Le dieci priorità di Confindustria per un'Europa della Crescita
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Elezioni Europee 2014 Le dieci priorità di Confindustria per un’Europa della Crescita Franco Zanardi 12 / 02 / 2014 Vicepresidente Confindustria Verona, Relazioni Industriali e Affari Sociali Vicepresidente Assofond, Federazione Nazionale delle Fonderie Italiane, Affari Economici Contributo alla Road Map Programmatica Padova 10/02/2014 Sheraton Hotel Il mio intervento ha proposto ai Parlamentari Europei presenti, al Presidente Giorgio Squinzi, ai Colleghi Imprenditori, due parole chiave: NOTAF e MADE IN SAFE. NOTAF Notaf è acronimo di NO Taxation on Abundant Factors. Esso si riferisce particolarmente al fattore lavoro, ma potrebbe essere applicato allo stesso modo anche agli oneri gravanti sull’energia, sia di tipo parafiscale che derivanti dalle rendite di posizione. La Commissione 5 del CAEF (Comitato delle Associazioni Europee di Fonderia) sorveglia il costo del lavoro nel settore delle fonderie europee (Austria, Belgio, Svizzera, Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Ungheria, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Svezia, Polonia, Lituania). Fatto pari a 100 l’indice del costo dell’ora lavorata totale medio ponderato di tutti i Paesi rispettivamente negli anni 2004 e 2009, la situazione competitiva si presenta come indicato nella presente tabella:
Questo è quanto appare dall’analisi del lavoro della Commissione 5 del CAEF. Le ultime due colonne rappresentano rispettivamente il peso dei soli contributi sul totale del costo del lavoro e quello dei contributi più tasse a carico del Lavoratore. Ho adottato una aliquota fiscale pari al 19% uniforme per tutti i Paesi. La raccolta e la riclassificazione di questo tipo di dati è difficile e suscettibile di incertezza, le informazioni sono diffuse con notevole ritardo, possono quindi essere quantitativamente imprecise. La mia proposta si basa sulle seguenti considerazioni: a) Tra i vari Paesi europei esiste un ampio differenziale nel costo totale dell’ora lavorata, le moderne tecnologie sono disponibili ovunque, tutti i Paesi europei sono caratterizzati da una comune cultura verso il lavoro. Pertanto, i Paesi a più alto costo del lavoro non possiedono vantaggi in termini di produttività verso i Paesi a più basso costo del lavoro. Può essere vero il contrario: i Paesi più poveri offrono flessibilità che diminuiscono ulteriormente il CLUP. b) È obiettivo dell’EU28 mantenere un tasso di disoccupazione uniforme in tutta l’area e contemporaneamente ridurlo migliorando la competitività complessiva verso il resto del mondo. c) In assenza di politiche di riequilibrio, sarà inarrestabile il flusso di capitali e di iniziative imprenditoriali da Paesi politicamente deboli ad alto costo del lavoro verso altri Paesi europei politicamente forti e/o a basso costo del lavoro. d) La artificiosa complessità e la rigidità delle regole per l’utilizzo del lavoro esistenti in alcuni Paesi politicamente deboli ad alto costo del lavoro favoriscono il recupero di competitività relativa operato da Paesi politicamente forti ad alto costo del lavoro che stanno operando, allo stesso tempo, un riequilibrio del costo del lavoro ed una integrazione produttiva con i Paesi a basso costo del lavoro (vedasi nella tabella il confronto 2009 vs 2004). e) La crescente disoccupazione nei Paesi politicamente deboli ad alto costo del lavoro potrebbe alimentare il consenso verso gli euroscettici e mettere in serio pericolo tutto il progetto europeo.
Un’Europa dei Popoli Divisi sarebbe complessivamente perdente nella competizione intercontinentale. f) I Sistemi Produttivi Strutturati (termine che desidera definire l’economia legale capace di competere nei mercati internazionali creando buona occupazione) dei Paesi politicamente deboli ad alto costo del lavoro devono essere immediatamente protetti da un cordone sanitario che li isoli dalla complessità e dai tempi di evoluzione dei corrispondenti sistemi politici. Questa protezione deve derivare da una direttiva di armonizzazione europea e le ragioni di questa necessità devono essere chiaramente spiegate e comprese dalla pubblica opinione, per essere supportate dal necessario consenso. Chiedo scusa al lettore per questo elenco di note ovvietà, tuttavia necessarie per giustificare la proposta seguente. La poposta NOTAF Immaginiamo una direttiva che imponga di contabilizzare l’attuale figura contabile detta “costo del lavoro” nelle due seguenti: - ENW (Employees Net Wages, retribuzioni nette del lavoro dipendente, contenente tutte le retribuzioni nette mensili, annuali come, ad esempio, il PDR o differite come, ad esempio, il TFR, con esclusione delle ritenute fiscali alla fonte del sostituto d’imposta): questa voce rappresenta il reddito spendibile, la fonte dei consumi. - PFT (Production Factors Taxation, tassazione dei fattori della produzione, contenente la differenza tra l’attuale totale costo del lavoro ed ENW). In Italiano si direbbe IFAP, imposta sui fattori delle attività produttive, figlia dell’IRAP, ma non ipocrita come la madre, bensì sincera e trasparente nel manifestare la sua vera natura di imposta sul valore aggiunto e non sul reddito). L’ENW sarebbe contabilizzato tra i costi del prodotto, al riclassificato B8, mentre PFT sarebbe contabilizzato al riclassificato 22 dove sta oggi l’IRAP. Fino a questo punto nulla cambierebbe, eccezion fatta per il nome del creditore: Erario, al posto di INPS o INAIL. Se disponessimo delle figure contabili ENW e PFT chiaramente distinte sarebbe facile spiegare che ENW è sempre buono, che crea benessere, alimenta i consumi, che deve essere il più elevato possibile, compatibilmente con la produttività, l’offerta competitiva di altri Paesi, la remunerazione del capitale investito che, in misura sempre più ampia nelle società moderne, è costituito dal risparmio dei Lavoratori e delle Famiglie. Potremmo anche spiegare che PFT può contenere dei pezzi buoni e dei pezzi cattivi: i buoni sono quelli associati ai servizi efficienti forniti dalla PA, alla efficiente gestione del risparmio pensionistico ed al suo investimento nel capitale delle imprese, i cattivi sono quelli necessari per compensare lo spreco, la corruzione, i furti. Se il PFT fosse contabilizzato al riclassificato 22, tutti questi giudizi sarebbero isolati nel rapporto elettore - eletto, proteggendo l’Impresa dal coinvolgimento nel conflitto. Alle Imprese dovrebbe solo interessare l’aliquota PFT / ENW che sarebbero chiamate a pagare in ciascun Paese. E, fino a qui, nulla cambierebbe se non l’opportunità di poter spiegare in modo più chiaro i concetti economici ai cittadini elettori. Ora, la direttiva dovrebbe definire le aliquote PFT / ENW applicabili in ciascun Paese, in un determinato arco temporale, eventualmente differenziandole anche per settore merceologico.
L’obiettivo dichiarato e negoziale dell’armonizzazione delle politiche economiche e fiscali dovrebbe essere quello del raggiungimento di un tasso e di una qualità dell’occupazione uniforme in tutti i Paesi e complessivamente competitiva verso il resto del mondo. Come si vede dalla tabella, l’ampiezza del riequilibrio competitivo tra i vari Paesi potrebbe arrivare, con riferimento al caso italiano, fino alla metà del costo del lavoro: se, al limite, si applicasse un rapporto PFT / ENW = 0 all’Italia, fermi gli altri Paesi, il costo del lavoro italiano supererebbe di poco quello dell’Ungheria. La direttiva dovrebbe imporre le aliquote come condizione necessaria per lo sviluppo e per la coesione nell’area, indicando ai Paesi membri di reperire il gettito eventualmente mancante attraverso un ampliamento del gettito IVA ed imposte patrimoniali. La pressione sul Governo italiano di operare in tal senso è da tempo esercitata con forza da Confindustria, con l’ipotesi di scambio cuneo fiscale - imposte indirette come ne “Il progetto CONFINDUSTRIA per l’ITALIA : crescere si può, si deve”, dove si afferma che “ Occorre..tagliare dell’8% il costo del lavoro nel manifatturiero e cancellare per tutti i settori l’IRAP che grava sull’occupazione, .... armonizzando gli oneri sociali, .... armonizzando le aliquote ridotte IVA..”. Questo principio è ribadito autorevolmente anche dal FMI. L’incontro di Padova con il nostro Presidente è l’occasione per riaffermare la tesi, chiedendo ai Candidati di portarla in Europa affinché essa ci sia imposta. Il mio intervento nulla aggiunge a quanto è noto si debba urgentemente fare, cerca solo di offrire qualche elemento aggiuntivo di comunicazione e di convincimento sociale ai Candidati alle prossime elezioni europee. A loro chiedo di non essere sfumati, occorre scegliere. Una riduzione del cuneo fiscale compensata da un aumento delle aliquote IVA certamente non piacerebbe ai Commercianti di beni di consumo importati. Ma non si può avere tutto: preferiamo sostenere l’occupazione dei Lavoratori nel manifatturiero oppure preferiamo aumentare gli addetti al commercio di beni di consumo importati, offerti ad una massa crescente di disoccupati ? È necessario che i Candidati siano capaci di con-vincere: lo scambio cuneo - IVA ridurrebbe i costi (e quindi in ambiente competitivo i prezzi) alla produzione. Per questo aumenterebbe la nostra competitività all’export. L’aumento delle aliquote IVA avrebbe l’effetto compensativo di mantenere inalterati i prezzi al consumo dei beni prodotti nel Paese in costanza di reddito spendibile, mentre penalizzerebbe i prezzi dei beni di consumo importati. Il miglioramento del tasso di occupazione nel manifatturiero e quindi del reddito complessivo avrebbe in breve tempo positivi effetti anche sul settore del commercio di beni di consumo importati, settore in una prima fase penalizzato. Collegamenti La “svalutazione fiscale competitiva” originata dal principio NOTAF e quindi dallo scambio cuneo fiscale & parafiscalità sulle energie - IVA sembra collegabile alle seguenti “priorità”: - 2 “Partire dall’Industria per rilanciare l’Unione Europea”. - 3 “Politiche energetiche, climatiche e ambientali”: “... attente valutazioni dei costi complessivi... iniziative unilaterali..” - 9 “La politica commerciale a sostegno del tessuto industriale europeo” : “..promuovere il solido e diversificato tessuto industriale.” - 10 “Un nuovo modello sociale europeo” : “...welfare equo, attivo e sostenibile.”
MADE IN SAFE La priorità 7 “Rafforzare il Mercato unico per competere a livello globale” invoca “l’introduzione dell’obbligatorietà dell’indicazione di origine (Made in) sui prodotti di consumo.” La mia proposta consiste nell’estensione di questo requisito alla componentistica delle macchine e nel cambiare il concetto di “Country” di origine del prodotto. Ad esempio, potrebbe essere riconosciuto il diritto del consumatore di conoscere il nome del costruttore dei freni della propria auto, identificando anche la fonderia che ha prodotto i getti con i quali i freni sono stati fabbricati. Spetterà al costruttore dei freni ed alla fonderia difendere e diffondere la propria positiva reputazione, non solo per quanto riguarda l’affidabilità dei prodotti, ma anche per le regole con le quali gestisce i rapporti con i propri Lavoratori, le questioni della Sicurezza e dell’Ambiente, l’Etica Fiscale, ecc. con l’obiettivo di essere preferiti dai consumatori e quindi anche dai costruttori di automobili. In questo modo si darebbe origine ad una “Virtual Country” detta “Safe” nella quale potrebbero prevalere le Imprese collocate in Paesi ad alto costo del lavoro. Inoltre, si originerebbe una competizione verso l’alto, vantaggiosa per la qualità dei prodotti offerti ai consumatori ed acceleratrice del livellamento del costo dei fattori tra i diversi Paesi.
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