Le crepe di Ordolandia - di Alessandro Aresu - Over-blog-kiwi

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Le crepe di Ordolandia
               di Alessandro Aresu

                     Caoslandia è una carta di Limes, pubblicata a inizio 2016.

Credits: http://www.limesonline.com/wp-content/uploads/2016/02/1-Caoslandia-
Sullorlo-del-mondo.jpg

La rappresentazione artistica, realizzata da Laura Canali, raffigura il cuore pulsante dei
conflitti (nell’ordine delle decine), del terrorismo e della dissoluzione istituzionale.
L’Italia, parte dell’altro mondo, Ordolandia, si ritrova appena sopra la frontiera del caos,
quindi è uno dei paesi più esposti.1 Viviamo nell’ordine, ma stiamo sull’abisso del caos.
1
    L. Caracciolo, “L’Italia alla frontiera di Caoslandia”, La Repubblica, 2/3/2016, disponibile all’indirizzo
      http://www.limesonline.com/rubrica/litalia-alla-frontiera-di-caoslandia
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Nel numero di Limes di fine 2016, Lucio Caracciolo ha scritto che all’invenzione del
nome Ordolandia si può imputare “un accesso di ottimismo”. È una grande verità, perché
il tema del nostro tempo sono le crepe di Ordolandia, le faglie di conflitti e dissoluzione
che attraversano il mondo che consideriamo sicuro, la cui sicurezza non è scontata.
Questo cambiamento impone un risveglio: l’ordine potrà continuare a esistere solo se
avremo vera consapevolezza della sua precarietà. Peraltro noi italiani, sospesi tra
Ordolandia e Caoslandia, crediamo nell’ordine e vogliamo vivere nell’ordine: le forze
dell’ordine, infatti, registrano ancora una fiducia straordinaria. Stando ai dati del rapporto
Demos, gli italiani hanno fiducia nel Papa, nelle forze dell’ordine e nella scuola2. Tutto il
resto è avvolto dalla sfiducia.
Una delle grandi crepe di Ordolandia è la divisione. Re Lear di William Shakespeare è,
tra l’altro, un’opera sulla divisione di un Occidente ancestrale. Fin dall’inizio gli alti
dignitari della corte riconoscono il gesto del sovrano da cui parte tutto: la divisione del
regno. C’è divisione tra i padri e i figli, tra i figli cosiddetti “legittimi” e gli altri. C’è
divisione tra gli eredi, che può diventare una guerra di cui approfittano le potenze
straniere. E c’è una divisione che il sovrano, una volta perso il suo potere, può guardare
in faccia: tra chi ha sopra di sé un tetto per proteggerlo e chi non ha nulla e deve subire
gli schiaffi della tempesta. La divisione è una tragedia. Non si ricompone e alla fine
restano solo pochi uomini feriti, che devono rammendare loro malgrado lo Stato, senza
pensare nemmeno di essere in grado di farlo. L’immagine iniziale della divisione era
quella di una mappa ben curata, che riproduceva alla perfezione i confini del regno, le
risorse, le ricchezze. Ora quei confini hanno cambiato colore, sono diventati crepe
profonde. Come se la mappa grondasse sangue. Gli eredi rimasti sul palco sono quelli a
cui tocca governare, alla fine, ma sono eredi delle macerie.
In una recente intervista3, lo scrittore Emmanuel Carrère ha ripreso il suo reportage su
Calais, e sul modo con cui gli abitanti di quella città hanno reagito alla presenza dei
migranti. Racconta che non esiste una reazione univoca, ma c’è invece una profonda
spaccatura tra il mondo l’accoglienza e il mondo del rifiuto. I due mondi non si parlano e
non prendono nemmeno in considerazione di giungere a una posizione comune. Carrère
commenta: “Questa divisione totale della società è secondo me un problema crescente di
oggi. Tra poche settimane uscirà in Francia un mio reportage sulla Turchia: anche a
Istanbul ho ritrovato la medesima feroce spaccatura. La stessa che divide i repubblicani
e i democratici in Usa. Siamo talmente divisi, il dialogo tra chi non la pensa allo stesso

2
    Rapporto Gli italiani e lo Stato 2016, Demos, disponibile all’indirizzo http://www.demos.it/rapporto.php .
     Solo Papa Jorge Mario Bergoglio, le forze dell’ordine e la scuola hanno infatti, secondo la rilevazione,
     “molta o moltissima” fiducia nel campione interpellato, al netto delle non risposte.
3
    F. Chiamulera, “Carrère: ‘Siamo sempre più divisi ormai viviamo in pianeti diversi’”, Corriere del
      Veneto, 20/12/2016, disponibile all’indirizzo
      http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cultura_e_tempolibero/2016/20-dicembre-2016/a-
      carrere-campanile-bronzo--2401143507464.shtml .
modo è diventato praticamente impossibile, sembra che le persone vivano in pianeti
diversi. Lo trovo spaventoso”.
La divisione per la comunità politica ha alcuni tratti fisiologici. Per esempio, il compito
di un partito è essere parte, non tutto. Ma in molti paesi occidentali assistiamo a un
fenomeno di ben altra gradazione. Le persone non sono iscritte a partiti diversi, non fanno
esperienze di vita diverse. No: gli uomini dello stesso Stato abitano in pianeti diversi. Tra
loro c’è un abisso. Sono totalmente estranei. Non sanno nulla delle reciproche abitudini,
idee, esperienze, passioni. Possono solo ignorarsi o insultarsi a vicenda. Uno dei libri più
intelligenti sulla società americana degli ultimi anni, Coming Apart, pubblicato da
Charles Murray nel 2012, coglieva questo punto analizzando le divisioni dell’America
bianca: le persone che abitano nelle zone più ricche (i SuperZIP, che potremmo tradurre
in SuperCAP) vivono una esistenza totalmente differente, dall’istruzione, al cibo, alla
salute, al matrimonio, alla sicurezza e così via, rispetto a chi sta nelle fasce basse.
Ora, non dobbiamo raccontarci bugie nostalgiche e sostenere che le divisioni siano
un’invenzione recente. Ma oggi queste fratture sono la Caoslandia che è dentro di noi: le
entità politiche abitate da persone che si sentono reciprocamente estranee non possono
funzionare, non possono tenere. A house divided cannot stand. Le conseguenze politiche
e sociali di questa reciproca ignoranza, e delle “bolle” in cui viviamo gli uni rispetto agli
altri (che nella rete sono echo chambers, come ha spiegato Cass Sunstein), saranno
sempre più evidenti. Potrebbero portare a soluzioni di maniera, in cui le classi dirigenti
decidono per convenienza di aggirarsi nei luoghi dimenticati e negli spazi dimenticati
come “turisti”, con la cultura della compassione di cui parlava Christopher Lasch. Così è
troppo facile. Le nostre vite sono veramente più povere se ci insultiamo a vicenda, se le
diverse generazioni non hanno luoghi in cui imparare reciprocamente perché il passato va
cancellato, se quello che succede al Sud non riguarda profondamente, non appassiona
davvero le vite di chi comanda a Milano, così come coinvolgeva e agitava l’esistenza e la
passione politica dei giganti della nostra storia nati a Morbegno. O ci crediamo
veramente, o ci limitiamo a recitare e tanto vale certificare la separazione dei pianeti in
cui viviamo e provare a tirare a campare.
Quindi, un “Erasmus nel territorio” non potrà bastare a sanare le crepe di Ordolandia:
negli spazi della politica occorre una consapevolezza vera del dramma della povertà,
dell’esclusione, dello spopolamento di ampie zone dell’Italia, dello sfilacciamento della
comunità. Occorre un’etica della verità sugli strumenti possibili per affrontare la
divisione, in modo creativo. E servono anche gli stessi spazi della politica. Dopo un breve
periodo in cui l’indebolimento dei partiti e la disintermediazione sono stati salutati come
un processo innovativo e inevitabile, sarà sempre più evidente che la democrazia senza
partiti è un’illusione pericolosa, essa stessa una crepa di Ordolandia4, e che senza spirito
4
    È un punto che Jan-Werner Mueller, che di recente ha pubblicato un’importante analisi sul populismo
      (What is populism?, University of Pennsylvania Press, 2016), sottolineava con forza nella nostra
      conversazione su Limes nel 2014, disponibile all’indirizzo http://www.limesonline.com/leuropa-non-
      ha-strumenti-per-affrontare-le-minacce-alla-democrazia/58365
di comunità le nostre politiche pubbliche rischiano di essere povere, cieche, inutili. La
reciproca indifferenza è il peso morto della nostra storia.
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