Open Space giovani attori di trasformazione sociale - Progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della Legge ...
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Open Space giovani attori di trasformazione sociale Progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della Legge 383/2000, lettera f), articolo 12, c.3 – direttiva 2016.
Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito del progetto “Open Space: giovani attori di trasformazione sociale”, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della Legge 383/2000, lettera f), articolo 12, c.3 – direttiva 2016. Il progetto è stato realizzato da luglio 2017 a gennaio 2019, grazie al lavoro di: Tommaso Iori, responsabile nazionale del progetto Silvia Saccomanno Ammendola, cabina di regia/coordinatrice nazionale del progetto Marta Giammaria e Daniela Rossi, responsabili relazioni istituzionali Tommaso Dorati, cabina di regia Gian Nicola Acinapura, responsabile rendicontazione Ivano Maiorella, responsabile comunicazione Paola Palombo, segreteria organizzativa Antonella Pusceddu, segreteria amministrativa Sara Ceci e Massimo Davi, progettazione esecutiva Cles Srl (Daniela Pieri, Cristina Oteri, Fiorentino A. Pietrosanto), valutazione del progetto Si ringraziano per il prezioso contributo al progetto: i coordinatori locali e gli operatori sportivi, gli enti locali, le associazioni e cooperative sociali, le scuole, le ragazze e i ragazzi partecipanti al progetto, i Comitati territoriali Uisp di: Ciriè–Settimo–Chivasso, Verona, Parma, Empoli Valdelsa, Orvieto–Medio Tevere, Monterotondo, Manfredonia, Matera, Crotone, Palermo. Redazione e cura editoriale: Contributi di: Tommaso Iori e Silvia Saccomanno Ammendola Tommaso Iori e Silvia Saccomanno, Correzione bozze: Pasquale Bonasora, Fabio Colombo, Sara Ceci, Paola Palombo, Coordinatori locali Uisp Silvia Saccomanno Ammendola Foto di: Ideazione logo: Silvia Mignatti Comitati territoriali Uisp Progetto grafico e impaginazione: Mario Breda
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open space Giovani attori ri di trasformazione tr ra fo sociale 5 SE IL PAESE REALE È CAPACE DI SOGNARE... di Tommaso Iori e Silvia Saccomanno A. Scrivere un progetto sociale è come immaginare l’Ita- alla messa in discussione di prassi consolidate date inter- inte lia nella quale vorremmo vivere. Si parte dalla situa- ne all’associazione e alle sue articolazioni territoriali,i zione data e si mette in moto la creatività, cercando e nei rapporti tra le stesse e la pubblica amministra- di proiettare in un futuro auspicabile aspettative e zione. desideri, idee e soluzioni dei problemi, una visione del Il progetto Open Space – finanziato dal Ministero del mondo e dei rapporti tra le persone. Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della legge n. Realizzarlo, quel progetto, al contrario è un viaggio 383/2000, lettera F, articolo 12, c.3–direttiva 2016 nell’Italia reale, con i suoi problemi, le sue enormi po- – si è rivelato quindi una sorta di banco di prova per tenzialità spesso inespresse, le profonde differenze misurare da un lato la capacità dell’associazionismo che dividono non solo le grandi aree geografiche, ma sportivo di integrare lo sport con nuovi modelli di anche una città dall’altra e non raramente i diversi coinvolgimento e attivazione dei giovani e – tramite il luoghi all’interno delle città stesse. loro protagonismo e la valorizzazione delle loro com- Open Space è stato un lungo e bellissimo viaggio petenze – il ripensamento degli spazi urbani, dall’al- nell’Italia e nella Uisp, nell’anno delle celebrazioni del tro per verificare la possibilità di creare rapporti nuovi suo Settantesimo (1948–2018). Da Nord a Sud, dai con l’ente pubblico, cercando di stimolare processi di centri urbani ai territori più periferici della provincia innovazione amministrativa. Obiettivo principale: la italiana, dieci Comitati territoriali dell’Uisp si sono riappropriazione degli spazi urbani da parte dei citta- messi in gioco per realizzare un progetto che si pone- dini e la costruzione di legami più saldi dentro le co- va obiettivi ambiziosi, e non solo in termini di impatto munità e tra queste e gli spazi della città, soprattutto sulla società: era infatti fin da subito evidente che il lì dove il degrado delle strutture e la carenza di luoghi buon esito del progetto sarebbe stato condizionato di aggregazione contribuisce a generare marginalità,
6 inattività, frantumazione delle relazioni sociali. di un partenariato che ha garantito la prosecuzione Il progetto si è fondato sull’idea che la strada, il parco, del progetto nell’ambito di Matera Capitale Europea la piazza siano “beni comuni”, e che lo siano non in della Cultura 2019; il coinvolgimento di tanti ragazzi quanto tali ma come esito di un processo, che parte richiedenti asilo nelle attività del Comitato di Manfre- dalla rivendicazione di un diritto e arriva a forme di donia (FG); la riprogettazione e riqualificazione di un gestione condivisa e di partecipazione democratica. parco pubblico a Monterotondo (RM), che ora acco- Lo sport sociale e per tutti, quindi, è stato immagina- glie un campetto da calcio e un campo da basket con to come uno dei possibili inneschi di questi processi, strutture e canestri rimessi a nuovo; la collaborazio- che diventano da un lato “scuole” per valorizzare e ne virtuosa tra il Comitato di Parma e quattro Centri promuovere saperi e competenze di cui ogni cittadi- Giovani, due cooperative sociali e una scuola media, no è portatore, dall’altro “palestre” di educazione alla collaborazione che di certo non si chiuderà finito il cittadinanza attiva. progetto; e tanti altri piccoli e grandi risultati di rea- I giovani attivi nel progetto Open Space sono stati le trasformazione sociale, a dare valore e significato centinaia, e tantissimi gli eventi, i corsi, i momenti alla valutazione del progetto. di formazione organizzati dai dieci Comitati territo- Open Space è stato un progetto realmente “generati- riali Uisp coinvolti: ma gli esiti più significativi non si vo”: per i processi che ha avviato e per gli esiti rag- possono spiegare con i semplici numeri. Sono le as- giunti, in diversi casi riuscirà a superare il principale sociazioni sportive nate a Ciriè (TO) e a Empoli (FI) problema che ogni progetto ha in sé, ovvero l’essere dall’auto–organizzazione dei ragazzi; l’impegno delle una sorta di parentesi all’interno della continuità amministrazioni di Empoli e Legnago (VR) a rigenera- d’azione di un soggetto associativo. Spesso è così, è re due parchi cittadini grazie alla progettazione par- innegabile: un progetto inizia, si realizza, si conclu- tecipata e al coinvolgimento attivo dei giovani skater; de, e il giorno dopo non rimane nulla, né sul territo- l’entusiasmo creato a Crotone intorno alla possibile rio, né nella comunità, né tanto meno nel “patrimonio riqualificazione e gestione condivisa di una struttura genetico” associativo. In alcuni casi sarà così anche cittadina; le relazioni instaurate con un istituto sco- questa volta: non ovunque, infatti, è scattata quell’al- lastico del quartiere Albergheria di Palermo; l’avvio chimia tra intraprendenza associativa, sensibilità po-
8 litica, maturità della pubblica amministrazione e com- petenze di comunità, un’alchimia che rappresenta la conditio sine qua non per la trasformazione sociale. È sufficiente che venga meno anche solo uno di questi fattori, e il processo non parte, o si avvia a fatica e tro- va tanti ostacoli sul suo cammino. Ma è altrettanto vero che ogni processo, per defini- zione, è una sorta di “allenamento in corsa”: si può partire anche senza una condizione di forma ottimale, o senza grandi abilità, ma se si corre con impegno e dedizione, passo dopo passo si migliora e si impara. Così è stato nella maggior parte dei territori coinvolti nel progetto Open Space: pur partendo senza espe- rienze pregresse nel campo della rigenerazione urba- na e della cura condivisa dei beni comuni, pur fatican- do a identificare e coinvolgere un target, i cosiddetti NEET, sfuggente non solo alle definizioni sociologiche – come ci spiega bene Fabio Colombo nel suo interven- to – ma anche all’inclusione nei percorsi di parteci- pazione e attivazione sociale, pur di fronte a ammini- strazioni comunali non sempre in grado di cogliere il potenziale di questo tipo di progettualità, dirigenti e operatori Uisp si sono messi in gioco e hanno cercato di costruire reti, sviluppare sinergie inedite, attivare risorse sociali inespresse e fino a lì forse addirittura
open space Giovani attori di trasformazione sociale 9 sconosciute, nel contesto associativo. È su questo terreno che si sviluppa il rapporto tra sport e beni comuni: un terreno nel quale, come ci spiegano gli amici di LABSUS – Laboratorio per la sussidiarietà, il principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale prende vita nella forma di un’alleanza, di “una relazio- ne di condivisione attraverso cui i cittadini non rappre- sentano più il terminale dell’intervento pubblico, ma divengono soggetti corresponsabili nella definizione di quello che è l’interesse generale”. La Uisp associa- zione di promozione sociale nello sport, con lo sport, a questa responsabilità non si vuole sottrarre: sul campo mette le proprie competenze, il proprio radica- mento territoriale, settant’anni di storia nel vivo della società italiana, certamente, ma soprattutto la voglia di imparare dagli altri e insieme agli altri, e il desiderio di essere, oggi e nel futuro, soggetto attivo di trasfor- mazione sociale. Tommaso Iori Responsabile nazionale Uisp Politiche per l’impiantistica e i beni comuni Silvia Saccomanno Coordinatrice del progetto Open Space
OPEN SPACE BENI COMUNI 11 LO SPORT PER TUTTI IN UNA CITTÀ CONDIVISA di Pasquale Bonasora Una mano tremante che accende la fiaccola olimpica, sportiva può rappresentare un valore capace di pro- un’immagine di fragilità e forza, un’immagine che rac- muovere socialità, senso di comunità, appartenenza chiude l’essenza, i principi, i valori della pratica spor- e, quindi, cittadinanza e democrazia. tiva pur non raccontando, anzi forse proprio per que- In questo lo sport, oltre che assurgere a bene comune sto, nessuna epica impresa. Siamo ad Atlanta, è il 19 in sé, diviene campo di educazione per la comunità luglio del 1996, alla cerimonia di apertura dei giochi e contesto di apprendimento del valore della cittadi- olimpici. La nuotatrice americana Janet Evans affida nanza attraverso la cura dei beni comuni. il fuoco di Olimpia a Muhammad Alì che, con il corpo Come? A partire dal 2001 nella nostra Carta costitu- segnato e tremolante a causa del morbo di Parkinson, zionale è inserito il principio di sussidiarietà orizzon- con evidente fatica accende il braciere olimpico che tale che “cambia alla radice il rapporto tra amministra- brucerà per l’intera Olimpiade. zioni e cittadini, impostando i rapporti fra questi due Ad accompagnare, quasi a sostenere Alì in quel ge- poli da sempre in conflitto in termini di collaborazione sto, le persone di tutto il mondo. Una intera comunità nell’interesse generale, consentendo in determinati commossa da quell’uomo incapace di arrendersi alla casi di superare la contrapposizione pubblico–priva- malattia che lo stava consumando. to1”. Lo Stato e il mercato, oggi, da soli non riescono Su quel podio abbiamo imparato come lo sport possa a trovare risposte al grande tema del nostro tempo: tempo essere una palestra di vita in cui forza e debolezza, la lotta alle diseguaglianze che alimentano limentano le nostre fragilità e vigore sono indissolubilmente legati. insicurezze e le nostre paure.. La dicotomia mia pubblico– Oggi viviamo un’epoca caratterizzata da una forte privato e il “paradigma bipolare” ipolare” – che concep concepisce il crisi di identità, ci scopriamo tutti più vulnerabili, rapporto tra questi duee poli soloo come contrapposti c e insicuri, fragili. In questo contesto, allora, la pratica confliggenti – espone ne i beni beni comuni comu al rischio di usi 1 – G. Arena, Cittadini attivi, Editori Laterza
12 egoistici e speculativi, provocando un impoverimento posta è una modalità di governo policentrica in cui, degli stessi e quindi della comunità che, al contrario, più che su una divisione del lavoro tra istituzioni e so- attraverso il “paradigma sussidiario” può assume- cietà civile, si fa leva sulla capacità di “fare squadra”, re un ruolo determinante nella rigenerazione di quei proprio come avviene nello sport. beni che appartengono a tutti e di cui tutti devono L’applicazione del principio di sussidiarietà, attraver- prendersi cura. La sussidiarietà orizzontale deve es- so il modello dell’amministrazione condivisa, favori- sere intesa come una alleanza, una relazione di con- sce la creazione di inedite alleanze e reti tra cittadini divisione attraverso cui i cittadini non rappresentano e istituzioni, in quanto entrambi legittimati dalla Co- più il terminale dell’intervento pubblico ma divengono stituzione a perseguire l’interesse generale. Attraver- soggetti corresponsabili nella definizione di quello so questa chiave di lettura la sussidiarietà orizzon- che è l’interesse generale. tale innesca, quasi naturalmente, innovativi processi Il cambiamento provocato dal principio costituziona- relazionali tra tutti quei soggetti considerati non più le non è un diverso equilibrio tra intervento statale e utenti passivi ma portatori di risorse, secondo le loro intervento privato, ma un cambiamento dello status possibilità. degli attori e delle loro relazioni. Quella che viene pro- Su queste basi si stanno attivando in tutto il nostro
open space beni comuni 13 Paese comunità di pratiche auto–organizzate che propria città, con il consenso della Soprintendenza trasformano luoghi abbandonati, spazi in cui prevale dei beni architettonici in quanto bene sottoposto a il degrado, immobili in disuso come caserme dismes- vincolo; che associazioni rappresentative di famiglie se, ex scuole, opifici industriali chiusi, in esperienze con persone disabili, in una logica di collaborazione di rigenerazione sociale prima ancora che urbana. sussidiaria, si impegnino sul tema del miglioramen- Il Patto di collaborazione diventa così lo strumento to dell’accessibilità urbana per garantire la fruizio- ideale per condividere risorse e responsabilità, es- ne della città ad ogni tipo di utenza; che le azioni di sendo l’unico atto della pubblica amministrazione rigenerazione di un parco servano a promuovere la capace di mettere sullo stesso piano amministratori cultura della reciprocità tra nuovi e vecchi abitanti di e cittadini sulla base del principio di sussidiarietà. E un quartiere. Tra giovani, anziani e adulti, tra italiani così nascono idee, progetti, forme di collaborazione, e stranieri. Chi critica questa impostazione immagina relazioni tra cittadini e istituzioni che, all’interno dello i Patti di collaborazione, da un lato, come strumenti schema bipolare tradizionale, nessuno riusciva nem- che trasformano i cittadini in semplici manutentori meno ad immaginare. Accade che un’associazione dei beni pubblici, dall’altro come un mezzo per limi- proponga di prendersi cura della cinta muraria della tare sempre più gli spazi di democrazia a favore di un rapporto diretto, senza intermediazioni, con chi eser- cita il potere. Sono gli effetti dei Patti di collaborazio- ne a smentire queste critiche. Perché la cura dei beni comuni produce capitale sociale cioè relazioni, clima di fiducia, senso di solidarietà, appartenenza ad una comunità, indispensabili per costruire una pubblica amministrazione al passo con i tempi. Il rapporto con i cittadini, anche singoli, dà nuova linfa ai corpi intermedi e integra l’azione ne pubblica ca di governo, non solo a livello locale. L’azione zione sussidiaria susssidiaria ddimens dei cittadini, infatti, opera anche in una dimensione
14 sovra–locale, capace com’è di influenzare, su più li- tività umana che si fonda su valori sociali, educativi e velli, la pubblica amministrazione. La sussidiarietà culturali essenziali nonché un fattore di inserimento, orizzontale, cioè la possibilità per i cittadini, le impre- di partecipazione alla vita sociale, di tolleranza, di ac- se, il terzo settore di occuparsi di interesse generale, cettazione delle differenze e di rispetto delle regole”2. qualifica anche la sussidiarietà verticale, cioè la sud- Lo sport è inteso non solo come bene comune in sé, divisione delle competenze tra le diverse articolazio- ma come una pratica generativa di altri beni comu- ni dello Stato. ni. Se Nelson Mandela lo vede come uno strumento Sullo sfondo resta centrale il tema del potere e dei rivoluzionario capace di portare speranza, nella defi- suoi equilibri. Siamo chiamati tutti a cambiare, modi- nizione che viene assunta dall’Unione Europea quella ficare l’immagine che abbiamo del potere che deriva speranza si traduce in impegni concreti affidati non dal ruolo esercitato da ognuno all’interno della comu- solo ad ogni Stato membro ma all’intera comunità in- nità, non solo pubblico dunque: rinunciare al potere ternazionale. espressione dell’autorità, della forza, dell’imposizio- Promuovere la pratica sportiva diviene, così, attività ne in favore di uno più grande, quello della condivisio- di interesse generale e come tale affidata alla cura di ne delle scelte e delle responsabilità. ogni persona che, attraverso di essa, condivide e spe- La riflessione sul potere e i suoi significati non può rimenta valori sociali, educativi e culturali. che richiamare una nota citazione di Nelson Mandela: Lo “sport per tutti” diviene fattore di inserimento, in “lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il pote- particolare per le persone svantaggiate, con un du- re di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in plice significato. Diffondere la pratica sportiva pres- un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani so quelle categorie sociali che non lo praticano, ma in una lingua che comprendono. Lo sport può portare anche promuovere l’inclusione di persone a rischio di speranza dove una volta c’era solo disperazione”. Non emarginazione. penso ci siano parole migliori per esprimere il valore profondo del rapporto, a prima vista forzato, tra isti- 2 – Conclusioni del Consiglio europeo di Nizza del 7, 8 e 9 dicem- bre 2000, allegato IV, dichiarazione relativa alle caratteristiche tuzioni, comunità, beni comuni e pratica sportiva. La specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa ripreso stessa Unione Europea definisce lo sport come “un’at- nel Libro bianco sullo sport del 2007
open space beni comuni 15 Possiamo provare a leggere questo principio con le del gruppo “Forever Ultras 1974” che, in un immobile lenti della sussidiarietà orizzontale attraverso due di proprietà pubblica, ha realizzato un archivio sulla esperienze, due Patti di collaborazione. storia del tifo della squadra di calcio del “Bologna F.C. Il primo è il progetto “MuoviSpilla”, una metropolitana 1909” e soprattutto ha curato l’allestimento di una urbana pedonale realizzata presso il comune di Spi- sala per attività laboratoriali per bambini e ragazzi, lamberto, in provincia di Modena, con nove stazioni, compresi tra i 3 e i 14 anni, finalizzate a sensibilizza- lunga quasi sei chilometri. Un treno umano che ha i re i giovani sul tema del tifo corretto e creativo strut- suoi orari e le sue stazioni di partenza, salita, discesa turate in moduli cognitivi, espressivi, grafico–pittorici e arrivo. Per ogni stazione sono state installate anche e attività ludico–sportive attraverso la creazione di delle tabelle complete di orari e percorsi. L’obiettivo è una palestra popolare. quello di aiutare le persone a migliorare il proprio sta- Nei due Patti di collaborazione presi in esame emer- to di salute attraverso l’esercizio fisico lento, breve e ge un altro dei principi fissati dall’Unione Europea: la frequente ispirandosi alle indicazioni dell’Organizza- partecipazione alla vita sociale. zione Mondiale della Sanità. Per consolidare il proget- Nel progetto “MuoviSpilla” con la creazione di gruppi to è stato sottoscritto un Patto di collaborazione tra di cammino, oltre che favorire l’attività motoria, viene l’amministrazione comunale e l’AVIS, incrociando due promossa una migliore vivibilità attraverso la valoriz- esigenze solo apparentemente distanti tra loro ma zazione del contesto urbano e il livello di sicurezza che, invece, rappresentano una delle peculiarità di percepito. Il Patto dell’associazione “A Skeggia”, inve- ogni buon Patto: individuare forme innovative e crea- ce, prevede incontri, proiezioni, presentazione di libri tive di cura e tutela dell’interesse generale attraverso o altre opere aperte alla cittadinanza e finalizzate a l’autonoma iniziativa dei cittadini. In questo specifico diffondere e valorizzare la cultura bolognese; pulizia caso abbiamo la cura della salute dei cittadini attra- e rigenerazione degli spazi e delle aree verdi; attività verso la creazione di gruppi di cammino con l’intento rivolte agli anziani, in particolare, attività ricreative di promuovere l’attività motoria. e un servizio, svolto da un infermiere professionale Il secondo Patto di collaborazione è quello sottoscritto con la collaborazione di operatori socio–sanitari e vo- dall’associazione bolognese “A Skeggia”, espressione lontari, di controllo gratuito della pressione arteriosa;
16 interventi di cura e pulizia integrativa delle aree che te. Qual è il confine, allora, tra la pratica sportiva e prevedono il coinvolgimento dei residenti e sensibiliz- la costruzione di socialità? Meglio ancora, esiste zazione della cittadinanza al rispetto delle disposi- quel limite? Una concezione moderna del concetto zioni relative alla corretta fruizione delle aree urbane di cittadinanza non può essere centrata ancora sulla circostanti. distinzione tra ciò che è dentro (il confine) e quello La rigenerazione e la cura dei luoghi affidata alla co- che ne resta fuori. Le città e i paesi diventano il luogo munità estende, fino quasi a forzarli, i confini della ideale dove sperimentare politiche di inclusione, dove pratica sportiva. Il principio lo “sport per tutti” può provare a sconfiggere, attraverso la leva della fiducia, essere, in questo senso inteso, come la “città per tut- la paura del diverso per scoprire che le differenze co- ti”, laddove il contesto urbano diviene lo spazio dove stituiscono una ricchezza. esercitare non solo il diritto allo sport ma, attraverso Alla luce di queste riflessioni il rapporto tra istituzioni, la pratica sportiva, anche lo spazio di attivazione dei comunità, spazi da rigenerare e luoghi per l’esercizio processi, delle relazioni, dei percorsi di inclusione e della pratica sportiva può essere letto sotto una luce partecipazione. completamente nuova. A partire da una prima consi- Tolleranza e accettazione delle differenze costitu- derazione: non stiamo parlando, almeno non solo, di iscono un altro essenziale punto di contatto tra lo impiantistica sportiva. sport e le attività di cura dei beni comuni. Emblema- Se il rapporto tra cura dei beni comuni e pratica spor- tico da questo punto di vista il Patto di collaborazione tiva è rappresentato da una idea nuova dello spazio che l’Associazione Sportiva Dilettantistica “Polispor- urbano, diventa essenziale riconoscere piena legitti- tiva Collestatte” ha proposto al Comune di Terni per mità a tutte quelle pratiche informali che esprimono la realizzazione di un progetto denominato “Talenti e un diverso “diritto alla città” attraverso esperienze Competenze per l’aggregazione sociale”, che ha come che ne stanno modificando in maniera profonda e obiettivo la realizzazione di iniziative ed azioni volte non prevedibile le forme, i valori, gli usi. a promuovere la cultura della solidarietà, del mutuo Secondo quali principi? Innanzitutto attraverso soccorso e dei beni comuni con l’intento di aiutare la un lavoro di mappatura delle risorse spaziali e comunità di Collestatte (TR) e il territorio circostan- delle risorse immateriali delle nostre città: reti,
open space Giovani attori di trasformazione sociale 17 superino la logica dell’amministrazione pubblica in- tesa semplicemente come soggetto gestore. L’ammi- nistrazione locale, quale livello di governo più vicino al cittadino, è l’ideale luogo di applicazione di questo innovativo modello relazionale che, rispetto a pro- blemi cui l’amministrazione non riesce a rispondere da sola, consente di moltiplicare le risorse alleando- si con i cittadini. Amministrare, oggi, un ente locale anche di piccole dimensioni è un’esperienza molto complessa. Le continue innovazioni normative e i crescenti limiti imposti dalla gestione delle finanze pubbliche mettono a dura prova le capacità di chiun- que, politici o funzionari, spesso frustrati e impotenti di fronte alle crescenti aspettative e richieste di cit- tadini e attori chiave del territorio. Di fronte a que- sto scenario non regge l’impostazione bipolare che immagina il rapporto tra istituzioni e società solo in termini di contrapposizione; la nuova frontiera della pubblica amministrazione sta, allora, nell’incrociare competenze, saperi capaci di costruire progettualità politiche partecipative e principio di sussidiarietà at- condivise sul patrimonio pubblico non a partire dal traverso un lavoro di rete capace di favorire l’assun- valore economico ma dal valore d’uso, dal valore rela- zione di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti in zionale, dal valore generativo degli spazi. nome dell’interesse generale. Questa combinazione Il secondo elemento essenziale è rappresentato dal- produce effetti innovativi sul modello amministrativo la necessità di costruire processi collaborativi e non tali da moltiplicare le risorse disponibili e di generar- competitivi che, mettendo al centro il valore d’uso, ne sempre nuove.
18 Il terzo principio è rappresentato dalla coprogettazio- disposti a riconoscere alla pratica sportiva un valore ne: l’ambito in cui il principio di sussidiarietà orizzon- educativo, culturale, relazionale, esso deve assume- tale prende vita attraverso il confronto e la costru- re sempre più centralità nella pianificazione e nella zione condivisa dei processi tra amministrazione programmazione delle amministrazioni pubbliche. pubblica e cittadini attivi. Ancora una volta lungimirante la scelta del Comune di Il Patto di collaborazione è quell’atto che ha alla base Bologna che ha deciso di dotarsi di un piano strategi- questi tre elementi, l’unico che preveda la definizione co per le politiche sportive con il documento “Bologna condivisa dell’interesse generale tutelato attraverso per lo sport 2018–2021”3. la cura di un bene comune specifico. Non è semplice- Il Patto di collaborazione diventa, in questo percorso, mente un atto burocratico attraverso il quale affidare lo strumento per costruire una pianificazione che non un bene, ma è quell’istituto giuridico in cui viene san- sia calata dall’alto ma che emerga in maniera natura- cita la collaborazione tra cittadini e istituzioni. le da processi e percorsi condivisi. Sempre che il Pat- Se lo “sport per tutti” è anche inclusione, costruzio- to sia caratterizzato da alcuni elementi essenziali: ne di legami, produzione di capitale sociale, se siamo 3–http://www.bolognaperlosport.it/wp–content/uploads/2018/01/ Piano–strategico–per–lo–sport–2018.pdf
open space Giovani attori di trasformazione sociale 19 1. I soggetti che lo sottoscrivono. Per quanto riguarda Una delle peculiarità del Patto di collaborazione sta l’ambito istituzionale, con la distinzione tra attività nella sua capacità di coinvolgere soggetti, anche di indirizzo politico e attività gestionale, è preferibile singoli, generalmente distanti dalle classiche reti che a firmare il Patto di collaborazione in rappresen- associative, abitanti interessati esclusivamente alle tanza dell’ente sia il funzionario/dirigente responsa- azioni di cura di un bene comune. Un secondo livello bile del procedimento. è rappresentato da gruppi informali, comitati, abitanti Sono numerosi i Regolamenti che, soprattutto in re- di un quartiere uniti dall’interesse di promuovere la lazione a Patti complessi, prevedono l’intervento cura di un bene comune specifico. Ci sono poi i sog- dell’organo politico (quasi sempre la Giunta comuna- getti collettivi organizzati e strutturati in associazio- le, in alcuni casi il Consiglio) attraverso l’adozione di ne di primo e secondo livello. una delibera che viene richiamata nelle premesse del Se l’esito di un Patto di collaborazione è quello di ali- Patto. Questo, naturalmente, non inficia il principio mentare il capitale sociale attraverso la cura di un che la responsabilità della sottoscrizione di un Patto bene comune è sempre preferibile che un Patto di col- sia del funzionario/dirigente. I soggetti istituzionali laborazione, a prescindere dalla complessità del suo chiamati a sottoscrivere un Patto di collaborazione oggetto, sia per quanto possibile pluriattoriale. possono essere più di uno a seconda dell’oggetto del 2. Il bene comune oggetto del Patto. La distinzione Patto, della proprietà del bene, dei vincoli che insisto- principale è quella tra beni materiali e beni immate- no sul bene. riali, e quasi sempre la cura di un bene materiale ha Per quanto riguarda i cittadini attivi, possono firma- come effetto anche la cura di un bene immateriale. re un Patto di collaborazione tutti quei soggetti “abi- È importante far conoscere la storia del bene per ca- tanti” di un luogo, singoli o associati, senza ulteriore pire come si è formata e attivata la comunità di rife- titolo di legittimazione. Alcuni Regolamenti (e di con- rimento, quali relazioni (anche conflittuali) si sono seguenza alcuni Patti) contengono delle limitazioni sviluppate con le istituzioni e come si sono evolute rispetto alla possibilità di sottoscrivere Patti. Tali im- attraverso il Patto e gli obiettivi di cura condivisa. postazioni rappresentano un limite all’applicazione 3. L’interesse generale. L’interesse generale tutelato del principio di sussidiarietà. può essere considerato il cuore di un Patto di colla-
20 borazione. Contribuiscono a definirlo gli obiettivi, le razione è espressione delle storie di chi lo sottoscrive. azioni, gli impegni assunti ma è allo stesso tempo Conoscere e far conoscere quelle storie contribuisce qualcosa in più in quanto elemento determinante per a trasmettere il senso più profondo di un determinato l’applicazione del principio di sussidiarietà e costru- Patto. La sua replicabilità in un altro territorio e in un zione di un rapporto paritario tra cittadini e istituzioni altro contesto sociale per la stessa tipologia di bene basato, cioè sulla fiducia e corresponsabilità e non comune può essere più semplice se si conoscono le sul potere e l’autorità. persone e la loro storia. 4. Le azioni di cura. Vanno costruite tenendo presen- 7. Le garanzie. Sono quegli aspetti legati alla sicu- te lo stato del bene comune, gli obiettivi generali del rezza, alle coperture assicurative, alla gestione delle Patto, l’interesse generale da tutelare, le capacità, controversie. Vanno valutate e costruite in relazione le competenze e le risorse dei sottoscrittori (quindi alla complessità del Patto di collaborazione conside- anche i soggetti pubblici), in relazione alla durata del rando che i vincoli e le regole a tutela della rigenera- Patto. Quanto siano efficaci nel raggiungimento degli zione di un bene comune specifico servono a garan- obiettivi fissati e forme di misurazione del capitale tire la massima effettività del diritto di godimento da sociale prodotto possono essere una chiave di lettura parte dell’intera comunità. per valutare l’efficacia della coprogettazione. La struttura dei Patti di collaborazione, dunque, per- 5. Le forme di sostegno da parte della pubblica ammi- mette di riconoscere progettualità diffuse, legittima- nistrazione. Possono essere le più varie, molto spesso re pratiche informali, rappresentare una possibile possono non essere di natura economica. Oltre che in garanzia di sostenibilità e durevolezza di quelle espe- relazione agli obiettivi di un Patto, le forme di sostegno rienze nel tempo. Possono rappresentare lo spazio di e la loro varietà possono rappresentare un indicatore definizione per una programmazione condivisa che del livello e della qualità della relazione tra istituzio- faccia dello sport per tutti non uno slogan, ma l’asse ne e cittadini. Il Patto, a differenza di altre tipologie di strategico su cui costruire la comunità accogliente e Patti della PA, postula la creazione di una relazione tra inclusiva. i sottoscrittori finalizzata a comuni impegni e obiettivi che devono vedere tutti i soggetti coinvolti. Pasquale Bonasora, Direttivo nazionale di LABSUS – 6. Le persone. Quanto definito in ogni Patto di collabo- Laboratorio per la sussidiarietà
open space Giovani attori di trasformazione sociale 21 studio di fattibilità per la realizzazione di un campo da calcetto, skate park, basket all’interno del parco Mariambini, realizzato dal Comitato Uisp Empoli Valdelsa
22 e e t n N, TIO gene A UC ED ENT T I N YM N G I N O P LO A I N EM TR OR az r ione
open space Generazione neet 23 ORIENTARSI NELL’UNIVERSO NEET di Fabio Colombo 1 – Chi sono i NEET? Siamo nel 1999 e uno studio della Social Exclusion Unit, un dipartimento del governo del Regno Unito fi- 1 Chi sono i NEET? nalizzato a orientare le azioni del governo in materia di esclusione sociale, si occupa per la prima volta del fenomeno dei giovani “not in Education, Employment or Training”, i giovani cioè che non studiano, non la- Come si diventa NEET 2 e che conseguenze ha? vorano e non sono impegnati in percorsi formativi. Gli estensori del rapporto erano preoccupati dei giova- ni di età compresa tra i 16 e i 18 anni che uscivano dall’istruzione obbligatoria e non proseguivano gli Quanti sono i NEET 3 e che caratteristiche hanno? studi né iniziavano a lavorare; l’idea di fondo era che si trattasse di una condizione “pericolosa”, potenzial- mente predittiva dell’avvio di carriere criminali, e che si dovessero quindi elaborare proposte nuove per dare 4 Come intervenire sul fenomeno NEET? a questi giovani l’opportunità di rimanere o rientrare in percorsi formativi o lavorativi (Agnoli, 2014). A qua- si 20 anni di distanza, l’acronimo NEET gode di ottima salute e popola innumerevoli paper accademici, docu- 5 Cosa può fare lo sport per i NEET? menti di policy, programmi di finanziamento, articoli
24 di giornale e vite. Vite di milioni di giovani impegnati instabile. Anche le scelte familiari sono sempre più nella loro faticosa transizione all’età adulta. differenziate e possono prevedere periodi di convi- Quella di NEET è infatti una condizione strettamen- venza anche molto lunghi, escludere il matrimonio o te associata a questa fase della vita, in cui si passa quanto meno ritardarlo in maniera significativa, diffe- dall’essere giovane all’essere adulto. Dagli anni set- rire il concepimento dei figli. Un grosso cambiamento tanta/ottanta questa fase ha cominciato a diventare avviene nella caratterizzazione di genere delle espe- sempre più lunga. Nel modello di transizione della rienze, con l’incremento dell’occupazione femminile e società industriale le fasi che il giovane attraversava dell’assunzione da parte delle donne di ruoli sociali al prima di entrare nella condizione adulta erano distin- di fuori della sfera privata. Le traiettorie diventano re- te e successive tra loro: istruzione, formazione, lavoro versibili, prevedendo possibili andate e ritorni tra stu- da un lato, e vita con i genitori, matrimonio, formazio- dio e lavoro, tra convivenza e vita da single, tra casa ne di una nuova famiglia dall’altro. Il tutto avveniva autonoma e casa dei genitori (Mayer, 2001; Walther, più o meno ad età prestabilite ed omogenee e con una 2006). Insomma, se è vero che si fa maggiore fatica netta connotazione di genere: le donne si fermavano a trovare occupazione e, più in generale, una propria all’istruzione e, in alcuni casi, a pochi anni di lavoro collocazione nel mondo (Ancora, 2017), è vero anche fino al matrimonio e alla nascita del primo figlio, dopo che rispetto ad alcuni decenni fa si studia di più, si la quale si dedicavano alle attività domestiche. Que- viaggia di più, ci si diverte di più: si diventa grandi più sto corso di vita così lineare era garantito da contrat- tardi per necessità ma anche per piacere. ti di lavoro stabili a cui era associata una copertura Nonostante fattori come la classe sociale, la famiglia assicurativa contro eventi quali malattie, disabilità, di provenienza, il genere e l’etnia mantengano un disoccupazione (Mayer, 2001). Generalizzando, oggi ruolo decisivo nello strutturare i diversi percorsi di il percorso è molto più accidentato, personalizzato, transizione all’età adulta (Furlong e Cartmel, 1997) imprevedibile e, per alcuni, più divertente. Nella so- è all’interno di questo mutamento che va compresa cietà post–industriale si prolunga il tempo trascorso l’etichetta NEET, che comprende una popolazione ete- nel sistema educativo, la formazione diventa con- rogenea di persone in situazioni anche molto diverse. tinua, l’ingresso nel mondo del lavoro più difficile e A tal proposito, un report di Eurofound (2012) indivi-
open space Generazione neet 25 dua cinque sottogruppi che compongono il variegato universo dei NEET: U i disoccupati, che sono solitamente il sottogruppo più ampio e possono essere ulteriormente suddivisi in disoccupati di lungo e breve termine; U gli indisponibili, coloro cioè che non hanno la possi- bilità di svolgere un’attività lavorativa o formativa per ragioni di condizioni di salute (malattie o di- sabilità) o per assolvere responsabilità familiari (il doversi prendere cura a tempo pieno di figli o adulti non autosufficienti); U i disimpegnati, che per scelta passiva non cerca- no lavoro né occasioni formative; U i cercatori di opportunità, che stanno cercando in maniera attiva l’opportunità ritenuta più adeguata per (ri)entrare nel mondo del lavoro o della formazio- ne; U i volontari, coloro cioè che sono NEET per una scelta di piacere, perché si prendono periodi di stacco, sono
26 in viaggio o sono impegnati in attività artistiche o di te? È pacifico che si debbano considerare i percorsi di crescita personale che non rientrano nelle classifica- istruzione formale (scuola e università) ma rispetto zioni formali del mondo del lavoro, dell’istruzione e agli altri corsi di formazione? Alcuni considerano solo della formazione. quelli che danno accesso a un titolo riconosciuto, al- I NEET possono essere quindi persone estremamente tri includono anche i corsi che non danno un titolo, e vulnerabili – in stato di disoccupazione cronica, disa- tutt’al più danno un attestato di frequenza. Al netto bilità, disagio psichico – ma anche persone che stan- di queste e altre differenze che esistono tra i diversi no costruendo attivamente il proprio percorso, anche enti che svolgono ricerca sui NEET, si registra un’ope- divertendosi. Ad accomunare tutti coloro che rientra- ra di armonizzazione dei criteri di rilevazione portata no in questa eterogenea categoria sono la giovane avanti a livello europeo. Riguardo all’età, si utilizza età e “il fatto che non stanno accumulando capitale la fascia 15–29 anni da quando è stata riconosciuta umano attraverso i canali formali” (Eurofound, 2012: come indicatore nell’iniziativa “Youth on the Move” 2, traduzione dell’autore). all’interno della strategia Europa 2020, anche se Eu- Sull’età a dire il vero qualche discussione aperta c’è. rostat – l’Ufficio statistico dell’Unione Europea – pub- Giovani, d’accordo, ma cosa significa giovani? Come blica dati relativi sia alla macro–fascia 15–34 anni abbiamo visto, inizialmente il fenomeno veniva circo- sia alle diverse fasce intermedie. Sempre Eurostat scritto ai minori tra i 16 e i 18 anni, ma la fascia è sta- precisa inoltre che rientrano fra i NEET i giovani che ta progressivamente estesa fino al range massimo non sono occupati (sono cioè disoccupati o inattivi) dai 15 ai 34 anni. All’interno alcuni considerano solo e non hanno ricevuto alcuna istruzione o formazione alcune fasce, come i 15–24 anni o i 15–29 anni. In- nelle quattro settimane precedenti la rilevazione. somma, non c’è uniformità e questo genera inevitabil- Al di là di queste discussioni di natura metodologica, mente anche delle differenze nei conteggi dei numeri l’etichetta NEET ha, come abbiamo anticipato, riscos- assoluti e percentuali dei NEET. Come segnala Agnoli so molto successo in ambito accademico, politico e so- (2014) una certa ambiguità è presente anche rispet- ciale. Non mancano tuttavia le critiche, che ci sembra to al criterio dell’esclusione da percorsi di istruzione corretto riportare in questa panoramica sul costrutto o formazione: a che cosa si fa riferimento esattamen- di NEET. Cefalo, Sergi e Giannelli (2015) hanno rias-
open space Generazione neet 27 sunto queste critiche in quattro filoni principali, che esperienze molto diverse tra loro, che vanno affron- sostengono rispettivamente che l’etichetta NEET: tate con misure diverse e alcune non vanno proprio U caratterizza chi ne fa parte per “ciò che non è” piut- affrontate. Tuttavia è indubbio che nell’immaginario tosto che per “ciò che è”; sociale, costruito da una comunicazione politica e UÊgetta un’ombra eccessivamente negativa sui per- mediatica che evidenzia spesso solo gli aspetti di corsi di transizione all’età adulta, che possono invece vulnerabilità sociale e individuale, il NEET è percepito racchiudere anche molte esperienze resilienti che ri- come un giovane svantaggiato, svogliato, isolato, da sultano in carriere positive; biasimare oppure da compatire. Non è necessaria- U tende a sottovalutare la portata della più ampia di- mente così. suguaglianza sociale per concentrarsi sulla condizio- ne e la responsabilità dell’individuo; 2 – Come si diventa NEET e che conseguenze ha? U descrive più il tipico “panico morale” delle classi su- Oltre alle questioni definitorie, la letteratura sull’ar- periori che non l’esperienza effettiva di chi vive que- gomento si è molto concentrata sull’individuazione sta condizione. dei fattori che possono favorire l’ingresso nella con- In effetti, indagando i vissuti dei giovani NEET, emer- dizione di NEET e le conseguenze che il permanere in gono esperienze derivanti da situazioni di svantaggio tale condizione può avere sul futuro dei giovani e del- sociale ma anche situazioni in cui i soggetti rivendi- la società. Già il rapporto della Social Exclusion Unit cano come scelta attiva e consapevole quella di non (1999) aveva individuato i principali fattori di rischio inserirsi in percorsi formativi o lavorativi per dare la che sono stati confermati da studi successivi (ad es. priorità ad attività ritenute più rilevanti, come la cura Bynner e Parsons, 2002) e che il già citato report di di un familiare, un’esperienza di viaggio o di volon- Eurofound (2012) ha poi raggruppato in aree e quan- tariato e attivismo sociale, e sono anche capaci di tificato: coglierne elementi di crescita personale (Ciccarese, UÊ educazione: avere un basso livello di istruzione 2017). Molti contributi che si occupano di giovani comporta un rischio 3 volte maggiore di diventare NEET sono a dire il vero attenti a sottolineare che si NEET, anche se negli anni della crisi economica è au- tratta di una categoria eterogenea, che comprende mentata in Europa, soprattutto nei paesi del sud, la
28 quota di NEET con un alto livello di educazione (Euro- rischio di accumulare svantaggi nell’accesso al mon- found, 2016); do del lavoro e ad un reddito adeguato, di sviluppare U genere: le donne hanno il 60% in più di probabilità di comportamenti devianti e problemi di salute fisica diventare NEET; e mentale, di impoverire le proprie relazioni sociali U immigrazione: avere un background migratorio au- (Bynner e Parsons, 2002; Eurofound, 2012). Questa menta il rischio del 70%; configurazione di svantaggio non può che avere an- U disabilità: avere una disabilità aumenta il rischio del che un impatto sociale più ampio: i NEET sono meno 40%; propensi dei loro coetanei a partecipare attivamen- U famiglia: avere genitori divorziati comporta un ri- te alla vita sociale, culturale e politica della società schio maggiore del 30%; avere genitori disoccupati, di riferimento. L’esclusione dai circuiti educativi e specie se di lungo periodo, aumenta il rischio del 17%; lavorativi determina infatti un minore accesso alle avere genitori con un basso livello di istruzione rad- reti sociali che si creano in questi ambienti nonché doppia la probabilità di diventare NEET; crescere in una minore dotazione economica per poter accede- una famiglia a basso reddito aumenta le probabilità re ad attività sociali e culturali che possono avere di diventare NEET; dei costi. A questo si unisce una generale mancanza U residenza: vivere in aree remote aumenta la proba- di fiducia nella democrazia, nella capacità delle sue bilità di diventare NEET di 1,5 volte. istituzioni di risolvere i problemi e nel funzionamento Si tratta di un mix di fattori individuali e familiari che della società in generale (Mascherini, 2017). Va detto hanno una evidente connessione con la strutturazio- comunque che possono esserci variazioni significati- ne delle disuguaglianze socio–economiche derivanti ve tra contesti differenti e tra diversi gruppi di NEET, da elementi strutturali e istituzionali, come approfon- considerata la già citata eterogeneità dell’universo di diremo nella terza parte. riferimento (Eurofound, 2012). La condizione di mar- Quanto alle conseguenze della permanenza nella ginalizzazione sociale e politica dei NEET ha un costo condizione di NEET, esse sono presenti a livello indivi- non solo sociale ma anche economico. Questo costo duale, sociale ed economico. A livello individuale, più è stato calcolato da Eurofound (2012), che ha sti- tempo si passa in questa condizione più aumenta il mato per il 2011 una perdita economica correlata al
open space Generazione neet 29 fenomeno NEET in Europa pari a 153 miliardi di euro, 3 – Quanti sono i NEET e che caratteristiche hanno? l’1,2% del PIL europeo. L’importo è stato calcolato con- Come anticipato nella sezione precedente, nell’espor- siderando i costi diretti (pagamento di sussidi di di- re i dati relativi ai giovani NEET in Italia e in Europa soccupazione e altri sussidi di welfare) e i costi indi- consideriamo la fascia di età 15–29 anni, utilizzata retti (mancanza di reddito generato e tasse pagate e a livello europeo per rendere comparabili le stati- monetarizzazione dei costi sociali). A livello di singoli stiche dei diversi Paesi. È una fascia che consente Stati, il costo economico maggiore è riferito all’Italia di includere sia i giovani ancora in età scolare sia i (32 miliardi di euro), seguita da Francia (22), Regno giovani già in età lavorativa, e ben si adatta anche ai Unito (18), Spagna (16) e Germania (15). In rapporto destinatari coinvolti nel progetto Open Space. Inizial- al PIL l’Italia scende al sesto posto in Europa (2,6% mente pensato per giovani con un’età compresa tra del PIL) dietro a Bulgaria (3,3%), Grecia, Irlanda, Cipro i 16 e i 24 anni, il progetto ha finito per coinvolgere e Ungheria (Mascherini, 2017). anche alcuni under 16 e soprattutto molti over 24, a dimostrazione del fatto che la fascia grigia della tran- sizione all’età adulta si è ormai protratta quantomeno fino ai 29 anni. Fatta questa premessa, si riportano %& %# Figura 1. $& Incidenza dei NEET nella fascia 15–29 anni nei paesi $# dell’Unione Europea, 2017 & # %' " ! ! !" Fonte: Eurostat
30 nella figura 1 i dati Eurostat relativi alla percentuale tasso di giovani NEET ha avuto in generale un anda- di giovani NEET nella fascia 15–29 anni nei 28 paesi mento crescente durante gli anni della crisi economi- dell’Unione Europea nel 2017. ca per poi registrare un calo generalizzato negli ultimi Come si nota dalla figura, l’Italia è il paese europeo tre–quattro anni. La media UE è passata dal 13% del con la più alta percentuale di giovani NEET. Un italiano 2008 al 15,9% del 2013 per poi tornare al 13,4% del su quattro tra i 15 e i 29 anni non lavora, né studia, 2017. Se è vero però che quasi tutti i paesi hanno avu- né si sta formando. La media europea è del 13,4%. Se to un simile andamento, va detto che le oscillazioni diamo uno sguardo di insieme al fenomeno, possiamo sono state molto più marcate nei paesi mediterranei. certamente dire che esso è particolarmente rilevante Tra il 2007 e il 2013 la percentuale di NEET è aumen- nei paesi dell’Europa mediterranea, con l’eccezione tata di 13 punti in Grecia, di 10 in Spagna e Cipro, di del Portogallo, e nei paesi dell’Est Europa, che stanno 7 in Italia; in paesi come Belgio, Danimarca, Francia, però migliorando quasi tutti le loro performance. La Olanda, Regno Unito è invece aumentata solo di uno percentuale di giovani NEET è invece inferiore nei pa- esi del Centro–nord Europa, con la parziale eccezione della Francia. È inoltre diversa la composizione interna della cate- goria dei NEET nelle diverse aree dell’Unione Europa: nei paesi del Centro–nord il gruppo più rappresentato è quello dei disoccupati di breve periodo, nei paesi del Sud è maggiore l’incidenza dei giovani disoccupati di lungo periodo e degli inattivi, mentre nei paesi dell’Est sono molto rappresentate le giovani donne che sono chiamate ad assolvere a responsabilità familiari (Eu- rofound, 2016). A livello diacronico, ossia di evoluzione del fenomeno nel tempo, notiamo dai dati Eurostat (figura 2) che il
open space Generazione neet 31 o due punti percentuali, mentre è rimasta invariata Analizzando più da vicino i dati che riguardano l’Italia, in Svezia ed è addirittura diminuita di un punto in grazie ai dati Istat possiamo scomporre i 2.189.000 Austria e di tre punti in Germania. Queste differenze NEET italiani tra i 15 e i 29 anni per sottogruppi di età, rendono evidente la connessione tra la portata della genere, cittadinanza, regione di residenza. questione dei NEET e i diversi contesti istituzionali e L’incidenza di NEET più significativa si riscontra nella socio–economici. Ci sono cioè condizioni strutturali fascia di età 25–29 anni (il 30%), seguita dalla fascia e istituzionali che spiegano queste differenze tra pa- 20–24 anni (28%), mentre decisamente inferiore il esi e tra regioni d’Europa, che fanno riferimento alla dato sulla fascia 15–19 anni (12%), come è normale configurazione dei sistemi di welfare ed educativo e che sia dato che molti giovani di quell’età sono anco- alla situazione socio–economica, e in particolare del ra impegnati nel percorso scolastico. Il dato di gene- mercato del lavoro, nei diversi contesti, come eviden- re è molto simile, con leggera prevalenza femminile: zieremo meglio nella sezione successiva. 1.146.000 le giovani donne italiane in condizione di Figura 2. Evoluzione dell’incidenza dei NEET nella fascia 15–29 anni in alcuni paesi dell’Unione Europea, 2007–2017 Fonte: Eurostat
32 NEET (incidenza del 26%) contro i 1.042.000 maschi ce autonome italiane. (incidenza del 22,4%). Vi è poi nella popolazione NEET Come evidente dalla figura, sono le regioni del Sud a una sovrarappresentazione dei giovani con cittadi- presentare i dati più alti. Sicilia, Calabria, Campania nanza non italiana: sono 317.000 gli stranieri NEET, e Puglia superano abbondantemente il 30% di NEET. il 15% del totale dei NEET, mentre la popolazione stra- Tra le regioni con le percentuali più basse troviamo niera totale rappresenta l’8,5% della popolazione re- la provincia autonoma di Bolzano, il Veneto, l’Emilia sidente in Italia. Quanto ai dati territoriali, la figura 3 Romagna, la Lombardia, che hanno dati in linea o solo mostra l’incidenza della popolazione NEET sul totale leggermente superiori alla media europea. della popolazione tra i 15 e i 29 nelle regioni e provin- Figura 3. Incidenza dei NEET nella fascia 15–29 anni nelle regioni italiane, 2017 VDA: Valle d’Aosta FVG: Friuli Venezia Giulia PA: Provincia Autonoma ER: Emilia Romagna Fonte: Elaborazione dell’autore su dati Istat.
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