"MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE" - Torino marzo 2008
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0 “MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE” Torino marzo 2008
“MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE” Molte donne in posizioni di responsabilità: cambierà l’organizzazione del lavoro? Ricerca promossa dalla Consigliera di Pari Opportunità Laura Cima e realizzata da Acta con la partecipazione e il contributo di: Anna Ferrero, Anna Allocco, Fabrizio Fagiano, Alberto Favole, Federica Piccoli. Si ringrazia il Dipartimento WHIP - Work Histories Italian Panel, banca dati di storie lavorative sviluppata dal Laboratorio R. Revelli – Centre for Employment Studies per i dati forniti. 1
INTRODUZIONE La ricerca si pone l’obiettivo di fornire i primi elementi per avviare una riflessione sul ruolo che le donne in posizioni di responsabilità potranno agire nel mondo del lavoro da ora al futuro prossimo. Negli ultimi anni lo scenario economico è assai mutato, con esso anche le realtà locali: a Torino e provincia, connotate fino a pochi anni fa da un’economia caratterizzata prevalentemente da grandi industrie, le piccole – medie imprese e le società individuali si sono affermate come protagoniste dello scenario economico. In particolare, il terziario è divenuto il settore più rilevante anche nella nostra realtà. In questo contesto in piena evoluzione, protagoniste di questi cambiamenti sono le donne, la cui presenza aumenta in ruoli ed in ambiti finora quasi esclusivamente maschili: sempre più donne, con alta scolarità e competenze in aree diverse, hanno assunto ruoli di responsabilità entrando od affermandosi come dipendenti e come imprenditrici, nel settore privato ed in quello pubblico. E’ nata e si sta affermando la figura della “donna–manager”. Il cospicuo e recente aumento delle donne che gestiscono ruoli di responsabilità ai vari livelli nel mondo del lavoro rispecchia un mutamento non solo economico, che coinvolge la vita delle protagoniste, delle loro famiglie e quindi di tutta la società. Accanto alle indagini sulle radici storiche, economiche e sociali di un tale cambiamento, si è ritenuto opportuno avviare una ricerca per indagare il fenomeno ascoltando il punto di vista femminile, che, se può differire da quello maschile, al suo interno presenta comunque notevoli sfaccettature a seconda se chi parla è, oltre che donna con un ruolo di responsabilità, mamma, imprenditrice, dipendente, pendolare…. Scopo della ricerca è verificare se questo aumento delle donne che gestiscono ruoli di responsabilità abbia portato dei cambiamenti o li stia portando, verificare se ci siano stili manageriali distintivi delle donne, e se sì, in cosa differiscano da quelli maschili e quali siano gli eventuali nuovi modelli. 2
In un momento di grandi e veloci cambiamenti, analizzare le caratteristiche (e quindi i punti di forza) della donna manager ci permetterà di proporre nuovi modelli delle organizzazioni e della società stessa. Consapevoli che la classica dicotomia uomo – donna poteva essere solo il punto di partenza, siamo stati felici di constatare l’attualità e l’importanza delle problematiche proposte, avendo tutte le interpellate dimostrato interesse e anche gratitudine all’idea di poter raccontare le loro storie (tutte eccezionali nella loro normalità / quotidianità) ed esporre idee, considerazioni, proposte su questioni che travalicano le storie personali per raffigurare un quadro collettivo interessante e ricco di fermenti innovativi. La risposta alle nostre sollecitazioni è stata non solo soddisfacente, ma anche entusiasmante per la partecipazione attenta di tutte le donne intervenute ai focus, che hanno apprezzato e si sono fatte coinvolgere dalla ricerca, tanto da chiedere una continuazione della discussione tramite un blog, e/o altre sedi di dialogo, proprio per potersi confrontare ed eventualmente portare la propria esperienza, per migliorare le condizioni di lavoro delle donne – e non solo. Questa disponibilità è stata tanto più apprezzata perché richiede una parte di quel tempo che tutte hanno dimostrato di rispettare, fosse loro o altrui; riteniamo quindi di poter dimostrare il nostro rispetto per il tempo di tutti quelli che ci hanno aiutato nella ricerca con la loro disponibilità cercando di essere sintetiche nel dare una panoramica esaustiva dei molti risultati emersi dalla ricerca, augurandoci allo stesso tempo di trasmettere il senso di autoironia e di humor che è emerso sia negli incontri che dai questionari. 3
L’IDEA INIZIALE Perché tanta attenzione alla donna manager? Forse perché sono due parole difficilmente accostabili ? Come vivono le donne la possibilità di fare carriera, di avere delle responsabilità riconosciute, dei ruoli manageriali? Abbiamo parlato con chi ha vissuto o sta vivendo queste esperienze per verificare il cambiamento che alcuni dati suggeriscono. Infatti, il numero delle donne in posizioni manageriali è molto aumentato negli ultimi anni. I dati INPS in nostro possesso, relativi al periodo compreso tra il 1996 e il 2004, mostrano un aumento delle donne in posizione dirigenziale di circa il 40 % e per le donne in posizione quadro si arriva a superare il 100%. Questo fenomeno riguarda particolarmente le aziende di servizi. Ne consegue la necessità di capire come le donne sono “manager”: ricalcano il modello maschile? Oppure c’è uno stile manageriale distintivo delle donne? Se c'è, in cosa differisce in meglio o in peggio e/o semplicemente in modo diverso? D’altra parte, i dati ci dicono che le donne stanno emergendo anche in campi tradizionalmente maschili. Cosa comporta nei rapporti con i superori uomini e con i subordinati di ambo i sessi? Come si conciliano vita lavorativa e famiglia? È sempre la donna a doversi fare carico degli impegni familiari? 4
GLI OBIETTIVI DELLA RICERCA Tutte le domande e le suggestioni ci sembravano degne di un approfondimento. Ci siamo innanzitutto posti l‘obiettivo di avviare una discussione sulla managerialità al femminile, approfondendo con le donne interessate il loro modo di operare all’interno del mondo del lavoro. Ci siamo proposti di verificare poi come le competenze, la forza e i modelli gestionali esercitati da donne in posizione di responsabilità possano essere significativi nell’organizzazione del lavoro e come possano eventualmente cambiarla o l’abbiano già cambiata rispetto a modelli di managerialità tipicamente maschili. Poter far parlare le donne di un argomento che nasce come strettamente femminile, ma interessa tutta la società nel complesso, è sembrato il modo migliore per verificare ed approfondire i punti importanti del cambiamento in corso. Le principali problematiche indagate dalla ricerca sono quindi: - il cambiamento è o non è in atto, e se sì, come lo si può cogliere? - l’aumento numerico delle donne in posizioni di responsabilità influisce sul cambiamento dell’organizzazione del lavoro? e quanto? E come? - il modello manageriale femminile: esiste veramente, in quanto diverso da quello maschile? - qual è la possibilità per le donne di comunicare ed agire rispetto a questa situazione di possibile cambiamento? - esistono, quali sono e come funzionano i supporti esterni e le facilitazioni messe a disposizione dalla società per sostenere le donne nella conciliazione e nell’interpretazione del nuovo ruolo? - quali confronti e quali differenze corrono tra settori lavorativi diversi? - quali confronti e quali differenze corrono con realtà straniere? Uno dei punti di maggiore interesse era indagare se le interpellate avessero suggerimenti da dare riguardo a possibili cambiamenti nell’organizzazione del lavoro: ci è sembrato quindi opportuno scegliere un metodo di indagine che permettesse di raccogliere tutte le suggestioni che fossero arrivate dalle intervistate. Tale metodo ha permesso non solo alle donne coinvolte di esprimere liberamente il proprio pensiero, ma anche di confrontarsi e di elaborare nuove idee. Questa scelta è stata premiante: molte delle donne intervistate hanno già apportato cambiamenti significativi all’interno dell’organizzazione del lavoro, ottenendo risultati significativi in termini di assiduità, interesse, motivazione … 5
METODO E STRUMENTI Per ottenere i risultati migliori si è ritenuto opportuno condurre l’indagine su un campione qualitativo con una metodologia che permettesse di entrare con profondità nell’agire il proprio ruolo di responsabilità. Si è quindi scelto di organizzare una serie di focus group che hanno permesso un confronto aperto tra le partecipanti e, essendo la ricerca basata sull’autovalutazione, di individuare i necessari correttivi in sede di discussione. Al termine, sono stati distribuiti questionari appositamente predisposti. La metodologia del focus group è stata scelta perché permette di stabilire delle relazioni privilegiate tra conduttore e intervistati, creando delle situazioni in cui si sa di poter parlare liberamente di argomenti di alto interesse per tutti, in un contesto spazio –temporale delimitato e quindi in un certo senso protetto. Si ottiene quindi la possibilità di avere una circolarità delle idee, un’occasione di confronto aperto, e anche di attivare una rete di contatti che apre ulteriori possibilità per le stesse partecipanti. Si voleva avere un vero scambio di esperienze e di opinioni, arrivando a proposte concrete per la soluzione dei problemi emersi, costituendo altresì anche un momento di riflessione sull'essere imprenditrici e/o manager, che producesse eventuali suggerimenti per aumentare la presenza delle donne negli organismi direttivi. Nei gruppi di discussione si è infatti creato un clima che ha permesso di poter spaziare all’interno degli argomenti proposti e di approfondire quelli che erano gli aspetti più urgenti per le partecipanti, rimanendo comunque sempre nella traccia stabilita dalla ricerca. I focus group, realizzati tra maggio e ottobre 2007, sono stati strutturati nei seguenti gruppi. - API- Imprenditrici di piccole realtà industriali aderenti alla Confapi; - ASCOM – Imprenditrici del settore commercio e dipendenti-responsabili dell’Associazione; - Pubblica Amministrazione (n. 2 focus); - Imprenditrici del Sociale; - Sanità (n. 2 focus); - Imprenditrici e manager di Aziende aderenti all’Unione Industriale; - Scuola (Dirigenti scolastici). - Gruppo misto 6
Le domande dei focus, poste con l’intento di stimolare anche una discussione tra le partecipanti sugli argomenti fondanti della ricerca, sono state le seguenti: “Un numero più elevato di donne in ruoli di responsabilità ha portato oppure sta portando cambiamenti nel mondo del lavoro? Se sì, quali?”; “Esistono “modelli manageriali al femminile”? Se sì, in cosa differiscono da quelli maschili?”; “Le donne parlano tra loro di questo? In che modo?”; “Di quali supporti necessitano le donne per poter lavorare proficuamente?” “Come vedete il vostro modo di lavorare ? Se al vostro posto ci fosse un uomo, come sarebbe?” “Com’è la gestione del tempo per una donna?” “Quali sistemi di incentivi legati al merito adottate?” “Le donne che verranno dopo di noi, in ruoli di responsabilità, cosa si troveranno davanti?” A tutte le partecipanti sono stati poi consegnati i questionari, il cui scopo era approfondire tematiche di interesse ed ottenere dati quantitativi ed anagrafici confrontabili, lasciando libertà di rispondere quando avrebbero avuto disponibilità di tempo. I questionari erano strutturati in due parti, una di osservazioni, l’altra di proposte. Le domande miravano sia ad approfondire alcune tematiche dei focus sia ad approfondirne altre più meditative/personali . Nella presentazione dei dati si è scelto di dare il più possibile spazio alle frasi stesse delle partecipanti e di chi a risposto ai questionari, per cercare di rendere la complessità e la ricchezza degli spunti raccolti, lasciando spazio ad eventuali successivi approfondimenti. 7
LE PARTECIPANTI (le persone coinvolte) Su 130 donne con funzioni manageriali in ambiti diversi contattate, 60 hanno partecipato ai focus, e sono stati restituiti 27 questionari. Sono state contattate donne in ruoli di responsabilità distribuite nei vari settori lavorativi in modo che rispecchiassero la reale presenza. Alcune sono state contattate singolarmente, alcune tramite associazioni di categoria o responsabili dell’organizzazione. Tra le partecipanti ai focus, sono emerse le seguenti caratteristiche: • l’80% è laureata, • molte hanno master o seconda laurea, • il 70% è sposata, e più della metà ha figli. EVIDENZE EMERSE DAI QUESTIONARI PRIMA PARTE – OSSERVAZIONI Domanda 1. Principali elementi positivi riscontrati nella gestione dei collaboratori. A questa domanda sono state date risposte che fanno riferimento a tre categorie concettuali, in cui le donne sembrano trovare una parte del proprio peculiare valore, rispetto al mondo maschile. Esse sono: • empowerment, ovvero sviluppo delle capacità, delle qualità, del valore delle risorse coordinate e di sé stesse; • squadra, intesa come gruppo di lavoro basato su senso di appartenenza e collaborazione; • ascolto, ovvero capacità di disporsi verso l’altro in modo recettivo e comprensivo. A ben vedere, tutte e tre queste categorie di senso sottendono e sottolineano un tipo particolare di relazione con l’altro che, scomodando Jung e la psicologia archetipica, vien da definire a matrice materna. Si tratta infatti di una relazione declinata nel senso del sostegno e della valorizzazione (empowerment), della condivisione (squadra) e della disponibilità (ascolto). Dalle risposte date, 8
l’elemento di soddisfazione principale riscontrato nella gestione dei collaboratori, seppur declinato secondo tre modalità, sembra riconducibile alla possibilità di esprimere le proprie competenze relazionali a carattere materno, applicandole in ambito lavorativo. Suddivise per le tre categorie, riportiamo alcune espressioni significative e parole chiave ricorrenti. Empowerment: “capacità decisionale”; “che ciascuno possa utilizzare al meglio le proprie abilità e competenze”; “crescita culturale comune, che aiuta a migliorare le proprie capacità di interagire”; “l’incremento della capacità di comprendere e correggere i propri errori”; “la gestione delle risorse umane, finalizzata a motivare e stimolare i collaboratori valorizzandone le personali capacità professionali”. Squadra: “apporto di competenze e stili di lavoro diversi”; “senso di appartenenza ad un gruppo”; “collaborazione”; “team, spirito di gruppo e volontà di lavoro in equipe”; “senso di appartenenza”; “lavorare insieme”; “condivisione delle difficoltà e dei problemi da affrontare”; “buon coinvolgimento nel lavoro”; “persone molto collaborative, in grado di condividere e creare lo spirito del gruppo, anzi, meglio del ‘noi’”; “divertirsi a lavorare e costruire”; “forte coinvolgimento dei collaboratori nella motivazione al lavoro”; “condivisione degli obiettivi richiesti”; “condivisione degli obiettivi e delle modalità di raggiungimento”. Ascolto e disponibilità: “saper ascoltare e mediare”; “relazione umana”; “disponibilità e flessibilità”; “disponibilità a raccogliere istanze e problematiche anche a carattere personale”. Domanda 2. Principali elementi negativi. Le principali difficoltà riscontrate attengono all’esercizio del ruolo di leader, vuoi sul piano delle risorse personali e dei processi relazionali, vuoi per gli strumenti e le risorse a disposizione. Da sottolineare che questo secondo aspetto è maggiormente evidenziato dalle donne che operano nel settore pubblico, che subiscono una maggior rigidità organizzativa rispetto alle colleghe del settore privato. In 4 casi, c’è invece una dichiarazione esplicita di difficoltà legate al fatto di essere donne in ambienti a maggioranza maschile o dal contenuto applicativo tipicamente maschile, per esempio di tipo tecnico. In uno di questi casi, viene precisato che il pregiudizio di genere sembra provenire sia da uomini sia da altre donne. Espressioni e parole chiave ricorrenti che sottolineano le difficoltà di esercizio di leadership legate a fattori riconducibili a sé, come il dispendio di energie e l’utilizzo di tecniche comunicative e relazionali, sono: “eccessivo dispendio di energie” ;“stanchezza” “difficoltà a coinvolgere”; “la fatica, comune a tutti, nella relazione”; “attività stressante”; “trovare il giusto mix tra autorevolezza ed empatia”; “stimolare l’autonomia e la capacità di problem solving” “difficoltà a conciliare le diverse personalità e livelli professionalità, per costruire la squadra”; “difficoltà a trasmettere informazioni con linguaggio 9
uniforme a livello di comprensione”; “(i collaboratori) interpretano la figura del ‘capo’ in chiave parentale, rovesciandogli addosso tutte le aggressività del ‘non risolto”; “diminuito interesse ed entusiasmo”; “gestire il rapporto vita privata- lavoro dei collaboratori”. Esempi di risposte che invece propongono difficoltà di esercizio del ruolo, dovute a elementi oggettivi o contestuali (e che, come detto, sono molto numerose fra coloro che lavorano nel pubblico): “le difficoltà nascono da richieste dell'apparato più per esigenze burocratiche che per concrete motivazioni di lavoro (ad esempio valutazione del personale secondo parametri rigidi)”; “adeguamento di carriera rispetto alle aspirazioni”; “il personale è assegnato e, se è ritenuto poco capace, è difficile intervenire se non con spreco di tempo ed energie”; “impossibilità di scegliere il personale”; “organico non sufficiente”; “Problemi di salute e di assistenza a famigliari difficile trovare collaboratori propositivi”; “impossibilità di premiare adeguatamente i meritevoli”; “reperire incentivi economici o di carriera per i collaboratori attività burocratico amministrative complesse”. Infine, ecco quanto riguarda le difficoltà percepite come riconducibili ella differenza di genere: “ho trovato difficoltà ad essere considerata come persona senza il filtro della lente di genere – con i conseguenti pregiudizi – sia dal punto di vista maschile che femminile” ; “all'inizio non è stato facile farsi accettare essendo 1) giovane 2) donna 3) ultima arrivata 4) laureata”; “scarso riconoscimento del ruolo, in particolare da parte degli operatori di sesso maschile”; “questioni di genere in un ambiente altamente tecnico e maschile”. Domanda 3. Difficoltà riscontrate dovute all’organizzazione esistente (per es. orari, rigidità contrattuale, clima aziendale, ecc). A questa domanda sono state date risposte molto differenti, che di fatto tendono a riguardare tutti gli aspetti organizzativi: dalla definizione di compiti e ruoli, ai processi di comunicazione interna, agli strumenti ed alle risorse a disposizione. Per questo, citiamo di seguito tutti gli aspetti emersi, presentandoli in ordine di frequenza: • rigidità contrattuali (percepita come problematica non solo da appartenenti al settore pubblico, a cui consegue fra l’altro la difficoltà di ottenere flessibilità del personale su compiti e mansioni diverse, o accontentare la volontaria richiesta di fare altro, impossibilità di scegliere i collaboratori e scarsità di strumenti tangibili di motivazione) • burocratizzazione (sentita in particolare dalle appartenenti al settore pubblico, con scarsa meritocrazia conseguente) • comunicazione interna • scarsità del personale • parcellizzazione dei compiti 10
• strumenti per coniugare tempo lavoro e tempo privato • sostituzioni di maternità Per certi aspetti, è emblematica la seguente affermazione: “non ho figli, pertanto al momento nessun tipo di difficoltà”. Domanda 4. Difficoltà dovute all’ambiente esterno. Le risposte a questa domanda raccolgono l’insoddisfazione verso due ben definiti “ostacoli”: il trasporto, pubblico in particolare, ed i servizi per i figli, a partire dai nidi e dalle materne, cui si aggiunge la mancanza di servizi per gli anziani, rilevato dalle donne meno giovani. Il primo è giudicato poco efficiente, per problemi di orari, traffico e aree di parcheggio disponibili, anche se una lettura critica delle risposte mette in luce che in parte il problema sta a monte, per l’impossibilità in qualche modo di gestire efficacemente l’orario di lavoro, che si ripercuotono sulla possibilità di rispettare gli orari dei mezzi, di evitare le ore di punta, di trovare parcheggio. Rispetto ai servizi per i figli, non vengono segnalate disfunzioni o scarsa qualità: piuttosto, se ne auspica il potenziamento, in termini sia di offerta sul territorio, sia di flessibilità oraria. In merito a questi servizi, alla prima infanzia e di tipo educativo in genere: “orari asili e scuole non in linea con gli orari lavorativi (compresi i doposcuola)”; “poca flessibilità di orario delle strutture di servizio, dai negozi agli asili, agli uffici pubblici rende necessario il ricorso a permessi e ferie”; ”la scarsità di asili è uno dei problemi principali per le giovani donne ma anche la mancanza di servizi per la gestione dei periodi estivi dei figli in età scolare è un problema”; “Mancanza di posti negli asili nido per le lavoratrici madri che sentono molto il peso ( anche economico) dell’assistenza ai figli”; “servizi scolastici ancora poco orientati alla flessibilità dei nuovi ruoli manageriali femminili”; “scarsità di asili in zone limitrofe”; “scarsa disponibilità di asili e nidi pubblici che offrano un'articolata disponibilità oraria”. In un solo caso, l’accento viene posto sulle ripercussioni che un’intensa vita lavorativa può avere sulla vita privata: “qualche difficoltà nelle relazioni familiari, perché questa scelta di lavoro implica soddisfazioni ma anche sacrifici che i familiari non sempre condividono”. Alcune espressioni emblematiche a riguardo dei trasporti: “trovo estrema difficoltà nei trasporti pubblici”; “I trasporti pubblici sono in parte ancora un problema per molte zone urbane e non”; “trasporti pubblici poco efficienti”; “trasporti insufficienti”; “carenze nei trasporti pubblici soprattutto per quanto concerne la puntualità, la disponibilità oraria e la distribuzione sul territorio”; “principale difficoltà esterna è il tragitto casa-ufficio: per percorrere circa 20 k impiego 1 ora al mattino ed 1 ora alla sera”; “auto o mezzi pubblici non fa differenza”. 11
Domanda 5. Quale aggettivo useresti per definire la tua carriera professionale? In termini di frequenza, l’aggettivo a connotazione positiva più ricorrente è “gratificante”, stemperato in alcuni abbastanza ripetuti “soddisfacente” o declinato in alcuni “stimolante” e “appagante”. La connotazione negativa più frequente è invece legata alla componente di fatica che l’investimento nella carriera comporta: “faticosa”, “difficoltosa”, “impegnativa”, “affannosa”, “lenta”. Da sottolineare che si rileva una differenza fra chi opera nel pubblico e chi opera nel privato: appartiene infatti a quest’ultimo settore la percezione che la propria carriera è “molto gratificante ma nient’affatto equilibrata rispetto ad analoghe posizioni maschili”. Altri aggettivi utilizzati, che può essere utile citare per dare l’idea dello spettro di modalità con cui le donne percepiscono di aver maturato la propria carriera: “fortunata”, “imprevedibile”, “varia”; “coinvolgente”; “lineare”; “veloce”; “costruttiva”; “statica”. Domanda 6. Quali sono stati i principali ostacoli? È questa la sezione dove, pubblico o privato che sia il settore di lavoro di chi ha risposto alla domanda, è più spesso citata la componente di genere. In particolare, i principali ostacoli alla carriera riportati possono essere ricondotti a tre assi bidimensionali, che richiamano gli studi sui processi di attribuzione causale e il concetto di “locus of control” (Weiner, 1974, Rotter, 1966), secondo cui ci sono differenze individuali nella tendenza ad attribuire le cause di eventi, successi e insuccessi a diverse categorie di fattori. Un primo asse fa riferimento alla possibilità di controllo, a seconda che la persona percepisca un fattore causale come controllabile da lei stessa o meno; il secondo asse riguarda fattori causali interni (disposizioni individuali) o esterni (situazionali); il terzo fa riferimento alla stabilità dei fattori stessi, per cui si parla di cause sempre presenti e dunque stabili e altre estemporanee e dunque instabili. Per esempio, il genere fa riferimento ad una caratteristica permanente di un individuo, su cui non abbiamo possibilità di controllo, nel senso che ci è dato alla nascita. Gli studi sui processi di attribuzione, mostrano che chi tende a spiegare gli eventi (nel nostro caso, gli ostacoli alla carriera) sulla base di elementi su cui non si ha controllo, può trovarsi in difficoltà maggiori perché si percepisce come portatore di limiti oggettivi e dati una volta per tutte. Contemporaneamente, può trovarvi il vantaggio di una giustificazione che, non dipendendo direttamente da sé e dalla propria volontà, è più rassicurante. Esempi di affermazioni che vanno in questa direzione sono: “Essere donna e spiegare a dei tecnici (di una certa età e di tutte le provenienze ) che stavano sbagliando la parte tecnica ; “essere spesso una donna in tavoli di decisioni quasi esclusivamente maschili“; “molti ostacoli sono sorti a livello familiare e nella vita privata nell’accettazione di una scelta così ‘radicale’ fatta da una donna”; “l’inesperienza e la giovane età”; 12
“essere donna (pertanto candidata ad almeno una maternità)”; “Eccessiva insicurezza, paura del giudizio dei superiori”; “autostima non elevata”. Un numero significativamente minore di risposte fa riferimento a cause ugualmente interne ma instabili e controllabili, quindi meno demotivanti, come “la stanchezza”. Altre risposte richiamano cause di ostacoli di tipo esterno, ancora di tipo stabile e nuovamente connesse ad uno stereotipo di genere: “il percorso di carriera è programmato ancora esclusivamente sul modello maschile”; “considerazione talvolta, non “alla pari” da parte di alcune figure di responsabilità/istituzionali di sesso maschile”. Si allontanano dalla citazione diretta o indiretta dell’appartenenza al sesso femminile affermazioni come: “gli infiniti vincoli della burocrazia”; “orario impegnativo e non determinabile a priori”; “l’impossibilità di scegliere il personale”, ancora connesse con fattori esterni di tipo stabile. Domanda 7. E i principali punti di forza? Se per trovare i motivi degli ostacoli c’è comunque una certa equità fra locus of control interno ed esterno, quasi tutte le risposte alla domanda sui punti di forza richiamano fattori interni di tipo instabile, come l’impegno, e stabile, come determinate qualità. Solo in un caso il tratto di genere viene citato positivamente: “L'essere donna , mi ha aperto porte , non mi ha fatto pensare secondo schemi precostituiti”. Esempi di affermazioni del primo tipo sono invece: “profondo interesse per il mio ambito di lavoro”; “notevole testardaggine nel perseguire i risultati che mi propongo”; “competenza, capacità di introspezione, capacità di creare relazioni significative”; “il non si può fare non fà parte del mio vocabolario”; “La determinazione; “la capacità di gestire situazioni complesse, la volontà di risolvere i problemi anziché di crearne”. Altre parole chiave: serenità, entusiasmo, passione, forza interiore, testa dura, disponibilità, tenacia. In misura nettamente minore, sono presenti riferimenti a fattori causali esterni: “la possibilità di entrare in contatto con realtà internazionali e gruppi di lavoro multiculturali”; “la possibilità di progettare in prima persona il mio lavoro”; “un marito collaborativo e molto autonomo”; “il gruppo con cui collaboro da parecchi anni”. Domanda 8. Quali situazioni possono favorire la carriera di una donna? Le risposte a questa domanda e a quella seguente ripercorrono un po’ lo schema delle due precedenti. In generale, sono infatti citate due principali tipologie di situazioni e fattori che possono favorire la carriera di una donna: interni, soprattutto di tipo instabile e dipendenti da sé stessi, ed esterni. 13
Per i fattori interni, vengono dati diversi suggerimenti, come “preparazione e responsabilità”; “la volontà di imparare continuamente”; “voglia di non fermarsi di fronte agli ostacoli, essere motivati e tenaci”; “Capacità di accollarsi situazioni problematiche e difficili”, e un’intera “ricetta”: “alta competenza, una certa dose di testardaggine, capacità di non soccombere ad un ambiente prevalentemente maschile, capacità di mantenere un certo distacco dai problemi (più difficile in generale per le donne rispetto agli uomini; le donne hanno però. maggior attenzione alla relazione, elemento essenziale per la gestione delle risorse umane”. Vengono citati anche alcuni tratti percepiti come tipicamente femminili: “la testa della donna stessa! La facilità alle relazioni interpersonali, la maggior flessibilità nell'analizzare gli argomenti” e “la capacità, della donna stessa, di staccarsi dagli obblighi (veri o presunti) verso l’ambiente familiare”. Per quanto riguarda fattori che richiamano un locus of control più esterno, i riferimenti sono all’ambiente lavorativo e alla figura del capo in particolare, e all’ambiente famigliare: “capacità in chi deve valutare di essere trasparente, serio e onesto”; “un capo intelligente”; “superiori che incoraggiano e spingono ad agire”; “ambiente misto”; “buon rapporto con lo staff”; “il supporto familiare”; “una famiglia solidale, che non crea problemi”; “disponibilità di orari”. Una nota forse amara emerge infine dalla lista, per ordine di importanza, contenuta nella seguente risposta: “1: esser figlia, amica o parente di un personaggio importante, 2: essere libera da impegni familiari, 3: la fortuna, cioè trovarmi nel posto giusto al momento giusto, 4: il merito, connesso a preparazione, capacità etc.”. Domanda 9. E quali sono più condizionanti? Gli elementi percepiti come maggiormente condizionanti e attribuiti a caratteristiche esterne, non completamente dipendenti dal proprio controllo, sono per questa domanda citati in maggior numero rispetto a quelli interni. Si tratta in particolare di due categorie di fattori: da un lato impegni e problemi che chiamano in causa la famiglia sia direttamente (molto citata l’espressione “la famiglia”, cui seguono “il periodo di maternità”; “i figli”; “una famiglia che non condivide le tue scelte”), sia indirettamente (“l'assenza di servizi per infanzia e cura degli anziani”; “gli orari”). Dall’altro, la percezione di pregiudizi e ostracismi praticati sulla base della differenza di genere: “i pregiudizi!”; “avere accanto uomini gelosi, o invidiosi”; “un ambiente troppo maschilista”; “soggetti che ripongono scarsa fiducia nella donna lavoratrice”. Sul fronte delle attribuzioni interne, citiamo “l’incapacità o l’impossibilità di stimolare l’autonomia dei famigliari”; “eccedere nell’assumere responsabilità”; “incertezza e paura del nuovo”, oltre ad una precisa osservazione critica di “alcune caratteristiche del genere femminile: scarsa autostima; paura di chiedere riconoscimenti; minor attenzione agli aspetti relazionali intesi come capacità di fare rete, tendenza a 14
legittimare comportamenti discriminanti in azienda e in famiglia; tendenza ad orientarsi verso studi meno tecnologici e pertanto meno appealing per il mercato del lavoro”. SECONDA PARTE – PROPOSTE Domanda 1. Quali sono i principali cambiamenti che porteresti all’interno dell’organizzazione del lavoro? Due sono i temi maggiormente ricorrenti fra chi ha risposto a questa domanda: il primo legato al concetto di meritocrazia e di sviluppo delle risorse, il secondo riguardante cambiamenti di tipo più strutturale, auspicati sia a livello ‘micro’ (ovvero relativi al singolo contesto organizzativo in cui si lavora) sia a livello ‘macro’ (relativi al contesto socio-culturale nel suo complesso). Esempi di proposte del primo tipo sono: “un’organizzazione del lavoro ed un sistema di valutazione che valorizzi le competenze delle persone, riconosca l’impegno aiuti a crescere professionalmente”; “maggiore meritocrazia”; Politiche di crescita basate sul raggiungimento dei risultati; “politica meritocratica, trasparente e ufficializzata”; “obbligo, o almeno riconoscimento, di aggiornamento e formazione”. Per quelle del secondo tipo, si rileva una differenza fra chi opera nel settore pubblico e chi nel privato. Le affermazioni che riguardano semplificazione amministrativa, snellimento delle procedure e maggiore autonomia decisionale, specie nella scelta dei collaboratori, riguardano donne che lavorano nel pubblico (anche con una nota critica: “le procedure amministrative cambiano, ma gli operatori si adattano con difficoltà”). E’ invece indifferentemente sentita fra pubblico e privato la necessità di orari flessibili e maggiori servizi a disposizione, per migliorare la gestione del tempo fra lavoro e vita personale: “attivazione di servizi/benefit a basso costo per l’azienda ma ad alto valore aggiunto per il lavoratore: possibilità di fare la spesa, portare il bucato in lavanderia, ricevere assistenza medica, fiscale, tributaria e legale semplicemente con un clic”; “nelle grandi imprese servizi interni (nidi e asili), come avviene in alcuni paesi esteri”; “flessibilità negli orari, possibilità di lavorare da casa”; “maggior formazione all’interno delle aziende durante l’orario d lavoro”. Infine, annotiamo una proposta che esula dai due temi principali, che possiamo definire a connotazione educativa: “insegnare agli uomini a sbrogliarsela e a prendersi più responsabilità. Cominciando dalle loro mamme”. Domanda 2. Quali supporti chiederesti alle strutture pubbliche (es. asili/nidi, trasporti…) Tre sono le richieste che tutte le donne che hanno risposto fanno ai pubblici servizi: flessibilità 15
degli orari, potenziamento dei trasporti pubblici, servizi per bambini ed anziani più consistenti, come quantità e qualità. Rispettando questo ordine di presentazione, citiamo alcune espressioni significative: “orari più flessibili”; “cambiare gli orari degli asili e scuole elementari”; “asili nido e scuole con orari simili”; “articolare maggiormente gli orari di apertura dei negozi anche nelle ore serali e nei giorni festivi”; “trasporti più efficienti”; “puntualità dei servizi pubblici”; “trasporti e strade più sicure”; “asili, babysitter, nidi, cooperative di madri, tutto nel luogo di lavoro”; “potenziamento di asili/nidi (meglio se aziendali)”; “asili nido molto più numerosi e competitivi”; “potenziamento dei servizi per l'infanzia e per gli anziani”. Domanda 3. Quali cambiamenti legislativi richiederesti? La normativa italiana sulle pari opportunità e sulle discriminazioni legate alle differenze di genere, è di fatto giudicata adeguata sulla carta, ma non sul versante applicativo: “la L. 53/2000 è una buona legge “la legislazione italiana in tema di pari opportunità sufficientemente adeguata punto di vista applicativo che ci sono dei grossi ritardi!”; “Più che nuove leggi servirebbe un maggior controllo sulla loro applicazione”; “non sono necessarie leggi specifiche per favorire la managerialità femminili, basterebbe il rispetto della costituzione!”; “provvedimenti che impongono ai datori di lavoro azioni che garantiscano la effettiva parità uomo – donna”; “piuttosto contraria ad azioni positive a favore delle donne. Sarebbe già un ottimo risultato se venissero evidenziate le situazioni in cui c’è una discriminazione negativa”. Per il resto, vengono riproposti alcuni temi legati alle flessibilità di orario (“piccola riduzione dell'orario settimanale, ad es. un part time all'85%”) e singole osservazioni, e una che allarga lo spettro al sistema socio-economico nel suo complesso: “le urgenze non riguardino le donne in particolare ma l’eliminazione o almeno la riduzione di quelle situazioni di precariato che impattano negativamente sulle famiglie”. Interessante anche un’osservazione critica, in tema di maternità: “nessuna persona di responsabilità – può stare assente dall'ufficio dagli 8 ai 15 mesi !!!”. Domanda 4. Esempi positivi Divisi per riferimenti al territorio nazionale e all’estero, riportiamo semplicemente le citazioni di coloro che hanno risposto a questa domanda. Da notare che sia chi lavora nel privato, sia chi opera nel settore pubblico porta ad esempio nomi o situazioni esclusivamente del proprio ambito di appartenenza, particolarmente per quanto riguarda l’Italia, Realtà italiane: “l’Arnoldo Mondatori Editore di venticinque anni fa”; “per la soddisfazione dei dipendenti: Ferrari SPA (automotive) e ACRAF (farmaceutica)”; “l'organizzazione scolastica in Trentino”; orario plurisettimanale Regione Piemonte”; “Toscana, Emilia Romagna e in parte anche Piemonte”. 16
Realtà estere: “General Motors per l’adozione di politiche di crescita aziendali paritarie”; “Sophia Antipolis incubatore di imprese e centro di ricerca che incoraggia la cultura del benessere nei luoghi di lavoro”; “Paesi scandinavi”; “l’organizzazione scolastica canadese”; “la realtà francese che sostiene maggiormente le donne sulla maternità e i servizi per l’infanzia”; “per la maternità, Svezia e Svizzera”. Attraverso una risposta, si rileva in particolare che “lavorando con l'estero, sempre in un ambito molto tecnico, ho riscontrato una maggiore considerazione della mia professionalità rispetto a quello che accade in Italia”. EVIDENZE EMERSE DAI FOCUS In questa parte si lascia spazio alle frasi più significative annotate durante i focus group, che meglio rendono “a caldo” il pensiero delle partecipanti. ALCUNE PAROLE CHIAVE Segue un breve vocabolario dei termini indicati dalle partecipanti per articolare il binomio “donne e professione” Multitasking, ambizione, organizzazione, relazione, flessibilità, combattività, coinvolgimento, dialogo, curiosità, autostima, accoglienza, riflessione, grinta, determinazione, formazione, ascolto, attenzione, competenza, mediazione, dolcezza. ESPERIENZE DI CARRIERA: TRA REALTÀ E PROSPETTIVE CRITICITÀ DI PERCORSO: o difficoltà di inizio carriera (“… soprattutto in ruoli tradizionalmente maschili che prevedono la gestione di personale di maggiore anzianità …”); o fatica profusa per garantirsi un riconoscimento professionale adeguato soprattutto da parte del mondo maschile (“… rispetto all’esterno e ai ruoli apicali essere uomo è un fattore facilitante …”, “… una donna intelligentissima ha la stessa possibilità di carriera di un uomo mediocre …”); o impegno quotidiano nel dimostrare il proprio valore, essendo, più degli uomini, costantemente valutate (“… le donne lavorano per motivazione profonda e per far bene, non solo e non tanto per il rendiconto formale / economico …”); 17
o difficoltà di gestione del personale (“…una realtà è che i collaboratori non si scelgono, in particolare nella P.A., ma le donne sono storicamente abituate cucinare con gli avanzi …”); o difficoltà di essere accettate (“… a volte le altre donne ti guardano con sospetto, con invidia e non sono disponibili a comprendere la fatica, l’impegno né a confrontarsi con te…) o gestione problematica delle assenze legate alla maternità alla cura della famiglia (“… se si lascia la carriere, anche temporaneamente, non si rientra più …”); o gestione lavoro - famiglia (“… quando una donna arriva al lavoro ha già accompagnato i figli, fatto la spesa… l’uomo ha già letto il giornale…”). CONTRIBUTI FORNITI ALLA CRESCITA DEI CONTESTI INCONTRATI: o innovazione tecnologica e organizzativa; o crescita delle proiezioni internazionali; o valorizzazione dell’intercambiabilità professionale; o attenzione per le relazioni; o coinvolgimento e valorizzazione dei collaboratori; o promozione delle attività formative; o comunicazione di ambizione e ottimismo. ALCUNI PROGETTI PER IL FUTURO: o valorizzare le competenze o rinnovare ulteriormente aspetti produttivi, commerciali, organizzativi; o trasmettere ai collaboratori l’importanza del contributo di ognuno; o supportare le donne madri con figli piccoli in prospettiva di alleggerire aspetti di conciliazione. IL VALORE DELLE DIFFERENZE: UN POSSIBILE MODELLO DI MANAGERIALITÀ AL FEMMINILE Attraverso il recupero dei pensieri emersi circa le modalità con cui donne e uomini vivono, gestiscono e progettano il lavoro, si è tentato di rintracciare un possibile modello femminile di declinare l’esperienza professionale. Al centro di tale modello si articolano: o competenze relazionali (“… le donne non trascurano le dinamiche relazionali …” “…se non raggiungo la persona non raggiungo il professionista…”); 18
o competenze organizzative (“le donne sono multitasking …”; “… le donne hanno un senso di organizzazione innato …”) “… un’ organizzazione al femminile è più veloce, gli uomini hanno una intelligenza sequenziale, le donne invece fanno contemporaneamente molte attività…”): o ricerca di equilibrio tra concretezza, pragmatismo e fantasia (“…le donne possono insegnare agli uomini un nuovo modo di affrontare il cambiamento…” “…togliamo il tailleur e mettiamo il vestito a fiori…”) ; o valorizzazione e motivazione dei collaboratori (“… per me è centrale il piacere nel motivare le persone a fare bene il proprio lavoro …” “…in ciascuno c’è qualcosa di positivo, è compito del superiore tirarlo fuori…” “…quando non puoi dare incentivi economici baratti orario e disponibilità…”); o formazione e autoformazione continue (“… le donne devono essere molto più preparate per essere credibili quando fanno discorsi tecnici …”; “… le donne si spendono per far crescere gli altri …”). All’interno di tale modello, alcune notazioni critiche / autocritiche sono state rivolte ai seguenti aspetti: o difficoltà ad entrare nei meccanismi politici (“ … le donne sono forse meno preparate sotto il profilo politico …”; “… le donne tendono a enfatizzare di meno gli aspetti politici di ruolo …”); o gioco (“… le donne, nel contesto professionale, non riescono a divertirsi come fanno gli uomini …”); o complicità e comprensione … rivalità e invidia (“… tra le donne non sempre c’è solidarietà …”). o lavoro e resto della vita (“ … le donne sono multitasking ….ma una possibile deriva dell’essere multitasking è cercare di divenirlo sempre di più, al lavoro come a casa …”). LAVORO E RESTO DELLA VITA: SCENARI DI CONCILIAZIONE Alcuni pensieri espressi dalle partecipanti: o “… avere una vita extralavorativa intensa apre delle differenze importanti tra uomini e donne …”; o “… le aspettative dei familiari verso le donne lavoratrici sono le stesse che avrebbero verso una donna casalinga …”; 19
o “… le donne talvolta temono le responsabilità professionali, non tanto di ruolo quanto convertite in disponibilità di tempo; o “… la gravidanza può procurare svantaggi nel percorso di carriera, la maternità è il reale soffitto di cristallo …”; o “… le donne potrebbero dare indicazioni preziose volte a cambiare l’attuale legislazione in tema di maternità …”; o “…il lavoro dovrebbe tener conto dei tempi della vita…”; o “… non sempre è adeguata la disponibilità quantitativa e qualitativa dei servizi per l’infanzia …”; o “… con il tempo le donne hanno imparato a passare tra una goccia e l’altra…” RIFLESSIONI FINALI Poiché la ricerca è di tipo qualitativo e il quadro osservato è in piena evoluzione, preferiamo presentare qui una serie di suggestioni e riflessioni, piuttosto che le classiche “conclusioni”. Anche perché la stessa parola “conclusioni” ci pare inappropriata. La nostra speranza è che quanto scritto sinteticamente in queste pagine possa non concludere, ma aprire ulteriormente il processo di discussione e intervento sul tema della managerialità al femminile. PASSIONE E FATICA È difficile che qualcuna di queste donne sia diventata manager per caso o perché la carriera l’ha portata lì. Se è lì, è perché l’ha voluto e si è data molto da fare per arrivarci. Ma questo a richiesto molta fatica. La fatica, però, viene sia dalla difficoltà di conciliare lavoro e vita privata, sia dal fatto che spesso le donne vivono le aspettative “Analizzare i problemi che ci sono, e di carriera come fallite in partenza; “il femminile, soprattutto garantire quindi reali PARI sotto il profilo lavorativo, è connotato come perdente”. OPPORTUNITA’ per donne e per Le donne studiano di più, si diplomano e laureano più in fretta uomini è fondamentale, ma soprattutto e con voti migliori; la presenza delle donne in ruoli di dobbiamo ricominciare dalla propria forza, ci aiuta meglio a progettare il responsabilità vede un aumento del 40% circa in un periodo di nostro futuro.” 8 anni (anche se sono ancora poche!): questo dimostra che le donne sanno farcela da sole. 20
Le donne che hanno interesse per il proprio lavoro, motivazioni forti (es. doversi mantenere), sicurezza ed orgoglio delle proprie competenze, superano tutti gli ostacoli, lavorando tantissimo, aggiornandosi e confrontandosi. CARRIERA, NON CARRIERISMO Un altro aspetto che sembra emergere è che le donne non disdegnano la carriera, ma il raggiungimento di un posto più in alto sembra essere ricercato non per se stesso, ma come un giusto riconoscimento al proprio lavoro e delle proprie competenze, oppure come un mezzo per poter lavorare meglio – più potere di decidere e poter gestire meglio le proprie responsabilità e i propri collaboratori- e divertendosi. Questa non è un’idea nuova (anche se più dichiarata che praticata) anche per gli uomini. Ciò che emerge con chiarezza dalla nostra ricerca è però il fatto che ragionare sulle pari opportunità e sulla managerialità da un punto di vista femminile può e deve essere un’occasione da cogliere per rendere le organizzazioni migliori per tutti. Qualcosa si sta muovendo, in questa direzione. Alcune aziende e alcune ricerche cominciano a dimostrare che modelli organizzativi più femminili generano più benessere organizzativo e quindi più competitività per l’azienda. IL MODELLO MANAGERIALE AL FEMMINILE Sarà vero che “una donna intelligente abbia la stessa probabilità di fare carriera di un uomo mediocre?” forse un modello manageriale femminile non è riconosciuto o comunque non è ancora consolidato a livello sociale. Il pensiero condiviso dalle interpellate è che il modello manageriale femminile sia vincente nel momento in cui è “femminile”, non copia di quello maschile. Infatti, le donne in posizione di potere che cercano di comportarsi secondo un modello di “manager uomo”, ne fanno una brutta copia e appaiono ambivalenti, risultando, nella maggior parte dei casi, più dure, più competitive in senso negativo, meno disponibili all’ascolto, spesso per paura di sembrare “molli” o incapaci. E qui vengono fuori, senza compassione alcuna per le rappresentanti del proprio sesso, delle caratteristiche viste negativamente come tipicamente femminili: il pettegolezzo, la rivalità, le invidie, il cercare di farsi le scarpe, la non solidarietà tra donne quando si tratta di ”avanzare”. La dimostrazione della diversità dell’essere manager donna emerge anche dalle contraddizioni delle esperienze vissute: “alle donne, proprio perché abituate ad essere brave, si richiede sempre di più”, “le donne non possono sbagliare”, “ da una parte la soddisfazione di avercela fatta, dall’altra la 21
fatica di dover sempre essere al top, di dovercela fare”, ”da una parte essere consapevoli del proprio valore, dall’altra essere sempre in attesa di un parola di apprezzamento”. NUOVE PROSPETTIVE DEL TETTO DI CRISTALLO È ora di guardare al problema della carriera delle donne tenendo conto anche di una prospettiva per settori produttivi. Indubbiamente c’è ora maggiore presenza femminile a livelli decisionali e direzionali, ma per quanto riguarda le aziende private questo accade prevalentemente nei settori produttivi più avanzati e esposti alla competizione, dove la sopravvivenza stessa dell’organizzazione è legata alla sua efficienza, alla sua capacità di privilegiare il merito. Nei settori più tradizionali e più protetti sembra esserci invece ancora molta strada da fare. Nella Pubblica Amministrazione la presenza femminile in ruoli di responsabilità si sta consolidando. UN MODELLO DI SOCIETÀ, NON SOLO DI AZIENDA È noto che la crescita nelle posizioni lavorative è legata alla conciliazione e ai modelli culturali della società tutta, non solo della specifica azienda. Se andiamo a guardare al resto del mondo industrializzato, i modelli sono probabilmente due: - quello nord-europeo in cui la struttura e la cultura intere della società consentono alle donne e agli uomini di scegliere lo spazio da dedicare al lavoro e quello da dedicare alla famiglia; - quello statunitense dove non c’è uno Stato sociale come noi lo intendiamo, ma la flessibilità del lavoro, la possibilità di cambiare facilmente posto di lavoro, l’accettazione di donne nel lavoro sono più consolidate: questo consente comunque di trovare degli equilibri. Le persone sono (erano, quantomeno, prima delle ultime “bolle”) abituate a risparmiare ed investire per il proprio futuro e quello dei propri figli; questo anche grazie a livelli salariali più elevati: e si riescono poi a trovare le soluzioni per consentire alle donne di lavorare e fare carriera. Tuttavia da più parti si sta spingendo verso un modello più Europeo. L’impressione è che in Italia non ci siano modelli, vige l’ ”arte di arrangiarsi” e spesso la solitudine. COMPETENZE E LORO DIFFUSIONE Riprendendo però le considerazioni in merito alla passione e alla carriera, anche la nostra ricerca conferma che il discrimine sono il livello scolastico e le competenze possedute: le donne con livelli scolastici più elevati e motivazione maggiore alla propria indipendenza riescono, con la passione e la fatica che si è dette, ad emergere ed a migliorare, anche nel piccolo, le regole dell’organizzazione 22
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