Pieces of a Woman: la film - Il Discorso

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Pieces of a Woman: la film - Il Discorso
Pieces   of   a  Woman:   la
recensione      del     film
disponibile su Netflix con
Vanessa Corby

Presentato ai festival di Venezia e Toronto, Pieces of a Woman
è ora disponibile in streaming su Netflix, piattaforma che si
conferma essere sempre più aperta al cinema d’autore.

La pellicola di Kornél Mundruczo mette in scena il dramma
vissuto da una coppia che perde il suo primo figlio. Martha
Weiss (una spettacolare Vanessa Kirby) e Sean Carson (Shia
LeBeouf) sono in attesa della nascita della loro primogenita.

Il travaglio è difficile, ma le cose sembrano andare per il
meglio. Purtroppo la bambina muore subito dopo il parto. A
mano che gli eventi si avvitano in una tragica spirale, il
film sposta gradualmente il punto di vista sul dramma umano
della protagonista femminile.
Pieces of a Woman: un eccezionale pianosequenza iniziale

Martha e Sean appartengono a differenti classi sociali: lei
proviene da una ricca famiglia ebrea, lui è di umili origini e
lavora alla costruzione di un ponte. Questa diversità sembra
all’inizio arricchire la coppia, piuttosto che dividerla.

Dopo poche scene che introducono efficacemente i personaggi,
la pellicola ci regala una piccola perla cinematografica: un
piano sequenza lungo oltre 20 minuti che ci fa vedere il
travagliato   parto  affrontato   dalla  protagonista,
ammirabilmente supportata dal suo compagno.

Una sequenza dal fortissimo impatto emotivo, che dipinge una
coppia cementata da un forte legame. Legame che tuttavia
vacilla davanti al tragico esito del parto.

Non per niente, il titolo del film compare dopo circa
mezz’ora, subito dopo che il dramma si è consumato. Dopo un
inizio così intenso, il ritmo del film cala, per permetterci
di osservare i due protagonisti nel lento e sofferto processo
di disgregazione della loro unione.

Pieces of a Woman: la costruzione di un ponte come metafora
della possibilità di superare le asprezze della vita

Il ponte a cui lavora Sean è in fase di costruzione, e nel
corso della pellicola ci viene mostrato il suo stato di
avanzamento, a mano che i due tronconi che partono dalla due
sponde opposte si avvicinano tra loro, verso il centro del
fiume.

Un ponte che tuttavia non è una metafora del venirsi incontro
dei due protagonisti, che invece si allontanano
progressivamente, quanto degli sforzi di Martha per ritornare
in contatto con sé stessa, dopo la tragedia della perdita
della bambina.

Mentre Sean rimane attaccato al passato e si dimostra incapace
di accettare quanto accaduto, Martha riesce invece a
metabolizzare il dramma e a voltare pagina.

Nonostante i tentativi della gelida madre (una bravissima
Ellen Burtyn) di imporre il suo punto di vista e scaricare la
responsabilità di quanto accaduto sull’ostetrica, che viene
citata in giudizio, la protagonista trova un suo nuovo
equilibrio, senza scappare dalle situazioni, come invece fa
alla fine il suo compagno, ma affrontandole con
determinazione.

Pieces of a Woman: un ottimo film basato su una recitazione di
alto livello

Pieces of Woman è nel suo complesso un film che si snoda
lentamente, dopo l’inizio intensissimo, ma che regala forti
emozioni, grazie sopratutto a una recitazione di qualità
superiore, a cominciare dalla superba prestazione fornita da
Vanessa Kirby, che al festival del Cinema di Venezia ha più
che meritatamente vinto la Coppa Volpi per la migliore
recitazione femminile. Bravissima veramente.

Questa pellicola mette al centro il mondo femminile, nelle sue
molteplici sfaccettare, mentre i maschi hanno un ruolo
subalterno, a partire da Sean, che dietro la sua barba incolta
e la tuta da cantiere nasconde una personalità fragile,
incapace di mantenere un punto di vista autonomo, e finisce
per subire le decisioni prese da altri.

Martha si trova al centro di forze disgreganti molto forti.
Dopo la morte della primogenita, sopporta le pressioni della
madre invadente, che è preoccupata della brutta immagine
sociale che quanto accaduto potrebbe avere, e preme per
rivalersi sull’ostetrica.

La sorella della protagonista sembra solo preoccuparsi del
mantenimento dello status quo, mentre Sean pare trovare
temporaneo sollievo nella bottiglia e in avventure senza
futuro. Martha può contare solo su sé stessa, ma alla fine
riesca a farcela, nonostante tutto e tutti.
Brava Martha, bravissima Vanessa Corby e complimenti a Kornél
Mundruczo, che ha diretto una pellicola di qualità che vale
veramente la pena di vedere.

IO SO COSA VUOL DIRE NON
TORNARE – Al Circolo dei
lettori un mese dedicato alla
memoria

             IO SO COSA VUOL DIRE NON TORNARE
                Un mese dedicato alla memoria
  «Soltanto appropriandoci di quell’esperienza attraverso la
 voce di Primo Levi possiamo contribuire a che non accada mai
                            più.»

              Dal 14 gennaio al 16 febbraio 2021
online sul profilo Facebook e sul sito del Circolo dei lettori

27 gennaio, Giorno della Memoria. Primo Levi sarà una “vera
presenza” al Circolo per un mese intero e in tante forme:
incontri, ritratti, podcast, lezioni, letture, riflessioni
dedicate a lui, alla sua voce, all’immenso patrimonio umano
che ci ha lasciato. Io so cosa vuol dire non tornare è il
titolo del mese dedicato al grande testimone di Auschwitz,
organizzato in collaborazione con il Centro Internazionale di
Studi Primo Levi, che andrà online sui canali digitali del
Circolo dei lettori e che presentiamo con l’immagine
appositamente realizzata dall’illustratrice Giovanna Durì.

  Primo Levi alla SIVA -Società Industriale Vernici e
  Affini

«Quanto ci manca la sua voce. Limpida, pacata, così profonda
da riuscire ad arrivare sempre al cuore delle cose. Anche, ma
non soltanto a quel cuore nero che è l’abisso della Shoah.
Primo Levi è, ma soprattutto deve tornare ad essere il canone
della nostra memoria, dello sguardo che, nell’orientamento
ebraico del tempo, ha il passato davanti agli occhi e il
futuro alle spalle: perché ciò che è stato è in qualche misura
conoscibile, mentre quello che è ancora da venire non possiamo
saperlo ma soltanto imparare ad affrontarlo con gli strumenti
che l’umana coscienza ha fatto propri nel corso della storia.»
commenta Elena Loewenthal, direttore della Fondazione Circolo
dei lettori «La voce di Primo Levi: nitida, precisa,
illuminante. Carica di una sapienza che si costruisce nella
continua osmosi fra emozioni ed esperienza di vita. Per questo
e per tanto altro la voce di Primo Levi è necessaria a tutti.
Per come ha saputo disegnare la memoria e raccontarla. Per
come ha saputo trasformare la memoria in una lezione morale e
in un percorso di conoscenza condivisa. Primo Levi non è, non
è stato solo un testimone ma un grande scrittore a tutto
tondo, un uomo capace di esprimere la vocazione letteraria,
quella di scienziato – anzi di chimico -, e di intellettuale
nel senso più ampio del termine. Non c’è una sua sola parola
che non sia necessaria per tutti noi, dai grandi romanzi
sull’universo concentrazionario e la guerra alla poesia che
scaturisce magari da una mattina nebbiosa, dalla riflessione
fondamentale sulla zona grigia alle sue pagine più intime
condite di un’ironia sottile, benevola. Ascoltare Primo Levi
significa inevitabilmente confrontarsi con la ricchezza della
sua produzione letteraria e artistica. Significa risentire la
sua voce quando ci parla di Auschwitz perché se comprendere è
impossibile conoscere è necessario, come ripeteva lui.
Significa non illuderci sulla nostra convinzione di poter
scendere a patti con la Shoah, cioè di capirla in qualche
modo, e invece confrontarci con la sua insondabilità ma al
tempo stesso renderci conto che quella memoria appartiene a
tutti, che riguarda tutti e non soltanto il popolo ebraico né
tantomeno soltanto chi ha attraversato quell’inferno, come è
successo a lui. È memoria collettiva, deve essere il nostro
sguardo su quel passato intollerabile eppure nostro. Io so che
cosa vuol dire non tornare deve significare che tutti non
siamo tornati di laggiù, che soltanto appropriandoci di
quell’esperienza attraverso la voce di Primo Levi possiamo
provare a fare in modo che non accada mai più.»

Letteratura, scienza, poesia, fotografia. Il programma prende
il via il 14 gennaio con Annunciazione. Dodici poesie intorno
ad Auschwitz selezionate da Domenico Scarpa e lette da Valter
Malosti, regista, attore e direttore di TPE – Teatro Piemonte
Europa; prosegue il 19 con la presentazione editoriale del
libro postumo L’immortale Bartfuss (Guanda) dello scrittore
anch’egli riferimento centrale nella riflessione sul tema
della memoria Aharon Appelfeld: omaggio in dialogo tra la
traduttrice Elena Loewenthal e Alain Elkann amico dell’autore
e suo profondo estimatore. Auschwitz, città tranquilla. Dieci
racconti è il volume curato da Fabio Levi e Domenico Scarpa
per Einaudi; l’incontro del 26 gennaio ad esso dedicato
coincide con l’uscita editoriale. Parte dal Ministero
dell’Istruzione la pubblicazione per le scuole di Lettura
Primo Levi, una selezione di brani da I Sommersi e i salvati a
cura di Fabio Levi e Vincenza Iossa con lettura di Fabrizio
Gifuni rivolta a studenti e insegnanti delle scuole secondarie
di tutta Italia; il 28 gennaio, per il ciclo del Circolo dei
lettori, Fabrizio Gifuni, leggerà e presenterà quei brani in
dialogo con Ernesto Ferrero, con un’introduzione al testo di
Roberta Mori, responsabile per la didattica del Centro Primo
Levi. Dal salone dell’Arengo del Broletto di Novara e in
collaborazione con il Comune di Novara, l’1 febbraio sarà la
voce femminile di Lucilla Giagnoni a riflettere sul Primo Levi
liberato in una selezione di brani tratti da La Tregua e dal
suo ultimo romanzo Se non ora, quando. A partire da La chiave
a stella e da Il Sistema Periodico e in collaborazione con la
Fondazione Sinisgalli, Marco Belpoliti, Claudia Durastanti e
Claudio Bartocci, dalla SIVA di Settimo la fabbrica di vernici
e affini dove lavorò Primo Levi, discuteranno sul rapporto fra
letteratura e scienza. Il 9 febbraio si terrà poi un incontro
dedicato ai processi di istituzionalizzazione della memoria a
cura del Polo del ‘900. La lectio del premio Pulitzer per la
narrativa Jhumpa Lahiri, oggi docente presso il Lewis Center
for the Arts e la Princeton University, ci condurrà l’11
febbraio verso la conclusione del percorso: un inedito dialogo
tra Ann Goldstein, traduttrice dell’opera completa di Primo
Levi in inglese e Gian Luigi Beccaria, linguista, autore de I
mestieri di Primo Levi (Sellerio), in programma il 16
febbraio.
Primo Levi con il figlio Renzo

A completamento del programma un approccio non convenzionale
che include Primo Levi. Momenti, una originale sequenza di
scatti su Primo Levi a cura di Guido Vaglio volta a richiamare
le tante sfaccettature e passioni dello scrittore: la chimica,
la letteratura, la montagna, lo scrupolo della testimonianza
sul Lager, il piacere del fantastico, l’umorismo, la curiosità
per tanti e differenti campi del sapere. L’esposizione sarà
allestita dalla settimana del 27 gennaio nella Galleria del
Circolo dei lettori di Torino e resa accessibile via web fino
a quando non sarà possibile la visita in presenza. È in
programma con TPE – Teatro Piemonte Europa la produzione di
Protezione. Tre podcast per tre racconti di Primo Levi tratti
da Vizio di forma e da Storie naturali (Protezione, Quaestio
de Centauris e Ammutinamento). Infine inizierà a febbraio il
gruppo di lettura dedicato al rapporto tra Primo Levi e la sua
città, Torino, quattro incontri on line, sulla piattaforma
dedicata del Circolo dei lettori, per sfogliare l’antologia di
brani dedicati a Torino, proposti e letti da Gianni Bissaca e
commentati con Guido Vaglio.

                                     Primo   Levi   nella   sua
                                     casa

«Mettere Primo Levi al Centro di questo 27 gennaio significa
riconoscere la sua capacità di rompere le distanze, di
avvicinarci alla realtà di Auschwitz e alle domande che
quell’esperienza continua a porci pur a distanza di tanti
anni: domande sul nostro mondo, di cui Auschwitz è parte, e su
di noi – dichiara Fabio Levi, Presidente del Centro
Internazionale di Studi Primo Levi. Dedicare un mese intero di
iniziative a Levi nella sua città, come ha deciso di fare il
Circolo dei Lettori valorizzando le molte dimensioni della sua
scrittura e della sua riflessione, significa d’altra parte
dare il giusto peso a una delle maggiori personalità della
Torino di oggi: una personalità conosciuta e amata in tante
parti del mondo fra le altre cose per la modestia e la
sobrietà con cui ha saputo diventare un punto di riferimento
ineludibile del pensiero contemporaneo.»

Io so cosa vuol dire non tornare è un progetto di Fondazione
Circolo dei lettori, realizzato con Centro Internazionale di
Studi Primo Levi e in collaborazione con Giulio Einaudi
Editore, TPE – Teatro Piemonte Europa, Comitato Nazionale per
le Celebrazioni del Centenario della Nascita di Primo Levi,
Ministero dell’Istruzione, Fondazione Leonardo Sinisgalli,
Comune di Novara e Comune di Settimo Torinese.

L’immagine guida è di Giovanna Durì
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