Le proposte della finanza etica per una ripresa economica sana - A cura del Consiglio di Amministrazione di Banca Etica

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Le proposte della
finanza etica per una
ripresa economica sana
A cura del Consiglio di Amministrazione di Banca Etica

                                                    Maggio 2020
Introduzione
Nulla sarà più come prima. Nelle ultime settimane abbiamo sentito molte volte
questa frase in relazione all'evolversi della pandemia. Alle preoccupazioni di
natura sanitaria si sommano quelle sull'andamento dell'economia e del sistema
finanziario, sia di quello pubblico sia di quello privato.

Come rete della finanza etica, da oltre vent'anni lavoriamo per un diverso siste-
ma finanziario. Prima di tutto cercando di mostrare concretamente, tramite la
nostra attività, come potrebbe operare una finanza intesa non come un fine in
sé stesso ma come uno strumento al servizio del bene comune. In parallelo,
abbiamo avanzato diverse proposte per cambiare le regole del sistema finanzia-
rio.

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Indice
1. Interventi di politica monetaria
2. La liquidità da sola non basta
3. Misure di politica economica
4. La risposta scomposta della finanza alla crisi
5. La risposta delle banche e della finanza etica
6. L'Action plan sulla finanza sostenibile dell'UE
7. Chiudere il casinò finanziario
8. Promuovere un diverso sistema finanziario
Conclusioni

Le proposte della finanza etica per una ripresa economica sana
1. Interventi di politica
   monetaria
Nelle ultime settimane si è dibattuto molto su possibili strumenti per immette-
re liquidità e fare ripartire l'economia dopo la crisi. Primo tra tutti il Meccani-
smo europeo di stabilità (MES) o “fondo salva-stati”. Anche la versione “senza
condizioni” per finanziare le spese legate alla pandemia è stata pesantemente
criticata, sia perché le stesse condizioni potrebbero rientrare successivamente
all'erogazione del prestito, sia perché il ricorso al MES è visto come l'ultima
ciambella di salvataggio per uno Stato che non sia più in grado di finanziarsi sui
mercati. Molti investitori potrebbero quindi dismettere i titoli del Paese che vi
ricorre (la cosiddetta stigma dei mercati). Lo spread e i maggiori costi sul debito
pubblico andrebbero quindi a essere superiori ai vantaggi che si potrebbero
ottenere.

Un'altra possibilità è quella di titoli garantiti dall'insieme dei Paesi dell'UE, i
cosiddetti Eurobond, e in particolare di titoli finalizzati a contrastare gli effetti
negativi della pandemia e noti come Coronabond. La garanzia dell'insieme dei
Paesi UE permetterebbe di emettere tali titoli a tassi estremamente bassi. La
proposta si è però scontrata con il veto di alcuni Paesi dell'UE contrari all'idea di
dovere in qualche modo garantire i debiti dei Paesi più deboli.1

Esistono anche ulteriori possibilità di intervento, in particolare delle banche
centrali, che possono acquistare direttamente titoli di Stato emessi dai governi.
E' la cosiddetta monetizzazione del debito o della spesa, che può assumere
diverse forme tecniche.

Dopo la crisi del 2008 la BCE ha iniziato ad acquistare in modo massiccio i titoli
di Stato dei Paesi europei, e di quelli in maggiore difficoltà in particolare, trami-
te il quantitative easing. Tale intervento riguarda però unicamente il mercato
secondario. La Banca Centrale Europea – a differenza di molte delle banche
centrali delle maggiori potenze economiche – non può acquistare titoli sul mer-
cato primario. Ricordiamo che il mercato primario di un titolo è quello legato
all'acquisto direttamente dall'emittente (in questo caso un governo). Dopo che

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un titolo è stato emesso e acquistato ad esempio da una Banca, questa può
rivenderlo a un investitore, che dopo un certo tempo potrà rivenderlo a sua
volta ad altri. Quest'ultimo è il mercato secondario.

In realtà la BCE ha già messo in campo diverse misure per sostenere i Paesi in
difficoltà. Sta acquistando titoli italiani in misura ben maggiore di quanto non
dovrebbe fare in base a criteri di stretta proporzionalità tra Paesi europei.
Ancora, ha deciso di abbassare il rating minimo dei titoli che accetta in garanzia,
scongiurando o per lo meno diminuendo il rischio che un eventuale declassa-
mento del rating dell'Italia possa spingere gli investitori istituzionali a disfarsi
dei nostri titoli, e ha intrapreso una revisione dei requisiti di capitale per le
banche.2

Detto questo diverse analisi concordano nel dire che una vera svolta si avrebbe
aprendo alla possibilità di acquisto sul mercato primario. 3 Per capirne le poten-
zialità, in linea teorica in caso di acquisto diretto si potrebbe anche pensare a
titoli senza scadenza e a interessi zero. Formalmente il nostro debito aumenta,
ma senza interessi né scadenza l'aumento è puramente contabile e non pesa sui
conti pubblici. Una parte dei titoli potrebbe essere usata per investimenti per
contrastare gli impatti della pandemia, un'altra potrebbe servire per sostituire
una parte di quelli in scadenza, che oggi (se non cala il debito pubblico) devono
essere rimpiazzati con titoli di nuova emissione, il cui tasso di interesse viene
deciso dai mercati. In questo modo progressivamente diminuirebbero gli interes-
si che l'Italia paga sul proprio debito pubblico, migliorando le nostre finanze e
liberando nuove risorse nel medio periodo.

Ultimo in ordine di tempo (a fine aprile) il Consiglio d'Europa ha proposto la
creazione di un Recovery Fund per sostenere le spese per la ripresa in Europa,
ma non è ancora chiaro come dovrebbe essere finanziato tale fondo, e in parti-
colare se e quanto verrà costituito da sussidi e quanto da prestiti ai singoli
Paesi.4

1
 In realtà titoli sovranazionali e strumenti comunitari finanziari sono già stati emessi diverse volte in passato:
https://valori.it/coronabond-cee-dodici-bond-comuni/
2
  Per info su alcuni interventi della BCE:
https://www.bancaditalia.it/media/bce-comunicati/documenti/2020/2020-04-16-SSM-PR-Covid19-market-risk-capit
al-requirements.pdf?pk_campaign=EmailAlertBdi&pk_kwd=it
3
 Alcune informazioni tecniche su interventi diretti delle Banche Centrali sono riassunti qui:
https://sbilanciamoci.info/il-ruolo-delle-banche-centrali-nella-crisi-del-coronavirus/
4
 Un riassunto delle politiche discusse e di alcune possibilità teoriche è disponibile qui:
https://valori.it/mercato-crisi-coronavirus-puntata-due/

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2. La liquidità da sola
  non basta
Al di là delle diverse proposte e dei loro pro e contro, colpisce come il dibattito
attuale sia quasi interamente focalizzato sull'immissione di nuova liquidità.
L'esperienza degli ultimi anni dovrebbe però avere insegnato i rischi di un tale
approccio. Come accennato, dopo la crisi dei subprime la BCE è intervenuta con
operazioni di alleggerimento quantitativo o quantitative easing, con massicci
acquisti di titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, e successivamente anche di
obbligazioni di imprese private. A tale strumento se ne sono affiancati altri,
come l'offerta di denaro a tassi bassissimi – anche sotto zero – alle banche, o
con altri ancora.

Il risultato è che dal 2008 a oggi il bilancio delle Banche Centrali di Europa, USA
e Giappone è cresciuto di circa 17.000 miliardi di dollari. Questa montagna di
liquidità è però rimasta in massima parte incastrata in circuiti puramente finan-
ziari – se non speculativi – senza arrivare a finanziare l'economia. Non è forse
una coincidenza che tale cifra sia molto vicina ai 19.000 miliardi di dollari di
titoli a tasso negativo che circolavano nel mondo negli scorsi mesi. Come dire
che c'erano talmente tanti soldi che i risparmiatori dovevano accettare rendi-
menti negativi pur di parcheggiarli da qualche parte. E' a dir poco paradossale
che nello stesso momento ci venisse ripetuto che “non ci sono i soldi”. Non ci
sono per i servizi pubblici, le politiche sociali, per le piccole imprese, per le
famiglie.

Un esempio macroscopico di come l'attuale sistema finanziario dreni risorse e le
sottragga a quello economico e produttivo. La conseguenza non è “solamente”
un aumento inaccettabile delle diseguaglianze. Negli ultimi anni il sistema finan-
ziario ha toccato massimi storici, a fronte di un'economia rimasta al palo. Una
sempre maggiore distanza tra valori della finanza e fondamentali dell'economia
che è la definizione stessa di una bolla finanziaria.

Il problema quindi è che “non ci sono i soldi” o come vengono impiegati? In un

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contesto di diseguaglianze inaccettabili e crescenti, pensare a trasferimenti di
ricchezza, come misure di integrazione al reddito o una vera progressività fisca-
le, potrebbe probabilmente essere molto più efficace di una continua immissio-
ne di liquidità che da sola non basta, anzi può portare a effetti controproducen-
ti come la continua creazione di bolle finanziarie.

Questo non significa che interventi di politica monetaria siano di per sé inutili,
ma vanno contestualmente accompagnati da interventi di altra natura, secondo
diverse direzioni. La prima riguarda decisioni di politica economica per rilanciare
e indirizzare il sistema produttivo; la seconda un sistema di regole per chiudere
il gigantesco casinò finanziario che drena la maggior parte delle risorse e provo-
ca continue instabilità e crisi, e per riportare tali risorse nell'economia reale.

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3. Misure di politica
   economica
Riguardo la prima direzione la domanda fondamentale è domandarsi dove deve
essere indirizzata la liquidità, ovvero quale tipo di economia vorremmo una volta
usciti dalla crisi? E' possibile pensare a strumenti di indirizzo della politica
industriale ed economica all'interno dell'UE e dei singoli Stati?

Al momento tale indirizzo è assente, in primo luogo per le dottrine che guidano
oggi l'economia – sembra eresia anche il solo parlare di un intervento pubblico
per orientare l'economia. I singoli Stati dell'UE sono legati da regole ferree sulla
libera concorrenza e l'assenza di interventi dello Stato. Per un cambiamento a
livello europeo occorre mettere insieme le voci e gli interessi di ventisette diver-
si governi. Abbiamo un'unica banca centrale ma sulle questioni di politica eco-
nomia e industriale si va avanti non solo in ordine sparso, ma spesso con un
approccio decisamente più di concorrenza che non di “unione” europea.

Una possibilità potrebbe essere legata a un intervento della Banca Europea per
gli Investimenti per promuovere un grande piano di investimenti post-crisi. Gli
Stati della UE dovrebbero però accordarsi su quale sistema economico, sociale
e ambientale vogliono costruire. Investimenti per le “grandi opere” o per la
mobilità sostenibile? Nei combustibili fossili o nella ricerca per l'efficienza ener-
getica? Nel settore militare o nel welfare? In altre parole le misure monetarie
dovrebbero essere pensate per il finanziamento di quello che a volte viene indi-
cato come “green new deal” e riassumibile in una riconversione ecologica
dell'intero sistema economico.

Accanto ai già citati trasferimenti, misure di questo genere darebbero nuovo
impulso a una UE in estrema difficoltà. Su questi piani l'Europa della moneta
unica e della Banca Centrale unica è terribilmente in ritardo, ma se la gamba
monetaria e finanziaria continua a andare avanti mentre quella economica e
sociale rimane sempre più indietro, è inevitabile che finiremo per cadere.

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E' vero che la Commissione Europea ha messo in campo alcune misure per
fronteggiare l'emergenza. La principale però è nuovamente legata a un maggior
spazio di manovra fiscale per i singoli Stati con l'attivazione della clausola di
salvaguardia generale del Patto di Stabilità.

Un segnale interessante, anche se limitato, così come quello sulla parziale revi-
sione delle regole sugli aiuti di Stato, o meglio l'attivazione anche in questo
caso di una clausola di emergenza prevista dai trattati europei per fronteggiare
situazioni eccezionali, che permette di allentare le regole sulla concorrenza tra
Paesi europei. Tra gli aiuti ammissibili, di particolare interesse per il settore del
credito, le garanzie degli Stati per i prestiti bancari e le garanzie per le banche
che veicolano gli aiuti di Stato. La Commissione ha inoltre anticipato o liberato
altri fondi messi a disposizione degli Stati.1

Il discorso fatto su scala europea vale anche per i singoli governi, e quello italia-
no in particolare. Con i Decreti Cura Italia e Liquidità sono state messe in
campo principalmente misure legate all’erogazione del credito, con agevolazioni
e garanzie pubbliche, ma non di politica economica.2 Anche limitandosi a questo
primo tipo di interventi, inoltre, sarebbe stato possibile introdurre dei criteri di
selezione. Come prima indicazione, il governo danese ha annunciato che le
imprese che hanno sede in un paradiso fiscale, non potranno accedere alle
agevolazioni previste. 3

Allargando lo sguardo, per il dopo-crisi serviranno specifici interventi per l’occu-
pazione, la giustizia sociale, l’ambiente e in diversi altri ambiti. Sbilanciamoci! ha
pubblicato un appello per un Italia “in salute, giusta, sostenibile” con un elenco
di dieci proposte su cui fare ripartire il Paese.4

1
  Una sintesi degli interventi della Commissione è disponibile qui:
https://www.eticaeconomia.it/flessibilita-e-nuovi-interventi-la-commissione-europea-in-azione-per-arginare-la-cris
i-pandemica/
2
 Per un'analisi della situazione legata alla crisi attuale e di possibili scenari e prospettive dal punto di vista sanitario,
sociale ed economico per l'Italia, si veda ad esempio il booklet di Sbilanciamoci! Scaricabile gratuitamente qui:
https://sbilanciamoci.info/l-epidemia-che-ferma-il-mondo/
3
  Notizia sulle misure proposte dal governo danese:
https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-04-18/denmark-extends-business-aid-to-increase-spending-by-15-
billion?utm_source=url_link
4
    In salute, giusta, sostenibile, l'Italia che vogliamo: https://sbilanciamoci.info/20073-2/

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4. La risposta
  scomposta della
  finanza alla crisi
Se è quindi necessaria una visione per l'economia, è forse ancora più urgente
incanalare le risorse esistenti e quelle create con operazioni di politica moneta-
ria verso l'economia reale. Il sistema finanziario nel suo insieme si è dimostrato
clamorosamente incapace di operare nell'interesse generale, o in altre parole di
assolvere al proprio principale compito di una “allocazione ottimale delle risor-
se” nell'economia, come recitano i libri di testo. Il combinato disposto di assen-
za di regole in ambito finanziario e di eccesso di liquidità è un micidiale mix che
drena verso obiettivi speculativi e di brevissimo termine la maggior parte delle
risorse disponibili e provoca continue crisi e instabilità, mentre sottrae risorse ai
settori che più ne avrebbero bisogno.

Servono quindi delle regole per riportare la finanza a essere uno strumento al
servizio dell'insieme della società e non un fine per fare soldi dai soldi, ovvero
da un lato normative per chiudere il gigantesco casinò finanziario, e dall'altro
promozione di un diverso sistema.

La reazione dei mercati allo scoppio della pandemia è purtroppo solo l'ultimo
esempio di questo fallimento. Per sua natura la finanza cerca di anticipare l'an-
damento futuro dell'economia e un ribasso era quindi da attendersi. A questo si
somma però l'effetto di “gregge”, della gran parte degli investitori, che creano
ondate di euforia e panico sui mercati. Un andamento ulteriormente amplificato
dal fatto che le strategie di investimento di moltissimi fondi sono regolate da
algoritmi, che sulla base di informazioni uguali reagiranno tutti nello stesso
modo.

Su tali fenomeni si innesca la speculazione finanziaria, che si nutre proprio
dell'instabilità. Speculare significa comprare a poco e rivendere il prima possibi-
le al prezzo maggiore possibile (sui mercati finanziari è anche possibile l'oppo

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sto, ovvero la speculazione al ribasso). Questo significa che più le oscillazioni
dei prezzi sono ampie e rapide, più potrò estrarre profitti dalla mia attività
speculativa. Un'attività che ha assunto dimensioni tali da generare – o per lo
meno esasperare – essa stessa quell'instabilità funzionale a generare i suoi
profitti. Più instabilità significa maggiore oscillazione dei prezzi, il che spinge
altri speculatori a lanciarsi in operazioni simili, in una spirale che si auto-ali-
menta. In poche parole, per l'ennesima volta la finanza si sta dimostrando una
parte del problema invece che della soluzione.

Questi e altri elementi portano la finanza non solo ad anticipare – come
dovrebbe fare – l'andamento dell'economia, ma ad amplificarlo a dismisura, in
una spirale che si auto-alimenta.

Non a caso una delle prime misure adottate dalle autorità per contenere gli
impatti economici immediati della pandemia, in Italia e non solo, è stata il divie-
to di vendite allo scoperto sui mercati finanziari: le vendite allo scoperto sono
un'operazione che permette di scommettere sul ribasso di un titolo o un indice.
Semplificando: l’operatore vende qualcosa che non ha sperando che nel tempo
che passa tra la vendita e la consegna il valore scenda, in modo da poterlo
comprare a meno e rivenderlo subito dopo al prezzo pattuito.

E' come se un'agenzia immobiliare vendesse a 100 una casa di cui ancora non ha
la proprietà. Quando trova un compratore, spera che prima del rogito il mercato
sia in calo in modo da trovare la casa a 90 e rivenderla contestualmente a 100.
Nel frattempo, l'agenzia farà quanto in suo potere per cercare di fare scendere il
prezzo delle case. Un'ipotesi ovviamente assurda per qualsiasi settore dell'eco-
nomia, ma diventata pratica comune sui mercati finanziari.

Un ulteriore clamoroso esempio è quello del “petrolio sotto zero”, come se i
produttori dovessero pagare per disfarsene. In parte questo paradosso è legato
a fenomeni reali: la brusca frenata dell'economia, i siti di stoccaggio pieni, i
mancati accordi in sede OPEC. Almeno in parte, però, si sono innestati diversi
fattori squisitamente finanziari, con forti sospetti di manipolazione dei mercati.1
Un ruolo centrale è quello avuto dai derivati, strumenti che dovrebbero servire
come assicurazione contro le oscillazioni dei prezzi ma usati in massima parte
per scommettere sull'andamento futuro dei prezzi stessi. Chi specula cerca di

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guadagnare dall'oscillazione nel prezzo del derivato stesso, non è interessato al
prodotto sottostante, in questo caso il petrolio. Con il crollo dei prezzi, chi
aveva un derivati che prevedeva la consegna a maggio si è trovato con un con-
tratto senza valore, e pur di disfarsene ha dovuto venderlo addirittura a prezzi
negativi. Non è quindi corretto dire che i produttori di petrolio erano pronti a
pagare chi se lo veniva a prendere. Il vero paradosso di un sistema finanziario
totalmente staccato dalla realtà è persino peggio: la quantità di scommesse su
contratti derivati ha fatto si che in molti si sono trovati costretti a pagare pur di
non doverselo prendere.

1
 Su manipolazioni dei mercati del petrolio vedi ad esempio:
https://www.ilsole24ore.com/art/petrolio-sotto-zero-trader-rosso-e-sospetti-manipolazione-AD0ohHM?refresh_ce=1

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5. La risposta delle
   banche e della
   finanza etica
A fronte di un tale indirizzo del sistema finanziario tradizionale, già negli anni
successivi alla crisi del 2008, mentre l’insieme del sistema bancario italiano
manifestava un credit crunch, ovvero una riduzione del credito erogato a fami-
glie e imprese, Banca Etica ha saputo andare in controtendenza, aumentando
l’erogazione del credito con tassi a due cifre.

In altre parole, a fronte di un sistema finanziario decisamente pro-ciclico (vale a
dire che il credito viene erogato con anche troppa facilità nei momenti di eufo-
ria, mentre i rubinetti del credito vengono chiusi nei momenti di difficoltà),
Banca Etica ha saputo andare in direzione opposta.

Una caratteristica che accomuna diverse esperienze di finanza etica europee. Il
terzo rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa ha mostrato, tra le
altre cose, come le banche etiche europee, a parità di attivi, eroghino quasi il
doppio di crediti all’economia rispetto al sistema tradizionale. Nel 2018 la con-
cessione di crediti rappresentava infatti per le prime oltre il 76% delle attività
totali. mentre si fermava poco sotto il 40% per la media delle banche europee.1

Nella nuova situazione di crisi, le banche sono chiamate ad aiutare e sostenere
la propria clientela, anche utilizzando gli strumenti di agevolazione messi a
disposizione dalle istituzioni. Banca Etica ha quindi recepito le misure predispo-
ste dai Decreti del governo italiano, aggiungendo ulteriori iniziative per essere
ancora meglio in grado di venire incontro alle richieste della propria clientela e
del proprio mondo di riferimento.

Per le imprese e organizzazioni sono state previste richieste di moratoria facil-
mente accessibili e nuova liquidità e credito per imprese e organizzazioni socie
e clienti. Per privati e famiglie interventi sui mutui e prestiti personali con
sospensione temporanea dei pagamenti anche oltre i casi previsti dalla legge,

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ma anche strumenti di gestione del risparmio pensando alla ripresa e nel segno
della solidarietà.2

In un periodo di crisi e di difficoltà economica, simili misure e più in generale un
intervento anticiclico è tanto più urgente e necessario anche in un’ottica di
legalità e di contrasto alla criminalità organizzata. In Italia a marzo, mentre
quasi tutti i reati calavano, l’usura è cresciuta del 9% rispetto allo stesso perio-
do dello scorso anno. 3

1
 Il Terzo Rapporto sulla Finanza Etica e Sostenibile in Europa è disponibile qui:
https://www.bancaetica.it/sites/bancaetica.it/files/web/BLOG/REPORT%20SULLA%20FINANZA%20ETICA%20IN%20E
UROPA%202020/RAPPORTO%20FINANZA%20ETICA%20IN%20EUROPA_2020.pdf
2
 Il dettaglio delle misure proposte da Banca Etica è disponibile qui:
https://www.bancaetica.it/blog/news/insieme-oltre-lemergenza-coronavirus
3e
 https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/29/news/coronavirus_la_crisi_di_liquidita_da_campo_libero_alle_mafi
e_solo_a_marzo_l_usura_e_cresciuta_del_9_per_cento-255192120/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P13-S1.8-T1

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6. L'Action plan sulla
  finanza sostenibile
  dell'UE
Se quindi la finanza etica e sostenibile potrà svolgere un ruolo di primo piano
nel dopo crisi, molto dipende anche dalla possibilità che venga messe nelle
condizioni di farlo. Servono interventi normativi per promuovere e incentivare un
sistema finanziario in grado di fornire soluzioni efficaci e innovative all’insieme
della società.

Un percorso interessante in questo senso è quello sulla finanza sostenibile
messo in campo dalle istituzioni europee negli scorsi mesi. Un percorso con luci
e ombre. Tra gli aspetti positivi, la creazione di una tassonomia per definire le
attività ambientalmente sostenibili e i relativi finanziamenti. Una delle maggiori
critiche riguarda però il fatto che al momento la “sostenibilità” è intesa quasi
unicamente in chiave ambientale, mentre poco o nulla si dice riguardo gli aspet-
ti sociali e di governance, le altre due gambe della tradizionale analisi sulla
responsabilità di impresa.

Ancora prima, ed è quasi incredibile se pensiamo al sistema finanziario e ai
disastri causati negli ultimi anni, non c’è accenno alla speculazione. Si inquadra
la sostenibilità senza mai menzionare crisi, instabilità. logiche di breve periodo,
sfruttamento dei paradisi fiscali o altri temi centrali.

Il rischio è che criteri troppo deboli possano svuotare la stessa idea di sosteni-
bilità, permettendo operazioni di marketing se non di vero e proprio greenwa-
shing a molte banche tradizionali che riuscirebbero a darsi una patente di soste-
nibilità senza rimettere in discussione il proprio business.Per questi motivi
Banca Etica chiede che il percorso e i criteri siano resi più stringenti, definendo
una sostenibilità a 360 gradi per il sistema finanziario.

Unendo l'idea di finanza sostenibile con quella di un indirizzo di politiche econo-
miche da parte delle istituzioni, un interessante appello è arrivato dal gruppo di

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esperti sulla finanza sostenibile creato dalla Commissione UE, che chiede che i
fondi per la ripresa siano orientati a un'economia realmente “green”.1

Un'altra iniziativa interessante è la consultazione avviata dalle tre autorità di
vigilanza (EBA, EIOPA e ESMA) e aperta fino al primo settembre, riguardo i criteri
ESG per le istituzioni finanziarie.2

1
    Per maggiori dettagli sull'appello vedi qui: https://valori.it/costruire-ripresa-sostenibile-strumenti-finanziari-giusti/
2
 La consultazione è disponibile qui:
https://eba.europa.eu/esas-consult-environmental-social-and-governance-disclosure-rules

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7. Chiudere il casinò
   finanziario
In parallelo, servono altri interventi di natura normativa sia per disincentivare la
finanza speculativa sia per promuovere quella etica e sostenibile, in modo da
indirizzare le risorse di cui abbiamo bisogno per il rilancio dell’economia dove
servono veramente e dove producono un impatto positivo per l’ambiente e
l’insieme della società.

L'avere bloccato la vendita allo scoperto in Italia nei primi giorni di caduta degli
indici di Borsa non è solo un elemento positivo. Dimostra anche che non è una
questione di difficoltà tecnica. Quando c'è la volontà politica, abbiamo gli stru-
menti per contrastare alcuni degli effetti più deleteri del sistema finanziario.

Anche per questo rinnoviamo l'appello per un deciso cambio di rotta nelle
regole che sovrintendono la finanza. All'indomani della crisi del 2008 tutte le
istituzioni internazionali si erano impegnate a chiudere una volta per tutte il
casinò finanziario. A distanza di oltre dieci anni, non solo tali promesse sono
state disattese, ma spesso si è andati in direzione opposta a quanto auspicabile.
Gli interventi normativi si sono concentrati sulla tradizionale attività di eroga-
zione dei crediti del sistema bancario, mentre molto meno – per non dire nulla
– è stato fatto per contrastare la speculazione e la finanza fine a sé stessa. Un
paradosso che ha portato a una continua crescita del sistema bancario ombra,
quell'insieme di società spesso registrate in un paradiso fiscale che eseguono
operazioni simili a quelli delle banche senza però doverne seguire le regole e
senza essere sottoposte ad analoga vigilanza. Oggi il sistema bancario ombra
potrebbe avere superato l'incredibile cifra di 51.000 miliardi di dollari, in crescita
del 75% negli ultimi dieci anni.

Ma è l'insieme della finanza a non essersi minimamente discostata dagli indirizzi
di prima della crisi del 2008, come mostrato brevemente nel caso del “petrolio
sotto zero”, solo il caso più clamoroso dell'uso spregiudicato che viene fatto dei
derivati.

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Purtroppo ad oggi le istituzioni non sono riuscite ad approvare nemmeno le
regole da loro stesse proposte. Per fare un esempio tra i molti possibili.
All’indomani della crisi del 2008 l’UE domanda a un gruppo di esperti, guidati
dal governatore della Banca Centrale finlandese Liikanen quali siano le principali
riforme da intraprendere per evitare il ripetersi del recente disastro. Il rapporto
mette al primo posto la separazione tra banche commerciali e di investimento,
ma la stessa UE che aveva commissionato lo studio non da seguito alle conclu-
sioni esposte.

Lo stesso potrebbe dirsi per una tassa sulle transazioni finanziarie, malgrado il
voto favorevole del Parlamento UE e la bozza di Direttiva pubblicata dalla Com-
missione europea. Parliamo di una tassa di importo estremamente limitato su
ogni compravendita di strumenti finanziari. Per chi compra con un’ottica di
lungo periodo tale imposta minima è trascurabile, e comunque molto inferiore
alle commissioni solitamente pagate. Molto diversa è la situazione per chi opera
con logiche di brevissimo periodo, acquistando e vendendo anche migliaia di
volte in un’ora per guadagnare su minuscole oscillazioni dei prezzi. Migliaia di
volte una tassa molto piccola diventa una tassa sufficiente a scoraggiare tali
tipi di operazioni. Teniamo conto che su molti mercati, il trading ad alta fre-
quenza (high frequency trading), ovvero scambi che avvengono nell'ordine delle
frazioni di secondo, rappresenta più della metà delle transazioni totali.

L'idea è quindi quella di “costruire un meccanismo fiscale efficace che si insinui
nell'operatività dei mercati, rendendo più costose, quindi meno convenienti,
proprio quelle transazioni che fanno male allo sviluppo sociale e ambientale, a
partire da derivati e HFT. Una tassa che in questo modo freni la speculazione,
non tanto per raccogliere gettito da destinare a investimenti green o social,
esito che pure non va disdegnato, ma soprattutto per riorientare l'operatività dei
mercati, dei loro algoritmi e dei robot che li gestiscono”.1

Riguardo i paradisi fiscali, complice anche la crisi delle finanze pubbliche, si
parla finalmente di interventi quali l’obbligo di rendicontazione Paese per Paese
dei dati contabili delle imprese multinazionali (mentre la pubblicazione dei
bilanci in forma aggregata non permette di capire quanto si sfruttino giurisdizio-
ni di comodo per ridurre il carico fiscale o per altri motivi) cosi come di una web
tax, ancora più attuale nei giorni di chiusura dei negozi con enormi affari per i

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colossi del web.2

Ancora a monte, i paradisi fiscali sono nati e fioriscono grazie all'assenza di
controlli sui flussi di capitale, con impatti devastanti in termini di giustizia fisca-
le e sociale, sviluppo del crimine e della corruzione, concorrenza sleale tra
multinazionali che sfruttano scappatoie fiscali e piccole imprese che non pos-
sono farlo e altri ancora. In un momento di estrema difficoltà per le finanze
pubbliche, è inaccettabile che migliaia di miliardi possano sfuggire al fisco senza
alcun controllo.

Di fatto molte di queste tematiche sono direttamente legate alla completa
liberalizzazione dei movimenti di capitale. Ancora, è impossibile anche solo
parlare di una tassazione patrimoniale o anche solo maggiormente progressiva
nel momento in cui chi è in posizione di forza può eludere il fisco. Il problema in
linea generale è quello di una distanza sempre maggiore tra capitali senza fron-
tiere e regole e controlli in massima parte fermi all'idea di Stato-nazione. Dalle
delocalizzazioni alle diseguaglianze alla speculazione sui debiti pubblici, è quasi
impossibile anche solo enumerare gli impatti derivanti dalla completa libertà di
movimento dei capitali.

E' vero che parlare di introdurre dei controlli appare oggi un'utopia. La libera
circolazione dei capitali, solo per fare un esempio, è uno dei capisaldi su cui
sono costruiti i trattati europei. E' però altrettanto vero che nelle ultime setti-
mane si è aperto uno spazio di discussione e di riflessione che ha permesso di
rimettere in discussione anche assunti che sembravano scolpiti nella pietra. La
sospensione del Patto di Stabilità europeo è uno di questi casi.

In conclusione, è utile ripetere che sapremmo quindi come intervenire: le diffi-
coltà nel chiudere il casinò finanziario non sono di natura tecnica quanto nella
volontà politica di attuarle. Ancora di più in un momento come quello attuale,
serve il coraggio e la lungimiranza di approvare queste e altre misure per frena-
re le attività più speculative, che da un lato provocano crisi e instabilità e
dall'altro sottraggono risorse fondamentali per l'economia.

1
 Per informazioni sulla proposta di Tassa sulle transazioni finanziarie e sul mercato dei derivati e del trading ad alta
frequenza vedi: https://sbilanciamoci.info/un-vero-green-new-deal-passa-per-la-finanza
2
    Informazioni sulla web tax: https://www.italiaoggi.it/news/per-l-ocse-la-web-tax-ci-salvera-dalla-crisi-2439790

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8. Promuovere un
  diverso sistema
  finanziario
Se servono quindi delle regole contro un certo tipo di finanza, è altrettanto
importante approvarne altre per promuovere la finanza etica e sostenibile, e
comunque un sistema finanziario in grado di sostenere l'economia. Tutti concor-
dano sul fatto che per ripartire dopo la crisi servirà un intervento finanziario
straordinario. Se alcune misure dovranno essere messe in campo dalle istituzio-
ni pubbliche, è altrettanto se non più importante avere un sistema finanziario
privato che da parte sostanziale del problema diventi finalmente una parte della
soluzione.

Questo significa prima di tutto abbandonare le logiche di brevissimo termine di
una finanza diventata un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi per pensare a
una visione di lungo periodo e soprattutto a uno strumento che si interroga sui
bisogni ambientali, sociali, economici a cui rispondere, e cerca le modalità
migliori per farlo.

In questa direzione, sono diverse le proposte che si potrebbero mettere in
campo, sia su scala europea sia nazionale. Una riguarda ad esempio la revisione
dei requisiti patrimoniali necessari per erogare un credito. Semplificando, per
ogni credito erogato le banche devono tenere da parte una certa percentuale di
capitale proprio. Questa percentuale viene però pesata a seconda della rischio-
sità del credito. Cosi, crediti considerati più rischiosi richiederanno più capitale,
e in ultima analisi saranno meno appetibili per le banche. I relativi soggetti
verranno erogati meno frequentemente dalle banche e a tassi più alti rispetto a
chi richiede un minore assorbimento patrimoniale.

Il rischio oggi dipende da criteri economici e finanziari, ma non ambientali o
sociali. Introdurre una pesatura secondo criteri ambientali (green supporting
factor) o sociali (social supporting factor), rappresenterebbe invece uno straor-
dinario incentivo per indirizzare il credito bancario verso determinati settori e

Le proposte della finanza etica per una ripresa economica sana                       19
disincentivare altri. Pensiamo, per fare un semplice esempio, se si applicasse
una percentuale di assorbimento patrimoniale minore per finanziamenti all’ene-
rgia rinnovabile e all’efficienza energetica, e specularmente maggiori al settore
dei fossili.

Tale rischio segue anche motivazioni concrete: sempre più le fossili portano con
sé un rischio (dai disastri ambientali a quello reputazionale ad altri). Ancora
prima, nella sua esperienza ventennale Banca Etica dimostra che erogare crediti
a settori con impatti ambientali e sociali positivi non è più rischioso, anzi. Il
tasso di sofferenza (ovvero la percentuale di crediti che non vengono restituiti)
di Banca Etica è nettamente inferiore a quello medio del sistema bancario ita-
liano.

Non da ultimo, in un momento di grande difficoltà per le finanze pubbliche, un
tale intervento sarebbe a costo zero per lo Stato. Parliamo infatti di una diversa
allocazione del credito bancario e di uno straordinario incentivo per la riconver-
sione ecologica dell’economia che non prevede interventi del pubblico. Nella
stessa direzione si potrebbe introdurre un “social supporting factor” per soste-
nere progetti con un positivo impatto sociale, come i finanziamenti al terzo
settore che al momento sembra escluso dagli interventi di aiuto e sostegno
previsti dai decreti del governo italiano.

Un altro intervento dovrebbe riguardare il favorire una maggiore biodiversità
bancaria in modo che diversi modelli di istituti di credito possano rispondere a
diverse esigenze del sistema economico, invece dell'approccio a taglia unica
(“one size fits all” nell'espressione inglese) promosso oggi in Europa. Non solo,
ma il modello europeo, nel nome di una competitività diventata obiettivo in sé,
è quello di gruppi di sempre maggiore dimensione (sia perché le banche devono
sostenere le nostre multinazionali nella competizione globale, sia per la concor-
renza tra le stesse banche europee e le loro omologhe di altri Paesi). La pres-
sione alla concentrazione e alla fusione tra istituti – che tra le altre cose porta
a sempre meno gruppi sempre più “too big to fail” e a una sempre maggiore
distanza tra banca e suo territorio di riferimento, andrebbe invertita. Tra le altre
cose, regole “a taglia unica” penalizzano le banche di piccole dimensioni anche
rispetto agli obblighi e oneri regolamentari che sono tenute a rispettare.

Queste sono alcune delle molte proposte che si potrebbero approvare se ci

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fosse la volontà politica di farlo. Se ne potrebbero descrivere diverse altre:
pensare a un utilizzo delle risorse dei fondi pensione per finanziare imprese
italiane con comportamenti virtuosi;1 mettere in campo misure di sostegno del
microcredito e della microfinanza (al momento le iniziative del governo hanno
previsto di innalzare il limite del microcredito imprenditoriale fino a 40.000 euro
ma non hanno preso in considerazione misure – come fondi di garanzia o altro –
per il microcredito socio-assistenziale).2 Ancora, in una recente manovra finan-
ziaria l'Italia ha riconosciuto e definito gli istituti di finanza etica e sostenibile,
inserendo le disposizioni nell'Art.111 bis del Testo Unico Bancario. Servono
adesso i decreti e apposite misure per promuovere tale modello di banca.

1
 Per una descrizione di questa proposta:
https://www.bancaetica.it/comunicato-stampa/ricetta-della-finanza-etica-per-trasformare-previdenza-integrativa-u
n-motore-per
2
 Su microcredito e microfinanza, vedi le proposte avanzate dalle principali reti europee del settore:
https://www.european-microfinance.org/sites/default/files/2020-04/EMN-MFC%20letter%20to%20EIF%20on%20rec
ommended%20improvements%20to%20EaSI.pdf

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Conclusioni
E' quasi impossibile immaginare oggi su quali binari potremo ripartire. Da un
lato, come accennato, l'emergenza attuale rimette in discussione molti assunti
ormai dati per certi: dai vincoli europei su debito e deficit al ruolo degli investi-
menti nella sanità pubblica a molti altri. Dall'altro viviamo appunto in uno stato
di emergenza assoluta, il che significa che la stessa difficoltà del momento
potrebbe giustificarne sia l'eccezionalità sia un ritorno agli standard consolidati
non appena possibile.

Per questo servirebbe un cambio di rotta che vada ben al di là dell'attuale
emergenza. Gli assunti di finanza pubblica – nazionali ed europei – possono
essere rimessi in discussione alla radice. Analogamente la finanza etica e
sostenibile è un'alternativa a quella tradizionale, una finanza che si pone come
mezzo al servizio della società e non come fine per fare soldi dai soldi.

Se vogliamo cogliere un segnale di speranza nella drammatica situazione attua-
le, è proprio nel mostrarci che percorsi diversi sarebbero possibili e praticabili. A
tutti noi il compito di renderli reali. Se davvero nulla sarà più come prima, fac-
ciamo si che il nuovo vada nella direzione che tutti stiamo auspicando.

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www.bancaetica.it
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