"MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE" - Torino marzo 2008

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“MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE”

           Torino marzo 2008
“MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE”
         Molte donne in posizioni di responsabilità: cambierà
                           l’organizzazione del lavoro?

         Ricerca promossa dalla Consigliera di Pari Opportunità Laura Cima e
               realizzata da Acta con la partecipazione e il contributo di:
   Anna Ferrero, Anna Allocco, Fabrizio Fagiano, Alberto Favole, Federica Piccoli.

Si ringrazia il Dipartimento WHIP - Work Histories Italian Panel, banca dati di storie lavorative
sviluppata dal Laboratorio R. Revelli – Centre for Employment Studies per i dati forniti.

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INTRODUZIONE

La ricerca si pone l’obiettivo di fornire i primi elementi per avviare una riflessione sul ruolo che le
donne in posizioni di responsabilità potranno agire nel mondo del lavoro da ora al futuro
prossimo.

Negli ultimi anni lo scenario economico è assai mutato, con esso anche le realtà locali: a Torino e
provincia, connotate fino a pochi anni fa da un’economia caratterizzata prevalentemente da grandi
industrie, le piccole – medie imprese e le società individuali si sono affermate come protagoniste
dello scenario economico. In particolare, il terziario è divenuto il settore più rilevante anche nella
nostra realtà.

In questo contesto in piena evoluzione, protagoniste di questi cambiamenti sono le donne, la cui
presenza aumenta in ruoli ed in ambiti finora quasi esclusivamente maschili: sempre più donne, con
alta scolarità e competenze in aree diverse, hanno assunto ruoli di responsabilità entrando od
affermandosi come dipendenti e come imprenditrici, nel settore privato ed in quello pubblico.

E’ nata e si sta affermando la figura della “donna–manager”.

Il cospicuo e recente aumento delle donne che gestiscono ruoli di responsabilità ai vari livelli nel
mondo del lavoro rispecchia un mutamento non solo economico, che coinvolge la vita delle
protagoniste, delle loro famiglie e quindi di tutta la società. Accanto alle indagini sulle radici
storiche, economiche e sociali di un tale cambiamento, si è ritenuto opportuno avviare una ricerca
per indagare il fenomeno ascoltando il punto di vista femminile, che, se può differire da quello
maschile, al suo interno presenta comunque notevoli sfaccettature a seconda se chi parla è, oltre
che donna con un ruolo di responsabilità, mamma, imprenditrice, dipendente, pendolare….

Scopo della ricerca è verificare se questo aumento delle donne che gestiscono ruoli di
responsabilità abbia portato dei cambiamenti o li stia portando, verificare se ci siano stili
manageriali distintivi delle donne, e se sì, in cosa differiscano da quelli maschili e quali siano gli
eventuali nuovi modelli.

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In un momento di grandi e veloci cambiamenti, analizzare le caratteristiche (e quindi i punti di
forza) della donna manager ci permetterà di proporre nuovi modelli delle organizzazioni e della
società stessa.
Consapevoli che la classica dicotomia uomo – donna poteva essere solo il punto di partenza,
siamo stati felici di constatare l’attualità e l’importanza delle problematiche proposte, avendo tutte
le interpellate dimostrato interesse e anche gratitudine all’idea di poter raccontare le loro storie
(tutte eccezionali nella loro normalità / quotidianità) ed esporre idee, considerazioni, proposte su
questioni che travalicano le storie personali per raffigurare un quadro collettivo interessante e
ricco di fermenti innovativi.

La risposta alle nostre sollecitazioni è stata non solo soddisfacente, ma anche entusiasmante per la
partecipazione attenta di tutte le donne intervenute ai focus, che hanno apprezzato e si sono fatte
coinvolgere dalla ricerca, tanto da chiedere una continuazione della discussione tramite un blog,
e/o altre sedi di dialogo, proprio per potersi confrontare ed eventualmente portare la propria
esperienza, per migliorare le condizioni di lavoro delle donne – e non solo.

Questa disponibilità è stata tanto più apprezzata perché richiede una parte di quel tempo che tutte
hanno dimostrato di rispettare, fosse loro o altrui; riteniamo quindi di poter dimostrare il nostro
rispetto per il tempo di tutti quelli che ci hanno aiutato nella ricerca con la loro disponibilità
cercando di essere sintetiche nel dare una panoramica esaustiva dei molti risultati emersi dalla
ricerca, augurandoci allo stesso tempo di trasmettere il senso di autoironia e di humor che è
emerso sia negli incontri che dai questionari.

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L’IDEA INIZIALE

Perché tanta attenzione alla donna manager?         Forse perché sono due parole difficilmente
accostabili ? Come vivono le donne la possibilità di fare carriera, di avere delle responsabilità
riconosciute, dei ruoli manageriali?
Abbiamo parlato con chi ha vissuto o sta vivendo queste esperienze per verificare il cambiamento
che alcuni dati suggeriscono.
Infatti, il numero delle donne in posizioni manageriali è molto aumentato negli ultimi anni.

I dati INPS in nostro possesso, relativi al periodo compreso tra il 1996 e il 2004, mostrano un
aumento delle donne in posizione dirigenziale di circa il 40 % e per le donne in posizione quadro
si arriva a superare il 100%.
Questo fenomeno riguarda particolarmente le aziende di servizi.

Ne consegue la necessità di capire come le donne sono “manager”: ricalcano il modello maschile?
Oppure c’è uno stile manageriale distintivo delle donne? Se c'è, in cosa differisce in meglio o in
peggio e/o semplicemente in modo diverso?

D’altra parte, i dati ci dicono che le donne stanno emergendo anche in campi tradizionalmente
maschili. Cosa comporta nei rapporti con i superori uomini e con i subordinati di ambo i sessi?
Come si conciliano vita lavorativa e famiglia? È sempre la donna a doversi fare carico degli impegni
familiari?

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GLI OBIETTIVI DELLA RICERCA

Tutte le domande e le suggestioni ci sembravano degne di un approfondimento.
Ci siamo innanzitutto posti l‘obiettivo di avviare una discussione sulla managerialità al femminile,
approfondendo con le donne interessate il loro modo di operare all’interno del mondo del lavoro.
Ci siamo proposti di verificare poi come le competenze, la forza e i modelli gestionali esercitati da
donne in posizione di responsabilità possano essere significativi nell’organizzazione del lavoro e
come possano eventualmente cambiarla o l’abbiano già cambiata rispetto a modelli di managerialità
tipicamente maschili.

Poter far parlare le donne di un argomento che nasce come strettamente femminile, ma interessa
tutta la società nel complesso, è sembrato il modo migliore per verificare ed approfondire i punti
importanti del cambiamento in corso.
Le principali problematiche indagate dalla ricerca sono quindi:
- il cambiamento è o non è in atto, e se sì, come lo si può cogliere?
- l’aumento numerico delle donne in posizioni di responsabilità influisce sul cambiamento
dell’organizzazione del lavoro? e quanto? E come?
- il modello manageriale femminile: esiste veramente, in quanto diverso da quello maschile?
- qual è la possibilità per le donne di comunicare ed agire rispetto a questa situazione di possibile
cambiamento?
- esistono, quali sono e come funzionano i supporti esterni e le facilitazioni messe a disposizione
dalla società per sostenere le donne nella conciliazione e nell’interpretazione del nuovo ruolo?
- quali confronti e quali differenze corrono tra settori lavorativi diversi?
- quali confronti e quali differenze corrono con realtà straniere?

Uno dei punti di maggiore interesse era indagare se le interpellate avessero suggerimenti da dare
riguardo a possibili cambiamenti nell’organizzazione del lavoro: ci è sembrato quindi opportuno
scegliere un metodo di indagine che permettesse di raccogliere tutte le suggestioni che fossero
arrivate dalle intervistate.
Tale metodo ha permesso non solo alle donne coinvolte di esprimere liberamente il proprio
pensiero, ma anche di confrontarsi e di elaborare nuove idee.
Questa scelta è stata premiante: molte delle donne intervistate hanno già apportato cambiamenti
significativi all’interno dell’organizzazione del lavoro, ottenendo risultati significativi in termini di
assiduità, interesse, motivazione …

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METODO E STRUMENTI

Per ottenere i risultati migliori si è ritenuto opportuno condurre l’indagine su un campione
qualitativo con una metodologia che permettesse di entrare con profondità nell’agire il proprio
ruolo di responsabilità.
Si è quindi scelto di organizzare una serie di focus group che hanno permesso un confronto aperto
tra le partecipanti e, essendo la ricerca basata sull’autovalutazione, di individuare i necessari
correttivi in sede di discussione.
Al termine, sono stati distribuiti questionari appositamente predisposti.

La metodologia del focus group è stata scelta perché permette di stabilire delle relazioni privilegiate
tra conduttore e intervistati, creando delle situazioni in cui si sa di poter parlare liberamente di
argomenti di alto interesse per tutti, in un contesto spazio –temporale delimitato e quindi in un
certo senso protetto. Si ottiene quindi la possibilità di avere una circolarità delle idee,
un’occasione di confronto aperto, e anche di attivare una rete di contatti che apre ulteriori
possibilità per le stesse partecipanti.
Si voleva avere un vero scambio di esperienze e di opinioni, arrivando a proposte concrete per la
soluzione dei problemi emersi, costituendo altresì anche un momento di riflessione sull'essere
imprenditrici e/o manager, che producesse eventuali suggerimenti per aumentare la presenza delle
donne negli organismi direttivi.
Nei gruppi di discussione si è infatti creato un clima che ha permesso di poter spaziare all’interno
degli argomenti proposti e di approfondire quelli che erano gli aspetti più urgenti per le
partecipanti, rimanendo comunque sempre nella traccia stabilita dalla ricerca.

I focus group, realizzati tra maggio e ottobre 2007, sono stati strutturati nei seguenti gruppi.
-     API- Imprenditrici di piccole realtà industriali aderenti alla Confapi;
-     ASCOM – Imprenditrici del settore commercio e dipendenti-responsabili dell’Associazione;
-     Pubblica Amministrazione (n. 2 focus);
-     Imprenditrici del Sociale;
-     Sanità (n. 2 focus);
-     Imprenditrici e manager di Aziende aderenti all’Unione Industriale;
-     Scuola (Dirigenti scolastici).
-     Gruppo misto

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Le domande dei focus, poste con l’intento di stimolare anche una discussione tra le partecipanti
sugli argomenti fondanti della ricerca, sono state le seguenti:

“Un numero più elevato di donne in ruoli di responsabilità ha portato oppure sta portando
cambiamenti nel mondo del lavoro? Se sì, quali?”;
“Esistono “modelli manageriali al femminile”? Se sì, in cosa differiscono da quelli maschili?”;
“Le donne parlano tra loro di questo? In che modo?”;
“Di quali supporti necessitano le donne per poter lavorare proficuamente?”
“Come vedete il vostro modo di lavorare ? Se al vostro posto ci fosse un uomo, come sarebbe?”
“Com’è la gestione del tempo per una donna?”
“Quali sistemi di incentivi legati al merito adottate?”
“Le donne che verranno dopo di noi, in ruoli di responsabilità, cosa si troveranno davanti?”

A tutte le partecipanti sono stati poi consegnati i questionari, il cui scopo era approfondire
tematiche di interesse ed ottenere dati quantitativi ed anagrafici confrontabili, lasciando libertà di
rispondere quando avrebbero avuto disponibilità di tempo.

I questionari erano strutturati in due parti, una di osservazioni, l’altra di proposte. Le domande
miravano sia ad approfondire alcune tematiche dei focus sia ad approfondirne altre più
meditative/personali .

Nella presentazione dei dati si è scelto di dare il più possibile spazio alle frasi stesse delle
partecipanti e di chi a risposto ai questionari, per cercare di rendere la complessità e la ricchezza
degli spunti raccolti, lasciando spazio ad eventuali successivi approfondimenti.

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LE PARTECIPANTI
                                        (le persone coinvolte)

Su 130 donne con funzioni manageriali in ambiti diversi contattate, 60 hanno partecipato ai focus, e
sono stati restituiti 27 questionari.

Sono state contattate donne in ruoli di responsabilità distribuite nei vari settori lavorativi in modo
che rispecchiassero la reale presenza.

Alcune sono state contattate singolarmente, alcune tramite associazioni di categoria o responsabili
dell’organizzazione.
Tra le partecipanti ai focus, sono emerse le seguenti caratteristiche:
   • l’80% è laureata,
   • molte hanno master o seconda laurea,
   • il 70% è sposata, e più della metà ha figli.

                       EVIDENZE EMERSE DAI QUESTIONARI

PRIMA PARTE – OSSERVAZIONI

Domanda 1. Principali elementi positivi riscontrati nella gestione dei collaboratori.
A questa domanda sono state date risposte che fanno riferimento a tre categorie concettuali, in
cui le donne sembrano trovare una parte del proprio peculiare valore, rispetto al mondo maschile.
Esse sono:
   • empowerment, ovvero sviluppo delle capacità, delle qualità, del valore delle risorse
       coordinate e di sé stesse;
   • squadra, intesa come gruppo di lavoro basato su senso di appartenenza e collaborazione;
   • ascolto, ovvero capacità di disporsi verso l’altro in modo recettivo e comprensivo.
A ben vedere, tutte e tre queste categorie di senso sottendono e sottolineano un tipo particolare
di relazione con l’altro che, scomodando Jung e la psicologia archetipica, vien da definire a matrice
materna. Si tratta infatti di una relazione declinata nel senso del sostegno e della valorizzazione
(empowerment), della condivisione (squadra) e della disponibilità (ascolto). Dalle risposte date,

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l’elemento di soddisfazione principale riscontrato nella gestione dei collaboratori, seppur declinato
secondo tre modalità, sembra riconducibile alla possibilità di esprimere le proprie competenze
relazionali a carattere materno, applicandole in ambito lavorativo.
Suddivise per le tre categorie, riportiamo alcune espressioni significative e parole chiave ricorrenti.
Empowerment: “capacità decisionale”; “che ciascuno possa utilizzare al meglio le proprie abilità e
competenze”; “crescita culturale comune, che aiuta a migliorare le proprie capacità di interagire”;
“l’incremento della capacità di comprendere e correggere i propri errori”; “la gestione delle risorse umane,
finalizzata a motivare e stimolare i collaboratori valorizzandone le personali capacità professionali”.
Squadra: “apporto di competenze e stili di lavoro diversi”; “senso di appartenenza ad un gruppo”;
“collaborazione”; “team, spirito di gruppo e volontà di lavoro in equipe”; “senso di appartenenza”;
“lavorare insieme”; “condivisione delle difficoltà e dei problemi da affrontare”; “buon coinvolgimento nel
lavoro”; “persone molto collaborative, in grado di condividere e creare lo spirito del gruppo, anzi, meglio
del ‘noi’”; “divertirsi a lavorare e costruire”; “forte coinvolgimento dei collaboratori nella motivazione al
lavoro”; “condivisione degli obiettivi richiesti”; “condivisione degli obiettivi e delle modalità di
raggiungimento”.
Ascolto e disponibilità: “saper ascoltare e mediare”; “relazione umana”; “disponibilità e flessibilità”;
“disponibilità a raccogliere istanze e problematiche anche a carattere personale”.

Domanda 2. Principali elementi negativi.
Le principali difficoltà riscontrate attengono all’esercizio del ruolo di leader, vuoi sul piano delle
risorse personali e dei processi relazionali, vuoi per gli strumenti e le risorse a disposizione. Da
sottolineare che questo secondo aspetto è maggiormente evidenziato dalle donne che operano nel
settore pubblico, che subiscono una maggior rigidità organizzativa rispetto alle colleghe del settore
privato.
In 4 casi, c’è invece una dichiarazione esplicita di difficoltà legate al fatto di essere donne in
ambienti a maggioranza maschile o dal contenuto applicativo tipicamente maschile, per esempio di
tipo tecnico. In uno di questi casi, viene precisato che il pregiudizio di genere sembra provenire sia
da uomini sia da altre donne.
Espressioni e parole chiave ricorrenti che sottolineano le difficoltà di esercizio di leadership legate
a fattori riconducibili a sé, come il dispendio di energie e l’utilizzo di tecniche comunicative e
relazionali, sono: “eccessivo dispendio di energie” ;“stanchezza” “difficoltà a coinvolgere”; “la fatica,
comune a tutti, nella relazione”; “attività stressante”; “trovare il giusto mix tra autorevolezza ed empatia”;
“stimolare l’autonomia e la capacità di problem solving” “difficoltà a conciliare le diverse personalità e
livelli professionalità, per costruire la squadra”; “difficoltà a trasmettere    informazioni con linguaggio

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uniforme a livello di comprensione”; “(i collaboratori) interpretano la figura del ‘capo’ in chiave parentale,
rovesciandogli addosso tutte le aggressività del ‘non risolto”; “diminuito interesse ed entusiasmo”; “gestire
il rapporto vita privata- lavoro dei collaboratori”.
Esempi di risposte che invece propongono difficoltà di esercizio del ruolo, dovute a elementi
oggettivi o contestuali (e che, come detto, sono molto numerose fra coloro che lavorano nel
pubblico): “le difficoltà nascono da richieste dell'apparato più per esigenze burocratiche che per concrete
motivazioni di lavoro (ad esempio valutazione del personale secondo parametri rigidi)”; “adeguamento di
carriera rispetto alle aspirazioni”; “il personale è assegnato e, se è ritenuto poco capace, è difficile
intervenire se non con spreco di tempo ed energie”; “impossibilità di scegliere il personale”; “organico non
sufficiente”; “Problemi di salute e di assistenza a famigliari difficile trovare collaboratori propositivi”;
“impossibilità di premiare adeguatamente i meritevoli”; “reperire incentivi economici o di carriera per i
collaboratori attività burocratico amministrative complesse”.
Infine, ecco quanto riguarda le difficoltà percepite come riconducibili ella differenza di genere: “ho
trovato difficoltà ad essere considerata come persona senza il filtro della lente di genere – con i
conseguenti pregiudizi – sia dal punto di vista maschile che femminile” ; “all'inizio non è stato facile farsi
accettare essendo 1) giovane 2) donna 3) ultima arrivata 4) laureata”; “scarso riconoscimento del ruolo, in
particolare da parte degli operatori di sesso maschile”; “questioni di genere in un ambiente altamente
tecnico e maschile”.

Domanda 3. Difficoltà riscontrate dovute all’organizzazione esistente (per es. orari,
rigidità contrattuale, clima aziendale, ecc).
A questa domanda sono state date risposte molto differenti, che di fatto tendono a riguardare
tutti gli aspetti organizzativi: dalla definizione di compiti e ruoli, ai processi di comunicazione
interna, agli strumenti ed alle risorse a disposizione. Per questo, citiamo di seguito tutti gli aspetti
emersi, presentandoli in ordine di frequenza:
    • rigidità contrattuali (percepita come problematica non solo da appartenenti al settore
        pubblico, a cui consegue fra l’altro la difficoltà di ottenere flessibilità del personale su
        compiti e mansioni diverse, o accontentare la volontaria richiesta di fare altro, impossibilità
        di scegliere i collaboratori e scarsità di strumenti tangibili di motivazione)
    • burocratizzazione (sentita in particolare dalle appartenenti al settore pubblico, con scarsa
        meritocrazia conseguente)
    • comunicazione interna
    • scarsità del personale
    • parcellizzazione dei compiti

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• strumenti per coniugare tempo lavoro e tempo privato
    • sostituzioni di maternità
Per certi aspetti, è emblematica la seguente affermazione: “non ho figli, pertanto al momento nessun
tipo di difficoltà”.

Domanda 4. Difficoltà dovute all’ambiente esterno.
Le risposte a questa domanda raccolgono l’insoddisfazione verso due ben definiti “ostacoli”: il
trasporto, pubblico in particolare, ed i servizi per i figli, a partire dai nidi e dalle materne, cui si
aggiunge la mancanza di servizi per gli anziani, rilevato dalle donne meno giovani. Il primo è
giudicato poco efficiente, per problemi di orari, traffico e aree di parcheggio disponibili, anche se
una lettura critica delle risposte mette in luce che in parte il problema sta a monte, per
l’impossibilità in qualche modo di gestire efficacemente l’orario di lavoro, che si ripercuotono sulla
possibilità di rispettare gli orari dei mezzi, di evitare le ore di punta, di trovare parcheggio.
Rispetto ai servizi per i figli, non vengono segnalate disfunzioni o scarsa qualità: piuttosto, se ne
auspica il potenziamento, in termini sia di offerta sul territorio, sia di flessibilità oraria.
In merito a questi servizi, alla prima infanzia e di tipo educativo in genere: “orari asili e scuole non in
linea con gli orari lavorativi (compresi i doposcuola)”; “poca flessibilità di orario delle strutture di servizio,
dai negozi agli asili, agli uffici pubblici rende necessario il ricorso a permessi e ferie”; ”la scarsità di asili è
uno dei problemi principali per le giovani donne ma anche la mancanza di servizi per la gestione dei
periodi estivi dei figli in età scolare è un problema”; “Mancanza di posti negli asili nido per le lavoratrici
madri che sentono molto il peso ( anche economico) dell’assistenza ai figli”; “servizi scolastici ancora poco
orientati alla flessibilità dei nuovi ruoli manageriali femminili”; “scarsità di asili in zone limitrofe”; “scarsa
disponibilità di asili e nidi pubblici che offrano un'articolata disponibilità oraria”.
In un solo caso, l’accento viene posto sulle ripercussioni che un’intensa vita lavorativa può avere
sulla vita privata: “qualche difficoltà nelle relazioni familiari, perché questa scelta di lavoro implica
soddisfazioni ma anche sacrifici che i familiari non sempre condividono”.
Alcune espressioni emblematiche a riguardo dei trasporti: “trovo estrema difficoltà nei trasporti
pubblici”; “I trasporti pubblici sono in parte ancora un problema per molte zone urbane e non”; “trasporti
pubblici poco efficienti”; “trasporti insufficienti”; “carenze nei trasporti pubblici soprattutto per quanto
concerne la puntualità, la disponibilità oraria e la distribuzione sul territorio”; “principale difficoltà esterna è
il tragitto casa-ufficio: per percorrere circa 20 k impiego 1 ora al mattino ed 1 ora alla sera”; “auto o
mezzi pubblici non fa differenza”.

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Domanda 5. Quale aggettivo useresti per definire la tua carriera professionale?
In termini di frequenza, l’aggettivo a connotazione positiva più ricorrente è “gratificante”,
stemperato in alcuni abbastanza ripetuti “soddisfacente” o declinato in alcuni “stimolante” e
“appagante”. La connotazione negativa più frequente è invece legata alla componente di fatica che
l’investimento nella carriera comporta: “faticosa”, “difficoltosa”, “impegnativa”, “affannosa”, “lenta”.
Da sottolineare che si rileva una differenza fra chi opera nel pubblico e chi opera nel privato:
appartiene infatti a quest’ultimo settore la percezione che la propria carriera è “molto gratificante
ma nient’affatto equilibrata rispetto ad analoghe posizioni maschili”.
Altri aggettivi utilizzati, che può essere utile citare per dare l’idea dello spettro di modalità con cui
le donne percepiscono di aver maturato la propria carriera: “fortunata”, “imprevedibile”, “varia”;
“coinvolgente”; “lineare”; “veloce”; “costruttiva”; “statica”.

Domanda 6. Quali sono stati i principali ostacoli?
È questa la sezione dove, pubblico o privato che sia il settore di lavoro di chi ha risposto alla
domanda, è più spesso citata la componente di genere. In particolare, i principali ostacoli alla
carriera riportati possono essere ricondotti a tre assi bidimensionali, che richiamano gli studi sui
processi di attribuzione causale e il concetto di “locus of control” (Weiner, 1974, Rotter, 1966),
secondo cui ci sono differenze individuali nella tendenza ad attribuire le cause di eventi, successi e
insuccessi a diverse categorie di fattori. Un primo asse fa riferimento alla possibilità di controllo, a
seconda che la persona percepisca un fattore causale come controllabile da lei stessa o meno; il
secondo asse riguarda fattori causali interni (disposizioni individuali) o esterni (situazionali); il terzo
fa riferimento alla stabilità dei fattori stessi, per cui si parla di cause sempre presenti e dunque
stabili e altre estemporanee e dunque instabili. Per esempio, il genere fa riferimento ad una
caratteristica permanente di un individuo, su cui non abbiamo possibilità di controllo, nel senso
che ci è dato alla nascita. Gli studi sui processi di attribuzione, mostrano che chi tende a spiegare
gli eventi (nel nostro caso, gli ostacoli alla carriera) sulla base di elementi su cui non si ha
controllo, può trovarsi in difficoltà maggiori perché si percepisce come portatore di limiti oggettivi
e dati una volta per tutte. Contemporaneamente, può trovarvi il vantaggio di una giustificazione
che, non dipendendo direttamente da sé e dalla propria volontà, è più rassicurante. Esempi di
affermazioni che vanno in questa direzione sono: “Essere donna e spiegare a dei tecnici (di una certa
età e di tutte le provenienze ) che stavano sbagliando la parte tecnica ; “essere spesso una donna in tavoli
di decisioni quasi esclusivamente maschili“; “molti ostacoli sono sorti a livello familiare e nella vita privata
nell’accettazione di una scelta così ‘radicale’ fatta da una donna”; “l’inesperienza e la giovane età”;

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“essere donna (pertanto candidata ad almeno una maternità)”; “Eccessiva insicurezza, paura del giudizio
dei superiori”; “autostima non elevata”.
Un numero significativamente minore di risposte fa riferimento a cause ugualmente interne ma
instabili e controllabili, quindi meno demotivanti, come “la stanchezza”.
Altre risposte richiamano cause di ostacoli di tipo esterno, ancora di tipo stabile e nuovamente
connesse ad uno stereotipo di genere: “il percorso di carriera è programmato ancora esclusivamente
sul modello maschile”; “considerazione talvolta, non “alla pari” da parte di alcune figure di
responsabilità/istituzionali di sesso maschile”.
Si allontanano dalla citazione diretta o indiretta dell’appartenenza al sesso femminile affermazioni
come: “gli infiniti vincoli della burocrazia”; “orario impegnativo e non determinabile a priori”;
“l’impossibilità di scegliere il personale”, ancora connesse con fattori esterni di tipo stabile.

Domanda 7. E i principali punti di forza?
Se per trovare i motivi degli ostacoli c’è comunque una certa equità fra locus of control interno ed
esterno, quasi tutte le risposte alla domanda sui punti di forza richiamano fattori interni di tipo
instabile, come l’impegno, e stabile, come determinate qualità.
Solo in un caso il tratto di genere viene citato positivamente: “L'essere donna , mi ha aperto porte ,
non mi ha fatto pensare secondo schemi precostituiti”.
Esempi di affermazioni del primo tipo sono invece: “profondo interesse per il mio ambito di lavoro”;
“notevole testardaggine nel        perseguire i risultati che mi propongo”; “competenza, capacità di
introspezione, capacità di creare relazioni significative”; “il non si può fare non fà parte del mio
vocabolario”; “La determinazione; “la capacità di gestire situazioni complesse, la volontà di risolvere i
problemi anziché di crearne”. Altre parole chiave: serenità, entusiasmo, passione, forza interiore, testa
dura, disponibilità, tenacia.
In misura nettamente minore, sono presenti riferimenti a fattori causali esterni: “la possibilità di
entrare in contatto con realtà internazionali e gruppi di lavoro multiculturali”; “la possibilità di progettare in
prima persona il mio lavoro”; “un marito collaborativo e molto autonomo”; “il gruppo con cui collaboro da
parecchi anni”.

Domanda 8. Quali situazioni possono favorire la carriera di una donna?
Le risposte a questa domanda e a quella seguente ripercorrono un po’ lo schema delle due
precedenti. In generale, sono infatti citate due principali tipologie di situazioni e fattori che
possono favorire la carriera di una donna: interni, soprattutto di tipo instabile e dipendenti da sé
stessi, ed esterni.

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Per i fattori interni, vengono dati diversi suggerimenti, come “preparazione e responsabilità”; “la
volontà di imparare continuamente”; “voglia di non fermarsi di fronte agli ostacoli, essere motivati e
tenaci”; “Capacità di accollarsi situazioni problematiche e difficili”, e un’intera “ricetta”: “alta
competenza, una certa         dose di testardaggine, capacità di non             soccombere ad un ambiente
prevalentemente maschile, capacità di mantenere un certo distacco dai problemi (più difficile in generale
per le donne rispetto agli uomini; le donne hanno però. maggior attenzione alla relazione, elemento
essenziale per la gestione delle risorse umane”. Vengono citati anche alcuni tratti percepiti come
tipicamente femminili: “la testa della donna stessa! La facilità alle relazioni interpersonali, la maggior
flessibilità nell'analizzare gli argomenti” e “la capacità, della donna stessa, di staccarsi dagli obblighi (veri o
presunti) verso l’ambiente familiare”.
Per quanto riguarda fattori che richiamano un locus of control più esterno, i riferimenti sono
all’ambiente lavorativo e alla figura del capo in particolare, e all’ambiente famigliare: “capacità in chi
deve valutare di essere trasparente, serio e onesto”; “un capo intelligente”; “superiori che incoraggiano e
spingono ad agire”; “ambiente misto”; “buon rapporto con lo staff”; “il supporto familiare”; “una famiglia
solidale, che non crea problemi”; “disponibilità di orari”. Una nota forse amara emerge infine dalla lista,
per ordine di importanza, contenuta nella seguente risposta: “1: esser figlia, amica o parente di un
personaggio importante, 2: essere libera da impegni familiari, 3: la fortuna, cioè trovarmi nel posto giusto
al momento giusto, 4: il merito, connesso a preparazione, capacità etc.”.

Domanda 9. E quali sono più condizionanti?
Gli elementi percepiti come maggiormente condizionanti e attribuiti a caratteristiche esterne, non
completamente dipendenti dal proprio controllo, sono per questa domanda citati in maggior
numero rispetto a quelli interni. Si tratta in particolare di due categorie di fattori: da un lato
impegni e problemi che chiamano in causa la famiglia sia direttamente (molto citata l’espressione
“la famiglia”, cui seguono “il periodo di maternità”; “i figli”; “una famiglia che non condivide le tue
scelte”), sia indirettamente (“l'assenza di servizi per infanzia e cura degli anziani”; “gli orari”).
Dall’altro, la percezione di pregiudizi e ostracismi praticati sulla base della differenza di genere: “i
pregiudizi!”; “avere accanto uomini gelosi, o invidiosi”; “un ambiente troppo maschilista”; “soggetti che
ripongono scarsa fiducia nella donna lavoratrice”.
Sul fronte delle attribuzioni interne, citiamo “l’incapacità o l’impossibilità di stimolare l’autonomia dei
famigliari”; “eccedere nell’assumere responsabilità”; “incertezza e paura del nuovo”, oltre ad una precisa
osservazione critica di “alcune caratteristiche del genere femminile: scarsa autostima; paura di chiedere
riconoscimenti; minor attenzione agli aspetti relazionali intesi come capacità di fare rete, tendenza a

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legittimare comportamenti discriminanti in azienda e in famiglia; tendenza ad orientarsi verso studi meno
tecnologici e pertanto meno appealing per il mercato del lavoro”.

SECONDA PARTE – PROPOSTE

Domanda 1. Quali sono i principali cambiamenti che porteresti all’interno
dell’organizzazione del lavoro?
Due sono i temi maggiormente ricorrenti fra chi ha risposto a questa domanda: il primo legato al
concetto di meritocrazia e di sviluppo delle risorse, il secondo riguardante cambiamenti di tipo più
strutturale, auspicati sia a livello ‘micro’ (ovvero relativi al singolo contesto organizzativo in cui si
lavora) sia a livello ‘macro’ (relativi al contesto socio-culturale nel suo complesso). Esempi di
proposte del primo tipo sono: “un’organizzazione del lavoro ed un sistema di valutazione che valorizzi
le competenze delle persone, riconosca l’impegno aiuti a crescere professionalmente”; “maggiore
meritocrazia”; Politiche di crescita basate sul raggiungimento dei risultati; “politica meritocratica,
trasparente e ufficializzata”; “obbligo, o almeno riconoscimento, di aggiornamento e formazione”.
Per quelle del secondo tipo, si rileva una differenza fra chi opera nel settore pubblico e chi nel
privato. Le affermazioni che riguardano semplificazione amministrativa, snellimento delle
procedure e maggiore autonomia decisionale, specie nella scelta dei collaboratori, riguardano
donne che lavorano nel pubblico (anche con una nota critica: “le procedure amministrative cambiano,
ma gli operatori si adattano con difficoltà”). E’ invece indifferentemente sentita fra pubblico e privato
la necessità di orari flessibili e maggiori servizi a disposizione, per migliorare la gestione del tempo
fra lavoro e vita personale: “attivazione di servizi/benefit a basso costo per l’azienda ma ad alto valore
aggiunto per il lavoratore: possibilità di fare la spesa, portare il bucato in lavanderia, ricevere assistenza
medica, fiscale, tributaria e legale semplicemente con un clic”; “nelle grandi imprese servizi interni (nidi e
asili), come avviene in alcuni paesi esteri”; “flessibilità negli orari, possibilità di lavorare da casa”; “maggior
formazione all’interno delle aziende durante l’orario d lavoro”.
Infine, annotiamo una proposta che esula dai due temi principali, che possiamo definire a
connotazione educativa: “insegnare agli uomini a sbrogliarsela e a prendersi più responsabilità.
Cominciando dalle loro mamme”.

Domanda 2. Quali supporti chiederesti alle strutture pubbliche (es. asili/nidi,
trasporti…)
Tre sono le richieste che tutte le donne che hanno risposto fanno ai pubblici servizi: flessibilità

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degli orari, potenziamento dei trasporti pubblici, servizi per bambini ed anziani più consistenti,
come quantità e qualità.
Rispettando questo ordine di presentazione, citiamo alcune espressioni significative: “orari più
flessibili”; “cambiare gli orari degli asili e scuole elementari”; “asili nido e scuole con orari simili”; “articolare
maggiormente gli orari di apertura dei negozi anche nelle ore serali e nei giorni festivi”; “trasporti più
efficienti”; “puntualità dei servizi pubblici”; “trasporti e strade più sicure”; “asili, babysitter, nidi,
cooperative di madri, tutto nel luogo di lavoro”; “potenziamento di asili/nidi (meglio se aziendali)”; “asili
nido molto più numerosi e competitivi”; “potenziamento dei servizi per l'infanzia e per gli anziani”.

Domanda 3. Quali cambiamenti legislativi richiederesti?
La normativa italiana sulle pari opportunità e sulle discriminazioni legate alle differenze di genere, è
di fatto giudicata adeguata sulla carta, ma non sul versante applicativo: “la L. 53/2000 è una buona
legge “la legislazione italiana in tema di pari opportunità sufficientemente adeguata punto di vista
applicativo che ci sono dei grossi ritardi!”; “Più che nuove leggi servirebbe un maggior controllo sulla loro
applicazione”; “non sono necessarie leggi specifiche per favorire la managerialità femminili, basterebbe il
rispetto della costituzione!”; “provvedimenti che impongono ai datori di lavoro azioni che garantiscano la
effettiva parità uomo – donna”; “piuttosto contraria ad azioni positive a favore delle donne. Sarebbe già
un ottimo risultato se venissero evidenziate le situazioni in cui c’è una discriminazione negativa”.
Per il resto, vengono riproposti alcuni temi legati alle flessibilità di orario (“piccola riduzione
dell'orario settimanale, ad es. un part time all'85%”) e singole osservazioni, e una che allarga lo
spettro al sistema socio-economico nel suo complesso: “le urgenze non riguardino le donne in
particolare ma l’eliminazione o almeno la riduzione di quelle situazioni di precariato che impattano
negativamente sulle famiglie”. Interessante anche un’osservazione critica, in tema di maternità:
“nessuna persona di responsabilità – può stare assente dall'ufficio dagli 8 ai 15 mesi !!!”.

Domanda 4. Esempi positivi
Divisi per riferimenti al territorio nazionale e all’estero, riportiamo semplicemente le citazioni di
coloro che hanno risposto a questa domanda. Da notare che sia chi lavora nel privato, sia chi
opera nel settore pubblico porta ad esempio nomi o situazioni esclusivamente del proprio ambito
di appartenenza, particolarmente per quanto riguarda l’Italia,
Realtà italiane: “l’Arnoldo Mondatori Editore di venticinque anni fa”; “per la soddisfazione dei dipendenti:
Ferrari SPA (automotive) e ACRAF (farmaceutica)”; “l'organizzazione scolastica in Trentino”; orario
plurisettimanale Regione Piemonte”; “Toscana, Emilia Romagna e in parte anche Piemonte”.

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Realtà estere: “General Motors per l’adozione di politiche di crescita aziendali paritarie”; “Sophia
Antipolis incubatore di imprese e centro di ricerca che incoraggia la cultura del benessere nei luoghi di
lavoro”; “Paesi scandinavi”; “l’organizzazione scolastica canadese”; “la realtà francese che sostiene
maggiormente le donne sulla maternità e i servizi per l’infanzia”; “per la maternità, Svezia e Svizzera”.
Attraverso una risposta, si rileva in particolare che “lavorando con l'estero, sempre in un ambito molto
tecnico, ho riscontrato una maggiore considerazione della mia professionalità rispetto a quello che accade
in Italia”.

                                EVIDENZE EMERSE DAI FOCUS

In questa parte si lascia spazio alle frasi più significative annotate durante i focus group, che meglio
rendono “a caldo” il pensiero delle partecipanti.

ALCUNE PAROLE CHIAVE
Segue un breve vocabolario dei termini indicati dalle partecipanti per articolare il binomio “donne
e professione”
Multitasking, ambizione, organizzazione, relazione, flessibilità, combattività, coinvolgimento,
dialogo, curiosità, autostima, accoglienza, riflessione, grinta, determinazione, formazione, ascolto,
attenzione, competenza, mediazione, dolcezza.

ESPERIENZE DI CARRIERA: TRA REALTÀ E PROSPETTIVE

    CRITICITÀ DI PERCORSO:

      o       difficoltà di inizio carriera (“… soprattutto in ruoli tradizionalmente maschili che
              prevedono la gestione di personale di maggiore anzianità …”);
      o       fatica profusa per garantirsi un riconoscimento professionale adeguato soprattutto da
              parte del mondo maschile (“… rispetto all’esterno e ai ruoli apicali essere uomo è un
              fattore facilitante …”, “… una donna intelligentissima ha la stessa possibilità di carriera di
              un uomo mediocre …”);
      o       impegno quotidiano nel dimostrare il proprio valore, essendo, più degli uomini,
              costantemente valutate (“… le donne lavorano per motivazione profonda e per far bene,
              non solo e non tanto per il rendiconto formale / economico …”);

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o    difficoltà di gestione del personale (“…una realtà è che i collaboratori non si scelgono, in
         particolare nella P.A., ma le donne sono storicamente abituate cucinare con gli avanzi
         …”);
    o    difficoltà di essere accettate (“… a volte le altre donne ti guardano con sospetto, con
         invidia e non sono disponibili a comprendere la fatica, l’impegno né a confrontarsi con
         te…)
    o    gestione problematica delle assenze legate alla maternità alla cura della famiglia (“… se si
         lascia la carriere, anche temporaneamente, non si rientra più …”);
    o    gestione lavoro - famiglia (“… quando una donna arriva al lavoro ha già accompagnato i
         figli, fatto la spesa… l’uomo ha già letto il giornale…”).

   CONTRIBUTI FORNITI ALLA CRESCITA DEI CONTESTI INCONTRATI:

     o innovazione tecnologica e organizzativa;
     o crescita delle proiezioni internazionali;
     o valorizzazione dell’intercambiabilità professionale;
     o attenzione per le relazioni;
     o coinvolgimento e valorizzazione dei collaboratori;
     o promozione delle attività formative;
     o comunicazione di ambizione e ottimismo.

     ALCUNI PROGETTI PER IL FUTURO:

     o valorizzare le competenze
     o rinnovare ulteriormente aspetti produttivi, commerciali, organizzativi;
     o trasmettere ai collaboratori l’importanza del contributo di ognuno;
     o supportare le donne madri con figli piccoli in prospettiva di alleggerire aspetti di
         conciliazione.

IL VALORE DELLE DIFFERENZE: UN POSSIBILE MODELLO DI MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE
Attraverso il recupero dei pensieri emersi circa le modalità con cui donne e uomini vivono,
gestiscono e progettano il lavoro, si è tentato di rintracciare un possibile modello femminile di
declinare l’esperienza professionale.
Al centro di tale modello si articolano:
     o competenze relazionali (“… le donne non trascurano le dinamiche relazionali …”
         “…se non raggiungo la persona non raggiungo il professionista…”);

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o competenze organizzative (“le donne sono multitasking …”; “… le donne hanno un
           senso di organizzazione innato …”) “… un’ organizzazione al femminile è più veloce, gli
           uomini hanno una intelligenza sequenziale, le donne invece fanno contemporaneamente
           molte attività…”):
      o ricerca di equilibrio tra concretezza, pragmatismo e fantasia (“…le donne
           possono insegnare agli uomini un nuovo modo di affrontare il cambiamento…”
           “…togliamo il tailleur e mettiamo il vestito a fiori…”) ;
      o valorizzazione e motivazione dei collaboratori (“… per me è centrale il piacere
           nel motivare le persone a fare bene il proprio lavoro …” “…in ciascuno c’è qualcosa di
           positivo, è compito del superiore tirarlo fuori…” “…quando non puoi dare incentivi
           economici baratti orario e disponibilità…”);
      o formazione e autoformazione continue (“… le donne devono essere molto più
           preparate per essere credibili quando fanno discorsi tecnici …”; “… le donne si
           spendono per far crescere gli altri …”).

All’interno di tale modello, alcune notazioni critiche / autocritiche sono state rivolte ai seguenti
aspetti:
      o difficoltà ad entrare nei meccanismi politici (“ … le donne sono forse meno
           preparate sotto il profilo politico …”; “… le donne tendono a enfatizzare di meno gli
           aspetti politici di ruolo …”);
      o gioco (“… le donne, nel contesto professionale, non riescono a divertirsi come fanno gli
           uomini …”);
      o    complicità e comprensione … rivalità e invidia (“… tra le donne non sempre c’è
           solidarietà …”).
      o    lavoro e resto della vita (“ … le donne sono multitasking ….ma una possibile deriva
           dell’essere multitasking è cercare di divenirlo sempre di più, al lavoro come a casa …”).

LAVORO E RESTO DELLA VITA: SCENARI DI CONCILIAZIONE
Alcuni pensieri espressi dalle partecipanti:
      o “… avere una vita extralavorativa intensa apre delle differenze importanti tra uomini e
           donne …”;
      o “… le aspettative dei familiari verso le donne lavoratrici sono le stesse che avrebbero
           verso una donna casalinga …”;

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o “… le donne talvolta temono le responsabilità professionali, non tanto di ruolo quanto
         convertite in disponibilità di tempo;
     o “… la gravidanza può procurare svantaggi nel percorso di carriera, la maternità è il reale
         soffitto di cristallo …”;
     o “… le donne potrebbero dare indicazioni preziose volte a cambiare l’attuale legislazione
         in tema di maternità …”;
     o “…il lavoro dovrebbe tener conto dei tempi della vita…”;
     o “… non sempre è adeguata la disponibilità quantitativa e qualitativa dei servizi per
         l’infanzia …”;
     o “… con il tempo le donne hanno imparato a passare tra una goccia e l’altra…”

                                     RIFLESSIONI FINALI

Poiché la ricerca è di tipo qualitativo e il quadro osservato è in piena evoluzione, preferiamo
presentare qui una serie di suggestioni e riflessioni, piuttosto che le classiche “conclusioni”.
Anche perché la stessa parola “conclusioni” ci pare inappropriata. La nostra speranza è che quanto
scritto sinteticamente in queste pagine possa non concludere, ma aprire ulteriormente il processo
di discussione e intervento sul tema della managerialità al femminile.

PASSIONE E FATICA
È difficile che qualcuna di queste donne sia diventata manager per caso o perché la carriera l’ha
portata lì. Se è lì, è perché l’ha voluto e si è data molto da fare per arrivarci.
Ma questo a richiesto molta fatica. La fatica, però, viene sia dalla difficoltà di conciliare lavoro e vita
privata, sia dal fatto che spesso le donne vivono le aspettative
                                                                         “Analizzare i problemi che ci sono, e
di carriera come fallite in partenza; “il femminile, soprattutto
                                                                             garantire quindi reali PARI
sotto il profilo lavorativo, è connotato come perdente”.                  OPPORTUNITA’ per donne e per
Le donne studiano di più, si diplomano e laureano più in fretta         uomini è fondamentale, ma soprattutto
e con voti migliori; la presenza delle donne in ruoli di                 dobbiamo ricominciare dalla propria
                                                                         forza, ci aiuta meglio a progettare il
responsabilità vede un aumento del 40% circa in un periodo di
                                                                                     nostro futuro.”
8 anni (anche se sono ancora poche!): questo dimostra che le
donne sanno farcela da sole.

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Le donne che hanno interesse per il proprio lavoro, motivazioni forti (es. doversi mantenere),
sicurezza ed orgoglio delle proprie competenze, superano tutti gli ostacoli, lavorando tantissimo,
aggiornandosi e confrontandosi.

CARRIERA, NON CARRIERISMO
Un altro aspetto che sembra emergere è che le donne non disdegnano la carriera, ma il
raggiungimento di un posto più in alto sembra essere ricercato non per se stesso, ma come un
giusto riconoscimento al proprio lavoro e delle proprie competenze, oppure come un mezzo per
poter lavorare meglio – più potere di decidere e poter gestire meglio le proprie responsabilità e i
propri collaboratori- e divertendosi. Questa non è un’idea nuova (anche se più dichiarata che
praticata) anche per gli uomini. Ciò che emerge con chiarezza dalla nostra ricerca è però il fatto
che ragionare sulle pari opportunità e sulla managerialità da un punto di vista femminile può e deve
essere un’occasione da cogliere per rendere le organizzazioni migliori per tutti. Qualcosa si sta
muovendo, in questa direzione. Alcune aziende e alcune ricerche cominciano a dimostrare che
modelli organizzativi più femminili generano più benessere organizzativo e quindi più competitività
per l’azienda.

IL MODELLO MANAGERIALE AL FEMMINILE
Sarà vero che “una donna intelligente abbia la stessa probabilità di fare carriera di un uomo
mediocre?” forse un modello manageriale femminile non è riconosciuto o comunque non è ancora
consolidato a livello sociale.
Il pensiero condiviso dalle interpellate è che il modello manageriale femminile sia vincente nel
momento in cui è “femminile”, non copia di quello maschile.
Infatti, le donne in posizione di potere che cercano di comportarsi secondo un modello di
“manager uomo”, ne fanno una brutta copia e appaiono ambivalenti, risultando, nella maggior parte
dei casi, più dure, più competitive in senso negativo, meno disponibili all’ascolto, spesso per paura
di sembrare “molli” o incapaci.
E qui vengono fuori, senza compassione alcuna per le rappresentanti del proprio sesso, delle
caratteristiche viste negativamente come tipicamente femminili: il pettegolezzo, la rivalità, le
invidie, il cercare di farsi le scarpe, la non solidarietà tra donne quando si tratta di ”avanzare”.
La dimostrazione della diversità dell’essere manager donna emerge anche dalle contraddizioni delle
esperienze vissute: “alle donne, proprio perché abituate ad essere brave, si richiede sempre di
più”, “le donne non possono sbagliare”, “ da una parte la soddisfazione di avercela fatta, dall’altra la

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fatica di dover sempre essere al top, di dovercela fare”, ”da una parte essere consapevoli del
proprio valore, dall’altra essere sempre in attesa di un parola di apprezzamento”.

NUOVE PROSPETTIVE DEL TETTO DI CRISTALLO
È ora di guardare al problema della carriera delle donne tenendo conto anche di una prospettiva
per settori produttivi.
Indubbiamente c’è ora maggiore presenza femminile a livelli decisionali e direzionali, ma per quanto
riguarda le aziende private questo accade prevalentemente nei settori produttivi più avanzati e
esposti alla competizione, dove la sopravvivenza stessa dell’organizzazione è legata alla sua
efficienza, alla sua capacità di privilegiare il merito. Nei settori più tradizionali e più protetti sembra
esserci invece ancora molta strada da fare. Nella Pubblica Amministrazione la presenza femminile
in ruoli di responsabilità si sta consolidando.

UN MODELLO DI SOCIETÀ, NON SOLO DI AZIENDA
È noto che la crescita nelle posizioni lavorative è legata alla conciliazione e ai modelli culturali della
società tutta, non solo della specifica azienda.
Se andiamo a guardare al resto del mondo industrializzato, i modelli sono probabilmente due:
- quello nord-europeo in cui la struttura e la cultura intere della società consentono alle donne e
agli uomini di scegliere lo spazio da dedicare al lavoro e quello da dedicare alla famiglia;
- quello statunitense dove non c’è uno Stato sociale come noi lo intendiamo, ma la flessibilità del
lavoro, la possibilità di cambiare facilmente posto di lavoro, l’accettazione di donne nel lavoro
sono più consolidate: questo consente comunque di trovare degli equilibri. Le persone sono
(erano, quantomeno, prima delle ultime “bolle”) abituate a risparmiare ed investire per il proprio
futuro e quello dei propri figli; questo anche grazie a livelli salariali più elevati: e si riescono poi a
trovare le soluzioni per consentire alle donne di lavorare e fare carriera.
Tuttavia da più parti si sta spingendo verso un modello più Europeo.

L’impressione è che in Italia non ci siano modelli, vige l’ ”arte di arrangiarsi” e spesso la solitudine.

COMPETENZE E LORO DIFFUSIONE
Riprendendo però le considerazioni in merito alla passione e alla carriera, anche la nostra ricerca
conferma che il discrimine sono il livello scolastico e le competenze possedute: le donne con livelli
scolastici più elevati e motivazione maggiore alla propria indipendenza riescono, con la passione e
la fatica che si è dette, ad emergere ed a migliorare, anche nel piccolo, le regole dell’organizzazione

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