Le buone pratiche della didattica - Einaudi-Scarpa
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Università degli Studi di Verona Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia Master universitario di primo livello in “Apprendimento, lavoro e sviluppo organizzativo” Anno accademico 2013-2014 PROJECT WORK Le buone pratiche della didattica all'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna Francesca Sodano
INDICE Introduzione p. 3 Inquadramento teorico Come coltivare comunità di pratica fra docenti p. 5 L'”apprendimento sociale” dei docenti p. 6 La “svolta pratica” della didattica p. 7 Il progetto: le buone pratiche della didattica Finalità e obiettivi p. 10 Contesto e analisi di fattibilità p. 10 Fasi e strategie operative p. 11 Declinazione dell'obiettivo specifico scelto p. 12 Analisi dei dati raccolti p. 13 Il punto di vista degli studenti p. 23 Condivisione dei risultati e monitoraggio p. 24 Riflessioni conclusive: dalla pratica alla teoria Autovalutazione e riflessioni p. 27 Considerazioni finali sulla gestione dei gruppi p. 28 Bibliografia p. 31 Allegato A Allegato B Allegato C Allegato D 2
Introduzione Nella consapevolezza che pratica e teoria sono imprescindibilmente legate fra loro e si influenzano a vicenda in un continuo rapporto di determinismo reciproco, il presente progetto intende procedere induttivamente dalla pratica didattica, la buona pratica didattica, per rivisitare le teorie sull'apprendimento in termini di efficacia e fattibilità. La scuola è piena di docenti esperti che hanno macinato innumerevoli corsi di aggiornamento e affinato, negli anni, strategie, metodologie e tecniche didattiche efficaci a promuovere l'apprendimento di contenuti e competenze negli alunni. L'idea è quella di usare strategicamente l'esperienza degli insegnati come risorsa a disposizione della didattica: si intende partire dalla pratica, dall'esperienza concreta di chi questa professione la svolge quotidianamente, per elaborare un prontuario di buon pratiche e condividerlo, costruendo un patrimonio comune da integrare e rivedere continuamente. Nell'intenzione di chi scrive questo è solo un punto di partenza, il primo mattoncino di un progetto d'istituto a lungo termine, che dovrebbe permettere la condivisione e la trasmissione di buone pratiche didattiche. Per questa prima esperienza di riflessione e condivisione il tema, scelto attraverso un questionario di rilevazione dei bisogni, è stato “la gestione di classi prime multi livello con lo scopo di creare situazioni relazionali favorevoli all'apprendimento”, da molti colleghi sentita come situazione di criticità e difficoltà. La tecnica utilizzata per raccogliere le buone pratiche è stata quella dell'intervista, individuale o a piccoli gruppi, basata su di un questionario e effettuata nei ritagli di tempo in modo molto informale, per lo più durante le ore non di lezione frontale, in sala insegnanti o al bar della scuola sorseggiando un caffè, in corriera tornando da una gita scolastica, in pausa pranzo. Si è trattato di un'occasione di ripensare al proprio modo di lavorare, di raccontare e confrontarsi discutendo di scuola in modo riflessivo e propositivo, orientati verso la soluzione dei problemi, piacevolmente disponibili a dare il proprio contributo e a condividere il proprio know how. Su suggerimento di alcune ragazze la discussione è stata allargata a tre classi, due quinte e una seconda, che hanno ripensato e rivisitato la propria esperienza in prima superiore e fornito il punto di vista degli studenti. Per contestualizzare scientificamente questo lavoro, verranno prese in considerazione due grandi aree di ricerca in campo pedagogico e psicologico: le comunità di pratica e le dinamiche di gruppo. Le prime fungeranno da inquadramento teorico del presente progetto/prodotto; le seconde, coerentemente con quanto affermato in questa introduzione, verranno riprese dopo aver analizzato i suggerimenti venuti dai docenti intervistati sulla gestione dei gruppi classe, seguendo un filo continuo che dalla teoria porta alla pratica e viceversa. 3
PRIMA PARTE INQUADRAMENTO TEORICO LA SVOLTA PRATICA DELLA DIDATTICA 4
1. Come “coltivare” comunità di pratica tra docenti L'aspetto sociale e partecipativo dell'apprendimento, delineato con con chiarezza, sistematicità e sorprendente senso di insieme da Etienne Wenger e i suoi colleghi per l'università di Harvard nel testo del 2002 “Cultivating Communities of Practice. A Guide to Managing Knowledge”, trova in campo educativo un terreno molto fertile di applicazione per la natura stessa dell'istituzione scuola. Quale ambiente più “sociale e partecipativo” di una classe? Il concetto risulta quasi scontato se prendiamo in considerazione il gruppo di studenti, essi costituiscono una comunità in cui l'apprendimento deve necessariamente passare anche attraverso la sua dimensione sociale, e su ciò si potrebbero fare molteplici project work, ma se spostiamo il punto di vista e consideriamo il docente nella classe, egli, o ella che sia, è da solo. Pochi mestieri garantiscono un'autonomia di scelta sul come e cosa fare quanto l'insegnamento; a parte alcune situazioni di compresenza tra insegnante tecnico pratico e docente teorico in alcune discipline, l'aula costituisce un terreno dove agire in piena libertà, la sbandierata libertà di insegnamento, e scarsissimo controllo. La prospettiva sociale dell'apprendimento che vede la costruzione dell'esperienza soggettiva come il risultato dell'interazione e scambio costante di reciproche esperienze tra individui, trova scarsa applicazione nel mestiere dell'insegnante. Di qui lo spunto di ripensare il corpo docenti come ad un insieme di comunità, in cui la libertà di insegnamento viene modulata sulla condivisione di buone pratiche, in modo tale che queste diventino patrimonio collettivo e momento di riflessione comune in continuo divenire. Come coltivare comunità di pratica tra docenti così isolati nell'espletamento del loro lavoro? Wenger propone un approccio in tre fasi: per prima cosa è necessario individuare un 'area tematica da condividere (fase uno); intorno a questa va sviluppata una comunità di individui disponibili alla condivisione e i cui rapporti siano improntati alla fiducia reciproca (fase due); in ultima istanza le pratiche emerse dall'esperienza raccontata e condivisa vanno valorizzate e formalizzate in modo produttivo, così da diventare patrimonio comune e generare senso positivo di appartenenza e desiderio di ulteriore sviluppo e crescita (fase tre). Wenger ritiene che le comunità di pratica, se gestite in modo adeguato, possano rappresentare l'elemento trainante del successo di una organizzazione, e traendo spunto dalle ricerche effettuate in settori organizzativi molto diversi, da quelli squisitamente tecnici ad altri decisamente sociali, individua una serie di fattori comuni che ne determinano la vitalità: l'orientamento allo sviluppo, il dialogo aperto, la capacità di interessare e coinvolgere i suoi membri, l'enfasi sul valore e la rilevanza del lavoro svolto e/o dei prodotti ottenuti, il coinvolgimento della sfera privata come di quella pubblica della comunità, la combinazione di elementi conosciuti con altri di novità , la presenza di una successione ritmica di procedure che da senso e valore alle pratiche condivise. 5
Il sistema organizzativo scuola può sfruttare questi studi per migliorare la propria efficacia, incrementare il successo formativo degli studenti e aumentare la motivazione di una classe docente al contrario piuttosto demotivata. Una prospettiva sociale dell'insegnamento, come risultato dell'applicazione di pratiche maggiormente raccontate, concordate e condivise, potrebbe traghettare la scuola fuori dalla palude delle procedure eccessivamente burocratiche in cui sembra incagliata e compensare la mancanza di tirocinio attivo nella formazione di molti docenti, a parte forse quelli di ultimissima generazione che, comunque, nella scuola devono ancora approdare. Servirebbe inoltre a spostare l'accento e l'enfasi dalla lamentela e dalla commiserazione per situazioni oggettive sempre più problematiche, alla socializzazione e condivisione di questi problemi, con l'intento di trovare soluzioni e favorire il benessere dei docenti prima ancora che degli studenti. I trentuno alunni per classe, l'analfabetismo di ritorno, gli alunni DSA e BES, i ragazzi stranieri che combattono con testi teorici molto difficili, la maleducazione dilagante che va di pari passo con la scarsa considerazione di molte famiglie per la scuola e i docenti, il divario digitale, solo per indicare alcuni dei problemi sul tavolo, risulterebbero meno irrisolvibili se fossero portati fuori dalla classe, dove il docente opera da solo, e diventassero argomento di discussione e condivisione all'interno delle istituzione scolastiche. La scuola ha bisogno di ritrovare il senso del suo valore e della sua importanza, della sua centralità nella società civile. 2. L' “apprendimento sociale” dei docenti Il presente lavoro discute quindi di apprendimento pensando ai docenti, piuttosto che agli studenti, i quali si interrogano sul significato della propria esperienza di insegnamento, ripensano alla propria comunità di appartenenza, si chiedono cosa fanno nella pratica quotidiana e riflettono sull'evoluzione del proprio ruolo, in definitiva sulla propria identità. Per uscire da pratiche stereotipate e ripetute, sempre uguali, nel corso degli anni, affinché la scuola si adegui ad una società in evoluzione rapida e costante, é necessario che gli insegnanti portino le pratiche didattiche fuori dalle classi, le raccontino e le formalizzino all'interno della propria comunità di appartenenza, per dare forma a un significato condiviso di pratiche di insegnamento efficaci, le buone pratiche della didattica che fanno l'insegnante del ventunesimo secolo. Ciò non significa mettere in discussione la libertà di insegnamento, ma offrire a ciascun docente una gamma di opzioni e possibilità di intervento modulate sulla condivisione di esperienze e negoziate con gli altri attori sulla scena; lui/lei poi deciderà, in piena autonomia, quali adottare a seconda delle situazioni e delle proprie caratteristiche personali. Lo stesso Etienne Wenger in un recentissimo contributo al Festival della Ricerca, organizzato dall'Università di Brighton nel novembre 2013, dal titolo “Learning in landscapes of practice: recent development in social learning theory” ha delineato un nuovo e 6
complesso scenario per l'apprendimento sociale, che rappresenta un'evoluzione rispetto al concetto di comunità di pratica elaborato circa quindici anni prima, quello del “paesaggio dell'apprendimento”. (Un simile scenario, the learning landscape, è stato delineato da Serafina Pastore in “Lavoro e Apprendimento” del 2012). In esso l'individuo, che ricopre un ruolo fondamentale, traccia e percorre la sua traiettoria incontrando varie comunità di pratica, soffermandosi e assolvendo alla propria funzione sociale dove lo ritiene necessario, ma muovendosi sostanzialmente da solo in un mondo sempre più complesso. Questo non significa rinunciare ad una teoria sociale dell'apprendimento, ma adattare la teoria alle esigenze del singolo individuo. Durante la conferenza Wenger proietta sullo schermo l'immagine di un camminatore con una traiettoria tracciata in giallo su di un paesaggio ampio tra colline, valli e montagne in lontananza. Il camminatore è attrezzato per affrontare il percorso, sembra sapere già dove andare e si muove da solo. E` un po' come il docente della scuola italiana che arriva con la sua formazione universitaria, ha un curriculum da seguire, indicazioni ministeriali da applicare e svolge la sua funzione in solitudine. Il paesaggio dove agire è ben più ampio della classe, è fatto di organi collegiali, istituto o istituti di appartenenza, il bar della scuola, corsi di aggiornamento, master di primo livello, funzioni strumentali, incarichi, progetti regionali e progetti europei, la rete… Il docente agisce in tutte queste comunità, attinge da esse conoscenza/competenza che poi trasferisce nel proprio insegnamento. Manca forse la socializzazione di questa operazione squisitamente individuale e originale, la condivisione di pratiche didattiche efficaci, nella consapevolezza che esse sono irripetibili e vanno adattate alle mutate e mutevoli situazioni contingenti. 3. La “svolta pratica” della didattica L'idea di come coltivare comunità di pratica all'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna è nata durante le prime lezioni di questo master e dalla lettura del volume di Giuseppe Tacconi “La didattica al lavoro”, dove l'autore dà voce ai docenti di area culturale che operano nei Cfp (Centri regionali di formazione professionale) a proposito di “quella complessa azione che è l'insegnamento” 1, che costituisce ben più di “un sapere sui contenuti stessi” 2. Questa ricerca empirica di tipo qualitativo sulle “pratiche formative” di una tipologia particolare di docenti, quelli che operano con studenti con un basso stato socio-economico-culturale cercando di insegnare loro materie di cultura generale che contribuiscono alla formazione della persona e del cittadino, mi ha aperto gli occhi alla possibilità di utilizzare, all'interno del microcosmo del mio istituto di riferimento, una tecnica di intervento su e condivisione di pratiche di insegnamento, simile a quella delineata in questo 1 Giuseppe Tacconi, “La didattica al lavoro”, Franco Angeli, 2011 2 ibidem 7
interessantissimo libro. Mi sento di sposare senza riserve la teoria della “svolta pratica” che scaturisce da questa ricerca, condivido il metodo della grounded theory, in essa citato, che procede induttivamente dai dati raccolti, ovvero dalla pratica, per elaborare una teoria radicata nel fare, che ripensa l'azione di insegnamento mentre viene raccontata e la prende a modello di azioni future, nella consapevolezza che la pratica possa pervenire alla riflessione e generalizzazione teorica altrettanto quanto le teorie didattiche influenzano la pratica didattica. Come spiega Giuseppe Tacconi nella parte prima di questo volume, il tradurre le pratiche didattiche dei docenti in resoconto scritto, in modo che possano costituire un patrimonio di risorse operative a cui attingere, implica contemporaneamente un processo di “descrizione o narrazione e concettualizzazione” 3 dove analisi e sintesi contribuiscono, assieme, a costruire “una teoria dell'azione” 4. E' questo che si tenta di fare, in misura molto limitata, con il presente lavoro: indurre i docenti a raccontare e contemporaneamente a ripensare in modo critico il proprio operato in aula, relativamente ad un aspetto particolare del loro mestiere. Noi insegnanti veniamo finalmente riconosciuti quali veri “esperti” di didattica, coloro che sul campo applicano teorie pedagogiche di vario orientamento e le trasformano in pratiche didattiche quotidiane, in continua evoluzione, per assecondare situazioni mai ripetibili. Chi scrive trova in questo importante cambiamento di prospettiva un'opportunità di miglioramento e crescita in una categoria alquanto fiacca e demotivata che sente il bisogno di vedere riconosciuta la propria rilevanza e la propria professionalità. 3 Giuseppe Tacconi, “La didattica al lavoro”, Franco Angeli, 2011 4 ibidem 8
SECONDA PARTE IL PROGETTO LE BUONE PRATICHE DELLA DIDATTICA Per una gestione efficace delle classi prime multilivello 9
Finalità e obiettivi Questo progetto nasce con la finalità di promuovere la condivisione di buone pratiche didattiche tra i docenti dell'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna. La condivisione di buone pratiche persegue i seguenti obiettivi generali: promuovere motivazione, creare un gruppo di docenti affiatato, favorire l'inserimento di nuovi arrivati, produrre materiale significativo e spendibile nella pratica didattica quotidiana, favorire una didattica che miri alla costruzione di un ambiente favorevole a promuovere curiosità, coinvolgimento e conseguente apprendimento negli studenti. La curiosità implica una disposizione di allerta, una soglia di attenzione alta, la voglia di mettersi in gioco, l'apertura verso il nuovo partendo dal conosciuto, il piacere di conoscere; non va data per scontata, ma va indotta e coltivata. E` contagiosa, induce interesse e determina il coinvolgimento dei discenti che sono disposti ad apprendere per soddisfare un desiderio ed un impulso interiore, per entusiasmo. Nel presente caso, l'obiettivo specifico, individuato attraverso un questionario di rilevamento dei bisogni5, è quello di condividere strategie e pratiche per creare una situazione favorevole all'apprendimento nelle classi prime dell'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna, composte da studenti con caratteristiche individuali, storie personali, competenze e conoscenze di base diversificate. Contesto e analisi di fattibilità L'Istituto di istruzione superiore Einaudi-Scarpa è nato dal recente accorpamento dell'Istituto Tecnico Einaudi con l'Istituto Professionale Scarpa. E`una scuola piuttosto grande con circa duemila ragazzi e duecento docenti, molti dei quali con parecchi anni di insegnamento alle spalle, “esperti” di didattica sul campo, risorse fino ad ora poco sfruttate dalla didattica teorica. Il primo passo è stato quello di presentare la proposta nel dipartimento di lingue e in collegio docenti a giugno 2013. La bozza di progetto6 è stata definitivamente approvata nel collegio docenti di settembre. 5 Vedi allegato B 6 Vedi allegato A 10
Fasi e strategie operative Si è proceduto mettendo in atto le seguenti azioni: A) Presentazione della proposta nel dipartimento di lingue7 e approvazione del collegio docenti; B) Costruzione e somministrazione di una scheda di rilevazione dei bisogni8; C) Costruzione e somministrazione di un questionario relativo al bisogno più sensibile emerso dalla scheda di rilevazione9; D) Analisi dei risultati E) Condivisione dei risultati: - per mezzo della pubblicazione dei risultati sul sito web della scuola - prevedendo alla ripresa delle attività scolastiche a settembre 2014 un focus group aperto a tutti gli interessati. All'approvazione della bozza di progetto in Collegio Docenti sono seguite una serie di interviste individuali (22) effettuate fra ottobre e i primi di novembre 2013 utilizzando la scheda di rilevazione dei bisogni sopra menzionata. Sono stati sentiti in questa prima fase colleghi di varie discipline e di età anagrafiche diverse come risulta dalla compilazione della scheda10. I più hanno indicato “modalità condivisa di gestione classi prime multi-livello / creare condizioni relazionali per lavorare bene” come argomento per la riflessione e condivisione di buone pratiche. Questo primo giro di interviste ha messo anche in luce quali esperienze professionali i docenti interrogati considerano significative per la propria formazione. Oltre ai corsi di aggiornamento, i colleghi vedono nell'esperienza diretta con gli studenti un elemento fondamentale della propria crescita professionale. In particolare l'insegnare in situazioni di difficoltà (casi di dislessia, bullismo, studenti stranieri, autismo o altro handicap) obbliga la classe docente a trovare strategie di intervento originali e nuove, come pure l'insegnare in ordini di scuola diversi. Alcuni colleghi hanno dichiarato di aver condiviso pratiche di insegnamento e di aver collaborato con docenti della stessa disciplina con maggiore esperienza, formando vere e proprie comunità di pratica. L'idea iniziale di organizzare dei focus group dove discutere di pratiche didattiche, che emerge nella bozza di progetto allegata, è stata abbandonata dopo questo primo giro di interlocuzioni, e ho accolto il suggerimento operativo di una collega di inglese: elaborare un ulteriore questionario per la riflessione e la discussione della problematica scelta, e procedere a somministrarlo. Altre proposte sulle modalità di lavoro fornite in questa fase interlocutoria sono state: la discussione di esempi pratici e problemi complessi, il coinvolgere sia colleghi con anni di esperienza che colleghi 7 Vedi allegato A 8 Vedi allegato B 9 Vedi allegato C 10 Vedi allegato D 11
giovani, l'organizzazione di un paio di incontri di feed back / follow up, allargare le buone pratiche ai consigli di classe e ai dipartimenti, utilizzare il sito web della scuola e la piattaforma Moodle. Come si vede dalle azioni indicati in apertura di questo capitolo, la pianificazione finale e la realizzazione del lavoro ha tenuto in considerazione molti di questi suggerimenti. La fase successiva ha visto la somministrazione di un nuovo questionario sulla gestione di classi prime multi livello con lo scopo di raccogliere le buone pratiche messe in atto nel nostro istituto. Le interviste effettuate in modo informale nei ritagli di tempo sia individualmente che a coppie o piccoli gruppi, come già spiegato nell'introduzione, hanno avuto luogo tra febbraio e marzo 2014. Declinazione dell'obiettivo specifico scelto Il questionario somministrato è stato costruito declinando l'obiettivo specifico in sotto obiettivi e formulando una domanda che perseguisse ciascuno di essi. BISOGNO SCELTO / OBIETTIVO DEL QUESTIONARIO : condivisione di buone pratiche sulla gestione di classi prime multi-livello per creare condizioni relazionali favorevoli all'apprendimento. Sotto-obiettivi: Relative domande: Raccogliere strategie utilizzate per relazionarsi 1. E` la prima ora di lezione con la tua nuova con una nuova classe prima. prima. Come gestisci quest'ora? Raccogliere le modalità usate per stabilire i 2. Come procedi per comprendere il livello di livelli di partenza della classe. partenza degli studenti? Raccogliere le modalità usate per generare 3. Cosa fai per favorire dinamiche relazionali dinamiche relazionali utili nel gruppo classe. dinamiche relazionali improntate al rispetto e alla collaborazione all'interno del gruppo? Raccogliere gli aspetti critici principali che 4. Quali sono i principali aspetti critici che hai solitamente vengono rintracciati nella gestione rilevato nel corso della tua carriera nella dei livelli di partenza. gestione delle classi prime relativamente ai livelli di partenza? Raccogliere gli aspetti critici principali che 5. E relativamente alle dinamiche relazionali? solitamente vengono rintracciati nella gestione delle dinamiche relazionali. Raccogliere le modalità di gestione usate per 6. Come hai affrontato nel corso della tua fare fronte agli aspetti critici rilevati. carriera agli aspetti critici sopra citati? Quali sono state le modalità di gestione che hai 12
trovato più efficaci? Raccogliere le modalità di gestione per fare 7. Come ti comporti con gli studenti fronte a studenti considerati “problematici”. particolarmente problematici? Ricordi un caso particolare in cui sei riuscito/a a coinvolgere positivamente questo tipo di studente? Raccogliere le modalità di monitoraggio delle 8. Dopo aver messo in atto una tecnica di strategie di gestione usate. intervento efficace, cosa fai? Raccogliere valutazioni sulle risorse offerte 9. L'ambiente in cui operi come favorisce la dall'ambiente di lavoro rispetto alla questione in soluzione dei problemi collegati alla gestione campo. delle classi prime? Analisi dei dati raccolti Il questionario è stato utilizzato come traccia per intervistare un totale di 46 docenti sui circa 200 che operano all'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna. Di seguito vengono analizzate le risposte alle singole domande, per ognuna delle quali si inserisce una tabella che elenca le pratiche emerse e i relativi numeri di docenti che le hanno menzionate. Le domande 4 e 5 vanno a individuare le principali problematiche incontrate dagli insegnanti e la nove chiede una valutazione generale sull'ambiente di lavoro. Avendo lasciato libera scelta ai rispondenti su come esprimersi, il numero di pratiche o di criticità citato da ognuno di essi è risultato variabile, dunque la somma delle citazioni inserite nelle tabelle supera, alle volte è inferiore, il numero di docenti intervistati. Alcune delle pratiche emerse sono risultate popolari con molti docenti, altre sono state indicate sporadicamente, se non una sola volta. L'attenzione di questo lavoro va indistintamente a tutti gli aspetti emersi, a prescindere dalla loro popolarità, in quanto possono costituire uno spunto alla crescita professionale di ognuno di noi. Domanda 1: E` la prima ora di lezione con la tua nuova prima. Come gestisci quest'ora? Presentazione degli studenti 32 Presentazione dell'insegnante 25 Presentazione della materia e del materiale 17 Regole da rispettare 9 Aspettative dei ragazzi 9 13
Recuperare le conoscenze pregresse sulla disciplina 6 Lavori di gruppo 4 Conoscenza pregressa della proposta formativa dell'indirizzo scelto 3 Informazioni sulla scuola 3 Parlare di sport 3 Collegare la disciplina alla vita quotidiana 3 Essere autoritari 2 Giro della scuola 2 Illustrazione dei processi cognitivi sottostanti lo studio della disciplina 1 Appello delle emozioni 1 Parlare di scuola e di studio 1 Improvvisare 1 Doveri dell'insegnante 1 Già dall'analisi della prima domanda balza agli occhi la varietà e la ricchezza delle risposte. A fianco di pratiche comuni condivise dai più, quali le presentazioni da parte degli attori in scena, docenti e studenti, e la presentazione della disciplina, sono state fornite altre pratiche meno scontate ma ugualmente significative. Perché non imitare la collega che quando parla di doveri, insiste anche sui propri doveri di docente, doveri di rispetto e di tempi di consegna dei lavori, ad esempio? Anche l'idea di iniziare subito con una breve attività a coppie o gruppi, oppure di collegare la disciplina alla vita quotidiana degli studenti può essere utile per partire con il piede giusto. Così come sondare le aspettative dei ragazzi, oppure vedere se conoscono quali materie andranno a studiare e indicare, intuitivamente, i processi cognitivi sottostanti lo studio di quella disciplina, magari nelle classi che, sulla carta, sembrano avere studenti dotati di una buona base di partenza. Si potrebbe fare l'appello delle emozioni del tipo “come vi sentite in questo momento?” con una classe a maggioranza femminile, o parlare di sport, per introdurre il concetto delle regole, con una classe soprattutto maschile, ragionando secondo il senso comune. Se proprio non si è avuto modo di preparare una scaletta, si può sempre improvvisare, alle volte sono proprio queste le lezioni migliori. E' utile pensare di avere una vasta gamma di opzioni a cui ricorrere e da adattare alla situazione del momento, sulla base delle proprie caratteristiche personali, di quelle degli studenti che si hanno di fronte, e, perché no, sull'onda dell'umore del momento. 14
Domanda 2: Come procedi per comprendere il livello di partenza degli studenti? Test di ingresso 20 Osservazione e ascolto degli studenti che si presentano oralmente 10 Raccolta di informazioni fornite dalla Scuola Media 10 Attesa dei risultati delle prime verifiche 6 Test di ingresso modulato sugli INVALSI 3 Domande orali per verificare le conoscenze pregresse 3 Presentazione degli studenti tramite tema scritto 3 Niente 3 Chiedere in merito alle aspettative sulla disciplina 1 Le risposte alla seconda domanda individuano nel test di ingresso la pratica maggiormente utilizzata per individuare il livello di partenza degli studenti. Seguono l'osservazione sistematica del loro comportamento e la raccolta di informazioni fornite dalla Scuola Media. I dati tabulati, però, non illustrano a pieno la questione collegata alla somministrazione di questi test, che emerge invece dalle interviste. Andrebbero raccordati con i test di uscita della scuola media, secondo alcuni, modulati sui test INVALSI, secondo altri (questione dolente, quella degli INVALSI, per molti docenti), concordati in dipartimento per molti, totalmente inutili e fuorvianti per alcuni. Ci sono i docenti che li somministrano per farsi un'idea del livello di partenza ma sono consapevoli che i risultati successivi possono smentire in pieno l'esito di questi test, e altri che trovano nel corso dell'anno un conferma costante di quanto emerso all'inizio. Il buon senso sembrerebbe indicare la necessità di un maggiore raccordo tra docenti della stessa disciplina all'interno del nostro istituto, ma anche verso l'esterno in entrata ed uscita, per favorire un intervento più coerente e omogeneo, e evitare inutili doppioni. Anche il dibattito sull'utilità dei test INVALSI e l'opportunità di adeguarvi i nostri test andrebbe affrontato con serietà e chiarezza. Un ultimo commento sul suggerimento fornito da tre colleghi di lettere che entro le prime due settimane di scuola fanno scrivere agli studenti un testo personale, sotto forma di mail, pagina di diario o tema tradizionale, in cui i ragazzi si raccontano e dicono ciò che non hanno avuto il coraggio di raccontare davanti a tutti. Questi colleghi hanno così modo di valutare le competenze di scrittura degli studenti e contemporaneamente fornire loro una porta di ingresso nel nostro istituto da attraversare con le proprie passioni, i propri dubbi e le proprie difficoltà. 15
Domanda 3: Cosa fai per favorire dinamiche relazionali improntate al rispetto e alla collaborazione all'interno del gruppo? Lavori di gruppo e a coppie 23 Tutoraggio: i bravi aiutano i compagni in difficoltà 11 Gestione della disposizione dei banchi 7 Stabilire regole da seguire 6 Uscite all'inizio dell'anno 3 Ragionare e discutere con gli studenti 3 Far parlare di sé 2 Invitare gli studenti a usare gli spazi scolastici al pomeriggio 1 Giochi sulla fiducia 1 Richiamare all'ordine quando ci sono problemi 1 Appoggiarsi a un'equipe esterna 1 Non si può in quanto le classi sono troppo numerose 1 La pratica del lavoro di gruppo e/o a coppie risulta ampiamente utilizzata all'IIS Einaudi-Scarpa e considerata una strategia utile a favorire dinamiche relazionali positive e inclusive. Le modalità di gestione dei gruppi è varia: si va da gruppi scelti dagli studenti, magari in prima battuta, a gruppi preparati a tavolino dal docente, quando ha in mente un obiettivo ben preciso e conosce meglio gli studenti. I gruppi sono alla base di molte attività laboratoriali, ma vengono utilizzati da parecchi docenti anche nelle classi tradizionali. Il lavoro di gruppo, perché sia proficuo, necessita di regole precise che vanno stabilite e rispettate. Si sta diffondendo inoltre nella nostra scuola l'idea di utilizzare gli studenti migliori come tutor dei ragazzi in difficoltà a supporto dell'attività docente. Anche questa tecnica contribuisce a creare un ambiente favorevole all'apprendimento. Un altro aspetto emerso è quello della disposizione dei banchi all'interno della classe. Tra le varie tecniche adottate, rotazione, scorrimento, disposizione ragionata o casuale che sia, mi sembra interessante quella proposta da una collega che fa preparare ogni mese e mezzo ai ragazzi la nuova piantina della classe sulla base di 4 regole: tutti con tutti, girando tutte le posizioni, evitando accoppiamenti che provocano disturbo, dando la precedenza a problemi di vista o concentrazione. Anche per questo terzo quesito, alcune delle strategie indicate da pochi o da un solo docente sono originali e da sfruttare. Ad esempio l'idea di affrontare i problemi di petto e ragionarne con gli studenti, oppure di invitare gli studenti a utilizzare gli spazi scolastici per lavorare assieme al pomeriggio o di utilizzare giochi. Infine anche il ricorrere a una equipe esterna di esperti in casi di gruppi classe particolarmente difficili può risultare efficace, soprattutto se gli esperti, come 16
nell'esempio riportato durante le interviste, sono ragazzi di poco più vecchi dei nostri. Domanda 4: Quali sono i principali aspetti critici che hai rilevato nella gestione delle classi prime relativamente ai livelli di partenza? Livelli di competenza e di motivazione molto diversi 17 Difficoltà di comprensione del testo e povertà di linguaggio 8 Studenti che non seguono l'orientamento della scuola media 6 Numero troppo elevato di studenti in classi troppo piccole 5 Livelli sempre più bassi 4 Mancanza di un metodo di studio e di autonomia 4 Scarse conoscenze di base in matematica e geometria 3 Scarsa manualità e scarsa percezione di dimensioni e misure 3 Non portano il materiale 3 Disomogeneità nella valutazione in uscita della scuola media 2 Poche ore a disposizione 1 Livelli di partenza sbilanciati fra classi che scelgono francese e classi che scelgono tedesco 1 Non riescono a sostenere 5 ore di scuola 1 Dalla lettura della tabella risulta evidente come i docenti delle classi prime abbiano, come si usa dire, “una bella gatta da pelare”: classi numerose in spazi angusti, studenti con livelli di partenza molto diversi, tra cui ragazzi che capiscono poco di quello che leggono, con un lessico molto povero, scarse conoscenze di base di matematica e geometria, ma anche scarsa manualità. I colleghi intervistati riferiscono che, di solito, questi studenti non hanno ancora acquisito un metodo di studio e dimostrano poca autonomia nell'esecuzione dei compiti assegnati, spesso vengono a scuola senza materiale, non reggono le cinque ore dense di insegnamenti che il sistema impone e necessiterebbero di un intervento individualizzato e di un rapporto uno a uno. Risulta molto problematico far coincidere le esigenze di questi ragazzi in difficoltà con quelle degli studenti che invece approdano alla scuola media superiore ben “corazzati”: buona preparazione, capacità di concentrazione e autonomia, e che hanno lo stesso diritto allo studio dei loro compagni. Il fatto che la valutazione in uscita dalla scuola media sia poco omogenea con notevoli differenze da circolo a circolo e che molti ragazzi non seguano i consigli orientativi ricevuti, viene indicato come ulteriore fattore critico nella formazione delle classi prime. 17
Domanda 5: Quali sono i principali aspetti critici che hai rilevato nella gestione delle classi prime relativamente alle dinamiche relazionali? Ragazzi fragili, leader negativi, studenti che disturbano, si sentono fuori luogo e mollano 13 La presenza di studenti con età anagrafiche diverse e di bocciati 7 La presenza di studenti stranieri e conseguente intolleranza 6 Una società sempre più complessa dove la famiglia risulta meno presente 5 Scarso rispetto per il docente e per le regole in generale 5 Episodi di bullismo e la tendenza a emarginare gli studenti in difficoltà 5 DSA, BES, handicap 3 Chiacchiere, superficialità, scarsa capacità di concentrazione 3 Le solite problematiche adolescenziali 2 Le risposte a questa quinta domanda confermano come la scuola rimandi a specchio la complessità della società italiana contemporanea: multi-etnica, dove la famiglia, istituzione portante di questa società, tende a disgregarsi e dove l'adolescente risente di un vuoto di valori e certezze che amplificano le insicurezze caratteristiche di questa età. I ragazzi fragili, quelli che non riescono a adeguarsi alle richieste di un ambiente orientato allo studio, chiacchierano, non riescono a concentrarsi, disturbano, si sentono fuori posto e cominciano a fare i bulli, mancano di rispetto verso l'insegnante, infrangono le regole, alcuni si rifanno prendendosela con i compagni più deboli, poi tendenzialmente mollano. Se vengono bocciati, diventano un problema nella classe successiva, dove risultano più grandi e alle volte assumono il ruolo di leader negativi, role-model al contrario, piccole bombe pronte ad esplodere. Alcuni colleghi ritengono che si tratti delle solite problematiche adolescenziali, ma la maggior parte tende a descrivere una realtà sempre più difficile. Altre difficoltà di relazione vengono individuate nella presenza nelle classi prime di alunni portatori di handicap, DSA (con disturbi specifici dell'apprendimento) o BES (con bisogni educativi speciali). Domanda 6: Come hai affrontato gli aspetti critici sopra citati? Quali sono state le modalità di gestione che hai trovato più efficaci? LIVELLI DI PARTENZA Fare intervenire i ragazzi per parlare dei loro vissuti 11 Dedicare il primo mese al recupero dei prerequisiti 9 18
Utilizzare la peer education 6 Somministrare lavoro aggiuntivo da svolgere a casa 6 Usare gli errori per imparare 4 Schematizzare, usare mappe concettuali, gessetti colorati 2 Annotare il progresso e le carenze di ciascun ragazzo 1 Concordare un percorso comune con le discipline affini 1 Controllare sistematicamente i compiti assegnati 1 Lavorare sulle tecniche di studio (uso del dizionario, significato di proverbi, lettura) 1 Utilizzare le ore di compresenza 1 Condividere gli obiettivi della disciplina con gli studenti 1 Non dare alcuna conoscenza per scontata 1 I docenti intervistati “si fanno in quattro” per agevolare l'inserimento degli studenti nelle classi prime e amalgamare i livelli di partenza: cercano di motivarli coinvolgendoli personalmente, intervengono sui prerequisiti necessari ad affrontare la propria disciplina, magari pianificando l'intervento con i colleghi di discipline affini, schematizzano i concetti, non penalizzano gli errori ma li sfruttano per facilitare l'apprendimento, assegnano schede semplificate e riassunti da fare a casa, individualizzano gli interventi sfruttando, se possono, le ore di compresenza, controllano sistematicamente i compiti assegnati e utilizzano l'aiuto degli studenti migliori per favorire l'insegnamento da pari a pari. A questo proposito merita un cenno particolare la pratica introdotta da una collega di lettere qualche anno fa, e mai più da lei abbandonata, di assegnare due tutor allo studente che deve recuperare con un tempo stabilito di intervento e una prova finale per verificare il superamento delle lacune; l'esito soddisfacente della prova premia anche i due tutor che si vedono assegnato un voto positivo. L'ultima considerazione nell'analisi di questa tabella riguarda la pratica utilizzata da un collega di matematica per registrare carenze e progressi dei suoi studenti: un “registrino” dove annota gli esiti di ciascuna prova, scomposti per argomenti, così da avere sempre sottomano il progresso di ciascuno studente e sapere dove intervenire. DINAMICHE RELAZIONALI Coerenza di comportamento da parte del Consiglio di Classe 8 Sinergia con la famiglia 7 Coinvolgere gli studenti e ascoltarli, anche gli stranieri 7 Imporsi con autorità e severità, minacciare, isolare gli studenti problematici 7 Il docente come role model, colui che per primo porta rispetto e che rispetta le regole 5 19
Comportarsi con autorevolezza senza reprimere 5 Evitare lo scontro diretto, il muro contro muro, “alleandosi con lo studente” 4 Responsabilizzare gli studenti difficili affidando loro incarichi particolari 5 Usare l'ironia e la prontezza di spirito, stupire i ragazzi 3 Affrontare direttamente i problemi (per esempio attraverso letture appropriate) e discuterne 3 Usare la ricompensa piuttosto che la punizione 1 Scoraggiare con convinzione la mancanza di rispetto 1 Usare il dialetto per essere più efficaci 1 La coerenza di comportamento da parte dei docenti del consiglio di classe nella gestione delle relazioni all'interno della classe è vista come aspetto sensibile da parte di molti, assieme alla necessità di muoversi con la collaborazione della famiglia nei casi problematici (per quanto ciò non sia sempre possibile). Sembrano emergere due scuole di gestione delle dinamiche relazionali quando si creano situazioni critiche: quella autoritaria che impone il rispetto delle regole ad oltranza e quella più “morbida” della comprensione che cerca l'alleanza con lo studente. Inserisco qui una considerazione personale, dicendo che la maggior parte dei docenti applica probabilmente entrambe le pratiche a seconda dei casi particolari. Non credo sia possibile assolvere al ruolo di educatori senza a volte sbraitare, minacciare, ricattare e altre volte comprendere, persuadere e blandire, con la prevalenza dell'una o dell'altra modalità a seconda delle caratteristiche individuali. Ritengo però che la coerenza del Consiglio di Classe nel gestire le relazioni all'interno del gruppo sia fondamentale per l'efficacia degli interventi, che il docente dovrebbe per primo portare rispetto verso i ragazzi, se lo esige da loro, e assolvere ai propri doveri, se vuole che gli studenti facciano la stessa cosa. Dalla tabella emergono altre pratiche interessanti da condividere e provare: ad esempio quella di assegnare agli studenti difficili incarichi particolari anche di responsabilità, trasformando le loro energie negative in contributo positivo al benessere di tutti; oppure ricorrere alle ricompense piuttosto che alle punizioni; affrontare i problemi “di petto” non appena si presentano e discuterne con i ragazzi; ricorrere all'ironia, avere prontezza di spirito, stupire gli studenti e, se lo si sa fare, perché no, usare anche il dialetto. Un docente tecnico-pratico che sembra non avere alcun problema di disciplina porta con sé in cartella un pre-stampato, dall'aspetto “molto ufficiale”, in cui si richiede un colloquio con la famiglia che firma e fa firmare allo studente e ai genitori. Lo tira fuori senza mezzi termini quando è necessario e sostiene sia efficacissimo. Mi ha particolarmente affascinato la pratica di una collega di diritto che in prima mette in secondo piano i contenuti per lavorare sul metodo, sui processi mentali, sull'auto-consapevolezza, così da 20
rendere gli studenti meno manipolabili. Cerca di ragionare con i ragazzi via via che sorgono problemi di relazione, ascolta il loro punto di vista e utilizza la disciplina che insegna per creare consapevolezza sui diritti e i doveri di chi fa parte di una comunità. La stessa collega sa ricorrere all'ironia, alla prontezza di spirito e stupire gli studenti in situazioni critiche, come quella volta che ha sequestrato un palloncino ricavato da un preservativo e ha continuato tranquillamente a spiegare con l'oggetto in mano, serissima, come se niente fosse. Domanda 7: Come ti comporti con gli studenti particolarmente problematici? Ricordi un caso particolare in cui sei riuscito/a a coinvolgere positivamente questo tipo di studente? Instaurare un rapporto di fiducia 22 Collaborare con la famiglia e i servizi sociali 7 Far ripetere un anno o indirizzare a un altro ordine di scuola 4 Non cedere alle provocazioni 3 Imporsi, anche con la forza, usando la propria autorità 3 Ricorrere ad una motivazione esterna (la gita) 2 Usare l'ironia per sgonfiare le situazioni serie 2 Coinvolgere lo studente in attività integrative quali il teatro 1 Far scrivere 1 Saper cedere al momento giusto 1 Il denominatore comune a molte risposte, il comportamento che ha prodotto maggiori risultati positivi nei rapporti con gli studenti problematici è stato, secondo gli intervistati, quello di creare un rapporto di fiducia tra docente e studente, cercando di farlo ragionare, valorizzandone i lati positivi e dicendogli che ce la può fare, diventando suo complice, trattandolo come una persona responsabile e stringendogli la mano. Molte delle proposte contenute nella tabella relativa alla domanda n. 6 sono anche quelle che hanno sortito effetti positivi in questi casi particolarmente difficili. Alcune sono soluzioni dettate dalla comprensione, altre dal senso di equità e altre ancora dall'impulso di imporre la propria autorità. Tutte e tre possono sortire effetti positivi. Ci sono colleghi, tendenzialmente maschi, che quando perdono la pazienza si impongono fisicamente, senza mezzi termini e funziona. La bocciatura alle volte fa capire la necessità di un maggior impegno e trasforma studenti negligenti in ragazzi impegnati, mentre il passaggio ad un ordine di scuola meno teorico può aiutare studenti demotivati a trovare la propria strada. Anche una ricompensa esterna, quale la gita a Roma da fare in seconda, può dare la motivazione giusta e modificare comportamenti poco scolarizzati. 21
Infine suggerire la partecipazione ad attività integrative quali il teatro o di mettere nero su bianco il malessere provato, può risultare un “toccasana” per studenti che sembrano aver perso i propri punti di riferimento. Mentre il docente che riesce a capire quale sia il momento in cui cedere un po' di autorità, si guadagna la fiducia del ragazzo e ne riceve le scuse. Le proposte sono molte e diversificate, ma, hanno convenuto due dei colleghi intervistati, nei casi “realmente problematici” la scuola, per come è organizzata, può fare ben poco. Domanda 8: Dopo aver messo in atto una tecnica di intervento efficace, cosa fai? Riproporre le pratiche efficaci adattandole alle situazioni nuove 13 Riflettere su ciò che ha funzionato o non ha funzionato 3 Esplicitare il successo e gratificare gli studenti 3 Condividere le buone pratiche e assistere alle lezioni dei colleghi 2 Lasciare spazio ai rapporti personali con gli studenti ( attraverso le mail) 1 Registrare le buone pratiche e trasformarle in procedure 1 La domanda n. 8 ha spiazzato alcuni dei colleghi intervistati che l'hanno considerata quasi scontata e non hanno risposto. Tra coloro che si sono espressi, la maggior parte tende a riproporre le pratiche efficaci adattandole alle mutate situazioni, alcuni hanno messo in evidenza la necessità di una riflessione su ciò che ha o non ha funzionato, altri quella di rendere esplicito il successo così da gratificare gli studenti. Sembrano piuttosto interessanti un paio di suggerimenti che puntano alla condivisione delle buone pratiche: registrare e trasformare le buone pratiche in procedure riutilizzabili in altre situazioni da un lato, e assistere a lezioni di colleghi dall'altro. Andando contro il modo di lavorare individualista e un po' estemporaneo di noi docenti, riprendere queste due strategie, già utilizzate in anni passati ma poco praticate oggi, potrebbe essere utile a creare maggior riflessione, auto consapevolezza e discussione sulle pratiche didattiche all'interno del nostro istituto. Domanda 9: L'ambiente in cui operi favorisce la soluzione dei problemi collegati alla gestione di classi prime? NO E` difficile condividere le modalità di intervento 6 Le classi sono troppo numerose 4 Eccessiva burocrazia 4 Eccessiva rigidità 3 22
Luoghi e strumenti poco adeguati 3 La scuola sembra dover risolvere tutti i problemi della società 2 Le valutazioni della scuola media non sono omogenee 1 Troppe classi 1 SI I rapporti con i colleghi sono buoni 3 I laboratori sono una risorsa importante 3 11 E` possibile ricorrere al CIC e chiedere l'intervento di esperti esterni 1 Oltre a quanto inserito in tabella, quattro colleghi hanno sostenuto che dipende da quanto il consiglio di classe riesce a adottare strategie comuni e coerenti, e altri quattro ritengono che stia tutto al singolo docente indipendentemente dall'ambiente in cui opera. In due reputano la posizione del dirigente scolastico fondamentale nel creare un ambiente più o meno favorevole alla gestione delle classi prime. Visto che luoghi e strumenti sono gli stessi per tutti, le valutazioni contraddittorie che si evincono dalle tabelle indicano come la percezione dell'ambiente di lavoro dipenda da altri fattori, quali la composizione delle classi, per numero e tipo di studenti, e dei relativi consigli di classe. Sembra che il riuscire ad avere sinergia fra colleghi sia percepito come molto importante per creare un ambiente di lavoro favorevole alla gestione delle classi prime multilivello. Questa, tra l'altro, è proprio la direzione in cui si vuole andare con il presente lavoro. Il punto di vista degli studenti Come indicato nell'introduzione, sono state sentite anche tre classi di studenti (due quinte e una seconda). L'idea è venuta da loro, durante un viaggio di istruzione, quando mi hanno visto somministrare il questionario agli altri docenti accompagnatori: “perché non intervista anche noi prof?”. Avrei dovuto individuare sotto-obiettivi adeguati agli studenti con le relative domande, ma, per mancanza di tempo, ho utilizzato il questionario per docenti proponendo solo i quesiti adatti anche a raccogliere il punto di vista dei ragazzi (quesiti 1, 3, 4, 5, 6, 7). Nonostante lo scarso “rigore” della procedura mi pare interessante riportare l'esito di questa operazione. Gli studenti hanno detto di apprezzare molte delle pratiche menzionate dai docenti nella gestione delle classi prime multilivello. Piacciono l'utilizzo dei lavori di gruppo e i progetti di classe, le uscite di un giorno fatte all'inizio dell'anno scolastico, l'uso di giochi e competizioni, la peer education (anche se non a tutti), le attività di ripasso e potenziamento gestite contemporaneamente. 11 Centro di Informazione e Consulenza 23
La distribuzione dei posti all'interno della classe è considerata dai ragazzi strategica per la gestione delle dinamiche relazionali; secondo loro nelle prime i posti vanno cambiati frequentemente, sia a tavolino che decisi dal caso; mi hanno raccontato di episodi in cui la vicinanza con un compagno considerato inizialmente antipatico abbia favorito il nascere di un'amicizia. Per quanto riguarda il primo giorno di scuola, sembrerebbe esserci un generalizzato senso di ansia tra i ragazzi: un po' per la situazione nuova e un po' per le presentazioni, da loro definite “terroristiche”, dei docenti. Dopo aver indagato ulteriormente sulla faccenda “terrore”, gli studenti mi hanno spiegato che sentono la necessità di cogliere una disponibilità da parte dei docenti ad ascoltarli e capirli. Hanno tenuto a specificare che i ruoli sono loro chiari e che un docente severo ed esigente viene da loro apprezzato, nel momento in cui si dimostra anche disponibile. Ritengono che il biennio richieda un comportamento autoritario da parte dei docenti e che le regole vadano fatte rispettare. Alla domanda relativa alla gestione di studenti problematici, i ragazzi concordano con quanto suggerito da alcuni insegnanti e propongono di farli partecipare maggiormente alla lezione, magari assegnando loro incarichi particolari. Suggeriscono anche di interrompere la lezione per una breve pausa quando l'insofferenza del gruppo classe é palpabile, in quanto “staccare la spina” é ritenuta a volte la modalità migliore per riguadagnare la concentrazione. Un aspetto molto sentito dagli studenti riguarda l'equità della valutazione e la coerenza nel comportamento da parte dei docenti; coloro che agli occhi dei ragazzi peccano in uno di questi fattori vengono vissuti male dalle classi e perdono la fiducia degli studenti. Infine, tra le altre cose, mi ha colpito particolarmente la consapevolezza da parte degli studenti quindicenni della mia seconda che i comportamenti disturbanti di alcuni di loro derivano dall'insuccesso scolastico e non, come si potrebbe pensare, da caratteristiche individuali. Condivisione dei risultati e monitoraggio Il primo passo per restituire ai colleghi i dati raccolti e iniziare un discussione produttiva sulla gestione di classi prime multilivello sarà quello di caricare questo lavoro e una serie di slides che lo riassumono sul sito della nostra scuola www.iiiseinaudiscarpa.gov.it al link “didattica”. Sto valutando con il collega che se ne occupa come mettere in evidenza graficamente il contributo, che apparirà anche tra le ultime notizie della homepage. Ho concordato poi con la nostra dirigente scolastica un mio intervento nel collegio docenti di giugno, quello in cui viene fatta la valutazione del lavoro dell'anno scolastico appena terminato e si guarda già in prospettiva all'anno successivo. Intendo in questa sede invitare i colleghi a visitare il link “le buone pratiche dell'IIS Einaudi Scarpa” e il relativo forum dove possono lasciare commenti e riflessioni. Farò una breve valutazione del lavoro e farò una proposta operativa: continuare con la condivisione di buone 24
pratiche delegando/assegnando al primo incontro di dipartimento di settembre il compito di individuare un tema per la riflessione e la discussione per l'anno scolastico 2014/2015. Il tema potrebbe essere trasversale a più discipline oppure squisitamente disciplinare e la discussione/riflessione dovrebbe occupare una parte delle riunioni di dipartimento del prossimo anno. I risultati andrebbero nuovamente condivisi sul nostro sito web. Mi renderò inoltre disponibile per un incontro iniziale in cui restituire in modo ragionato e dettagliato il presente lavoro e raccogliere suggerimenti e idee per altre modalità di condivisione di buone pratiche didattiche nella nostra scuola. Chiederò, inoltre, ai colleghi se ritengono che questa modalità, la condivisione di buone pratiche, possa essere allargata anche ai consigli di classe per favorire quella coerenza di comportamento nella gestione delle classi in generale, e delle situazioni “difficili” in particolare, ritenuta fondamentale da molti di noi. Per monitorare la validità delle pratiche condivise, si potrà di volta in volta dedicare parte degli incontri alla riflessione sull'efficacia degli interventi effettuati e/o discuterne sul forum delle buone pratiche rispondendo alla seguente domanda: Le buone pratiche condivise in precedenza si sono rivelate utili a migliorare il vostro lavoro? Se si, come? Se no, perché? Inoltre il questionario sulla percezione della qualità dell'ambiente di studio e di lavoro compilato online ogni anno da studenti, genitori, personale ATA12 e insegnanti permetterà di vedere se questa percezione é in miglioramento. 12 Persoanle Amministrativo, Tecnico e Ausiliario 25
TERZA PARTE RIFLESSIONI CONCLUSIVE DALLA PRATICA ALLA TEORIA 26
Autovalutazione e riflessioni Sono consapevole del fatto che lo slancio e entusiasmo che sentivo al momento della pianificazione di questo progetto é andato un po' scemando in corso d'opera, e che l'idea iniziale di organizzare almeno un paio di incontri nella forma di focus group, allargati ai docenti interessati, avrebbe favorito una maggiore ricchezza di spunti e punti di vista sul tema presentato alla discussione: la gestione di classi prime multilivello. Vedo la motivazione principale di questo cambiamento di rotta nella stanchezza di un anno scolastico caratterizzato da tante iniziative e tanti progetti: alternanza scuola-lavoro, la scuola 2.013, il move for the future14 (per altro non approvato), per nominarne solo alcuni, e dal registro elettronico ancora in fase di sperimentazione per cui affiancato a quello cartaceo. Altri fattori che hanno contribuito a rendere l'anno scolastico 2013/2014 particolarmente faticoso sono: la parcellizzazione delle riunioni pomeridiane di coordinamento, i vari collegi docenti, dipartimenti effettuati a due ore alla volta, le riunioni per adempiere alla normativa sulla sicurezza, e la riorganizzazione della nostra scuola per far fronte all'accorpamento dell'istituto professionale Scarpa, per cui ora siamo l'IIS Einaudi-Scarpa. Probabilmente non l'anno migliore per partire con un progetto di questo tipo. Non me la sono sentita di proporre ulteriori incontri, temevo venissero vissuti come un'altra incombenza e ho preferito procedere con le interviste che ho descritto nella seconda parte di questo elaborato. Ciò nonostante resto convinta della validità di un laboratorio di buone pratiche nella mia organizzazione di riferimento per tutte le ragioni già addotte, prima fra tutte quella di creare motivazione in noi docenti e di conseguenza anche nei nostri studenti. Bisognerebbe davvero ripensare ad un uso più pratico e meno burocratico delle riunioni fra docenti e trovare il tempo per raccontare e condividere le modalità che usiamo per insegnare la nostra disciplina e come facciamo fronte ai problemi quando emergono. L'anno scolastico che si sta chiudendo, ad esempio, é stato caratterizzato da parecchi problemi nella gestione delle classi prime, che hanno portato alla convocazione di consigli di classe straordinari e alla comminazione di sanzioni disciplinari in più di una classe. Proprio il tema scelto per questo primo contributo alla condivisione di buone pratiche nel mio istituto. Mi piacerebbe che i dati raccolti dalle interviste e la riflessione su di essi nel corso del prossimo anno scolastico, magari con l'aggiunta di altri dati e contributi, potessero risultare utili ai colleghi nella gestione di classi prime multilivello. E mi piacerebbe anche che il senso di questa utilità pratica inducesse la mia organizzazione, nelle persone dei docenti che vi lavorano, a proseguire nella condivisione di buone pratiche anche relativamente ad altri temi e questioni, visto che gli argomenti per la discussione sono fra i più vari. Nelle risposte al questionario per 13 Quella digitale 14 Progetto della Regione Veneto per favorite l'apprendimento delle lingue straniere attraverso la mobilità all'estero 27
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