Le ACLI e il Welfare locale - Presidenza regionale ACLI Marche
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Presidenza regionale ACLI Marche Le ACLI e il Welfare locale Ufficio regionale politiche sociali e welfare Acli Marche
2 Presidenza Regionale ACLI Marche Le Acli e il Welfare locale Ufficio regionale politiche sociali e welfare Acli Marche
3 INDICE PRIMA PARTE - Politiche regionali, ambiti territoriali sociali e reti solidali: per un nuovo Welfare locale I. Il contesto…………………………………………………PAG. 5 I.1. La crisi del Welfare tra Libri verdi e Libri bianchi……………………………………PAG. 5 I.2 Le ACLI: per un Welfare promotore di sviluppo…PAG. 7 I.3.Crisi economica, Welfare solidale, territorio, sussidiarietà………………………………………PAG. 8 II. La realtà regionale……………………..…………………PAG.11 II. 1. Il Piano sociale della Regione Marche…………...PAG.11 II. 2. Il Piano sociale delle Acli marchigiane…………..PAG.12 III. Il progetto…...…………………………………………..PAG.13 III. 1. Conoscenza e valorizzazione degli ambiti territoriali sociali………………………………….PAG.13 III. 2. L’esperienza delle Reti solidali…………………...PAG.14 III. 3. Affrontare i bisogni e ritessere i legami comunitari per ricostruire la “città”……………….PAG.16 IV. Le iniziative…..…………………………………………PAG.17 IV. 1. Il gruppo regionale di lavoro……………………..PAG.17 IV. 2. Il sostegno delle Acli alla Campagna contro il razzismo…………………………………PAG.19 IV. 3. Acli e nuovi bisogni sociali: colf e anziani………..PAG.20 IV. 4. Acli e nuovi bisogni sociali: gli immigrati…………PAG.22 V. Esperienze locali……….…………………………………..PAG.24 V. 1. Recanati: Laboratorio su Politiche sociali e Welfare locale…………………………………...PAG.24 V. 2. Fano: Reti solidali………………………………..PAG. 25 V. 3. Macerata: Le Colf delle Acli si raccontano………PAG.27 V. 4. Ancona: il Premio Cultura della Solidarietà a don Leonida Fabietti animatore della Tenda di Abramo………………………………...PAG.28
4 V. 5. Jesi: dal “Punto Buongiorno” alla Festa Multietnica…………………………………PAG.29 V. 6. Urbino: politiche sociali regionali e Welfare locale……………………………………..PAG.31 V. 7. Camerano: un Circolo e il suo impegno per costruire la comunità…………………………….PAG.32 V. 8. Tolentino: nasce il Circolo Acli Colf “Arcobaleno”…………………………………….PAG.33 Seconda parte - Le ACLI:“Sentinelle del sociale” II. 1. Il nostro compito…………………………….…….PAG.36 II. 2. Gli ambiti prioritari di impegno…………..…………PAG.37 II. 3. Di fronte alla crisi…………...…………………….PAG.38
5 Prima parte Politiche regionali, ambiti territoriali sociali e reti solidali: per un nuovo Welfare locale I. Il contesto I. 1. La crisi del Welfare tra Libri verdi e Libri bianchi Gli ultimi decenni del Novecento hanno visto cambiare in profondità lo Stato sociale che era stato lentamente costruito nel corso del secolo. Lo Stato sociale, frutto anche delle lotte condotte dal movimento operaio fin dall’Ottocento, si era posto l’obiettivo di garantire lo sviluppo attraverso la sicurezza del lavoro e di tutelare i diritti dei cittadini, difendendo in particolare i più deboli, che ri- schiavano di restare esclusi dalla società del benessere, perché disoc- cupati, invalidi, malati o anziani. Nei Paesi più avanzati lo Stato sociale ha ottenuto risultati indubbiamente positivi, ma dagli anni Ottanta del Novecento è sta- to sottoposto a critiche crescenti non solo per gli alti costi economi- ci, ma anche per la tendenza a trasformarsi in Stato assistenziale. Alla base di questo forte impulso al cambiamento dello Stato socia- le vi sono i grandi mutamenti dell’economia, il peso crescente del mercato, l’aumento dei bisogni indotti dalla società dei consumi, ma anche l’invecchiamento della popolazione dei Paesi più ricchi, le grandi migrazioni dal Sud al Nord del mondo e soprattutto l’affer-
6 mazione del pensiero neo-liberista che esalta il ruolo del mercato e tende a limitare ogni presenza dello Stato. Anche in Italia l’invecchiamento della popolazione, le trasfor- mazioni del lavoro e il fenomeno dell’immigrazione hanno creato nuovi bisogni che richiedono una profonda riforma dello Stato so- ciale, ma tale riforma non può essere affidata unicamente al merca- to perché avrebbe effetti pesantemente negativi sui più deboli. Nelle prestazioni del Welfare va accolta l’esigenza di eliminare gli sprechi e di introdurre validi criteri di efficienza, Ma l’unico criterio di valu- tazione non può essere l’efficienza economica: occorre valutare an- che l’attenzione alle persone, l’efficacia degli interventi, la loro qua- lità, i loro effetti sociali. Il Libro verde sul Welfare lanciato dal ministro Sacconi nel 20- 08 si è mosso ancora all’interno del modello del “Welfare delle op- portunità”, prevedendo una forma minima di diritti per tutti e la li- bertà individuale di accesso alle variegate offerte del mercato. Un modello inaccettabile a giudizio delle Acli; tanto più che agli altri attori capaci di operare accanto allo Stato e al mercato (il Terzo set- tore, gli organismi della società civile e le comunità locali) venivano riservate soltanto funzioni sussidiarie: si introduceva insomma una sussidiarietà al contrario!. Il Libro bianco pubblicato nel maggio 2009 ha rivisto alcune di queste posizioni, recependo, dal punto di vista dei principi, molte delle osservazioni e delle richieste venute dalla società civile ed an- che dalle Acli e dall’associazionismo democratico. Le Acli condivi- dono principi come: la centralità della persona posta all’interno di una rete di relazioni; l’idea di politiche sociali che prevengono e non solo curano, accompagnando i cittadini con offerte personalizzate; l’ipotesi di un welfare non difensivo che punti ad amplificare il pro- tagonismo sociale e consenta una cooperazione sussidiaria con le istituzioni; il lavoro quale dimensione integrante di un progetto di vita e di cittadinanza; l’atteggiamento di apertura di fronte alle nuo- ve sfide della società multietnica.
7 Ma il Libro bianco rinvia a successivi Piani di azione la tradu- zione concreta di tali principi e quindi rischia di trasformarsi in un Libro dei sogni. Anche perché nel frattempo le scelte concrete ope- rate dal Governo Berlusconi, di cui Sacconi fa parte, vanno in tutt’- altra direzione: lo dimostrano le scarse misure prese per far fronte alla crisi economica, la mancata introduzione di ammortizzatori so- ciali capaci di tutelare anche i lavoratori precari, l’atteggiamento nei confronti dei problemi del Sud e soprattutto il decreto sicurezza. I. 2. Le ACLI: per un Welfare promotore di sviluppo Da tempo le ACLI si sono espresse per un Welfare correspon- sabile e promotore di sviluppo umano che, accanto ai principi di uguaglianza, garantiti dallo Stato, e di libertà, promossi dal mercato, valorizzi il principio di solidarietà, promovendo il capitale sociale capace di fermentare legami solidali e cittadinanza attiva; in questo modo è possibile rendere protagoniste e responsabili le persone e le loro famiglie. Si tratta, in concreto, valorizzare le risorse della società civile, trasferendo ad essa alcuni dei servizi finora svolti dalle istituzioni pubbliche, ma senza ovviamente cancellare l’intervento dello Stato, soprattutto nel caso di servizi ritenuti essenziali. In questo modo si potrebbe valorizzare la responsabilità dei cittadini e dei mondi vitali presenti nella società, realizzando un equilibrio nuovo tra Stato, mercato e società civile. In tal modo si favorirebbe il passaggio dal Welfare State alla Welfare Society, ossia nella direzione di una società del benessere più autodiretta, più responsabilizzata, meno burocra- tizzata, meno compressa dall’alto e più giusta. Un Welfare è efficace davvero se favorisce un modello di citta- dinanza compiuto, teso a promuovere uguaglianza di opportunità, a incentivare responsabilità ed a investire nella costruzione di una so- cietà coesa e solidale.
8 Le ACLI pensano a un Welfare locale al servizio dei più debo- li: anziani, immigrati, bambini e minori, ma anche famiglie monopa- rentali a basso reddito. E pensano a un Welfare municipale e comu- nitario che sia pensato non solo come costo economico, ma quale cifra dell’abitare civile in una società. Questo tipo di Welfare può essere promotore di sviluppo umano se è capace di stabilire legami con i cittadini e fra i cittadini, sia per consentire loro di affrontare situazioni di disagio accedendo ai servizi offerti, sia per garantire ad ognuno il pieno coinvolgimento nella realizzazione degli interventi previsti dalla rete dei servizi (istituzionali, profit e no-profit). Le ACLI, infine, sottolineano la necessità di un Welfare inte- grato con gli altri interventi realizzati dalle politiche sociali: ammor- tizzatori sociali, investimenti lavorativi, progetti di formazione, pia- ni-casa, progetti di sostegno a famiglie e minori, fondo per la non autosufficienza, politiche promozionali per gli anziani ecc. Solo si- stemi di servizi coordinati con interventi integrati di politiche sociali sono in grado di assicurare alle persone e alle famiglie condizioni di vita più serene e più eque. I. 3. Crisi economica, Welfare solidale, territorio, sussidiarietà Le disfunzioni e gli sprechi dell’attuale modello sociale sono ben noti ed è ovvio che ad essi occorre provvedere. Ma se si fa rife- rimento alla spesa media per i servizi alla persona, in rapporto all’- Europa, è evidente che il nostro Paese è sotto la media europea nel- la percentuale di PIL assegnata alle politiche di Welfare. Si tratta del- l’assenza di una vera rete di sicurezza per i più bisognosi e i più in- digenti, che oggi in Italia sono in numero crescente e comunque so- no di gran lunga più numerosi che in altri Paesi dell’Europa occi- dentale. Se a questo aggiungiamo i fenomeni di bassa natalità e di invecchiamento della popolazione con l’accentuarsi di casi di non autosufficienza e di malattie croniche, è chiaro che saremo obbligati
9 a ridefinire le priorità del nostro sistema di Welfare. L’attuale crisi economica ha moltiplicato le iniziative di solida- rietà e di sostegno ai più poveri (famiglie e lavoratori in difficoltà); queste azioni generose hanno contribuito a rendere economicamen- te sostenibile il nostro Welfare, in una situazione di gravissima cre- scita del debito pubblico. Ma la soluzione non può essere la “solidarietà fai da te” e tanto meno un “Welfare fai da te.” Dalla cri- si usciremo solo se gli attori pubblici e quelli della società civile sa- ranno capaci di reinterpretare i bisogni e di redistribuire in modo adeguato le risorse, coinvolgendo tutti i soggetti sociali e riqualifi- cando le politiche di Welfare nel nostro Paese. A giudizio delle Acli, il nuovo Welfare o sarà solidale, cioè nutrito da relazioni buone nella società, a partire dalla famiglia pas- sando attraverso i corpi sociali intermedi fino alle istituzioni giuste, oppure sarà un tentativo residuale senza respiro e quindi senza futu- ro. Noi riteniamo che, in un sistema di protezione sociale, la pri- ma fondamentale priorità sia quella di aiutare chi non è in salute, chi non ce la fa a tirare avanti e soprattutto chi nasce in condizioni di svantaggio. Si tratta dunque di riqualificare la spesa, mettendo in campo strumenti capaci di affrontare le criticità più gravi. La tutela della salute ci impone di discutere, oltre che di sanità dei mezzi, an- che di sanità dei fini, a partire dai principi di fondo (come si struttu- ra l’universalismo selettivo del quale oggi si parla?) per giungere poi ai criteri di definizione dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e dei LIVEAS (Livelli essenziali di assistenza sociale). Inoltre sappiamo che con la riforma del titolo V della Costi- tuzione si corre il rischio che si giunga a tanti sistemi di Welfare quante sono le regioni italiane: per questo vanno definiti prioritaria- mente i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali di assistenza sociale, così come è opportuno fissare i costi standard di riferimen- to.
10 Affrontando temi più specifici, va detto che oggi una delle sfide più importanti sta nel bisogno di copertura della non autosuf- ficienza. Non si tratta solo di stanziare qualche somma da ripartire fra le Regioni; è fondamentale, invece, delineare delle linee guida in grado di definire il quadro dei diritti essenziali su questo fronte. La questione investe la legislazione regionale e l’organizzazione dei ser- vizi territoriali, per questo occorre un quadro legislativo nazionale in grado di indicare i livelli essenziali omogenei delle prestazioni per la non autosufficienza. Nei Comuni, inoltre, come sappiamo bene, cresce la tenden- za ad affidare all’esterno la gestione dei servizi sociali, incrociando livelli di spesa contenuti e prestazioni accettabili. Tuttavia, spesso ci si trova di fronte a deleghe che non giovano alla qualità e più volte si ottengono risultati migliori laddove la rete dei servizi pubblici è meglio strutturata e presenta un’architettura ben definita. Dove in- vece i servizi non fanno sistema, c’è il rischio della frammentazione e della dequalificazione, soprattutto quando enti esterni al territorio vincono gare al massimo ribasso. Di qui l’invito che le Acli rivolgo- no al Terzo settore a fare sistema al suo interno fra realtà presenti nello specifico territorio: solo in questo modo il Terzo settore può svolgere una funzione propositiva e partecipativa, riuscendo ad atti- vare risorse aggiuntive (coinvolgimento del volontariato, creazione di reti ecc.) capaci di costruire un Welfare comunitario. L’integrazione socio-sanitaria richiede altresì un ripensamen- to dell’attuale assetto aziendale delle ASL. L’Azienda Sanitaria Loca- le, infatti, essendo espressione regionale, non di rado rischia una di- stanza “istituzionale” dai Comuni che può minare alla radice l’inte- grazione tra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali e il coinvolgi- mento del Terzo settore. Il Welfare relazionale, delle opportunità e delle responsabilità, a cui pensano le Acli, non può che assumere i profili rigorosi della sussidiarietà. Ma la vera sussidiarietà deve correlarsi con la corre- sponsabilità, altrimenti rischia di essere soltanto una forma di dele-
11 ga o la variabile di una architettura istituzionale fragile e incapace di dare risposta ai bisogni sociali di un territorio. II. La realtà regionale II. 1. Il Piano sociale della Regione Marche Con il Piano sociale 2008-2010, approvato il 28 luglio 2008, prosegue nella Regione Marche il cammino per realizzare un siste- ma integrato dei servizi socio-sanitari. Le Acli regionali hanno espresso apprezzamento per il Piano Sociale 2008-2010, in un documento nel quale hanno posto l’at- tenzione su quattro necessità fondamentali: • Una più ampia integrazione dei servizi sociali e sanitari. • Una concreta partecipazione dei cittadini, coinvolgendo le organizzazioni sindacali e le associazioni degli utenti, senza però trascurare il ruolo svolto dalle Associazioni di promo- zione sociale e dagli Enti di Patronato. • Un maggior coinvolgimento dei Segretariati sociali poliva- lenti, che, sperimentati da vari anni da ACLI, Caritas e altre Associazioni di volontariato, possono divenire utili sensori sul territorio per gli Uffici di Promozione Sociale. • Infine, il riconoscimento del lavoro di cura svolto dalle as- sistenti familiari come “lavoro socialmente utile”. In questi mesi, dopo l’approvazione delle Linee guida per il nuovo Piano sociale regionale, è iniziato il percorso che porterà gli ambiti territoriali ad elaborare i nuovi Piani sociali di ambito. Le Acli intendono partecipare a questo processo ribadendo le quattro necessità fondamentali sopra richiamate, ma sottolinean- do anche la necessità di intervenire con nuovo impegno su altre urgenze: dalle politiche giovanili al funzionamento dei consultori
12 familiari, dalla disponibilità di alloggi popolari alle politiche per l’integrazione degli immigrati. II. 2. Il Piano sociale delle Acli marchigiane L’idea di promuovere un piano sociale delle ACLI marchigiane è nata nel 2003 quando ha preso avvio il Progetto Sviluppo Sociale, elaborato dalle ACLI nazionali. Così le ACLI marchigiane hanno iniziato ad occuparsi in modo organico della riforma dello Stato so- ciale e in particolare dell’attuazione della legge 328, con la quale an- che nelle Marche si stava iniziando a riorganizzare l’intero sistema dei servizi sociali. Concretamente le ACLI hanno scelto di impegnarsi soprattut- to su tre temi: 1) gli anziani; 2) le famiglie; 3) gli immigrati. Su questi temi sono state prese numerose iniziative: non si è trattato soltanto di dibattiti e momenti di formazione e di confronto; con il supporto del Patronato nazionale, il Patronato ha realizzato vari progetti, of- frendo nuovi servizi in particolare agli immigrati e alle colf, giunte in Italia per assistere un crescente numero di anziani nelle nostre famiglie. Una intuizione di fondo ha guidato questi progetti: il rapporto di lavoro domestico familiare è un luogo privilegiato dove speri- mentare percorsi di integrazione, poiché vi si incontrano tre catego- rie “a rischio di emarginazione sociale”, cioè le colf immigrate, gli anziani e le famiglie in difficoltà. Per rispondere alla domanda che viene da queste tre categorie non solo sono stati stretti nuovi rap- porti con le Associazioni di volontariato e con le Associazioni degli immigrati, ma sono stati realizzati anche corsi per formare “sentinelle sociali nel territorio” e nuovi promotori sociali del Pa- tronato con l’obiettivo, già raggiunto, di arrivare alla costituzione dell’AVAM (Associazione Volontari Acli Marche). Nell’ultimo quadriennio l’impegno sulle politiche sociali ha
13 portato alla creazione di un apposito Ufficio regionale ACLI ed ha permesso di rafforzare i molti nodi della rete territoriale delle ACLI nelle Marche. Le iniziative prese per rispondere ai bisogni emersi dai territori locali hanno spinto le Acli marchigiane a sperimentare anche un nuovo modello di intervento; è emersa così l’idea che il Segretariato Sociale Polivalente (nel quale far convergere i servizi del Patronato e del CAF e l’azione volontaria degli aclisti della zo- na), oltre a rispondere ai bisogni del territorio, possa anche svolgere una valida azione di supporto all’Ufficio di Promozione sociale pre- visto dalla legge 328. I Segretariati sociali polivalenti potrebbero aiutare le istituzioni pubbliche a migliorare la qualità dei servizi so- ciali e diventare anche loro una delle porta unitarie di accesso ai ser- vizi. Su questi temi il confronto con la Regione è stato sempre a- perto e costruttivo e si è concretizzato con l’inserimento di alcune delle proposte formulate dalle ACLI nel Piano Sociale 2008-2010 approvato nel 2008 dalla Regione Marche. Su queste problematiche deve crescere l’impegno delle struttu- re provinciali ed è fondamentale che le varie iniziative locali siano raccordate all’interno del Piano sociale delle Acli marchigiane, con il quale vogliano contribuire alla costruzione di un futuro migliore per la nostra regione. III. Il progetto III. 1. Conoscenza e valorizzazione degli ambiti territoriali so- ciali Il Progetto “Ambiti sociali territoriali e Welfare locale” si po- ne l’obiettivo di far conoscere alle strutture di base delle Acli, ai soci e soprattutto ai dirigenti, il proprio Ambito sociale territoriale di ap- partenenza. Ovviamente lo sviluppo del progetto rappresenta anche
14 l’occasione per far conoscere all’Ambito sociale territoriale, nella persona del Coordinatore, l’attività svolta dalle Acli in ogni territo- rio di riferimento ed avviare, così, una fattiva collaborazione finaliz- zata alla stesura ed alla successiva realizzazione dei Piani di Ambito. Poiché nel frattempo sono state approvate le Linee Guida del Piano Sociale della Regione Marche, il Progetto si pone anche l’o- biettivo di far conoscere tale documento non solo all’interno dell’- Associazione, ma anche nel territorio regionale, pubblicandone una sintesi e organizzando almeno un incontro specifico. Fasi di attuazione e attività previste Il progetto ha due fasi di attuazione, secondo la seguente articola- zione: 1.Incontri pubblici con i Coordinatori di Ambito In ognuno dei 24 ATS viene organizzato un incontro di tut- to il sistema Acli presente nel territorio con il Coordinatore di Ambito, concordando tempi, modi e contenuti. 2. Referenti Acli di Ambito 2.1 Successivamente all’incontro di cui al punto 1 viene indi- viduato un referente/portavoce delle Acli nei confronti dell’Ambito sociale territoriale al fine di favorire la colla- borazione e le possibili sinergie; 2.2 Nel frattempo è prevista la realizzazione di un percorso formativo per i Referenti Acli di Ambito: 18 ore di aula volte a fornire i possibili strumenti necessari allo svolgi- mento del proprio ruolo (strumenti di progettazione, quadro normativo, ambiti d’intervento) III. 2. L’esperienza delle Reti solidali Le carenze del Welfare locale, aggravate dalla crisi economi- ca, spingono sempre più i corpi intermedi e in particolare il variega-
15 to mondo del volontariato e dell’associazionismo a impegnarsi in ini- ziative di solidarietà. Per rendere più efficaci gli interventi spesso na- scono anche forme di coordinamento fra enti e associazioni che spes- so non avevano mai operato insieme. Si tratta di fatti importanti che vanno fatti conoscere, perché possano diventare di esempio per altre realtà. Nel caso delle Marche l’esperienza più significativa appare quella di Fano dove, nel marzo 2009 è nato un coordinamento al quale, si- gnificativamente, è stato dato il nome di “Reti solidali”. Al coordina- mento hanno aderito, oltre alle Acli provinciali, alla Caritas diocesana ed al Forum del Terzo Settore, anche Casa Betania, Banca del tempo, Associazione Volontari San Paterniano, Associazione La Famiglia, Vo- lontari della solidarietà, Ceis, Millevoci, Cooperativa Casa Accessibile, Cooperativa I Talenti. Nell’immediato il coordinamento si pone l’obiettivo di dare ri- sposte ai problemi delle famiglie in difficoltà e ai nuovi poveri; per co- noscere meglio la situazione locale e monitorarla costantemente si uti- lizzerà l’Osservatorio delle Povertà istituito dalla Caritas. Più in gene- rale si punta a “far emergere un sistema di valori meno individualisti- co e sempre più orientato (specie per quello che riguarda le imprese) alla responsabilità sociale”, affermando esplicitamente che “l’inclusione sociale, la partecipazione, la creatività, la formazione del capitale umano, la fiducia nelle relazioni devono essere poste al centro delle politiche di sviluppo della nostra comunità”. Con queste iniziative il Coordinamento Reti solidali si pone l’o- biettivo di “un nuovo Welfare che punti sulle politiche per la tutela della famiglia e di tutti gli altri beni relazionali e non monetari come la sicurezza, l’istruzione, la sanità e l’ambiente”. Per i caratteri ora sinteticamente delineati e per gli obiettivi che si pone, l’esperienza di Fano può essere indicata anche ad altre realtà lo- cali come un modello da seguire. Certamente è una esperienza che si colloca a pieno titolo all’interno del Progetto “Valorizzazione degli ambiti territoriali sociali e nuovo Welfare locale”.
16 III. 3. Affrontare i bisogni e ritessere i legami comunitari per ri- costruire la “città” Mettere al centro di un progetto la finalità di conoscere gli Am- biti territoriali sociali può sembrare un obiettivo secondario se non marginale. Non lo è se lo si inserisce nell’obiettivo più ampio che da tempo è al centro dell’azione sociale delle Acli: ritessere i legami e far rinascere la comunità per ricostruire la “città”. Per farlo occorre ripartire dai luoghi della fiducia, che a giudizio delle Acli cominciano dalle relazioni “corte”: quelle interpersonali, fa- miliari, micro-comunitarie. La coesione e la solidarietà nel nuovo secolo sono chiamate a misurarsi con il mondo multi-etnico, multiculturale e interdipendente prodotto dalla globalizzazione in atto, rispetto al quale le paure e i pregiudizi rischiano di moltiplicarsi insieme ai contatti ravvicinati ed alla fragilità dei legami sociali. In questa direzione, diventa strategico l’investimento nel tessuto associativo quale trama della fiducia reci- proca e dell’apertura agli altri. Questo discorso vale per tutte le realtà associative. Per quello che riguarda più propriamente le Acli l’investimento nel tessuto associati- vo si articola sia nella valorizzazione di quello già presente nei territo- ri, che spesso costituisce l’avanguardia e la prima linea dell’Associazio- ne, sia nella sperimentazione di nuove forme organizzative e aggrega- tive in grado di rispondere a tale esigenza di socialità diffusa, sia infine nel potenziamento dell’azione formativa in modo da dare agli aclisti gli strumenti per agire efficacemente nel nuovo spazio sociale. Per questi motivi, ricostruire i legami associativi diventa il primo passo per ricostruire la città; nel caso delle Acli si tratta di utilizzare le vecchie forme aggregative (i “Circoli”) come laboratori di democrazia partecipativa e deliberativa, per ritessere i legami comunitari al fine di ricostruire la “città”. Con questa finalità di fondo il Progetto “Ambiti territoriali” si
17 pone l’obiettivo di conoscere meglio i bisogni sociali emersi dalle realtà locali, per contribuire a rispondere a quei bisogni in un’ottica comunitaria, valorizzando tutte le esperienze di volontariato e di promozione sociale presenti nel territorio. Alla realizzazione di questi obiettivi deve contribuire tutto il complesso sistema delle Acli. Negli Orientamenti elaborati in pre- parazione di uno degli ultimi congressi delle Acli si legge che “Viaggiare, fare musica e sport, giocare una partita a carte o a boc- ce, imparare a ballare… sono tante forme di buona socialità che si sperimentano grazie alle ACLI. Forse è una delle funzioni più diffu- se, più quotidiane, più radicate; ma spesso – si aggiunge- è anche quella più misconosciuta, considerata quasi una sorta di appendice marginale rispetto al messaggio, al ruolo, alla proposta più nobile delle ACLI”. Dobbiamo invece – concludono gli Orientamenti – valorizzare queste forme di socialità, perché esse possono “veicolare progetti carichi di valori positivi” e “far rifiorire le nostre comunità locali”. Insomma, anche nelle Marche il variegato sistema delle Acli (dall’Unione Sportiva al Centro Turistico, dalla Federazione anziani e pensionati all’Unione Nazionale Arti e Spettacolo) può contribui- re a rigenerare la comunità ed a ricostruire la “città”. IV. Le iniziative IV. 1. Il gruppo regionale di lavoro Il Gruppo regionale di lavoro sul Welfare locale, costituitosi fin dal gennaio 2009, si è incontrato più volte per procedere all’at- tuazione del progetto. Un primo momento di confronto allargato si è avuto nell’am- bito dell’Incontro formativo di sistema tenutosi a Porto San Gior-
18 gio il 7 marzo 2009, con interventi introduttivi di Marco Moroni e Fabio Corradini e con la relazione di Marco Calvetto, membro del Dipartimento Lavoro delle Acli nazionali. Il Gruppo di lavoro allargato ai responsabili provinciali si è poi riunito il 12 maggio presso la sede regionale per analizzare le linee fondamentali del Piano sociale della Regione Marche e i principali punti del Piano sociale delle Acli; al termine dell’incontro sono stati concordati gli impegni per procedere alla seconda fase del progetto che prevede di: dare avvio ai primi incontri con i Coordinatori di ambito prendere contatto con i formatori da coinvolgere nel percorso formativo per i Referenti Acli di Ambito, previsto per il mese di ottobre. L’incontro si è chiuso ribadendo l’obiettivo indicato dalle Acli re- gionali: entrare a far parte del tavolo di concertazione dei vari Piani di zona e conoscere le priorità individuate da ciascun Ambito territo- riale, in modo da contribuire alla realizzazione di un Welfare locale attento ai bisogni dei più deboli. A livello regionale, intanto ci si è impegnati a realizzare un più ampio momento di confronto in occasione del prossimo Corso re- gionale di formazione, programmato a Loreto per il 3-4 ottobre 200- 9. Una delle tre sessioni del Corso sarà dedicata appunto al Welfare locale. Ad illustrare le Linee guida del nuovo Piano sociale della Re- gione Marche sarà chiamato Paolo Mannucci, Dirigente del Servizio Politiche sociali della Regione Marche. E’ previsto anche l’intervento di due Coordinatori di ambito, in modo che dai temi generali, toccati dalla relazione sulle Linee guida, si passi poi ai problemi concreti che emergono a livello territoriale.
19 IV. 2. Il sostegno delle Acli alla Campagna contro il razzismo Negli ultimi anni le Acli marchigiane si sono impegnate attiva- mente nella lotta alla discriminazione razziale, collaborando in modo formale con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR). Le Acli delle Marche hanno fatto parte di una delle macro- aree dotate di focal point cui presentare le denunce da parte di chiun- que si consideri vittima di una forma di discriminazione. Di fronte al ripersi di casi di xenofobia e di razzismo, oltre all’at- tività prevista dalla collaborazione con l’UNAR, le Acli delle Marche hanno aderito alla Campagna contro il razzismo, l’indifferenza e la paura dell’altro, denominata “Non aver paura, apriti agli altri, apri ai diritti”, della quale le Acli nazionali sono promotrici, insieme con altre ventisei Organizzazioni impegnate sui temi dell’immigrazione e dei diritti umani. Le Acli sono convinte che chi alimenta il razzismo e la xenofobia attraverso la diffusione di informazioni fuorvianti e campagne di cri- minalizzazione fa prima di tutto un danno al nostro Paese. L’aumento degli episodi di intolleranza e di violenza razzista sono sintomi preoc- cupanti di un fenomeno che rischia di degenerare drammaticamente. Come si legge nel Manifesto della Campagna nazionale contro il razzismo, “una società che si chiude sempre più in se stessa, che cede alla paura degli stranieri e delle differenze, è una società meno libera, meno democratica e senza futuro”. Questo perché, come conclude il Manifesto: “non si possono difendere i nostri diritti senza affermare i diritti di ogni individuo, a cominciare da chi è debole e spesso straniero. Il benessere e la dignità di ognuno di noi sono strettamente legati a quelli di chi ci vive accan- to, chiunque esso sia”.
20 IV. 3. Acli e nuovi bisogni sociali: colf e anziani La cronica difficoltà dei Servizi Sociali pubblici di far fronte in modo adeguato al continuo aumento delle necessità delle famiglie che hanno in casa anziani non autosufficienti, insieme alla continua riduzione dei fondi messi a disposizione dal Governo, hanno co- stretto le famiglie “a fare da sé” e ad affidarsi sempre più all’aiuto di donne immigrate. Ecco perché quando si parla di lavoro di cura si dice “welfare fai da te”. L’ultima ricerca sul lavoro di cura svolto da donne immigrate e sul mercato privato del lavoro di cura in famiglia per l’assistenza a persone non autosufficienti nelle Marche, promossa di recente dalla Regione Marche e realizzata dal prof. Emmanuele Pavolini, permet- te di avere un’idea del fenomeno nella nostra regione. Nelle Marche si può stimare che complessivamente vi siano 13.000- 14.000 lavoratori stranieri che si occupano di lavori di cura a domi- cilio. Di questi circa 6.000 circa non hanno un contratto di lavoro regolare. Quindi un settore occupazionale tutt’altro che trascurabile in termini quantitativi. Poiché secondo i dati ISTAT ed INPS, gli anziani non autosufficienti a domicilio nelle Marche sono stimabili fra 23.000 e 24.000, si può ipotizzare un tasso di copertura di circa la metà degli anziani con problemi di autosufficienza. Dallo studio emergono altri spunti di riflessione: - circa un quarto dei lavoratori non aveva permesso di soggiorno (27,1%); - oltre il 40%, indipendentemente dal proprio stato di soggiornante, non aveva un regolare contratto di lavoro (42,8%); - una larga maggioranza di lavoratrici convive con l’assistito (il 6- 3,4%) e solo il 36,2% di esse lavora ad ore; - i redditi netti percepiti per il lavoro svolto sono in media di 700 euro; - il carico orario giornaliero di lavoro è spesso particolarmente pe- sante, visto che il 36,2% dei lavoratori è impegnato per più di 8 ore.
21 Nell’affrontare questo complesso fenomeno, occorrono strate- gie in grado di incidere a più livelli e di affiancare sia la famiglia che la lavoratrice. Se la domiciliarità è un obiettivo delle politiche sociali e sanitarie, la promozione del lavoro di cura intesa come tutela di due soggetti deboli, famiglia e lavoratrice, va collocata nell’area delle politiche del Welfare e della famiglia. Solo in questo modo è possi- bile trasformare il lavoro di cura da lavoro subalterno e sommerso in vera e propria professione appetibile sia dal punto di vista contrat- tuale, sia per quanto riguarda la sua considerazione sociale, superan- do quella sorta di “abusivismo di necessità” che si è ormai affermato con forza nella nostra società in modo da arrivare così a costruire un “welfare della cura”. In questa ottica, una significativa esperienza è stata avviata fin dal 2002 a Macerata dal Patronato ACLI, grazie alla preziosa col- laborazione con la Caritas Diocesana e con l’Associazione Centro d’Ascolto, per realizzare la massima tutela possibile di entrambe le parti: famiglie e colf. Solo con un approccio unitario che tenti di conciliare le esigenze delle famiglie e quelle delle assistenti familiari sarà possibile raggiungere questo ambizioso obiettivo. Oggi a di- stanza di 7 anni questi sono i numeri: oltre 2.160 rapporti di lavoro avviati e gestiti; infatti più di 1700 famiglie e più di 1680 assistenti familiari (non “badanti!”!) si sono rivolte alla Caritas o al Patronato ACLI. Sulla base delle esperienze finora condotte nelle varie province marchigiane, il Patronato ACLI da tempo propone: • di valorizzare questo ambito perché il lavoro di cura può essere un luogo privilegiato dove sperimentare e promuovere percorsi di integrazione e coesione sociale tra cittadini/famiglie italiane e donne/famiglie immigra- te; • l’intera deducibilità fiscale di tutti i costi sostenuti dalle famiglie che assumono regolarmente un assistente fami- liare;
22 • maggiori tutele contrattuali e diritti previdenziali ed assi- stenziali per le colf. Recentemente, due importanti provvedimenti, uno della Regione Marche e l’altro del Governo, che stanno per essere attuati (Regione Marche – D.G.R. n. 985/2009) o emanati (Governo – Regolarizzazio- ne Assistenti familiari) hanno riguardato proprio il lavoro di cura. Ci si riferisce rispettivamente: 1 - all’assegno mensile di euro 200 per gli anziani meno abbienti (il reddito non dovrà superare un preciso valore ISEE) finalizzato al mantenimento della persona anziana non autosufficiente nel proprio contesto di vita e di relazioni affettive. Per ottenerlo, l’anziano assisti- to deve risiedere nelle Marche, avere compiuto i 65 anni di età, essere non autosufficiente, usufruire dell’assegno di accompagnamento e di- mostrare di avere regolarmente alle proprie dipendenze un’assistente familiare; 2 - alla possibile regolarizzazione delle assistenti familiari, che svolgo- no lavoro di cura in famiglia assistendo gli anziani non autosufficienti. L’attuazione di questi due provvedimenti ha visto e continua a vedere fortemente impegnati due dei principali servizi dell’Associazio- ne: il Patronato Acli e il Caf Acli. IV. 4. Acli e nuovi bisogni sociali: gli immigrati Anche in una realtà regionale come quella marchigiana il tema dell’immigrazione richiede un approccio trasversale. Le Acli lo hanno compreso da tempo, a partire dalla loro esperienza sia di Associazione internazionale che ha conosciuto le difficoltà incontrate dai nostri connazionali emigrati, sia di Associazione di impegno sociale vissuto costantemente a favore degli immigrati. Con questa consapevolezza le Acli marchigiane si sono mobilita- te in occasione delle sanatorie e delle misure legislative che hanno portato a “ondate” di rilascio dei permessi di soggiorno con l’obietti-
23 vo della regolarizzazione: ieri agli immigrati in generale, oggi alle cosiddette “badanti”. Ma pur continuando a lavorare sull’emergen- za, le Acli sono da tempo convinte che occorre andare oltre l’emer- genza e muoversi in una logica progettuale di lungo periodo. Occorre innanzitutto costruire reti di solidarietà che, nel testi- moniare accoglienza prefigurino percorsi di riconoscimento di un sistema di diritti/doveri di cittadinanza sociale. Conta il lavoro, cer- to, ma contano anche una casa e un sistema di protezione sociale che sappia farsi accogliente, riesca cioè a rispondere non a bisogni generici, ma a quelli di ciascun cittadino, con le diversità e le diffe- renze di cui ciascun cittadino è portatore. Di tutto questo si è discusso in profondità nell’Incontro nazio- nale di studio dedicato al tema “Cittadini in-compiuti. Quale polis globale per il XXI secolo”, tenutosi a Perugia dal 3 al 5 settembre ed al quale hanno partecipato numerosi dirigenti delle Acli marchi- giane. Come ha detto nella sua introduzione al convegno il presi- dente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, “non si può vivere in una democrazia senza essere cittadini; non si può vivere, lavorare, sposarsi e fare figli in una comunità senza essere chiamati a farne parte pienamente, nei diritti e nei doveri”. Agli immigrati che vivo- no e lavorano in Italia da almeno cinque anni è giusto quindi rico- noscere la cittadinanza italiana, come da tempo chiedono, oltre alle Acli, molte altre organizzazioni cattoliche. Ma il diritto di cittadi- nanza non basta: occorre anche rivedere le politiche di Welfare, per- ché l’istruzione e la formazione, la sanità, l’assistenza e la previden- za sono a tutt’oggi programmate sui cittadini italiani. Anche nel corso del 2009 le Acli marchigiane hanno dato vita a esperienze significative nel campo della tutela e della promozione dei diritti degli immigrati: il Progetto immigrati del Patronato, il Progetto UNAR e l’esperienza delle Acli Colf sono le iniziative più importanti, ma molto altro si è fatto anche a livello di Circoli. Que- ste esperienze vanno diffuse e meglio coordinate. Proprio per la loro esperienza pluridecennale fra gli emigrati
24 italiani che ancora oggi vivono in molti Paesi del mondo, le Acli devo- no assumersi il compito di favorire l’associazionismo degli immigrati: queste associazioni, infatti, possono svolgere la funzione di rappre- sentanza socio-politica dei problemi che gli immigrati incontrano an- che nella nostra regione. Ma l’impegno associativo che negli ultimi an- ni anche nelle Marche ha favorito l’incontro e la collaborazione con gli immigrati e con le associazioni di immigrati deve sfociare in forme adeguate di partecipazione anche all’interno della struttura aclista. Perché questi discorsi passino, occorre ridurre il ritardo culturale che caratterizza l’Italia sul tema dell’immigrazione: da questo ritardo nascono le reazioni che a volte scadono nella xenofobia e nel razzi- smo. C’è un lavoro culturale da fare anche nelle Marche, dove pure l’inserimento degli immigrati finora si è realizzato senza gravi fenome- ni di ostilità, anche se giudizi critici e situazioni di disagio non sono mancate; e c’è un lavoro culturale da fare all’interno dei Circoli Acli, perché anche fra gli aclisti talvolta si manifestano pregiudizi e atteg- giamenti discriminatori, soprattutto dopo le campagne di criminaliz- zazione condotte negli ultimi anni da molte reti televisive sia private che pubbliche. Proprio per rispondere a questa necessità, anche nel 2009 sono stati numerosi gli incontri e i dibattiti organizzati in vari Circoli in tema di immigrazione. V. Esperienze locali V. 1. Recanati: Laboratorio su Politiche sociali e Welfare locale Nell’ottobre 2008 ha iniziato a operare a Recanati, per iniziativa della Parrocchia Cristo Redentore e di varie associazioni laicali fra cui le Acli, una Scuola di formazione all’impegno socio-politico. Comprendere le profonde trasformazioni che hanno investito la nostra società, conoscere l’insegnamento sociale della Chiesa, indivi-
25 duare concrete piste di impegno: sono questi i principali obiettivi della Scuola che ha richiesto la frequenza di due incontri al mese fino al maggio 2009. Il programma prevede un secondo anno di attività che andrà dall’ottobre 2009 al maggio 2010. Lo slogan scelto dai promo- tori è quello che Don Milani aveva fatto scrivere all’ingresso della scuola di Barbiana: “I Care”, cioè “Mi interessa”; proprio il contrario del “Me ne frego” dei fascisti e del “Pensa solo ai tuoi interessi” dei nuovi profeti di oggi. La Scuola è rivolta a tutti coloro che desiderano formarsi per essere “cittadini attivi”, concretamente impegnati a ope- rare per realizzare il bene comune. Come previsto dal programma, lunedì 23 febbraio si è tenuto un laboratorio sul tema: “Politiche sociali e Welfare locale”. Il laboratorio è stato guidato da Maurizio Tomassini, presidente provinciale delle Acli di Pesaro, e da Fabio Corradini, direttore regionale del Patronato Acli. I due relatori hanno indicato ai partecipanti all’incontro i meto- di per l’analisi dei bisogni e gli strumenti per conoscere la rete dei ser- vizi sociali presenti nel territorio, con precisi richiami al Piano sociale regionale e alle politiche sociali attuate dalla regione Marche negli ulti- mi anni. Fra gli esempi concreti, uno spazio è stato dedicato anche ai Piani sociali degli ambiti territoriali, ai relativi Bilanci sociali e ai com- piti degli Uffici di promozione sociale previsti dal Piano sociale della Regione Marche. V. 2. Fano: Reti solidali A fine marzo si è costituito a Fano il Coordinamento Reti soli- dali, che già in precedenza, per il radicamento mostrato a livello locale e per la qualità della proposta, è stato indicato come un modello da seguire anche in altre realtà. Al coordinamento hanno aderito, oltre alle Acli provinciali, alla Caritas diocesana ed al Forum del Terzo Settore, anche Casa Betania,
26 Banca del tempo, Associazione Volontari San Paterniano, Associa- zione La Famiglia, Volontari della solidarietà, Ceis, Millevoci, Coo- perativa Casa Accessibile, Cooperativa I Talenti. Tutte le associazioni aderenti al coordinamento hanno intensi- ficato i loro sforzi per dare risposte concrete alle categorie che risul- tano maggiormente colpite dalla crisi, dichiarandosi pronte a colla- borare più intensamente con le istituzioni ed a mettere a disposizio- ne della comunità le proprie competenze e le proprie reti sociali; le Acli di Fano, oltre ad ampliare l’attività dei servizi promossi dall’As- sociazione (Patronato e Caf) hanno dato vita a un nuovo servizio: il Punto Famiglia. Nelle pagine precedenti sono stati meglio chiariti i valori che sono alla base dell’iniziativa, resi esplici nel documento con il quale le associazioni aderenti hanno illustrato le finalità del Coordinamen- to. Se l’obiettivo di fondo è “uno sviluppo equilibrato e sostenibile per le nostre comunità”, è evidente che con Reti solidali si opera non solo per sostenere chi è in difficoltà, ma anche per costruire un nuovo modello di sviluppo che riesca a coniugare le esigenze di cre- scita economica con quelle di tutela della qualità dell’ambiente e del- la riduzione delle disuguaglianze sociali, valorizzando quei beni rela- zionali (come la famiglia, la vita associativa, la comunità locale) che sono stati alla base del successo del modello marchigiano di svilup- po. Come fanno rilevare nel loro documento le associazioni che hanno costituito il coordinamento Reti solidali, una società povera di relazioni oltre ad essere una società dove si vive peggio è anche paradossalmente una società meno produttiva perché la disgrega- zione del tessuto sociale finisce per agire come un boomerang sulla capacità di sviluppo economico e sulla stessa produttività e capacità di investire nel capitale umano.
27 V. 3. Macerata: Le Colf delle Acli si raccontano Domenica 22 marzo presso il Circolo Acli Colf di Macerata si è svolto un incontro dal titolo: “Le Colf delle Acli si raccontano… sogni, ansie e speranze”. Nel Circolo di Macerata, accanto alle nuove Colf straniere, continuano a ritrovarsi le vecchie Colf italiane. Grazie alla sensibilità del Comune di Macerata, che ha messo a disposizione dei piccoli locali nel centro storico, le Colf hanno a disposizione un luogo dove amano ritrovarsi per raccontare e ricordare. Proprio da questo loro desiderio è venuta l’idea di dar vita a una iniziativa più si- stematica, con l’obiettivo di raccogliere in forma scritta memorie e storie di vita. L’incontro del 22 marzo è stato introdotto e coordinato da Cornelia Lanzani, responsabile regionale delle Donne delle Acli. Nel corso dell’incontro è stata presentato il primo risultato di questa ini- ziativa: una lunga intervista scritta raccolta da Rita Ricci, del Coordi- namento provinciale delle Donne Acli di Macerata. Più che un’intervi- sta quella realizzata è proprio una storia di vita: è la storia di Antoniet- ta, nata a Cingoli nel gennaio 1927 e ottava di undici figli. Ammalatosi il padre, come tante altre bambine del tempo An- tonietta è costretta a lasciare la casa paterna, per andare a lavorare a Macerata. Dorme in una stanza di passaggio su un pagliericcio, man- gia dopo i signori, di notte piange sul suo fazzoletto della spesa con il quale ha portato il suo corredo: le mutande e una maglietta. Poi va a lavorare in un’altra casa dove rimarrà per 54 anni. Il lavoro in questa famiglia la condanna alla solitudine. Infatti i suoi pa- droni vivono isolati e assorbono tutta la sua vita; non esistono spazi per il suo privato, per i suoi affetti, per le sue amicizie. Assiste conti- nuamente fino alla morte la sua padrona; non esce mai, una sua vicen- da sentimentale viene troncata sul nascere, unico suo divertimento le visite all’ospedale perché il padrone fa parte dell’Associazione S. Vin- cenzo. Come spesso è successo per tante “domestiche“, la vita dei pa-
28 droni è più importante ed esclude una vita autonoma ai loro dipen- denti; così avviene ad Antonietta che, secondo uno strano, ma ricor- rente rapporto, non ha più nemmeno il suo stipendio perché “fa parte della famiglia”. La sorte dei suoi familiari non è migliore: le sorelle O- liva, Andreina, Mercedes sono intanto emigrate in Argentina; il fratel- lo più piccolo viene messo in un Istituto e dopo la prima media andrà a lavorare a Torino. Qual è il bilancio di questa vita di lavoro recluso? Molto amaro se Antonietta pensa che alla sua vita di dedizione totale ad una fami- glia e ai suoi 40 anni di versamenti non corrisponde oggi che una pen- sione di 539 euro; molto amaro se pensa che alla sua vita di solitudine sono mancati l’affetto e la vicinanza della sua famiglia, le amicizie e la possibilità di crearsi una sua famiglia, se pensa che nessuno le ha mai parlato dei suoi diritti di persona, di lavoratrice e di donna. Ma è an- che un bilancio positivo se oggi riesce con consapevolezza a guardare e analizzare il suo passato e ad individuare anche tutte le capacità e le competenze che ha accumulato: la cura delle persone anziane, la gene- rosità nei confronti dei suoi familiari che ha cercato di aiutare fino alla fine, la capacità di curare la casa e l’amore per la cucina, quasi un’arte. Per questo ricorda oltre che i suoi pianti in silenzio anche il canto con cui spesso accompagnava il suo lavoro. V. 4. Ancona: il Premio Cultura della Solidarietà a don Leonida Fabietti animatore della Tenda di Abramo Il premio “Bruno Regini” Cultura della solidarietà viene asse- gnato dalle Acli delle Marche ogni anno a personaggi che si siano di- stinti in campo regionale per la diffusione di una autentica cultura del- la solidarietà; non un premio quindi a singoli gesti, ma un riconosci- mento a un impegno costante e convinto in favore della solidarietà, speso fra la gente, nel sociale, nella politica o nell’economia. Il premio per l’anno 2009 è stato assegnato a don Leonida Fabietti: sacerdote, animatore della Onluss e Centro di prima accoglienza “La tenda di
29 Abramo” e uomo dell’utopia. Sensibile ai problemi concreti della gente, don Leonida (per tutti don Leo) ha sempre spinto i suoi giovani a impegnarsi nel sociale. Da questa impostazione nascono numerose iniziative che assu- mono un forte rilievo sociale. In primo luogo merita di essere ri- cordata la creazione di luoghi di incontro, come le case di Barca- glione e Piedilama, insostituibili per tanti gruppi giovanili non so- lo della parrocchia, ma dell’intera diocesi. Ma soprattutto va sot- tolineato il ruolo svolto da don Leo nella nascita dell’Associazio- ne La tenda di Abramo: non semplicemente un centro di solida- rietà e di servizio per i giovani ed i gruppi ecclesiali attenti al fe- nomeno della marginalità, ma una Onluss che, in collaborazione con la Caritas diocesana, ha promosso un vero e proprio centro di prima accoglienza. Retta e gestita da soli volontari (oltre 200), la Tenda di Abramo mette a disposizione pasti e tredici posti letto e dal momento del- la sua nascita (nel 1990) ha ospitato in modo totalmente gratuito circa 9.000 persone: sia immigrati che italiani, in genere senza fis- sa dimora. Figura profetica, don Leo è indubbiamente uno di quegli “uomini dell’utopia” dei quali si parla nel sito internet della Tenda di Abra- mo: “Uomini dell’utopia che non si sono arresi alle cose così co- me sono, ma che lottano ancora per le cose così come dovrebbe- ro essere”. V. 5. Jesi: dal “Punto Buongiorno” alla Festa Multietnica Da molti anni il Circolo Acli San Giuseppe di Jesi ha mo- strato sensibilità nei confronti dei lavoratori stranieri molto nu- merosi nell’area jesina. Da questa sensibilità, favorita dal lavoro di formazione svolto dal parroco don Giuseppe Quagliani, sono na- te varie iniziative. Ad un atteggiamento di apertura ha contribuito anche la sede zonale del Patronato Acli, che, tramite il responsabi-
30 le di zona Romolo Uncini, ha sempre offerto agli immigrati i pro- pri servizi in materia di permesso di soggiorno, ricongiungimenti familiari ed altre forme di tutela. Da questo impegno pluriennale è nato il “Punto Buongior- no”, inaugurato nel 2005 nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Marche e promosso dall’INPS Marche, in collabo- razione con varie realtà del Terzo Settore, fra cui le Acli. Il secon- do Punto Buongiorno della nostra regione, dopo quello aperto nella sede provinciale dell’INPS di Ancona, è stato collocato pro- prio nella sede del Patronato Acli di Jesi. A fianco di queste attività, intanto, da vari anni il Circolo San Giuseppe ha promosso una Festa Multietnica. Anche quella che si è svolta nella primavera del 2009 è stata l’occasione per mettere in comune cibo, musica, canti, balli, tradizioni, interventi, richieste, racconti. Grazie alla festa il Circolo sta diventando il luogo di in- contro prima di bambini e giovani, ma pian piano anche di fami- glie di varia provenienza, con un indiscutibile arricchimento reci- proco. Molto importante per l’efficacia di tutte le iniziative prese dalle Acli e dal Patronato Acli di Jesi a favore degli immigrati si è rivelata la presenza del nigeriano Udo Umoren Nsima Anderson. Grazie alla collaborazione di Nsima, a lungo consigliere straniero aggiunto della provincia di Ancona, si sono realizzate anche due convenzioni di grande rilievo: sia con la Comunità dei Nigeriani che con la Comunità dei Senegalesi. Il protocollo di collaborazio- ne firmato con entrambe riconosce le Acli e il Patronato Acli co- me “interlocutori privilegiati” per l’opera di assistenza e di patro- cinio sociale rivolta ai membri delle due comunità residenti nelle Marche.
Puoi anche leggere