Le competenze chiave di cittadinanza e il ruolo della scuola: riflessioni per l'anno europeo della cittadinanza

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Le competenze chiave di cittadinanza e il ruolo della scuola: riflessioni per l’anno
europeo della cittadinanza
Annamaria Ajello (Università di Roma - La Sapienza)

L’educazione delle competenze di cittadinanza è diventata un tema sempre più impellente in
Europa per diverse ragioni, che vanno dalle riforme dei curricoli avvenute in molti paesi dell’UE e
alla necessaria valutazione dei loro esiti, alle vicende sociali ed economiche che mostrano crescenti
tensioni con fenomeni di razzismo, di marginalizzazione di gruppi (es. immigrati e zingari) e di
esclusione sociale. Il 2013 sarà l’anno europeo della cittadinanza. Per questo ci sembra utile
pubblicare la sintesi – curata da Arduino Salatin - di un intervento tenuto dalla prof. Annamaria
Ajello a Trento a metà novembre 2012, in cui l’argomento è stato affrontato in modo comparato,
anche in relazione alle nuove indicazioni nazionali per il primo e secondo ciclo.

    1. Il quadro europeo di riferimento: Competenze chiave, life skills, competenze di cittadinanza

L’educazione alla cittadinanza appare oggi strategicamente molto importante in chiave europea, se si vuole
sostenere la coesione sociale e valorizzare la diversità sociale e culturale.
La dimensione più progressivamente sottolineata nei documenti europei è quella di un’educazione alla
cittadinanza attiva, riscontrabile in termini di partecipazione e di coinvolgimento, vale a dire un imparare
facendo (learning by doing), che si riconduce alle abilità di intervento e di realizzazione di esperienze nella
pratica, tipico di un approccio per competenze. Questo mutamento di prospettiva, dall’acquisizione di
conoscenze e abilità alle competenze, che ha riguardato anche apprendimenti di altre discipline, rivela con
riferimento alle competenze di cittadinanza attiva una particolare complessità perchè ha che fare, oltre che
con specifiche conoscenze, anche con dimensioni relative ad atteggiamenti e valori e con modi concreti di
prendere parte alla vita associata e nelle organizzazioni.
Nella prospettiva europea questa complessità appare una sorta di sfida per politici e professionisti
dell’educazione perché chiama in gioco questioni attinenti alle istituzioni nazionali, alla storia dei diversi
Paesi, alle tradizioni culturali, alle differenze regionali, aspetti tutti che si oppongono potenzialmente ad un
approccio più generale e complessivo che l’educazione alla cittadinanza europea attiva intende perseguire.
Nei documenti europei che si riferiscono alla promozione di competenze di cittadinanza è frequente
imbattersi in locuzioni usate come sinonimi o con significati considerati equivalenti: è il caso delle
competenze chiave e delle life skills.
     a) Le competenze chiave (o anche competenze di base) sono state oggetto di interesse in diversi
         progetti internazionali promossi dall’OCSE e dalla Commissione Europea (Losito 2007) e
         rappresentano un filo rosso nell’ambito delle iniziative di questo tipo come focalizzazione delle
         questioni relative all’educazione alla cittadinanza democratica in una prospettiva di life long
         learning. Ciò vuol dire che si considerano le competenze chiave come acquisizioni che si possono
         articolare nel corso di vita, anche se è preferibile nella prospettiva europea che siano acquisite
         nell’età scolastica, ma soprattutto che la fonte di acquisizione non sia ristretta alla scuola, perché
         tale acquisizione può avvenire anche in contesti esterni, nella vita quotidiana, nelle attività ludiche,
         nel tempo libero, nel lavoro. Collegata alle competenze chiave perciò è la distinzione tra
         apprendimento formale, non formale e informale in cui vengono articolate le diverse modalità di
         acquisizione, dove con il primo si intende l’apprendimento in sedi accademiche e/o istituzionali,
         con il secondo si intende l’apprendimento che avviene in attività scelte liberamente (es corsi di
         chitarra, di danza o altro) e con il terzo si allude all’apprendimento che, come eterni apprendisti, gli
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esseri umani traggono continuamente dal loro ambiente. Le competenze chiave sono state più
   precisamente approfondite nel progetto De SeCo (Definition and Selection of Competencies:
   Theoretical and Conceptual Foundations) che è stato avviato dall’OCSE alla fine del 1997 come
   parte del programma INES (International Indicators of Education Systems). In estrema sintesi le
   competenze chiave identificate si riconducono a tre categorie: 1) agire in modo autonomo; 2)
   servirsi di strumenti in maniera interattiva; 3) funzionare in gruppi socialmente eterogenei. Come si
   vede, le competenze chiave hanno origine dall’interesse a riconoscere le competenze che servono
   nella vita quotidiana per tutti i cittadini europei e al tempo stesso possono costituire i criteri per
   misurare l’efficacia dei diversi sistemi educativi rispetto alla trasmissione di tali competenze.
b) Diversa invece è l’origine delle life skills perché sono il risultato del mutamento di strategia da
   parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che in seguito al fallimento delle politiche sino ad
   allora realizzate di fronteggiamento dei fenomeni di uso di droga e di sostanze simili, di alcool e
   tabacco, alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo, orienta i suoi interventi sul piano della
   prevenzione e rivolge perciò il suo interesse a programmi di istruzione e formazione nelle scuole di
   tutti i livelli (dall’infanzia all’università). La prospettiva è quella perciò di attrezzare ciascun ragazzo
   o ragazza di quei saperi, abilità e competenze che li rendano capaci di fronteggiare le vicissitudini
   della vita in modo autonomo e responsabile. Nel 1993 L’OMS pubblica il Documento “life skills
   education in schools” (Cattaneo, 2006) in cui si elencano le abilità di cui l’individuo deve essere in
   possesso per relazionarsi positivamente con sé stesso e con gli altri; in tal senso muta il concetto di
   salute, non più come assenza di malattia, ma come stato di benessere psicofisico-e relazionale. Le
   life skills identificate sono dieci e sono quanto di più eterogeneo si possa immaginarsi: 1) capacità
   di prendere decisioni; 2) capacità di risolvere problemi;3) pensiero creativo; 4) pensiero critico; 5)
   comunicazione efficace; 6) capacità di relazioni interpersonali; 7) autoconsapevolezza; 8) empatia;
   9) gestione delle emozioni; 10) gestione dello stress. Queste life skills sono state successivamente
   recepite in documenti europei con adattamenti e selezioni sui quali non mi trattengo; mi interessa
   qui sottolineare che anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una identificazione che prescinde
   dalla trasmissione ordinaria che avviene a scuola, soprattutto con riferimento a specifiche aree del
   sapere, pur essendo possibile individuare delle connessioni con gli insegnamenti scolastici
   nell’identificare obbiettivi educativi di sicuro interesse (es la promozione di un pensiero critico, o
   delle abilità di relazionarsi positivamente con altri).
c) Venendo alle competenze di cittadinanza, si noterà subito che le competenze chiave costituiscono
   il loro presupposto nel senso che l’agire in modo autonomo, l’interazione all’interno di gruppi
   eterogenei e l’uso interattivo di strumenti sono indubbiamente alla base di una cittadinanza attiva.
   Le competenze di cittadinanza tuttavia, vanno riconosciute per la loro origine ancora diversa,
   perché si connette all’ispirazione politica della Comunità Europea che vede nell’educazione alla
   cittadinanza democratica (Dichiarazione di Cracovia, 2000) lo strumento fondamentale per
   “promuovere l’equità la coesione sociale e la cittadinanza attiva attraverso l’educazione scolastica”
   (Vassiliou,2012 p.3). A Novembre del 2012 a Strasburgo si è svolta una conferenza organizzata
   insieme dalla Commissione Europea e dal Consiglio di Europa per valutare l’impatto che la Carta
   sull’educazione alla cittadinanza democratica e l’educazione ai diritti umani adottata da tutti gli
   Stati europei nel maggio del 2010, ha avuto effettivamente . Questa conferenza indica la rilevanza
   che si attribuisce all’ impegno per la formazione di una cittadinanza europea e l’incremento di un
   senso di appartenenza, ma si fonda anche su una ridefinizione del concetto di competenze di
   cittadinanza che va al di là del mero rapporto tra Stato e cittadini, proprio perché si sottolinea una
   dimensione di coinvolgimento attivo. Più specificamente si tratta di “una conoscenza dei concetti
   democratici di base che includono la comprensione della società e dei movimenti sociali e politici;
   del processo di integrazione europea e delle strutture europee; dei principali sviluppi sociali nel
   passato e nel presente. La competenza civica richiede inoltre, abilità quali il pensiero critico, le
   abilità di comunicazione, l’abilità e la volontà di partecipare in modo costruttivo all’ambito
   pubblico, incluso il processo di presa di decisione attraverso il voto. Infine un senso di appartenenza
   alla società a vari livelli, un rispetto per i valori democratici, e la diversità, il supporto per uno

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sviluppo sostenibile sono anche indicate come componenti integrali delle competenze civiche”
        (Eurydice, 2012 p.8).

    2. Le competenze di cittadinanza nel curricolo

Per quanto riguarda la collocazione nel curricolo delle competenze di cittadinanza nei diversi Paesi europei,
vi sono principalmente tre diversi approcci; il primo si riferisce alle competenze di cittadinanza insegnate
come uno specifico ambito separato dagli altri; il secondo in cui tali competenze sono integrate ad una o
più aree disciplinari del curricolo; il terzo infine, assegna a tali competenze una caratteristica trasversale
alle diverse discipline per cui ciascuna di esse contribuisce a perseguire il loro raggiungimento. Si deve
aggiungere poi che sono presenti anche situazioni in cui si integrano tali approcci e altre in cui l’indicazione
di tali competenze è presente negli obbiettivi generali del sistema scolastico senza ulteriori specificazione
nei curricoli. In generale, quando tali competenze sono presenti come settore specifico nel curricolo, ciò
avviene nei livelli scolastici secondari più che in quelli primari; per quanto riguarda gli anni insegnamento si
rileva una notevole variazione che va dai dodici in Francia a un’ora soltanto in Lituania.
Le aree comprese sotto l’etichetta competenze di cittadinanza sono quattro: 1. literacy politica; 2.pensiero
critico e abilità analitiche; 3. atteggiamenti e valori; 4.partecipazione attiva.
La progressiva maggiore autonomia delle scuole che si è incrementata negli ultimi anni in Europa fa sì che
malgrado la convergenza su tali temi, la loro realizzazione vari notevolmente tra scuola e scuola e tra i
singoli Paesi. Per quanto riguarda inoltre, gli obbiettivi che si assegnano a tali competenze il più diffuso
risulta “lo sviluppo di valori atteggiamenti e comportamenti” (Eurydice 2012, p.38)mentre il meno indicato
è quello della “attiva partecipazione e coinvolgimento degli studenti a livello di scuola e di comunità”
(ibidem ) che è comunque indicato per gli studenti del livello secondario. A livello primario invece, si
sottolineano temi come “il sistema socio-politico nazionale”, “ i valori democratici” “la tolleranza e la non
discriminazione” mentre in quasi tutti i Paesi europei si indica che a questo livello gli alunni devono
acquisire abilità civiche, sociali e di comunicazione anche in prospettiva interculturale, affinché divengano
pienamente cittadini responsabili.
È interessante inoltre riferire, sia pure sinteticamente, uno degli esiti di una ricerca condotta nel 2009
dall’ICCS (International Civic and Citizenship Education Study) (cfr IEA ,2010) relativa alla percezione degli
insegnanti di 23 Paesi europei di classi con studenti di 14 anni, per quanto riguarda i tre obbiettivi per loro
più importanti- in una lista di dieci - rispetto alle competenze di cittadinanza.
Il 62% degli insegnanti ritiene l’obbiettivo più importante “promuovere la conoscenza dei diritti e delle
responsabilità dei cittadini” (ibidem p.34), così come “la promozione di un pensiero critico e indipendente”
(57%); all’opposto della scala c’è “la preparazione degli studenti all’impegno politico” (4,4%); due obbiettivi
raggiungono lo stesso punteggio (36%) nella segnalazione degli insegnanti e sono “la promozione del
rispetto e salvaguardia dell’ambiente” e lo sviluppo negli studenti di abilità di risoluzione dei conflitti”; una
percentuale ancora un po’ più bassa (31%) ritiene un obbiettivo significativo “la conoscenza delle istituzioni
sociali e politiche”. Da notare infine, che supportare “lo sviluppo di strategie efficaci per combattere
razzismo e xenofobia” è l’obbiettivo che viene indicato di meno (16%).

    3. Le opportunità per studenti e genitori di prendere parte alla governance della scuola

In tutti i Paesi europei, mediante regolamenti e direttive, è riconosciuta l’importanza di rendere gli studenti
partecipi della gestione della scuola; le forme di questo coinvolgimento sono diverse perché variano molto
da Paese a Paese, ma si fondano tutte sulla consapevolezza che gli studenti devono avere voce nella
governance della scuola. Ciò si traduce in elezioni per la rappresentanza di classe o per il consiglio degli
studenti o negli organismi di governo della scuola, con livelli di partecipazione più alti della media europea,
anche se a questo alto coinvolgimento (74%: cfr. ICCS 2009) per le elezioni non corrisponde un’attiva
partecipazione successiva (36% :cfr ICCS 2009); la possibilità di partecipazione inoltre, si incrementa con il
crescere dell’età degli studenti. L’elezione nel consiglio degli studenti appare in assoluto la forma più
diffusa nei sistemi scolastici europei, ma è interessante rilevare che è anche quella in cui agli studenti non è

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attribuito alcun potere decisionale. Le rappresentanza di classe invece, non sono altrettanto diffuse, perché
si lascia all’interazione informale tra insegnanti, studenti e genitori la regolazione delle questioni che li
riguardano, mentre in alcuni casi (come Inghilterra, Galles e Irlanda del nord) tale elezione serve solo per
invio dei rappresentanti nel consiglio degli studenti. In generale il ruolo degli studenti nelle diverse
rappresentanze appare un ruolo consultivo, nel senso che i rappresentanti di classe, del consiglio degli
studenti e negli organismi di governo della scuola sono informati delle questioni che possono riguardarli
(materiali educativi, software, libri di testo, attività didattiche extra-curricolari) e nello stesso tempo
possono essere la voce di tutti gli altri studenti, ma non prendono parte a nessuna decisione; per gli
studenti più grandi dei livelli secondari si possono intravedere forme di partecipazione più incisiva negli
organismi di governance. Un caso interessante a tal proposito è quello della Spagna dove a partire dai 14-
15 anni gli studenti prendono parte a processi importanti quali la selezione per l’ammissione degli studenti
e di valutazione della scuola, oltre alla selezione del dirigente della scuola.
Benché non ci siano evidenze che esplicitino connessioni tra regolamentazioni e livelli di partecipazione, c’è
comunque nei sistemi scolastici europei la tendenza a promuovere e sostenere il ruolo degli studenti nella
governance della scuola. In generale tali iniziative, benché diverse tra loro, sono tutte volte a rendere
consapevoli gli studenti dell’importanza della cooperazione efficace con genitori ed insegnanti; nello stesso
tempo, vi sono specifiche azioni rivolte a insegnanti, genitori e dirigenti scolastici che mirano ad aiutarli a
riconoscere il valore della partecipazione studentesca e a costruire modalità pratiche per realizzarla al
meglio; la realizzazione poi, di incontri tra studenti di scuole diverse per lo scambio di queste esperienze
positive che assumono il ruolo di buone pratiche rientra proprio nella prospettiva di diffondere i modi più
efficaci di praticare la partecipazione attiva degli studenti e quindi le loro competenze di cittadinanza.
Analogamente anche per i genitori c’è in generale il riconoscimento dell’importanza del loro ruolo nel
governo della scuola come elemento di democrazia all’interno di una comunità; sono infatti diffuse in
Europa regolamentazioni che consentono tale partecipazione e nello stesso tempo che prevedono azioni di
supporto alla cooperazione tra scuola e mondo esterno realizzate da organismi di volontariato.
I livelli di partecipazione possono essere di tipo diverso come rappresentanti di classe, come rappresentanti
negli organismi di governo della scuola e come membri di associazione di genitori; l’ambito di competenza
in cui possono intervenire varia anche da Paese e Paese, perché si va dall’essere solo informati delle
questioni rilevanti dal punto di vista educativo (ad es. attività extra-curricolari, destinazione del budget,)
sino allo stabilire criteri di valutazione, reclutamento di nuovi insegnanti, regole disciplinari; in quest’ultimo
caso vi sono Paesi (come ad es. Francia, Finlandia, Repubblica Ceca) in cui l’espulsione di studenti deve
essere approvata dai rappresentanti dei genitori.
Oltre alla partecipazione alle questioni interne alla scuola, nelle organizzazioni di genitori a carattere
regionale e nazionale, si realizzano attività di supporto alla loro funzione nella governance della scuola; la
funzione di queste associazioni è tale che in taluni Paesi sono interlocutori delle autorità o dal personale
politico per temi più generali che riguardano la scuola.
È interessante inoltre, segnalare il progetto pilota lanciato in Francia dal 2008 e ancora attivo, che si chiama
“La cassetta degli attrezzi del genitore” che consiste in una collezione di materiali utili a sostenere la
cooperazione con studenti e insegnanti nelle attività della scuola; oltre a ciò si organizzano conferenze,
workshop e giornate di informazione per sostenere la partecipazione efficace dei genitori.
L’importanza della partecipazione dei genitori al governo della scuola è indicata infine, anche dal fatto che
in taluni Paesi la valutazione delle scuole include anche il loro giudizio come elemento premiante della
valutazione stessa.

    4. Il ruolo degli insegnanti e dei dirigenti scolastici nel promuovere le competenze di cittadinanza

Non si può prescindere nel considerare la promozione delle competenze di cittadinanza negli studenti dal
ruolo che esercitano insegnanti e dirigenti scolastici. Migliorare le conoscenze e le abilità degli insegnanti
per insegnare le competenze di cittadinanza appare fondamentale per raccogliere la sfida che la
formazione civica dei cittadini europei rappresenta per le future generazioni. Malgrado le riforme che
hanno caratterizzato i sistemi scolastici europei negli ultimi anni, questo aspetto della formazione degli

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insegnanti risulta sostanzialmente ancora trascurato, sia se le competenze di cittadinanza rivestano lo
status di ambito a sé stante, sia se risultino integrate nell’insegnamento di altre discipline.
Considerando infatti, la formazione iniziale, solitamente per gli insegnanti della scuola primaria la
formazione è di tipo generalista, mentre per gli insegnanti di livello secondario le competenze di
cittadinanza sono integrate a quelle di altre discipline come la storia, la geografia, la filosofia,
l’etica/religione, le scienze sociali o l’economia. Sono pochissimi i Paesi in cui è richiesta una formazione
specifica su tali temi, soltanto Austria e Regno Unito ne prevedono una apposita, nell’ambito della
formazione continua il primo, e con corsi di tipo universitario la Gran Bretagna.
Nella formazione in servizio, vi sono offerte formative diverse che utilizzano linee guida ufficiali, websites o
altri materiali; è da notare che questo tipo di offerte sono proposte non solo da organismi statali, ma anche
da associazioni diverse, da organizzazioni professionali e da enti privati, il che dimostra in primo luogo la
rilevanza di questi temi.
Per l’importanza che riveste la cultura organizzativa della scuola nell’acquisizione di queste competenze vi
sono raccomandazioni specificamente rivolte ai capi di istituto e per tale ragione in circa la metà dei Paesi
europei sono previsti corsi di formazione per avviarsi alla carriera di dirigenti, relativamente alle
competenze di cittadinanza, ai valori democratici, ai diritti umani, alle abilità di comunicazione, alla
cooperazione e agli aspetti istituzionali; oltre a tali temi, sono talora presenti anche gli aspetti riferiti alla
salute e agli aspetti del benessere psicologico degli studenti. Vi sono inoltre, iniziative formative di supporto
previste nell’ambito della loro formazione continua.
Il ruolo del dirigente scolastico, in vero, non prevede erogazione di competenze di cittadinanza agli studenti
né tantomeno agli insegnanti, ma risulta fondamentale nel creare le condizioni perché sia possibile
insegnare e praticare le competenze di cittadinanza con la maggiore efficacia possibile; ciò può avvenire
promuovendo da parte sua le occasioni di confronto e di negoziazione, di partecipazione alla presa di
decisione, di condizioni di benessere all’interno della scuola, di processi di inclusione, di ampliamento delle
relazioni della scuola con i diversi interlocutori della società civile e della comunità, insomma nel rendere
possibile esperienze dirette di competenze di cittadinanza alle diverse componenti della scuola.

    5. Discipline e saperi nell’apprendimento delle competenze di cittadinanza

Con riferimento alle competenze di cittadinanza e alla loro acquisizione a scuola si pone frequentemente la
questione della loro duplice caratteristica teorica e pratica, vale a dire connessa ai contenuti da un lato e
alle modalità di farne esperienza dall’altro. Tale contrapposizione è tuttavia una eredità persistente del
passato.
Per superarla e focalizzare meglio tale tematica, può risultare utile la proposta di due studiosi australiani
(Reid, Gill 2009, p.7) di distinguere tre modalità attraverso cui si trasmettono tali competenze a scuola:
     • la struttura della scuola vale a dire i modi in cui l’istruzione scolastica è organizzata nella società,
        l’equilibrio tra scuole private e pubbliche, i modi di finanziamento, i tipi di scuole, le politiche loro
        rivolte che complessivamente contengono messaggi su come la società è (o dovrebbe essere)
        strutturata, ordinata e mantenuta;
     • la cultura e i processi del fare scuola vale a dire la trasmissione implicita di valori e atteggiamenti
        connessi alle competenze di cittadinanza alla luce della cultura organizzativa delle scuole con i loro
        riti, l’articolazione in classi, la struttura dell’insegnamento delle discipline, i modi di fare e le
        relazioni tra le persone;
     • le rappresentazioni formali delle competenze di cittadinanza nel curricolo vale a dire la conoscenza
        formalizzata presente nel curricolo relative alla struttura del potere e del governo, ai diritti e ai
        doveri dei cittadini, alle abilità e agli atteggiamenti collegati alla partecipazione politica. Questi temi
        sono solitamente insegnati nell’ambito degli studi sociali o più tradizionalmente e in misura diversa,
        nell’insegnamento della storia, geografia, letteratura, scienza e arte.
Questa prospettiva consente di considerare separatamente diversi aspetti che sulla base della distinzione
teoria/pratica appaiono invece interconnessi e intricati. Ai fini del nostro discorso ci riferiremo, in primo

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luogo, alla terza modalità – la presenza di contenuti formali nel curricolo – perché ha più direttamente a
che fare con la questione del ruolo di discipline e saperi nell’acquisizione di competenze di cittadinanza.
Da un punto di vista generale, i contenuti che hanno più direttamente a che fare con le competenze di
cittadinanza si riconducono a quattro dimensioni fondamentali: politica, giuridica, sociale ed economica
(pertinenti complessivamente alle scienze sociali).
Oltre a quelle sociali concorrono all’acquisizione di competenze di cittadinanza altre discipline, come lo
studio delle lingue moderne e dell’educazione artistica; con la prima infatti, si incrementa la comprensione
della cultura come insieme di simboli e di modi di categorizzare il mondo tipico di un popolo; con
l’educazione artistica invece, si apprendono altri linguaggi, con le emozioni che sollecitano internamente e
con la possibilità di entrare in contatto con opere di altri ispirate da quelle emozioni.
In questa prospettiva più ampia anche altre discipline possono concorrere alla loro acquisizione, come le
scienze e la tecnologia, perché consentono di sviluppare un atteggiamento critico, un’attenzione alla
precisione e al ragionamento, alla confutazione di ipotesi, insomma a quelle componenti di una persona
autonoma che sa dare le ragioni di quello che sostiene e si assume la responsabilità di ciò che dice o fa.
Se però approfondiamo le riflessioni sulla novità che rappresenta la locuzione “competenze di
cittadinanza,”rispetto all’”educazione civica”, o all’”educazione alla legalità”, ci renderemo conto che siamo
orientati in una direzione ulteriore e più specifica proprio per il riferimento alla “competenza”.
Come si sa, la nozione di competenza ha introdotto nella riflessione pedagogica e nelle pratiche didattiche
un’attenzione alla dimensione operativa del sapere nel senso di un’acquisizione intenzionale e con
riconoscimento del significato da parte di chi impara sulla base di concezione costruttivista e socioculturale
dei processi cognitivi.
In altre parole, siamo in presenza di un‘ulteriore integrazione tra la teoria e la pratica proprio perché si fa
riferimento ad un sapere che si fonda sull’attiva e consapevole partecipazione dell’allievo e quindi non c’è
l’abituale acquisizione di contenuti la cui validità sarà compresa negli anni a venire. Realizzare questo
radicale cambiamento nella didattica vuol dire aver condotto un riesame approfondito delle discipline di
insegnamento e dei saperi diffusi nella società che ad esse si collegano, ancora non solidificati in stabili
strutture disciplinari. È il caso, per fare un solo esempio, dei saperi presenti nella rete informatica che ha
influenza nei modi di raccogliere, archiviare e recuperare le diverse conoscenze, di accertarne
l’attendibilità, di proporre modalità diverse per realizzare comparazioni e analogie: questi processi
riguardano le diverse discipline e non possono essere ignorati, se si assume un’ottica formativa.
Oltre a questi aspetti, che segnano comunque l’ingresso nella riflessione che riguarda i contenuti della
trasmissione educativa a scuola di saperi non accademici, vi sono quelli più saldamente collegati al
ripensamento della funzione delle singole discipline nella formazione di chi impara. Questo tipo di esame
ha caratterizzato le diverse fasi storiche in cui più forte è stata avvertita l’esigenza di trasformazione dei
curricoli.
La novità attuale è costituita dalla nozione di competenza che rappresenta uno dei due poli intorno al quale
si può articolare la riflessione su come le diverse discipline possono contribuire all’acquisizione delle
competenze di cittadinanza. L’altro polo è invece costituito dalla nozione stessa di cittadinanza definita in
termini culturali come sentimento di appartenenza, di valori condivisi, di identità e di storia, di patrimonio e
di memoria legata “ ad una proiezione verso l’avvenire, ad una capacità di costruire un progetto collettivo”
(Audigier 2002, p. 171).
Da questo punto di vista può essere allora utile riprendere la riformulazione delle tre modalità proposte dai
due studiosi australiani sopra richiamati (Reid e Gill 2009, p.14) alla luce dell’esame delle condizioni che
nella scuola consentono uno sviluppo più pieno delle competenze di cittadinanza e del coinvolgimento
democratico:
     • la struttura della scuola fondata su una rinnovata nozione di bene pubblico e di solidarietà, in luogo
         della competizione individuale basata sul mercato, con pieno riconoscimento della professionalità
         degli insegnanti, rispettata e sostenuta dalle politiche;
     • le culture e processi del fare scuola che riflettono modelli di democrazia deliberativa dove i
         differenti poteri sono riconosciuti, sono abbandonate forme di dogmatismo e si sia aperti al
         rispetto, al dialogo, e all’analisi, operazionalizzando, per così dire, il multiculturalismo;

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•    le rappresentazioni formali dei diritti e della competenze di cittadinanza presenti nel curricolo in
         linea con le esperienze dei discenti che vivono in un mondo globalizzato, con diverse forme di
         identità e di appartenenza, che non sempre coincidono con quelle della nazione, ma possono
         riferirsi a prospettive più ampie di quelle nazionali o locali.
Come si vede, ridefinendo le funzioni che le competenze di cittadinanza possono assumere nel curricolo,
esplicito e implicito, si delinea un nuovo investimento della società sulla scuola, il cui compito in tale
prospettiva è essenzialmente di potenziare i cittadini di domani e complessivamente di ridisegnare la
democrazia, non come semplice ammodernamento di contenuti, quanto piuttosto come forme diverse di
partecipazione democratica in un mondo globalizzato.

Riferimenti bibliografici

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