Ortodonzia in età evolutiva Orientamenti diagnostici e terapeutici per l'odontoiatra A cura di: SIDO - Società Italiana di Ortodonzia - Autore: ...

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Ortodonzia in età evolutiva Orientamenti diagnostici e terapeutici per l'odontoiatra A cura di: SIDO - Società Italiana di Ortodonzia - Autore: ...
Ortodonzia in età evolutiva

    Orientamenti diagnostici e terapeutici per
                      l’odontoiatra

 A cura di: SIDO – Società Italiana di Ortodonzia

Autore: Cristina Grippaudo

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Indice

1. Introduzione

    1.1. La malocclusione in età prescolare

    1.2. Strategie di prevenzione della malocclusione

    1.3. Fattori di rischio ambientali di malocclusione

       1.3.1. Suzione non nutritiva

       1.3.2. Respirazione orale

    1.4. Baby ROMA Index

       1.4.1. Caratteristiche generali dell’indice

       1.4.2. Grado di rischio di malocclusione e necessità di trattamento

       1.4.3. Il Baby ROMA Index e il ROMA Index

       1.4.4. Il confronto tra indici

       1.4.5. Tabelle per la “valutazione del rischio di malocclusione” e per la
               “raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici” –
               una versione semplificata degli indici Baby ROMA e ROMA

    1.5. Scopo della ricerca

2. Materiali e metodi

    2.1. Caratteristiche dello studio e del campione

    2.2. Raccolta dei dati

    2.3. Analisi statistica

3. Risultati

    3.1. Prevalenza del rischio di malocclusione

    3.2. Prevalenza delle voci dell’indice

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3.3. Associazione tra suzione non nutritiva e respirazione orale con sesso, città
        di provenienza e voci dell’indice

    3.4. Associazione tra suzione non nutritiva e respirazione orale con sesso e
        grado di malocclusione

4. Discussione

    4.1. Malocclusione in età prescolare

    4.2. Fattori di rischio di malocclusione

       4.2.1. Abitudine alla suzione e malocclusione

       4.2.2. Respirazione orale e malocclusione

5. Conclusioni

6. Appendice

    6.1. Tabella dettagliata dei risultati delle voci dell’indice

7. Bibliografia

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1. Introduzione

1.1 Malocclusione in età prescolare
La malocclusione è definita come “condizione patologica per la quale non si realizza
un corretto e fisiologico combaciamento tra i denti delle due arcate antagoniste e
può conseguire a un alterato allineamento dei denti o a una loro anomala posizione,
oppure a un alterato sviluppo delle ossa mascellari”1.

“La presenza di malocclusioni nella società moderna è molto elevata e si attesta tra
il 60 e l’80%, ma le variazioni occlusali sono correlate all’etnia e al tipo di
dentatura”2. Negli ultimi decenni si è andati incontro ad un aumento dell’incidenza
di malocclusione, con un trend che è destinato ad incrementare sia per numeri che
per gravità3,4,5.

La malocclusione in dentatura decidua rappresenta un fattore di rischio per lo
sviluppo di malocclusione in dentatura permanente6; è necessario quindi pianificare
protocolli di prevenzione odontoiatrica ed ortodontica sin dai più piccoli, in modo
da riuscire a invertire il trend epidemiologico.

“Al di là di quadri sindromici, i cui tratti occlusali risultano spesso patognomonici del
complessivo contesto sindromico, le caratteristiche facciali e dento-mascellari
possono essere espressione di un’interazione tra fattori genetici, familiari ed
ambientali che possono concorrere ad influire su crescita e sviluppo del complesso
dento-maxillo-facciale, favorendo l’instaurarsi di malocclusioni”7. L’eziologia è
dunque multifattoriale ed i diversi fattori interagiscono e si associano tra di loro,
rendendo spesso impossibile identificare uno specifico fattore eziologico.

I fattori eziologici si possono raggruppare in tre gruppi principali:

    •   Fattori ereditari

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•   Fattori congeniti: acquisiti a livello intrauterino, come farmaci, alcool,
        traumi, esposizione a radiazioni ionizzanti, traumi e patologie infettive
    •   Fattori acquisiti: intervengono dopo la nascita, come abitudini viziate,
        respirazione orale, traumi, patologie infiammatorie e neoplastiche

Nonostante questi non agiscano in modo indipendente, ma spesso si associano
sovrapponendo i loro effetti, gli studi di Petrovic8 dimostrano che i fattori acquisiti
intervengono nel 61% dei casi, quelli congeniti nel 24% e quelli ereditari nel 15%.
intercettare quindi i fattori che intervengono nell’eziopatogenesi delle
malocclusioni è discriminante nell’ambito della prevenzione ortodontica, in quanto
il successo della terapia preventiva si basa sull’eliminazione dei fattori di rischio.

“Relativamente all’eziopatogenesi delle malocclusioni, le alterazioni funzionali (es.
le abitudini orali, quali l’interposizione linguale, la suzione del dito, della lingua e
della tettarella, le alterazioni posturali, la respirazione orale) rappresentano i fattori
ambientali maggiormente implicati nel determinismo delle malocclusioni, in quanto
sono in grado di sostenere alterazioni tra muscolatura intraorale ed extraorale, con
conseguenti cambiamenti morfo-funzionali a livello dento-alveolare e/o
scheletrico”7.

La teoria della matrice funzionale di Moss9 presume che la crescita del volto
avvenga in risposta a alle esigenze funzionali e agli stimoli neurotrofici, mediata dai
tessuti molli. Se le funzioni stomatognatiche sono sviluppate in modo corretto, la
crescita avviene correttamente. Quando una noxa patogena, come un’abitudine
viziata, interferisce sul corretto sviluppo delle funzioni stomatognatiche, anche la
crescita facciale ne risente e si instaurano una serie di meccanismi che portano alla
formazione di una malocclusione10. Tuttavia, gli effetti che le abitudini viziate
determinano sono proporzionali alla durata, frequenza e intensità delle forze
applicate: è improbabile che forze brevi ed intermittenti siano in grado di
modificare la posizione dentale e il pattern di crescita scheletrico11.

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1.2 Strategie di prevenzione della malocclusione
“In ambito ortognatodontico la formulazione del giudizio diagnostico risulta
determinante, non come semplice inquadramento di una situazione statica, bensì
come obiettivazione di un status clinico da contestualizzare nel processo
accrescitivo individuale. Nell'inquadramento diagnostico l'individuazione della
componente genetica ed ereditaria e di quella ambientale è essenziale, anche
nell'ambito preventivo e intercettivo, per stabilire la strategia d'intervento in
termini di timing e di modalità di trattamento. Infatti, quadri clinici disgnatici
apparentemente simili possono presentare sostanziali differenze, sia per le difformi
derivazioni tridimensionali che per il concorso di più complesse implicazioni, per le
quali sono talvolta richieste differenti priorità di trattamento”7. Quindi una corretta
diagnosi è la base di partenza per la pianificazione di un trattamento preventivo o
intercettivo che segue l’individuo in tutta la sua crescita affinché lo sviluppo
dell’apparato stomatognatico venga monitorato e reso armonico in tutte le sue fasi.

La prima visita è un momento fondamentale. È necessario che venga svolta
precocemente per poter attuare le diverse strategie di prevenzione, pertanto
"rimane fondamentale poter attuare la prima visita fra i 2 e i 3 anni al massimo"12 e
" indipendentemente dalla presenza o meno di problematiche dentali"7.
Rappresenta il punto di partenza di un percorso che non si esaurisce nella diagnosi e
terapia, ma che mira a stabilire un’alleanza terapeutica con genitori e bambini al
fine di garantire la salute orale del paziente.

Le strategie di gestione del piccolo paziente dovrebbero essere eseguite con
approccio pedodontico e ortodontico integrato, con un campo d'azione ampio che
spazia dalla prevenzione della patologia cariosa alla terapia delle lesioni presenti,
dalla prevenzione della malocclusione alla terapia ortodontica intercettiva.

La prevenzione ortognatodontica si compone concettualmente di "terapia
preventiva" e "terapia intercettiva precoce"13. La prima mira all’eliminazione dei
fattori di rischio ambientali della malocclusione per mezzo di strategie
comportamentali ed educazionali, mentre la seconda prevede l'applicazione di

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dispositivi ortodontici al fine di controllare i fattori genetici e patologici già rilevati.
Nell'ambito della terapia preventiva rientrano ad esempio i colloqui educazionali
con i genitori per l'eliminazione dell'abitudine alla suzione non nutritiva e quelli per
la correzione delle abitudini alimentari e di igiene orale domiciliare. In termini
invece di terapia intercettiva precoce si ricorda ad esempio il trattamento precoce
del morso crociato e delle malocclusioni di classe III. Quindi, la terapia preventiva
promuove un fisiologico sviluppo evitando l'instaurarsi di malocclusione, mentre la
terapia intercettiva precoce è effettuata per ristabilire una occlusione normale una
volta che la malocclusione si è sviluppata. Entrambe le terapie vengono
generalmente messe in atto già a partire dalla seconda infanzia nel rispetto
dell’autonomia collaborativa del paziente. In entrambi i casi i bambini dovrebbero
essere seguiti, in un’ottica di team multidisciplinare preferibilmente coordinato dal
pediatra, anche dallo specialista ORL, dall’allergologo e dal logopedista in presenza
di patologie funzionali, respiratorie e malocclusioni ad eziologia multifattoriale.

Indipendentemente dalla problematica clinica oggettivata, è fondamentale la
collaborazione del paziente, sia ai fini prognostici, che terapeutici. In assenza di
adeguata collaborazione, non solo potrà essere vanificato l’intervento
ortognatodontico, ma possono anche manifestarsi effetti indesiderati per l’integrità
dei tessuti dento parodontali7.

La correzione della malocclusione nello stadio di dentizione decidua permette di
ristabilire precocemente una crescita armonica del distretto orofacciale: Gois e
Vale6 sostengono che i bambini con malocclusione nella dentizione decidua
presentano un aumentato rischio di avere la stessa malocclusione anche nella
dentizione mista e, nel complesso, le caratteristiche occlusali rilevate in dentizione
decidua permangono anche in dentizione mista e in quella permanente6. Infatti, la
malocclusione osservata in dentizione decidua è predittiva nella maggior parte dei
casi della malocclusione presente successivamente in dentizione mista e
permanente14. Inoltre, "terapie ortodontiche precoci sono effettuate allo stadio di
dentizione decidua o dentizione mista precoce con l'obiettivo di ridurre la durata e
la severità del trattamento ortodontico con apparecchiature fisse convenzionali"11.

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1.3 Fattori di rischio ambientali di malocclusione
Quindi la terapia preventiva della malocclusione ha come obiettivo primario
l’eliminazione dei fattori eziologici ambientali e la componente disfunzionale
aggravante i fattori intrinseci, premessa indispensabile affinché la crescita dento-
scheletrica avvenga regolarmente. I principali fattori eziologici ambientali in età
prescolare sono le abitudini viziate e la respirazione orale.

1.3.1 Suzione non nutritiva
Si definiscono abitudini viziate tutte quelle parafunzioni che conducono a una
dismorfosi. Tra le abitudini viziate si ricordano le abitudini da suzione di labbra,
guance, lingua, dita e corpi estranei; l’abitudine al mordicchiamento di labbra e
guance, l’onicofagia, il bruxismo. La suzione non nutritiva è senza dubbio l’abitudine
viziata più frequente nella popolazione pediatrica.

La suzione è un’esigenza primaria del bambino e una fase naturale del suo sviluppo
psicofisico15. Inoltre, la coordinazione tra suzione e deglutizione è indispensabile nei
primi mesi di vita per garantire al neonato l’adeguata nutrizione16. L’abitudine alla
suzione nei neonati è un’attitudine innata, legata sia al bisogno dei nutrienti sia a
bisogni psicologici. Questa esigenza può essere soddisfatta tramite la cosiddetta
suzione nutritiva, tra cui allattamento artificiale o allattamento al biberon, e tramite
la suzione non nutritiva del dito, del ciuccio, di giocattoli o altri oggetti. Quando la
suzione permane oltre un termine fisiologico come abitudine al succhiamento di
ciuccio, tettarelle, pollice e altre dita va a costituire un fattore ambientale in grado
di determinare alterazioni della premaxilla, delle arcate dentali e della crescita
mandibolare. Nella fase della seconda infanzia si assiste al progressivo e, nella
maggior parte dei casi, spontaneo abbandonamento di tale abitudine. La cessazione
della suzione deve essere perseguita e raggiunta proprio in questa fase per evitare
l’instaurarsi dell’abitudine viziata.

Warren15 riporta che dopo i 3 anni di vita, il 20% dei bambini mantiene abitudini di
succhiamento non nutritivo.

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Tra le diverse teorie proposte riguardo le cause che portano i bambini a proseguire
oltremodo tale abitudine, oggi le maggiormente accreditate sono tre:

       •   Teoria psicoanalitica
       •   Teoria della mancata funzione
       •   Teoria comportamentale

La teoria psicoanalitica è quella che è stata più a lungo seguita. Si basa sulle idee
Freudiane che tendevano a dare un’interpretazione psicologica a qualunque
atteggiamento non fisiologico. Diversi studi in letteratura concordano con questa
teoria19 e pertanto affermano che la risoluzione dell’abitudine richieda interventi
particolarmente complessi, poiché prima bisogna affrontare la componente
psicologica responsabile dell’abitudine.

La teoria della mancata funzione sostiene che l’abitudine viziata sia conseguenza di
un’insufficiente sistema di suzione nutritiva nei primi mesi di vita. I dati in
letteratura sono unanimi nel sostenere che l’allattamento al seno sia un fattore
protettivo, preventivo dell’abitudine viziata del succhiamento, riscontrando un
rapporto inversamente proporzionale tra la durata dell’allattamento e l’utilizzo del
succhiotto. L’allattamento al seno sembra prevenire l’abitudine del succhiamento
quando è protratto oltre i 6 mesi20, aumentando di significatività oltre i 921 o 11
mesi22 . Secondo questi autori l’uso del succhiotto è maggiormente frequente nei
bambini di tre anni e, in particolare, in quelli appartenenti a famiglie agiate.

La teoria comportamentale sostiene che la suzione è un comportamento appreso in
maniera naturale dal bambino e messo in relazione alla presa del cibo, calore,
sicurezza. In questo senso è privo di particolari risvolti psicologici10.

Molti studi sostengono che la suzione non nutritiva, quale abitudine viziata, sia un
fattore eziologico di disgnazia e che il rischio di sviluppare una malocclusione sia
proporzionale al tempo di succhiamento e strettamente correlato all’età in cui viene
effettuato. È unanime in letteratura l’opinione che la suzione prolungata nel tempo
produca effetti negativi dentoscheletrici: Levrini17 sostiene che in caso di utilizzo

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oltre i 24 mesi del succhiotto si prevede un incremento di incidenza di alcune
malocclusioni dentali; Tseng18 sostiene che il rischio di sviluppare una malocclusione
sia significativamente elevato nei bambini che mantengono abitudini di
succhiamento oltre i 4 anni di età.

La suzione del dito genera una forte pressione a livello del palato e una
contemporanea pressione negativa esercitata dalle guance sulle arcate dentali,
determinando una spinta maggiore in senso verticale piuttosto che trasversale.
Anteriormente, dall’insieme delle forze esercitate dal dito contro il palato e dalla
mano contro la mandibola, può manifestarsi un morso aperto e un overjet
aumentato. Inoltre, l’abbassamento forzato della lingua non consente il corretto
sviluppo in senso trasversale dell’osso mascellare, determinando una contrazione
dell’arcata superiore (palato ogivale).

Il succhiotto, a differenza del dito ed altri oggetti, è un presidio che, se utilizzato
correttamente e con una forma anatomica adeguata, può presentare alcuni effetti
benefici. Va comunque dismesso entro i 36 mesi di vita, perché è in grado di
interferire con il normale processo di crescita. Rispetto al dito riesce a distribuire lo
stress in modo più uniforme e a caricare di meno la cresta anteriore del palato. Nei
lattanti nati pretermine favorisce la capacità di alimentarsi autonomamente al seno
incrementando la maturità cognitiva del bambino. Spesso aiuta a calmare il pianto
del bambino alleviando il dolore causato dall’eruzione dei denti decidui. È stato
dimostrato che protegge dalle morti improvvise nel lattante (SIDS), grazie alla
presenza della maniglia del succhiotto che evitando il diretto contatto del viso con
le lenzuola impedisce le ipossie accidentali e il conseguente soffocamento: il
Department Of Family Medicine And Public Health statunitense, al fine di ridurre il
rischio di SIDS ne suggerisce l’utilizzo durante il sonno10.

Gli effetti che l’abitudine alla suzione può produrre sulle arcate dentali sono legati
al fattore tempo e alle caratteristiche genetiche individuali. Warren et al.23
affermano che le maggiori alterazioni dentoscheletriche avvengono se l’abitudine si
prolunga per oltre i 48 mesi di età, ma che comunque i primi effetti negativi si

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vengono a manifestare già dai 24 mesi di età. Questi sono di vario tipo e di severità
    variabile: modificazione dello sviluppo della premaxilla, condizione occlusale di
    morso aperto, deficit trasversale palatale, alterazione della postura mandibolare,
    disordine mio-funzionale della muscolatura orale e periorale. In particolare, le
    alterazioni occlusali maggiormente associate ad abitudini di succhiamento sono
    morso aperto anteriore, overjet aumentato e cross bite posteriore:

•   Il morso aperto anteriore in dentizione decidua è tipicamente determinato da
    abitudini viziate. La presenza del dito o del ciuccio ostacola l’eruzione degli incisivi e
    contemporaneamente favorisce l’estrusione dei denti posteriori, aprendo il morso.
    L’interruzione precoce dell’abitudine viziata è spesso risolutiva e il morso aperto
    creatosi precedentemente scompare in modo spontaneo e progressivo. “Infatti, è
    dimostrato che nella maggior parte dei casi la suzione saltuaria del dito, anche se
    protratta fino a quattro anni, non provoca anomalie dento-maxillo-facciali degne di
    nota; e, se queste si formano, possono anche normalizzarsi o migliorare
    spontaneamente con il cessare dell’abitudine viziata” 12.

•   L’overjet aumentato è spesso associato a suzione prolungata del dito più che del
    ciuccio: il dito preme contro il palato mentre la mano poggia sulla mandibola;
    dall’insieme   delle    forze   esercitate    su   questi    distretti   ne   deriva   una
    vestiboloinclinazione degli incisivi superiori, linguoinclinazione degli incisivi inferiori,
    protrusione della premaxilla e quindi un aumento dell’overjet24. A differenza di
    quanto avviene per il morso aperto anteriore, la correzione spontanea dell’overjet
    non avviene così frequentemente6.

•   Nei bambini con abitudine alla suzione, la pressione negativa esercitata dalla
    muscolatura delle guance e la bassa posizione linguale sono determinanti per
    l’iposviluppo dell’arcata superiore in senso trasversale. Tuttavia, in letteratura non
    c’è unanimità riguardo l’associazione tra cross bite e suzione. Questo è
    probabilmente dovuto al fatto che gli effetti biologici delle abitudini viziate
    dipendono da vari fattori: da durata nel tempo, frequenza, intensità, tipo di
    abitudine25 e soprattutto dalle caratteristiche genetiche individuali26.

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Poiché “il persistere nell’uso del ciuccio e la suzione del dito possono alterare lo
sviluppo armonico dei mascellari si rende indispensabile la diagnosi precoce e
terapia delle abitudini viziate (respirazione orale, succhiamento protratto,
deglutizione infantile)”7. Tseng18 sostiene che i bambini che succhiano il dito oltre i 4
anni di età e tutti i bambini che in età scolare succhiano il dito dovrebbero essere
visitati da un ortodontista.

La diagnosi è sia anamnestica sia clinica. In fase anamnestica occorre interrogare i
genitori o il bambino sulla presenza e sulle caratteristiche (durata, frequenza, cause,
tipologia) dell’abitudine viziata. La diagnosi clinica si basa sull’osservazione delle
alterazioni orali e di possibili alterazioni del dito succhiato.

In un’ottica di prevenzione ortognatodontica, nella seconda infanzia è necessario
interrompere l’utilizzo del ciuccio in modo definitivo ed evitare l’inizio della suzione
del pollice. Infatti, mentre l’uso del succhiotto tende a diminuire a partire dal terzo
anno di età e scompare praticamente dopo il quinto anno, la suzione del pollice non
viene abbandonata in modo così risolutivo27e la sua successiva eliminazione può
risultare difficoltosa; è pertanto indispensabile prevenirne l’instaurazione attraverso
la corretta educazione e istruzione dei genitori. In generale, si consiglia la
sospensione di tutte le abitudini viziate entro il terzo/quarto anno di vita per
prevenire alterazioni morfo-funzionali a livello dento-alveolare e/o scheletrico7.

In letteratura è stata evidenziata una correzione spontanea dell’open bite anteriore
dopo l’interruzione dell’abitudine viziata; tale effetto non avviene però per il cross
bite posteriore e per l’overjet aumentato, che necessitano di terapie aggiuntive di
tipo ortopedico-funzionale. Proffit e Fields28 sostengono che la correzione
spontanea dell’open bite sia più facile nei bambini con crescita bilanciata
orizzontale rispetto a quelli con tendenza alla long face. Baril e Moyers29
sostengono che la suzione deve essere interrotta tra i 4-6 anni di età perché si
assista ad un miglioramento della malocclusione, mentre Levine sostiene che se tale
abitudine persiste in fase di permuta dentaria ed è associata a deglutizione atipica,
vi sono scarse possibilità di miglioramento spontaneo.

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1.3.2 Respirazione orale
La respirazione orale è quella condizione in cui il flusso respiratorio percorre la via
orofaringea al posto di quella rinofaringea per arrivare alla laringe.

È una condizione molto frequente in età pediatrica: i sintomi ostruttivi sono molto
frequenti nei bambini piccoli che presentano da un lato un volume relativamente
piccolo del nasofaringe, dall’altro un’elevata frequenza di infezioni respiratorie30. In
età pediatrica la prevalenza di respiratori orali è molto elevata e si attesta intorno a
valori del 55%31,32.

Ha un’eziologia multifattoriale: può essere dovuta a un’ostruzione nasofaringea o
manifestarsi come abitudine viziata. L’ostruzione nasofaringea a sua volta è
provocata da cause congenite (atresia coanale, atresia delle narici, deviazione del
setto nasale) o da cause acquisite (deviazione del setto nasale, esiti di fratture
nasali, rinofaringiti, riniti allergiche, poliposi, sinusite cronica, adenotonsilliti
croniche, rinite cronica ipertrofica, ipertrofia linfatica adenotonsillare, tumori
benigni e maligni); tra le cause acquisite più frequenti ricordiamo le rinofaringiti, le
riniti allergiche, e le adenotonsilliti croniche33.

Il ruolo eziopatogenetico della respirazione orale nell’insorgenza di malocclusione è
controverso: alcuni autori non identificano la respirazione orale come fattore
eziologico di un alterato sviluppo orofacciale34; altri sostengono che l’ostruzione
nasale possa indurre dei cambiamenti a livello funzionale che si ripercuotono sulla
struttura scheletrica e quindi che la respirazione orale in età evolutiva possa
alterare il normale pattern di crescita craniofacciale35,36.

In ogni caso l’ostruzione nasofaringea provoca respirazione orale, la quale a sua
volta induce posizionamento della mandibola e della lingua in basso, labbra
socchiuse e minore tonicità della muscolatura facciale per facilitare il passaggio
dell’aria attraverso il cavo orale; ne consegue: uno squilibrio tra muscolatura
extraorale (muscolo buccinatore) e muscolatura intraorale (lingua) il quale provoca

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a sua provoca contrazione del palato; un aumento della dimensione verticale
dovuto all’ipereruzione dei denti posteriori e alla post-rotazione mandibolare36.

Un’alterazione della funzione respiratoria può essere responsabile di importanti
cambiamenti a livello sia sistemico che locale.

Il soggetto affetto da respirazione orale presenta caratteristiche extraorali e
intraorali tipiche (facies adenoidea): viso lungo e stretto per aumento dell’altezza
facciale, naso piccolo e ali strette e ipotoniche, habitus astenico con accentuazione
delle occhiaie, labbra incompetenti, ragadi alle commissure labiali; le caratteristiche
intraorali più frequenti sono lingua bassa e protrusa, insufficiente diametro
trasversale del mascellare superiore (palato alto e stretto con possibile morso
crociato), aumento della divergenza scheletrica, tendenza al morso aperto, classe I,
II o III seconda la tendenza di crescita del soggetto. Ad aggravare la conformazione
facciale possono intervenire dismorfosi dento-maxillofacciali ereditarie, ipotono
della muscolatura facciale (soprattutto dei muscoli masticatori e dell’orbicolare),
abitudini viziate come la deglutizione atipica, la suzione del dito e del labbro
inferiore. Tuttavia, la presenza di tali caratteristiche strutturali non è indice
patognomonico della presenza di respirazione orale: è probabile che gli effetti della
respirazione orale sulle strutture orofacciali dipendano dall’entità dell’ostruzione
nasale e soprattutto dal pattern di crescita individuali; le caratteristiche genetiche
possono rendere un individuo più o meno suscettibile ai fattori di rischio
ambientali.

A livello sistemico può coinvolgere tutti i distretti più importanti: a livello
polmonare si ha una diminuzione degli scambi gassosi perché ai polmoni giunge un
terzo della quantità d’aria che giungerebbe dal naso e una conseguente aumentata
frequenza respiratoria ed ipercapnia; a livello circolatorio l’ipercapnia determina
vasodilatazione ed ipertrofia del ventricolo destro; a livello renale viene aumentata
la produzione di eritropoietina e quindi di globuli rossi che, aumentando la viscosità
ematica, possono predisporre a patologie ostruttive; a livello del SNC l’aumento
dell’anidride carbonica può determinare vasodilatazione cerebrale e predisporre a

                                                                                         14
problemi neurologici; è stato inoltre dimostrato che tali soggetti sono incapaci di
raggiungere la fase REM del sonno e ciò sembra spiegare i frequenti atteggiamenti
di debolezza, irritabilità, deficit di attenzione, svogliatezza, sonnolenza e scarsa resa
scolastica; infine a livello gastrointestinale la respirazione orale interferisce con la
corretta masticazione del cibo e quindi con la sua corretta digestione.

Come per tutti i fattori di rischio ambientali, la diagnosi deve essere precoce in
modo da normalizzare la funzione e permettere la completa espressione del pattern
di crescita individuale. Jefferson37 suggerisce di diagnosticare e trattare i bambini
con respirazione orale non oltre i 5 anni, in modo da contrastare gli effetti dannosi
che può determinare a livello dentale, medico e sociale.

I test diagnostici per riconoscere un respiratore orale consistono nell’esame
rinomamometrico e nella ricerca dei riflessi di Gudin e di Glatzel. Il test di Rosenthal
è utile per porre diagnosi differenziale tra veri e falsi respiratori orali.

L’approccio terapeutico in tali pazienti è multidisciplinare di tipo
otorinolaringoiatrico, ortodontico e logopedico. Dal punto di vista ortodontico è
previsto un intervento precoce di tipo intercettivo per evitare l’aggravamento della
malocclusione associata e per ristabilire quanto prima delle condizioni armoniche di
sviluppo. In età infantile si tratta ortodonticamente con successo la contrazione
trasversale del mascellare superiore che quasi sempre rientra nel quadro
malocclusivo del respiratore orale e la cui correzione si accompagna sovente ad un
miglioramento della condizione respiratoria oltre che di quella malocclusiva.

                                                                                           15
1.4 BABY Roma index

1.4.1 Caratteristiche generali dell’indice
Il Baby Risk Of Malocclusion Assessment Index (Baby R.O.M.A. Index) è un indice
per la valutazione del rischio di malocclusione nel bambino con dentatura decidua
completa. Esso è stato realizzato e validato nel 2014 (Grippaudo et al.) modificando
il R.O.M.A. Index, da cui ha preso nome, affinché potesse essere usato
specificatamente per i bambini al di sotto dei 6 anni, in dentatura decidua completa
o dentatura mista precoce.

Definisce il “grado di rischio di malocclusione”, cioè il rischio che la malocclusione si
sviluppi a partire da fattori di rischio rilevati o che la malocclusione peggiori in
presenza di segni di malocclusione precocemente rilevati o che la malocclusione
provochi problemi dentali, parodontali, e articolari.

Il grado di rischio è dato dalla caratteristica più grave rilevata durante la visita del
piccolo paziente38.

Il Baby ROMA Index rispetta i requisiti internazionali definiti dalla World Health
Organization: fornisce una scala di gradi di necessità di trattamento proporzionale
alla gravità della condizione rilevata, è riproducibile, è dotato di validità interna,
permette di rilevare le “deviazioni dalla norma” di un individuo in modo sensibile, e
i dati raccolti mediante la sua applicazione permettono analisi statistiche.

                                                                                           16
Requisiti della World Health Organization

                             Baby ROMA Index                              Grade
       SYSTEMIC PROBLEMS
       Maxillo-facial trauma with condylar fracture                  5a
       Maxillo-facial trauma without condylar fracture               2a
       Congenital syndromes/malformations                            5b
       Postural/orthopaedic problems                                 2c
       Medical or auxological conditions                             2d
       Inheritance of malocclusion                                   2e
       CRANIOFACIAL PROBLEMS
       Facial or mandibular asymmetries                              4f
       TMJ dysfunctions                                              4g
       Outcomes of trauma or surgery on the cranio-facial district   5j
       Maxillary hypoplasia/mandibular hyperplasia OVJ0             2k
       Maxillary hyperplasia/mandibular hypoplasia OVJ>6mm           3h
       Maxillary hyperplasia/mandibular hypoplasia 3mm1mm - absence of diastema                       2o
       Open bite >4mm                                                3p
       Open bite >2mm                                                2p
       Hypodontia/hyperdontia less than 2 teeth                      3q
       Hypodontia/hyperdontia more than 2 teeth                      4q
       OVB >5mm                                                      2r
       Poor oral hygiene                                             2t
       FUNCTIONAL PROBLEMS
       Parafunction                                                  2v
       Thumb/finger sucking habit                                    2w
       Oral breathing/OSAS                                           2x
       NONE OF THE PROBLEMS LISTED ABOVE                             1

   L’indice si compone di 4 “categorie” di problemi:

 Problemi sistemici,
 Problemi craniofacciali,

                                                                                  17
 Problemi dentali,
 Problemi funzionali.
   In ogni categoria sono elencati e raggruppati fattori di rischio per la malocclusione e
   segni di malocclusione sotto forma di diverse “voci”.

   Tra i problemi sistemici sono raggruppati: trauma maxillo-facciale importante con o
   senza frattura condilare, problemi posturali e ortopedici, condizioni mediche o
   auxologiche che possono inficiare lo sviluppo dell’apparato stomatognatico,
   ereditarietà della malocclusione.

   Tra i problemi craniofacciali si trovano: asimmetria facciale o mandibolare,
   disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, pregressa chirurgia del
   distretto craniofacciale o esiti di traumi importanti, ipoplasia mascellare o iperplasia
   mandibolare con overjet positivo e negativo, iperplasia mascellare o ipoplasia
   mandibolare con overjet>6mm oppure compreso tra 3 e 6 mm.

   Tra i problemi dentali si riscontrano: carie destruenti e perdita precoce dei denti
   decidui, scarsa igiene orale, morso a forbice, morso crociato con o senza deviazione
   mandibolare, affollamento severo o lieve, morso aperto di entità >4mm o >2 mm,
   ipodonzia o iperdonzia, morso profondo con overbite>5 mm.

   Tra i problemi funzionali si individuano: parafunzioni (in particolare bruxismo e
   serramento), abitudine al succhiamento di pollice, dita o ciuccio, respirazione orale,
   russamento e OSAS.

   Ogni singola voce dell’indice è associata a un numero e una lettera di
   riconoscimento. Il numero definisce il grado di rischio crescente da 1 a 5 e la
   necessità di trattamento stabilita dell’indice in funzione dei segni e dei fattori di
   rischio riscontrati. La lettera invece specifica la voce stessa in modo univoco
   affinché i dati raccolti possano essere utilizzati per indagini epidemiologiche. Il Baby
   ROMA Index infatti può essere utilizzato sia per scopi clinico-diagnostici che per
   scopi di screening e indagini epidemiologiche.

                                                                                           18
In particolare, nel definire in un individuo un certo grado di rischio e quindi una
determinata necessità di trattamento, sebbene possano essere riscontrati diversi
fattori di rischio e diversi segni di malocclusione, sarà la voce rilevata con il grado di
rischio più elevato a definire, in quello specifico caso, il grado di rischio stesso. Dal
punto di vista epidemiologico, invece, la raccolta di diverse voci in ogni singolo
individuo della popolazione permette di eseguire un’indagine accurata e precisa per
le differenti problematiche presenti.

                                                                                            19
1.4.2 Grado di rischio di malocclusione e necessità di trattamento
    Il numero associato a ciascuna voce dell’indice costituisce il grado di rischio di
    malocclusione del Baby ROMA Index. I gradi di rischio sono 5 con gravità crescente
    e indicano la necessità di trattamento ortodontico. Fondamentalmente il Baby
    ROMA Index, così come il ROMA Index, si basa sul concetto di “rischio”, ossia sulla
    possibilità che la malocclusione osservata nel paziente in crescita possa avere
    un’evoluzione peggiorativa nel tempo. Il grado di rischio di malocclusione finale del
    paziente viene assegnato in base alla caratteristica più grave riscontrata durante la
    visita. Una volta individuato il grado di rischio si stabilisce anche la necessità di
    trattamento che comprende la necessità di stabilire controlli periodici, valutazioni
    specialistiche, interventi preventivi e interventi terapeutici pedodontici, ortodontici
    e di altri specialisti.

    In particolare, il grado 1 definisce un rischio minimo o nullo (None, abbreviato con
    N), il grado 2 un rischio lieve, il grado 3 un rischio moderato, il grado 4 un rischio
    severo, e infine il grado 5 un rischio estremo. All'aumentare del punteggio aumenta
    la gravità, il rischio, e la necessità di trattamento. Ogni grado di rischio fornisce
    indicazioni sulla presenza o meno di fattori di rischio, sulla presenza di segni
    conclamati di malocclusione, sulla necessità di valutazione specialistica più o meno
    urgente, e sulla necessità di trattamento ortodontico più o meno urgente. Il grado
    non definisce l'indicazione terapeutica ortodontica vera e propria (quest'ultima
    infatti viene stabilita dopo una diagnosi accurata, rispettando le esigenze specifiche
    del paziente e dell’operatore).

    Di seguito un approfondimento sui singoli gradi di rischio.

•   Grado 1: il rischio è nullo, non sono presenti fattori di rischio né segni conclamati di
    malocclusione; non c'è necessità di valutazione specialistica né di trattamento
    ortodontico (nella tabella dell’indice si indica come “N”,“none of the problems
    listed above”, nessuno dei problemi elencati precedentemente, riferito alle altre
    voci dell’indice).

                                                                                             20
•   Grado 2: il rischio è lieve, si individuano fattori di rischio esercitanti una modesta
    influenza sullo sviluppo craniofacciale (voci: 2a, 2c, 2d, 2e, 2o, 2t, 2v, 2w, 2x), si
    individuano segni conclamati di malocclusione di lieve entità (voci: 2k, 2h, 2n, 2p,
    2r); sono consigliabili approfondimenti diagnostici, interventi preventivi e controlli
    ortodontici ravvicinati per seguire il bambino durante la crescita, eliminare i fattori
    ambientali corresponsabili di malocclusione e poter eventualmente intervenire
    nello stadio di crescita scheletrica e sviluppo della dentizione più opportuni.
•   Grado 3: il rischio è moderato; si osservano alterazioni non gravi dei rapporti dentali
    e/o scheletrici (voci: 3h, 3o, 3p, 3q), ma che possono permanere o peggiorare con la
    crescita. La tempestività dell’intervento ortodontico e/o ortopedico-funzionale è
    correlata allo stadio di crescita scheletrica.
•   Grado 4: il rischio di malocclusione è grande; si rilevano importanti alterazioni dello
    scheletro cranio-facciale e dell’occlusione indicate dalle voci 4f, 4g, 4k, 4l, 4m, 4n,
    4q. Oltre alla terapia ortopedica, si rendono necessari interventi ortodontici mirati a
    rimuovere gli ostacoli alla crescita armonica dei mascellari dati da un’occlusione
    alterata.
•   Grado 5: il rischio è estremo. Condizioni rare determinano alterazioni craniofacciali
    di severa entità (voci: 5a, 5b, 5j), pertanto l’intervento consterà in un trattamento
    terapeutico    ortopedico-ortodontico      più   precoce   possibile   con   approccio
    multidisciplinare.

                                                                                        21
1.4.3 Il Baby ROMA Index e il ROMA Index
    Il Baby ROMA Index è stato realizzato a partire dal ROMA Index, rispondendo alla
    necessità di creare un indice di necessità di trattamento ortodontico che fosse
    specifico per i bambini di età inferiore ai 6 anni, in dentizione decidua completa o
    mista precoce. Il ROMA Index viene utilizzato invece in dentizione mista tardiva e in
    dentizione permanente (dopo i 6-7 anni di età), preferibilmente su giovani pazienti,
    valutando aspetti dentali, scheletrici e funzionali della malocclusione. Entrambi gli
    indici individuano cinque gradi di rischio di malocclusione e il grado di rischio è
    determinato dalla caratteristica più grave riscontrata nel paziente. Ciò che li
    differenzia, oltre la diversa fascia d’età cui si rivolgono, sono le caratteristiche
    valutate (cioè i fattori di rischio e i segni di malocclusione raccolti nelle diverse voci
    dei due indici) e il valore numerico a loro attribuito. In particolare, il grado attribuito
    alla maggior parte delle voci del Baby ROMA Index corrisponde a quello del ROMA
    Index; ad alcune voci tuttavia è stato assegnato un grado diverso e alcune voci sono
    state create ex novo nel Baby ROMA index.

•   Le nuove voci del Baby ROMA Index che non erano presenti nel precedente ROMA
    Index sono: trauma maxillo facciale con e senza frattura condilare (grado di rischio
    5), e ipodonzia/iperdonzia per meno di due denti.
•   La voce a cui è stata attribuita un grado di rischio superiore è carie e perdita precoce
    di elementi decidui (grado di rischio 4 nel Baby ROMA Index anziché grado di rischio
    3); si sottolinea infatti l’importanza del trattamento immediato delle lesioni cariose
    che potrebbero portare a perdita di spazio e alterazione di forma in arcata.
•   Le voci a cui sono state attribuite gradi di rischio inferiori sono problemi posturali e
    ortopedici, condizioni mediche e auxologiche, ereditarietà di malocclusione,
    ipoplasia mascellare/iperplasia mandibolare con overjet positivo, e overbite
    aumentato (grado di rischio 2).
    Di fianco la tabella del ROMA Index.

                                                                                             22
Nel dettaglio le differenze
   nelle voci del ROMA Index e
   del Baby ROMA Index:

 Problemi posturali e auxologici,
   ereditarietà di malocclusione: a
   queste voci viene assegnato
   nel Baby ROMA Index un grado
   di rischio 2, anziché 4 come nel
   ROMA      Index,        poiché   la
   valutazione        di       queste
   condizioni    è    maggiormente
   significativa dopo i 6 anni di
   età;

 Traumi              maxillo-facciali
   con/senza frattura condilare:
   entrambe queste condizioni
   devono essere attentamente
   analizzate e monitorate; la
   frattura condilare ha un grado
   di rischio 5, poiché necessita di
   essere diagnosticata e trattata
   per prevenire una crescita
   mandibolare asimmetrica; il
   trauma        senza        frattura
   condilare ha un grado di
   rischio 2 poiché necessita di
   controlli periodici;

                                         23
 Ipoplasia mascellare e/o iperplasia mandibolare (malocclusione sagittale di classe
   III): è stato assegnato un grado di rischio 2 e 4 a seconda dell’overjet positivo o
   negativo riscontrato nel paziente;

 Ipoplasia mandibolare e/o iperplasia mascellare (malocclusione sagittale di classe
   II): è stato assegnato un grado di rischio 2 e 3; l’overjet fino a 3 mm è considerato
   nella norma al di sotto dei 6 anni; la malocclusione sagittale di classe II viene
   preferibilmente trattata in corrispondenza del picco di crescita puberale;

 Alto o basso angolo FMA (angolo tra piano mandibolare e piano di Francoforte;
   discrepanza verticale scheletrica): queste condizioni vengono trattate in dentizione
   mista, pertanto non sono menzionate nel Baby ROMA Index;

 Morso crociato: è stato assegnato un grado di rischio 4 per il crossbite >2 mm con
   shift laterale della mandibola, e un grado di rischio 2 per il crossbite  di 2 e di 4 mm; non è stato assegnato un grado di rischio maggiore poiché in
   questa fascia d’età l’open bite può ridursi spontaneamente utilizzando semplici
   apparecchi per indurre l’abbandonamento dell’abitudine viziata;

 Overbite > 5 mm: è stato assegnato un grado di rischio 2, invece che 3 come nel
   ROMA Index, poiché la dimensione verticale può cambiare con l’eruzione dei primi
   molari permanenti;

 Displacement: è stato assegnato un grado di rischio 2 e 3, invece che 4 come nel
   ROMA Index, poiché l’affollamento in dentizione decidua non necessita di
   trattamento e rappresenta un fattore di rischio per la malocclusione in dentizione
   permanente;

 Ipodonzia/iperdonzia fino a 2 denti/più di 2 denti: è stato assegnato un grado di
   rischio di 3 e 4; queste condizioni necessitano di accertamento radiografico; in caso

                                                                                     24
di compromissione della dentizione decidua nel 75% dei casi le anomalie sono
   presenti anche nella dentizione permanente;

 Carie e perdita precoce degli elementi decidui: è stato assegnato un grado di rischio
   4, invece che 3 come nel ROMA Index, poiché la perdita precoce di elementi decidui
   può provocare riduzione dello spazio in arcata per la dentizione permanente;

 Anomalie della permuta: non vengono considerate nel Baby ROMA Index, indice
   specifico per la sola dentizione decidua.

                                                                                    25
1.4.4 Il confronto tra indici
Gli indici presenti in letteratura sono molteplici, ed essi presentano caratteristiche
diverse a seconda del loro specifico utilizzo. Il Baby ROMA Index è l’unico indice
presente in letteratura realizzato esclusivamente per la valutazione delle
problematiche in dentizione decidua; analogamente al Baby ROMA Index anche
l’Occlusal Index (OI), sebbene non sia stato realizzato esclusivamente per la
valutazione dei pazienti in età pediatrica, presenta degli score specifici per la
dentizione decidua e mista, oltre che permanente. L’Index Of Orthodontic
Treatment Need (IOTN), nella versione modificata e semplificata introdotta nel
2001, è utilizzato in particolare negli screening di massa come strumento
epidemiologico. L’introduzione del Baby ROMA Index e del ROMA Index per la
valutazione del rischio di malocclusione e per la raccomandazione di interventi
preventivi ortodontici e terapeutici rende possibile che gli screening siano meno
complessi, più semplici e rapidi. Un altro importante indice presente in letteratura è
l’Indice del Ministero della Sanità Danese, il primo a introdurre il concetto di rischio
correlato alla malocclusione (successivamente ripreso dal ROMA Index e dal Baby
ROMA Index) per preventivare e ottimizzare tempi e spese degli interventi
ortodontici supportati dall’assistenza sanitaria pubblica. L’Index Of Complexity
Outcome and Need (ICON) è un indice validato non solo per stabilire la necessità di
terapia ma anche per valutare l’esito della cura ortodontica; in quest’ultimo caso
l’utilizzo combinato di Baby ROMA Index prima e ROMA Index poi permette di
delineare un percorso di gestione del paziente che non si esaurisce nella singola
osservazione39. A seguire un approfondimento sugli indici precedentemente citati
che verranno analizzati in ordine cronologico.

                                                                                      26
INDICE                                AUTORE                             ANNO   METODO

Handicapping Labiolingual Deviation
                                      Draker                             1960   Quantitativo
(HLDI)

Grade Index Scale For Assessment
                                      Salonen, Mohlin, Gotzlinger        1966   Qualitativo
of Treatment Need (GISATN)

Dental Aestetic Index (DAI)           Cons, Jenny                        1966   Quantitativo

Treatment Priority Index (TPI)        Grainger                           1967   Quantitativo

Handicapping Malocclusion
                                      Salzmann                           1971   Quantitativo
Assessment Record (HMAR)

Occlusal Index (OI)                   Summers                            1971   Quantitativo

Index of Orthodontic Treatment
                                      Brook, Shaw                        1989   Quantitativo
Need (IOTN)

Memorandum of Orthodontic
Screening and Indications for         Danish National Board of Health    1990   Qualitativo
Orthodontic Treatment

Need for Orthodontic Treatment
                                      Espeland, Ivarson, Stenvik         1992   Quantitativo
Index (NOTI)

Risk Of Malocclusion Assessment
                                      Deli, Grippaudo, Russo, Galeotti   1995   Quantitativo
Index (ROMA index)

Index of Complexity, Outcome and
                                      Daniels, Richmond                  2000   Quantitativo
Need (ICON)

Baby Risk Of Malocclusion
Assessment Index (Baby ROMA           Grippaudo, Paolantonio             2014   Quantitativo
Index)

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Occlusal Index (OI) -Fu realizzato da Summers nel 1971. È un indice completo
riguardo le caratteristiche occlusali misurate (relazione molare, overjet, overbite,
crossbite, openbite, diastema, deviazione della linea mediana, affollamento attuale
o potenziale, agenesie); identifica sette gradi di severità della malocclusione con
l’assegnazione di score specifici per la dentizione decidua, mista e permanente. Il
limite di questo indice è quello di non individuare direttamente problematiche
scheletriche o funzionali, ma di individuare esclusivamente i loro effetti sulla
dentatura. Mancano infatti voci specifiche per le problematiche scheletriche e
funzionali.

Index Of Orthodontic Treatment Need (IOTN) -Venne realizzato nel 1989 da Brook
e Shaw. È costituito da due componenti, l’Aestetic Component (AC) e la Dental
Health Component (DHC), per la valutazione rispettivamente estetica e dento-
occlusale. L’AC è costituita da dieci fotografie selezionate per indicare l’attrattiva
dentale, se messe a confronto con il sorriso del soggetto esaminato. La DHC analizza
una serie di caratteristiche occlusali raccolte nell’acronimo MOCDO (Missing,
Overjet, Crossbite, Displacement, Overbite) e identifica cinque gradi di gravità di
malocclusione nella prima versione realizzata. Nel 2001 è stata introdotta una
versione semplificata della DHC che prevede soltanto due gradi di gravità, a seconda
che ci sia o meno la necessità di trattamento. Lo IOTN è uno degli indici più utilizzati
per lo screening di massa.

Indice del ministero della sanità danese- Venne realizzato nel 1990 con l’intento di
realizzare uno strumento di screening per individuare i pazienti con necessità di
trattamento ortodontico ai quali il sistema sanitario nazionale avrebbe finanziato la
terapia. È il primo indice che introduce il concetto di rischio correlato alla
malocclusione, identificando la necessità di trattamento ortodontico attraverso un
“codice di rischio”. È costituito da due parti: la prima analizza le problematiche
dento-occlusali in relazione al rischio che esse provochino danni dentali,

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parodontali, articolari, stress psicosociale, e sequele tardive; la seconda stabilisce la
necessità di trattamento ortodontico per le diverse malocclusioni per mezzo di un
codice di rischio. Questo indice è di tipo qualitativo, diversamente dagli altri indici
citati che sono tutti indici quantitativi; non si utilizza un punteggio per indicare la
gravità della malocclusione e stabilire la necessità di trattamento, che viene invece
codificata dal codice di rischio.

Index Of Complexity Outcome and Need (ICON) – Venne realizzato nel 2000 da
Daniels e Richmond con l’intento di creare un indice che permettesse di valutare la
necessità di trattamento ortodontico e il miglioramento dopo la terapia. La
validazione di questo indice è stata eseguita da 97 ortodontisti esperti in tutto il
mondo. Il calcolo del punteggio, per stabilire la necessità di trattamento e l’esito
dopo la terapia, prevede di moltiplicare il valore assegnato alle caratteristiche
occlusali per una costante; gli autori hanno stabilito un punteggio di cut-off diverso
per la necessità di trattamento e per la valutazione dell’esito dopo la terapia.

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1.4.5 Tabelle per la “valutazione del rischio di malocclusione” e per la
“raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici” – una
versione semplificata degli indici Baby ROMA e ROMA
Gli indici di necessità di trattamento ortodontico vengono utilizzati per diversi scopi:
eseguire screening di massa della popolazione, realizzare studi epidemiologici e
indagini scientifiche, oppure individuare la priorità di trattamento nelle strutture
sanitarie con elevata richiesta di intervento in cui il Sistema Sanitario Nazionale o le
Assicurazioni private rimborsino i costi di terapia.

La realizzazione di indagini epidemiologiche e l’individuazione della priorità di
trattamento è riservata a personale specializzato e calibrato nell’utilizzo dell’indice,
così da rendere precisa e ripetibile la raccolta dati. Tale personale specializzato è
costituito da odontoiatri generici, ortodontisti, e pedodontisti, che vengono
appositamente formati e calibrati per garantire la riproducibilità dei risultati e
ridurre al minimo la variabilità intraoperatore e interoperatore nella valutazione del
paziente con l’utilizzo dell’indice. Inoltre, nelle indagini epidemiologiche un
requisito indispensabile è la precisione e il dettaglio delle informazioni raccolte, e la
possibilità di elaborare i dati con analisi statistiche descrittive o inferenziali;
pertanto nell’ambito dei progetti di ricerca e delle indagini epidemiologiche è
richiesto l’utilizzo degli indici per maggiore precisione e completezza
d’informazione.

Nella realizzazione di screening di massa, invece, i requisiti più importanti sono
semplicità, rapidità di esecuzione, e brevi tempi di apprendimento. A tale scopo
sono state realizzate le tabelle per la “valutazione del rischio di malocclusione” e per
la “raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici” come
versione semplificata degli indici Baby ROMA e ROMA. Queste tabelle possono
essere utilizzate da personale specializzato e non, ma comunque formato e
calibrato; forniscono una guida per individuare i fattori di rischio e i segni precoci di
malocclusione, per stabilire il grado di rischio correlato alla malocclusione (basso,
moderato, alto), la necessità di trattamento ortodontico, gli interventi preventivi e

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terapeutici raccomandati, e il timing di controllo. Le tabelle sono divise per fasce di
età (al di sotto dei sei anni, e al di sopra dei sei anni fino al termine della permuta
dentaria), poiché i fattori di rischio, i segni precoci di malocclusione e le
malocclusioni già manifeste hanno un peso differente a seconda della fase di
crescita del bambino.

Per la realizzazione delle tabelle sono stati utilizzati il Baby ROMA Index, il ROMA
Index e le “Linee Guida Nazionali per la promozione della salute orale e la
prevenzione delle patologie orali in età evolutiva” (Ministero della Salute,
Novembre 2013). In particolare, la tabella di valutazione del rischio analizza fattori
funzionali, occlusali, dentali e protettivi per determinare il rischio stesso di
malocclusione, ricalcando l’organizzazione della tabella di rischio di carie presente
nelle Linee Guida Nazionali.

La tabella di valutazione del rischio di malocclusione permette di definire il rischio
come basso, moderato o alto; la tabella di raccomandazione di interventi ortodontici
preventivi e terapeutici, invece, stabilisce il timing di controllo e gli interventi
ortodontici consigliati, sulla base del grado di rischio precedentemente stabilito. Il
protocollo di utilizzo di queste tabelle prevede pertanto di eseguire prima la
valutazione del rischio, e poi la valutazione degli interventi preventivi e terapeutici
indicati; in questo modo si viene a delineare un vero e proprio percorso di gestione
del paziente.

Come affermato precedentemente queste tabelle possono essere utilizzate da
personale specializzato e non (odontoiatra generico, pedodontista, ortodontista,
pediatra, medico generico) rappresentando un supporto clinico diagnostico e
terapeutico. Sono state studiate e realizzate come strumento di screening, e
rappresentano anche uno strumento motivazionale che può essere fornito ai
genitori dei piccoli pazienti. Inoltre, rappresentano una proposta innovativa di
integrazione delle Linee Guida Nazionali, riguardo il concetto di “prevenzione della
malocclusione”.

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32
1.5 Scopo della ricerca
In letteratura sono presenti molti studi sull’associazione tra abitudini viziate,
respirazione orale e malocclusione; tuttavia spesso sono presenti risultati
contrastanti. È nostra intenzione verificare l’esistenza di tale correlazione su un
campione ampio di bambini in età prescolare, in modo da poter fornire protocolli e
linee guida per la prevenzione e la terapia precoce dei suddetti problemi.

Obiettivo dello studio è di utilizzare il Baby ROMA index38 per valutare nei bambini
con età compresa tra 3-6 anni, la prevalenza di abitudini viziate e respirazione orale
e la loro associazione con:

   •   Età, sesso e città di appartenenza
   •   Grado di malocclusione
   •   Overjet aumentato, overjet diminuito, affollamento, open bite, cross bite

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2. Materiali e metodi

2.1 Caratteristiche dello studio e del campione
È uno studio osservazionale di tipo trasversale.

Sono stati analizzati 1616 bambini, 808 maschi e 808 femmine, nelle città di Roma
(n= 1248), Vicenza (n= 253), Messina (n= 76) e Milano (n=28).

Sono stati inclusi solo bambini con età compresa tra 3-6 anni (età media 4,7 anni
con ds=0,9) e con dentizione decidua completa o mista precoce.

Sono stati esclusi i bambini assenti nel giorno in cui sono state effettuate le visite o i
cui genitori non avevano fornito il consenso.

2.2 Raccolta dei dati
L’indagine epidemiologica è stata realizzata tra settembre 2017 e aprile 2018.

Per la raccolta dati sono stati utilizzati Baby ROMA index, formula dentaria, dmft e
ICDAS II.

Le visite sono state realizzate all’interno delle aule scolastiche, da parte di operatori
calibrati.

La calibrazione all’utilizzo del Baby ROMA index è stata effettuata mediante lezioni
teoriche, tenute da due istruttori esperti (Prof.ssa Grippaudo Cristina e Dott.ssa
Paolantonio Ester Giulia), ed esercitazioni pratiche. La riproducibilità intra-
operatore ed inter-operatore è stata analizzata per mezzo del test K. La
riproducibilità intra-operatore è stata valutata confrontando i dati raccolti da uno
stesso esaminatore, in momenti differenti, su un gruppo di 20 bambini. Gli stessi 20
bambini sono stati nuovamente esaminati, da un diverso operatore, per
determinare la riproducibilità inter-operatore. Il test K ha riportato una correlazione

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