Plastic Tax: un passo avanti o indietro nella tutela della

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Plastic Tax: un passo avanti
o  indietro   nella   tutela
dell’ambiente    (e    della
salute)?
Nella tarda serata del 23 dicembre 2019 è stato approvato il
disegno di legge relativo al “Bilancio di previsione dello
Stato per l’anno finanziario 2020e bilancio pluriennale per il
triennio 2020-2022“. Fra le molte disposizioni oggetto di ampi
dibattiti in Parlamento, il provvedimento relativo alla c.d.
“Plastic Tax”.

Vediamo come funziona, non senza prima aver ripercorso, sia
pure brevemente, tuttte le principali tappe dell’iter
normativo.

Com’è nata l’idea e come si è sviluppata
La ratio: ce lo chiede l’Europa
Tassa (diretta) sul consumo? No, secondo i fautori
Aliquota, entrata in vigore e credito d’imposta
Plastic tax e green corner
Le diverse posizioni contrarie, e le loro ragioni
La filiera del recupero, nell’ottica dell’economia circolare
Il testo definitivo della manovra

Com’è nata l’idea della Plastic Tax
e come si è sviluppata?
La proposta di tassare la plastica è stata inserita nel
Documento programmatico di bilancio (Dpb) – uno dei documenti
preliminari rispetto alla prossima Legge di Bilancio –
approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alla
Commissione Europea il 16 ottobre scorso.
Tra le misure per «Promuovere la sostenibilità dell’ambiente»,
il Dpb inserisce l’«introduzione di un’imposta sugli
imballaggi di plastica con decorrenza dal 1° giugno 2020
(aliquota 1 euro per kg)».

L’annuncio dell’introduzione di questa misura ha suscitato
istantaneamente un vespaio di polemiche e di proteste, sia
nelle forze politiche (di maggioranza e di opposizione), sia
nel mondo produttivo.

La Plastic Tax si trova nella prima bozza del disegno di legge
di Bilancio per il 2020, approvato dal Consiglio dei Ministri
“salvo intese”, ed il cui testo è stato comunicato il 2
novembre scorso al Senato per la discussione, che porterà alla
definitiva versione di quella che sarà la prossima manovra
finanziaria.

Nel Disegno di Legge, nel Titolo relativo alle Misure fiscali
a tutela di ambiente e salute – all’Art. 79 (Imposta sul
consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego e
incentivi per le aziende produttrici manufatti in plastica
biodegradabile e compostabile) si legge testualmente:

 “È istituita una imposta sul consumo dei manufatti con
 singolo impiego, d’ora in avanti indicati come MACSI, che
 hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento,
 protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti
 alimentari; i MACSI, anche in forma di fogli, pellicole o
 strisce, sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di
 materie plastiche, costituite da polimeri organici di origine
 sintetica e non sono ideati, progettati o immessi sul mercato
 per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita
 o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale
 sono stati ideati”.
Sono considerati MACSI anche:
 • i dispositivi, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle materie plastiche che
  consentono la chiusura, la commercializzazione o la presentazione dei medesimi MACSI o
dei manufatti costituiti interamente da materiali diversi dalle stesse materie plastiche;
   • i prodotti semilavorati, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle predette
                 materie plastiche, impiegati nella produzione di MACSI.

Quali imballaggi sono oggetto della
tassazione?
               Qualche esempio degli imballaggi oggetto della tassazione
      • Prodotti monouso come bottiglie di plastica (per acqua e altre bevande):
       • buste e vaschette in polietilene (per esempio le buste per l’insalata);
    • polistirolo (pensiamo agli imballaggi per tanti elettrodomestici e hardware);
                               • tappi delle bottiglie;
          • etichette e materiali plastici usati per protezioni e imballaggi.

La norma prosegue elencando i prodotti esclusi dalla misura:

       i MACSI che risultino compostabili in conformità alla
       norma UNI EN 13432 (“Requisiti per imballaggi
       recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione –
       Schema di prova e criteri di valutazione per
       l’accettazione finale degli imballaggi”);
       le siringhe rientranti tra i dispositivi medici
       classificati dalla Commissione unica sui dispositivi
       medici;
       i MACSI ceduti direttamente dal fabbricante per il
       consumo in altri Paesi dell’Unione europea ovvero
       esportati dallo stesso soggetto.

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all’ADR 2019 sono alcuni dei temi con maggiori modifiche.

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Ratio della Plastic Tax: ce lo
chiede l’Europa
La tassa sulla plastica recepirebbe, almeno in parte, la
Direttiva Europea sulle plastiche monouso (la “Single-Use
Plastics” Directive), adottata lo scorso maggio dal Consiglio
Ue, che mette al bando posate, piatti, cannucce, cotton fioc,
miscelatori per bevande, senza tuttavia vietare le bottiglie
in Pet, per le quali viene riconosciuta la riciclabilità al
100% del Pet fissando ambiziosi obiettivi di raccolta e
riutilizzo del riciclato da raggiungere entro il 2029/2030.

In estrema sintesi, la direttiva stabilisce:
una regolamentazione più severa e vieta addirittura
       l’utilizzo di alcuni prodotti in plastica usa e getta
       per i quali esistono valide alternative;
       che i piatti, le posate, le cannucce, le aste per
       palloncini e i bastoncini cotonati in plastica monouso
       saranno vietati entro il 2021;
       che le bottiglie di plastica dovranno avere un contenuto
       riciclato di almeno il 25% entro il 2025 e di almeno il
       30% entro il 2030.

Tassa (diretta) sul consumo? No,
secondo i fautori
“Si tratta di una che colpisce direttamente il consumo?”, ci
si è subito chiesti, sia i favorevoli alla tassa che i
detrattori della stessa.

No – si legge nella bozza del DDL – perché secondo gli
ideatori “per i MACSI, l’obbligazione tributaria sorge al
momento della produzione, dell’importazione definitiva nel
territorio nazionale ovvero dell’introduzione nel medesimo
territorio da altri Paesi dell’Unione europea e diviene
esigibile all’atto dell’immissione in consumo dei MACSI”.

                    Chi sarebbe obbligato al pagamento dell’imposta
           • Per i MACSI realizzati nel territorio nazionale: il fabbricante.
 “Non è considerato fabbricante il soggetto che produce MACSI utilizzando, come materia
 prima o semilavorati, altri MACSI sui quali sia stata già pagata l’imposta da un altro
              soggetto, senza l’aggiunta di ulteriori materie plastiche”.
• Per i MACSI provenienti da altri Paesi dell’Unione europea: il soggetto che acquista i
  MACSI nell’esercizio dell’attività economica ovvero il cedente qualora i MACSI siano
                          acquistati da un consumatore privato
                • Per i MACSI provenienti da Paesi terzi: l’importatore.

Aliquota, entrata in vigore e
credito d’imposta della Plastic
Taxi
Quanto all’aliquota, nella proposta di parla di 1 € per
chilogrammo di materia plastica nei MACSI.”

Alle imprese attive nel settore delle materie plastiche,
produttrici di manufatti con singolo impiego destinati ad
avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o
consegna di merci o di prodotti alimentari – si legge nel
prosieguo del documento – “è riconosciuto un credito d’imposta
nella misura del 10 % delle spese sostenute, dal 1° gennaio
2020 al 31 dicembre 2020, per l’adeguamento tecnologico
finalizzato alla produzione di manufatti biodegradabili e
compostabili secondo lo standard EN 13432:2002”.

Il credito d’imposta è riconosciuto fino ad un importo massimo
di euro 20.000 per ciascun beneficiario ed è utilizzabile, nel
limite complessivo di 30 milioni di euro per l’anno 2021,
esclusivamente in compensazione.

Quanto, infine, all’entrata in vigore, la plastica tax
dovrebbe entrare in vigore dal primo giugno 2020.

Plastic Tax e green corner
Peraltro, la Plastic Tax va letta in combinato disposto con la
norma sui green corner per la vendita dei prodotti sfusi o
alla spina contemplata dal “decreto clima”, un meccanismo (del
valore di 5mila euro di contributo economico a fondo perduto
per i negozianti, per un limite complessivo di 20 milioni per
il 2020 e il 2021), per cui se da un lato si tassano gli
imballaggi in plastica scoraggiandone cosi la diffusione,
dall’altro si incentivano i negozi a commercializzare, per
esempio, bagnoschiuma, detersivi o pasta purché privi del
tradizionale packaging.
Le diverse posizioni contrarie alla
Plastic Tax e le loro ragioni
Non sarà una tassa diretta, come sostengono i fautori della
misura, ma in qualche modo i costi che dovranno sostenere i
soggetti tenuti a pagarla si riverseranno, indirettamente, sul
consumo.
Delle due l’una: o a rimetterci saranno soltanto i soggetti
obbligati o – come spesso accade – i costi si riverseranno sui
consumatori.

Per questi motivi l’annuncio della tassa sulla plastica ha
provocato non poche fibrillazioni sia nel mondo politico che
nel mondo produttivo perché, se alcune forze politiche la
sostengono strenuamente – e ne fanno uno dei baluardi per
attuare una vera e propria virata verso un mondo libero dalla
plastica, perché da qualche parte occorre pur cominciare,
visto che oggi esiste un uso smisurato della plastica – molte
sono le ragioni messe in campo da chi si oppone alla plastic
tax.

Al di là delle considerazioni di opportunità politica (la
Plastic Tax arriva in un momento cruciale per la politica
italiana: l’Emilia Romagna, dove a gennaio 2020 si svolgeranno
le Elezioni regionali, è il territorio in cui viene prodotto
il 63% della plastica monouso italiana.

L’introduzione della tassa da parte di una delle forze di
governo in particolare, che esprime l’attuale Presidente della
Regione, peraltro ricandidato alle prossime elezioni, è stata
letta come una specie di autogol), fra le principali
motivazioni della contrarietà a questa tipologia di tassa ci
sono quelle relative:

     a motivi economici (la Plastic tax è vista come una
     misura introdotta al solo ed unico scopo di “far cassa”,
     ossia trovare le necessarie coperture per sostenere le
altre misure contenute nella legge di bilancio, che va a
colpire in maniera indiretta e indiscriminata i consumi,
perché i maggiori costi che le aziende produttrici di
imballaggi in plastica sarebbero tenute a sostenere
finirebbero per scaricarsi a cascata su tutta la
filiera, raggiungendo ovviamente il consumatore finale);
alle tempistiche (la plastic tax verrebbe introdotta
troppo bruscamente: per effettuare una simile
transizione è necessaria una gradualità in tutti i
provvedimenti, che dia il tempo a produttori e
consumatori di adattarsi al cambiamento);
al metodo prescelto (la tassa è stata congegnata
eccessivamente nella parte dissuasiva, e troppo poco
nella parte incentivante, ritenuta da molti la più
efficace per innescare il cambiamento culturale virtuoso
verso un mondo senza plastica);
alle conseguenze operative. Alcuni produttori hanno
fatto osservare che generi alimentari freschi come
verdure, latticini o carne durano di più se
confezionati. Si tratta di un punto che merita
attenzione: un imballaggio sicuro e igienico evita che
il cibo si rovini prematuramente, ed è estremamente
importante perché ad oggi oltre un terzo di tutto il
cibo prodotto nel mondo viene sprecato: secondo la Fao,
questo spreco alimentare è responsabile fino all’8%
delle emissioni globali di gas serra;
all’impatto ambientale. In uno studio sugli impatti
ambientali degli imballaggi, elaborato da una società di
consulenza indipendente per l’Alpla, viene evidenziato
che le bottiglie di vetro per l’acqua minerale, essendo
molto più pesanti delle bottiglie in PET, comportano per
il trasporto maggiori emissioni di CO2. Durante il
processo di riciclaggio, inoltre, il vetro richiede una
temperatura molto più elevata per sciogliersi rispetto
alla plastica.
La    filiera     del     recupero,
nell’ottica dell’economia circolare
Il problema di fondo è che in Italia manca una vera e propria
filiera del recupero della plastica, e spesso le decisioni
vengono prese all’improvviso, senza alcuna attenta valutazione
a monte, e proprio per questo appaiono, nella migliore delle
ipotesi, improvvisate.

E, in quanto tali, inutili quando non dannose.

Difficile, al momento, specie in una fase in cui tutti i
giorni si discute del tema, ma senza averne ben chiare le
conseguenze, e senza conoscere l’orizzonte temporale di
applicazione né il contenuto finale, ipotizzare come andrà a
finire.
Molto probabilmente si aprirà un confronto fra le parti
coinvolte: per ora la legge di Bilancio prevede che le imprese
che esportano e quelle che sono già riconvertite al
compostabile sono escluse.

Ma i criteri potrebbero essere allargati facendo così
rientrare anche altre aziende, per esempio quelle che usano il
pet.
Decisivo potrebbe essere, al riguardo, il tavolo con gli
operatori, con il precipuo obiettivo di creare un vero e
proprio percorso di transizione verso il biodegradabile.

Le aziende, presumibilmente, chiederanno maggiori incentivi
che vadano oltre i 30 milioni previsti dalla Manovra per il
credito d’imposta.

Ipotesi sulla Plastic Tax
Molti commentatori sostengono che alla fine la Plastic tax
verrà tenuta nella Legge di Bilancio ma rimodulata e/o
differita nella sua entrata in vigore, oppure verrà
semplicemente eliminata (con il problema di trovare un’altra
voce di copertura per la manovra).

Un’altra ipotesi nasce dalla considerazione dell’idea lanciata
dal ministro dell’Ambiente: mantenere una tassazione sulle
plastiche non biodegradabili e non biocompostabili, cioè
quelle non eco-compatibili e non riciclabili”, continuando a
salvaguardare quelle che sono biocompatibili perché diventano
materia prima seconda. Fermo restando però una diminuzione
degli imballaggi che è in linea con il decreto Clima, nella
parte dedicata alla vendita dei prodotti sfusi o alla spina.

Sarà, ma se non si intraprende un percorso politico condiviso,
inclusivo e non divisivo, di prospettiva e non soltanto
contingente (quando non elettorale), che ponga il sistema
Italia al centro di un progetto che fa si pone a cavallo di
tecnologia, innovazione, incentivi, infrastrutture in grado di
supportare la transizione ad un’economia circolare nei fatti,
e non soltanto nelle intenzioni, non sarà possibile trovare
una soluzione.

Il testo definitivo della Manovra
2020
Il testo definitivo della Manovra presenta alcune novità:

1) è stata ampliata la categoria del MACSI esclusi (ora sono
compresi tutti i dispositivi medici, essendo stato espunto
l’inciso “le siringhe rientranti tra…”);

2) non è più presente il credito d’imposta del 10%;

3) cambia anche l’aliquota, che scende del 65%e si attesta a
0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei
MACSI.

4) si precisa che l’accertamento dell’imposta dovuta è
effettuato sulla base di dichiarazioni trimestrali contenenti
tutti gli elementi necessari per determinare il debito
d’imposta (la dichiarazione è presentata dai soggetti
obbligati all’Agenzia delle dogane e dei monopoli entro la
fine del mese successivo al trimestre solare cui la
dichiarazione si riferisce. Per i MACSI provenienti da altri
Paesi dell’Unione europea, acquistati da un consumatore
privato, il cedente presenta la suddetta dichiarazione
attraverso il rappresentante fiscale);

5) rimborso: per i MACSI sui quali sia stata già versata
l’imposta da un soggetto diverso da quello che ne effettua la
cessione per il consumo in altri Paesi dell’Unione europea
ovvero l’esportazione, l’imposta è rimborsata, rispettivamente
al cedente o all’esportatore, qualora la stessa sia
evidenziata nella prescritta documentazione commerciale e sia
fornita la prova del suo avvenuto pagamento. L’imposta non è
altresì dovuta sulla materia plastica che provenga da processi
di riciclo;

6) pagamento non dovuto: l’imposta non è versata qualora
l’importo dovuto a titolo di imposta sia inferiore o pari a
euro 10;

La legge stabilisce anche le modalità con le quali i
funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli svolgono
le attività di accertamento, verifica e controllo dell’imposta
(con facoltà di accedere presso gli impianti di produzione di
MACSI al fine di acquisire elementi utili ad accertare la
corretta applicazione della legge).
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