Modalità e criteri di segmentazione nel Corporate & Investment Banking

Pagina creata da Luigi Sorrentino
 
CONTINUA A LEGGERE
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
                               20123 MILANO – LARGO A. GEMELLI, 1

                       Modalità e criteri di
                          segmentazione
         nel Corporate & Investment Banking

a cura di:
Renato Fiocca
Glauco T. Savorgnani
Daniela Corsaro

     Centrimark – Centro di ricerche di marketing – Università Cattolica
                                    per
       AICIB (Associazione Italiana Corporate e Investment Banking)
Scopi e natura della ricerca

La ricerca commissionata da AICIB a Centrimark ha lo scopo generale di indagare il tema della
segmentazione, sia nella prospettiva degli istituti di credito che delle imprese clienti, perseguendo le
seguenti finalità specifiche:

    Definire le modalità attualmente utilizzate dalle banche per segmentare la clientela
     corporate;
    Verificare quanto le imprese siano soddisfatte della relazione con le banche in termini di
     personalizzazione dell’offerta;
    Fornire alle banche le indicazioni su come segmentare la clientela al fine di implementare un
     migliore rapporto banca-impresa.

La natura dello studio, visti anche i piccoli gruppi utilizzati come campione, è stata essenzialmente
di carattere qualitativo e esplorativo, nel tentativo di far emergere tematiche che potrebbero risultare
interessanti per ulteriori approfondimenti.

Metodologia della ricerca

A livello metodologico la ricerca è stata strutturata in tre momenti principali:

Fase 1: esplorazione del contesto “Banca”
La tecnica utilizzata è quella del focus group a cui hanno partecipato i seguenti istituti di credito:
Capitalia, Cassa di Risparmio di Saluzzo, Biverbanca, Federlombarda e Rabobank. L’eterogeneità
delle stesse banche è considerata un fattore positivo, rappresentando una spinta alla gemmazione di
nuove idee.
Fase 2: esplorazione del contesto “Impresa”
La pianificazione della ricerca, che inizialmente prevedeva un focus group anche sul fronte cliente,
è stata in parte modificata in corso d’opera, vista l’impossibilità di radunare le imprese intorno a un
tavolo di discussione.
Sono state allora effettuate sette interviste in profondità, sia telefoniche che personali, della durata
media di 30-45 minuti, aventi ad oggetto, anche in questo caso, imprese appartenenti a contesti
piuttosto diversificati: ristorazione, lavorazione del marmo, produzione di apparati di sicurezza,
automazione e apparati per persiane, industria tessile, edilizia, ecc.; in termini di risultati la diversa
natura settoriale delle imprese si è rilevata piuttosto ininfluente.
Il cambiamento di metodo, da focus group a interviste personali, si ritiene non abbia comportato
alcun tipo di conseguenza negativa in termini di risultati anzi, probabilmente, ha permesso di
ottenere informazioni più specifiche e dettagliate.
Fase 3: confronto dei risultati emersi dalle due fasi precedenti
L’individuazione delle dimensioni rilevanti ai fini della segmentazione è avvenuta applicando
tecniche di comparazione e estensione, con il fine ultimo di selezionare e individuare i criteri di
segmentazione che presentino una maggiore significatività.
Si sottolinea come il confronto tra i risultati emersi sui due versanti, banca e impresa, non abbia
riguardato solo il livello più superficiale delle dichiarazioni effettuate, ma si sia spinto oltre,
cercando di interpretare le stesse, di contestualizzarle, e di creare delle connessioni logicamente
funzionanti.

                                                                                                        2
Risultati preliminari

Premessa

Negli ultimi anni il tema della segmentazione sta diventando sempre più centrale visto il tentativo
dell’offerta di avvicinarsi sempre più al cliente e ottenere, quindi, un vantaggio competitivo. Al
contempo, però, si sta perdendo il riferimento al mercato in senso stretto: non sono più i mercati che
vengono segmentati, in base alle dimensioni, alle logiche di fatturato, ecc., ovvero sulla base di
variabili di natura strutturale, ma si stanno affermando modalità di segmentazione di tipo
individuale, che superano persino la focalizzazione sugli stili di vita, e arrivano all’individuazione
di variabili di natura comportamentale.
Se questo cambiamento appare molto chiaro nei mercati consumer, in quelli business to business
tale considerazione costituisce la frontiera della segmentazione.

I risultati emersi possono essere essenzialmente ricondotti a quattro aree:

Rapporto banca-impresa: chi segmenta chi?

Le imprese sono molto più attente a selezionare le banche di quanto lo siano le stesse nel
selezionare la propria clientela: sembra infatti che siano le imprese a scegliere le banche, e non
viceversa.
Le imprese segmentano i loro “fornitori\banche” in maniera oculata, ne hanno generalmente almeno
cinque, e richiedono operazioni e attività più sofisticate solo a determinate tipologie di attori,
individuati soprattutto in base alla caratteristiche degli stessi e alla storia della relazione. Nello
specifico sembra che la relazione sia più conosciuta dalla banca che dall’impresa, la quale di
conseguenza massimizza la sua capacità di valutare offerte comparate.
E’ possibile quindi dedurre che se per un verso la segmentazione effettuata dalle banche presenta
degli elementi di discontinuità, le imprese clienti implementano chiare modalità di classificazione e
segmentazione delle banche sulla base della loro storia, dell’esperienza nella relazione e della
comparazione tra le condizioni offerte.
Se ne deduce quindi che tale mercato sia più sviluppato sul lato della domanda che dell’offerta.

Operatività ordinaria e straordinaria

La valutazione delle imprese circa il loro rapporto con la banca varia in relazione alla fase di vita in
cui trova l’azienda, richiedendo un intervento differente a seconda che si tratti di operatività
ordinaria o straordinaria.
Le imprese suddividono infatti i loro interlocutori tra quelli che svolgono in maniera efficiente le
attività ordinarie e quelli che, invece, hanno competenze anche per quanto concerne le operazioni
“straordinarie”, ovvero quelle che esulano dall’operatività corrente.
Nel primo caso le imprese sembrano soddisfatte, ritrovando nell’operatività corrente caratteristiche
di velocità, sicurezza, ecc.; lo stesso non accade, però, per le attività straordinarie: esiste un limite
che porta l’impresa a non vedere la banca come un attore di supporto ai cambiamenti di natura
straordinaria e alle fasi critiche di sviluppo.
Le imprese vorrebbero come interlocutori non solo dei professionisti di banking e finance, ma degli
esperti di business con cui interfacciarsi e, al momento, poche banche ragionano in tale logica. E’
come se il cliente avesse idea che la banca possa fare qualche cosa in più ma, allo stesso tempo, non
si generano quei legami, quella sintonia, che permetterebbero di realizzarlo.
Si deduce quindi che la banca sia vista più come un fornitore di denaro, che di “consigli”, ovvero
non viene percepita come un attore di supporto allo sviluppo del business di impresa.

                                                                                                       3
Segmentazione e benefici ricercati

La benefit segmentation è una delle modalità di segmentazione più utili ed efficaci in quanto
l’individuazione dei benefici ricercati dalla clientela porta le imprese a riaggregare i clienti sulla
base delle proprie capacità e, quindi, a riorganizzarsi per soddisfare quel tipo di beneficio ricercato.
Se per un verso tale tecnica è quella che combina al meglio esigenze della domanda e competenze
dell’impresa, lo svantaggio è che potrebbe non far vedere quali siano le potenzialità di sviluppo
della relazione.
Nel contesto bancario tale segmentazione non sembra applicata, in quanto i criteri tendenzialmente
usati dalle banche corrispondono solo parzialmente ai benefici ricercati dalle imprese, spesso legati
ai bisogni dinamici delle stesse.
Gli istituti di credito, infatti, arrivano alla definizione di categorie omogenee di clienti per lo più
attraverso una ri-classificazione basata su criteri generali (dimensioni, settore, ecc.) integrata da
elementi di valutazione a livello “locale”, ma senza entrare nel merito del contesto di business
dell’impresa, ovvero ciò che alle stesse interessa maggiormente.
Esiste un divario piuttosto ampio tra le modalità attraverso cui le banche stanno attualmente
segmentando il mercato e quello che, invece, ricercano le imprese, ovvero proposte basate sui loro
bisogni reali. Tra tali due estremi potrebbe risiedere una segmentazione di tipo settoriale, non
merceologica, intesa come conoscenza da parte della banche delle caratteristiche proprie del
business dell’impresa cliente e, quindi, del ciclo di vita del settore, del tasso di innovazione, del
peso attribuito ai costi, del livello di internazionalizzazione, ecc.
Molte banche segmentano utilizzando come criterio principe le dimensioni aziendali, nonostante
dimensioni differenti non necessariamente si traducano in diverse esigenze.
Emergono quindi dei gap su cui si ritiene possibile ipotizzare interventi migliorativi.
Segmentazione e percezione dell’immagine della banca

Anche per quanto concerne l’immagine che le imprese hanno della banca si verifica un dualismo.
Come precedentemente affermato, il day-by-day basato sull’operatività soddisfa le imprese e riflette
un’immagine positiva. Si dubita, però, che la banca sia in grado di seguire le imprese nella
operazioni straordinarie con altrettanta efficacia.
Il danno è che ne emerga un’immagine di banca banalizzata, con pochi elementi di differenziazione.
Le imprese, inoltre, lamentano la scarsa presenza della banca nell’impresa, di come, anche a livello
pratico, non vengano visitate dai relativi responsabili con il fine di conoscerne le specifiche
caratteristiche, il portafoglio prodotti e i processi core.
L’immagine della banca che vive “eternamente” in banca, e del cliente che deve recarsi presso la
stessa, andrebbe quantomeno rivisitata.

Se i risultati espressi nei quattro punti precedenti appaiono strettamente aderenti e il più possibile
oggettivi rispetto alle dichiarazioni degli intervistati, le considerazioni successive sono frutto di un
processo di estensione e rielaborazione di quanto emerso in prima analisi, che hanno portato alle
seguenti ulteriori considerazioni.

Conclusioni

Partendo dal presupposto che:
     il cliente pone enfasi sull’importanza di una relazione stretta con la banca, dove la stessa
       diventa player attivo nel processo di sviluppo del business (quindi una relazione a valore
       aggiunto e non banalizzata);
     e che i bisogni espressi dalle imprese clienti non sono legati tanto al settore e alle dimensioni
       d’impresa, quanto piuttosto alle caratteristiche intrinseche delle stesse, ai loro processi e alle
       loro logiche di cambiamento;

                                                                                                       4
le riflessioni conclusive ci portano a sottolineare la necessità di allontanarsi dalle logiche
tradizionali di macro-segmentazione, ovvero quelle legate ai dati strutturali, i più facili da
recuperare e trattare, a favore di una micro-segmentazione, molto più efficace, e basata sui
comportamenti d’acquisto e le caratteristiche della relazione.
Al proposito alcuni intervistati parlano di segmentazione fredda (macro-segmentazione su variabili
strutturali) e di segmentazione calda (micro-segmentazione su variabili comportamentali) e
concordano nel fatto che la prima, la più praticata dalle banche, è scarsamente in grado di dare
indicazioni circa gli elementi di differenziazione su cui far leva per avvicinarsi al cliente.
Ci si aspetterebbe, quindi, un primo livello di macro-segmentazione su cui successivamente agire
con una segmentazione micro, cosa che nella realtà non accade, dato che anche le banche che
parlano di micro-segmentazione si rifanno poi, comunque, a variabili strutturali.
Una possibile via potrebbe essere quella di considerare i macro segmenti e poi, all’interno di questi,
individuare e riaggregare i clienti più sofisticati, più esperti, più aperti all’innovazione (o più
tradizionalisti), ecc. ovvero prendendo a riferimento tutti quegli elementi che rappresentano le basi
del comportamento d’impresa.
Per il futuro si suggerisce di focalizzarsi verso una segmentazione di tipo competence based, che
porti a distinguere imprese con competenze finanziare autonome, da quelle con competenze più
limitate, e quindi maggiore necessità di supporto non solo in fase di selezione dell’offerta e di
negoziazione, ma anche di individuazione delle problematiche e attuazione delle decisioni.
La stessa banca dovrebbe adottare delle modalità relazionali differenti a seconda che abbia come
interlocutore un direttore finanziario, l’imprenditore, magari con una passata esperienza e
conoscenza in ambito finanziario o che si avvale di consulenti, piuttosto che interlocutori che
necessitino quasi di essere “educati” circa le caratteristiche, l’oggetto e le potenzialità della
relazione con gli istituti di credito.
Naturalmente questo non porta a dividere nettamente le imprese tra finanziariamente competenti e
non, in quanto si verificano anche delle situazioni intermedie su cui si potrebbe ulteriormente
indagare nell’intento di capire quali siano le competenze di impresa e come le stesse possano essere
riaggregate.
Il secondo criterio, già citato, è quello della benefit segmentation, ovvero “superata” la logica della
macro-segmentazione, e in parte anche quella della micro-segmentazione, l’obiettivo deve essere
quello di capire quali tipologie di benefici siano ricercati dalle imprese, e che tipo di corrispondenza
ci sia rispetto all’offerta dalle banche.
Un passo ulteriore potrebbe essere poi quello di verificare la sovrapposizione tra benefici ricercati e
capacità, o meno, attuali e potenziali, mostrando i gap tra ciò che la domanda richiede e ciò che la
banca, rispetto alle sue caratteristiche, può offrire.
Le banche parlano di segmentazione più in termini analitici che decisionali, e spesso accade che
strategie e decisioni non siano effettivamente espressione della segmentazione effettuata.
Si rileva infine nelle imprese un certo interesse e curiosità in merito alla tematica oggetto di ricerca;
le stesse si domandano, e vorrebbero comprendere, quali siano i potenziali di sviluppo nella
relazione con gli istituti di credito, fino a che punto sia possibile lavorare assieme.
Concludendo, quindi, sembra che le imprese richiedano più conoscenze in termini di business che
finanziare, che non significa che non siano interessate a queste ultime, ma semplicemente che le
danno per scontate. Le stesse conoscenze potrebbero diventare molto più utili e generare un valore
superiore se fossero combinate con altre relative al business specifico dell’impresa.

I risultati preliminari del presente lavoro di ricerca mostrano come la relazione banca-cliente
necessiti di essere ulteriormente esplorata da un punto di vista qualitativo, ampliando la base di
studio e cercando di determinare le dimensioni che vanno a descrivere ciascuna tipologia di
comportamento rilevato e le relative interdipendenze.

                                                                                                       5
Alla luce delle caratteristiche del contesto di studio e dei risultati emersi si ritiene quindi prematura
l’applicazione di una metodologia quantitativa, in quanto si rischierebbe di trovare indicazioni
numeriche per descrivere fenomeni non ancora totalmente compresi.

Milano, 16 maggio 2007.

                                                                                                       6
Puoi anche leggere