Le ACLI e il Welfare locale - Presidenza regionale ACLI Marche

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Presidenza regionale
        ACLI Marche

      Le ACLI
          e
  il Welfare locale

Ufficio regionale politiche sociali e welfare
               Acli Marche
2

       Presidenza Regionale
           ACLI Marche

Le Acli e il Welfare locale

 Ufficio regionale politiche sociali e welfare
                Acli Marche
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INDICE
PRIMA PARTE - Politiche regionali, ambiti territoriali sociali
e reti solidali: per un nuovo Welfare locale
I. Il contesto…………………………………………………PAG. 5
        I.1. La crisi del Welfare tra Libri verdi
            e Libri bianchi……………………………………PAG. 5
        I.2 Le ACLI: per un Welfare promotore di sviluppo…PAG. 7
        I.3.Crisi economica, Welfare solidale, territorio,
            sussidiarietà………………………………………PAG. 8
II. La realtà regionale……………………..…………………PAG.11
      II. 1. Il Piano sociale della Regione Marche…………...PAG.11
      II. 2. Il Piano sociale delle Acli marchigiane…………..PAG.12
III. Il progetto…...…………………………………………..PAG.13
     III. 1. Conoscenza e valorizzazione degli ambiti
           territoriali sociali………………………………….PAG.13
    III. 2. L’esperienza delle Reti solidali…………………...PAG.14
    III. 3. Affrontare i bisogni e ritessere i legami
           comunitari per ricostruire la “città”……………….PAG.16
IV. Le iniziative…..…………………………………………PAG.17
    IV. 1. Il gruppo regionale di lavoro……………………..PAG.17
    IV. 2. Il sostegno delle Acli alla Campagna
           contro il razzismo…………………………………PAG.19
    IV. 3. Acli e nuovi bisogni sociali: colf e anziani………..PAG.20
    IV. 4. Acli e nuovi bisogni sociali: gli immigrati…………PAG.22
V. Esperienze locali……….…………………………………..PAG.24
      V. 1. Recanati: Laboratorio su Politiche sociali
           e Welfare locale…………………………………...PAG.24
      V. 2. Fano: Reti solidali………………………………..PAG. 25
      V. 3. Macerata: Le Colf delle Acli si raccontano………PAG.27
      V. 4. Ancona: il Premio Cultura della Solidarietà
             a don Leonida Fabietti animatore della
             Tenda di Abramo………………………………...PAG.28
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   V. 5. Jesi: dal “Punto Buongiorno” alla
        Festa Multietnica…………………………………PAG.29
   V. 6. Urbino: politiche sociali regionali e
       Welfare locale……………………………………..PAG.31
   V. 7. Camerano: un Circolo e il suo impegno per
        costruire la comunità…………………………….PAG.32
   V. 8. Tolentino: nasce il Circolo Acli Colf
        “Arcobaleno”…………………………………….PAG.33

Seconda parte - Le ACLI:“Sentinelle del sociale”

   II. 1. Il nostro compito…………………………….…….PAG.36
   II. 2. Gli ambiti prioritari di impegno…………..…………PAG.37
   II. 3. Di fronte alla crisi…………...…………………….PAG.38
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                      Prima parte
  Politiche regionali, ambiti territoriali
           sociali e reti solidali:
       per un nuovo Welfare locale

I. Il contesto
I. 1. La crisi del Welfare tra Libri verdi e Libri bianchi

       Gli ultimi decenni del Novecento hanno visto cambiare in
profondità lo Stato sociale che era stato lentamente costruito nel
corso del secolo. Lo Stato sociale, frutto anche delle lotte condotte
dal movimento operaio fin dall’Ottocento, si era posto l’obiettivo di
garantire lo sviluppo attraverso la sicurezza del lavoro e di tutelare i
diritti dei cittadini, difendendo in particolare i più deboli, che ri-
schiavano di restare esclusi dalla società del benessere, perché disoc-
cupati, invalidi, malati o anziani.
        Nei Paesi più avanzati lo Stato sociale ha ottenuto risultati
indubbiamente positivi, ma dagli anni Ottanta del Novecento è sta-
to sottoposto a critiche crescenti non solo per gli alti costi economi-
ci, ma anche per la tendenza a trasformarsi in Stato assistenziale.
Alla base di questo forte impulso al cambiamento dello Stato socia-
le vi sono i grandi mutamenti dell’economia, il peso crescente del
mercato, l’aumento dei bisogni indotti dalla società dei consumi, ma
anche l’invecchiamento della popolazione dei Paesi più ricchi, le
grandi migrazioni dal Sud al Nord del mondo e soprattutto l’affer-
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mazione del pensiero neo-liberista che esalta il ruolo del mercato e
tende a limitare ogni presenza dello Stato.
        Anche in Italia l’invecchiamento della popolazione, le trasfor-
mazioni del lavoro e il fenomeno dell’immigrazione hanno creato
nuovi bisogni che richiedono una profonda riforma dello Stato so-
ciale, ma tale riforma non può essere affidata unicamente al merca-
to perché avrebbe effetti pesantemente negativi sui più deboli. Nelle
prestazioni del Welfare va accolta l’esigenza di eliminare gli sprechi
e di introdurre validi criteri di efficienza, Ma l’unico criterio di valu-
tazione non può essere l’efficienza economica: occorre valutare an-
che l’attenzione alle persone, l’efficacia degli interventi, la loro qua-
lità, i loro effetti sociali.
        Il Libro verde sul Welfare lanciato dal ministro Sacconi nel 20-
08 si è mosso ancora all’interno del modello del “Welfare delle op-
portunità”, prevedendo una forma minima di diritti per tutti e la li-
bertà individuale di accesso alle variegate offerte del mercato. Un
modello inaccettabile a giudizio delle Acli; tanto più che agli altri
attori capaci di operare accanto allo Stato e al mercato (il Terzo set-
tore, gli organismi della società civile e le comunità locali) venivano
riservate soltanto funzioni sussidiarie: si introduceva insomma una
sussidiarietà al contrario!.
        Il Libro bianco pubblicato nel maggio 2009 ha rivisto alcune
di queste posizioni, recependo, dal punto di vista dei principi, molte
delle osservazioni e delle richieste venute dalla società civile ed an-
che dalle Acli e dall’associazionismo democratico. Le Acli condivi-
dono principi come: la centralità della persona posta all’interno di
una rete di relazioni; l’idea di politiche sociali che prevengono e non
solo curano, accompagnando i cittadini con offerte personalizzate;
l’ipotesi di un welfare non difensivo che punti ad amplificare il pro-
tagonismo sociale e consenta una cooperazione sussidiaria con le
istituzioni; il lavoro quale dimensione integrante di un progetto di
vita e di cittadinanza; l’atteggiamento di apertura di fronte alle nuo-
ve sfide della società multietnica.
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      Ma il Libro bianco rinvia a successivi Piani di azione la tradu-
zione concreta di tali principi e quindi rischia di trasformarsi in un
Libro dei sogni. Anche perché nel frattempo le scelte concrete ope-
rate dal Governo Berlusconi, di cui Sacconi fa parte, vanno in tutt’-
altra direzione: lo dimostrano le scarse misure prese per far fronte
alla crisi economica, la mancata introduzione di ammortizzatori so-
ciali capaci di tutelare anche i lavoratori precari, l’atteggiamento nei
confronti dei problemi del Sud e soprattutto il decreto sicurezza.

I. 2. Le ACLI: per un Welfare promotore di sviluppo

      Da tempo le ACLI si sono espresse per un Welfare correspon-
sabile e promotore di sviluppo umano che, accanto ai principi di
uguaglianza, garantiti dallo Stato, e di libertà, promossi dal mercato,
valorizzi il principio di solidarietà, promovendo il capitale sociale
capace di fermentare legami solidali e cittadinanza attiva; in questo
modo è possibile rendere protagoniste e responsabili le persone e le
loro famiglie.
      Si tratta, in concreto, valorizzare le risorse della società civile,
trasferendo ad essa alcuni dei servizi finora svolti dalle istituzioni
pubbliche, ma senza ovviamente cancellare l’intervento dello Stato,
soprattutto nel caso di servizi ritenuti essenziali. In questo modo si
potrebbe valorizzare la responsabilità dei cittadini e dei mondi vitali
presenti nella società, realizzando un equilibrio nuovo tra Stato,
mercato e società civile. In tal modo si favorirebbe il passaggio dal
Welfare State alla Welfare Society, ossia nella direzione di una società
del benessere più autodiretta, più responsabilizzata, meno burocra-
tizzata, meno compressa dall’alto e più giusta.
      Un Welfare è efficace davvero se favorisce un modello di citta-
dinanza compiuto, teso a promuovere uguaglianza di opportunità, a
incentivare responsabilità ed a investire nella costruzione di una so-
cietà coesa e solidale.
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      Le ACLI pensano a un Welfare locale al servizio dei più debo-
li: anziani, immigrati, bambini e minori, ma anche famiglie monopa-
rentali a basso reddito. E pensano a un Welfare municipale e comu-
nitario che sia pensato non solo come costo economico, ma quale
cifra dell’abitare civile in una società. Questo tipo di Welfare può
essere promotore di sviluppo umano se è capace di stabilire legami
con i cittadini e fra i cittadini, sia per consentire loro di affrontare
situazioni di disagio accedendo ai servizi offerti, sia per garantire ad
ognuno il pieno coinvolgimento nella realizzazione degli interventi
previsti dalla rete dei servizi (istituzionali, profit e no-profit).
      Le ACLI, infine, sottolineano la necessità di un Welfare inte-
grato con gli altri interventi realizzati dalle politiche sociali: ammor-
tizzatori sociali, investimenti lavorativi, progetti di formazione, pia-
ni-casa, progetti di sostegno a famiglie e minori, fondo per la non
autosufficienza, politiche promozionali per gli anziani ecc. Solo si-
stemi di servizi coordinati con interventi integrati di politiche sociali
sono in grado di assicurare alle persone e alle famiglie condizioni di
vita più serene e più eque.

I. 3. Crisi economica, Welfare solidale, territorio, sussidiarietà

      Le disfunzioni e gli sprechi dell’attuale modello sociale sono
ben noti ed è ovvio che ad essi occorre provvedere. Ma se si fa rife-
rimento alla spesa media per i servizi alla persona, in rapporto all’-
Europa, è evidente che il nostro Paese è sotto la media europea nel-
la percentuale di PIL assegnata alle politiche di Welfare. Si tratta del-
l’assenza di una vera rete di sicurezza per i più bisognosi e i più in-
digenti, che oggi in Italia sono in numero crescente e comunque so-
no di gran lunga più numerosi che in altri Paesi dell’Europa occi-
dentale. Se a questo aggiungiamo i fenomeni di bassa natalità e di
invecchiamento della popolazione con l’accentuarsi di casi di non
autosufficienza e di malattie croniche, è chiaro che saremo obbligati
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a ridefinire le priorità del nostro sistema di Welfare.
       L’attuale crisi economica ha moltiplicato le iniziative di solida-
rietà e di sostegno ai più poveri (famiglie e lavoratori in difficoltà);
queste azioni generose hanno contribuito a rendere economicamen-
te sostenibile il nostro Welfare, in una situazione di gravissima cre-
scita del debito pubblico. Ma la soluzione non può essere la
“solidarietà fai da te” e tanto meno un “Welfare fai da te.” Dalla cri-
si usciremo solo se gli attori pubblici e quelli della società civile sa-
ranno capaci di reinterpretare i bisogni e di redistribuire in modo
adeguato le risorse, coinvolgendo tutti i soggetti sociali e riqualifi-
cando le politiche di Welfare nel nostro Paese.
        A giudizio delle Acli, il nuovo Welfare o sarà solidale, cioè
nutrito da relazioni buone nella società, a partire dalla famiglia pas-
sando attraverso i corpi sociali intermedi fino alle istituzioni giuste,
oppure sarà un tentativo residuale senza respiro e quindi senza futu-
ro.
        Noi riteniamo che, in un sistema di protezione sociale, la pri-
ma fondamentale priorità sia quella di aiutare chi non è in salute, chi
non ce la fa a tirare avanti e soprattutto chi nasce in condizioni di
svantaggio. Si tratta dunque di riqualificare la spesa, mettendo in
campo strumenti capaci di affrontare le criticità più gravi. La tutela
della salute ci impone di discutere, oltre che di sanità dei mezzi, an-
che di sanità dei fini, a partire dai principi di fondo (come si struttu-
ra l’universalismo selettivo del quale oggi si parla?) per giungere poi
ai criteri di definizione dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e dei
LIVEAS (Livelli essenziali di assistenza sociale).
        Inoltre sappiamo che con la riforma del titolo V della Costi-
tuzione si corre il rischio che si giunga a tanti sistemi di Welfare
quante sono le regioni italiane: per questo vanno definiti prioritaria-
mente i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali di assistenza
sociale, così come è opportuno fissare i costi standard di riferimen-
to.
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        Affrontando temi più specifici, va detto che oggi una delle
sfide più importanti sta nel bisogno di copertura della non autosuf-
ficienza. Non si tratta solo di stanziare qualche somma da ripartire
fra le Regioni; è fondamentale, invece, delineare delle linee guida in
grado di definire il quadro dei diritti essenziali su questo fronte. La
questione investe la legislazione regionale e l’organizzazione dei ser-
vizi territoriali, per questo occorre un quadro legislativo nazionale
in grado di indicare i livelli essenziali omogenei delle prestazioni per
la non autosufficienza.
        Nei Comuni, inoltre, come sappiamo bene, cresce la tenden-
za ad affidare all’esterno la gestione dei servizi sociali, incrociando
livelli di spesa contenuti e prestazioni accettabili. Tuttavia, spesso ci
si trova di fronte a deleghe che non giovano alla qualità e più volte
si ottengono risultati migliori laddove la rete dei servizi pubblici è
meglio strutturata e presenta un’architettura ben definita. Dove in-
vece i servizi non fanno sistema, c’è il rischio della frammentazione
e della dequalificazione, soprattutto quando enti esterni al territorio
vincono gare al massimo ribasso. Di qui l’invito che le Acli rivolgo-
no al Terzo settore a fare sistema al suo interno fra realtà presenti
nello specifico territorio: solo in questo modo il Terzo settore può
svolgere una funzione propositiva e partecipativa, riuscendo ad atti-
vare risorse aggiuntive (coinvolgimento del volontariato, creazione
di reti ecc.) capaci di costruire un Welfare comunitario.
        L’integrazione socio-sanitaria richiede altresì un ripensamen-
to dell’attuale assetto aziendale delle ASL. L’Azienda Sanitaria Loca-
le, infatti, essendo espressione regionale, non di rado rischia una di-
stanza “istituzionale” dai Comuni che può minare alla radice l’inte-
grazione tra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali e il coinvolgi-
mento del Terzo settore.
        Il Welfare relazionale, delle opportunità e delle responsabilità,
a cui pensano le Acli, non può che assumere i profili rigorosi della
sussidiarietà. Ma la vera sussidiarietà deve correlarsi con la corre-
sponsabilità, altrimenti rischia di essere soltanto una forma di dele-
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ga o la variabile di una architettura istituzionale fragile e incapace di
dare risposta ai bisogni sociali di un territorio.

II. La realtà regionale
II. 1. Il Piano sociale della Regione Marche

    Con il Piano sociale 2008-2010, approvato il 28 luglio 2008,
prosegue nella Regione Marche il cammino per realizzare un siste-
ma integrato dei servizi socio-sanitari.
    Le Acli regionali hanno espresso apprezzamento per il Piano
Sociale 2008-2010, in un documento nel quale hanno posto l’at-
tenzione su quattro necessità fondamentali:
    • Una più ampia integrazione dei servizi sociali e sanitari.
    • Una concreta partecipazione dei cittadini, coinvolgendo le
       organizzazioni sindacali e le associazioni degli utenti, senza
       però trascurare il ruolo svolto dalle Associazioni di promo-
       zione sociale e dagli Enti di Patronato.
    • Un maggior coinvolgimento dei Segretariati sociali poliva-
       lenti, che, sperimentati da vari anni da ACLI, Caritas e altre
       Associazioni di volontariato, possono divenire utili sensori
       sul territorio per gli Uffici di Promozione Sociale.
    • Infine, il riconoscimento del lavoro di cura svolto dalle as-
       sistenti familiari come “lavoro socialmente utile”.
    In questi mesi, dopo l’approvazione delle Linee guida per il
nuovo Piano sociale regionale, è iniziato il percorso che porterà
gli ambiti territoriali ad elaborare i nuovi Piani sociali di ambito.
    Le Acli intendono partecipare a questo processo ribadendo le
quattro necessità fondamentali sopra richiamate, ma sottolinean-
do anche la necessità di intervenire con nuovo impegno su altre
urgenze: dalle politiche giovanili al funzionamento dei consultori
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familiari, dalla disponibilità di alloggi popolari alle politiche per
l’integrazione degli immigrati.

II. 2. Il Piano sociale delle Acli marchigiane

L’idea di promuovere un piano sociale delle ACLI marchigiane è
nata nel 2003 quando ha preso avvio il Progetto Sviluppo Sociale,
elaborato dalle ACLI nazionali. Così le ACLI marchigiane hanno
iniziato ad occuparsi in modo organico della riforma dello Stato so-
ciale e in particolare dell’attuazione della legge 328, con la quale an-
che nelle Marche si stava iniziando a riorganizzare l’intero sistema
dei servizi sociali.
      Concretamente le ACLI hanno scelto di impegnarsi soprattut-
to su tre temi: 1) gli anziani; 2) le famiglie; 3) gli immigrati. Su questi
temi sono state prese numerose iniziative: non si è trattato soltanto
di dibattiti e momenti di formazione e di confronto; con il supporto
del Patronato nazionale, il Patronato ha realizzato vari progetti, of-
frendo nuovi servizi in particolare agli immigrati e alle colf, giunte
in Italia per assistere un crescente numero di anziani nelle nostre
famiglie.
      Una intuizione di fondo ha guidato questi progetti: il rapporto
di lavoro domestico familiare è un luogo privilegiato dove speri-
mentare percorsi di integrazione, poiché vi si incontrano tre catego-
rie “a rischio di emarginazione sociale”, cioè le colf immigrate, gli
anziani e le famiglie in difficoltà. Per rispondere alla domanda che
viene da queste tre categorie non solo sono stati stretti nuovi rap-
porti con le Associazioni di volontariato e con le Associazioni degli
immigrati, ma sono stati realizzati anche corsi per formare
“sentinelle sociali nel territorio” e nuovi promotori sociali del Pa-
tronato con l’obiettivo, già raggiunto, di arrivare alla costituzione
dell’AVAM (Associazione Volontari Acli Marche).
      Nell’ultimo quadriennio l’impegno sulle politiche sociali ha
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portato alla creazione di un apposito Ufficio regionale ACLI ed ha
permesso di rafforzare i molti nodi della rete territoriale delle ACLI
nelle Marche. Le iniziative prese per rispondere ai bisogni emersi
dai territori locali hanno spinto le Acli marchigiane a sperimentare
anche un nuovo modello di intervento; è emersa così l’idea che il
Segretariato Sociale Polivalente (nel quale far convergere i servizi
del Patronato e del CAF e l’azione volontaria degli aclisti della zo-
na), oltre a rispondere ai bisogni del territorio, possa anche svolgere
una valida azione di supporto all’Ufficio di Promozione sociale pre-
visto dalla legge 328. I Segretariati sociali polivalenti potrebbero
aiutare le istituzioni pubbliche a migliorare la qualità dei servizi so-
ciali e diventare anche loro una delle porta unitarie di accesso ai ser-
vizi.
        Su questi temi il confronto con la Regione è stato sempre a-
perto e costruttivo e si è concretizzato con l’inserimento di alcune
delle proposte formulate dalle ACLI nel Piano Sociale 2008-2010
approvato nel 2008 dalla Regione Marche.
       Su queste problematiche deve crescere l’impegno delle struttu-
re provinciali ed è fondamentale che le varie iniziative locali siano
raccordate all’interno del Piano sociale delle Acli marchigiane, con il
quale vogliano contribuire alla costruzione di un futuro migliore per
la nostra regione.

III. Il progetto
III. 1. Conoscenza e valorizzazione degli ambiti territoriali so-
ciali

       Il Progetto “Ambiti sociali territoriali e Welfare locale” si po-
ne l’obiettivo di far conoscere alle strutture di base delle Acli, ai soci
e soprattutto ai dirigenti, il proprio Ambito sociale territoriale di ap-
partenenza. Ovviamente lo sviluppo del progetto rappresenta anche
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l’occasione per far conoscere all’Ambito sociale territoriale, nella
persona del Coordinatore, l’attività svolta dalle Acli in ogni territo-
rio di riferimento ed avviare, così, una fattiva collaborazione finaliz-
zata alla stesura ed alla successiva realizzazione dei Piani di Ambito.
      Poiché nel frattempo sono state approvate le Linee Guida del
Piano Sociale della Regione Marche, il Progetto si pone anche l’o-
biettivo di far conoscere tale documento non solo all’interno dell’-
Associazione, ma anche nel territorio regionale, pubblicandone una
sintesi e organizzando almeno un incontro specifico.

Fasi di attuazione e attività previste
Il progetto ha due fasi di attuazione, secondo la seguente articola-
zione:
   1.Incontri pubblici con i Coordinatori di Ambito
       In ognuno dei 24 ATS viene organizzato un incontro di tut-
       to il sistema Acli presente nel territorio con il Coordinatore
       di Ambito, concordando tempi, modi e contenuti.
   2. Referenti Acli di Ambito
       2.1 Successivamente all’incontro di cui al punto 1 viene indi-
           viduato un referente/portavoce delle Acli nei confronti
           dell’Ambito sociale territoriale al fine di favorire la colla-
           borazione e le possibili sinergie;
       2.2 Nel frattempo è prevista la realizzazione di un percorso
           formativo per i Referenti Acli di Ambito: 18 ore di aula
           volte a fornire i possibili strumenti necessari allo svolgi-
           mento del proprio ruolo (strumenti di progettazione,
           quadro normativo, ambiti d’intervento)

III. 2. L’esperienza delle Reti solidali

       Le carenze del Welfare locale, aggravate dalla crisi economi-
ca, spingono sempre più i corpi intermedi e in particolare il variega-
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to mondo del volontariato e dell’associazionismo a impegnarsi in ini-
ziative di solidarietà. Per rendere più efficaci gli interventi spesso na-
scono anche forme di coordinamento fra enti e associazioni che spes-
so non avevano mai operato insieme. Si tratta di fatti importanti che
vanno fatti conoscere, perché possano diventare di esempio per altre
realtà.
      Nel caso delle Marche l’esperienza più significativa appare quella
di Fano dove, nel marzo 2009 è nato un coordinamento al quale, si-
gnificativamente, è stato dato il nome di “Reti solidali”. Al coordina-
mento hanno aderito, oltre alle Acli provinciali, alla Caritas diocesana
ed al Forum del Terzo Settore, anche Casa Betania, Banca del tempo,
Associazione Volontari San Paterniano, Associazione La Famiglia, Vo-
lontari della solidarietà, Ceis, Millevoci, Cooperativa Casa Accessibile,
Cooperativa I Talenti.
      Nell’immediato il coordinamento si pone l’obiettivo di dare ri-
sposte ai problemi delle famiglie in difficoltà e ai nuovi poveri; per co-
noscere meglio la situazione locale e monitorarla costantemente si uti-
lizzerà l’Osservatorio delle Povertà istituito dalla Caritas. Più in gene-
rale si punta a “far emergere un sistema di valori meno individualisti-
co e sempre più orientato (specie per quello che riguarda le imprese)
alla responsabilità sociale”, affermando esplicitamente che
“l’inclusione sociale, la partecipazione, la creatività, la formazione del
capitale umano, la fiducia nelle relazioni devono essere poste al centro
delle politiche di sviluppo della nostra comunità”.
      Con queste iniziative il Coordinamento Reti solidali si pone l’o-
biettivo di “un nuovo Welfare che punti sulle politiche per la tutela
della famiglia e di tutti gli altri beni relazionali e non monetari come la
sicurezza, l’istruzione, la sanità e l’ambiente”.
      Per i caratteri ora sinteticamente delineati e per gli obiettivi che si
pone, l’esperienza di Fano può essere indicata anche ad altre realtà lo-
cali come un modello da seguire. Certamente è una esperienza che si
colloca a pieno titolo all’interno del Progetto “Valorizzazione degli
ambiti territoriali sociali e nuovo Welfare locale”.
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III. 3. Affrontare i bisogni e ritessere i legami comunitari per ri-
costruire la “città”

        Mettere al centro di un progetto la finalità di conoscere gli Am-
biti territoriali sociali può sembrare un obiettivo secondario se non
marginale. Non lo è se lo si inserisce nell’obiettivo più ampio che da
tempo è al centro dell’azione sociale delle Acli: ritessere i legami e far
rinascere la comunità per ricostruire la “città”.
       Per farlo occorre ripartire dai luoghi della fiducia, che a giudizio
delle Acli cominciano dalle relazioni “corte”: quelle interpersonali, fa-
miliari, micro-comunitarie.
       La coesione e la solidarietà nel nuovo secolo sono chiamate a
misurarsi con il mondo multi-etnico, multiculturale e interdipendente
prodotto dalla globalizzazione in atto, rispetto al quale le paure e i
pregiudizi rischiano di moltiplicarsi insieme ai contatti ravvicinati ed
alla fragilità dei legami sociali. In questa direzione, diventa strategico
l’investimento nel tessuto associativo quale trama della fiducia reci-
proca e dell’apertura agli altri.
       Questo discorso vale per tutte le realtà associative. Per quello che
riguarda più propriamente le Acli l’investimento nel tessuto associati-
vo si articola sia nella valorizzazione di quello già presente nei territo-
ri, che spesso costituisce l’avanguardia e la prima linea dell’Associazio-
ne, sia nella sperimentazione di nuove forme organizzative e aggrega-
tive in grado di rispondere a tale esigenza di socialità diffusa, sia infine
nel potenziamento dell’azione formativa in modo da dare agli aclisti
gli strumenti per agire efficacemente nel nuovo spazio sociale.
       Per questi motivi, ricostruire i legami associativi diventa il primo
passo per ricostruire la città; nel caso delle Acli si tratta di utilizzare le
vecchie forme aggregative (i “Circoli”) come laboratori di democrazia
partecipativa e deliberativa, per ritessere i legami comunitari al fine di
ricostruire la “città”.
       Con questa finalità di fondo il Progetto “Ambiti territoriali” si
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pone l’obiettivo di conoscere meglio i bisogni sociali emersi dalle
realtà locali, per contribuire a rispondere a quei bisogni in un’ottica
comunitaria, valorizzando tutte le esperienze di volontariato e di
promozione sociale presenti nel territorio.
      Alla realizzazione di questi obiettivi deve contribuire tutto il
complesso sistema delle Acli. Negli Orientamenti elaborati in pre-
parazione di uno degli ultimi congressi delle Acli si legge che
“Viaggiare, fare musica e sport, giocare una partita a carte o a boc-
ce, imparare a ballare… sono tante forme di buona socialità che si
sperimentano grazie alle ACLI. Forse è una delle funzioni più diffu-
se, più quotidiane, più radicate; ma spesso – si aggiunge- è anche
quella più misconosciuta, considerata quasi una sorta di appendice
marginale rispetto al messaggio, al ruolo, alla proposta più nobile
delle ACLI”. Dobbiamo invece – concludono gli Orientamenti –
valorizzare queste forme di socialità, perché esse possono
“veicolare progetti carichi di valori positivi” e “far rifiorire le nostre
comunità locali”.
      Insomma, anche nelle Marche il variegato sistema delle Acli
(dall’Unione Sportiva al Centro Turistico, dalla Federazione anziani
e pensionati all’Unione Nazionale Arti e Spettacolo) può contribui-
re a rigenerare la comunità ed a ricostruire la “città”.

IV. Le iniziative

IV. 1. Il gruppo regionale di lavoro

       Il Gruppo regionale di lavoro sul Welfare locale, costituitosi
fin dal gennaio 2009, si è incontrato più volte per procedere all’at-
tuazione del progetto.
     Un primo momento di confronto allargato si è avuto nell’am-
bito dell’Incontro formativo di sistema tenutosi a Porto San Gior-
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gio il 7 marzo 2009, con interventi introduttivi di Marco Moroni e
Fabio Corradini e con la relazione di Marco Calvetto, membro del
Dipartimento Lavoro delle Acli nazionali.
       Il Gruppo di lavoro allargato ai responsabili provinciali si è poi
riunito il 12 maggio presso la sede regionale per analizzare le linee
fondamentali del Piano sociale della Regione Marche e i principali
punti del Piano sociale delle Acli; al termine dell’incontro sono stati
concordati gli impegni per procedere alla seconda fase del progetto
che prevede di:
    dare avvio ai primi incontri con i Coordinatori di ambito
    prendere contatto con i formatori da coinvolgere nel percorso
         formativo per i Referenti Acli di Ambito, previsto per il mese
         di ottobre.
    L’incontro si è chiuso ribadendo l’obiettivo indicato dalle Acli re-
gionali: entrare a far parte del tavolo di concertazione dei vari Piani
di zona e conoscere le priorità individuate da ciascun Ambito territo-
riale, in modo da contribuire alla realizzazione di un Welfare locale
attento ai bisogni dei più deboli.
       A livello regionale, intanto ci si è impegnati a realizzare un più
ampio momento di confronto in occasione del prossimo Corso re-
gionale di formazione, programmato a Loreto per il 3-4 ottobre 200-
9. Una delle tre sessioni del Corso sarà dedicata appunto al Welfare
locale. Ad illustrare le Linee guida del nuovo Piano sociale della Re-
gione Marche sarà chiamato Paolo Mannucci, Dirigente del Servizio
Politiche sociali della Regione Marche. E’ previsto anche l’intervento
di due Coordinatori di ambito, in modo che dai temi generali, toccati
dalla relazione sulle Linee guida, si passi poi ai problemi concreti che
emergono a livello territoriale.
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IV. 2. Il sostegno delle Acli alla Campagna contro il razzismo

        Negli ultimi anni le Acli marchigiane si sono impegnate attiva-
mente nella lotta alla discriminazione razziale, collaborando in modo
formale con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali
(UNAR). Le Acli delle Marche hanno fatto parte di una delle macro-
aree dotate di focal point cui presentare le denunce da parte di chiun-
que si consideri vittima di una forma di discriminazione.
       Di fronte al ripersi di casi di xenofobia e di razzismo, oltre all’at-
tività prevista dalla collaborazione con l’UNAR, le Acli delle Marche
hanno aderito alla Campagna contro il razzismo, l’indifferenza e la
paura dell’altro, denominata “Non aver paura, apriti agli altri, apri ai
diritti”, della quale le Acli nazionali sono promotrici, insieme con altre
ventisei Organizzazioni impegnate sui temi dell’immigrazione e dei
diritti umani.
       Le Acli sono convinte che chi alimenta il razzismo e la xenofobia
attraverso la diffusione di informazioni fuorvianti e campagne di cri-
minalizzazione fa prima di tutto un danno al nostro Paese. L’aumento
degli episodi di intolleranza e di violenza razzista sono sintomi preoc-
cupanti di un fenomeno che rischia di degenerare drammaticamente.
       Come si legge nel Manifesto della Campagna nazionale contro il
razzismo, “una società che si chiude sempre più in se stessa, che cede
alla paura degli stranieri e delle differenze, è una società meno libera,
meno democratica e senza futuro”.
       Questo perché, come conclude il Manifesto: “non si possono
difendere i nostri diritti senza affermare i diritti di ogni individuo, a
cominciare da chi è debole e spesso straniero. Il benessere e la dignità
di ognuno di noi sono strettamente legati a quelli di chi ci vive accan-
to, chiunque esso sia”.
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IV. 3. Acli e nuovi bisogni sociali: colf e anziani

        La cronica difficoltà dei Servizi Sociali pubblici di far fronte
in modo adeguato al continuo aumento delle necessità delle famiglie
che hanno in casa anziani non autosufficienti, insieme alla continua
riduzione dei fondi messi a disposizione dal Governo, hanno co-
stretto le famiglie “a fare da sé” e ad affidarsi sempre più all’aiuto di
donne immigrate. Ecco perché quando si parla di lavoro di cura si
dice “welfare fai da te”.
        L’ultima ricerca sul lavoro di cura svolto da donne immigrate
e sul mercato privato del lavoro di cura in famiglia per l’assistenza a
persone non autosufficienti nelle Marche, promossa di recente dalla
Regione Marche e realizzata dal prof. Emmanuele Pavolini, permet-
te di avere un’idea del fenomeno nella nostra regione.
Nelle Marche si può stimare che complessivamente vi siano 13.000-
14.000 lavoratori stranieri che si occupano di lavori di cura a domi-
cilio. Di questi circa 6.000 circa non hanno un contratto di lavoro
regolare. Quindi un settore occupazionale tutt’altro che trascurabile
in termini quantitativi. Poiché secondo i dati ISTAT ed INPS, gli
anziani non autosufficienti a domicilio nelle Marche sono stimabili
fra 23.000 e 24.000, si può ipotizzare un tasso di copertura di circa
la metà degli anziani con problemi di autosufficienza.
Dallo studio emergono altri spunti di riflessione:
- circa un quarto dei lavoratori non aveva permesso di soggiorno
(27,1%);
- oltre il 40%, indipendentemente dal proprio stato di soggiornante,
non aveva un regolare contratto di lavoro (42,8%);
- una larga maggioranza di lavoratrici convive con l’assistito (il 6-
3,4%) e solo il 36,2% di esse lavora ad ore;
- i redditi netti percepiti per il lavoro svolto sono in media di 700
euro;
- il carico orario giornaliero di lavoro è spesso particolarmente pe-
sante, visto che il 36,2% dei lavoratori è impegnato per più di 8 ore.
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      Nell’affrontare questo complesso fenomeno, occorrono strate-
gie in grado di incidere a più livelli e di affiancare sia la famiglia che
la lavoratrice. Se la domiciliarità è un obiettivo delle politiche sociali
e sanitarie, la promozione del lavoro di cura intesa come tutela di
due soggetti deboli, famiglia e lavoratrice, va collocata nell’area delle
politiche del Welfare e della famiglia. Solo in questo modo è possi-
bile trasformare il lavoro di cura da lavoro subalterno e sommerso
in vera e propria professione appetibile sia dal punto di vista contrat-
tuale, sia per quanto riguarda la sua considerazione sociale, superan-
do quella sorta di “abusivismo di necessità” che si è ormai affermato
con forza nella nostra società in modo da arrivare così a costruire
un “welfare della cura”.
        In questa ottica, una significativa esperienza è stata avviata
fin dal 2002 a Macerata dal Patronato ACLI, grazie alla preziosa col-
laborazione con la Caritas Diocesana e con l’Associazione Centro
d’Ascolto, per realizzare la massima tutela possibile di entrambe le
parti: famiglie e colf. Solo con un approccio unitario che tenti di
conciliare le esigenze delle famiglie e quelle delle assistenti familiari
sarà possibile raggiungere questo ambizioso obiettivo. Oggi a di-
stanza di 7 anni questi sono i numeri: oltre 2.160 rapporti di lavoro
avviati e gestiti; infatti più di 1700 famiglie e più di 1680 assistenti
familiari (non “badanti!”!) si sono rivolte alla Caritas o al Patronato
ACLI.
      Sulla base delle esperienze finora condotte nelle varie province
marchigiane, il Patronato ACLI da tempo propone:
        •    di valorizzare questo ambito perché il lavoro di cura
             può essere un luogo privilegiato dove sperimentare e
             promuovere percorsi di integrazione e coesione sociale
             tra cittadini/famiglie italiane e donne/famiglie immigra-
             te;
        •    l’intera deducibilità fiscale di tutti i costi sostenuti dalle
             famiglie che assumono regolarmente un assistente fami-
             liare;
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       •      maggiori tutele contrattuali e diritti previdenziali ed assi-
              stenziali per le colf.
    Recentemente, due importanti provvedimenti, uno della Regione
Marche e l’altro del Governo, che stanno per essere attuati (Regione
Marche – D.G.R. n. 985/2009) o emanati (Governo – Regolarizzazio-
ne Assistenti familiari) hanno riguardato proprio il lavoro di cura. Ci
si riferisce rispettivamente:
1 - all’assegno mensile di euro 200 per gli anziani meno abbienti (il
reddito non dovrà superare un preciso valore ISEE) finalizzato al
mantenimento della persona anziana non autosufficiente nel proprio
contesto di vita e di relazioni affettive. Per ottenerlo, l’anziano assisti-
to deve risiedere nelle Marche, avere compiuto i 65 anni di età, essere
non autosufficiente, usufruire dell’assegno di accompagnamento e di-
mostrare di avere regolarmente alle proprie dipendenze un’assistente
familiare;
2 - alla possibile regolarizzazione delle assistenti familiari, che svolgo-
no lavoro di cura in famiglia assistendo gli anziani non autosufficienti.
        L’attuazione di questi due provvedimenti ha visto e continua a
vedere fortemente impegnati due dei principali servizi dell’Associazio-
ne: il Patronato Acli e il Caf Acli.

IV. 4. Acli e nuovi bisogni sociali: gli immigrati

       Anche in una realtà regionale come quella marchigiana il tema
dell’immigrazione richiede un approccio trasversale. Le Acli lo hanno
compreso da tempo, a partire dalla loro esperienza sia di Associazione
internazionale che ha conosciuto le difficoltà incontrate dai nostri
connazionali emigrati, sia di Associazione di impegno sociale vissuto
costantemente a favore degli immigrati.
      Con questa consapevolezza le Acli marchigiane si sono mobilita-
te in occasione delle sanatorie e delle misure legislative che hanno
portato a “ondate” di rilascio dei permessi di soggiorno con l’obietti-
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vo della regolarizzazione: ieri agli immigrati in generale, oggi alle
cosiddette “badanti”. Ma pur continuando a lavorare sull’emergen-
za, le Acli sono da tempo convinte che occorre andare oltre l’emer-
genza e muoversi in una logica progettuale di lungo periodo.
      Occorre innanzitutto costruire reti di solidarietà che, nel testi-
moniare accoglienza prefigurino percorsi di riconoscimento di un
sistema di diritti/doveri di cittadinanza sociale. Conta il lavoro, cer-
to, ma contano anche una casa e un sistema di protezione sociale
che sappia farsi accogliente, riesca cioè a rispondere non a bisogni
generici, ma a quelli di ciascun cittadino, con le diversità e le diffe-
renze di cui ciascun cittadino è portatore.
      Di tutto questo si è discusso in profondità nell’Incontro nazio-
nale di studio dedicato al tema “Cittadini in-compiuti. Quale polis
globale per il XXI secolo”, tenutosi a Perugia dal 3 al 5 settembre
ed al quale hanno partecipato numerosi dirigenti delle Acli marchi-
giane. Come ha detto nella sua introduzione al convegno il presi-
dente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, “non si può vivere in
una democrazia senza essere cittadini; non si può vivere, lavorare,
sposarsi e fare figli in una comunità senza essere chiamati a farne
parte pienamente, nei diritti e nei doveri”. Agli immigrati che vivo-
no e lavorano in Italia da almeno cinque anni è giusto quindi rico-
noscere la cittadinanza italiana, come da tempo chiedono, oltre alle
Acli, molte altre organizzazioni cattoliche. Ma il diritto di cittadi-
nanza non basta: occorre anche rivedere le politiche di Welfare, per-
ché l’istruzione e la formazione, la sanità, l’assistenza e la previden-
za sono a tutt’oggi programmate sui cittadini italiani.
      Anche nel corso del 2009 le Acli marchigiane hanno dato vita
a esperienze significative nel campo della tutela e della promozione
dei diritti degli immigrati: il Progetto immigrati del Patronato, il
Progetto UNAR e l’esperienza delle Acli Colf sono le iniziative più
importanti, ma molto altro si è fatto anche a livello di Circoli. Que-
ste esperienze vanno diffuse e meglio coordinate.
        Proprio per la loro esperienza pluridecennale fra gli emigrati
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italiani che ancora oggi vivono in molti Paesi del mondo, le Acli devo-
no assumersi il compito di favorire l’associazionismo degli immigrati:
queste associazioni, infatti, possono svolgere la funzione di rappre-
sentanza socio-politica dei problemi che gli immigrati incontrano an-
che nella nostra regione. Ma l’impegno associativo che negli ultimi an-
ni anche nelle Marche ha favorito l’incontro e la collaborazione con
gli immigrati e con le associazioni di immigrati deve sfociare in forme
adeguate di partecipazione anche all’interno della struttura aclista.
      Perché questi discorsi passino, occorre ridurre il ritardo culturale
che caratterizza l’Italia sul tema dell’immigrazione: da questo ritardo
nascono le reazioni che a volte scadono nella xenofobia e nel razzi-
smo. C’è un lavoro culturale da fare anche nelle Marche, dove pure
l’inserimento degli immigrati finora si è realizzato senza gravi fenome-
ni di ostilità, anche se giudizi critici e situazioni di disagio non sono
mancate; e c’è un lavoro culturale da fare all’interno dei Circoli Acli,
perché anche fra gli aclisti talvolta si manifestano pregiudizi e atteg-
giamenti discriminatori, soprattutto dopo le campagne di criminaliz-
zazione condotte negli ultimi anni da molte reti televisive sia private
che pubbliche. Proprio per rispondere a questa necessità, anche nel
2009 sono stati numerosi gli incontri e i dibattiti organizzati in vari
Circoli in tema di immigrazione.

V. Esperienze locali

V. 1. Recanati: Laboratorio su Politiche sociali e Welfare locale

       Nell’ottobre 2008 ha iniziato a operare a Recanati, per iniziativa
della Parrocchia Cristo Redentore e di varie associazioni laicali fra cui
le Acli, una Scuola di formazione all’impegno socio-politico.
      Comprendere le profonde trasformazioni che hanno investito la
nostra società, conoscere l’insegnamento sociale della Chiesa, indivi-
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duare concrete piste di impegno: sono questi i principali obiettivi della
Scuola che ha richiesto la frequenza di due incontri al mese fino al
maggio 2009. Il programma prevede un secondo anno di attività che
andrà dall’ottobre 2009 al maggio 2010. Lo slogan scelto dai promo-
tori è quello che Don Milani aveva fatto scrivere all’ingresso della
scuola di Barbiana: “I Care”, cioè “Mi interessa”; proprio il contrario
del “Me ne frego” dei fascisti e del “Pensa solo ai tuoi interessi” dei
nuovi profeti di oggi. La Scuola è rivolta a tutti coloro che desiderano
formarsi per essere “cittadini attivi”, concretamente impegnati a ope-
rare per realizzare il bene comune.
      Come previsto dal programma, lunedì 23 febbraio si è tenuto un
laboratorio sul tema: “Politiche sociali e Welfare locale”. Il laboratorio
è stato guidato da Maurizio Tomassini, presidente provinciale delle
Acli di Pesaro, e da Fabio Corradini, direttore regionale del Patronato
Acli.
       I due relatori hanno indicato ai partecipanti all’incontro i meto-
di per l’analisi dei bisogni e gli strumenti per conoscere la rete dei ser-
vizi sociali presenti nel territorio, con precisi richiami al Piano sociale
regionale e alle politiche sociali attuate dalla regione Marche negli ulti-
mi anni. Fra gli esempi concreti, uno spazio è stato dedicato anche ai
Piani sociali degli ambiti territoriali, ai relativi Bilanci sociali e ai com-
piti degli Uffici di promozione sociale previsti dal Piano sociale della
Regione Marche.

V. 2. Fano: Reti solidali

        A fine marzo si è costituito a Fano il Coordinamento Reti soli-
dali, che già in precedenza, per il radicamento mostrato a livello locale
e per la qualità della proposta, è stato indicato come un modello da
seguire anche in altre realtà.
        Al coordinamento hanno aderito, oltre alle Acli provinciali, alla
Caritas diocesana ed al Forum del Terzo Settore, anche Casa Betania,
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Banca del tempo, Associazione Volontari San Paterniano, Associa-
zione La Famiglia, Volontari della solidarietà, Ceis, Millevoci, Coo-
perativa Casa Accessibile, Cooperativa I Talenti.
      Tutte le associazioni aderenti al coordinamento hanno intensi-
ficato i loro sforzi per dare risposte concrete alle categorie che risul-
tano maggiormente colpite dalla crisi, dichiarandosi pronte a colla-
borare più intensamente con le istituzioni ed a mettere a disposizio-
ne della comunità le proprie competenze e le proprie reti sociali; le
Acli di Fano, oltre ad ampliare l’attività dei servizi promossi dall’As-
sociazione (Patronato e Caf) hanno dato vita a un nuovo servizio: il
Punto Famiglia.
      Nelle pagine precedenti sono stati meglio chiariti i valori che
sono alla base dell’iniziativa, resi esplici nel documento con il quale
le associazioni aderenti hanno illustrato le finalità del Coordinamen-
to. Se l’obiettivo di fondo è “uno sviluppo equilibrato e sostenibile
per le nostre comunità”, è evidente che con Reti solidali si opera
non solo per sostenere chi è in difficoltà, ma anche per costruire un
nuovo modello di sviluppo che riesca a coniugare le esigenze di cre-
scita economica con quelle di tutela della qualità dell’ambiente e del-
la riduzione delle disuguaglianze sociali, valorizzando quei beni rela-
zionali (come la famiglia, la vita associativa, la comunità locale) che
sono stati alla base del successo del modello marchigiano di svilup-
po.
       Come fanno rilevare nel loro documento le associazioni che
hanno costituito il coordinamento Reti solidali, una società povera
di relazioni oltre ad essere una società dove si vive peggio è anche
paradossalmente una società meno produttiva perché la disgrega-
zione del tessuto sociale finisce per agire come un boomerang sulla
capacità di sviluppo economico e sulla stessa produttività e capacità
di investire nel capitale umano.
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V. 3. Macerata: Le Colf delle Acli si raccontano

        Domenica 22 marzo presso il Circolo Acli Colf di Macerata si
è svolto un incontro dal titolo: “Le Colf delle Acli si raccontano…
sogni, ansie e speranze”. Nel Circolo di Macerata, accanto alle nuove
Colf straniere, continuano a ritrovarsi le vecchie Colf italiane. Grazie
alla sensibilità del Comune di Macerata, che ha messo a disposizione
dei piccoli locali nel centro storico, le Colf hanno a disposizione un
luogo dove amano ritrovarsi per raccontare e ricordare. Proprio da
questo loro desiderio è venuta l’idea di dar vita a una iniziativa più si-
stematica, con l’obiettivo di raccogliere in forma scritta memorie e
storie di vita.
        L’incontro del 22 marzo è stato introdotto e coordinato da
Cornelia Lanzani, responsabile regionale delle Donne delle Acli. Nel
corso dell’incontro è stata presentato il primo risultato di questa ini-
ziativa: una lunga intervista scritta raccolta da Rita Ricci, del Coordi-
namento provinciale delle Donne Acli di Macerata. Più che un’intervi-
sta quella realizzata è proprio una storia di vita: è la storia di Antoniet-
ta, nata a Cingoli nel gennaio 1927 e ottava di undici figli.
        Ammalatosi il padre, come tante altre bambine del tempo An-
tonietta è costretta a lasciare la casa paterna, per andare a lavorare a
Macerata. Dorme in una stanza di passaggio su un pagliericcio, man-
gia dopo i signori, di notte piange sul suo fazzoletto della spesa con il
quale ha portato il suo corredo: le mutande e una maglietta.
        Poi va a lavorare in un’altra casa dove rimarrà per 54 anni. Il
lavoro in questa famiglia la condanna alla solitudine. Infatti i suoi pa-
droni vivono isolati e assorbono tutta la sua vita; non esistono spazi
per il suo privato, per i suoi affetti, per le sue amicizie. Assiste conti-
nuamente fino alla morte la sua padrona; non esce mai, una sua vicen-
da sentimentale viene troncata sul nascere, unico suo divertimento le
visite all’ospedale perché il padrone fa parte dell’Associazione S. Vin-
cenzo.
        Come spesso è successo per tante “domestiche“, la vita dei pa-
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droni è più importante ed esclude una vita autonoma ai loro dipen-
denti; così avviene ad Antonietta che, secondo uno strano, ma ricor-
rente rapporto, non ha più nemmeno il suo stipendio perché “fa parte
della famiglia”. La sorte dei suoi familiari non è migliore: le sorelle O-
liva, Andreina, Mercedes sono intanto emigrate in Argentina; il fratel-
lo più piccolo viene messo in un Istituto e dopo la prima media andrà
a lavorare a Torino.
        Qual è il bilancio di questa vita di lavoro recluso? Molto amaro
se Antonietta pensa che alla sua vita di dedizione totale ad una fami-
glia e ai suoi 40 anni di versamenti non corrisponde oggi che una pen-
sione di 539 euro; molto amaro se pensa che alla sua vita di solitudine
sono mancati l’affetto e la vicinanza della sua famiglia, le amicizie e la
possibilità di crearsi una sua famiglia, se pensa che nessuno le ha mai
parlato dei suoi diritti di persona, di lavoratrice e di donna. Ma è an-
che un bilancio positivo se oggi riesce con consapevolezza a guardare
e analizzare il suo passato e ad individuare anche tutte le capacità e le
competenze che ha accumulato: la cura delle persone anziane, la gene-
rosità nei confronti dei suoi familiari che ha cercato di aiutare fino alla
fine, la capacità di curare la casa e l’amore per la cucina, quasi un’arte.
Per questo ricorda oltre che i suoi pianti in silenzio anche il canto con
cui spesso accompagnava il suo lavoro.
V. 4. Ancona: il Premio Cultura della Solidarietà a don Leonida
Fabietti animatore della Tenda di Abramo

        Il premio “Bruno Regini” Cultura della solidarietà viene asse-
gnato dalle Acli delle Marche ogni anno a personaggi che si siano di-
stinti in campo regionale per la diffusione di una autentica cultura del-
la solidarietà; non un premio quindi a singoli gesti, ma un riconosci-
mento a un impegno costante e convinto in favore della solidarietà,
speso fra la gente, nel sociale, nella politica o nell’economia. Il premio
per l’anno 2009 è stato assegnato a don Leonida Fabietti: sacerdote,
animatore della Onluss e Centro di prima accoglienza “La tenda di
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Abramo” e uomo dell’utopia.
Sensibile ai problemi concreti della gente, don Leonida (per tutti
don Leo) ha sempre spinto i suoi giovani a impegnarsi nel sociale.
Da questa impostazione nascono numerose iniziative che assu-
mono un forte rilievo sociale. In primo luogo merita di essere ri-
cordata la creazione di luoghi di incontro, come le case di Barca-
glione e Piedilama, insostituibili per tanti gruppi giovanili non so-
lo della parrocchia, ma dell’intera diocesi. Ma soprattutto va sot-
tolineato il ruolo svolto da don Leo nella nascita dell’Associazio-
ne La tenda di Abramo: non semplicemente un centro di solida-
rietà e di servizio per i giovani ed i gruppi ecclesiali attenti al fe-
nomeno della marginalità, ma una Onluss che, in collaborazione
con la Caritas diocesana, ha promosso un vero e proprio centro
di prima accoglienza.
Retta e gestita da soli volontari (oltre 200), la Tenda di Abramo
mette a disposizione pasti e tredici posti letto e dal momento del-
la sua nascita (nel 1990) ha ospitato in modo totalmente gratuito
circa 9.000 persone: sia immigrati che italiani, in genere senza fis-
sa dimora.
Figura profetica, don Leo è indubbiamente uno di quegli “uomini
dell’utopia” dei quali si parla nel sito internet della Tenda di Abra-
mo: “Uomini dell’utopia che non si sono arresi alle cose così co-
me sono, ma che lottano ancora per le cose così come dovrebbe-
ro essere”.
V. 5. Jesi: dal “Punto Buongiorno” alla Festa Multietnica

       Da molti anni il Circolo Acli San Giuseppe di Jesi ha mo-
strato sensibilità nei confronti dei lavoratori stranieri molto nu-
merosi nell’area jesina. Da questa sensibilità, favorita dal lavoro di
formazione svolto dal parroco don Giuseppe Quagliani, sono na-
te varie iniziative. Ad un atteggiamento di apertura ha contribuito
anche la sede zonale del Patronato Acli, che, tramite il responsabi-
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le di zona Romolo Uncini, ha sempre offerto agli immigrati i pro-
pri servizi in materia di permesso di soggiorno, ricongiungimenti
familiari ed altre forme di tutela.
      Da questo impegno pluriennale è nato il “Punto Buongior-
no”, inaugurato nel 2005 nell’ambito di un progetto finanziato
dalla Regione Marche e promosso dall’INPS Marche, in collabo-
razione con varie realtà del Terzo Settore, fra cui le Acli. Il secon-
do Punto Buongiorno della nostra regione, dopo quello aperto
nella sede provinciale dell’INPS di Ancona, è stato collocato pro-
prio nella sede del Patronato Acli di Jesi.
      A fianco di queste attività, intanto, da vari anni il Circolo San
Giuseppe ha promosso una Festa Multietnica. Anche quella che si
è svolta nella primavera del 2009 è stata l’occasione per mettere in
comune cibo, musica, canti, balli, tradizioni, interventi, richieste,
racconti. Grazie alla festa il Circolo sta diventando il luogo di in-
contro prima di bambini e giovani, ma pian piano anche di fami-
glie di varia provenienza, con un indiscutibile arricchimento reci-
proco.
      Molto importante per l’efficacia di tutte le iniziative prese
dalle Acli e dal Patronato Acli di Jesi a favore degli immigrati si è
rivelata la presenza del nigeriano Udo Umoren Nsima Anderson.
Grazie alla collaborazione di Nsima, a lungo consigliere straniero
aggiunto della provincia di Ancona, si sono realizzate anche due
convenzioni di grande rilievo: sia con la Comunità dei Nigeriani
che con la Comunità dei Senegalesi. Il protocollo di collaborazio-
ne firmato con entrambe riconosce le Acli e il Patronato Acli co-
me “interlocutori privilegiati” per l’opera di assistenza e di patro-
cinio sociale rivolta ai membri delle due comunità residenti nelle
Marche.
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