non autosufficienza da pensionato • Ass.za san. Int.va / Prev. Compl (maggiorazione rendita) • Spese per servizi di supporto e vicinanza • ----
Diverse sono le modalità secondo cui può essere organizzato il finanziamento delle prestazioni: • esplicito: mediante apposita contribuzione integrativa da parte del lavoratore (o del pensionato) e, eventualmente, del datore di lavoro; • implicito: mediante prelievo di una quota di contribuzione già dedicata a coperture integrative esistenti (per fondi complementari e fondi sanitari). In questo caso la copertura va realizzata nell’ambito dei fondi stessi e nel rispetto delle normative vigenti; • derivato: mediante prelievo di una quota del montante contributivo accumulato presso il fondo pensione: valgono a questo proposito le medesime osservazioni formulate al punto precedente; • modulare o “a vita intera”: mediante versamento di un contributo sempre uguale (fisso o in percentuale), la cui destinazione si sposta al modificarsi della classe di appartenenza. Da ultimo va menzionata la possibilità, laddove opportuno, della costituzione di accantonamenti ad hoc, finalizzati a consentire di fissare una contribuzione costante nel tempo, non legata in maniera automatica all’andamento dei “sinistri”. 3.2 Gli interventi di tipo normativo necessari o comunque utili per lo sviluppo di un sistema di welfare integrato 3.2.1. La normativa istituzionale e civilistica A parte le consolidate iniziative in tema di welfare pensionistico ed anche sanitario, si richiede oggi la realizzazione di un quadro normativo armonico e sufficientemente omogeneo per lo sviluppo del settore che, comunque, risulti rispettoso delle specificità territoriali e dell’articolazione economica (con riferimento alle variegate dimensioni aziendali, come anche tenendo conto delle diverse capacità dei settori produttivi). E’, perciò, del tutto opportuno che nel quadro delle attuali scelte costituzionali - presumibilmente non suscettibili di essere modificate in tema di assistenza e di diritti sociali – la legislazione statale nel definire (ex art. 117, comma 2, lett. m, della Costituzione) i livelli essenziali, indichi, quale obiettivo di chiusura della legislazione regionale in materia, la valorizzazione dello strumento della contrattazione collettiva in coordinamento con le iniziative degli enti locali e delle istituzioni non profit. La partecipazione ad un processo di coordinamento territoriale delle iniziative pubbliche (territoriali e non) e private (collettive, ma anche individuali) va incentivata con un’equilibrata agevolazione tributaria, che comporti ragionevoli ma effettivi controlli e che, attraverso un’opportuna diversificazione delle misure, orienti verso questa o quella linea di intervento. Tutto ciò, nella consapevolezza che il sistema dei benefits va comunque inquadrato nell’ampia nozione di trattamento economico complessivo del contratto individuale di lavoro, la cui regolazione è appunto di specifica competenza della contrattazione collettiva. 7
Nel contesto di cui sopra, la funzione della contrattazione collettiva deve esplicarsi, per evitare eccessive frammentazioni, sia mediante fissazione di soglie minime - al di sopra delle quali un servizio organizzato di welfare può svilupparsi anche in una dimensione aziendale - sia attraverso l’attribuzione di precisi ruoli agli enti bilaterali di “prossimità”, che vanno vieppiù assumendo il carattere di modello prevalente, secondo un processo di espansione dei principi della compartecipazione economico/produttiva alla gestione del “sociale”. La fisiologica riconduzione a questo modello di bilateralità può consentire una riflessione su una più congrua ed efficace utilizzazione dello schema dell’art. 2117 c.c. (già neutralizzato quanto alle forme pensionistiche aziendali) ed ammodernamento dell’art. 2123 c.c.; altrettanto deve dirsi quanto all’ammodernamento dell’art. 12 della legge n. 300/1970, in termini di prevalenza della rappresentanza dei lavoratori. Deve darsi per scontato che, in omaggio al principio della libertà negoziale, possano aversi situazioni di concorso di contratti collettivi di secondo livello; si tratta, nel caso, di una linea normativa consolidata dall’art. 8 della l. n. 148/2011 in termini di prevalenza tout court degli accordi c.d. di prossimità, linea meritevole di essere seguita anche in tema di welfare di secondo livello, ragionevolmente orientando, come si è detto, gli auspicabili accordi delle aziende minori ad utilizzare meccanismi associativi. La valenza del bilateralismo riferita al mondo del lavoro dipendente può trovare una equipollente soluzione anche nell’area del lavoro libero professionale, in termini di implementazione della formula associativa/consortile, quale già considerata nell’art. 10bis, comma 1, del d. l. n. 76/2013, convertito nella l. n. 99/2013, L’auspicata espansione del bilateralismo e dell’associazionismo rappresentativo pongono il problema della adozione di modelli efficienti di governance, in termini di contenimento delle dimensioni degli organi collegiali (esigenza che si pone anche retrospettivamente, per gli enti pensionistici privati di base e di secondo livello), di rigoroso rispetto dei requisiti di onorabilità e di potenziamento della professionalità, data la frequenza di insoddisfacenti risultati delle formule finora utilizzate. Prendendo comunque a modello le forme di welfare consolidate, avendo attenzione in via prioritaria alla forme pensionistiche (d. lgs. n. 252/2005, ma anche d. lgs. n. 124/1993 per l’area del lavoro pubblico, la cui problematica non può ragionevolmente continuare a restare sospesa), è prospettabile un intervento di estensione delle funzioni, eventualmente con l’introduzione di meccanismi di gestione separata. In alternativa, si ipotizza la formazione di un fondo generale per il secondo livello, con singole e separate gestioni (previdenziale, sanitaria, altro) destinate ad operare secondo le normative specifiche (di legge o contrattuali) ma in sinergia. Ove non si reputi maturo questo tipo di intervento, limitatamente alla disciplina dei fondi pensione, appare oramai necessario il superamento del rigido collegamento del regime prestazionale del secondo livello con quello delle prestazioni di base. Parimenti, risulta oramai sempre più evidente l’opportunità di attenuare la rigidità dell’integrale capitalizzazione individuale, lasciando spazi, seppur modesti, alla valorizzazione della funzione mutualistica/solidaristica. In questo contesto si rende auspicabile la revisione dell’anticipazione ingiustificata del 30%, con eventuale sostituzione di forme di utilizzo “assistenziale” motivato, fiscalmente agevolato. Così come si rende sempre più palese la 8
necessità di coordinare gli interventi in tema di prestazioni per motivi sanitari, concentrando ragionevolmente questo tipo di attività sui fondi sanitari e liberando da questa incombenza i fondi pensione, che potrebbero invece concorrere con i fondi sanitari alla realizzazione di interventi di long terme care. Al di là dei vari spunti presenti in altre parti del testo, la sintetica rassegna delle problematiche giuridiche di tipo civilistico/istituzionale sollevate dal presente progetto di welfare integrato non può prescindere da una riflessione sul punto centrale, dell’efficacia soggettiva delle varie forme ipotizzabili. Il problema si pone in termini diversi a seconda del modello di riferimento: laddove si tratti di prestazioni erogate su iniziativa di enti territoriali pubblici o anche di istituzioni private non profit, le regole di accesso saranno quelle proprie della singola istituzione; laddove, invece, si tratti di enti bilaterali, di derivazione contrattuale, va contemperata la libertà di scelta con l’adozione di modalità che orientino la scelta stessa ed inducano la più ampia diffusione possibile. L’effetto adesione tacita dei fondi pensione potrebbe ulteriormente essere potenziato mediante l’estensione degli effetti di destinazione al fondo negoziale anche quanto alla contribuzione corrente di entrambe le parti, salva una facoltà di revoca a breve. Superato il momento genetico del rapporto individuale, occorrerà che con ragionevole periodicità si apra la strada della revoca controllata. 3.2.2 La normativa tributaria In estrema sintesi, il welfare aziendale soffre dal punto di vista fiscale di un’ormai alquanto datata disciplina normativa, inidonea a rispondere alle attuali esigenze prospettate dall’evoluzione della società, in generale, e del mondo del lavoro, in particolare. A riprova di ciò, occorre, innanzitutto, osservare che la disciplina tributaria risulta in buona parte permeata da un sorpassato paternalismo, laddove tutto il settore del welfare riconducibile a finalità sociali ed assistenziali non prevede la possibilità della contrattualizzazione dei benefit ai fini della loro deducibilità fiscale. Si veda al riguardo il combinato disposto dell’art. 51, comma 2, lett. f) e dell’art. 100, comma 1, del TUIR. Questa circostanza determina, altresì, la separazione fra gli interventi di welfare riconducibili al citato art. 100 (servizi socio-sanitari, ricreativi, di formazione professionale, e così via) da quelli riconducibili ad altre lettere dell’art. 51, comma 2 (asili nido, borse di studio per l’istruzione dei figli, fino alle contribuzioni previdenziali e sanitarie). Con specifico riguardo, poi, alle contribuzioni previdenziali e sanitarie si osserva che la vigente normativa disciplina separatamente i limiti di deducibilità fiscale (rispettivamente di 5.164,57 € e di 3.615,20 €, importi fissati da più di dieci anni e mai aggiornati), senza consentire la possibilità di vaso comunicazione fra l’uno e l’altro plafond, in un’ottica di flessibilità di scelta fra coperture previdenziali e coperture sanitarie in risposta alla variabilità delle esigenze collegate al trasformarsi del nucleo familiare o al procedere dell’età. Infine, anche nel caso in cui dovessero essere superati tutti gli ostacoli di ordine regolamentare e giuslavoristico ai fini dell’utilizzabilità dei fondi pensione o delle casse sanitarie per finalità sociali ed assistenziali (spese per studi dei figli, non autosufficienza, ecc.), ciò comporterebbe, da un lato, una distrazione di risorse specificamente dedicate alla copertura previdenziale per diverse (sia pur meritevoli) finalità e, dall’altro, 9
l’assoggettamento di siffatte risorse ad imposizione fiscale (nel caso, invece, ad esempio, di borse di studio per il pagamento degli studi dei figli le somme a tal fine erogate dal datore di lavoro sono totalmente escluse da imposizione). Le richiamate criticità impongono un complessivo ripensamento della disciplina in materia di welfare aziendale, avendo, innanzitutto, come obiettivo: a) la razionalizzazione della normativa esistente, variegata e frastagliata, anche al fine di evitare ‘fughe in avanti’ da parte della pratica, conseguenti alla pressione delle parti sociali, con soluzioni che potrebbero non sempre essere in linea con la disciplina medesima e, quindi, potenzialmente apportatrici di non desiderabili contestazioni da parte del fisco; b) il superamento della visione paternalistica, consentendo la contrattualizzazione anche delle finalità sociali, assistenziali, ricreative, e similari, normate dal combinato disposto dell’art. 51, comma 2, lett. f) e dell’art. 100, comma 1, del TUIR; c) la riunificazione, più volte auspicata3, dei plafond di deducibilità fiscale previsti dall’art. 51 per i contributi previdenziali e sanitari; d) l’aggiornamento dei suddetti plafond (di 5.164,57 € per la previdenza e di 3.615,20 € per l’assistenza sanitaria), il cui ammontare, come si è detto, è fermo da oltre dieci anni. 3.3. L’analisi di fattibilità delle possibili iniziative La costruzione di un modello di tipo welfare life cycle, che abbia cioè come obiettivo una copertura differenziata in relazione al percorso di vita del singolo, presuppone un sostanziale cambiamento del quadro normativo esistente. Anche a normativa vigente sarebbe peraltro possibile dare vita a coperture diverse rispetto a quelle tradizionalmente previste da un fondo pensione o da un fondo sanitario. Nel dicembre 2013, in occasione di un convegno organizzato in LUISS da Assoprevidenza, Mercer e Fondo Pensione BNP, era stata illustrata l’analisi condotta dallo Studio Attuariale Orrù & Associati4 relativa ad alcuni esempi di coperture che potrebbero già attualmente essere attivate nell’ambito di un fondo pensione, in “aggiunta” alla rendita complementare. Rinviando al Quaderno di Assoprevidenza n.18-2013, citato in nota 4, per una trattazione più dettagliata dello studio, ci si limita in questa sede a ricordare come le valutazioni abbiano evidenziato la concreta possibilità di fornire una copertura adeguata al bisogno generato dalla riduzione/mancanza di reddito prima del pensionamento tramite l’utilizzo del montante accumulato. Le scelte in proposito vanno evidentemente calibrate in relazione alle caratteristiche soggettive degli interessati (età, posizione rispetto al 3 Cfr. la ricerca “Riforma fiscale e redditi di lavoro dipendente: per una fiscalità volta verso il nuovo millennio”, edita nel giugno 2011 da Federmanager per conto del Ceradi Luiss Guido Carli, a cura di Fabio Marchetti, Giuseppe Melis, Pasquale Sandulli, Franco Petrucci, Michele Faioli, Federico Rasi, Luigi Sposato. 4 “Studio di un progetto di welfare integrato - Primi risultati” – Quaderno Assoprevidenza n. 18-2013 (con la partecipazione di Studio Attuariale Orrù & Associati e Fondo Pensione BNL/BNP Paribas Italia) e Presentazione al Convegno Assoprevidenza “Previdenza e Assistenza: proposte per un approccio integrato” del 9/12/2013. 10
trattamento pensionistico di base, ecc.) e all’entità del bisogno. In via generale, come intuitivo, l’utilizzo del 30% del montante – che può assicurare una rendita variabile dal 20% al 40% dell’ultima retribuzione - appare più indicato per fronteggiare una riduzione parziale del reddito da lavoro, mentre in caso di totale assenza di reddito più congruo appare l’utilizzo del 50% del montante, che consente una copertura variabile fra il 33% e il 70%. Interessante poi è constatare come i montanti residui consentano comunque rendite apprezzabili (dal 10% al 40% dell’ultima retribuzione) in particolare quando si accetti un differimento nella data di percezione della prestazione. Nel capitolo successivo è invece illustrata l’analisi di fattibilità condotta con riferimento ad un’ipotesi vera e propria di welfare life cycle, con prestazioni articolate nel corso dell’intera vita del soggetto, al fine di dimostrarne la sostenibilità economica, pur nella consapevolezza che la sua organizzazione richiede quantomeno approfondimenti di tipo giuridico, circa le concrete modalità realizzative. 4. La costruzione di una copertura di welfare life cycle: primi risultati 4.1. Il quadro di riferimento Per la costruzione del modello di welfare life cycle nel senso specificato nel capitolo precedente, il primo passo è rappresentato dalla definizione dei costi relativi a ciascuna prestazione, in particolare laddove si immagini di avere come riferimento un’azienda a dimensione nazionale, che abbia cioè necessità di una copertura sull’intero territorio del Paese. Nel seguito si indicano le principali ipotesi che sono state considerate nell’analisi – sempre condotta insieme con lo Studio Attuariale Orrù & Associati - precisando che i dati utilizzati non sono riferiti ad una specifica realtà, ma tengono conto di alcune significative esperienze già operative nei diversi comparti del welfare, in modo da realizzare una coerenza complessiva sotto il profilo economico e regolamentare con l’impianto delle coperture attualmente vigenti. Individuazione della collettività di riferimento: costruzione di una collettività tipo sulla base delle caratteristiche demografiche e reddituali medie degli iscritti ad alcuni fondi pensione. Finanziamento: il livello contributivo costituisce la variabile indipendente, essendo di norma determinato dalla contrattazione collettiva in funzione delle disponibilità economiche delle parti coinvolte. Sono quindi considerati livelli diversi di contribuzione coerenti con quelli attualmente stabiliti nel comparto. L’ipotesi base è di un contributo versato nel corso dell’intera vita del soggetto, dal momento dell’assunzione sino alla morte. Ovviamente nel corso della vita attiva il contributo in parola vedrà la partecipazione, totale o parziale, dell’azienda, mentre successivamente al pensionamento sarà a totale carico dell’interessato. Il contributo è stato inizialmente ipotizzato in cifra fissa, ma è stato successivamente esplicitato anche in funzione della retribuzione. Prestazioni: pensione complementare: rispetto del quadro legislativo definito dal d.lgs. n. 252/2005; 11
assistenza sanitaria: individuazione di un nomenclatore tipo, con evidenza dei relativi costi medi per iscritto, distinti per sesso e classi di età. Sulla base dell’analisi dei nomenclatori di alcune primarie realtà operanti nel comparto, sono state considerate le seguenti prestazioni (e i relativi costi medi distinti per sesso e classe di età): - grandi interventi; - assistenza medico-specialistica e diagnostica; sostegno al reddito in caso di disoccupazione: utilizzo dei montanti; non autosufficienza da attivo: per semplicità, l’analisi ha considerato la corresponsione di una rendita mensile di € 900,00, (cifra che corrisponde a circa i due terzi del costo di una badante a tempo pieno). Per il finanziamento della rendita si è ipotizzato (sulla base di convenzioni assicurative attualmente in vigore) un costo annuo di € 30 per iscritto sino al momento del pensionamento; non autosufficienza da pensionato: la rendita mensile erogabile è la stessa della prestazione da attivo. Per il relativo finanziamento si è stimato anno per anno il valore attuale medio necessario alla copertura della rendita dei nuovi ingressi nello stato di non autosufficienti rilevati nell’anno, per l’intero periodo di erogazione (cd metodo della ripartizione dei capitali di copertura); altre prestazioni assistenziali: asili nido e contributi di studio. Si è ipotizzata l’erogazione di un contributo annuo di € 500 in presenza di un figlio a carico in età prescolare e la corresponsione di una borsa di studio dopo i 14 anni in caso di buon rendimento dello studente. Basi tecniche probabilità di morte dei pensionati: probabilità di morte della popolazione italiana RG 48; probabilità di morte dei soggetti non autosufficienti: mortalità RG48 incrementata del 125%; probabilità di diventare non autosufficiente: per gli attivi: sulla base d alcune esperienze significative di polizze collettive presenti sul mercato; per i pensionati: desunte da pubblicazioni tecniche in materia; probabilità di accesso alle prestazioni sanitarie per grandi interventi e per assistenza specialistica e diagnostica: determinate in base ai dati riscontrati in alcune realtà di dimensioni significative da tempo operanti nel comparto; probabilità di avere famiglia (almeno un figlio, con o senza coniuge): tratte dal volume “Il modello INPS e le prime proiezioni al 2010” elaborato dall’INPS; età di accesso al pensionamento: 67 anni per entrambi i sessi; tasso annuo di inflazione: 0; tasso annuo di rivalutazione dei redditi (reale) 1,5%. 12
4.2. I risultati delle valutazioni L’analisi di sostenibilità è stata condotta con riferimento a due diversi profili: a) determinazione del contributo necessario per la copertura delle prestazioni con riferimento ad alcuni casi-tipo; in particolare si sono considerati i seguenti profili: Profilo 1: individuo M/F assunto a 25 anni con 43 anni di attività, con reddito annuo iniziale di € 25.000; Profilo 2: individuo M/F assunto a 33 anni con 35 anni di attività, con reddito annuo iniziale di € 25.000; Profilo 3: individuo M/F assunto a 40 anni con 28 anni di attività, con reddito annuo iniziale di € 25.000. b) determinazione del contributo annuo relativo all’intera collettività, costruite con riferimento a diverse ipotesi di distribuzione per sesso ed età: Collettività 1: Attivi: età media: 52,8 anni, distribuzione per sesso: 78,9% M, 21,1,% F; Pensionati: età media: 73,7 anni, distribuzione per sesso: 86,0% M, 14,0,% F; Collettività 2: Attivi: età media: 52,7 anni, distribuzione per sesso: 54,9%M, 45,1,% F; Pensionati: età media: 68,17 anni, distribuzione per sesso: 78,5% M, 21,5% F; Collettività 3: Attivi: età media: 49,3 anni, distribuzione per sesso; 78,5% M, 21,5% F; Pensionati: età media: 70,9 anni, distribuzione per sesso: 72,1% M, 27,9% F. Nel caso a) lo scopo è di individuare il costo per singolo individuo, spalmato ovviamente lungo l’intera vita lavorativa e da pensionato, mentre la valutazione sub b) consente di evidenziare la “sensibilità” del costo in relazione ad alcuni parametri fondamentali, quali età e sesso caratterizzanti la collettività. Non si è invece ritenuto di considerare anche variazioni relative al parametro reddito, poiché, avendo ipotizzato un contributo in cifra fissa, detta variabile è risultata ininfluente. Tuttavia, si è ritenuto comunque opportuno dare un’indicazione circa il “peso” che questo contributo riveste nell’ambito della struttura reddituale ipotizzata; ciò anche al fine di disporre di indicazioni circa le potenzialità di “miglioramento” della copertura, in caso di redditi superiori. I risultati delle valutazioni, esposti nella tab. 3, mostrano come l’ipotesi della costruzione di una copertura del tipo welfare life cycle sembri, nel quadro delle ipotesi adottate, sostenibile. Il contributo annuo individuale nei casi tipo considerati corrisponde, al netto delle prestazioni per non autosufficienza da pensionato, a 200, valore che si riduce a 140 dopo il pensionamento, pari allo 0,8% della retribuzione. La prestazione più onerosa è, ovviamente, la copertura per non autosufficienza da pensionato, che comporta un contributo ulteriore (da versare per l’intera vita attiva) che varia da un minimo di 370 € per un individuo che entra in copertura a 25 anni, ad un massimo di 630 €, in caso di ingresso in copertura a 40 anni. Peraltro l’assorbimento del 13
costo relativo potrebbe essere realizzata destinando una quota del montante pensionistico accumulato, nella misura del 13% per il venticinquenne e del 24% per il quarantenne, inferiore cioè alla quota del “30%” disponibile su semplice richiesta dell’iscritto al fondo pensione. Tab. 3. Contributi annui relativi alle ipotesi di copertura di tipo welfare life cycle a) Contributo individuale relativo a diversi casi-tipo Contributo in % della Non Contributo in cifra fissa (€) retribuzione autosufficienza Senza Non Con Non Senza Non Con Non da pens in % autosufficienza autosufficienza autosufficienza autosufficienza montante 6 per pensionati per pensionati per pensionati per pensionati pensionistico5 Profilo 1 200* 570 0,8 1,93 12,6 Profilo 2 200* 680 0,8 2,36 17,4 Profilo 3 200* 830 0,8 2,97 24,1 *140 da pensionato b) Contributo annuo medio relativo a diverse distribuzioni della collettività assicurata (In cifra fissa, senza copertura non autosufficienza per pensionati) Contributo in cifra fissa (€) Attivi Pensionati Collettività 1 141 105 Collettività 2 135 101 Collettività 3 148 101 L’analisi del contributo medio relativo a diverse collettività mostra una scarsa sensibilità alla distribuzione per sesso, mentre, com’era del resto prevedibile, anche uno scarto minimo nell’età media si riflette in maniera non trascurabile sull’importo del contributo medio. 5. Conclusioni ed elementi di riflessione I risultati esposti nel precedente capitolo, ancorché evidentemente parziali, testimoniano come la riflessione sul tema della costruzione di piani di welfare integrato che mettano a sistema le differenti componenti che attualmente forniscono coperture di carattere “sociale” sia tutt’altro che teorica, ma possa offrire spunti per una concreta realizzazione. Al riguardo va comunque ricordato che: 5 Contributo al fondo pensione ipotizzato: TFR + 1% contributo iscritto + 1% contributo aziendale. 6 Contributo previsto solo durante il periodo di attività. 14
l’analisi condotta si riferisce ad una copertura di tipo collettivo, realizzata cioè in maniera sistematica e continuativa per il complesso di una collettività specifica, il che presuppone se non proprio l’obbligatorietà di adesione, quantomeno forti meccanismi di disincentivazione all’uscita dalla collettività degli iscritti (o, in alternativa, di riduzione della copertura); il modello ipotizzato è per sua natura estremamente sensibile alle caratteristiche della popolazione assicurata, che vanno quindi, nel caso concreto, attentamente analizzate e verificate, in particolare nei primi anni di attivazione della copertura. Al riguardo un’opzione utile è rappresentata dalla costituzione di appositi accantonamenti/riserve, finalizzati a fronteggiare andamenti della sinistrosità particolarmente sfavorevoli. Luglio 2014 15
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