Opera - Macbeth Giuseppe Verdi - Teatro Alighieri
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Fondazione Ravenna Manifestazioni Comune di Ravenna Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Regione Emilia Romagna Teatro di Tradizione Dante Alighieri Stagione d’Opera e Danza 2015-2016 Macbeth melodramma in quattro atti musica di Giuseppe Verdi Teatro Alighieri 8, 10 aprile con il contributo di partner
Sommario La locandina................................................................. pag. 5 Il libretto ........................................................................ pag. 7 Il soggetto . ................................................................... pag. 27 Macbeth: il bene non ha voce di Susanna Venturi . ................................................ pag. 29 I protagonisti .............................................................. pag. 38 Coordinamento editoriale Cristina Ghirardini Grafica Ufficio Edizioni Fondazione Ravenna Manifestazioni Foto © Maurizio Montanari Le immagini sono relative all’allestimento di Ravenna Festival 2013 L’editore si rende disponibile per gli eventuali aventi diritto sul materiale utilizzato. Stampa Edizioni Moderna, Ravenna
Macbeth melodramma in quattro atti libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei dalla omonima tragedia di William Shakespeare musica di Giuseppe Verdi (Editore Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano) personaggi e interpreti Macbeth Matias Tosi Banco Daniel Giulianini Lady Macbeth Vittoria Ji Won Yeo Dama di Lady Macbeth Antonella Carpenito Macduff Alessandro Scotto di Luzio Malcolm Giovanni Sebastiano Sala Fleanzio Andrea Zannini Medico Daniele Macciantelli Domestico di Macbeth, Araldo Alessandro Nuccio Sicario Enrico Gaudino Prima apparizione Alfredo Stefanelli Seconda apparizione Anna Righini Terza apparizione Alice Serra direttore Nicola Paszkowski regia e ideazione scenica Cristina Mazzavillani Muti light design Vincent Longuemare scene Ezio Antonelli costumi Alessandro Lai visual design Davide Broccoli Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Coro del Teatro Municipale di Piacenza maestro del coro Corrado Casati DanzActori di Ravenna Festival Francesca De Lorenzi, Giorgia Massaro, Marta Capaccioli, Martina Cicognani, Chiara Nicastro, Carlo Gambaro, Mirko Guerrini, Alberto Lazzarini, Ivan Merlo, Michael D’adamio Schermitori storici della “Società dei Vai” aiuto regista e direttore di scena Maria Grazia Martelli maestro di sala Davide Cavalli maestro collaboratore Alessandro Benigni maestro ai sovratitoli Silvia Gentilini attrezzisti Enrico Berini, Federica Caraboni caposarta Anna Tondini sarte Marta Benini, Manuela Monti trucco Elena Quercetti (Galeazzi Profumeria) parrucco Roberto Acquaroli (Pourparler Parrucchieri) sovratitoli Prescott Studio Firenze realizzazione scene Laboratorio del Teatro Alighieri costumi Tirelli Costumi Roma calzature Pompei Roma si ringrazia il Teatro dell’Opera di Roma per la fornitura di costumi e attrezzerie allestimento Ravenna Festival 2013 produzione Ravenna Festival, Teatro Alighieri di Ravenna, Savonlinna Opera Festival
Macbeth melodramma in quattro atti libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei dalla omonima tragedia di William Shakespeare musica di Giuseppe Verdi (Editore Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano) PERSONAGGI Duncano, Re di Scozia – Macbeth, generale dell’esercito del Re Duncano baritono Banco, generale dell’esercito del Re Duncano basso Lady Macbeth, moglie di Macbeth soprano Dama di Lady Macbeth mezzosoprano Macduff, nobile scozzese, Signore di Fiff tenore Malcolm, figlio di Duncano tenore Fleanzio, figlio di Banco – Medico basso Domestico di Macbeth basso Sicario basso Araldo basso Ecate, Dea della notte – Streghe, Messaggeri del Re, Nobili e Profughi scozzesi, Sicari, Soldati inglesi, Bardi, Spiriti aerei, Apparizioni. La scena è in Iscozia, e massimamente al castello di Macbeth. Sul principio dell’atto quarto è tra il confine di Scozia e d’Inghilterra. 7
ATTO PRIMO Macbeth Macbeth Scena quarta (S’avvede delle streghe.) Vanîr!... Saranno i figli tuoi sovrani. Le streghe ritornano. Scena prima Oh, chi saranno Bosco. Tre crocchi di streghe appariscono l’un costor? Banco Streghe dopo l’altro fra lampi e tuoni. E tu re pria di loro! S’allontanarono! – N’accozzeremo Banco quando di fulmini – lo scroscio udremo. Streghe I. Chi siete voi? Di questo mondo Banco e Macbeth S’allontanarono, – fuggiam!... s’attenda Che faceste? dite su! o d’altra regïone? Accenti arcani! le sorti a compiere – nella tregenda. Dirvi donne vorrei, ma lo mi vieta Macbetto riedere – vedrem colà, Streghe II. quella sordida barba. e il nostro oracolo – gli parlerà. Ho sgozzato un verro. Scena terza Fuggiam, fuggiam, sì fuggiam. Macbeth Messaggieri del Re. I precedenti. (Partono.) Streghe I. Or via, parlate! E tu? Messaggieri Streghe I. Pro’ Macbetto! Il tuo signore Scena quinta Streghe III. Salve, o Macbetto, di Glamis sire! sir t’elesse di Caudore. Atrio nel castello di Macbeth. Lady Macbeth M’è frullata nel pensier leggendo una lettera. la mogliera di un nocchier; Streghe II. Macbeth al dimon la mi cacciò... Salve, o Macbetto, di Caudor sire! Ma quel sire ancor vi regge! Lady ma lo sposo che salpò “Nel dì della vittoria io le incontrai... col suo legno affogherò. Streghe III. Messaggieri Stupito io n’era per le udite cose; Salve, o Macbetto, di Scozia re! No! percosso dalla legge quando i nunzi del Re mi salutaro Streghe III. sotto il ceppo egli spirò. sir di Caudore, vaticinio uscito Un rovaio io ti darò... Banco dalle veggenti stesse (A Macbeth.) Banco che predissero un serto al capo mio. Streghe III. Tremar vi fanno così lieti auguri? (Ah, l’inferno il ver parlò!) Racchiudi in cor questo segreto. Addio.” I marosi io leverò... (Alle streghe.) Ambizïoso spirto Favellate a me pur, se non v’è scuro, Macbeth tu sei, Macbetto... Alla grandezza aneli, Streghe III. crëature fantastiche, il futuro. (Fra sé.) ma sarai tu malvagio? Per le secche io lo trarrò. Due vaticini compiuti or sono... Pien di misfatti è il calle (Odesi un tamburo.) Streghe I. mi si promette dal terzo un trono... della potenza, e mal per lui che il piede Salve! Ma perché sento rizzarmi il crine? dubitoso vi pone, e retrocede! Tutte Pensier di sangue, d’onde sei nato?... Vieni! t’affretta! accendere Un tamburo! che sarà? Streghe II. Alla corona che m’offre il fato vo’ quel tuo freddo core! Vien Macbetto. Eccolo qua! Salve! la man rapace non alzerò. L’audace impresa a compiere (Si confondono insieme e intrecciano una ridda.) io ti darò valore; Le sorelle vagabonde Streghe III. Banco di Scozia a te promettono van per l’aria, van sull’onde, Salve! (Fra sé.) le profetesse il trono... sanno un circolo intrecciar Oh, come s’empie costui d’orgoglio Che tardi? accetta il dono, che comprende e terra e mar. Streghe I. nella speranza di un regio soglio! ascendivi a regnar. Men sarai di Macbetto e pur maggiore! Ma spesso l’empio Spirto d’inferno parla, e c’inganna, veraci detti, Scena seconda Streghe II. e ne abbandona poi maledetti Scena sesta Macbeth e Banco. Le precedenti. Non quanto lui, ma più di lui felice! su quell’abisso che ci scavò. Un servo e la precedente. Macbeth Streghe III. Messaggieri Servo Giorno non vidi mai si fiero e bello! Non re, ma di monarchi genitore! (Perché si freddo n’udì Macbetto? Al cader della sera il Re qui giunge. perché l’aspetto non serenò?) Banco Tutte (Tutti partono.) Lady Né tanto glorïoso! Macbetto e Banco vivano! Che di’? Macbetto è seco? Banco e Macbetto vivano! (Spariscono.) 8 9
Servo Lady che nel cielo ti chiama o nell’inferno. Macbeth Ei l’accompagna. Or bene?... (Entra nelle stanze del Re.) (Guardandosi le mani.) La nuova, o donna, è certa. O vista, o vista orribile! Macbeth Lady E se fallisse il colpo? Scena dodicesima Lady Trovi accoglienza quale un re si merta. Lady Macbeth. Storna da questo il ciglio... (Il servo parte.) Lady Non fallirà... se tu non tremi. Lady Macbeth (Lieti suoni a poco a poco si accostano.) Regna il sonno su tutti... Oh qual lamento! Nel sonno udii che oravano Scena settima Il Re! Risponde il gufo al suo lugubre addio! i cortigiani, e: “Dio Lady Macbeth sola. Lieto or lo vieni ad incontrar con me. sempre ne assista”, ei dissero; Macbeth “Amen” dir volli anch’io, Lady (Di dentro.) ma la parola indocile Duncano sarà qui?... qui? qui la notte?... Scena nona Chi v’ha? gelò sui labbri miei. Musica villereccia, la quale avanzandosi a poco Or tutti sorgete, – ministri infernali, a poco annuncia l’arrivo del Re. Egli trapassa Lady Lady che al sangue incorate, – spingete i accompagnato da Banco, Macduff, Malcolm, Ch’ei fosse di letargo uscito Follìe! mortali! Macbeth, Lady Macbeth e séguito. pria del colpo mortal? Tu, notte, ne avvolgi – di tenebre immota; Macbeth qual petto percota – non vegga il pugnal. Perché ripetere Scena decima Scena tredicesima quell’“Amen” non potei? Macbeth ed un servo. La precedente. Macbeth stravolto con un Scena ottava pugnale in mano. Lady Macbeth e la precedente. Macbeth Follie, follie che sperdono Sappia la sposa mia che, pronta appena Macbeth i primi rai del dì. Macbeth la mia tazza notturna, Tutto è finito! Oh donna mia! vo’ che un tocco di squilla a me lo avvisi. Macbeth Fatal mia donna! un murmure, (Il servo parte.) Allor questa voce m’intesi nel petto: Lady com’io non intendesti? avrai per guanciali sol vepri, o Macbetto! Caudore! Il sonno per sempre, Glamis, uccidesti! Lady Scena undicesima Non v’è che vigilia, Caudore, per te! Macbeth Del gufo udii lo stridere... Macbeth solo. Fra poco il re vedrai. Testé che mai dicesti? Lady Macbeth Ma dimmi, altra voce non parti d’udire? Lady Macbeth Mi si affaccia un pugnal?! L’elsa a me volta? Sei vano, o Macbetto, ma privo d’ardire: E partirà? Io! Se larva non sei tu, ch’io ti brandisca... Glamis, a mezz’opra vacilli, t’arresti, Mi sfuggi... eppur ti veggo! A me precorri fanciul vanitoso, Caudore, tu se’. Macbeth Lady sul confuso cammin che nella mente Domani. Dianzi udirti parvemi. di seguir disegnava!... Orrenda imago! Macbeth Solco sanguigno la tua lama irriga!... Vendetta! tuonarmi com’angeli d’ira, Lady Macbeth Ma nulla esiste ancor... Solo il cruento udrò di Duncano le sante virtù. Mai non ci rechi il sole un tal domani. Mentre io scendea? mio pensier le dà forma, e come vera mi presenta allo sguardo una chimera. Lady Macbeth Lady Sulla metà del mondo (Quell’animo trema, combatte, delira... Che parli? Sì! Sì! or morta è la natura: or l’assassino chi mai lo direbbe l’invitto che fu?) come fantasma per l’ombre si striscia, Lady Macbeth Il pugnal là riportate... or consuman le streghe i lor misteri. E non intendi? Di’! nella stanza attigua Le sue guardie insanguinate... Immobil terra! a’ passi miei sta’ muta... chi dorme? Che l’accusa in lor ricada. (Un tocco di squilla.) Macbeth È deciso... quel bronzo ecco m’invita! Intendo, intendo! Lady Macbeth Non udirlo, Duncano! È squillo eterno Il regal figlio... Io colà?... non posso entrar! 10 11
Lady Qui m’attendete, o Banco. Tutti Dammi il ferro. (Entra nella stanza del Re.) Schiudi, inferno, la bocca, ed inghiotti (Strappa dalle mani di Macbeth il pugnale, ed nel tuo grembo l’intero creato; entra nelle stanze del Re.) sull’ignoto assassino esecrato Scena diciassettesima le tue fiamme discendano, o Ciel. Banco solo. O gran Dio, che ne’ cuori penètri, Scena quattordicesima tu ne assisti, in te solo fidiamo; Macbeth solo. Banco da te lume, consiglio cerchiamo Bussano forte alla porta del castello. Oh qual orrenda notte! a squarciar delle tenebre il vel! Per l’äer cieco lamentose voci, L’ira tua formidabile e pronta Macbeth voci s’udian di morte; colga l’empio, o fatal punitor; Ogni rumore gemea cupo l’augel de’ tristi auguri, e vi stampi sul volto l’impronta mi spaventa! e si sentì della terra il tremore... che stampasti sul primo uccisor. (Si guarda le mani.) Oh questa mano! Non potrebbe l’oceàno Scena diciottesima queste mani a me lavar. Macduff e Banco. Macduff Scena quindicesima Orrore! orrore! orrore! Lady Macbeth, e il precedente. Banco Lady Che avvenne mai? Ve’! le mani ho lorde anch’io; poco spruzzo, e monde son. Macduff L’opra anch’essa andrà in oblio... Là dentro (Battono di nuovo.) contemplate voi stesso... io dir nol posso!... (Banco entra nelle stanze del Re.) Macbeth Correte!... olà!... tutti accorrete! tutti! Odi tu? raddoppia il suon! O delitto! o delitto! o tradimento! Lady Vieni altrove! ogni sospetto Scena diciannovesima rimoviam dall’uccisor; Macbeth, Lady Macbeth, Malcolm, Macduff, torna in te! fa’ cor, Macbetto! Banco, Dama di Lady, Servi. Non ti vinca un vil timor. Lady e Macbeth Macbeth Qual subito scompiglio! Deh, potessi il mio delitto dalla mente cancellar! Banco Deh, sapessi, o Re trafitto, (Esce spaventato.) l’alto sonno a te spezzar! Oh noi perduti! (Macbeth è trascinato via da Lady.) Tutti Che fu? parlate! che seguì di strano? Scena sedicesima Macduff e Banco. Banco È morto assassinato il Re Duncano! Macduff (Stupore universale.) Di destarlo per tempo il Re m’impose; e di già tarda è l’ora. 12 13
ATTO SECONDO Scena seconda L’ora è presso!... or ci occultiamo, seggio al suo grado eletto. Lady sola. nel silenzio lo aspettiamo. pago son io d’accogliere Scena prima Trema, o Banco! – nel tuo fianco tali ospiti a banchetto. Stanza nel castello. Macbeth pensoso, seguito Lady sta la punta del coltel! La mia consorte assidasi da Lady Macbeth. La luce langue... il faro spegnesi (S’allontanano guardinghi.) nel trono a lei sortito, ch’eterno scorre per gli ampi cieli! ma pria le piaccia un brindisi Lady Notte desiata, provvida veli sciogliere a vostr’onor. Perché mi sfuggi, e fiso la man colpevole che ferirà. Scena quarta ti veggo ognora in un pensier profondo? Nuovo delitto!! È necessario!... Banco e Fleanzio. Lady Il fatto è irreparabile! Veraci Compier si debbe l’opra fatale. Al tuo regale invito parlar le malïarde, e re tu sei. Ai trapassati regnar non cale; Banco son pronta, o mio signor. Il figlio di Duncan, per l’improvvisa a loro un requiem, l’eternità. Studia il passo, o mio figlio... usciam da queste sua fuga in Inghilterra, tenèbre... un senso ignoto Coro O voluttà del soglio! parricida fu detto, e vuoto il soglio nascer mi sento in petto E tu ne udrai rispondere O scettro, alfin sei mio; a te lasciò. pien di tristo presagio e di sospetto. come ci detta il cor. ogni mortal desìo tace e s’acqueta in te. Come dal ciel precipita Macbeth Lady Cadrà fra poco esanime l’ombra più sempre oscura! Ma le spirtali donne Si colmi il calice chi fu predetto re. In notte ugual trafissero Banco padre di regi han profetato... di vino eletto; (Parte.) Duncano il mio signor. Dunque i suoi figli regneran? Duncano nasca il diletto, Mille affannose imagini per costor sarà spento? muoia il dolor. m’annunciano sventura, Da noi s’involino Scena terza e il mio pensiero ingombrano Lady gli odi e gli sdegni, Parco. In lontananza il castello di Macbeth. di larve e di terror. Egli e suo figlio folleggi e regni (Si perdono nel parco.) vivono è ver... qui solo amor. Sicari I. (Voce di Banco entro la scena.) Gustiamo il balsamo Chi v’impose unirvi a noi? Macbeth Ohimè!... Fuggi, mio figlio!... o tradimento! d’ogni ferita, Ma vita (Fleanzio attraversa la scena inseguito da un che nova vita Sicari II. immortale non hanno... sicario.) ridona al cor. Fu Macbetto. Lady Tutti Sicari I. Ah sì, non l’hanno! Scena quinta (Ripetono.) Ed a che far? Magnifica sala. Mensa imbandita. Macbeth, Cacciam le torbide Macbeth Lady Macbeth, Macduff, Dama di Lady cure dal petto; Sicari II. Forz’è che scorra un altro sangue, o donna! Macbeth. Dame e Cavalieri. nasca il diletto, Deggiam Banco trucidar. muoia il dolor. Lady Coro Sicari I. Dove? Quando? Salve, o Re! Quando?... Dove?... Scena sesta Macbeth Macbeth I precedenti. Un sicario si affaccia ad un uscio Sicari II. Al venir di questa notte. Voi pur salvète, laterale. Macbeth gli si fa presso. Insiem con voi. nobilissimi signori. Con suo figlio ei qui verrà. Lady Macbeth Immoto sarai tu nel tuo disegno? Coro Tu di sangue hai brutto il volto. Sicari I. Salve, o donna! Rimanete... or bene sta. Macbeth Sicario Banco! l’eternità t’apre il suo regno. Lady È di Banco. Tutti (Parte precipitoso.) Ricevete Sparve il sol... la notte or regni la mercé de’ vostri onori. Macbeth scellerata – insanguinata. Il vero ascolto? Cieca notte, affretta e spegni Macbeth ogni lume in terra e in ciel. Prenda ciascun l’orrevole 14 15
Sicario Lady Macbeth Sì. Restate!... Gli è morbo fugace... (Nel massimo terrore, allo spettro.) (Piano a Macbeth.) Va’, spirto d’abisso!... Spalanca una fossa, Macbeth E un uomo voi siete? o terra, e l’ingoia... Fiammeggian quell’ossa! Ma il figlio? Quel sangue fumante mi sbalza nel volto! Macbeth Quel guardo a me volto – trafiggemi il cor! Sicario Lo sono, ed audace Ne sfuggì! s’io guardo tal cosa che al demone istesso Tutti porrebbe spavento... là... là... nol ravvisi? Sventura! terrore! Macbeth (Allo spettro.) Cielo!... e Banco? Oh, poi che le chiome scrollar t’è concesso, Macbeth favella! il sepolcro può render gli uccisi? Quant’altri io pur oso!... Sicario (L’ombra sparisce.) Diventa pur tigre, leon minaccioso... Egli morì. M’abbranca... Macbetto tremar non vedrai, (Macbeth fa cenno al sicario, che parte.) Lady conoscer potrai – s’io provi timor... (Piano a Macbeth.) Ma fuggi!... deh fuggi fantasma tremendo! Voi siete demente! (L’ombra sparisce.) Scena settima La vita riprendo! I precedenti, meno il sicario. Macbeth Quest’occhi l’han visto... Lady Lady (Piano a Macbeth.) Chi ti scosta, o re mio sposo, Lady (Vergogna, signor!) dalla gioia del banchetto?... (Forte.) Sedete o mio sposo! Ogni ospite è tristo. Macbeth Macbeth Svegliate la gioia! Sangue a me quell’ombra chiede, Banco falla! il valoroso e l’avrà, l’avrà, lo giuro! chiuderebbe il serto eletto Macbeth Il velame del futuro a quant’avvi di più degno Ciascun mi perdoni: alle streghe squarcierò. nell’intero nostro regno. il brindisi lieto di nuovo risuoni, né Banco obbliate, che lungi è tuttor. Lady Lady (Piano a Macbeth.) Venir disse, e ci mancò. Lady Spirto imbelle! il tuo spavento Si colmi il calice vane larve t’ha creato. Macbeth di vino eletto; Il delitto è consumato; In sua vece io sederò. nasca il diletto, chi morì tornar non può. (Macbeth va per sedere. Lo spettro di Banco, muoia il dolor. veduto solo da lui, ne occupa il posto.) Da noi s’involino Macduff Di voi chi ciò fece? gli odi e gli sdegni, (Fra sé.) folleggi e regni Biechi arcani!... s’abbandoni Tutti qui solo amor. questa terra: or ch’ella è retta Che parli? Gustiamo il balsamo da una mano maledetta, d’ogni ferita, viver solo il reo vi può. Macbeth che nova vita (Allo spettro.) ridona al cor. Tutti Non dirmi, Biechi arcani! sgomentato non dirmi ch’io fossi!... le ciocche cruente Tutti da fantasmi egli ha parlato! non scuotermi intorno... Vuotiam per l’ìnclito Uno speco di ladroni Banco i bicchieri! questa terra diventò. Tutti Fior de’ guerrieri, (Sorgono.) di Scozia onor. Macbetto è soffrente! (Riappare lo spettro.) Partiamo. 16 17
ATTO TERZO rossi e ceruli, Macbeth Apparizione rimescete! Evocatele pur, se del futuro Sta’ d’animo forte: Scena prima Voi che mescere mi possono chiarir l’enigma oscuro. glorïoso, invincibil sarai Un’oscura caverna. Nel mezzo una caldaia che ben sapete, fin che il bosco di Birna vedrai bolle. Tuoni e lampi. Streghe. rimescete! Streghe ravviarsi, e venir contro te. rimescete! Dalle basse e dall’alte regioni (Sparisce.) Streghe I. spirti erranti, salite, scendete! Tre volte miagola la gatta in fregola. (Scoppia un fulmine e sorge da terra un capo Macbeth Scena seconda coperto d’elmo.) Lieto augurio! Per magica possa Streghe II. Le streghe, Ecate, spiriti, demoni. selva alcuna giammai non fu mossa. Tre volte l’ùpupa lamenta ed ulula. Macbeth Or mi dite: salire al mio soglio La scena si riempie di spiriti, diavoli, streghe, Dimmi o spirto... la progenie di Banco dovrà?... Streghe III. che danzano intorno alla caldaia. Appare Ecate, Tre volte l’istrice guaisce al vento. la dea della notte e dei sortilegi. Tutti stanno Streghe Streghe religiosamente atteggiati, e quasi tremanti T’ha letto nel core; Non cercarlo! Tutte contemplandola. taci, e n’odi le voci segrete. Questo è il momento. Ecate dice alle streghe che conosce l’opera Macbeth loro e per qual scopo fu evocata; esamina tutto Apparizione Lo voglio! lo voglio! Su via! sollecite giriam la pentola, attentamente, poi annunzia che re Macbetto O Macbetto! Macbetto! Macbetto! o su di voi la mia spada cadrà! mesciamvi in circolo possenti intingoli: verrà ad interrogarle sul suo destino, e Da Macduffo ti guarda prudente. (La caldaia cala sotterra.) sirocchie, all’opera! l’acqua già fuma, dovranno soddisfarlo. Se le visioni abbattessero La caldaia è sparita! perché? crepita e spuma. troppo i suoi sensi, evocheranno gli spiriti aerei Macbeth (Suono sotterraneo di cornamusa.) per risvegliarlo e ridonargli vigore. Ma non deve Tu m’afforzi l’accolto sospetto! Qual concento! Parlate! Che v’è? Streghe I. più differirsi la rovina che l’attende. Solo un motto... Tu rospo venefico Poiché le streghe hanno rispettosamente (L’apparizione sparisce.) Streghe I. che suggi l’aconito, ricevuto i suoi ordini, Ecate scompare fra lampi Apparite! tu vepre, tu radica e tuoni. Streghe sbarbata al crepuscolo, Tutti allora danzano intorno alla caldaia Richieste non vuole. Streghe II. va’, cuoci e gorgoglia una ridda infernale, né si arrestano che Ecco un altro di lui più possente. Apparite! nel vaso infernal. all’appressarsi di Macbeth. (Tuono: apparisce un fanciullo insanguinato.) Taci, e n’odi le occulte parole. Streghe III. Streghe II. Apparite! Tu lingua di vipera, Scena terza Apparizione tu pelo di nottola, Macbeth. Le precedenti. O Macbetto! Macbetto! Macbetto! Tutte tu sangue di scimïa, Esser puoi sanguinario, feroce: Poi qual nebbia di nuovo sparite. tu dente di botolo, Macbeth nessun nato di donna ti nuoce. (Otto Re passano l’uno dopo l’altro. Da ultimo va’, bolli e t’avvoltola (Sull’ingresso, parlando ad alcuno de’ suoi.) (Sparisce.) viene Banco con uno specchio in mano.) nel brodo infernal. Finché appelli, silenti m’attendete. (Si avanza verso le Streghe.) Macbeth Macbeth Streghe III. Che fate voi, misterïose donne? La tua vita, Macduffo, perdono... (Al primo.) Tu dito d’un pargolo (Feroce.) Fuggi, regal fantasima, strozzato nel nascere, Streghe No!... morrai... sul regale mio petto che Banco a me rammenti! tu, labbro d’un Tartaro, Un’opra senza nome. doppio usbergo sarà la tua morte! La tua corona è folgore, tu cor d’un eretico, (Tuoni e lampi: sorge un fanciullo coronato che gli occhi mi fai roventi! va’dentro, e consolida Macbeth porta un arboscello.) (Al secondo.) la polta infernal. Per quest’opra infernale io vi scongiuro! Ma che avvisa quel lampo, quel tuono?... Via, spaventosa immagine, Ch’io sappia il mio destin, se cielo e terra Un fanciullo col serto dei Re! che il crin di bende hai cinto! Tutte dovessero innovar l’antica guerra. (Agli altri.) (Danzando intorno.) Streghe Ed altri ancor ne sorgono?... Bolli. Bolli. Streghe Taci, ed odi. Un terzo?... un quarto?... un quinto? E voi Spirti Dalle incognite posse udir lo vuoi, O mio terror!... dell’ultimo negri e candidi, cui ministre obbediam, oppur da noi? splende uno specchio in mano, 18 19
e nuovi Re s’attergano Macbeth Lady dentro al cristallo arcano... (Che?) Or riconosco il tuo coraggio antico!... È Banco!... ahi vista orribile! Ridendo a me li addita? Lady Macbeth e Lady Muori, fatal progenie!... Vi trovo Ora di morte – e di vendetta, (Trae la spada, s’avventa sugli spettri, poi alfin; che fate? tuona, rimbomba – per l’orbe intero, s’arresta.) come assordante – l’atro pensiero Ah! che non hai tu vita! Macbeth del cor le fibre – tutte intronò! Ancora Ora di morte, – omai t’affretta! Vivran costor? le streghe interrogai... Incancellabile – il fato ha scritto: (Alle Streghe.) l’impresa compiere – deve il delitto, Lady poiché col sangue – si inaugurò. Streghe E disser? Vivranno. Macbeth Macbeth Da Macduff ti guarda... Oh me perduto! (Perde i sensi.) Lady Segui... Streghe Ei svenne!... Aerei spirti, Macbeth ridonate la mente al Re svenuto! Te non ucciderà nato da donna. Lady Scena quarta Segui... Scendono gli spirti e, mentre danzano intorno a Macbeth, le Streghe cantano il seguente Macbeth Invitto sarai finché la selva Coro di Birna contro te non mova. Ondine e Silfidi dall’ali candide, Lady su quella pallida Segui... fronte spirate. Tessete in vortice Macbeth carole armoniche, Ma pur di Banco apparvemi la stirpe... e sensi ed anima E regnerà!... gli confortate. (Spiriti e streghe spariscono.) Lady Menzogna!!! Morte, sterminio sull’iniqua razza! Scena quinta Macbeth rinviene, poi Lady Macbeth, Macbeth annunciata da un araldo che parte. Sì, morte! di Macduffo arda la rocca! Ne peran moglie, prole... Macbeth Ove son io?... Svanirò!... O sia ne’ secoli Lady maledetta quest’ora in sempiterno! Di Banco il figlio si rinvenga, e muoia. Araldo Macbeth La Regina! Tutto il sangue si sperda a noi nemico... 20 21
ATTO QUARTO Coro recasi in man? Lady La foresta di Birnamo. I panni indossa Scena prima Dama della notte... or via, ti sbratta!... Luogo deserto ai confini della Scozia e Malcolm La lampada che sempre Banco è spento, e dalla fossa dell’Inghilterra. In distanza la foresta di Birnam. Svelga ognuno, e porti un ramo si tiene a canto al letto. chi morì non surse ancor. Profughi scozzesi, uomini, donne, fanciulli. che lo asconda, innanzi a sé. Macduff in disparte addolorato. (A Macduff.) Medico Medico Ti conforti la vendetta. Oh come gli occhi Questo ancor! Coro spalanca! Patria oppressa! il dolce nome Macduff Lady no, di madre aver non puoi, Non l’avrò... di figli è privo! Dama A letto, a letto... or che tutta a’ figli tuoi E pur non vede. (S’avvia lentamente alle sue stanze.) sei conversa in un avel! Malcolm Sfar non puoi la cosa fatta... D’orfanelli, e di piangenti Chi non odia il suol nativo Medico Batte alcuno!... andiam, Macbetto, chi lo sposo e chi la prole, prenda l’armi, e segua me. Perché terge la man? non t’accusi il tuo pallor. al venir del nuovo sole (Malcolm e Macduff impugnano le spade.) s’alza un grido e fere il Ciel. Dama Dama e Medico A quel grido il Ciel risponde Tutti Lavarsi crede! Ah di lei, pietà, Signor! quasi voglia impietosito La patria tradita (Seguono Lady Macbeth inorriditi.) propagar per l’infinito, piangendo ne invita! Lady patria oppressa, il tuo dolor. Fratelli! gli oppressi Una macchia è qui tuttora... Suona a morto ognor la squilla, corriamo a salvar. Via, ti dico, o maledetta!... Scena quinta ma nessuno audace è tanto Già l’ira divina Una... due... gli è questa l’ora! Sala nel Castello. Macbeth, esce agitatissimo. che pur doni un vano pianto sull’empio ruina; Tremi tu!... non osi entrar? a chi soffre ed a chi muor. gli orribili eccessi Un guerrier così codardo? Macbeth l’Eterno stancâr. Oh vergogna!... orsù t’affretta!... Perfidi! All’Anglo contro me v’unite! Macduff Chi poteva in quel vegliardo Le potenze presaghe han profetato: O figli, o figli miei! da quel tiranno tanto sangue immaginar? “Esser puoi sanguinario, feroce; tutti uccisi voi foste, e insiem con voi Scena terza nessun nato di donna ti nuoce.” la madre sventurata!... Ah, fra gli artigli Scena nel castello di Macbeth come nell’atto Medico di quel tigre io lasciai la madre e i figli? primo. Notte. Medico e Dama di Lady Macbeth. Che parlò?... No, non temo di voi, né del fanciullo che vi conduce! Raffermar sul trono Ah, la paterna mano Medico Lady questo assalto mi debbe, non vi fu scudo, o cari, Vegliammo invan due notti. Di Fiffe il Sire o sbalzarmi per sempre... Eppur la vita dai perfidi sicari sposo e padre or or non era? sento nelle mie fibre inaridita! che a morte vi ferîr! Dama Che n’avvenne?... e mai pulire Pietà, rispetto, onore, E me fuggiasco, occulto In questa apparirà. queste mani io non saprò?... conforto ai dì cadenti, voi chiamavate invano coll’ultimo singulto, non spargeran d’un fiore Medico Dama e Medico la tua canuta età. coll’ultimo respir. Di che parlava Oh terror!... Né sul tuo regio sasso Trammi al tiranno in faccia, nel sonno suo? sperar soavi accenti: Signore! e s’ei mi sfugge Lady sol la bestemmia, ahi lasso! possa a colui le braccia Dama Di sangue umano la nenia tua sarà. del tuo perdono aprir. Ridirlo sa qui sempre... Arabia intera non debbo a uom che viva... Eccola! rimondar sì picciol mano Grida interne co’ suoi balsami non può. Ella è morta! Scena seconda Oimè!... Al suono del tamburo entra Malcolm, Scena quarta Macbeth conducendo molti soldati inglesi. Lady Macbeth, e precedenti. Medico Qual gemito? Geme? Malcolm Medico Dove siam? che bosco è quello? Un lume 22 23
Scena sesta Scena nona Bardi Dama della Regina, e Macbeth. Macbeth incalzato da Macduff. (S’avanzano ed intuonano l’inno.) Macbeth, Macbeth ov’è? Dama Macduff Dov’è l’usurpator?... È morta Carnefice de’ figli miei, t’ho giunto. D’un soffio il fulminò la Regina!... il Dio della vittoria. Macbeth (Poi volti a Macduff.) Macbeth Fuggi; nato di donna Il prode eroe egli è (Pensoso.) uccidermi non può. che spense il traditor. La vita!... che importa?... La patria, il Re salvò; È il racconto d’un povero idiota! Macduff a lui onore e gloria! Vento e suono che nulla dinota! Nato non sono: (La Dama parte.) strappato fui dal sen materno. Soldati Il prode eroe egli è Macbeth che spense il traditor; Scena settima (Spaventato.) la patria, il Re salvò; Coro di guerrieri e Macbeth. Cielo! a lui onore e gloria! (Brandiscono le spade e, disperatamente Coro battendosi, escono di vista.) Donne Sire! ah Sire! Salgano grazie a te, gran Dio vendicator; Macbeth Scena decima a chi ne liberò Che fu?... quali nuove? Entrano donne scozzesi. La battaglia continua. inni cantiam di gloria. Coro Donne Malcolm La foresta di Birna si muove! Infausto giorno!... Confida, o Scozia, in me! Preghiam pei figli nostri!... Fu spento l’oppressor; Macbeth Cessa il fragor! la gioia eternerò (Attonito.) tra noi di tal vittoria! M’hai deluso, presago infernale!... Voci interne Qui l’usbergo, la spada, il pugnale! Vittoria!... Macduff Prodi, all’armi! La morte o la gloria. S’affidi ognun al Re Donne ridato al nostro amor! Coro (Con gioia.) L’aurora che spuntò Dunque all’armi! sì, morte o vittoria. Vittoria!... vi darà pace e gloria! (Escono tutti correndo.) Scena ultima Scena ottava Malcom seguito da soldati inglesi. Macduff con Pianura circondata da alture e boscaglie. Il altri soldati, bardi e popolo. fondo della scena è occupato da soldati inglesi, i quali lentamente si avanzano, portando Malcolm ciascheduno una fronda innanzi a sé. Malcolm, Ove s’è fitto Macduff e soldati. l’usurpator? Macduff Macduff Via le fronde, e mano all’armi, Colà da me trafitto. mi seguite! (Malcolm, Macduff e soldati partono.) Tutti All’armi! all’armi! (Piegando un ginocchio a terra.) (Di dentro odesi il fragore della battaglia.) Salve, o Re! 24 25
Il soggetto Atto primo Macbeth e Banco, reduci da una vittoriosa battaglia, incontrano un drappello di Streghe, che accolgono Macbeth con un triplice saluto: sire di Glamis, sire di Caudor, re di Scozia. Egli è effettivamente sire di Glamis, ma gli altri due titoli non gli appartengono. Banco chiede che anche a lui venga predetto il futuro: egli sarà genitore di re. Quando le Streghe si allontanano, giungono messaggeri di Duncano ad annunciare a Macbeth che è stato nominato sire di Caudor. Il vaticinio realizzato getta Macbeth in un profondo turbamento, mentre Banco lo osserva con sospetto. Nel castello, Lady Macbeth legge la lettera del marito con il racconto del vaticinio: lei intuisce il segreto desiderio di lui, ma sa che la strada per realizzarlo è molto ardua, e teme che egli si lasci prendere dal timore. Quando un Servo annuncia l’arrivo di Duncano, Lady non ha più dubbi sulle decisioni da prendere, e cerca di stimolare il marito sopraggiunto. Entra nel castello il corteo del re, poi tutti si ritirano per la notte; poco dopo Macbeth, pur in preda a laceranti dubbi, entra nelle stanze dove riposa il re. Giunge Lady Macbeth, che vede rientrare il marito con in mano un pugnale intriso di sangue; egli è terrorizzato, ed è la donna a dover rientrare nella stanza per lasciarvi il pugnale e insanguinare i servi affinché siano essi considerati colpevoli. Si sente bussare alla porta, Lady Macbeth trascina via il marito; entrano Banco e Macduff: quest’ultimo, incaricato di svegliare il re, entra nella stanza. Mentre Banco ha la sensazione di un’imminente tragedia, Macduff esce stravolto dalla stanza, annunciando il terribile delitto. Alle sue grida accorrono tutti, stupefatti e increduli. Atto secondo In una stanza del castello, Macbeth esprime la propria angoscia alla moglie: ha raggiunto il soglio regale, ma la predizione delle Streghe impone un nuovo e duplice delitto, Banco e suo figlio. Macbeth è ormai deciso ad agire, mentre la moglie, rimasta sola, pur nell’oscuro timore che comincia a possederla, ribadisce l’orgoglio del potere. Intanto i Sicari, di notte, tendono un’imboscata a Banco e l’uccidono, ma suo figlio Fleanzio riesce a fuggire. Un Sicario ne informa Macbeth mentre è in corso un magnifico banchetto; egli è turbato, ma siede alla mensa e, poco dopo, rimane improvvisamente atterrito nel vedere seduto alla mensa anche lo spettro di Banco. La moglie, di fronte ai commensali stupiti, cerca di calmarlo e, invano, propone un nuovo brindisi. 26 27
Atto terzo In un’oscura caverna, dove le Streghe si aggirano intorno a una caldaia che bolle, giunge Ecate, accompagnata da Diavoli e Spiriti, e annuncia che la rovina di Macbeth non può più essere differita. Al termine di una ridda infernale, entra Macbeth, che chiede alle Streghe di svelargli il futuro. Da terra sorge un capo coperto da un elmo, e una voce lo invita a diffidare di Macduff; appare poi un fanciullo insanguinato, e una voce gli dice che nessun nato di donna potrà nuocergli; infine appare un fanciullo con una corona, e di nuovo una voce gli assicura il regno fino a che non vedrà il bosco di Birnam venirgli incontro. Ora Macbeth vuole sapere se la stirpe di Banco regnerà, ma la caldaia scompare improvvisamente e appaiono otto figure di re, l’ultimo è Banco con uno specchio in mano. Macbeth tenta di assalirli, ma cade a terra svenuto, mentre gli Spiriti danzano intorno a lui. Quando Spiriti e Streghe si sono allontanati, giunge Lady Macbeth e i due si fanno animo: per conservare il regno basterà uccidere Macduff e il figlio di Banco. Atto quarto Al confine fra Scozia e Inghilterra, presso il bosco di Birnam, profughi scozzesi piangono Macbeth: il bene non ha voce il tragico destino della patria oppressa da un re sanguinario; a sua volta Macduff, in lacrime per la morte della moglie e dei figli assassinati dai sicari di Macbeth, è pronto alla vendetta. Giunge Malcolm con molti soldati inglesi e dà ordine che ciascun combattente di Susanna Venturi prenda un ramo e con esso si nasconda alla vista; poi, impugnando la spada, si appresta al combattimento. Nel frattempo, nel castello durante la notte, un Medico e una Dama Andare oltre, e parlare di adeguamento dell’uno all’altro, è uno pseudo problema critico: anche e soprattutto osservano con occhi pietosi il delirio di Lady Macbeth che, in preda al sonnambulismo, perché non possediamo tutti i dati che potrebbero dare al problema l’equilibrio che gli manca e gli mancherà è ossessionata dalla vista di macchie di sangue sulle mani. In un’altra stanza, Macbeth sempre: i dati, cioè, che dovrebbero riferirsi agli sforzi di Shakespeare per adeguarsi a Verdi. E questo non è si appresta al combattimento e, pur essendo certo della vittoria, sente la tristezza di una uno pseudo problema, perché Shakespeare, com’è chiarissimo, Verdi lo aveva preveduto al millimetro. Tanto vita che non ha conosciuto né pietà né amore. Quasi con indifferenza apprende della che, poi, avvenne. morte della moglie, e subito dopo i suoi uomini lo informano che il bosco di Birnam (Gabriele Baldini) 1 si sta muovendo. Il presagio delle Streghe è stato dunque ingannevole, ma egli non si lascia intimorire ed esce correndo, pronto a combattere. Intanto, Malcolm dà ordine ai “Mal per me che m’affidai / ne’ presagi dell’inferno!… / Tutto il sangue ch’io versai! / soldati inglesi, che avanzano portando ciascuno un ramo d’albero, di attaccare, e poco grida in faccia dell’Eterno!… / Sulla fronte… maledetta… / sfolgorò… la sua vendetta! dopo si scontrano Macbeth e Macduff: quest’ultimo gli rivela di essere stato strappato dal / Muojo… al Cielo… al mondo in ira. / Vil corona!… e sol per te!” Nella prima edizione, ventre della madre morta, quindi di non essere nato da donna. Dunque, anche il secondo quella fiorentina del 1847, queste sono le parole che accompagnano la morte di Macbetto, vaticinio è ingannevole e i due si allontanano combattendo. La battaglia infuria, si odono il suo congedo: una sorta di riflessione, titanica e rabbiosa sintesi di un’esistenza poi grida di vittoria ed entra Malcolm seguito da Macduff e dai soldati: Macbeth è stato segnata dall’ambizione e dal sangue, ultimo rimorso consumato in solitudine. Il cerchio ucciso da Macduff e tutti i presenti ringraziano il cielo, inneggiando al nuovo re Malcom. si chiude, e si ricompone l’equilibrio sulla bilancia della giustizia che Dio impone agli uomini. È la fine, la “giusta punizione” che Macbeth attendeva, e temeva, fin da subito: insita già nell’iniziale predizione delle streghe, nel primo brivido che lo aveva attraversato (“ma perché sento rizzarmi il crine?”) e trascinato al delitto. Ai delitti, uno dopo l’altro: perché il sangue si nutre di sangue e l’orrore cresce su se stesso cancellando ogni possibilità di riscatto e ravvedimento. L’inferno si sceglie in vita e Macbeth ne ha già percorso i sentieri più bui, la morte è solo l’ultimo, necessario passo verso le viscere di una sofferenza eterna. Non c’è niente di liberatorio in questa morte, solo cupa rassegnazione e rabbia: “vil corona… e sol per te!” Per la corona, il trono, il potere… Tragedia dell’ambizione: è la sbrigativa, quanto sommaria e come tale insufficiente, definizione utilizzata per riassumere il senso del dramma shakespeariano. Certo, la sete di potere è il nucleo centrale del Macbeth e forse nessun’altra opera ha mai indagato con altrettanta forza e intensità l’ambizione umana nelle sue diverse fasi e manifestazioni: dal primo insinuarsi nell’animo del protagonista al graduale sviluppo che spinge l’azione omicida, fino all’ossessione che conduce alla 28 29
si sono analizzati i titoli verdiani che direttamente mettono in musica soggetti del catalogo di Shakespeare (come appunto Macbeth, poi Otello e Falstaff) e si è tentato di interpretare anche ciò che rimase allo stato di intenzione (pensiamo al Re Lear). Nell’attingere ai drammi del grande inglese, Verdi aderisce perfettamente all’attenzione reverenziale e all’amore incondizionato che tutta la cultura romantica riserva ad essi: ancora sul finire del Settecento, nonostante fossero non del tutto rare le “riduzioni operistiche” dei testi shakespeariani, quel teatro appariva come difficile da percepire nella sua violenta crudezza, nell’ambiguità esplosiva dei suoi personaggi, nello scavo impietoso delle passioni umane, ma è poi su quegli stessi caratteri che si fonda la sua fortuna ottocentesca (che ancora, inesauribile, dura), e sulla sua rivoluzionaria sostituzione del verosimile con il vero. Un elemento quest’ultimo individuato ben presto come lo strumento per uscire dalle pastoie tardo classicistiche in cui versava il melodramma se già nel 1774 Ranieri de’ Calzabigi – e non deve stupire tale intuizione sulla penna del letterato già protagonista della famosa “riforma” di metà Settecento al fianco di Gluck – a proposito di Shakespeare ebbe a scrivere: “Non si curò egli di abbelir la natura; la mostrò tale qual era al tempo suo, rozza, feroce, selvaggia”. Certo, la piena accettazione ancora non è raggiunta, ma è tutta già racchiusa in quella “natura selvaggia” quindi misteriosa e contradditoria, come l’intima, inesplicabile essenza dell’animo umano. L’uomo, come sempre, è al centro degli interessi di Verdi che proprio con quest’opera, misurandosi con la natura dei suoi protagonisti, epicamente grandi quanto profondamente umani, intraprende una sorta di rinnovamento del linguaggio e delle strutture melodrammatiche: ad un livello di sperimentazione che, tenendo conto del diverso grado di maturità artistica, sarà superato solo molti anni dopo, e non a caso alle prese con un altro soggetto shakespeariano, l’Otello. È la stanchezza che gli viene dagli “anni di galera”, dal forsennato comporre seguendo criteri drammaturgici e forme follia. E questo sentimento non attraversa solo Macbeth e, naturalmente, la Lady; anche oramai trite, a spingerlo prima ad un lungo riposo, sei mesi prescrittigli dal medico – e Banco ne è solleticato, appena un soffio ma non meno inquietante – in fin dei conti è rispettati “con lo stesso scrupolo puntiglioso con cui faceva fronte ai più molesti impegni lì a dimostrare come nessuno ne sia del tutto esente. Ma l’ambizione è vista nel suo di lavoro” sottolinea Mila; poi ad affondare con entusiasmo le mani in un testo che gli intrecciarsi con la solitudine, la paura, il senso di colpa, l’angoscia, l’illusione, con le consente, appunto, di gettare nuova luce sulle possibilità espressive del teatro d’opera. tante facce della vita stessa: che non può ridursi a un ordinato schedario di passioni e “Questa tragedia è una delle più grandi creazioni umane!… Se noi non possiamo fare situazioni. Soprattutto se a darcene conto è Shakespeare. una gran cosa cerchiamo di fare una cosa almeno fuori del comune”: scrive a Piave in Per la corona, il trono, il potere… per amore anche. Sì, perché non si dà Macbeth senza una delle tante, e spesso sferzanti, lettere che segnano il faticoso lavoro del librettista la sua Lady, perché lei, pur incisa da Shakespeare come poi da Verdi con il fuoco di un continuamente richiamato a una concisione (“brevità e sublimità” ed ancora “poche carattere di straordinaria forza, dotata di una personalità inequivocabilmente propria, parole… poche parole ma significanti” gli intima Verdi) che proprio sembra non essere è parte di lui. Come moglie (di lei non ci è fornito che il nome coniugale) gli entra nella nelle sue corde tanto che, in seguito anche alle modifiche fatte apportare ad Andrea carne e nell’anima: lo conquista e sembra tenerlo in pugno (sì, sembra, nonostante la Maffei, il libretto venne pubblicato anonimo. generale tendenza, sottilmente misogina, che la vuole in qualche modo “più cattiva” di Dunque, “una cosa almeno fuori del comune”: non più semplice colore musicale a lui). Ma non lo spinge a fare niente che già non sia nelle sue intenzioni: lei lo conosce dipingere le azioni in scena, e cantabili effusioni liriche ad esaltare i personaggi nelle più di ogni altro, sa interpretarne ogni gesto, ogni piega del volto e della voce, sa dare situazioni culminanti, piuttosto una più unitaria concezione drammatica che si realizzi consistenza e forma agli inconfessabili desideri di lui. Agisce attraverso il marito come nell’adesione della musica al divenire del testo, alla parola intesa come mezzo attraverso egli si serve di lei per agire le proprie scelte, in una reciprocità e complicità d’intenti cui si esprime la cangiante tensione del dramma (non è ancora “parola scenica” ma è la via impossibile al di fuori di una profonda intimità amorosa, che come tale non può che che porterà ad essa). Intenzioni ben riassunte in un’altra lettera del compositore, questa definirsi come la somma di pulsioni e atteggiamenti che vanno dall’estasi alla paura, dal volta indirizzata al soprano Barbieri-Nini scritturata per la prima al Teatro della Pergola pieno appagamento all’angoscia della perdita. di Firenze: È questa complessità, questo intrico di sensi e contraddittori sentimenti che definisce il profilo e la natura profondamente umana dei personaggi, ad attrarre Verdi. Molto si è il soggetto è preso da una delle più grandi tragedie che vanti il teatro ed io ho cercato di farne scritto del rapporto tra la drammaturgia shakespeariana e la visione operistica del nostro: estrarre tutte le posizioni con fedeltà, di farlo verseggiare bene e di farne un tessuto nuovo e 30 31
di fare della musica attaccata, il più che poteva, alla parola ed alla posizione; ed io desidero che questa mia idea la comprendano bene gli artisti, in somma desidero che gli artisti servano meglio il poeta che il maestro. E la stessa idea è ribadita nelle lettere al baritono Varesi, voluto fortemente da Verdi quale primo Macbeth per l’intelligenza interpretativa e l’abilità nel declamato (“Io non cesserò mai di raccomandarti di studiare bene la posizione, e le parole; la musica viene da sé”), e illustrata con una serie di dettagliate istruzioni su come affrontare i diversi passi dell’opera. Questa nuova e “progressista” concezione verdiana risulta naturalmente con maggiore evidenza e finitezza nel Macbeth cosiddetto “riformato” che Verdi rielaborò nel 1865 per il Théâtre Lyrique di Parigi (che poi è anche la versione che da allora si è imposta in repertorio). Citatissime sono le righe in cui il compositore si lagna di come, nel riprendere in mano l’opera per aggiungervi i balli, indispensabili sulle scene francesi, sia stato “colpito da cose che – scrive – non avrei voluto trovare”. Tanto da dover rifare brani importanti, come tra gli altri l’aria di Lady Macbeth dell’Atto i, il coro degli esuli in apertura dell’Atto iv e il Finale, e ritoccare in più punti la partitura il cui carattere rimane comunque quello già con chiarezza delineato nella versione del ’47. E infatti a quella prima stesura risalgono le pagine in cui meglio emerge lo spessore drammatico della parola, e Verdi ne è pienamente consapevole: Avvertite – scrive al Cammarano per la ripresa napoletana del ’48 – che i pezzi principali dell’Opera sono due: il Duetto fra Lady, ed il marito ed il Sonna[m]bulismo; Se questi pezzi si perdono l’opera è a terra: e questi pezzi non si debbono assolutamente cantare: bisogna agirli, e declamarli con una voce ben cupa e velata: senza di ciò non vi può essere effetto. (L’orchestra colle sordine.) Ma se, a proposito del tentativo di recuperare la naturale e irregolare inflessione del parlato a discapito della tradizionale levigatezza del belcanto, Mila ha addirittura azzardato la definizione di Sprechgesang, la cura quasi ossessiva che Verdi ripose nella predisposizione dell’allestimento scenico è stata considerata – dallo stesso Mila con intuizione poi ampiamente condivisa – come l’affacciarsi del Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale.2 Il che non lascia dubbi sul carattere “avveniristico” del Macbeth. Effettivamente, nello scorrere il copiosissimo carteggio con i diversi interlocutori (il librettista in primo luogo, poi l’impresario Lanari, l’editore Ricordi, i cantanti Barbieri- Nini e Varesi, senza trascurare le informazioni che ci vengono dagli assidui resoconti che il collaboratore del maestro, Muzio, indirizza a Barezzi) che accompagna la stesura dell’opera, quasi sorprende l’insistenza con cui Verdi pretende di controllare, oltre ai gesti e la vocalità dei cantanti, ogni più minuto dettaglio della messa in scena. Già dalle primissime fasi di lavorazione mette in guardia Lanari sul fatto che: “le cose da curare molto in quest’opera sono: Coro e Machinismo”. Per un’apparato anche visivo strettamente funzionale all’espressione dinamica del dramma che in alcuni punti è definito con pignoleria quasi viscontiana. Solo alcuni esempi: considerata l’epoca storica, “nel vestiario non ci deve essere né seta, né velluto”; eppoi “[i figurini] saran fatti bene: perché ho mandato a prenderne diversi a Londra, ho fatto consultare da letterati di primissimo ordine l’epoca e i costumi”. Ancora, nel secondo atto: l’ombra di Banco deve sortire da sotterra: dovrà essere l’attore istesso che rappresentava Banco 32 33
del protagonista, e quindi ai misfatti che in nome di essa sarà portato a compiere, è tutto racchiuso nella profezia pronunciata dalle Streghe in apertura d’opera. Entità soprannaturali, emissari del diavolo o, se vogliamo, più modeste fattucchiere di campagna: è attraverso la loro presenza che si esprime – al di là della sperimentazione drammatica e musicale cui già si è accennato – l’altra straordinaria novità del Macbeth, il carattere magico e fantastico. Che Verdi non tratta, non può trattare, come mero elemento coloristico: “Abbiate per massima che i rôles di quest’opera sono tre, e non possono che essere tre: Lady Macbeth, Macbeth, il Coro delle Streghe” scrive all’Escudier in vista della rappresentazione parigina (e mai come in quest’opera il ricorso alle parole dello stesso Verdi si rivela necessario ad illuminarne fino in fondo gli intenti).3 Dunque, le Streghe sono innalzate al rango di vero e proprio personaggio. Soprannaturale sì, ma dotato di concretezza fisica, di sanguigna materialità – un po’ come i fantasmi degli otto re, pretesi “in carne ed ossa”. Troppo immischiate nelle umane passioni per assumere la trasparenza eterea di divinità del male. Maligne lo sono, è vero, ma la cupezza che sanno sprigionare nella strisciante staticità della fatale sentenza lanciata su Macbeth, si sbriciola nell’allegria della chiacchiera, nella sguaiata fisicità della danza: le “sorelle vagabonde” hanno gusti e movenze da zingare – del resto, nell’immaginario popolare, tra le arti delle zingare figura anche quella di leggere il destino. Ma quale è il destino che le maliarde leggono nel futuro del protagonista (e in quello, non dimentichiamolo, di Banco che, per la cronaca storica di Holinshed che fu alla base del testo di Shakespeare, prima di entrare in conflitto con Macbeth fu suo complice nel regicidio)? E quanta parte ha il destino nell’atroce vicenda che va a compiersi? Il destino: è lungo il filo di questo concetto che scopriamo ciò che più strettamente lega nell’Atto i, dovrà avere un velo cenerino ma assai rado e fino che appena appena si veda, e Banco Verdi a Shakespeare. Non c’è alcun destino a determinare il futuro degli uomini al di dovrà avere i capelli rabbuffati e diverse ferite nel collo visibili. Tu[tte] queste nozioni io le ho da fuori degli uomini stessi, questa è la modernità dei personaggi creati dal drammaturgo Londra ove si rappresenta continuamente questa Tragedia da 200 anni e più. elisabettiano: Macbeth è artefice del proprio destino, egli è libero di scegliere e se sceglie il male ciò non avviene per una causa che risiede fuori o sopra di lui – come avveniva per Mentre per le apparizioni del terzo atto Verdi si lascia affascinare dall’idea di impiegare il Fato nella tragedia greca. Le streghe, che possono solleticare le sue ambizioni senza la fantasmagoria, una sorta di lanterna magica in grado di proiettare immagini – però determinarle, rappresentano piuttosto la proiezione fisica del suo “lato oscuro”, del un’attrezzatura che poi non sarà utilizzata per il divieto di lasciare completamente al male che, inevitabilmente, alberga in ogni uomo. E lo stesso è per Verdi: macché streghe buio la sala, condizione indispensabile per sortire l’effetto voluto. A ribadire poi quanto o predestinazione, Macbetto e la Lady nella loro sciagurata grandezza sono vittime di importante sia per Verdi il diretto riferimento alla fonte shakespeariana, quindi alla se stessi, mentre l’elemento fantastico è ricondotto nel romantico alveo delle “credenze tradizione scenica inglese, quando l’opera viene ripresa a Napoli egli si premura di contemporanee” e delle “popolaresche tradizioni”, mai disgiunte quindi dall’uomo. chiarire anche come deve essere realizzata la processione degli otto re: In questo modo il compositore dà prova di straordinaria indipendenza culturale – e lo sottolinea bene Francesco Degrada – distaccandosi dall’interpretazione del Macbeth le apparizioni dei re (io l’ho visto a Londra) si devono fare dietro un foro nella scena, con avanti shakespeariano elaborata dagli intellettuali nei primi decenni dell’Ottocento (i vari un velo non spesso cenerino. I re devono essere non fantocci ma otto uomini in carne ed ossa: il Nicolini, Maffei, Giusti), che vedevano nell’intervento soprannaturale delle streghe, piano su cui devono passare deve essere come una montagnuola, e che si veda ben distintamente montare e scendere. La scena dovrà essere perfettamente scura specialmente quando la caldaja ministre infernali, l’artificio necessario a stemperare l’atrocità della tragedia e quindi sparisce e soltanto chiaro ove passano i re. a tranquillizzare lo spettatore riguardo alle potenzialità negative della specie umana. Opponendo “una resistenza, squisitamente cattolica, ad accettare l’aspetto inquietante Quella “caldaja”, che ribolle di rospi, lingue di vipera, sangue di scimmia, dita di e propriamente religioso […] del confronto straziato ma sempre lucidissimo del pargolo… di repellente “brodo infernal”, prima di sprofondare nel terreno mentre si protagonista con la propria coscienza, dal momento dell’esaltazione illusoria a quello prepara l’ultima terribile profetica visione per Macbetto, ci conduce all’elemento che della certezza tragica della disfatta”.4 Verdi, invece, non indietreggia di fronte alla induceva Verdi a scrivere: “il sogetto non è né politico, né religioso, è fantastico”. Perché coscienza di Macbetto. ciò che apparentemente muove l’azione, il primo impulso alla scellerata ambizione La sua lettura è, in realtà, direttamente influenzata dall’interpretazione di Schlegel – che era posta quale appendice alla traduzione del Macbeth elaborata da Carlo Rusconi, quella 34 35
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