Occupazione femminile nelle Marche: le opinioni dei testimoni locali
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Occupazione femminile nelle Marche: le opinioni dei testimoni locali di Giampietro Perri* Premessa All’interno delle analisi che il Servizio Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Marche ha voluto realizzare per migliorare le conoscenze sull’occupazione femminile nella nostra regione, si inserisce questa indagine, condotta attraverso la metodologia Delphi1, che ha coinvolto alcuni testimoni privilegiati del territorio2, cercando di raccogliere le loro opinioni e previsioni in relazione a specifiche questioni riguardanti l’occupazione femminile. Il percorso di indagine prevedeva che i testimoni rispondessero ad un primo questionario con domande aperte, dalla cui analisi ne sarebbe stato ricavato un secondo maggiormente strutturato e articolato. Per entrambi i questionari ci si è serviti della posta elettronica, così da permettere ai testimoni di rispondere ai questionari in maniera sufficientemente meditata. 1. Individuazione delle principali criticità e degli interventi possibili Il primo questionario prevedeva un ridotto numero di domande aperte con le quali si richiedeva ai testimoni di esprimere un giudizio relativamente ad alcuni fattori problematici che caratterizzano l’occupazione femminile regionale e nazionale: • la bassa partecipazione al mercato del lavoro • il maggior rischio di disoccupazione • le minori possibilità di carriera ed i minori livelli di retribuzione • il maggior rischio di sottoccupazione e precarietà * Collaboratore del Servizio Istruzione, Formazione e Lavoro. 1 La tecnica Delphi si basa su un processo strutturato che ha l’obiettivo di raccogliere informazioni a partire dal patrimonio conoscitivo di un gruppo di esperti attraverso una serie di questionari intervallati da feedback di verifica sulle opinioni espresse. 2 Si tratta di testimoni appartenenti alle organizzazioni sindacali, datoriali, ai comitati per le pari opportunità, all’università. Sono stati coinvolti inizialmente 27 testimoni, fra i quali una decina hanno risposto in maniera completa ad entrambi i questionari. 1
Le risposte elaborate dai testimoni sono state analizzate e sintetizzate in un documento che è stato loro sottoposto assieme al secondo questionario. Si riportano di seguito i contenuti di tale documento, suddivisi per le diverse aree problematiche. 1.1. Bassa partecipazione Due appaiono gli elementi sui quali si concentrano maggiormente le risposte degli intervistati; uno è di tipo culturale, l’altro di tipo strutturale; cerchiamo dunque di analizzarne le componenti: • Modello culturale tradizionale basato sulla divisione dei ruoli in base al genere. Questo aspetto viene sottolineato da 6 rispondenti su 10, e di questi 5 sembrano identificarlo come elemento fondamentale, in grado di influenzare altri elementi pure evidenziati. C’è chi sottolinea come tale modello discenderebbe direttamente dalla cultura cattolica del nostro paese, per la quale il ruolo femminile si realizza pienamente nella maternità e nella famiglia; in tal senso si evidenziano le differenze di partecipazione femminile al mercato del lavoro dei paesi di fede protestante nei quali la donna ha avuto storicamente un ruolo maggiormente attivo. Occorre però osservare come in diversi paesi di tradizione cattolica (la Francia, la Spagna e il Portogallo) il livello di partecipazione femminile sia ampiamente superiore a quello italiano3. Aldilà della sua matrice, quello che si riconosce a questo modello culturale è di aver profondamente influenzato e permeato le strutture sociali ed economiche della nostra regione: - da un lato tale modello appare strettamente correlato al modello di sviluppo che ha caratterizzato la regione, quello dell’impresa-famiglia, nella quale il ruolo produttivo della componente femminile resta semi- invisibile4; - dall’altro esso ha fortemente influenzato l’offerta di servizi sociali e di pubblica utilità, le cui carenze, a fronte di una trasformazione culturale in atto (fra le giovani generazioni la tradizionale divisione dei ruoli appare meno marcata), rendono assai difficile la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro per la componente femminile. • Carenza dei servizi di sostegno alla famiglia. Questo elemento viene evidenziato da 7 rispondenti su 10, 3 dei quali lo considerano il principale impedimento alla partecipazione femminile al mercato del lavoro. I servizi cui si fa riferimento sono soprattutto quelli per l’infanzia (asili-nido) e per la popolazione anziana (assistenza domiciliare, centri diurni, ecc.). Soprattutto 3 I dati relativi al tasso di occupazione femminile del 2006 mostrano come ad un 46,3% dell’Italia corrisponda un 53,2 della Spagna, un 57,7% della Francia, ed un 62% del Portogallo. E’ opportuno comunque notare come nei paesi protestanti l’occupazione femminile sia ancor più elevata con valori che vanno dal 62,2% della Germania al 73,4% della Danimarca (Fonte: EUROSTAT). 4 A tal proposito alcuni dei rispondenti sottolineano la dimensione del lavoro sommerso, che interesserebbe maggiormente la componente femminile. 2
relativamente a quest’ultimo target si evidenzia una notevole carenza a livello regionale, anche in considerazione del notevole invecchiamento della popolazione che caratterizza il territorio marchigiano. Il problema della carenza dei servizi emerge con maggiore evidenza in questi anni anche a causa del maggiore “isolamento” della famiglia contemporanea, di tipo nucleare e dove le reti di sostegno interne appaiono fortemente ridimensionate. A questi due elementi fondamentali se ne aggiungono altri tre, ciascuno indicato da un minor numero di rispondenti, che fanno riferimento a caratteristiche strutturali del sistema economico nazionale e/o regionale: • Rigidità degli orari di lavoro. (3 rispondenti). Questo elemento, che caratterizza in generale il mercato del lavoro nazionale, appare ancor più penalizzante nel territorio regionale caratterizzato da una notevole presenza di piccole e piccolissime imprese operanti nel settore della produzione. • Rigidità dei tempi delle città. (3 rispondenti) – Si fa riferimento soprattutto agli orari di apertura e chiusura dei pubblici esercizi e dei servizi (negozi, banche, uffici postali, ma anche asili, centri diurni per anziani, ecc.), che molto spesso non sono in grado di rispondere alle esigenze delle donne lavoratrici. • Bassa terziarizzazione dell’economia marchigiana (2 rispondenti). Dato che il terziario è il settore in cui maggiore è la presenza femminile, alcuni rispondenti sottolineano come la bassa terziarizzazione della nostra regione (che interessa particolarmente il terziario avanzato) crei un ulteriore problema alla partecipazione femminile al mercato del lavoro. 1.2. Maggiore rischio di disoccupazione Anche in questo caso sono principalmente due gli elementi che vengono evidenziati dai rispondenti: • In primo luogo si fa riferimento alla questione della maternità, che appare come un elemento “penalizzante” per la donna lavoratrice; la indicano sette rispondenti su dieci, ed in tre casi viene considerata come elemento in grado di determinare i più elevati livelli di disoccupazione e la ridotta partecipazione della componente femminile. La maternità sarebbe penalizzante sotto un duplice aspetto: - da un lato rende più difficile l’inserimento lavorativo (soprattutto “stabile”) delle giovani donne, che, in considerazione della loro condizione di fertilità, sono viste come potenziali madri e dunque come lavoratrici meno produttive; - dall’altro determina/favorisce la fuoriuscita dal mercato del lavoro della componente femminile per periodi di tempo assai lunghi, rendendone poi problematico il reinserimento. Quest’ultimo aspetto è rilevante soprattutto per le lavoratrici con un livello di qualificazione medio-basso. 3
• In secondo luogo (6 rispondenti) si sottolinea la maggiore difficoltà che incontra nella ricerca di lavoro la componente femminile a causa del cosiddetto “doppio ruolo” (lavoro + famiglia) ad essa assai spesso attribuito (cfr. sopra). La presenza di questo doppio ruolo ha ricadute sulla facilità di reperimento di un’occupazione, rendendo necessaria la presenza di specifiche caratteristiche della stessa in termini di flessibilità, e dunque restringendo il campo delle proposte lavorative giudicate adeguate. Accanto a questi elementi principali, ne sono stati individuati altri, che sembrano caratterizzare il nostro territorio regionale: • Tipizzazione formativo-lavorativa; da una parte sono le donne che più spesso investono in istruzione, dall’altra il mercato locale continua a richiedere soprattutto manodopera maschile e con qualifiche medio basse. Pertanto sarebbero proprio le donne, soprattutto nella componente laureata, ad incontrare difficoltà a trovare un’occupazione rispondente alle aspettative maturate. Questo in parte è spiegabile anche con una tipizzazione dei percorsi di studio per cui le donne continuano a scegliere indirizzi meno redditizi dal punto di vista lavorativo; in parte gioca un ruolo rilevante un modello di sviluppo economico, quale quello marchigiano, ad alta intensità di lavoro e scarsamente qualificato. • Crisi di alcuni settori economici a forte presenza femminile; diversi rispondenti mettono in evidenza come la crisi di tessile, abbigliamento e calzaturiero abbia colpito maggiormente la componente femminile, determinando un aumento della disoccupazione di questa componente. • L’altra faccia della medaglia è quella che vede nella nostra regione la forte presenza di alcuni settori a forte vocazione maschile (meccanica, falegnameria, nautica) che genererebbero una domanda di lavoro maggiormente indirizzata a questa componente, che incontrerebbe dunque minori difficoltà occupazionali di quella femminile 1.3. Minore possibilità di carriera e differenziale retirbutivo Le risposte a questo interrogativo sono assai più variegate, e mettono in evidenza da un lato il permanere di modelli socio- culturali poco inclini all’inclusione femminile nel mercato del lavoro dall’altro le difficoltà pratiche che le donne incontrano nel loro percorso di carriera. Rispetto al primo elemento (che di fatto appare quello determinante) si deve distinguere un aspetto (il primo) di livello prettamente culturale, da altri che afferiscono maggiormente alla struttura del mercato del lavoro: • Una diffusa discriminazione verso la componente femminile, basata su stereotipi e pregiudizi: sia nel pubblico che nel privato, le donne sarebbero spesso più preparate degli uomini, ma considerate lavorativamente poco affidabili perché “pensano ad altre cose”. Ciò fa sì che le donne siano ritenute adatte solo ad alcune mansioni, di tipo prevalentemente esecutivo; una simile situazione può anche creare una sorta di scoraggiamento della componente 4
femminile, derivante dallo scarso valore attribuito alle posizioni accessibili alle donne. • I modelli organizzativi privilegiano il tempo dedicato al lavoro più che la qualità del prodotto, e tale richiesta di disponibilità in termini di tempo è superiore per le figure di vertice; ciò di fatto mette in una condizione di svantaggio la componente femminile, che ha maggiori difficoltà a concedere una tale disponibilità “incondizionata” del proprio tempo, essendo maggiormente impegnata nei numerosi ruoli di cura che le sono a tutt’oggi assegnati; il sistema regionale (ma anche quello nazionale) denota una scarsa propensione all’innovazione dei modelli organizzativi: il maggior utilizzo di modelli organizzativi di rete e per obiettivi valorizzerebbero infatti le capacità femminili, aumentandone le opportunità di carriera. • Il modello marchigiano (piccolissima impresa diffusa) ripropone modelli familiari, in cui è molto forte il sex typing, cioè la segregazione lavorativa delle donne in mansioni di basso livello ed in settori specifici. • Più spesso degli uomini, le donne fanno carriera all’interno di un’azienda partendo da remunerazioni più basse (maggiore fidelizzazione all’impresa), per cui la crescita retributiva è più contenuta rispetto a chi entra già con un ruolo di responsabilità. Relativamente alle difficoltà pratiche che le donne incontrano nel percorso di carriera si segnalano: • Stante l’attuale iniqua distribuzione del carico familiare e l’insufficienza dei servizi offerti, la donna ha meno tempo da dedicare al lavoro e cede priorità di carriera a favore di altri membri della famiglia • Sottoccupazione, part-time, occupazione a termine, rendono più difficile per la componente femminile la cumulazione di competenze e la progettazione di una carriera lavorativa • Formazione femminile “segregata” nelle materie umanistiche, più deboli in un mercato del lavoro come quello regionale molto legato al settore produttivo; molte aziende reclutano infatti le proprie figure dirigenziali di ambito tecnico o commerciale, settori in cui la presenza femminile è ancora minoritaria. 1.4. Maggiore sottoccupazione e precarietà • La maggior presenza di lavoratori atipici fra le donne si spiega in primo luogo (lo indicano come elemento fondamentale 6 rispondenti su 10) considerando il fatto che tali tipologie contrattuali garantiscono spesso maggiore flessibilità, consentendo alla componente femminile di partecipare al mercato del lavoro. A ciò si aggiunga che tali forme contrattuali caratterizzano in maniera più marcata settori (commercio e servizi) nei quali è maggiore la richiesta di manodopera femminile. Il rovescio della medaglia è che tali modalità lavorative penalizzano pesantemente le donne in termini di carriera e di retribuzione. In diversi casi si sottolinea anche l’uso improprio che viene fatto di tali tipologie contrattuali, che andrebbe perseguito con maggiore attenzione da parte delle autorità di vigilanza. 5
• La maternità, già evidenziata come elemento in grado di influenzare il livello di partecipazione ed occupazione della componente femminile, ne influenzerebbe anche la qualità: fra le imprese sarebbe infatti minore la propensione ad assumere donne in età fertile con contratti a tempo indeterminato, per paura di incorrere in lunghi periodi di assenza dovuti alla maternità; per aggirare un tale ostacolo si ricorre a contratti di lavoro atipici. Alcuni degli intervistati evidenziano inoltre delle problematiche di sfondo, che più che aggiungersi alle precedenti le intersecano in maniera profonda, e in un certo senso contribuiscono a determinarle; sono pertanto questioni sulle quali è necessario soffermarsi allorché si parla di occupazione femminile: • La prima questione è quella degli stereotipi di genere; questi possono essere intesi come “un insieme di credenze pervasive e resistenti che prendono l’avvio dall’idea che l’uomo e la donna possiedano diversi insiemi di caratteristiche, al di là del patrimonio biologico. In tal modo femminile e maschile si trovano racchiusi in griglie spesso rigide, radicate dall’educazione scolastica e familiare, trasmesse in modo stereotipato da molti messaggi e segnali impliciti ed espliciti del quotidiano”. Molti studi hanno mostrato come tali stereotipi influenzino le strategie formative e professionali, fin dalla prima adolescenza. • La seconda questione è quella dei tempi e modi della produzione, che risultano ancora troppo rigidi, sia in termini di orari sia in termini di presenza fisica sul luogo di lavoro; una profonda riorganizzazione di tempi e modi lavorativi che privilegi il raggiungimento di obiettivi e risultati, il lavoro a distanza, la flessibilità, rappresenta un elemento fondamentale per l’aumento della partecipazione e dell’occupazione femminili. 1.5. Linee di intervento L’ultima domanda del questionario chiedeva all’intervistato, per ciascuna delle aree problematiche suesposte, di individuare quali potessero essere le politiche da implementare per migliorare la situazione. Vediamo in sintesi quali sono state le risposte fornite. Sette rispondenti su dieci indicano come fondamentale per lo sviluppo quantitativo e qualitativo dell’occupazione femminile la questione dei servizi ed interventi di sostegno alla famiglia, che si potrebbero concretizzare in diversi provvedimenti (non necessariamente alternativi); tale questione viene presentata come trasversale a tutte le aree problematiche individuate. Servizi: • Sostegno alla creazione di asili nido aziendali e/o asili in rete fra più aziende • Potenziamento dei servizi di assistenza agli anziani e disabili • Riorganizzazione dei tempi di uffici e servizi nelle città 6
• Allargamento di periodi (agosto) ed orari dei servizi di assistenza, per venire incontro alle esigenze delle molte donne impegnate nei settori del commercio e del turismo. Interventi: • Detraibilità totale delle spese sostenute per assistenza a bambini, anziani e disabili. • Allargamento delle opportunità di congedo parentale, maternità, ecc. ai contratti atipici ed ai diversi componenti della famiglia (a parità di condizioni con quelle della madre) Sempre ad un livello trasversale alle quattro aree problematiche individuate, si pone una seconda questione (indicata da 6 rispondenti, 3 dei quali la giudicano fondamentale), relativa alla necessità di profonde innovazioni all’interno del mondo del lavoro, fra le quali vengono individuate come prioritarie: • Una riorganizzazione degli orari di lavoro in termini di maggiore flessibilità e di sviluppo di modelli lavorativi a distanza; • Un conseguente mutamento del modello organizzativo, oggi basato prevalentemente sulla presenza più che sui risultati conseguiti. Secondo alcuni dei rispondenti, infine, in generale un aumento di interesse verso le pari opportunità e la conciliazione potrebbe essere favorito da un incremento della presenza femminile nelle istituzioni e nelle strutture di rappresentanza. Chiarite queste linee di intervento generali, che interessano tutte le aree problematiche individuate, passiamo a quelle maggiormente legate ad alcune di queste (è chiaro che si tratta di una classificazione a scopo illustrativo, essendo le varie politiche interconnesse così come le aree problematiche sopra individuate). A. BASSA PARTECIPAZIONE • Un aspetto da non sottovalutare, è quello relativo alla sfera culturale: occorre impegnarsi in iniziative di sensibilizzazione, a partire dal mondo scolastico, per promuovere i temi della partecipazione femminile al mercato del lavoro, della conciliazione e della consapevolezza di genere, attraverso cui superare stereotipi e pregiudizi sull’argomento. • Interventi/incentivi indirizzati allo sviluppo di alcuni settori nell’ambito dei servizi (turismo, cura della persona, comunicazione, ecc.) maggiormente interessati dalla presenza femminile B. MAGGIOR RISCHIO DI DISOCCUPAZIONE • Sostenere finanziariamente la riqualificazione della domanda di lavoro: le donne, che sono la componente dell’offerta maggiormente qualificata, ne 7
beneficeranno in maniera maggiore, e in più se ne gioverà l’intero sistema economico regionale • Sistema premiante di accesso ai fondi pubblici per le imprese certificate con una sorta di “Bollino Rosa”, rilasciato in base alla presenza di specifici requisiti di garanzia di pari opportunità (quota di personale femminile a tempo indeterminato, quota femminile di dirigenza, presenza di misure di flessibilità, ecc.) C. MINORE POSSIBILITÀ DI CARRIERA / MINORE RETRIBUZIONE Quest’area problematica va affrontata su due diversi livelli: quello della formazione e quello del “sostegno alla carriera”. Per quanto attiene alla formazione sono stati proposti alcuni interventi: • Attività di orientamento che supporti le famiglie, mitigando le disuguaglianze di risorse culturali originarie, che conducono spesso a scelte stereotipate e poco meditate soprattutto per la componente femminile; ciò dovrebbe condurre nel medio periodo ad una maggiore presenza femminile in settori professionali “storicamente maschili” • Incentivi alle università che favoriscono la partecipazione femminile nei settori tecnico-scientifici In relazione al “sostegno alla carriera” si individuano invece altre misure, volte a sviluppare la presenza femminile nei ruoli dirigenziali e a favorire l’imprenditoria femminile: • Incentivi per le imprese che hanno una certa quota di donne nei ruoli dirigenziali; • Interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile quali: - rifinanziamento e semplificazione nella compilazione delle domande della legge 215/1992 - la semplificazione delle procedure di accesso ai fondi comunitari, destinandone una parte specificatamente alle imprese femminili - interventi che facilitino il rapporto con gli istituti di credito per le imprenditrici che non dispongono di garanzie reali (creare un fondo di garanzia specifico per le imprese femminili) - sviluppo di una cultura imprenditoriale femminile (formazione, concorsi, premi, ecc.) D. MAGGIORE ESPOSIZIONE A SOTTOCCUPAZIONE E PRECARIETÀ • Premiare le assunzioni femminili a tempo indeterminato con una significativa riduzione contributiva per l’impresa. 8
2. L’importanza dei diversi fattori individuati, priorità e realizzabilità degli interventi proposti. Attraverso il secondo questionario si è voluto in primo luogo raccogliere il giudizio dei testimoni sull’importanza di ciascuno dei diversi fattori (individuati attraverso il primo questionario) nel determinare le diverse problematiche che caratterizzano l’occupazione femminile. Inoltre, in relazione a ciascuno degli obiettivi da raggiungere (vedi gli schemi precedenti), è stato richiesto agli stessi testimoni di esprimere un giudizio sulla loro desiderabilità e realizzabilità. Da ultimo sono state elencate una serie di possibili politiche, interventi ed azioni, rispetto alle quali dovevano essere indicate la realizzabilità e l’efficacia presunta per il raggiungimento dell’obiettivo specifico. 2.1. Le determinanti fondamentali Sulla base dell’analisi del primo questionario è stata costruita una griglia di quattro determinanti fondamentali (una delle quali articolata in tre sotto-fattori) in grado di influenzare la situazione dell’occupazione femminile, richiedendo per ciascuna di esse un giudizio di importanza su una scala da 0 (minima importanza) a 10 (massima importanza), sia in generale sia per ciascuna delle aree problematiche precedentemente analizzate. Nello schema seguente (Schema 1) sono riportati i punteggi medi ottenuti da ciascun fattore/sottofattore. Relativamente all’importanza generale, tutti i fattori ottengono un punteggio medio piuttosto elevato, ed uno solo (la bassa terziarizzazione del sistema economico regionale) non raggiunge un punteggio medio pari ad 8. Gli altri tre fattori (modello socio-culturale tradizionale, carenza di servizi, maternità penalizzante) ottengono un giudizio pressoché identico, risultando determinanti per l’attuale situazione occupazionale della componente femminile. Fra i sottofattori del primo il più importante è il doppio ruolo che molto spesso la donna si trova a ricoprire, che la vede impegnata contemporaneamente nel lavoro e nelle attività di assistenza e cura a bambini ed anziani, in misura assai superiore del lavoratore maschio. Occorrerà peraltro notare come nel giudizio degli intervistati l’importanza generale di ciascun fattore è sempre più elevata rispetto all’importanza relativa ad una singola dimensione, il che sta a significare che tali fattori sono fondamentalmente trasversali alle diverse aree problematiche individuate, ed in qualche modo le trascendono. Ciononostante vi sono alcuni fattori/sottofattori che influiscono maggiormente su alcune di tali aree problematiche: il doppio ruolo svolto dalla donna, il modello organizzativo basato sulla disponibilità di tempo più che sul raggiungimento di obiettivi e risultati, e la maternità, infatti, sembrano avere effetti più importanti sulle possibilità di carriera delle donne e sui differenziali salariali rispetto alla componente maschile. All’opposto abbiamo la carenza di servizi che occupa un ruolo di primaria importanza su tutte le aree problematiche analizzate, segno che tale elemento può essere 9
considerato quello fondamentale per il miglioramento della condizione delle lavoratrici marchigiane. Schema 1 – Importanza dei fattori/sottofattori individuati. Punteggi medi (min 0 max 10) Importanza per Importanza Fattore/sottofattore Bassa > rischio < carriera e > sottocc./ generale partecip. disoccupaz. retribuzione precarietà Modello socio-culturale tradizionale basato su F1 divisione dei ruoli in base 7,6 6,5 8,2 7,7 8,6 al genere Doppio ruolo F1.1 penalizzante 7,4 7,4 8,3 7,4 8,8 F1.2 Discriminazione 6,7 7,0 7,6 6,4 7,4 Modello organizzativo F1.3 basato sulla 7,4 7,1 8,1 7,4 8,3 disponibilità di tempo Carenza di servizi e F2 misure di sostegno alla 8,0 8,0 8,2 8,2 8,5 famiglia Presenza di un sistema economico locale poco F3 terziarizzato e piuttosto 7,3 6,7 7,5 7,1 7,6 concentrato su settori produttivi “maschili” Maternità come evento F4 penalizzante per la donna 6,7 6,9 8,3 7,1 8,6 Per ciascuno dei fattori problematici suesposti è stato individuato (Schema 2) l’obiettivo da raggiungere per un suo superamento; su tali obiettivi si è chiesto ai testimoni di esprimersi in termini di desiderabilità degli stessi (0 minima – 10 massima) e difficoltà di un loro raggiungimento (0 minima – 10 massima). La desiderabilità appare elevatissima per tutti gli obiettivi individuati: l’unico ad ottenere un punteggio medio inferiore a 9 è l’aumento della terziarizzazione del sistema economico regionale, che può dunque essere considerato come obiettivo “secondario”, almeno a giudizio dei nostri esperti. Più interessante è il discorso relativo alla difficoltà di raggiungimento dei diversi obiettivi: questa appare più elevata per la dimensione culturale (“modello basato su 10
un’equa distribuzione dei compiti di produzione e cura fra i due sessi” e “superamento della discriminazione in base al genere”) che non per quella strutturale/organizzativa (“modelli organizzativi basati sul raggiungimento di obiettivi e risultati”, “modello lavorativo in cui il doppio ruolo non risulti penalizzante”, “miglioramento dei servizi e delle misure di sostegno alla famiglia”). Gli esperti dunque sono convinti che sia più agevole (o forse sarebbe meglio dire meno difficile, visto che comunque i punteggi ottenuti sono sempre piuttosto elevati) intervenire sull’organizzazione del lavoro e dei servizi, piuttosto che sui modelli culturali che ne sono alla base. Schema 2 – Desiderabilità e difficoltà degli obiettivi individuati. Punteggi medi (min 0 max 10) Obiettivo Desiderabilità Difficoltà obiettivo obiettivo Modello socio-culturale basato su un’equa distribuzione dei compiti 9,0 8,0 di “produzione” e “cura” fra i due generi Modello lavorativo in cui il doppio ruolo non risulti penalizzante 9,3 7,3 Superamento della discriminazione in base al genere 9,6 8,0 Modelli organizzativi maggiormente basati sul raggiungimento di 9,1 6,2 obiettivi e risultati Miglioramento dei servizi e delle misure di sostegno alla famiglia 9,5 7,3 Aumento della terziarizzazione del sistema economico regionale 8,3 6,5 Maternità come evento non traumatico/penalizzante 9,1 7,6 2. Politiche, interventi, azioni In relazione a ciascuno degli obiettivi sono state individuate, anche sulla base delle indicazioni scaturite dal primo questionario, alcune linee di intervento ed una serie di azioni che potessero favorirne il raggiungimento. Relativamente ad ognuna di tali linee di intervento/azioni e stato chiesto ai testimoni di esprimere un giudizio in termini di efficacia presunta per il raggiungimento dell’obiettivo in esame, e di realizzabilità delle stesse. In generale, i testimoni intervistati appaiono inclini ad assegnare giudizi piuttosto positivi rispetto all’efficacia delle linee d’azione individuate nella fase precedente, tanto che nessuna ottiene un voto medio inferiore al 7,5 (con una media pari a 8,1). Anche in relazione alla realizzabilità degli interventi sembra esservi un certo ottimismo (voto medio 7,5) fra i testimoni, per i quali il problema per un’implementazione di tali interventi appare dunque legato soprattutto alla reale volontà dei decisori politici. 11
Schema 3 – Efficacia e realizzabilità5 presunte delle diverse linee di intervento in relazione a ciascun obiettivo. Punteggi medi (min 0 max 10) Obiettivi Linee di intervento Efficacia Realizzabilità Attività di sensibilizzazione sulla partecipazione femminile al mercato del 7,6 8,3 lavoro, della conciliazione e della Modello socio-culturale consapevolezza di genere basato su un’equa distribuzione dei compiti di Attività di orientamento alla formazione 8,9 7,9 “produzione” e “cura” fra i due sessi Interventi di “parificazione” delle misure di sostegno alla cura previste dai 8 7,6 contratti di lavoro (maternità, congedi parentali, ecc.) Interventi di “parificazione” delle misure di sostegno alla cura previste dai 7,7 contratti di lavoro (maternità, congedi parentali, ecc.) Incentivi alla riorganizzazione degli Modello lavorativo in cui il orari di lavoro in termini di maggiore doppio ruolo non risulti 8,1 7,6 flessibilità e di sviluppo di modelli penalizzante lavorativi a distanza Interventi volti a favorire il mutamento del modello organizzativo, oggi basato 8,6 7,9 prevalentemente sulla presenza più che sui risultati conseguiti Attività di sensibilizzazione sulla partecipazione femminile al mercato del 7,5 lavoro, della conciliazione e della consapevolezza di genere Superamento della discriminazione in base al Sistema premiante per le imprese genere certificate con “Bollino Rosa”, da riconoscere in base a una serie di 8 7,8 caratteristiche possedute dall’impresa come (ad esempio): Incentivi alla riorganizzazione degli orari di lavoro in termini di maggiore 8,4 flessibilità e di sviluppo di modelli Modelli organizzativi lavorativi a distanza maggiormente basati sul raggiungimento di obiettivi Interventi volti a favorire il mutamento e risultati del modello organizzativo, oggi basato 8,3 prevalentemente sulla presenza più che sui risultati conseguiti Segue → 5 Qualora la linea d’azione fosse già stata presentata il giudizio riguardava la sola efficacia. 12
Obiettivi Linee di intervento Efficacia Realizzabilità Potenziamento degli asili nido pubblici 8,9 6,8 Sostegno alla creazione di asili nido 7,5 7 aziendali e/o asili in rete fra più aziende Potenziamento dei servizi di assistenza 8,6 7,1 ad anziani e disabili Miglioramento dei servizi e delle misure di sostegno alla famiglia Allargamento di periodi (agosto) ed orari dei servizi di sostegno, per favorire le 8,4 7,3 donne impegnate nei settori del commercio e del turismo. Detraibilità totale delle spese sostenute per assistenza a bambini, anziani e 8,6 7,9 disabili Interventi/incentivi indirizzati allo sviluppo di alcuni settori nell’ambito dei Aumento della servizi (turismo, cura della persona, 7,5 7,3 terziarizzazione comunicazione, ecc.) maggiormente interessati dalla presenza femminile Interventi di “parificazione” delle misure di sostegno alla cura previste dai contratti 8 di lavoro (maternità, congedi parentali, ecc.) Sostegno finanziario alla riqualificazione 7,9 7,5 della domanda di lavoro Maternità come evento non Sistema premiante per le imprese traumatico/penalizzante certificate con “Bollino Rosa”, da riconoscere in base a una serie di 8,1 caratteristiche possedute dall’impresa come (ad esempio): Premiare le assunzioni femminili a tempo indeterminato con una significativa 7,9 7,4 riduzione contributiva per l’impresa Entrando più nello specifico, si può osservare come in relazione al primo obiettivo (adozione di un modello socio-culturale basato su un’equa distribuzione dei compiti di “produzione” e “cura” fra i due generi) la linea di azione maggiormente promettente appaia quella dell’orientamento alla formazione. Tale attività, a parere dei nostri testimoni, dovrebbe essere effettuata soprattutto attraverso incontri di gruppo presso le scuole primarie e secondarie, ma anche attraverso incontri individuali, per i quali però è un po’ più difficile la fase realizzativa. Una seconda linea di azione che potrebbe avere effetti positivi sull’evoluzione del modello socio-culturale regionale fa riferimento alla “parificazione” delle misure 13
di sostegno alla cura previste dai contratti di lavoro (maternità, congedi parentali, ecc.); ciò consentirebbe con più facilità un’alternanza fra i due sessi nelle attività familiari di cura. Infine meno efficaci a tale scopo, sebbene di più facile organizzazione, appaiono le attività di sensibilizzazione sui temi della partecipazione femminile al mercato del lavoro, della conciliazione, della consapevolezza di genere: in tal caso oltre all’attività nelle scuole si fa riferimento anche a campagne informative mediatiche (radio, tv, giornali), e ad attività convegnistiche, seminariali e, soprattutto, ad iniziative di diffusione di buone prassi già presenti sul territorio. Al fine di sviluppare un modello lavorativo nel quale il doppio ruolo non risulti penalizzante e maggiormente basato sul raggiungimento di obiettivi e risultati appaiono assai importanti interventi volti a favorire il mutamento organizzativo, al fine di favorire un superamento del modello di lavoro basato sulla sola presenza fisica: il principale intervento in termini di efficacia e realizzabilità dovrebbe essere la sperimentazione e promozione da parte della P.A. di modelli di lavoro innovativi (telelavoro, flessibilità oraria, lavoro per obiettivi, ecc.), così da fungere da modello per altre organizzazioni. A tali sperimentazioni si potrebbero poi affiancare anche degli incentivi (erogabili anche attraverso sgravi contributivi) per la riorganizzazione degli orari di lavoro in termini di maggiore flessibilità e di sviluppo del lavoro a distanza. Per favorire il superamento della discriminazione in base al genere, più efficace delle attività di sensibilizzazione appare l’adozione di un sistema premiante per le imprese certificate con il “Bollino Rosa”, nelle quali cioè sia presente una quota femminile pari almeno al 50% dei componenti nel CdA e nell’area dirigenziale. Il miglioramento dei servizi e delle misure di sostegno alla famiglia, che abbiamo visto essere uno degli obiettivi maggiormente desiderabili per i nostri testimoni, è anche quello che evidenzia i più alti livelli di efficacia presunta ed i più bassi (o forse sarebbe meglio dire i meno alti) giudizi relativi alla realizzabilità degli interventi. In particolare il potenziamento degli asili nido pubblici è l’intervento che ottiene il più elevato punteggio in termini di efficacia (8,9) ed il più basso in termini di realizzabilità: pesano probabilmente la difficoltà nel reperire le risorse necessarie e nell’organizzare le nuove strutture (spazi, personale, ecc.). Relativamente al problema della maternità come evento penalizzante, infine, non sembra esservi una linea di intervento privilegiata: alla parificazione delle misure di sostegno alla cura ed al sistema premiante per le imprese con il Bollino Rosa si affiancano con punteggi assai vicini iniziative volte garantire sostegno finanziario alla riqualificazione della domanda di lavoro6 e a premiare le assunzioni femminili con contratto a tempo indeterminato. 6 Le donne sono generalmente più qualificate degli uomini, quindi dovrebbero avvantaggiarsi maggiormente di una tale misura. 14
3. Brevi osservazioni conclusive Si può concludere queste riflessioni cercando di sintetizzare quanto emerso dall’indagine. Tre appaiono essere i principali fattori in grado di influenzare negativamente l’occupazione femminile, in senso quantitativo (partecipazione e disoccupazione) e qualitativo (sottoccupazione, precarietà e minori possibilità di carriera): - Presenza di un modello socio-culturale tradizionale, basato sulla divisione dei ruoli in base al genere: tale modello avrebbe influenzato e permeato le strutture sociali ed economiche, privilegiando modelli lavorativi basati sulla disponibilità di tempo più che sui risultati conseguiti; è fra tutti il fattore più radicato e più difficile da superare. - Carenza di servizi di sostegno alla famiglia: soprattutto servizi per l’infanzia, ma anche quelli rivolti alla popolazione anziana, in una regione che vede progressivamente aumentare il livello di invecchiamento della popolazione - Maternità come evento penalizzante: da un lato rende più problematico l’inserimento lavorativo “stabile”, dall’altro determina spesso la fuoriuscita dal mercato del lavoro per lunghi periodi di tempo con notevoli problemi di reinserimento Possiamo invece individuare quattro diverse linee di azione che i nostri testimoni considerano prioritarie per migliorare la condizione dell’occupazione femminile: - Potenziamento dei servizi rivolti a bambini ed anziani: è l’intervento potenzialmente più efficace ma anche quello più impegnativo, non solo per l’ammontare delle risorse necessarie ma anche per lo sforzo organizzativo che un tale intervento richiede - Sperimentazione da parte della P.A. di nuovi modelli di lavoro/incentivazione alla riorganizzazione di orari e modelli di lavoro nel privato: sono interventi importanti per superare il legame fra presenza/disponibilità in termini temporali, retribuzione e carriera, che penalizza fortemente la componente femminile - Certificazione delle imprese con Bollino Rosa ed individuazione di adeguati benefici economici ad esse riservati: un simile intervento permetterebbe un aumento delle donne nelle posizioni apicali all’interno del sistema economico regionale - Orientamento alla formazione: l’intervento mira a superare il sex-tiping che caratterizza le scelte formative, che storicamente ha portato la componente femminile a rivolgersi ad indirizzi di studio di tipo umanistico che offrono minori opportunità occupazionali. Se la prima di queste linee di azione appare maggiormente complessa, richiedendo un’attività coordinata fra le diverse istituzioni locali (Regione, Ambiti Sociali, Comuni, ecc.), le altre tre sembrerebbero di minore difficoltà implementativa, richiedendo in due casi (sperimentazione e certificazione) soltanto una specifica concertazione con le rappresentanze dei diversi soggetti interessati. 15
Puoi anche leggere