Ortodonzia in età evolutiva Orientamenti diagnostici e terapeutici per l'odontoiatra A cura di: SIDO - Società Italiana di Ortodonzia - Autore: ...
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Ortodonzia in età evolutiva Orientamenti diagnostici e terapeutici per l’odontoiatra A cura di: SIDO – Società Italiana di Ortodonzia Autore: Cristina Grippaudo 1
Indice 1. Introduzione 1.1. La malocclusione in età prescolare 1.2. Strategie di prevenzione della malocclusione 1.3. Fattori di rischio ambientali di malocclusione 1.3.1. Suzione non nutritiva 1.3.2. Respirazione orale 1.4. Baby ROMA Index 1.4.1. Caratteristiche generali dell’indice 1.4.2. Grado di rischio di malocclusione e necessità di trattamento 1.4.3. Il Baby ROMA Index e il ROMA Index 1.4.4. Il confronto tra indici 1.4.5. Tabelle per la “valutazione del rischio di malocclusione” e per la “raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici” – una versione semplificata degli indici Baby ROMA e ROMA 1.5. Scopo della ricerca 2. Materiali e metodi 2.1. Caratteristiche dello studio e del campione 2.2. Raccolta dei dati 2.3. Analisi statistica 3. Risultati 3.1. Prevalenza del rischio di malocclusione 3.2. Prevalenza delle voci dell’indice 2
3.3. Associazione tra suzione non nutritiva e respirazione orale con sesso, città di provenienza e voci dell’indice 3.4. Associazione tra suzione non nutritiva e respirazione orale con sesso e grado di malocclusione 4. Discussione 4.1. Malocclusione in età prescolare 4.2. Fattori di rischio di malocclusione 4.2.1. Abitudine alla suzione e malocclusione 4.2.2. Respirazione orale e malocclusione 5. Conclusioni 6. Appendice 6.1. Tabella dettagliata dei risultati delle voci dell’indice 7. Bibliografia 3
1. Introduzione 1.1 Malocclusione in età prescolare La malocclusione è definita come “condizione patologica per la quale non si realizza un corretto e fisiologico combaciamento tra i denti delle due arcate antagoniste e può conseguire a un alterato allineamento dei denti o a una loro anomala posizione, oppure a un alterato sviluppo delle ossa mascellari”1. “La presenza di malocclusioni nella società moderna è molto elevata e si attesta tra il 60 e l’80%, ma le variazioni occlusali sono correlate all’etnia e al tipo di dentatura”2. Negli ultimi decenni si è andati incontro ad un aumento dell’incidenza di malocclusione, con un trend che è destinato ad incrementare sia per numeri che per gravità3,4,5. La malocclusione in dentatura decidua rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di malocclusione in dentatura permanente6; è necessario quindi pianificare protocolli di prevenzione odontoiatrica ed ortodontica sin dai più piccoli, in modo da riuscire a invertire il trend epidemiologico. “Al di là di quadri sindromici, i cui tratti occlusali risultano spesso patognomonici del complessivo contesto sindromico, le caratteristiche facciali e dento-mascellari possono essere espressione di un’interazione tra fattori genetici, familiari ed ambientali che possono concorrere ad influire su crescita e sviluppo del complesso dento-maxillo-facciale, favorendo l’instaurarsi di malocclusioni”7. L’eziologia è dunque multifattoriale ed i diversi fattori interagiscono e si associano tra di loro, rendendo spesso impossibile identificare uno specifico fattore eziologico. I fattori eziologici si possono raggruppare in tre gruppi principali: • Fattori ereditari 4
• Fattori congeniti: acquisiti a livello intrauterino, come farmaci, alcool, traumi, esposizione a radiazioni ionizzanti, traumi e patologie infettive • Fattori acquisiti: intervengono dopo la nascita, come abitudini viziate, respirazione orale, traumi, patologie infiammatorie e neoplastiche Nonostante questi non agiscano in modo indipendente, ma spesso si associano sovrapponendo i loro effetti, gli studi di Petrovic8 dimostrano che i fattori acquisiti intervengono nel 61% dei casi, quelli congeniti nel 24% e quelli ereditari nel 15%. intercettare quindi i fattori che intervengono nell’eziopatogenesi delle malocclusioni è discriminante nell’ambito della prevenzione ortodontica, in quanto il successo della terapia preventiva si basa sull’eliminazione dei fattori di rischio. “Relativamente all’eziopatogenesi delle malocclusioni, le alterazioni funzionali (es. le abitudini orali, quali l’interposizione linguale, la suzione del dito, della lingua e della tettarella, le alterazioni posturali, la respirazione orale) rappresentano i fattori ambientali maggiormente implicati nel determinismo delle malocclusioni, in quanto sono in grado di sostenere alterazioni tra muscolatura intraorale ed extraorale, con conseguenti cambiamenti morfo-funzionali a livello dento-alveolare e/o scheletrico”7. La teoria della matrice funzionale di Moss9 presume che la crescita del volto avvenga in risposta a alle esigenze funzionali e agli stimoli neurotrofici, mediata dai tessuti molli. Se le funzioni stomatognatiche sono sviluppate in modo corretto, la crescita avviene correttamente. Quando una noxa patogena, come un’abitudine viziata, interferisce sul corretto sviluppo delle funzioni stomatognatiche, anche la crescita facciale ne risente e si instaurano una serie di meccanismi che portano alla formazione di una malocclusione10. Tuttavia, gli effetti che le abitudini viziate determinano sono proporzionali alla durata, frequenza e intensità delle forze applicate: è improbabile che forze brevi ed intermittenti siano in grado di modificare la posizione dentale e il pattern di crescita scheletrico11. 5
1.2 Strategie di prevenzione della malocclusione “In ambito ortognatodontico la formulazione del giudizio diagnostico risulta determinante, non come semplice inquadramento di una situazione statica, bensì come obiettivazione di un status clinico da contestualizzare nel processo accrescitivo individuale. Nell'inquadramento diagnostico l'individuazione della componente genetica ed ereditaria e di quella ambientale è essenziale, anche nell'ambito preventivo e intercettivo, per stabilire la strategia d'intervento in termini di timing e di modalità di trattamento. Infatti, quadri clinici disgnatici apparentemente simili possono presentare sostanziali differenze, sia per le difformi derivazioni tridimensionali che per il concorso di più complesse implicazioni, per le quali sono talvolta richieste differenti priorità di trattamento”7. Quindi una corretta diagnosi è la base di partenza per la pianificazione di un trattamento preventivo o intercettivo che segue l’individuo in tutta la sua crescita affinché lo sviluppo dell’apparato stomatognatico venga monitorato e reso armonico in tutte le sue fasi. La prima visita è un momento fondamentale. È necessario che venga svolta precocemente per poter attuare le diverse strategie di prevenzione, pertanto "rimane fondamentale poter attuare la prima visita fra i 2 e i 3 anni al massimo"12 e " indipendentemente dalla presenza o meno di problematiche dentali"7. Rappresenta il punto di partenza di un percorso che non si esaurisce nella diagnosi e terapia, ma che mira a stabilire un’alleanza terapeutica con genitori e bambini al fine di garantire la salute orale del paziente. Le strategie di gestione del piccolo paziente dovrebbero essere eseguite con approccio pedodontico e ortodontico integrato, con un campo d'azione ampio che spazia dalla prevenzione della patologia cariosa alla terapia delle lesioni presenti, dalla prevenzione della malocclusione alla terapia ortodontica intercettiva. La prevenzione ortognatodontica si compone concettualmente di "terapia preventiva" e "terapia intercettiva precoce"13. La prima mira all’eliminazione dei fattori di rischio ambientali della malocclusione per mezzo di strategie comportamentali ed educazionali, mentre la seconda prevede l'applicazione di 6
dispositivi ortodontici al fine di controllare i fattori genetici e patologici già rilevati. Nell'ambito della terapia preventiva rientrano ad esempio i colloqui educazionali con i genitori per l'eliminazione dell'abitudine alla suzione non nutritiva e quelli per la correzione delle abitudini alimentari e di igiene orale domiciliare. In termini invece di terapia intercettiva precoce si ricorda ad esempio il trattamento precoce del morso crociato e delle malocclusioni di classe III. Quindi, la terapia preventiva promuove un fisiologico sviluppo evitando l'instaurarsi di malocclusione, mentre la terapia intercettiva precoce è effettuata per ristabilire una occlusione normale una volta che la malocclusione si è sviluppata. Entrambe le terapie vengono generalmente messe in atto già a partire dalla seconda infanzia nel rispetto dell’autonomia collaborativa del paziente. In entrambi i casi i bambini dovrebbero essere seguiti, in un’ottica di team multidisciplinare preferibilmente coordinato dal pediatra, anche dallo specialista ORL, dall’allergologo e dal logopedista in presenza di patologie funzionali, respiratorie e malocclusioni ad eziologia multifattoriale. Indipendentemente dalla problematica clinica oggettivata, è fondamentale la collaborazione del paziente, sia ai fini prognostici, che terapeutici. In assenza di adeguata collaborazione, non solo potrà essere vanificato l’intervento ortognatodontico, ma possono anche manifestarsi effetti indesiderati per l’integrità dei tessuti dento parodontali7. La correzione della malocclusione nello stadio di dentizione decidua permette di ristabilire precocemente una crescita armonica del distretto orofacciale: Gois e Vale6 sostengono che i bambini con malocclusione nella dentizione decidua presentano un aumentato rischio di avere la stessa malocclusione anche nella dentizione mista e, nel complesso, le caratteristiche occlusali rilevate in dentizione decidua permangono anche in dentizione mista e in quella permanente6. Infatti, la malocclusione osservata in dentizione decidua è predittiva nella maggior parte dei casi della malocclusione presente successivamente in dentizione mista e permanente14. Inoltre, "terapie ortodontiche precoci sono effettuate allo stadio di dentizione decidua o dentizione mista precoce con l'obiettivo di ridurre la durata e la severità del trattamento ortodontico con apparecchiature fisse convenzionali"11. 7
1.3 Fattori di rischio ambientali di malocclusione Quindi la terapia preventiva della malocclusione ha come obiettivo primario l’eliminazione dei fattori eziologici ambientali e la componente disfunzionale aggravante i fattori intrinseci, premessa indispensabile affinché la crescita dento- scheletrica avvenga regolarmente. I principali fattori eziologici ambientali in età prescolare sono le abitudini viziate e la respirazione orale. 1.3.1 Suzione non nutritiva Si definiscono abitudini viziate tutte quelle parafunzioni che conducono a una dismorfosi. Tra le abitudini viziate si ricordano le abitudini da suzione di labbra, guance, lingua, dita e corpi estranei; l’abitudine al mordicchiamento di labbra e guance, l’onicofagia, il bruxismo. La suzione non nutritiva è senza dubbio l’abitudine viziata più frequente nella popolazione pediatrica. La suzione è un’esigenza primaria del bambino e una fase naturale del suo sviluppo psicofisico15. Inoltre, la coordinazione tra suzione e deglutizione è indispensabile nei primi mesi di vita per garantire al neonato l’adeguata nutrizione16. L’abitudine alla suzione nei neonati è un’attitudine innata, legata sia al bisogno dei nutrienti sia a bisogni psicologici. Questa esigenza può essere soddisfatta tramite la cosiddetta suzione nutritiva, tra cui allattamento artificiale o allattamento al biberon, e tramite la suzione non nutritiva del dito, del ciuccio, di giocattoli o altri oggetti. Quando la suzione permane oltre un termine fisiologico come abitudine al succhiamento di ciuccio, tettarelle, pollice e altre dita va a costituire un fattore ambientale in grado di determinare alterazioni della premaxilla, delle arcate dentali e della crescita mandibolare. Nella fase della seconda infanzia si assiste al progressivo e, nella maggior parte dei casi, spontaneo abbandonamento di tale abitudine. La cessazione della suzione deve essere perseguita e raggiunta proprio in questa fase per evitare l’instaurarsi dell’abitudine viziata. Warren15 riporta che dopo i 3 anni di vita, il 20% dei bambini mantiene abitudini di succhiamento non nutritivo. 8
Tra le diverse teorie proposte riguardo le cause che portano i bambini a proseguire oltremodo tale abitudine, oggi le maggiormente accreditate sono tre: • Teoria psicoanalitica • Teoria della mancata funzione • Teoria comportamentale La teoria psicoanalitica è quella che è stata più a lungo seguita. Si basa sulle idee Freudiane che tendevano a dare un’interpretazione psicologica a qualunque atteggiamento non fisiologico. Diversi studi in letteratura concordano con questa teoria19 e pertanto affermano che la risoluzione dell’abitudine richieda interventi particolarmente complessi, poiché prima bisogna affrontare la componente psicologica responsabile dell’abitudine. La teoria della mancata funzione sostiene che l’abitudine viziata sia conseguenza di un’insufficiente sistema di suzione nutritiva nei primi mesi di vita. I dati in letteratura sono unanimi nel sostenere che l’allattamento al seno sia un fattore protettivo, preventivo dell’abitudine viziata del succhiamento, riscontrando un rapporto inversamente proporzionale tra la durata dell’allattamento e l’utilizzo del succhiotto. L’allattamento al seno sembra prevenire l’abitudine del succhiamento quando è protratto oltre i 6 mesi20, aumentando di significatività oltre i 921 o 11 mesi22 . Secondo questi autori l’uso del succhiotto è maggiormente frequente nei bambini di tre anni e, in particolare, in quelli appartenenti a famiglie agiate. La teoria comportamentale sostiene che la suzione è un comportamento appreso in maniera naturale dal bambino e messo in relazione alla presa del cibo, calore, sicurezza. In questo senso è privo di particolari risvolti psicologici10. Molti studi sostengono che la suzione non nutritiva, quale abitudine viziata, sia un fattore eziologico di disgnazia e che il rischio di sviluppare una malocclusione sia proporzionale al tempo di succhiamento e strettamente correlato all’età in cui viene effettuato. È unanime in letteratura l’opinione che la suzione prolungata nel tempo produca effetti negativi dentoscheletrici: Levrini17 sostiene che in caso di utilizzo 9
oltre i 24 mesi del succhiotto si prevede un incremento di incidenza di alcune malocclusioni dentali; Tseng18 sostiene che il rischio di sviluppare una malocclusione sia significativamente elevato nei bambini che mantengono abitudini di succhiamento oltre i 4 anni di età. La suzione del dito genera una forte pressione a livello del palato e una contemporanea pressione negativa esercitata dalle guance sulle arcate dentali, determinando una spinta maggiore in senso verticale piuttosto che trasversale. Anteriormente, dall’insieme delle forze esercitate dal dito contro il palato e dalla mano contro la mandibola, può manifestarsi un morso aperto e un overjet aumentato. Inoltre, l’abbassamento forzato della lingua non consente il corretto sviluppo in senso trasversale dell’osso mascellare, determinando una contrazione dell’arcata superiore (palato ogivale). Il succhiotto, a differenza del dito ed altri oggetti, è un presidio che, se utilizzato correttamente e con una forma anatomica adeguata, può presentare alcuni effetti benefici. Va comunque dismesso entro i 36 mesi di vita, perché è in grado di interferire con il normale processo di crescita. Rispetto al dito riesce a distribuire lo stress in modo più uniforme e a caricare di meno la cresta anteriore del palato. Nei lattanti nati pretermine favorisce la capacità di alimentarsi autonomamente al seno incrementando la maturità cognitiva del bambino. Spesso aiuta a calmare il pianto del bambino alleviando il dolore causato dall’eruzione dei denti decidui. È stato dimostrato che protegge dalle morti improvvise nel lattante (SIDS), grazie alla presenza della maniglia del succhiotto che evitando il diretto contatto del viso con le lenzuola impedisce le ipossie accidentali e il conseguente soffocamento: il Department Of Family Medicine And Public Health statunitense, al fine di ridurre il rischio di SIDS ne suggerisce l’utilizzo durante il sonno10. Gli effetti che l’abitudine alla suzione può produrre sulle arcate dentali sono legati al fattore tempo e alle caratteristiche genetiche individuali. Warren et al.23 affermano che le maggiori alterazioni dentoscheletriche avvengono se l’abitudine si prolunga per oltre i 48 mesi di età, ma che comunque i primi effetti negativi si 10
vengono a manifestare già dai 24 mesi di età. Questi sono di vario tipo e di severità variabile: modificazione dello sviluppo della premaxilla, condizione occlusale di morso aperto, deficit trasversale palatale, alterazione della postura mandibolare, disordine mio-funzionale della muscolatura orale e periorale. In particolare, le alterazioni occlusali maggiormente associate ad abitudini di succhiamento sono morso aperto anteriore, overjet aumentato e cross bite posteriore: • Il morso aperto anteriore in dentizione decidua è tipicamente determinato da abitudini viziate. La presenza del dito o del ciuccio ostacola l’eruzione degli incisivi e contemporaneamente favorisce l’estrusione dei denti posteriori, aprendo il morso. L’interruzione precoce dell’abitudine viziata è spesso risolutiva e il morso aperto creatosi precedentemente scompare in modo spontaneo e progressivo. “Infatti, è dimostrato che nella maggior parte dei casi la suzione saltuaria del dito, anche se protratta fino a quattro anni, non provoca anomalie dento-maxillo-facciali degne di nota; e, se queste si formano, possono anche normalizzarsi o migliorare spontaneamente con il cessare dell’abitudine viziata” 12. • L’overjet aumentato è spesso associato a suzione prolungata del dito più che del ciuccio: il dito preme contro il palato mentre la mano poggia sulla mandibola; dall’insieme delle forze esercitate su questi distretti ne deriva una vestiboloinclinazione degli incisivi superiori, linguoinclinazione degli incisivi inferiori, protrusione della premaxilla e quindi un aumento dell’overjet24. A differenza di quanto avviene per il morso aperto anteriore, la correzione spontanea dell’overjet non avviene così frequentemente6. • Nei bambini con abitudine alla suzione, la pressione negativa esercitata dalla muscolatura delle guance e la bassa posizione linguale sono determinanti per l’iposviluppo dell’arcata superiore in senso trasversale. Tuttavia, in letteratura non c’è unanimità riguardo l’associazione tra cross bite e suzione. Questo è probabilmente dovuto al fatto che gli effetti biologici delle abitudini viziate dipendono da vari fattori: da durata nel tempo, frequenza, intensità, tipo di abitudine25 e soprattutto dalle caratteristiche genetiche individuali26. 11
Poiché “il persistere nell’uso del ciuccio e la suzione del dito possono alterare lo sviluppo armonico dei mascellari si rende indispensabile la diagnosi precoce e terapia delle abitudini viziate (respirazione orale, succhiamento protratto, deglutizione infantile)”7. Tseng18 sostiene che i bambini che succhiano il dito oltre i 4 anni di età e tutti i bambini che in età scolare succhiano il dito dovrebbero essere visitati da un ortodontista. La diagnosi è sia anamnestica sia clinica. In fase anamnestica occorre interrogare i genitori o il bambino sulla presenza e sulle caratteristiche (durata, frequenza, cause, tipologia) dell’abitudine viziata. La diagnosi clinica si basa sull’osservazione delle alterazioni orali e di possibili alterazioni del dito succhiato. In un’ottica di prevenzione ortognatodontica, nella seconda infanzia è necessario interrompere l’utilizzo del ciuccio in modo definitivo ed evitare l’inizio della suzione del pollice. Infatti, mentre l’uso del succhiotto tende a diminuire a partire dal terzo anno di età e scompare praticamente dopo il quinto anno, la suzione del pollice non viene abbandonata in modo così risolutivo27e la sua successiva eliminazione può risultare difficoltosa; è pertanto indispensabile prevenirne l’instaurazione attraverso la corretta educazione e istruzione dei genitori. In generale, si consiglia la sospensione di tutte le abitudini viziate entro il terzo/quarto anno di vita per prevenire alterazioni morfo-funzionali a livello dento-alveolare e/o scheletrico7. In letteratura è stata evidenziata una correzione spontanea dell’open bite anteriore dopo l’interruzione dell’abitudine viziata; tale effetto non avviene però per il cross bite posteriore e per l’overjet aumentato, che necessitano di terapie aggiuntive di tipo ortopedico-funzionale. Proffit e Fields28 sostengono che la correzione spontanea dell’open bite sia più facile nei bambini con crescita bilanciata orizzontale rispetto a quelli con tendenza alla long face. Baril e Moyers29 sostengono che la suzione deve essere interrotta tra i 4-6 anni di età perché si assista ad un miglioramento della malocclusione, mentre Levine sostiene che se tale abitudine persiste in fase di permuta dentaria ed è associata a deglutizione atipica, vi sono scarse possibilità di miglioramento spontaneo. 12
1.3.2 Respirazione orale La respirazione orale è quella condizione in cui il flusso respiratorio percorre la via orofaringea al posto di quella rinofaringea per arrivare alla laringe. È una condizione molto frequente in età pediatrica: i sintomi ostruttivi sono molto frequenti nei bambini piccoli che presentano da un lato un volume relativamente piccolo del nasofaringe, dall’altro un’elevata frequenza di infezioni respiratorie30. In età pediatrica la prevalenza di respiratori orali è molto elevata e si attesta intorno a valori del 55%31,32. Ha un’eziologia multifattoriale: può essere dovuta a un’ostruzione nasofaringea o manifestarsi come abitudine viziata. L’ostruzione nasofaringea a sua volta è provocata da cause congenite (atresia coanale, atresia delle narici, deviazione del setto nasale) o da cause acquisite (deviazione del setto nasale, esiti di fratture nasali, rinofaringiti, riniti allergiche, poliposi, sinusite cronica, adenotonsilliti croniche, rinite cronica ipertrofica, ipertrofia linfatica adenotonsillare, tumori benigni e maligni); tra le cause acquisite più frequenti ricordiamo le rinofaringiti, le riniti allergiche, e le adenotonsilliti croniche33. Il ruolo eziopatogenetico della respirazione orale nell’insorgenza di malocclusione è controverso: alcuni autori non identificano la respirazione orale come fattore eziologico di un alterato sviluppo orofacciale34; altri sostengono che l’ostruzione nasale possa indurre dei cambiamenti a livello funzionale che si ripercuotono sulla struttura scheletrica e quindi che la respirazione orale in età evolutiva possa alterare il normale pattern di crescita craniofacciale35,36. In ogni caso l’ostruzione nasofaringea provoca respirazione orale, la quale a sua volta induce posizionamento della mandibola e della lingua in basso, labbra socchiuse e minore tonicità della muscolatura facciale per facilitare il passaggio dell’aria attraverso il cavo orale; ne consegue: uno squilibrio tra muscolatura extraorale (muscolo buccinatore) e muscolatura intraorale (lingua) il quale provoca 13
a sua provoca contrazione del palato; un aumento della dimensione verticale dovuto all’ipereruzione dei denti posteriori e alla post-rotazione mandibolare36. Un’alterazione della funzione respiratoria può essere responsabile di importanti cambiamenti a livello sia sistemico che locale. Il soggetto affetto da respirazione orale presenta caratteristiche extraorali e intraorali tipiche (facies adenoidea): viso lungo e stretto per aumento dell’altezza facciale, naso piccolo e ali strette e ipotoniche, habitus astenico con accentuazione delle occhiaie, labbra incompetenti, ragadi alle commissure labiali; le caratteristiche intraorali più frequenti sono lingua bassa e protrusa, insufficiente diametro trasversale del mascellare superiore (palato alto e stretto con possibile morso crociato), aumento della divergenza scheletrica, tendenza al morso aperto, classe I, II o III seconda la tendenza di crescita del soggetto. Ad aggravare la conformazione facciale possono intervenire dismorfosi dento-maxillofacciali ereditarie, ipotono della muscolatura facciale (soprattutto dei muscoli masticatori e dell’orbicolare), abitudini viziate come la deglutizione atipica, la suzione del dito e del labbro inferiore. Tuttavia, la presenza di tali caratteristiche strutturali non è indice patognomonico della presenza di respirazione orale: è probabile che gli effetti della respirazione orale sulle strutture orofacciali dipendano dall’entità dell’ostruzione nasale e soprattutto dal pattern di crescita individuali; le caratteristiche genetiche possono rendere un individuo più o meno suscettibile ai fattori di rischio ambientali. A livello sistemico può coinvolgere tutti i distretti più importanti: a livello polmonare si ha una diminuzione degli scambi gassosi perché ai polmoni giunge un terzo della quantità d’aria che giungerebbe dal naso e una conseguente aumentata frequenza respiratoria ed ipercapnia; a livello circolatorio l’ipercapnia determina vasodilatazione ed ipertrofia del ventricolo destro; a livello renale viene aumentata la produzione di eritropoietina e quindi di globuli rossi che, aumentando la viscosità ematica, possono predisporre a patologie ostruttive; a livello del SNC l’aumento dell’anidride carbonica può determinare vasodilatazione cerebrale e predisporre a 14
problemi neurologici; è stato inoltre dimostrato che tali soggetti sono incapaci di raggiungere la fase REM del sonno e ciò sembra spiegare i frequenti atteggiamenti di debolezza, irritabilità, deficit di attenzione, svogliatezza, sonnolenza e scarsa resa scolastica; infine a livello gastrointestinale la respirazione orale interferisce con la corretta masticazione del cibo e quindi con la sua corretta digestione. Come per tutti i fattori di rischio ambientali, la diagnosi deve essere precoce in modo da normalizzare la funzione e permettere la completa espressione del pattern di crescita individuale. Jefferson37 suggerisce di diagnosticare e trattare i bambini con respirazione orale non oltre i 5 anni, in modo da contrastare gli effetti dannosi che può determinare a livello dentale, medico e sociale. I test diagnostici per riconoscere un respiratore orale consistono nell’esame rinomamometrico e nella ricerca dei riflessi di Gudin e di Glatzel. Il test di Rosenthal è utile per porre diagnosi differenziale tra veri e falsi respiratori orali. L’approccio terapeutico in tali pazienti è multidisciplinare di tipo otorinolaringoiatrico, ortodontico e logopedico. Dal punto di vista ortodontico è previsto un intervento precoce di tipo intercettivo per evitare l’aggravamento della malocclusione associata e per ristabilire quanto prima delle condizioni armoniche di sviluppo. In età infantile si tratta ortodonticamente con successo la contrazione trasversale del mascellare superiore che quasi sempre rientra nel quadro malocclusivo del respiratore orale e la cui correzione si accompagna sovente ad un miglioramento della condizione respiratoria oltre che di quella malocclusiva. 15
1.4 BABY Roma index 1.4.1 Caratteristiche generali dell’indice Il Baby Risk Of Malocclusion Assessment Index (Baby R.O.M.A. Index) è un indice per la valutazione del rischio di malocclusione nel bambino con dentatura decidua completa. Esso è stato realizzato e validato nel 2014 (Grippaudo et al.) modificando il R.O.M.A. Index, da cui ha preso nome, affinché potesse essere usato specificatamente per i bambini al di sotto dei 6 anni, in dentatura decidua completa o dentatura mista precoce. Definisce il “grado di rischio di malocclusione”, cioè il rischio che la malocclusione si sviluppi a partire da fattori di rischio rilevati o che la malocclusione peggiori in presenza di segni di malocclusione precocemente rilevati o che la malocclusione provochi problemi dentali, parodontali, e articolari. Il grado di rischio è dato dalla caratteristica più grave rilevata durante la visita del piccolo paziente38. Il Baby ROMA Index rispetta i requisiti internazionali definiti dalla World Health Organization: fornisce una scala di gradi di necessità di trattamento proporzionale alla gravità della condizione rilevata, è riproducibile, è dotato di validità interna, permette di rilevare le “deviazioni dalla norma” di un individuo in modo sensibile, e i dati raccolti mediante la sua applicazione permettono analisi statistiche. 16
Requisiti della World Health Organization Baby ROMA Index Grade SYSTEMIC PROBLEMS Maxillo-facial trauma with condylar fracture 5a Maxillo-facial trauma without condylar fracture 2a Congenital syndromes/malformations 5b Postural/orthopaedic problems 2c Medical or auxological conditions 2d Inheritance of malocclusion 2e CRANIOFACIAL PROBLEMS Facial or mandibular asymmetries 4f TMJ dysfunctions 4g Outcomes of trauma or surgery on the cranio-facial district 5j Maxillary hypoplasia/mandibular hyperplasia OVJ0 2k Maxillary hyperplasia/mandibular hypoplasia OVJ>6mm 3h Maxillary hyperplasia/mandibular hypoplasia 3mm1mm - absence of diastema 2o Open bite >4mm 3p Open bite >2mm 2p Hypodontia/hyperdontia less than 2 teeth 3q Hypodontia/hyperdontia more than 2 teeth 4q OVB >5mm 2r Poor oral hygiene 2t FUNCTIONAL PROBLEMS Parafunction 2v Thumb/finger sucking habit 2w Oral breathing/OSAS 2x NONE OF THE PROBLEMS LISTED ABOVE 1 L’indice si compone di 4 “categorie” di problemi: Problemi sistemici, Problemi craniofacciali, 17
Problemi dentali, Problemi funzionali. In ogni categoria sono elencati e raggruppati fattori di rischio per la malocclusione e segni di malocclusione sotto forma di diverse “voci”. Tra i problemi sistemici sono raggruppati: trauma maxillo-facciale importante con o senza frattura condilare, problemi posturali e ortopedici, condizioni mediche o auxologiche che possono inficiare lo sviluppo dell’apparato stomatognatico, ereditarietà della malocclusione. Tra i problemi craniofacciali si trovano: asimmetria facciale o mandibolare, disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, pregressa chirurgia del distretto craniofacciale o esiti di traumi importanti, ipoplasia mascellare o iperplasia mandibolare con overjet positivo e negativo, iperplasia mascellare o ipoplasia mandibolare con overjet>6mm oppure compreso tra 3 e 6 mm. Tra i problemi dentali si riscontrano: carie destruenti e perdita precoce dei denti decidui, scarsa igiene orale, morso a forbice, morso crociato con o senza deviazione mandibolare, affollamento severo o lieve, morso aperto di entità >4mm o >2 mm, ipodonzia o iperdonzia, morso profondo con overbite>5 mm. Tra i problemi funzionali si individuano: parafunzioni (in particolare bruxismo e serramento), abitudine al succhiamento di pollice, dita o ciuccio, respirazione orale, russamento e OSAS. Ogni singola voce dell’indice è associata a un numero e una lettera di riconoscimento. Il numero definisce il grado di rischio crescente da 1 a 5 e la necessità di trattamento stabilita dell’indice in funzione dei segni e dei fattori di rischio riscontrati. La lettera invece specifica la voce stessa in modo univoco affinché i dati raccolti possano essere utilizzati per indagini epidemiologiche. Il Baby ROMA Index infatti può essere utilizzato sia per scopi clinico-diagnostici che per scopi di screening e indagini epidemiologiche. 18
In particolare, nel definire in un individuo un certo grado di rischio e quindi una determinata necessità di trattamento, sebbene possano essere riscontrati diversi fattori di rischio e diversi segni di malocclusione, sarà la voce rilevata con il grado di rischio più elevato a definire, in quello specifico caso, il grado di rischio stesso. Dal punto di vista epidemiologico, invece, la raccolta di diverse voci in ogni singolo individuo della popolazione permette di eseguire un’indagine accurata e precisa per le differenti problematiche presenti. 19
1.4.2 Grado di rischio di malocclusione e necessità di trattamento Il numero associato a ciascuna voce dell’indice costituisce il grado di rischio di malocclusione del Baby ROMA Index. I gradi di rischio sono 5 con gravità crescente e indicano la necessità di trattamento ortodontico. Fondamentalmente il Baby ROMA Index, così come il ROMA Index, si basa sul concetto di “rischio”, ossia sulla possibilità che la malocclusione osservata nel paziente in crescita possa avere un’evoluzione peggiorativa nel tempo. Il grado di rischio di malocclusione finale del paziente viene assegnato in base alla caratteristica più grave riscontrata durante la visita. Una volta individuato il grado di rischio si stabilisce anche la necessità di trattamento che comprende la necessità di stabilire controlli periodici, valutazioni specialistiche, interventi preventivi e interventi terapeutici pedodontici, ortodontici e di altri specialisti. In particolare, il grado 1 definisce un rischio minimo o nullo (None, abbreviato con N), il grado 2 un rischio lieve, il grado 3 un rischio moderato, il grado 4 un rischio severo, e infine il grado 5 un rischio estremo. All'aumentare del punteggio aumenta la gravità, il rischio, e la necessità di trattamento. Ogni grado di rischio fornisce indicazioni sulla presenza o meno di fattori di rischio, sulla presenza di segni conclamati di malocclusione, sulla necessità di valutazione specialistica più o meno urgente, e sulla necessità di trattamento ortodontico più o meno urgente. Il grado non definisce l'indicazione terapeutica ortodontica vera e propria (quest'ultima infatti viene stabilita dopo una diagnosi accurata, rispettando le esigenze specifiche del paziente e dell’operatore). Di seguito un approfondimento sui singoli gradi di rischio. • Grado 1: il rischio è nullo, non sono presenti fattori di rischio né segni conclamati di malocclusione; non c'è necessità di valutazione specialistica né di trattamento ortodontico (nella tabella dell’indice si indica come “N”,“none of the problems listed above”, nessuno dei problemi elencati precedentemente, riferito alle altre voci dell’indice). 20
• Grado 2: il rischio è lieve, si individuano fattori di rischio esercitanti una modesta influenza sullo sviluppo craniofacciale (voci: 2a, 2c, 2d, 2e, 2o, 2t, 2v, 2w, 2x), si individuano segni conclamati di malocclusione di lieve entità (voci: 2k, 2h, 2n, 2p, 2r); sono consigliabili approfondimenti diagnostici, interventi preventivi e controlli ortodontici ravvicinati per seguire il bambino durante la crescita, eliminare i fattori ambientali corresponsabili di malocclusione e poter eventualmente intervenire nello stadio di crescita scheletrica e sviluppo della dentizione più opportuni. • Grado 3: il rischio è moderato; si osservano alterazioni non gravi dei rapporti dentali e/o scheletrici (voci: 3h, 3o, 3p, 3q), ma che possono permanere o peggiorare con la crescita. La tempestività dell’intervento ortodontico e/o ortopedico-funzionale è correlata allo stadio di crescita scheletrica. • Grado 4: il rischio di malocclusione è grande; si rilevano importanti alterazioni dello scheletro cranio-facciale e dell’occlusione indicate dalle voci 4f, 4g, 4k, 4l, 4m, 4n, 4q. Oltre alla terapia ortopedica, si rendono necessari interventi ortodontici mirati a rimuovere gli ostacoli alla crescita armonica dei mascellari dati da un’occlusione alterata. • Grado 5: il rischio è estremo. Condizioni rare determinano alterazioni craniofacciali di severa entità (voci: 5a, 5b, 5j), pertanto l’intervento consterà in un trattamento terapeutico ortopedico-ortodontico più precoce possibile con approccio multidisciplinare. 21
1.4.3 Il Baby ROMA Index e il ROMA Index Il Baby ROMA Index è stato realizzato a partire dal ROMA Index, rispondendo alla necessità di creare un indice di necessità di trattamento ortodontico che fosse specifico per i bambini di età inferiore ai 6 anni, in dentizione decidua completa o mista precoce. Il ROMA Index viene utilizzato invece in dentizione mista tardiva e in dentizione permanente (dopo i 6-7 anni di età), preferibilmente su giovani pazienti, valutando aspetti dentali, scheletrici e funzionali della malocclusione. Entrambi gli indici individuano cinque gradi di rischio di malocclusione e il grado di rischio è determinato dalla caratteristica più grave riscontrata nel paziente. Ciò che li differenzia, oltre la diversa fascia d’età cui si rivolgono, sono le caratteristiche valutate (cioè i fattori di rischio e i segni di malocclusione raccolti nelle diverse voci dei due indici) e il valore numerico a loro attribuito. In particolare, il grado attribuito alla maggior parte delle voci del Baby ROMA Index corrisponde a quello del ROMA Index; ad alcune voci tuttavia è stato assegnato un grado diverso e alcune voci sono state create ex novo nel Baby ROMA index. • Le nuove voci del Baby ROMA Index che non erano presenti nel precedente ROMA Index sono: trauma maxillo facciale con e senza frattura condilare (grado di rischio 5), e ipodonzia/iperdonzia per meno di due denti. • La voce a cui è stata attribuita un grado di rischio superiore è carie e perdita precoce di elementi decidui (grado di rischio 4 nel Baby ROMA Index anziché grado di rischio 3); si sottolinea infatti l’importanza del trattamento immediato delle lesioni cariose che potrebbero portare a perdita di spazio e alterazione di forma in arcata. • Le voci a cui sono state attribuite gradi di rischio inferiori sono problemi posturali e ortopedici, condizioni mediche e auxologiche, ereditarietà di malocclusione, ipoplasia mascellare/iperplasia mandibolare con overjet positivo, e overbite aumentato (grado di rischio 2). Di fianco la tabella del ROMA Index. 22
Nel dettaglio le differenze nelle voci del ROMA Index e del Baby ROMA Index: Problemi posturali e auxologici, ereditarietà di malocclusione: a queste voci viene assegnato nel Baby ROMA Index un grado di rischio 2, anziché 4 come nel ROMA Index, poiché la valutazione di queste condizioni è maggiormente significativa dopo i 6 anni di età; Traumi maxillo-facciali con/senza frattura condilare: entrambe queste condizioni devono essere attentamente analizzate e monitorate; la frattura condilare ha un grado di rischio 5, poiché necessita di essere diagnosticata e trattata per prevenire una crescita mandibolare asimmetrica; il trauma senza frattura condilare ha un grado di rischio 2 poiché necessita di controlli periodici; 23
Ipoplasia mascellare e/o iperplasia mandibolare (malocclusione sagittale di classe III): è stato assegnato un grado di rischio 2 e 4 a seconda dell’overjet positivo o negativo riscontrato nel paziente; Ipoplasia mandibolare e/o iperplasia mascellare (malocclusione sagittale di classe II): è stato assegnato un grado di rischio 2 e 3; l’overjet fino a 3 mm è considerato nella norma al di sotto dei 6 anni; la malocclusione sagittale di classe II viene preferibilmente trattata in corrispondenza del picco di crescita puberale; Alto o basso angolo FMA (angolo tra piano mandibolare e piano di Francoforte; discrepanza verticale scheletrica): queste condizioni vengono trattate in dentizione mista, pertanto non sono menzionate nel Baby ROMA Index; Morso crociato: è stato assegnato un grado di rischio 4 per il crossbite >2 mm con shift laterale della mandibola, e un grado di rischio 2 per il crossbite di 2 e di 4 mm; non è stato assegnato un grado di rischio maggiore poiché in questa fascia d’età l’open bite può ridursi spontaneamente utilizzando semplici apparecchi per indurre l’abbandonamento dell’abitudine viziata; Overbite > 5 mm: è stato assegnato un grado di rischio 2, invece che 3 come nel ROMA Index, poiché la dimensione verticale può cambiare con l’eruzione dei primi molari permanenti; Displacement: è stato assegnato un grado di rischio 2 e 3, invece che 4 come nel ROMA Index, poiché l’affollamento in dentizione decidua non necessita di trattamento e rappresenta un fattore di rischio per la malocclusione in dentizione permanente; Ipodonzia/iperdonzia fino a 2 denti/più di 2 denti: è stato assegnato un grado di rischio di 3 e 4; queste condizioni necessitano di accertamento radiografico; in caso 24
di compromissione della dentizione decidua nel 75% dei casi le anomalie sono presenti anche nella dentizione permanente; Carie e perdita precoce degli elementi decidui: è stato assegnato un grado di rischio 4, invece che 3 come nel ROMA Index, poiché la perdita precoce di elementi decidui può provocare riduzione dello spazio in arcata per la dentizione permanente; Anomalie della permuta: non vengono considerate nel Baby ROMA Index, indice specifico per la sola dentizione decidua. 25
1.4.4 Il confronto tra indici Gli indici presenti in letteratura sono molteplici, ed essi presentano caratteristiche diverse a seconda del loro specifico utilizzo. Il Baby ROMA Index è l’unico indice presente in letteratura realizzato esclusivamente per la valutazione delle problematiche in dentizione decidua; analogamente al Baby ROMA Index anche l’Occlusal Index (OI), sebbene non sia stato realizzato esclusivamente per la valutazione dei pazienti in età pediatrica, presenta degli score specifici per la dentizione decidua e mista, oltre che permanente. L’Index Of Orthodontic Treatment Need (IOTN), nella versione modificata e semplificata introdotta nel 2001, è utilizzato in particolare negli screening di massa come strumento epidemiologico. L’introduzione del Baby ROMA Index e del ROMA Index per la valutazione del rischio di malocclusione e per la raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici rende possibile che gli screening siano meno complessi, più semplici e rapidi. Un altro importante indice presente in letteratura è l’Indice del Ministero della Sanità Danese, il primo a introdurre il concetto di rischio correlato alla malocclusione (successivamente ripreso dal ROMA Index e dal Baby ROMA Index) per preventivare e ottimizzare tempi e spese degli interventi ortodontici supportati dall’assistenza sanitaria pubblica. L’Index Of Complexity Outcome and Need (ICON) è un indice validato non solo per stabilire la necessità di terapia ma anche per valutare l’esito della cura ortodontica; in quest’ultimo caso l’utilizzo combinato di Baby ROMA Index prima e ROMA Index poi permette di delineare un percorso di gestione del paziente che non si esaurisce nella singola osservazione39. A seguire un approfondimento sugli indici precedentemente citati che verranno analizzati in ordine cronologico. 26
INDICE AUTORE ANNO METODO Handicapping Labiolingual Deviation Draker 1960 Quantitativo (HLDI) Grade Index Scale For Assessment Salonen, Mohlin, Gotzlinger 1966 Qualitativo of Treatment Need (GISATN) Dental Aestetic Index (DAI) Cons, Jenny 1966 Quantitativo Treatment Priority Index (TPI) Grainger 1967 Quantitativo Handicapping Malocclusion Salzmann 1971 Quantitativo Assessment Record (HMAR) Occlusal Index (OI) Summers 1971 Quantitativo Index of Orthodontic Treatment Brook, Shaw 1989 Quantitativo Need (IOTN) Memorandum of Orthodontic Screening and Indications for Danish National Board of Health 1990 Qualitativo Orthodontic Treatment Need for Orthodontic Treatment Espeland, Ivarson, Stenvik 1992 Quantitativo Index (NOTI) Risk Of Malocclusion Assessment Deli, Grippaudo, Russo, Galeotti 1995 Quantitativo Index (ROMA index) Index of Complexity, Outcome and Daniels, Richmond 2000 Quantitativo Need (ICON) Baby Risk Of Malocclusion Assessment Index (Baby ROMA Grippaudo, Paolantonio 2014 Quantitativo Index) 27
Occlusal Index (OI) -Fu realizzato da Summers nel 1971. È un indice completo riguardo le caratteristiche occlusali misurate (relazione molare, overjet, overbite, crossbite, openbite, diastema, deviazione della linea mediana, affollamento attuale o potenziale, agenesie); identifica sette gradi di severità della malocclusione con l’assegnazione di score specifici per la dentizione decidua, mista e permanente. Il limite di questo indice è quello di non individuare direttamente problematiche scheletriche o funzionali, ma di individuare esclusivamente i loro effetti sulla dentatura. Mancano infatti voci specifiche per le problematiche scheletriche e funzionali. Index Of Orthodontic Treatment Need (IOTN) -Venne realizzato nel 1989 da Brook e Shaw. È costituito da due componenti, l’Aestetic Component (AC) e la Dental Health Component (DHC), per la valutazione rispettivamente estetica e dento- occlusale. L’AC è costituita da dieci fotografie selezionate per indicare l’attrattiva dentale, se messe a confronto con il sorriso del soggetto esaminato. La DHC analizza una serie di caratteristiche occlusali raccolte nell’acronimo MOCDO (Missing, Overjet, Crossbite, Displacement, Overbite) e identifica cinque gradi di gravità di malocclusione nella prima versione realizzata. Nel 2001 è stata introdotta una versione semplificata della DHC che prevede soltanto due gradi di gravità, a seconda che ci sia o meno la necessità di trattamento. Lo IOTN è uno degli indici più utilizzati per lo screening di massa. Indice del ministero della sanità danese- Venne realizzato nel 1990 con l’intento di realizzare uno strumento di screening per individuare i pazienti con necessità di trattamento ortodontico ai quali il sistema sanitario nazionale avrebbe finanziato la terapia. È il primo indice che introduce il concetto di rischio correlato alla malocclusione, identificando la necessità di trattamento ortodontico attraverso un “codice di rischio”. È costituito da due parti: la prima analizza le problematiche dento-occlusali in relazione al rischio che esse provochino danni dentali, 28
parodontali, articolari, stress psicosociale, e sequele tardive; la seconda stabilisce la necessità di trattamento ortodontico per le diverse malocclusioni per mezzo di un codice di rischio. Questo indice è di tipo qualitativo, diversamente dagli altri indici citati che sono tutti indici quantitativi; non si utilizza un punteggio per indicare la gravità della malocclusione e stabilire la necessità di trattamento, che viene invece codificata dal codice di rischio. Index Of Complexity Outcome and Need (ICON) – Venne realizzato nel 2000 da Daniels e Richmond con l’intento di creare un indice che permettesse di valutare la necessità di trattamento ortodontico e il miglioramento dopo la terapia. La validazione di questo indice è stata eseguita da 97 ortodontisti esperti in tutto il mondo. Il calcolo del punteggio, per stabilire la necessità di trattamento e l’esito dopo la terapia, prevede di moltiplicare il valore assegnato alle caratteristiche occlusali per una costante; gli autori hanno stabilito un punteggio di cut-off diverso per la necessità di trattamento e per la valutazione dell’esito dopo la terapia. 29
1.4.5 Tabelle per la “valutazione del rischio di malocclusione” e per la “raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici” – una versione semplificata degli indici Baby ROMA e ROMA Gli indici di necessità di trattamento ortodontico vengono utilizzati per diversi scopi: eseguire screening di massa della popolazione, realizzare studi epidemiologici e indagini scientifiche, oppure individuare la priorità di trattamento nelle strutture sanitarie con elevata richiesta di intervento in cui il Sistema Sanitario Nazionale o le Assicurazioni private rimborsino i costi di terapia. La realizzazione di indagini epidemiologiche e l’individuazione della priorità di trattamento è riservata a personale specializzato e calibrato nell’utilizzo dell’indice, così da rendere precisa e ripetibile la raccolta dati. Tale personale specializzato è costituito da odontoiatri generici, ortodontisti, e pedodontisti, che vengono appositamente formati e calibrati per garantire la riproducibilità dei risultati e ridurre al minimo la variabilità intraoperatore e interoperatore nella valutazione del paziente con l’utilizzo dell’indice. Inoltre, nelle indagini epidemiologiche un requisito indispensabile è la precisione e il dettaglio delle informazioni raccolte, e la possibilità di elaborare i dati con analisi statistiche descrittive o inferenziali; pertanto nell’ambito dei progetti di ricerca e delle indagini epidemiologiche è richiesto l’utilizzo degli indici per maggiore precisione e completezza d’informazione. Nella realizzazione di screening di massa, invece, i requisiti più importanti sono semplicità, rapidità di esecuzione, e brevi tempi di apprendimento. A tale scopo sono state realizzate le tabelle per la “valutazione del rischio di malocclusione” e per la “raccomandazione di interventi preventivi ortodontici e terapeutici” come versione semplificata degli indici Baby ROMA e ROMA. Queste tabelle possono essere utilizzate da personale specializzato e non, ma comunque formato e calibrato; forniscono una guida per individuare i fattori di rischio e i segni precoci di malocclusione, per stabilire il grado di rischio correlato alla malocclusione (basso, moderato, alto), la necessità di trattamento ortodontico, gli interventi preventivi e 30
terapeutici raccomandati, e il timing di controllo. Le tabelle sono divise per fasce di età (al di sotto dei sei anni, e al di sopra dei sei anni fino al termine della permuta dentaria), poiché i fattori di rischio, i segni precoci di malocclusione e le malocclusioni già manifeste hanno un peso differente a seconda della fase di crescita del bambino. Per la realizzazione delle tabelle sono stati utilizzati il Baby ROMA Index, il ROMA Index e le “Linee Guida Nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva” (Ministero della Salute, Novembre 2013). In particolare, la tabella di valutazione del rischio analizza fattori funzionali, occlusali, dentali e protettivi per determinare il rischio stesso di malocclusione, ricalcando l’organizzazione della tabella di rischio di carie presente nelle Linee Guida Nazionali. La tabella di valutazione del rischio di malocclusione permette di definire il rischio come basso, moderato o alto; la tabella di raccomandazione di interventi ortodontici preventivi e terapeutici, invece, stabilisce il timing di controllo e gli interventi ortodontici consigliati, sulla base del grado di rischio precedentemente stabilito. Il protocollo di utilizzo di queste tabelle prevede pertanto di eseguire prima la valutazione del rischio, e poi la valutazione degli interventi preventivi e terapeutici indicati; in questo modo si viene a delineare un vero e proprio percorso di gestione del paziente. Come affermato precedentemente queste tabelle possono essere utilizzate da personale specializzato e non (odontoiatra generico, pedodontista, ortodontista, pediatra, medico generico) rappresentando un supporto clinico diagnostico e terapeutico. Sono state studiate e realizzate come strumento di screening, e rappresentano anche uno strumento motivazionale che può essere fornito ai genitori dei piccoli pazienti. Inoltre, rappresentano una proposta innovativa di integrazione delle Linee Guida Nazionali, riguardo il concetto di “prevenzione della malocclusione”. 31
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1.5 Scopo della ricerca In letteratura sono presenti molti studi sull’associazione tra abitudini viziate, respirazione orale e malocclusione; tuttavia spesso sono presenti risultati contrastanti. È nostra intenzione verificare l’esistenza di tale correlazione su un campione ampio di bambini in età prescolare, in modo da poter fornire protocolli e linee guida per la prevenzione e la terapia precoce dei suddetti problemi. Obiettivo dello studio è di utilizzare il Baby ROMA index38 per valutare nei bambini con età compresa tra 3-6 anni, la prevalenza di abitudini viziate e respirazione orale e la loro associazione con: • Età, sesso e città di appartenenza • Grado di malocclusione • Overjet aumentato, overjet diminuito, affollamento, open bite, cross bite 33
2. Materiali e metodi 2.1 Caratteristiche dello studio e del campione È uno studio osservazionale di tipo trasversale. Sono stati analizzati 1616 bambini, 808 maschi e 808 femmine, nelle città di Roma (n= 1248), Vicenza (n= 253), Messina (n= 76) e Milano (n=28). Sono stati inclusi solo bambini con età compresa tra 3-6 anni (età media 4,7 anni con ds=0,9) e con dentizione decidua completa o mista precoce. Sono stati esclusi i bambini assenti nel giorno in cui sono state effettuate le visite o i cui genitori non avevano fornito il consenso. 2.2 Raccolta dei dati L’indagine epidemiologica è stata realizzata tra settembre 2017 e aprile 2018. Per la raccolta dati sono stati utilizzati Baby ROMA index, formula dentaria, dmft e ICDAS II. Le visite sono state realizzate all’interno delle aule scolastiche, da parte di operatori calibrati. La calibrazione all’utilizzo del Baby ROMA index è stata effettuata mediante lezioni teoriche, tenute da due istruttori esperti (Prof.ssa Grippaudo Cristina e Dott.ssa Paolantonio Ester Giulia), ed esercitazioni pratiche. La riproducibilità intra- operatore ed inter-operatore è stata analizzata per mezzo del test K. La riproducibilità intra-operatore è stata valutata confrontando i dati raccolti da uno stesso esaminatore, in momenti differenti, su un gruppo di 20 bambini. Gli stessi 20 bambini sono stati nuovamente esaminati, da un diverso operatore, per determinare la riproducibilità inter-operatore. Il test K ha riportato una correlazione 34
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