"Linee Guida" per il benessere degli animali - Stesura 2005.2

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“Linee Guida”
 per il benessere degli animali

           Stesura 2005.2
PREMESSA
Due secoli or sono (1840) la sensibilità verso gli animali fu motivo per fondare associa-
zioni che si occupavano del loro benessere, denunciando all’opinione pubblica gli even-
tuali maltrattamenti di cui erano oggetto.
Questa sensibilità, sviluppatasi prevalentemente in classi sociali, di paesi europei (UK) e
di oltreoceano (USA), dai livelli di vita particolarmente elevati, avrebbe dovuto attende-
re oltre un secolo per potersi affermare come fenomeno di massa tuttora in espansione.
A far data dagli anni 80, l’UE ha codificato, in norme generali e speciali, questa sensibi-
lità che trova sostenitori anche nel mondo allevatoriale. I dati obiettivi, che confermano
la stretta correlazione tra animali “benestanti” e produzioni zootecniche, ha fatto il re-
sto.
Ma molta strada resterebbe ancora da fare: la “teoria dei casi marginali” sostenuta dalle
punte più avanzate degli animalisti vorrebbe gli animali portatori di diritti, dotati, so-
stenuti e difesi da tutori in grado di rappresentarli. Tutto ciò in analogia con quanto già
previsto dalla normativa vigente per le cosiddette categorie protette. Va da sé che una
tale scelta comporterebbe una radicale revisione della attuale impostazione giuridica
che annovera gli animali tra le “res” a pari di qualsiasi oggetto.
Del resto, la zootecnia intensiva e l’animale tecnologico, dalle altissime rese produttive
che ne è conseguito e che non esiste in natura, rendono improponibile almeno nella no-
stra sovraffollata Europa la realizzazione di scenari da vecchia fattoria o da mulino bian-
co tanto cari alle oleografie pubblicitarie.
E allora? Che cosa fare? Ognuno il proprio meglio.
Se la nostra veste di funzionari pubblici, ci esonera da responsabilità nelle scelte effet-
tuate dal legislatore, la medesima ci coinvolge nella loro applicazione in prima persona.
In questo senso la Regione Lombardia ha ritenuto opportuno realizzare queste “linee
guida” le cui finalità obiettivi e risultati attesi sono illustrati più avanti.
Dette linee guida si compongono di una “parte generale” che si propone di illustrare in
senso ampio la tematica del benessere e di varie “parti speciali” che di volta in volta lo
inquadreranno in relazione alle varie categorie di animali.
L’attuale edizione prende in considerazione la categoria vitelli, a seguire, le linee guida
relative ai suini ed alle galline ovaiole ecc.

stesura 2005.2
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I testi saranno oggetto di periodiche revisioni. Anche per questo le osservazioni pervenu-
te saranno gradito motivo di eventuale adeguamento del presente testo.
                                                                Milano, lì 23 dicembre 2004
                                                                             Stesura 2004.1

Facendo fede alla precedente premessa si aggiungono oggi le linee guida relative ai sui-
ni.
                                                                   Milano, li 31 agosto 2005
                                                                             Stesura 2005.1

La coniglicoltura italiana (300.000 t) è tra le prime nel mondo, se non la prima, per la
produzione di carni di coniglio.
Il Veneto (50.000 t), seguito da Lombardia (20.000 t) e Piemonte (20.000 t), è la prima
regione italiana per la produzione di carni di coniglio.
Ben lungi dall’essere una “zootecnia minore” la coniglicoltura rappresenta quindi una si-
gnificativa risorsa economica per il nostro paese.
Da qui in assenza di norme specifiche (fatta eccezione per le indicazioni di carattere ge-
nerale previste ai sensi del D.Lgs. 146/2000) la necessità di fornire agli operatori del set-
tore alcune indicazioni relative al “benessere” di questa specie, anche quali ulteriori e-
lementi da considerare in relazione ad eventuali investimenti e scelte economiche.
Al riguardo la presente stesura riprende sia quanto riportato in letteratura dai principali
studiosi della materia, sia alcuni orientamenti comunitari che potrebbero essere alla ba-
se delle prossime disposizioni legislative.
Pur in considerazione del loro carattere non vincolante le presenti linee guida sono sta-
te condivise con le Associazioni di categoria, che hanno fattivamente contribuito alla lo-
ro redazione e che per questo si ringraziano.
                                                                Milano, lì 22 dicembre 2005
                                                                             Stesura 2005.2

stesura 2005.2
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Hanno collaborato alla presente stesura (in ordine alfabetico):

                 Paolo CANDOTTI Centro di referenza nazionale per il benessere animale
                  Maurilio GIORGI ASL della provincia di Cremona
             Franco GUIZZARDI ASL della provincia di Mantova
                   Elvira MANGINI ASL della Città di Milano
                 Claudio MANIERO Medico veterinario libero professionista
             Claudia MENDOLIA ASL della provincia di Brescia
                     Carlo MOTTA Medico veterinario libero professionista
                   Alberto PALMA Regione Lombardia
           Nicoletta SCHIAVINI ASL della Città di Milano
        Gioia Maria VALTORTA Regione Lombardia
          GianClaudio VICENZI ASL della provincia di Lodi

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INDICE GENERALE:
PREMESSA ........................................................................................................................................2
PARTE GENERALE ..........................................................................................................................8
FINALITÀ, OBIETTIVI E RISULTATI ATTESI............................................................................9
PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI ...................................................................................9
IL “BENESSERE ANIMALE”........................................................................................................11
MODALITÀ DI MISURAZIONE DEL BENESSERE...................................................................13
PARTE SPECIALE: IL BENESSERE DEI VTELLI ....................................................................16
1      IL BENESSERE ANIMALE NELL’ALLEVAMENTO DEL VITELLO ..............................17
    1.1       RIFERIMENTI NORMATIVI.......................................................................................17
    1.2       VITELLO .........................................................................................................................17
    1.3      REQUISITI STRUTTURALI.........................................................................................18
       1.3.1    STABULAZIONE .....................................................................................................18
       1.3.2    LIBERTÀ DI MOVIMENTO....................................................................................19
       1.3.3    FABBRICATI............................................................................................................20
       1.3.4    PAVIMENTAZIONI .................................................................................................20
       1.3.5    RECINTI....................................................................................................................22
       1.3.6    MICROCLIMA..........................................................................................................23
       1.3.7    IMPIANTI..................................................................................................................24
       1.3.8    ILLUMINAZIONE....................................................................................................25
    1.4      REQUISITI PROCEDURALI........................................................................................25
       1.4.1    ACCESSO DI VITELLI ALL’ALLEVAMENTO....................................................25
       1.4.2    COLOSTRATURA....................................................................................................25
       1.4.3    DIVIETI ESPRESSI ..................................................................................................26
       1.4.4    CONTROLLO DEGLI ANIMALI ............................................................................26
       1.4.5    REGISTRAZIONE DATI .........................................................................................27
       1.4.6    TRATTAMENTI TERAPEUTICI E PROFILATTICI .............................................28
       1.4.7    PULIZIA E DISINFEZIONE ....................................................................................28
    1.5     REQUISITI FUNZIONALI ............................................................................................29
      1.5.1    PERSONALE.............................................................................................................29
      1.5.2    ALIMENTAZIONE...................................................................................................29
    1.6       INDICATORI DI BENESSERE.....................................................................................32
    1.7       SANZIONI........................................................................................................................34
PARTE SPECIALE: IL BENESSERE DEI SUINI .......................................................................35
2      IL BENESSERE ANIMALE NELL’ALLEVAMENTO DEL SUINO...................................36
    2.1       PREMESSA......................................................................................................................36
    2.2       RIFERIMENTI NORMATIVI.......................................................................................36
    2.3       DEFINIZIONI..................................................................................................................37

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2.4      REQUISITI STRUTTURALI.........................................................................................37
       2.4.1     STABULAZIONE .....................................................................................................37
       2.4.2     LOCALI PER SCROFE E SCROFETTE..................................................................39
       2.4.3     LOCALI PER LATTONZOLI...................................................................................42
       2.4.4     SUPERFICIE LIBERA DISPONIBILE ....................................................................42
       2.4.5     TIPO DI PAVIMENTAZIONE .................................................................................44
       2.4.6     ABBEVERATA.........................................................................................................46
       2.4.7     ILLUMINAZIONE E RUMORI ...............................................................................48
       2.4.8     MICROCLIMA AMBIENTALE...............................................................................49
          2.4.8.1 LA POLVERE .......................................................................................................50
          2.4.8.2 TEMPERATURA DELL’ARIA............................................................................51
          2.4.8.3 UMIDITÀ DELL’ARIA ........................................................................................52
          2.4.8.4 VELOCITÀ DELL’ARIA .....................................................................................52
          2.4.8.5 GAS NOCIVI.........................................................................................................53
       2.4.9     IMPIANTI AUTOMATICI O MECCANICI ............................................................55
       2.4.10     MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DEGLI ALIMENTI..............................55
    2.5      ASPETTI GESTIONALI ................................................................................................56
       2.5.1    ATTACCHI PER SCROFE E SCROFETTE ............................................................56
       2.5.2    FORMAZIONE DEI GRUPPI E CONTROLLO DELL’AGGRESSIVITÀ ............57
       2.5.3    TIPO DI ALIMENTAZIONE....................................................................................58
       2.5.4    ARRICCHIMENTO AMBIENTALE .......................................................................59
       2.5.5    SVEZZAMENTO ......................................................................................................61
       2.5.6    PERSONALE.............................................................................................................62
    2.6      ASPETTI IGIENICI E SANITARI ...............................................................................63
       2.6.1    IGIENE DEGLI AMBIENTI E DELLE ATTREZZATURE....................................63
       2.6.2    INTERVENTI VETERINARI...................................................................................64
    2.7       SANZIONI........................................................................................................................66
    2.8       PARAMETRI PRODUTTIVI E RIPRODUTTIVI......................................................66
PARTE SPECIALE: IL BENESSERE DEI CONIGLI..................................................................68
3      IL BENESSERE ANIMALE NELL’ALLEVAMENTO DEL CONIGLIO ...........................69
    3.1       PREMESSA......................................................................................................................69
    3.2       RIFERIMENTI NORMATIVI.......................................................................................69
    3.3       EFFETTO DELLA MANIPOLAZIONE DA PARTE DELL’UOMO.......................71
    3.4       CENNI DI BIOLOGIA E COMPORTAMENTO DEL CONIGLIO .........................71
    3.5      ALCUNI PROBLEMI DI WELFARE ..........................................................................74
       3.5.1    REPERTORIO COMPORTAMENTALE.................................................................74
       3.5.2    STEREOTIPIE...........................................................................................................75
       3.5.3    INDICATORI DI BENESSERE (Marina Verga, 2000)............................................76
    3.6      REQUISITI STRUTTURALI.........................................................................................77
       3.6.1    FABBRICATI E LOCALI DI STABULAZIONE ....................................................77
       3.6.2    PAVIMENTI..............................................................................................................78
       3.6.3    GABBIE.....................................................................................................................78
       3.6.4    DENSITÀ DEGLI ANIMALI ...................................................................................85

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3.6.5         LIBERTÀ DI MOVIMENTO....................................................................................87
     3.6.6         MICROCLIMA: ........................................................................................................88
     3.6.7         TEMPERATURA ......................................................................................................88
     3.6.8         UMIDITÀ RELATIVA .............................................................................................89
     3.6.9         ILLUMINAZIONE....................................................................................................90
     3.6.10        VENTILAZIONE ......................................................................................................91
     3.6.11        IMPIANTI..................................................................................................................92
  3.7      REQUISITI PROCEDURALI........................................................................................92
     3.7.1    DIVIETI ESPRESSI ..................................................................................................92
     3.7.2    CONTROLLO DEGLI ANIMALI ............................................................................93
     3.7.3    REGISTRAZIONI .....................................................................................................93
     3.7.4    PULIZIA E DISINFEZIONE ....................................................................................94
  3.8      REQUISITI FUNZIONALI ............................................................................................94
     3.8.1    PERSONALE.............................................................................................................95
     3.8.2    ALIMENTAZIONE...................................................................................................95
  3.9       SANZIONI........................................................................................................................97

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                                                                                                                                              7
Parte GeneralePARTE GENERALE

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                                  8
FINALITÀ, OBIETTIVI E RISULTATI ATTESI
Relativamente alle presenti linee guida la finalità è rappresentata dalla omogenea ap-
plicazione su tutto il territorio regionale della vigente normativa in materia, ivi compre-
sa l’uniformità dei comportamenti della AA.SS.LL. in tutte le situazioni Lombarde pur
nella difformità del territorio di competenza di ciascuna di esse.
Tra le finalità, in particolare durante l’applicazione delle nuove normative, deve essere
annoverato il ruolo del medico veterinario che, con spirito di Servizio, funge da supporto
tecnico all’allevatore nella gestione di tali cambiamenti.
Gli obiettivi sono rappresentati dalla applicazione degli specifici requisiti di legge.
I risultati attesi sono rappresentati dall’esistenza in tutti gli allevamenti lombardi di tali
requisiti.

PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI
-   Legge 14 ottobre 1985, n. 623, Ratifica ed esecuzione delle convenzioni sulla pro-
    tezione degli animali negli allevamenti e sulla protezione degli animali da macello,
    adottate a Strasburgo rispettivamente il 10 marzo 1976 e il 10 maggio 1979
-   D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 116 - Attuazione della Direttiva 86/609/CEE in materia di
    protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici.
-   Circolare n. 32 del 26 agosto 1992 “D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 116 pubblicato sul
    supplemento ordinario n. 33 alla G.U. n. 40 del 18 febbraio 1992”.
-   Comunicato relativo al D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 116, attuazione della Direttiva
    86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad
    altri fini scientifici.
-   Circolare n. 18 del 5 maggio 1993 “D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 116, articolo 7. Co-
    municazione dei progetti di ricerca con impiego di modelli animali.
-   Circolare n. 8 del 22 aprile 1994 Applicazione del D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 116, in
    materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scienti-
    fici.
-   D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 532 - Attuazione della Direttiva 91/628/CEE relativa al-
    la protezione degli animali durante il trasporto.
-   D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 533 - Attuazione della Direttiva 91/629/CEE che stabili-
    sce le norme minime per la protezione dei vitelli.

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                                                                                                 9
-   D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 534 - Attuazione della Direttiva 91/630/CEE che stabili-
    sce le norme minime per la protezione dei suini.
-   Circolare n. 14 del 25 settembre 1996 - Buone pratiche di sperimentazione clinica
    negli animali dei medicinali veterinari.
-   Decisione 97/182/CE della Commissione, del 24 febbraio 1997 recanti modifiche alla
    Direttiva 91/629/CEE del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione
    dei vitelli.
-   D.Lgs. 1 settembre 1998 n. 331 - Attuazione della Direttiva 97/2/CE, relativa alle
    norme minime per la protezione dei vitelli.
-   D.Lgs. 1 settembre 1998 n. 333 - Attuazione della Direttiva 93/119/CE, relativa alle
    protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento.
-   Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativo al Decreto Legisla-
    tivo 1 settembre 1998 n. 331, recante: “Attuazione della Direttiva 97/2/CE del
    Consiglio, del 20 gennaio 1997 relativa alle norme minime per la protezione dei vitel-
    li”.
-   D.Lgs. 20 ottobre 1998 n. 388 - Attuazione della Direttiva 95/29/CE in materia di
    protezione degli animali durante il trasporto.
-   D.Lgs 26 marzo 2001 n. 146, relativa alla protezione degli animali negli allevamen-
    ti.
-   Circolare n. 10 del 5 novembre 2001 - Chiarimenti in materia di protezione degli
    animali negli allevamenti e definizione delle modalità per la trasmissione dei dati re-
    lativi alla attività di controllo
-   D.Lgs. 29 luglio 2003, n. 267 - Attuazione delle direttive 1999/74/CE e 2002/4/CE,
    per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di al-
    levamento.
-   D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 53 - Attuazione della direttiva 2001/93/CE che stabili-
    sce le norme minime per la protezione dei suini.
-   Legge 20 luglio 2004, n. 189 - Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento
    degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competi-
    zioni non autorizzate.

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Tabella riassuntiva delle principali fonti normative:
  Benessere animale nelle fasi di:             D. Lgs.                    Direttive
                                        n. 532 del 30.12.1992         1991/628/CEE
                 Trasporto
                                        n. 388 del 20.10.1998          1995/29/CEE
     Allevamento degli animali          n. 146 del 26.03.2001           1998/58/CE
                                        n. 533 del 30.12.1992         1991/629/CEE
       Allevamento dei vitelli
                                        n. 331 del 01.09.1998            1997/2/CE
                                        n. 534 del 30.12.1992         1991/630/CEE
        Allevamento dei suini
                                        n. 53 del 20.02.2004            2001/93/CE
 Allevamento delle galline ovaiole      n. 267 del 29.07.2003    1999/74/CE e 2002/4/CE
           Macellazione                 n. 333 del 01.09.1998         1993/119/CEE
     Sperimentazione animale            n. 116 del 27.01.1992          86/609/CEE

IL “BENESSERE ANIMALE”
Nel corso dell’evoluzione, ogni specie si è dotata di caratteristiche fisiche, fisiologiche e
comportamentali adatte ad affrontare le difficoltà che potrebbe incontrare nel proprio
ambiente di vita.
I sistemi di adattamento che un animale mette in atto per meglio far fronte alle condi-
zioni ambientali in cui si trova, determinano la cosiddetta fitness o stato di adattamento
dell’individuo. Per poterlo definire bisogna però chiarire il significato da attribuire ai
termini di stress e welfare che si riferiscono rispettivamente al processo che interviene
nell’organismo quando i fattori ambientali hanno un effetto deleterio, ed allo stato fisio-
logico di un individuo valutato in funzione degli sforzi che fa per far fronte all’ambiente
in cui si trova (Broom, 1988).
La definizione dello stato di “benessere degli animali di allevamento” costituisce una
problematica di attualità nei paesi più sviluppati, dove le tecnologie di allevamento
sempre più sofisticate e le esigenze produttive crescenti costringono gli animali a per-
formance maggiori in condizioni sociali, ambientali, fisiologiche ed alimentari sempre
più lontane da quelle “naturali”. E’ infatti importante stabilire lo stato di eventuale sof-
ferenza che imponiamo agli animali sia per ragioni di carattere morale che produttivo
(Brugère e Morméde, 1988).
“Benessere: stato di salute, stato di soddisfazione interiore generata dal giusto equili-
brio di fattori psicofisici” (Zingarelli, 1998). Traduzione di welfare che meglio esprime il
concetto. “Il benessere di un organismo è il suo stato in relazione ai suoi tentativi di a-
dattarsi all’ambiente” (Broom, 1986).

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“Il benessere è uno stato di salute completo, sia fisica che mentale, in cui l’animale è in
armonia con il suo ambiente” (Hughes, 1976).
Kilgour e Dal Ton (1984) hanno raccolto un’utile selezione delle definizioni di benessere
che si trovano in letteratura.
Il benessere è quindi una condizione intrinseca dell’animale: il soggetto che riesce ad
adattarsi all’ambiente si trova in uno stato di benessere, viceversa il soggetto che non
ci riesce (perché non ne è in grado per caratteristiche psicofisiche proprie, o perché ne
è impedito da fattori esterni) si trova in una condizione di non benessere.
Un primo approccio scientifico al concetto di benessere animale lo si può trovare nel
Brambell Report del 1965 (rapporto commissionato dal Governo Inglese in merito al be-
nessere degli animali allevati intensivamente).
Tale rapporto, oltre ad essere uno dei primi documenti ufficiali relativi al benessere a-
nimale, enuncia il principio (ripreso poi dal British Farm Animal Welfare Council nel
1979) delle cinque libertà per la tutela del benessere animale:
1) libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione;
2) libertà dai disagi ambientali (possibilità di disporre di un ambiente fisico adeguato e
   confortevole);
3) libertà dalle malattie e dalle ferite;
4) libertà di poter manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche;
5) libertà dalla paura e dallo stress.
Mentre le prime tre libertà si rifanno a condizioni evidenti e quindi verificabili, le ultime
due si rivelano argomenti complessi ed il dibattito scientifico sulle metodiche per la loro
valutazione è tutt’ora aperto (Miniero, 2003).
La valutazione del benessere animale coinvolge quindi una serie di discipline, dalla fisio-
logia all’etologia, che, interagendo tra loro, possono fornire evidenze sullo stato di adat-
tamento dell’animale all’ambiente.

Di seguito si riportano alcune definizioni particolarmente utili per la comprensione
del testo
ADATTAMENTO: il risultato dell’adeguamento di un organismo alle variazioni
dell’ambiente.

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STRESSORE: la sopravvivenza di un organismo dipende dal mantenimento della omeosta-
si. Tutte le sollecitazioni esterne che minacciano l’omeostasi sono considerate stressori,
ed i cambiamenti delle funzioni biologiche che intervengono in un animale per mantene-
re l’omeostasi, costituiscono la risposta allo stress (Moberg, 1985).
STRESS: interrelazione del tipo stimolo-adattamento.
Stimolo malgestito = stress. Può essere definito come la risposta adattativa di un anima-
le a condizioni avverse; è quindi un effetto dell’ambiente sull’individuo che supera i suoi
sistemi di controllo ed è in grado di ridurne la capacità di adattamento.
• Stress acuto = stimolo, possibilità di reagire
• Stress cronico (o di stress) = stimolo + timore + tempo d’attesa; non c’è possibilità di
interagire con l’ambiente per bloccare/evitare lo stimolo negativo.
STEREOTIPIE: comportamenti anormali, ripetitivi, senza fine o funzione, che si manife-
stano in modo prolungato

MODALITÀ DI MISURAZIONE DEL BENESSERE.
I termini “benessere” e “sofferenza” degli animali sono molto difficili da definire (Dun-
can e Dawkins, 1983). Essendo infatti parole di uso corrente, tendono ad essere impiega-
te ampiamente da differenti categorie di persone che attribuiscono loro, di volta in vol-
ta, un diverso significato. I ricercatori invece vorrebbero dare a tali fenomeni una defi-
nizione precisa e non ambigua, alla quale attribuire un valore scientifico. Duncan e Da-
wkins (1983) hanno definito genericamente la sofferenza come “un complesso di stati
emotivi spiacevoli”. La migliore valutazione di benessere o di sofferenza, considerati
come opposti di una stessa condizione, può essere ottenuta solo tenendo conto di tutti i
possibili indicatori disponibili come stato di salute, produttività, parametri fisiologici,
biochimici e comportamentali (Dawkins, 1980, Duncan, 1981)
“La scienza può in molti modi identificare, risolvere e prevenire problemi di benessere
per gli animali, ma non può “misurare” completamente il benessere in quanto non vi so-
no sistemi puramente oggettivi per unire le diverse misurazioni ed eliminare una serie di
contraddizioni con i valori etico-morali” (Fraser, 1995).
La misurazione del benessere animale è quindi un problema difficile: gli indicatori da
considerare sono molti e a volte possono contrastare tra loro (Verga e al., 1999), la con-

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cezione di benessere include valutazioni di carattere etico-morale difficilmente oggetti-
vabili.
La letteratura scientifica riconosce tre tipi di approccio alla ricerca sul benessere anima-
le (Duncan e Fraser, 1997):
   1. l’approccio basato sui feelings, cioè sulle sensazioni soggettive degli animali.
          Parte dal presupposto che gli animali possono avere delle esperienze soggettive,
          quali stati affettivi ed emozioni, quindi possa percepire determinate situazioni
          come piacevoli o spiacevoli.
          Le misurazioni vengono effettuate con tests di preferenza (l’animale viene posto
          davanti ad una scelta, si valuta quanto è disposto a spendere in energie per effet-
          tuarla),:
          -   indicatori comportamentali: alterazioni del repertorio comportamentale nor-
              male, stereotipie, attività sostitutive, ecc
          -   indicatori fisiologici di stati emotivi: frequenza cardiaca, respiratoria, saliva-
              zione ecc.).
   2. l’approccio funzionale basato sulle funzioni biologiche normali degli animali. Allo
          stato di benessere deve corrispondere un funzionamento normale dell’organismo
          e dei suoi sistemi biologici. Vengono valutati, ad esempio, lo stato di salute, la
          longevità, il successo riproduttivo.
          Alla base di tale modello vi è la teoria dello stress.
          L’individuo risponde ad uno stimolo ambientale avverso, a livello fisiologico, me-
          diante l’attivazione dell’asse simpatico-adrenomidollare, cui corrisponde una rea-
          zione di lotta/fuga tramite la quale l’individuo riesce quindi a ripristinare lo stato
          di benessere (stress acuto).
          Se lo stimolo avverso permane e il soggetto non ha la possibilità di interagire con
          l’ambiente per bloccare/evitare lo stimolo, alla componente specifica (stimolo
          avverso) si somma una componente aspecifica (paura + tempo d’attesa), si passa
          quindi all’attivazione dell’asse ipofisicorticosurrenale e dopo una prima fase di
          resistenza, si arriva ad una fase di esaurimento, cioè di non adattamento, males-
          sere (stress cronico o distress).

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A questa fase possono corrispondere alterazioni comportamentali quali stereoti-
       pie, o patologie più o meno conclamate (immunodeficienza, patologie condiziona-
       te ecc.).
   3. l’approccio naturale: gli animali dovrebbero vivere in un ambiente naturale che
       consenta loro di manifestare il proprio completo repertorio comportamentale.
       Risulta però spesso difficile identificare il significato di “ambiente naturale”, in
       particolare per le specie domestiche dove sono intervenuti secoli, se non millen-
       ni, di selezione artificiale compiuta dall’uomo.
Indipendentemente dal tipo di approccio risulta utile, per valutare lo stato di benessere
di un animale, servirsi di diversi indicatori che possano integrarsi e dare un quadro gene-
rale ed il più possibile obiettivo.
In merito, si possono distinguere diversi tipi di indicatori legati a:
   1. l’animale:
           •     indicatori fisiologici, biochimici e biofisici: livelli ormonali, frequenza
                 cardiaca, attività del sistema immunitario;
           •     indicatori patologici: presenza di patologie manifeste o latenti;
           •     indicatori produttivi: accrescimento, mortalità, fertilità, fecondità;
           •     indicatori comportamentali: risposta a tests comportamentali, grado di in-
                 terazione sociale, presenza di stereotipie, presenza e tipologia dei vocaliz-
                 zi;
   2. l’ambiente: idoneità delle strutture.
   3. la gestione: grado di pulizia e manutenzione, applicazione di piani di profilassi.
   4. il rapporto uomo-animale: quantità e qualità delle interazioni, grado di prepara-
       zione del personale.
In conclusione, per poter veramente sapere cosa piace ai nostri animali, cosa pensano e
cosa provano, dovremmo disporre di un mezzo di comunicazione che attualmente non
possediamo (Notari, 2001).
Possiamo però far riferimento a tutta una serie di indicatori, che, valutati nel loro com-
plesso, possono fornirci valide indicazioni sul loro stato di benessere.

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Parte Speciale
                 Il benessere dei vitelli

PARTE SPECIALE: IL BENESSERE DEI VITELLI

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1 IL BENESSERE ANIMALE NELL’ALLEVAMENTO DEL VITELLO
1.1 RIFERIMENTI NORMATIVI
-   Legge 14 ottobre 1985, n. 623, Ratifica ed esecuzione delle convenzioni sulla pro-
    tezione degli animali negli allevamenti e sulla protezione degli animali da macello,
    adottate a Strasburgo rispettivamente il 10 marzo 1976 e il 10 maggio 1979
-   D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 533, attuazione della Direttiva 91/629/CEE del Consi-
    glio che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli.
-   Decisione 97/182/CE della Commissione, del 24 febbraio 1997 recanti modifiche alla
    Direttiva 91/629/CEE del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione
    dei vitelli.
-   D.Lgs. 1 settembre 1998 n. 331, attuazione della Direttiva 97/2/CE del Consiglio,
    del 20 gennaio 1997 relativa alle norme minime per la protezione dei vitelli.
-   Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativo al Decreto Legisla-
    tivo 1 settembre 1998 n. 331, recante: “Attuazione della Direttiva 97/2/CE del
    Consiglio, del 20 gennaio 1997 relativa alle norme minime per la protezione dei vitel-
    li”.
-   D.Lgs 26 marzo 2001 n. 146, relativa alla protezione degli animali negli allevamen-
    ti.
-   Legge 20 luglio 2004, n. 189, Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento
    degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competi-
    zioni non autorizzate.

1.2 VITELLO
La vigente normativa in materia di benessere animale definisce “vitello” qualsiasi ani-
male della specie bovina di età inferiore ai sei mesi.
La presenti linea guida forniscono indicazioni circa l’applicazione delle norme minime
per la protezione dei vitelli detenuti negli:
    -      allevamenti di vitelli a carne bianca;
    -      allevamenti di bovini adulti da carne relativamente ai vitelli;
    -      allevamenti da riproduzione, relativamente ai vitelli, destinati alla rimonta / ri-
           produzione.

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1.3 REQUISITI STRUTTURALI
1.3.1 STABULAZIONE
I requisiti relativi alla stabulazione dei vitelli sono individuati ai sensi dell’art. 3, comma
3, D.Lgs. 533/92 così come modificato ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.Lgs. 331/98, che
recita:
“3. A decorrere dal 1 gennaio 1998, tutte le aziende di nuova costruzione o ristruttura-
te e tutte le aziende che entrano in funzione per la prima volta dopo tale data devono
rispettare le seguenti prescrizioni:
a)    nessun vitello di età superiore alle otto settimane deve essere rinchiuso in un re-
      cinto individuale, a meno che un veterinario non abbia certificato che il suo stato
      di salute o il suo comportamento esiga che sia isolato dal gruppo al fine di essere
      sottoposto ad un trattamento diagnostico e terapeutico. La larghezza del recinto
      individuale deve essere almeno pari all'altezza al garrese del vitello, misurata
      quando l'animale è in posizione eretta, e la lunghezza deve essere almeno pari alla
      lunghezza del vitello, misurata dalla punta del naso all'estremità caudale della tu-
      berosità ischiatica e moltiplicata per 1,1. Ogni recinto individuale per vitelli, salvo
      quelli destinati ad isolare gli animali malati, non deve avere muri compatti, ma
      pareti divisorie traforate che consentano un contatto diretto, visivo e tattile tra i
      vitelli.”
b)    per i vitelli allevati in gruppo, lo spazio libero disponibile per ciascun vitello deve
      essere pari ad almeno:
     - 1,5 m² per ogni vitello di peso vivo inferiore a 150 Kg.
     - 1,7 m² per ogni vitello di peso vivo superiore a 150 Kg. e inferiore a 220 Kg.
     -1,8 m² per ogni vitello di peso vivo superiore a 220 Kg.”

In deroga a quanto previsto dalla norma summenzionata in tutte le aziende di nuova co-
struzione o ristrutturate e attivate per la prima volta tra il 1° gennaio 1994 e il 31 di-
cembre 1997:
-    i recinti e le poste, nel caso in cui i vitelli siano stabulati in recinti individuali o vin-
     colati alla posta, devono essere costruiti con pareti perforate e devono avere una
     larghezza non inferiore a cm 90, più o meno il 10%, oppure a 0,80 volte l'altezza del
     garrese;

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-   i vitelli stabulati in gruppo devono poter disporre di uno spazio libero di m² 1,5 per
    ogni capo di kg 150 di peso vivo, sufficiente a consentire loro di voltarsi e di sdraiarsi
    senza alcun impedimento
La suddetta deroga relativa termina il 31 dicembre 2006.
A far data dal 1 gennaio 2007 si applica l’art. 3, comma 3, D.Lgs. 533/92 così come
modificato ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.Lgs. 331/98.

Tab. 1 – Quadro sinottico delle scadenze dei regimi transitori

    DATA DI COSTRUZIONE DELL’AZIENDA            fino 31/12/1993    Da 01/01/1994 a 31/12/1997

     Termine del PERIODO TRANSITORIO              31/12/2003               31/12/2006

Applicazione dell’art. 3, c. 3, D.Lgs. 533/92
                                                Dal 01/01/2004           Dal 01/01/2007
 modificato dall’art. 1, c. 1, D.Lgs. 331/98

1.3.2 LIBERTÀ DI MOVIMENTO
I vitelli trascorrono in decubito circa il 90% del tempo dalla prima alla quinta settimana
di vita, tale percentuale scende fino a raggiungere il 69% a cinque mesi di vita.
Quando i vitelli non dormono, si dedicano ad attività quali pulirsi in decubito, grattarsi
la testa, giocare con altri vitelli, leccarsi reciprocamente ed esplorare l’ambiente.
Il sonno è indispensabile per la salute e il benessere dei vitelli ed in genere i vitelli as-
sumono durante il sonno la postura sternale con tutti gli arti raccolti e la testa girata in-
dietro sopra il corpo.
In situazioni di scarso benessere, il tempo passato in posizione di decubito si riduce ed i
vitelli trascorrono in stazione gran parte del tempo.
I vitelli non possono essere legati e devono disporre di un ambiente atto a consentire lo-
ro di coricarsi, giacere in decubito, alzarsi ed accudire a se stessi senza difficoltà.
Solo i vitelli stabulati in gruppo possono essere legati per un periodo massimo di un’ora
al momento della somministrazione del latte e succedanei del latte; gli attacchi utilizza-
ti devono permettere all’animale di assumere una posizione confortevole durante
l’assunzione dell’alimento ed anche non provocare strangolamenti o ferite.

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1.3.3 FABBRICATI
I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione, dei recinti e delle at-
trezzature con le quali i vitelli possono venire a contatto, devono essere facilmente la-
vabili e disinfettabili e non risultare nocivi per gli animali.

1.3.4 PAVIMENTAZIONI
Nella fase di progettazione della pavimentazione dell’allevamento va considerato che i
pavimenti devono:
     ƒ    essere non sdrucciolevoli e privi di asperità, con superficie rigida, piana e stabi-
          le per permettere ai vitelli di muoversi con sicurezza e di evitare inutili trauma-
          tismi;
     ƒ    essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei vitelli;
     ƒ    garantire che la zona in cui i vitelli si coricano sia confortevole, pulita e non
          dannosa ai medesimi.
Le tipologie di pavimentazione più diffuse sono le seguenti:
     1.    Grigliato o fessurato in legno o cemento.
           Il pavimento grigliato è la tipologia più diffusa negli allevamenti di vitelli e
           rappresenta una buona soluzione dal punto di vista igienico ed economico, in
           quanto permette il rapido allontanamento di feci, urine e foraggi ed una ridu-
           zione dei tempi e dei costi legati alle operazioni di lavaggio dei recinti.
           Il pavimento grigliato in legno è decisamente più confortevole e meno freddo
           per i vitelli; necessita alla fine di ogni ciclo particolare cura nelle operazioni di
           lavaggio e disinfezione, ma è certamente meno resistente all’usura.
           Nella scelta del grigliato in cemento deve essere prestata particolare atten-
           zione alla superficie affinché non sia troppo liscia per ridurre il rischio di rovi-
           nose scivolate, né troppo ruvido per evitare l’eccessiva azione abrasiva sugli
           unghioni dei vitelli. Dal punto di vista del confort certamente questa tipologia
           di pavimentazione è più fredda del grigliato in legno.
           Il pavimento grigliato si può presentare con fessure lineari o con fori circolari;
           i primi permettono una migliore deambulazione agli animali, i secondi favori-
           scono la rapida eliminazione dei liquami e mantengono il box più pulito.

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Le norme vigenti non forniscono indicazioni circa la dimensione dei travetti e
            delle fessure del grigliato, ma in particolare le distanze tra i travetti o i dia-
            metri dei fori devono sempre essere inferiori al diametro del piede dei vitelli
            stabulati.
            I bordi dei travetti non devono essere taglienti per evitare lesioni agli arti dei
            vitelli.
     2.     Cemento pieno (opportunamente rigato per renderlo antiscivolo) con lettiera.
            La lettiera in paglia fornisce ai vitelli maggiore confort e una buona protezione
            contro il freddo invernale, inoltre assorbendo il contenuto liquido delle deie-
            zioni, mantiene il recinto asciutto e poco sdrucciolevole.
            La paglia riveste un ruolo importante come elemento di arricchimento ambien-
            tale ed essendo a disposizione del vitello costituisce una fonte di fibra utile
            per favorire lo sviluppo dei prestomaci.
            La gestione degli allevamenti con questo tipo di pavimentazione risulta più co-
            stosa sia per la necessità di più manodopera per la pulizia della lettiera dei re-
            cinti, sia per i costi legati all’approvvigionamento della paglia.
            Possono essere utilizzati altri tipi di lettiera, ad esempio:
                       ƒ   gli stocchi di mais che presentano un basso potere assorbente,
                       ƒ   la carta, che si inzuppa rapidamente,
                       ƒ   i trucioli di legno, di cui è determinante conoscerne la provenienza,
                           in quanto possono costituire un possibile rischio per i vitelli, (conte-
                           nuto in muffe, ottenuti da legni velenosi o trattati con oli o vernici
                           tossiche, ecc.),
                       ƒ   i cascami di cotone che sono molto economici e permettono
                           l’ottenimento di un buon letame.
     3.     Cemento pieno ricoperto da tappetini in gomma antiscivolo.
E’ consigliabile la predisposizione di un piano di manutenzione ordinaria a carico della
pavimentazione per correggere eventuali situazioni di rischio che potrebbero influire ne-
gativamente sulla salute dei vitelli (quali, travetti scheggiati o rotti, l’anima di ferro del
grigliato visibile, il cemento sbrecciato, ecc.).
Per tutti i vitelli di età inferiore alle due settimane deve essere prevista un adeguata
lettiera.

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Qualora i recinti siano posti al di fuori dei fabbricati sulla terra battuta è opportuno ga-
rantire il mantenimento dei requisiti della pavimentazione, indicati all’inizio del presen-
te capitolo, per tutta la durata della permanenza dell’animale in tale struttura.

1.3.5 RECINTI
I recinti dovranno, per quanto attiene alle dimensioni, essere rispondenti a quanto già
esposto al punto 1.3.1 ed essere costruiti con materiali idonei a venire a contatto con i
vitelli, essere privi di spigoli, margini taglienti o sporgenze tali da provocare lesioni agli
animali, ed inoltre essere pulibili e disinfettabili.
Le pareti dei recinti individuali dovranno permettere il contatto visivo, olfattivo e tattile
tra i vitelli dei recinti vicini.
È possibile disporre di recinti individuali con divisori privi di aperture destinati esclusi-
vamente agli animali malati e sottoposti a trattamenti diagnostici e terapeutici. È consi-
gliabile che tali recinti siano posizionati in un’area separata dell’allevamento (inferme-
ria).
Il medico veterinario, che dispone l’inserimento dei vitelli in questi recinti per sottoporli
a trattamenti diagnostici e terapeutici, appone nelle note del registro dei trattamenti,
previsto ai sensi del D.Lgs. 199/92 e D.Lgs. 336/99, oltre all’indicazione del trattamen-
to, la necessità dell’isolamento di tali soggetti.
Le pareti dei recinti multipli dovranno avere una altezza sufficiente per impedire agli
animali di superarle e di ferirsi.
Tutte le attrezzature utilizzate per la somministrazione di mangimi e di acqua devono
essere concepite, costruite ed installate in modo da ridurre al minimo le possibilità di
contaminazione di alimento e acqua.
La mangiatoia può essere costituita da un unico vascone posto su un lato del recinto, su
modello degli allevamenti olandesi oppure da un secchio per ciascun animale.
Nel caso in cui la mangiatoia del recinto multiplo è costituita da un unico vascone e non
si provvede ad una alimentazione ad libitum o attraverso un sistema automatico di ali-
mentazione, ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli
altri vitelli del gruppo, pertanto, la lunghezza della mangiatoia deve essere in rapporto
alla numerosità del gruppo e al peso dei soggetti.

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I vitelli apprendono alla nascita la capacità di alimentarsi dalla mammella della vacca,
poi con l’ingresso nell’allevamento devono imparare a ingerire il latte dal vascone o dal
secchio.
L’apprendimento del nuovo sistema di ingestione è certamente favorito dalla disponibili-
tà di tettarelle che garantiscono al vitello l’assunzione corretta e a piccoli sorsi del lat-
te.
Nelle aziende, dove i recinti sono posti al di fuori dei fabbricati, deve essere predisposto
un adeguato riparo per proteggere gli animali dalle intemperie.

1.3.6 MICROCLIMA
L’isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione devono consentire di mantenere
entro limiti non dannosi per i vitelli, la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la
temperatura, l’umidità relativa dell’aria e la concentrazioni di gas (anidride carbonica,
ammoniaca, ecc.).
Certamente nella fase di progettazione dell’allevamento devono essere tenuti in consi-
derazione tra gli altri aspetti, quelli relativi alle modalità di controllo dei parametri so-
pra indicati. Infatti tali parametri variano in relazione alla posizione geografica, alle va-
riazioni stagionali delle temperature e dell’umidità dell’aria, alla presenza e alla dire-
zione dei venti, al numero di animali allevati, ai materiali di costruzione, al numero ed
all’ampiezza delle aperture, ecc.
La norma non fornisce limiti ai suddetti parametri, ma dispone che le condizioni micro-
climatiche siano tali da non essere nocive agli animali allevati.
E’ pertanto consigliabile disporre di apparecchiature (termometri, igrometri, ecc.) per
rilevare i parametri microclimatici dell’allevamento.
La circolazione dell’aria è garantita da:
      ƒ   la sola ventilazione naturale a mezzo di finestre apribili, camini, cupoloni, ecc.;
      ƒ   la sola ventilazione artificiale (ventole d’aspirazione, ecc.)
      ƒ   i sistemi misti
Particolare attenzione deve essere posta nel controllo della circolazione dell’aria al fine
di evitare correnti d’aria o zone non ventilate con conseguente deterioramento delle
condizioni di salute dei vitelli.

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Nell’allevamento      del   vitello,   la   quantità   di   polvere   nell’aria,   valutato   che
l’alimentazione è costituita da latte e alimento fibroso, che le feci sono allontanate o
attraverso la pavimentazione grigliata o con getti d’acqua, se la superficie è piena, e
che la ventilazione dei locali di stabulazione è controllata, in genere è tenuta sotto
controllo senza difficoltà.
La temperatura e l’umidità dell’aria rivestono fondamentale importanza nella corretta
gestione di un qualunque allevamento, ma in particolare di quello dei vitelli, poiché ad
esempio è particolarmente dannosa per tali animali la combinazioni di temperatura bas-
sa, elevata umidità e forte ventilazione.
Possono essere considerati ottimali valori di temperatura compresi tra i 15C° e 21C° con
tenori di umidità tra il 60% e l’80%.

1.3.7 IMPIANTI
Tutti gli impianti installati presso l’azienda devono essere conformi alle norme vigenti in
materia di sicurezza ed sottoposti periodicamente alla manutenzione ordinaria prevista
dalla ditta costruttrice.
Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere dei
vitelli deve essere ispezionato almeno una volta al giorno.
Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non e'
possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benes-
sere degli animali fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo a metodo al-
ternativi di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfa-
centi.
Se la salute ed il benessere degli animali dipendono da un impianto di ventilazione arti-
ficiale, deve essere previsto:
    -    un sistema di allarme che segnali il guasto; tale sistema deve essere sottoposto a
         controlli regolari;
    -    un adeguato impianto di riserva per garantire un ricambio di aria sufficiente a
         salvaguardare la salute e il benessere degli animali.

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1.3.8 ILLUMINAZIONE
I vitelli non devono restare continuamente al buio, ma per soddisfare le loro esigenze
comportamentali e fisiologiche, ed in particolare per consentire loro un maggior control-
lo dell’ambiente circostante e una migliore interazione sociale tra i componenti del
gruppo con conseguente riduzione dello stress, devono disporre di luce naturale, attra-
verso la presenza di una adeguata superficie illuminante oppure di una illuminazione ar-
tificiale, che sia almeno equivalente ad un’illuminazione naturale normalmente disponi-
bile tra le ore 9.00 e le 17.00.
Inoltre, per permettere una adeguata ispezione degli animali in un qualunque momento,
anche di notte, è necessario che sia disponibile una illuminazione fissa o mobile di inten-
sità sufficiente.

1.4 REQUISITI PROCEDURALI
1.4.1 ACCESSO DI VITELLI ALL’ALLEVAMENTO
Gli animali appena nati sono considerati idonei al trasporto quando l’ombelico sia del
tutto cicatrizzato (cap. I, lett. A, comma 1 del D.Lgs. 532/1992 e succ. modifiche).
La cicatrizzazione dell’ombelico esterno può intendersi, di norma, completata attorno al
10° giorno di vita.

1.4.2 COLOSTRATURA
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e co-
munque entro le prime sei ore di vita.
Il vitello alla nascita non dispone di copertura anticorpale, in quanto gli anticorpi ma-
terni non sono in grado di raggiungere il sistema circolatorio del vitello a causa della
presenza della barriera placentare.
Pertanto, è necessaria l’assunzione del colostro da parte del vitello nelle prime ore di
vita perché:
   -   la capacità di assorbimento dell’intestino del vitello è massimo in tale periodo, di
       seguito decresce sino ad annullarsi in corrispondenza del terzo giorno di vita;
   -   fornisce una valida difesa immunitaria passiva;
   -   riduce la % di mortalità.

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La somministrazione del colostro può avvenire direttamente attraverso la suzione del
latte materno da parte del vitello oppure con somministrazione del colostro raccolto da
parte dell’allevatore.
E’ stata segnalata dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale, a seguito
di una ricerca sulle caratteristiche del colostro delle bovine BLAP (bovine da latte ad al-
ta produzione), che il colostro di molte bovine BLAP è risultato scadente, in quanto ri-
sulta deficitario in y-globuline e ricco di citochine infiammatorie, dovute alla reazione di
anoressia che si evidenzia nelle bovine 2-3 giorni prima del parto.
Al fine di accertare che il vitello abbia ricevuto una adeguata colostratura, il Centro di
Referenza Nazionale per il Benessere Animale propone la quantificazione delle y-
globuline (tenori in y-globuline pari o superiori a 8 mg/ml sono indice di una colostratura
adeguata) con l’esecuzione del test della gamma-glutamil-transferasi e della elettrofo-
resi delle proteine sieriche.

1.4.3 DIVIETI ESPRESSI
È vietato:
•   legare i vitelli (ad eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati
    per un periodo massimo di un’ora al momento della somministrazione del latte e suc-
    cedanei del latte);
•   mettere la museruola ai vitelli;
•   tagliare la coda, se non a fini terapeutici certificati;
•   cauterizzare gli abbozzi corneali sopra le 3 settimane di vita (tale pratica deve co-
    munque avvenire sotto il controllo del veterinario aziendale);
•   provocare, per crudeltà o senza necessità, lesioni o sottoporre a sevizie o a compor-
    tamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche
    dell’animale.

1.4.4 CONTROLLO DEGLI ANIMALI
I vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal titolare o da per-
sona responsabile almeno due volte al giorno; nel caso di vitelli stabulati all’aperto tale
controllo va eseguito almeno una volta al giorno.

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Gli animali che presentano sintomi di malattia o ferite devono essere immediatamente
curati, se necessario isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole.
La stabulazione in recinti multipli comporta, per la persona responsabile del controllo
degli animali, maggiori difficoltà per la tempestiva identificazione dei vitelli-problema
(presenza di segni di malattia o meno ingordi).
Il sistema olandese prevede il mantenimento di gruppi di vitelli omogenei per peso vivo
all’interno di ciascun recinto, procedendo ad una continua (in genere a cadenza setti-
manale) ricomposizione dei gruppi. Quindi i vitelli che all’osservazione appaiono più leg-
geri vengono portati in un recinto con altri dello stesso peso, mentre nel recinto con
quelli più pesanti vengono aggiunti altri vitelli con le stesse caratteristiche.

1.4.5 REGISTRAZIONE DATI
Ciascun allevamento deve disporre di un registro di carico e scarico degli animali, previ-
sto dalla normativa vigente, sul quale vengono regolarmente registrate le movimenta-
zioni e i casi di mortalità.
Ogni animale introdotto in allevamento deve essere scortato da un documento di identi-
ficazione, quale:
    -     il passaporto (ai sensi del Reg. CE n. 1760/2002), oppure
    -     la cedola (per i vitelli di età inferiore ai 28 gg.)
Inoltre, ciascun vitello deve essere dotato di marche auricolari con il codice identificati-
vo corrispondente a quello contenuto nel documento di identificazione.
Nel caso dell’arrivo in allevamento di vitelli con passaporto, il titolare è tenuto a:
     1. registrare i vitelli, entro tre giorni dall’ingresso, sul registro di carico e scarico
     2. comunicare, entro sette giorni dall’ingresso, alla ASL competente per territorio
           l’avvenuta introduzione di animali per motivi sanitari;
     3. comunicare, entro sette giorni dall’ingresso, alla ASL o all’ente delegato (CAA,
           APA,) competente per territorio l’avvenuta introduzione di animali per la regi-
           strazione nella banca dati dell’anagrafe bovina.
Nel caso dell’arrivo in allevamento di vitelli con cedola identificativa, il titolare è tenu-
to a:
        1. registrare i vitelli, entro tre giorni dall’ingresso, sul registro di carico e scarico

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                                                                                                    27
2. comunicare, entro sette giorni dall’ingresso, alla ASL competente per territorio
          l’avvenuta introduzione di animali per motivi sanitari;
     3. comunicare, entro sette giorni dall’ingresso, alla ASL o all’ente delegato (CAA,
          APA,) competente per territorio l’avvenuta introduzione di animali per la regi-
          strazione nella banca dati dell’anagrafe bovina;
     4. richiedere all’ente delegato la stampa dei passaporti.

1.4.6 TRATTAMENTI TERAPEUTICI E PROFILATTICI
I trattamenti terapeutici e profilattici devono essere prescritti da un medico veterinario.
In azienda possono essere detenuti ed utilizzati soltanto medicinali veterinari dotati di
AIC (autorizzazione all’immissione in commercio) e regolarmente prescritti da un medico
veterinario.
Qualunque altra sostanza non autorizzata o il cui uso non è consentito per la tipologia
dei animali ivi allevati, non può essere utilizzata e detenuta in allevamento.
I trattamenti effettuati sugli animali devono essere opportunamente registrati su un re-
gistro secondo le modalità previste dal D.Lgs. 119/92 e D.Lgs. 336/99.
Il registro dei trattamenti, ai sensi del D.Lgs. 336/99, deve essere sempre detenuto in
azienda e conservato dal titolare dell’azienda, con le relative ricette, per almeno 5 anni
e messo a disposizione dell’autorità sanitaria nel corso delle ispezioni.
Il medico veterinario, che dispone l’inserimento dei vitelli nei recinti singoli per sotto-
porli a trattamenti diagnostici e terapeutici, appone nelle note del registro dei tratta-
menti, previsto ai sensi del D.Lgs. 199/92 e D.Lgs. 336/99, oltre all’indicazione del trat-
tamento, la necessità dell’isolamento di tali soggetti.

1.4.7 PULIZIA E DISINFEZIONE
I fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati re-
golarmente per evitare il diffondersi di potenziali organismi patogeni.
E’ consigliabile alla fine di ogni ciclo produttivo, dopo aver rimosso le deiezioni ed aver
effettuato un accurato lavaggio con acqua in pressione, procedere alla disinfezione dei
fabbricati utilizzando prodotti a base di ammonio quaternario o di formalina diluita,
quindi chiudendo le aperture per 48 ore e poi aerare e lasciare vuoti i locali per 7/8
giorni.

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