"Piaggio Aero e l'intrigo geopolitico, a pagare i lavoratori", l'inchiesta di Report - Genova24

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     “Piaggio Aero e l’intrigo geopolitico, a pagare i
     lavoratori”, l’inchiesta di Report
     di Redazione
     01 Dicembre 2020 – 16:13

     Liguria. Un aereo di carta, come quelli che iniziano a fare tanti bambini, che non ha
     bisogno di piloti… Un soffio, si lancia e vola… Una metafora che racconta e ripercorre due
     vicende intrecciate, quella di Alitalia e quella della Piaggio Aerospace. E’ la nota
     trasmissione Report di Rai 3 andata in onda ieri sera a storicizzare gli anni da 2014 al
     2018, a riesaminare atti e documenti che hanno portato le due aziende sull’orlo del
     fallimento, proprio nei giorni in cui il governo Conte ha deciso di stanziare 3 miliardi di
     euro per salvare Alitalia, con altri soldi pubblici messi in campo a sostegno di imprese
     italiane.

     Perché? Politica, ma non politica industriale, bensì un complicato intreccio geopolitico che
     vede nei rapporti tra Italia ed Emirati Arabi Uniti la sua motivazione fondante. Etihad, una
     partnership per Alitalia e Mubadala per Piaggio Aerospace, che nel maggio del 2014 è
     arrivata a detenere il 98,05% del capitale di una azienda strategica italiana, in particolare
     nell’ambito delle tecnologie militari e del prototipo del drone P1HH. E’ propria
     quest’ultima a finire nel “mirino” dell’inchiesta di Report, con riferimento all’attuale status
     di amministrazione controllata dell’azienda aeronautica, con un epilogo nel quale il prezzo
     più alto è stato pagato, in maniera salata, dai tanti lavoratori licenziati o in cassa
     integrazione.

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     Indubbiamente una ricostruzione che non mancherà di suscitare polemiche e reazioni,
     nonostante i punti-chiave della vicenda siano già finiti sotto i riflettori, anche perché non
     c’è stato il controllo pubblico previsto dal decreto Golden Power e lo sbandierato rilancio
     industriale è stato affossato in nome di una volontà straniera, che aveva come obiettivo
     unico il drone e le sue applicazioni militari, sia di controllo quanto di arma vera e propria,
     con l’ok esplicito del governo italiano, del premier Renzi e del ministro della Difesa Pinotti.
     L’ex presidente del Consiglio, che aveva inaugurato il nuovo stabilimento a Villanova
     d’Albenga nel 2014, si è mostrato indispettito dalle domande del giornalista di Report:
     “Quella della Piaggio è una lunga storia… Se sono andato a dire nelle fabbriche forza ce la
     faremo? E’ vero, così come ho fatto in altre realtà industriali”.

     Quanto ai meccanismi di controllo previsti proprio dal decreto sulla Golden Power? “Il
     premier controfirma tutti gli atti del Consiglio dei Ministri e non era un meccanismo con
     diretta azione sull’esercizio finanziario (in riferimento al fatto che la Piaggio per tre anni
     non ha presentato i bilanci)”. Una “linea difensiva” sostenuta anche dall’ex ministro della
     Difesa Roberta Pinotti, che aveva nominato Enzo Vecciarelli, attuale Capo di Stato
     Maggiore della Difesa, come coordinatore dell’operazione Piaggio: “Riguardava il controllo
     su ingerenze straniere nelle produzioni sensibili dell’industria italiana, come nel caso di
     Piaggio e delle tecnologie militari. Tutto è stato fatto a norma di legge” ha sottolineato l’ex
     ministro incalzata dal giornalista.

     E poi due i misteri: l’arrivo in gran segreto del prototipo di drone negli Emirati Arabi e un
     secondo drone finito in mare (alcuni dicono volontariamente), sul quale è ancora pendente
     una inchiesta della magistratura. Lo strano incidente era stato raccontato in prima battuta
     dai colleghi di IVG.it, quando il drone P1HH decollato dall’aeroporto di Trapani era
     precipitato nelle profonde acque del Mediterraneo, con la carte dell’Aeronautica militare
     in un primo tempo secretate.

     L’inchiesta rivela come la vicenda Piaggio Aerospace abbia incarnato l’essenza della nuova
     e post-moderna dimensione “glocal”, intesa come globale e locale, nel senso che una
     precisa politica di relazioni internazionali si è catapultata su una realtà locale come quella
     ligure e savonese, gli stabilimenti di Villanova d’Albenga e quello di Genova. Ma proprio
     senza questo contesto non si può capire le criticità attuali, la vertenza industriale e

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     sindacale ancora in corso, nel quadro di una amministrazione controllata che si appresta,
     attraverso un bando, alla vendita dell’azienda aeronautica: “Abbiamo ancora in testa la
     frase di Renzi nel 2014: l’operazione Piaggio non ha nulla a che fare con quella di Alitalia…
     Ma sappiamo tutti come è andata a finire…” ha ricordato Adriano Spallarossa della Rsu-
     Fiom Cgil. Del resto anche le organizzazioni sindacali savonesi e genovesi non hanno mai
     rinunciato a rimarcare alcune stranezze gestionali, costate care alle maestranze e alle
     stesse professionalità dell’azienda aeronautica.

     La svolta è stata quando gli Emirati Arabi hanno avuto via libera dagli Stati Uniti per la
     commessa sui droni, prima negata: un No che aveva spinto gli arabi alla “partnership”
     italiana con tutte le sue conseguenze nefaste. Dalla loro progressiva dismissione ai libri in
     tribunale il passaggio è stato assai rapido.

     E Report suggella la sua inchiesta proprio parlando delle mail dell’allora amministratore
     delegato Carlo Logli indirizzate al fondo arabo, nelle quali esprimeva dure critiche
     sull’operato dell’ex presidente di Piaggio Alberto Galassi. Tutta questa ricostruzione non fa
     che alimentare rabbia e frustrazione, man mano che i nodi vengono al pettine, fermo
     restando che addetti ai lavori e gli stessi sindacati di categoria, che da anni seguono “il
     caso”, avevano già puntato il dito contro operazioni ritenute sbagliate e un management
     ritenuto colpevole del “disastro”, per una azienda che avrebbe invece potuto spiccare il
     volo nel settore civile e militare. Qualcosa, è chiaro, non ha funzionato…

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